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[Serrafollower95]Dal diario di un bardo


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Ho appena notato il fatto che sul sito si possano creare anche word gallery e proverò ad aprirne una anche io dove magari di tanto in tanto pubblicherò qualcosa tra le tante cose che scrivo.
Quello che vi propongo oggi è un racconto, o, meglio, per essere più precisi il frammento di un racconto, che scrissi tempo fa e che ritengo decisamente molto importante, almeno da un punto di vista contenutistico poiché parte dello stesso offre un piccolo scorcio di quelle che per me sono l'importanza e a rilevanza della musica e della poesia, che di questi tempi per alcuni altro non sono che vuota lettera morta. Buona lettura a tutti! ^.^
“È passato così tanto tempo da allora… In quel momento non avrei mai pensato che quella notte sarebbe cambiato tutto, eppure… Allora ero soltanto un bambino e sinceramente non ricordo perché stavo vagando da solo per i vicoli delle strade cittadine, soprattutto in una notte come quella, ma ricordo molto vividamente quello che accade dopo e non potrò mai dimenticarlo. Era buio e il cielo era completamente offuscato da nubi oscure, i miei passi non erano rischiarati dal dolce lume della luna e delle stelle e il mio cuore era fortemente stretto nella morsa del timore. All’improvviso, però, dalla solitudine che mi circondava cominciò a levarsi un canto dolcissimo, sereno e cristallino. Seppur non riuscivo a comprenderne le parole, queste avevano il suono e la gioiosa musicalità di un coro di angeli, e al loro riecheggiare le stesse nubi che coprivano la luce degli astri si dissiparono e con esse la mia paura. Pian piano nel mio cuore cominciarono a fiorire due emozioni ben diverse: lo stupore e la meraviglia. Fu allora che vidi la fonte di quella sublime melodia, era una bella dama nel fiore degli anni, in quel momento in cui questo esprime la sua massima fioritura, dalla lunga chioma corvina, ad adornarle il viso due occhi eterocromatici di cui uno color nocciola, l’altro color dei cieli, indosso aveva una lunga e candida veste bianca. Non mi ero accorto di quando fosse comparsa dinanzi a me, ma riuscivo a percepire la dolcezza che emanava e la avvolgeva come un’aura. Lei mi prese per mano e sorridendo benevolmente mi disse “Cosa ci fai qui? Ti sei smarrito? Forse è meglio che ti riaccompagni sulla strada di casa. Questi vicoli possono essere molto pericolosi a quest’ora, soprattutto per un bambino”. Io mosso dalla curiosità non potei che chiederle di quel canto che aveva intonato poco prima e lei serenamente mi rispose “Quello è un canto antico. Sai, la musica e la poesia sono cose bellissime e possono toccare i cuori proprio come è accaduto con il tuo. Possono ispirare coraggio e speranze, far sognare e far sbocciare amori. Questo è il loro benevolo potere e la loro radiosità e la loro bellezza scacciano le tenebre regalando sorrisi a coloro che li ricevono o li ascoltano. Alcuni però distorcono ciò e li utilizzano per lo scopo totalmente opposto e ciò non può che rattristare il mio cuore… Prima, quando ti ho visto spaventato, ho pensato di cantare per aiutarti a dissipare la paura.” Quando lei finì di pronunciare quelle parole senza che me ne fossi reso conto eravamo già di fronte alla porta di casa mia, ero di nuovo al sicuro. Quando mi girai per salutare e ringraziare la dama, lei non era più lì, era svanita con la stessa con la stessa velocità improvvisa con la quale la lieve brezza primaverile smette di accarezzare e cullare i boccioli prossimi a fiorire , al suo posto era rimasta solo una scia di petali che cadevano lentamente sospinti dal vento, come se avessi vissuto solamente un sogno, un sogno che però ai miei occhi appariva così vivido e reale. Ad ogni modo non potrò mai dimenticare la risposta che lei mi diede, fu come un faro che squarcia le tenebre, come una rivelazione improvvisa, e dopo averla udita mi sentii fortemente ispirato e capii di aver trovato uno scopo, qualcosa che avrebbe potuto riempire la mia esistenza e quella degli altri, fu allora che decisi di diventare un bardo e un cantore della speranza… Da quel momento passarono alcuni anni, poi quando sopraggiunse l’età adatta cominciai finalmente a viaggiare per il mondo per seguire la strada che quelle parole mi avevano aperto. Strade urbane, città costiere, deserti, distese artiche, nessun luogo è troppo lontano per allietare i cuori con i miei canti proprio come quella tetra notte era avvenuto con il mio. Ancora oggi quando mi esibisco in un luogo di tanto in tanto mi pare di rivederla tra la folla, di rivedere proprio la mia salvatrice, la sua bellezza intatta come allora, come se per lei il tempo non fosse mai passato… Ogni volta che ciò avviene provo a cercarla, a cercare di raggiungerla per parlarle, per ringraziarla come non riuscii a fare allora. Tuttavia, ogni volta che penso di esserle vicino e di averla finalmente trovata è come se lei si volatilizzasse, mi chiedo se un giorno riuscirò mai a ritrovarla definitivamente e se io sia effettivamente degno di un tale accadimento…” – dal diario di Nereas Silverflower, bardo itinerante e cantore della speranza

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Oggi vi propongo un'altra lirica, spero che non vi dispiaccia ^.^
Ormai giunto alle soglie dell’abisso,
udii il tuo canto innocente.
Quella sublime melodia,
come una splendida meraviglia,
mi riportò sulle strade maestre dei sogni,
allo stesso modo in cui la nobile driade,
rivestita del soave manto della natura,
riporta i viaggiatori smarriti nel bosco su sentieri sicuri.
Ora sereno continuo la mia cerca,
ma so che la strada è ancora lunga,
e forse il mio vagare non avrà mai fine.
E ora che il dolce canto allieta il mio viaggio,
forse il pesante fardello del viandante vagabondo
sarà un po’ più lieve.

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Sono ben conscio che l'estate stia volgendo ormai al termine e sia sulla strada del suo tramonto per lasciare spazio a quella che per molti è la malinconia delle giornate autunnali. Questi versi sono stati scritti durante i primi giorni di quest'estate e in parte anche per celebrarne la venuta, la quale è ormai passata da tempo.
Con il levarsi dell’alba,
volgi il tuo sguardo
verso il circolo argenteo,
dove serene e gioiose,
baciate dai raggi del sole
nel momento del loro primo sopraggiungere,
avvolte nel mistico scintillio
danzano le leggiadre ninfe.
La loro danza ti guiderà
e aprirà la porta verso i giorni dorati,
verso le terre idilliache
di un’estate senza fine.

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L'amore si levò come un inno trasportaro dai venti, una canzone dell'assoluto forte e impossibile da indurre al silenzio. Alla fine ammaliava tutti, neppure i suoi peggiori detrattori dal cuore più nero riuscivano a resistere alla malia che esso esercitava e si inchinavano estasiati al suo passaggio. E ad esso ciascuno attingeva come da una fonte provando sentimenti mai percepiti in precedenza che gli si dischiudevano come un vortice meraviglioso pieno di un tepore che riscaldava il cuore, sentimenti indomabili e incrollabili che trovavano il proprio fulcro nel proteggere e far gioire chi li avevi fatti sorgere poiché non c'era sensazione più bella agli occhi di chi li provava, nessuna gioia gli appariva più grande e nessuna felicità più vera. E così esso regnava incontrastato sul mondo dei sogni e degli incanti.

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Questa la scrissi poco più di due mesi fa
Per sempre dimenticato
e mai perdonato,
la sua colpa e il suo fardello
il peccato del cantastorie:
vagare nel mondo
volgendo uno sguardo
ad una speranza distante
per portare un ultimo barlume di gioia
in un cuore in frantumi.
La sua storia ora è lontana
come un canto quasi del tutto soffocato
annegato nella marea
di un abisso senza fine,
lontano da noi
lontano dalla realtà
lontano dalla verità,
solo un ricordo in frantumi
custodito nel cuore
di un'amata lontana.
La sua caduta un oscuro complotto
nella più oscura delle nebbie,
un atto di inganno e codardia.
Ora sta giungendo alla fine,
alla fine di questo viaggio
e nessuna redenzione lo attende,
né lui né il suo nome dimenticato,
forse solamente un ultimo abbraccio
dalle sue mani, dalle sue amate mani
che un tempo dolcemente accarezzavano il suo viso
e un ultimo dolce bacio
dalle sue belle labbra
perché lui la amava così tanto,
e lei era l'ultima e persistente visione
di un paradiso da lungo tempo perduto.
Eppure, fino alla fine,
fino al suo ultimo respiro,
né una demoniaca maledizione
né una diabolica dannazione
poterono reclamare ciò che rimaneva
di questo racconto perduto
e delle lacrime di questo bardo.

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L'ho scritta poco fa
La notte si dirama
e scorre rapida
resa illuminata
dallo sciame danzante.
Tra la danza degli astri
nelle oscure nebbie
di una tetra palude
vaga ramingo
e solo piange
uno spirito pensoso
seguendo lo sfarfallio
dei flebili fuochi fatui.
Mosso da un ricordo cerca,
cerca affannosamente
una via sicura
mentre la sua mano incerta
si fa strada
tra i lunghi canneti
per cercare di aggirare
l’oppressione della nebbia.
Ma tra gracidii di rane
e torbide acque
di acquitrini
nulla trova,
nulla gli si presenta
se non la notte
e il buio.
D’improvviso una voce,
un vibrante riecheggiare,
e tra le nebbie
l’immagine ineffabile
di un viso sorridente.
Salvezza o tranello?
Scampo o raggiro?
La paura è signora
nell’attimo della scelta,
mentre l’inganno
tende la mano.
Eppure un breve sbuffo
di vento si leva,
sciogliendo per un attimo
l’enigma delle nebbie,
tra esse una figura.
Questa con fare cauto
fa cenno di avvicinarsi,
poi intermittente
svanisce e riappare.
Lo spirito la segue
non avendo altre strade
né altri riferimenti.
Quando la raggiunge
ancora una volta il nulla,
nessuna traccia,
nessuna scia,
nessun indizio,
eppure anche la fine
della fitta nebbia.
Dinanzi a lui non più
né il pantano né le rane,
ma un velo fiorito
che si intreccia alle radici
di un sacro boschetto
alla natura santificato.
Volge il suo sguardo al cielo,
non più coperto,
e vede le stelle danzare
e in esse meraviglia
ed emozioni lontane,
cose che non percepiva
dall’ora del suo smarrimento.
Cosa lo abbia tratto in salvo
egli non sa…
Giunto sotto le fronde
di un albero rigoglioso,
nessuna traccia di chi
lo ha salvato trova
e non può che
iniziare a riposare
lontano dai suoi affanni.
E mentre si stende tranquillo
tra i variopinti petali e le radici,
ad osservare la danza
gioiosa nel cielo,
la sua mente si sgombra
da ogni singolo pensiero,
cancellando le sue memorie
di quella strana palude,
come se il suo vagare
non fosse mai esistito.
Che lo abbia salvato
l’invisibile mano
di una fata o di un folletto
mosso da benevole intenzioni?
Probabilmente mai lo saprà
poiché il ricordo perduto
difficilmente riaffiorerà
così che egli indagare possa,
eppure per un singolo istante
nel limpido cielo
si diffonde nuovamente
la medesima risata
alla quale segue la luce,
più insignificante
di quella delle stelle,
di una piccola lucciola
che gioiosa e tranquilla
rapida e soddisfatta
si allontana in volo,
sul suo piccolo volto
un vibrante sorriso sereno.

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