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[Malvagi Senza Gloria] Contest di Scrittura


letscore

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Nome dell’autore: Soul-Celebi
Titolo: Il potere di un Legame
Elaborato: 

 

Se state leggendo questo diario, significa che sono morto, o che la mia brillante mente deve essere completamente uscita di senno, comunque sia: Il mio nome è Acromio e sono uno scienziato con uno scopo ben preciso, riuscire ad ottimizzare il potenziale nascosto dei Pokemon, con qualunque mezzo che la scienza mi mette a disposizione.

 

O almeno, era così che la pensavo prima di quel particolare evento nella regione di Unima.


Giovedì 22 Aprile anno XXX

Viaggio ad Hoenn

 

Eccomi finalmente all'aeroporto di Ponentopoli in procinto di lasciare la regione di Unima, molti in questi casi direbbero che per me stia per cominciare un nuovo inizio o una nuova avventura in realtà si tratta semplicemente di aprire un nuovo paragrafo sulle mie ricerche, dopo i disastrosi risultati ottenuti lavorando con il Team Plasma ho cancellato ogni mia traccia dai loro archivi e ho distrutto tutti i dati delle mie ricerche ottenuti con loro così che la Polizia non potesse risalire a me sul caso della sperimentazione dei poteri del Pokemon Kyurem sulla città di Boreduopoli, non ne faccio tanto una tragedia poiché grazie alle gesta di quel particolare allenatore che ha messo i bastoni tra le ruote a quell'antipatico di Getchis la mia mente si è come espansa portandomi a scoprire nuove ed incredibili potenzialità che i pokemon sono in grado di sprigionare attraverso a dei potenziali legami con esseri Umani. Ed è per questo motivo che lascio Unima, per scoprire se nel mondo ci siano molte persone con lo stesso talento di quel ragazzino e se esistano altri fenomeni che permettano ai pokemon di smentire le mie convinzioni scientifiche e di sfondare definitivamente quelle barriere, che scioccamente, mi sono sempre prefissato essere il limite della forza degli esseri umani e delle varie specie di Pokemon che abitano questo mondo. In effetti si può davvero dire che questo è per me l'inizio di una nuova avventura per la mia brillante carriera di Scienziato.

Dopo molte ore di volo sono finalmente giunto nella Regione di Hoenn, il clima qui è insopportabilmente torrido ma mi ci abituerò cosa più importante ora è scoprire tutto sulla regione e le leggende locali, chissà in effetti potrei trovare qualcosa di ispirante per le mie prossime ricerche.

Arrivato da poche ore nella regione di Hoenn mi ritrovo nella grande città di Ferrugipoli, dove pare abbia sede la famosa azienda della Devon.SpA, la quale è gestita da un magnanimo uomo d'affari il signor Pierangelo Petri. Petri mi ha gentilmente concesso un giro turistico dell'azienda mostrandomi le innovazioni e i prodotti che nel corso degli anni la Devon ha prodotto per facilitare le avventure dei giovani allenatori di Pokemon in tutto il mondo, la cosa non mi interessò molto ma fu poi nel suo ufficio che vidi qualcosa di alquanto curioso e bizzarro, il Presidente mi mostrò la sua poco invidiabile collezione di Fossili e Pietre ma tra di esse ce ne fu una che attirò particolarmente la mia attenzione, le mie apparecchiature rilevarono un picco di un'energia sconosciuta, apparentemente irradiata dalla pietra traslucente. Il Presidente mi disse che si trattava di un esemplare di "Aggronite" una delle formidabili Megapietre che davano ai pokemon la capacità di superare i propri limiti e di evolvere in uno stadio superiore sfoderando così una forza inimmaginabile, ora si che il presidente aveva attirato la mia attenzione, gli chiesi di più sulle Megapietre ma lui si limitò a indicarmi una serie di Libri scritti da un noto professore di Kalos, un certo Platan, credo che stasera darò un'occhiata ai suoi manoscritti insieme ad una tazza di caffè nero che accompagnerà la mia nottata in bianco.


Venerdì 30 Aprile anno XXX

Città di Bluruvia

 

Dai testi che ho letto di recente ho scoperto un legame tra le affascinanti Megapietre e un altro tipo potere che si dice alberghi nelle profondità di questa regione, ovvero la "Forza delle Natura", un raro fenomeno che pare permetta ai Pokemon che hanno plasmato la Terra e gli Oceani di tornare ad uno stadio Primordiale e di sprigionare una potenza tale da alterare per sempre il suo ecosistema causando danni irreparabili all'intero pianeta, un potere così devastante non poteva di certo tenermi lontano, così mi recai ad analizzare alcuni famosi dipinti rupestri rinvenuti in una grotta non poco distante dalla città, la grotta era buia ma grazie al Flash del mio fido Beheeyem fu semplice raggiungere la sala, che con mia sorpresa conteneva effettivamente dei dipinti che riportavano i due pokemon leggendari sprigionare tutto il loro potere in una feroce battaglia per la supremazia, vedere quelle immagini accese un grande fervore dentro di me che mi avrebbe anche spinto a creare una macchina del tempo pur di assistere a quel fenomeno con i miei stessi occhi, una pura ma altrettanto meravigliosa manifestazione del potere di due pokemon leggendari che si affrontavano nel loro pieno potenziale, un'esperienza davvero unica nel suo genere! Non mi dilungai troppo nelle mie fantasie e decisi di abbandonare la sala quando all'improvviso il mio rivelatore cominciò a segnalarmi la presenza di una potente fonte di energia e il mio Pokemon mi fece notare una particolare pietra incastonata nella parete della sala, ci misi un po ad estrarla ma le mie fatiche furono pienamente ricompensate poiché la pietra in questione era una delle rare Megapietre elencate nei libri del Professor Platan, la fortuna cominciava ad essere dalla mia parte finalmente.

 

Lunedì 10 Maggio anno XXX

Città di Porto Alghepoli

 

Il mio soggiorno nella Regione di Hoenn era proseguito senza troppi intoppi quando un giorno qui ad Alghepoli incontrai un allenatore di Pokemon di tipo Acciaio proveniente dalla regione di Kalos, un certo Timeus, il cui aspetto appariscente e il modo di fare alquanto bizzarro mi diedero un po sui nervi, mi ricordava troppo i membri del Team Plasma, ma non potevo permettere che il mio passato influenzasse le mie ricerche così cercai di non pensarci troppo, l'allenatore incrociò il mio sguardo e si avvicinò a me, sembrava come avesse percepito la presenza di un oggetto che mi portavo appresso, possibile che si trattasse della Megapietra che avevo trovato? I miei dubbi si rivelarono essere fondati poiché lo strano cavaliere mi chiese se potessi mostrargli la Pietra che tenevo nella mia tasca, mentre estraevo la Pietra notai che il cavaliere al collo portava un'altro tipo di pietra multicolore che riconobbi essere la famosa "Pietrachiave",la quale innescava il processo di Megaevoluzione dei Pokemon che tenevano le Megapietre, il mio interesse nei suoi confronti si fece subito palese e così chiesi all'allenatore di mostrarmi il potere di questa in una battaglia, il cavaliere all'inizio sembrò disinteressato alla mia richiesta ma dopo qualche secondo di silenzio accettò volentieri la mia sfida, uscimmo così all'esterno dell'ostello pronti a lottare con i nostri pokemon, curioso di sapere contro quale tipo di allenatore mi sarei confrontato questa volta....

La battaglia tra il mio Metagross e il suo Mega Scizor fu molto intensa, e malgrado avessi messo in pratica tutto quello che avevo imparato dal giovane allenatore di Unima sulla forza del legame fra allenatore e pokemon, l'incontrò risultò in una sonora sconfitta, evidentemente c'era ancora qualcosa che Io e miei pokemon non avevamo ancora compreso pienamente sui Legami, la cosa mi turbò molto quasi dal essermi completamente scordato di studiare il potere della Megaevoluzione, il cavaliere però sembrò quasi comprendere il mio stato d'animo e decise di aiutarmi a comprendere di più cosa significasse avere un forte Legame con i propri pokemon. Alla fine della giornata il baldo cavaliere mi trasmise il suo sapere sulle Megaevoluzioni e per di più scambiò la mia "Aggronite" con la sua "Metagrossite", donatagli da un esuberante collezionista di Pietre che lo aveva battuto non molto tempo fa, le nostre strade in quel momento presero vie diverse ma sentivo che quel'incontro mi aveva spinto a perseguire sulla strada che stavo percorrendo, sentivo di cominciare a comprendere gli insegnamenti di quel ragazzino, che fosse anche questo uno dei vantaggi del potere dei Legami?

 

Martedì 3 Giugno anno XXX

Viaggio a Kalos

 

Dopo aver passato quasi un mese nella regione di Hoenn ho deciso che fosse giunto il momento di potare le mie ricerche altrove, così presi un biglietto di sola andata per la fiorente regione di Kalos dove moltissimi allenatori avevano perfezionato il potere della Megaevoluzione, Io e Metagross avevamo fatto parecchi progressi e non vedevamo l'ora di metterli in pratica in quella regione.


Dopo molte ore di volo ero finalmente arrivato nella favolosa Luminopoli, il cuore pulsante dell'intera regione di Kalos, gli imponenti edifici, l'odore di smog e il continuo via vai di persone mi ricordavano la cara città di Austropoli solo che Luminopoli sembrava essere più... Armoniosa, al contrario della caotica Austropoli, non mi divulgai oltre e andai subito in perlustrazione in cerca di alcuni luoghi che potessero interessarmi, un posto che attirò particolarmente la mia attenzione erano i famosi Laboratori Elisio, ma sfortunatamente sembravano essere stati smantellati dopo che il loro Presidente sparì in circostanze misteriose, un vero peccato.

Decisi così di cambiare la mia meta e mi diressi nella città di Yantaropoli per studiare un loro famoso edificio, la Torre Maestra, dove si dice i migliori maestri della Megaevluzione abbiamo tramando il loro sapere di generazione in generazione, non negai che Io e il mio caro Metagross avevamo ancora molto da imparare sulla Megaevoluzione ed e per questo che una visita di piacere non ci avrebbe guastato la giornata. Il maestro della torre mi accolse con un'occhiataccia non appena mi vide entrare in quel mausoleo ma poi capì che non avevo cattive intenzioni e mi accolse nella sua stanza, mi raccontò la storia di Yantaropoli e della Torre e di come il potere della Megaevoluzione si basasse proprio sul forte legame tra esseri e Pokemon il quale da sempre aveva gettato le fondamenta sulla nostra storia, Malgrado le sue belle parole io ero più un uomo che si basava sui fatti e quindi lo sfidai ad un incontro per capire fino a che punto questa forza dei legami che tanto esaltava potesse aiutarlo, il vecchio maestro però sembrò non rispondere alla mia provocazione e mi invitò a uscire dalla torre poiché quello che stavo cercando non si trovava qui, fui alquanto amareggiato e frustrato dalle sue parole, come se avesse capito che tra me e i miei pokemon non ci fosse abbastanza fiducia reciproca e che avessi perso a prescindere l'incontro con lui, ero veramente furioso, avrei tanto voluto dimostrargli il contrario ma forse un minimo di allenamento e ricerca in più non ci avrebbe fatto male.


Giovedì 16 Giugno anno XXX

Città di Fluxopoli

 

Mi piaceva questa città, aveva un non so che di.... Poetico, per di più la mia Pietrachiave non la finiva mai di brillare in presenza dell'enorme Meridiana di cristallo posta sul lungo mare, la cosa non mi diede molto fastidio, più che altro era curioso che quell'enorme cristallo potesse far reagire le Pitrechiave in quella maniera, mi sarebbe piaciuto scoprirne di più ma sfortunatamente quel giorno avevo un'appuntamento con i due assistenti del famoso Professor Platan, Dexio e Sina. I due avevano deciso di condivider con me i loro dati raccolti sulla Megaevoluzione e del suo potere in cambio di quelli che Io avevo ricavato dal mio viaggio nella regione di Hoenn, dopotutto fra colleghi ci si può anche aiutare di tanto in tanto. Dopo alcuni minuti vidi due ragazzi in camice bianco dirigersi verso me, la ragazza incrociò il mio sguardo per qualche secondo esordendo con un "Hai un volto familiare, non ti ho già visto da qualche parte?" Le risposi che non sono il tipo di scienziato da copertina e Lei si mise a ridere, ammetto che per un momento pensavo di essere stato riconosciuto, ma fortunatamente tutti si erano già dimenticati di quell'esperimento fallito, ci dirigemmo in un piccolo caffè li vicino e dopo esserci messi comodi cominciammo a discutere sulle nostre ricerche.... La giornata volse rapidamente al termine e dopo aver assistito al tramonto visto attraverso la Merdiana Io e i due assistenti ci salutammo, quel giorno però rientrai il albergo molto più tardi del previsto poiché mille cose cominciarono a frullarmi per la testa. Eravamo davvero giunti alla conclusione che la Megaevoluzione fosse in assoluto il potere più grande emanato dai Pokemon e dagli esseri umani? Erano davvero queste le conclusioni del mio lungo viaggio alla scoperta di questo fenomeno? O c'era qualcosa che si doveva ancora scoprire? Qualcosa di lasciato in disparte per tutto questo tempo ? Come la fusione tra due Pokemon ad esempio, sfortunatamente di quella cosa non potevo farne parola con nessuno poiché sicuramente mi avrebbero riconosciuto come il fautore di quell'esperimento sul Pokemon Kyurem. Sentivo che c'era ancora qualcosa che si poteva scoprire, il mondo era grande e gli allenatori tanti, ci sarebbe sicuramente stata una particolare occasione in cui mi sarei di certo ricreduto, fortunatamente quel giorno non tardò ad arrivare.....


Sabato 7 Settembre anno XXX

Città di Luminopoli

 

L'estate era quasi finita, così come il mio soggiorno a Kalos era anch'esso giunto ad un punto morto, pensavo che ormai la mia presenza qui non fosse più necessaria e che probabilmente me ne sarei tonato nella regione di Unima sperando che le acque si fossero finalmente calmate, equipaggiato con l'ultimissima tecnologia di mia brevettazione e indossato il sgargiante nuovo camice ero pronto a lasciare la regione di Kalos, prima di partire decisi di farmi per l'ultima volta quattro passi per le lussuose vie di Luminopoli quando ad un tratto.... Una lotta attirò la mia attenzione.

Fuori dal "Ristorante La Buona Forchetta" una gremita folla di persone stava assistendo ad una lotta Pokemon fra un famoso attore del cinema di Kalos e quella che aveva tutta l'aria di essere una.... Golfista? Curioso vederne una in questa regione poiché mi risultava che il Golf fosse poco praticato a Kalos, senza perdermi troppo nel banale mi misi anch'esso ad assistere alla lotta e con mia sorpresa notai che la Golfista aveva con se un'esemplare di Toucannon, un Pokemon particolarmente esotico che vive solo nell'arcipelago della regione di Alola, contro di Lei c'era un sontuoso Mega Ampharos il quale stava ovviamente avendo la meglio sul Pokemon uccello della Golfista, l'incontro sembrava essere a senso unico, decisi di lasciar perdere e di proseguire con il mio giro quando però notai qualcosa di estremamente particolare sul polso dell'allenatrice, un bracciale, totalmente diverso da quello che vidi usare per incastonare le Pietrechiave, su di esso una gemma di colore ciano quasi trasparente brillava con fierezza come a dimostrazione di spavalderia nei confronti del suo avversario, Ampharos attaccò ma il suo Toucannon riuscì ad evitare con eleganza i suoi attacchi per poi sferrargli contro un potente attacco Breccia, dopodiché la Golfista e il suo pokemon si scambiarono uno sguardo sicuro e lei incominciò ad eseguire una particolare..... "Danza"? Mentre lei la eseguiva una enorme fonte di energia si sprigionò dal suo Cristallo che andò ad avvolgere il suo Pokemon il quale se ne caricò fomentandosi sempre di più, l'allenatrice lanciò poi un grido, "Picchiata Devastante!" Il suo pokemon si alzò in volo andando sempre più in alto fino a sparire sotto lo sguardo incredulo di tutti, il Pokemon poi riapparve, si stava lanciando giù in picchiata ad una velocità quasi estrema, non avevo mai visto eseguire una mossa simile in vita mia, il Pokemon raggiunse terra colpendo violentemente quel Mega Ampharos con una potenza indescrivibile, l'impatto fu talmente violento che tutto il campo di battaglia si disintegrò e quel mega pokemon che sembrava avesse la meglio finì subito al tappeto, il suo allenatore rimase incredulo così come il resto degli spettatori, nessuno aveva idea di che cosa avessimo assistito, incurante degli spettatori o dei danni causati la Golfista ritirò il suo Pokemon e se ne andò verso due apparenti Bodyguard in camicie Aloliane. Mi allontanai dallo scontro, i miei occhi non credevano a quello che avevo appena assisto, ero....ero....AL SETTIMO CIELO! Avevo finalmente trovato un fenomeno totalmente nuovo, un nuovo potere che si manifestava da un nuovo tipo di gemme, un nuovo..... Tema! Si, avevo finalmente trovato il prossimo tema delle mie Ricerche.


Lunedì 20 Novembre anno XXX

Regione di Alola

 

Dopo aver preso un traghetto a Malie sono giunto nella soleggiata isola di Akala dove da alcuni strambi ambientalisti vestiti completamente di bianco ho sentito parlare di un Centro di ricerche interdimensionali, il centro conduceva ricerche non solo sul nostro universo ma anche su possibili dimensioni parallele alla nostra, cose che un tempo avrei considerato fantascienza, ma in questo mondo ormai nulla mi più mi sorprende. Il centro sarebbe stata sicuramente una perfetta tappa per scoprire di più sul Supercerchio Z e l'aura sprigionata da esso durante l'esecuzione delle Mosse Z, arrivato a Kantai prenotai una stanza nell'albergo "Voce del Mare" e dopo essermi rifocillato con cura mi diressi verso il fantomatico Centro Ricerche quando lungo la strada mi imbattei in due alquanto "Singolari" personaggi, equipaggiati con delle strane tute e con appresso dei dispositivi tecnologici mai visti prima i due giovani viaggiatori però sembravano essere alquanto spaesati, come due Magikarp fuor d'acqua chiedevano informazioni agli abitanti o facevano domande sulla morfologia del luogo come se stessero cercando di raccogliere più informazioni possibili, a vederli ricordavano molto il me stesso di qualche anno fa così decisi di approcciarmi a loro, i due giovani, all'inizio titubanti, non sembrarono essere parecchio cordiali ma poi il ragazzo più alto mi chiese di misurarmi con lui in un incontro di Pokemon poiché voleva testare il potere del suo compagno sui pokemon del nostro mondo, incuriosito dal loro modo di fare accettai la sfida e mandai il mio Magnezone contro uno strano esserino Viola fluttuante, che per mia fortuna si rivelò essere un tipo Veleno, perciò il mio Pokemon ebbe la meglio sul suo. Il ragazzo sembrò turbato dalla sconfitta, non riusciva a comprendere appieno le lotte fra pokemon e che i loro mezzi di ricerca risultavano essere alquanto obsoleti per il nostro mondo, al contrario io mi ero molto interessato a loro e alla loro curiosa tecnologia, che si trattassero di viaggiatori dimensionali o meno erano sicuramente un buon passatempo su cui poter spendere le mie ore qui a Kantai, decisi di offrirgli il mio aiuto e dopo un breve consulto tra di loro i due mi diedero appuntamento sul Percorso 8 situato non poco distante dal Parco del Vulcano Wela, una locazione alquanto insolita per un'appuntamento ma non sono tipo da badare a simili dettagli.

Al calar del sole mi incontrai con i due membri dell'ultrapattuglia i quali mi spiegarono la loro situazione e le loro esigenze affinché il loro piano potesse riuscire, la loro storia mi intrigò molto e se la situazione che mi hanno raccontato dovesse davvero verificarsi Alola, o meglio, tutto il mondo correrebbe un grossissimo percolo, accettai così di aiutarli, gli fissi che avrei messo a loro disposizione alcuni dispositivi di mia invenzione che li avrebbero aiutati nella loro missione all'interno del nostro mondo, entusiasti del mio aiuto i due pattugliatori mi salutarono e si diressero verso la loro prossima meta, in procinto di tornarmene anche io verso l'hotel vidi in lontananza un giovane allentare di Pokemon che portava con se il Supercerchio Z. A vederlo così mi ritornò alla memoria quel giovane allenatore, che tempo fa mi aprì gli occhi e mi fece comprendere che il vero potenziale dei Pokemon si poteva ottenere attraverso un forte legame instaurato con essi e che se coltivato con cura nel corso del tempo avrebbe portato uomini e pokemon a compiere grandi gesta.... Penso che sia finalmente giunto il momento di mettere in pratica l'insegnamento di quel giovane allenatore.

Osservai attentamente l'allenatore, ed infine esordì con un....

 

"FERMO LI ALLENATORE !" 

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Nome autore: panda_liffo

Titolo Elaborato: Addio Mia Vita

 

Elaborato:

Le mura di Poh erano ben visibili all’orizzonte, alte e imponenti. Opprimenti. Già dall’esterno ci si poteva sentire pressati e soffocati dalla loro presenza. Lo sguardo di Plumeria però non ne era minimamente toccato. Aveva fatto una scelta e la sua determinazione le permetteva di affrontare quella vista a testa alta. Sotto l’incessante pioggia del nord-ovest di Ula Ula le uniche difese della sua pelle erano un paio di pantaloni viola in tuta ed un top nero, mentre i capelli rosa erano in parte nascosti da una bandana viola con delle fiamme stampate al di sopra. I piedi, avvolti da semplici scarpe da ginnastica nere, producevano vari rumori nell’incontrare il fradicio sentiero che la separava dal Team Skull.

 

Ad un tratto si fermò, altri passi erano a portata d’orecchio. Qualcuno la stava seguendo. L’Esperta Veleno si voltò e vide una ragazza più bassa di lei, un metro e sessantacinque a malapena, dai capelli neri tenuti in un pratico caschetto e grandi occhi azzurri su cui capeggiavano delle folte sopracciglia che davano particolarità al volto senza imbruttirlo. Indossava un paio di pantaloni bianchi rintanati in un paio di stivali blu, una giacca azzurra ed un cappello azzurro sul capo. Alla vita tre sfere pokè. <Plumeria… fermati ti prego> chiese la voce chiara e cristallina in un sussurro, mentre la rosea scosse il capo. <Keola.> nominò tirando le labbra in un’espressione a metà fra l’infastidito e l’addolorato.

Keola, amica d’infanzia e sua compagna di corso all’Università di Scienze della Formazione Primaria. Collega in svariati tirocini alla scuola per Allenatori e da due mesi collega a tutti gli effetti. Aloliana di Nascita come testimoniato dal Nome: Keola, Vita in antico Aloliano. <Perché mi devi rendere la cosa ancora più difficile?> chiese Plumeria guardando con sguardo sempre più irritato la vecchia amica. <Perché è sbagliato. Tu sei una maestra. Sei una persona che può far crescere i bambini in modo che riescano a primeggiare. Puoi educarli a diventare delle ottime persone. Puoi prepararli al Giro delle Isole.> disse la mora per poi smettere di parlare al fare altrui. Plumeria aveva abbassato il capo verso destra. Sapeva cosa significasse. <Mentre loro sono degli scarti senza speranza da dimenticare vero?> domandò la Rosea alterata mentre la mano destra si avvicinava alle pokeball in vita. <Anche il loro capo magari, eh? Bhè, Guzman ha tutte le carte in regola per diventare uno dei migliori allenatori di Alola, un Capitano coi fiocchi, un golfista d’eccellenza, ma oh, assieme a lui sono stati educati anche Kukui e Kahili. Il “tutti primeggeranno” è una cavolata Keola.> soffiò per poi fissare gli occhi gialli in quelli azzurri <Io ho deciso. Non metterti in mezzo.> concluse per poi voltarsi e ricominciare il cammino. Dovette bloccarsi dopo pochi passi, quando vide una Kangaskhan bloccarle la strada. <E sia.> sussurrò  l’affine veleno prendendo una pokeball dalla cintura per poi scattare in avanti voltarsi e lanciarla in avanti, facendo uscire da essa un esemplare di Lurantis. <Non farò prigionieri.> sentenziò per poi osservare l’altra chiudere gli occhi e sospirare un <Io invece sì.> quasi arrendevole.

 

Keola a quel punto alzò il braccio e ordinò un veemente <Ritorno!> per poi fare da spettatrice alla mossa. La Pokemon Genitore si avvolse in un’aura azzurra, simbolo del suo legame con l’allenatrice e prese a caricare il pokemon avversario, cercando di arrivargli davanti e darle un pugno in piena faccia, ma Plumeria non fece attenedere il proprio ordine <Lurantis Fendifoglia!> al quale il pokemon Mantifiore frappose violentemente il proprio arto destro, irradiato di energia verde contro il pugno della Normale. Lo scontro produsse un’onda d’urto immane, ma entrambe le allenatrici non mostrarono stupore. <Lurantis, fendifoglia di nuovo!> impose immediatamente Plumeria per poi osservare come il pokemon ubbidì immediatamente, cercando di colpire al collo la Kangaskhan. <Sbigoattacco!> ordinò invece Keola, venendo ubbidita. Il risultato fu che prima all’arrivo della lama, Kangaskhan era già riuscita a colpire con un pugno in faccia Lurantis, che però non concluse in anticipo il suo attacco accoltellando la Genitore al collo. <*Kaaaangaaa!*> gridò la Normale arrabbiata. L’allenatrice Normale strinse i denti e chiuse gli occhi per un istante <Stordipugno!> veemente mentre la pokemon prese la rincorsa verso l’avversario per cercare di colpirla all’addome con un pugno avvolto di energia giallognola. Plumeria scosse il capo e aprì la bocca per chiedere una mossa viscida quanto il futuro che la aspettava al di là delle mura <Mira al cucciolo con Forbice X>, nessuna emotività. La Mantide d’erba si abbassò sulle ginocchia mentre gli arti si richiusero con violenza verso l’interno, il cucciolo della pokemon normale minacciato da un attacco potente. La Genitore, nel notarlo si accovacciò, accettando un durissimo colpo in piena faccia per proteggere la sua ragione di vita. Un colpo in faccia che la mandò K.O. Keola strozzò un singhiozzo nel vedere quanto accaduto e subito richiamò la propria pokemon per poi mandarne un campo uno nuovo. <Primarina conto su di tè!> disse con convinzione facendo uscire dalla sfera pokè un’esemplare della pokemon Solista.

 

<*Primariiina*> verseggiò l’otaria osservando il suo avversario. <Lurantis Fiortempesta!> ordinò Plumeria appena vide l’avversaria. Attorno a Lurantis un nugolo di petali rossi, provenienti dal Giardino di Malie poco lontano si innalzò, per poi prendere a turbinare come il più potente dei tornado. <Primarina Avvolgiti con Ventogelato!> disse Keola vedendosi ubbidita in meno di un istante dalla propria Starter. A difesa della Solista si generò un vento freddo che prese a congelare rapidamente ogni singolo petalo che potesse minacciare l’Acqua Folletto. Ben presto una coltre di petali gelati cadde al suolo, inerte. <Fendifoglia!> gridò allora la fuggitiva al proprio pokemon che partì in corsa per ferire l’avversaria <Geloraggio!> ordinò invece Keola. Il risultato fu un raggio di gelo che partendo dalla bocca dell’Acqua Folletto colpì all’addome il tipo Erba, congelandolo e mandandolo fuori combattimento. Plumeria scosse il capo, soffio aria dalle narici e richiamò a sé il pokemon che aveva combattuto finora per le sue scelte. <Torniamo a casa. Ti prego.> implorò la ragazza in blu, ma l’arrivo di una Salazzle sul campo di battaglia fece crollare parte delle speranze. <Al massimo?> chiese singhiozzante la Mora. Unica risposta un accenno del capo.

 

Il tempo si fermò, continuando a scorrere unicamente sotto forma di pensieri nelle teste delle due. Salazzle e Primarina si scrutavano. Ognuna aveva un vantaggio sull’altra, ognuna combatteva per la propria allenatrice, entrambe erano quasi in simbiosi con la ragazza che le aveva prese da cucciole. <FANGOBOMBA><IDROPOMPA> urlarono le due umane all’unisono e sia la Fuoco/Veleno che l’Acqua Folletto non ci misero niente a sparare le loro mosse. Un getto di veleno che si infranse contro un getto d’acqua pressurizzata. Schizzi di liquidi più o meno pericolosi si riversarono in mezzo al campo fino a che entrambe le pokemon non finirono la loro riserva. <Granvoce!><Protezione!> seguirono in poco più che un istante. La Primarina prese a cantare con una dolcezza inaudita, una dolcezza talmente bella, talmente sentita che espandeva nell’aria il suo grandissimo potere offensivo, trasformando suono e aria in vettori delle sue capacità. La scudo violaceo generato da Salazzle resistette per miracolo a quel colpo. <Salazzle Velenoshock!> gridò quindi Plumeria, venendo soddisfatta dalla fedeltà Cieca della propria campionessa che evocò dalle varie pozze di veleno, create con l’incontro di Idropompa e Fangobomba, un’infinità di Aghi viola che andarono per trafiggere Primarina. <Canto Effimero!> ordinò quindi Keola, salvando quasi in extremis la propria compagna che continuando a cantare, trasferì il potere dell’oceano nel suono, risvegliando il vapore acque presente nell’aria che creò molteplici sfere che colpirono i vari Aghi. Alla fine solo due di essi riuscirono a graffiare l’Acqua Folletto. Facevano male, ma c’era ben di peggio. Le due allenatrici si morsero il labbro inferiore. Scossero il capo e guardarono la natura presente sul campo di battaglia un’ultima volta. <FANGONDA!><SURF!> ordini capaci di terraformare il Panorama se non opportunamente controllate, due mosse che crearono due grossi tsunami alti circa dieci metri dal terreno, uno di fango acido e veleno e l’altro d’acqua, pioggia e speranza. Le due onde si colpirono, Salazzle e Primarina gridavano la forza dei loro elementi e l’amore per la propria allenatrice con quei colpi. Due colpi abbastanza potenti da farle rimanere sospese dal terreno. La situazione perdurò per minuti interminabili fino a che entrambi i colpi non esplosero l’uno sull’altro facendo cadere le due pokemon sul terreno senza danni, solo terribilmente stanche.

 

Fu allora che dalla giacca Keola mostrò ciò che portava al polso sinistro. Un bracciale bianco e spesso in pietra, con un cristallo azzurro nel centro. <Se varcherai quelle porte…> iniziò a dire la mora col cristallo azzurrò che si illuminò di colpo, come se le intenzioni dell’allenatrice fossero un mantice per la sua energia <Le tue opinioni saran ancora più avvelenate. Eppure lo sai. Lo sai che Alola è la migliore delle regioni. Non ha la Corruzione di Kanto, non ha la staticità di Johto, Non ha la Servilità di Hoenn, Non ha Superstizione di Sinnoh, Non ha le Contraddizioni di Unima e nemmeno lo Snobbismo di Kalos. Alola è perfetta Plumeria e se non sono riuscita a parole, sarà il potere donatomi da Tapu Fini a dimostrartelo.> concluse con la luce che ormai illuminava a giorno la zona. <Sinfonia del Mare!> pronunciò l’affine acqua con la pokemon Solista che veniva inondata dal potere Z del Primarium Z. Le perle bianche che trattenevano i capelli dell’otaria si spezzarono, la Pokemon prese a cantare e il mare di Alola prese a muoversi, Tutt’intorno ad Ula Ula l’acqua marina regalo tante piccole sfere che viaggiarono sopra alla Primarina. Un enorme globo si formò quindi sulla pokemon che cerco di inviarla sopra alla Salazzle, attonita di fronte ad un tale potere. La Fuoco Veleno non riuscì a muoversi dallo stupore e l’Acqua Folletto riuscì a farle cadere in testa tutto il suo potere. Un’esplosione di suono, acqua e potere Z rubò ogni singolo senso delle presenti. Brezza marina nel naso, azzurro negli occhi, freddo al tatto, sale alla lingua e una voce meravigliosa nelle orecchie.

 

<Torna da me.> chiese Keola con voce implorante, gli occhi tristi, l’espressione di chi non vuole perdere quanto di più prezioso possiede. Espressione che morì nel vedere la Salazzle ancora in piedi. Un bagliore rosso e arancione sulla coda. Il Focalnastro. <Smettila di mentire Keola. Alola ha tutti i difetti delle altre regioni. Sei solo troppo innamorata di questo posto per capirlo.> disse per poi prendere dalla borsa un bracciale bianco e spesso. Di Pietra. Un Cerchio Z con un cristallo viola al centro. <Apri gli occhi. Alola si basa su un sistema Malato che esclude i più deboli. Un sistema in cui chi compie il giro delle isole è un eroe. Un sistema in cui se sconfiggi i più deboli sei il migliore. Bhè, io credo che il migliore sia quello che i più deboli li protegge.> concluse per poi giungere i polsi, con una luce viola che inondò venefica tutta l’area <Effluvio Venefico!> La Salazzle improvvisamente iniziò ad emettere una quantità di veleno incredibilmente alta dalla propria pelle, veleno che prese a muoversi verso la primarina, troppo lenta per evitarlo, Veleno che una volta toccatala iniziò ad avvolgerla, rinchiudendola in una palla venefica. Ben presto la sfera generatasi esplose, lasciando solo il corpo K.O. della Solista.

 

<Primarina!> gridò Keola andando ad abbracciare la propria pokemon. La strinse, mise il volto sulla sua spalla. Plumeria decise di avvicinarsi, alzò il volto di Keola verso il suo e la baciò sulle labbra <Addio mia Keola> la salutò per poi voltarsi ed entrare dentro Poh seguita da Salazzle. Una rinuncia per proteggere i più deboli. Un atto di bontà che l’avrebbe riempita di disprezzo.

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On 13/11/2017 at 19:27, letscore ha scritto:

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Durata del Contest: dal 13 al 23 novembre 2017 (ore 23:59)
Annuncio dei Risultati del Contest: 7 dicembre 2017*

*A seconda del numero dei partecipanti la data di pubblicazione dei risultati potrebbe variare


Benvenuti al nuovo Contest di Scrittura “Malvagi Senza Gloria”, dedicato alla narrazione delle vicende di un personaggio malvagio di Pokémon Ultrasole e Ultraluna.

 

Requisiti per Partecipare

 
Per partecipare è necessario un account nella community di Pokémon Millennium. Per maggiori informazioni su come registrarti clicca qui

 

Regolamento

  • Il Contest prevede la creazione di un racconto incentrato su un personaggio malvagio di Pokémon Ultrasole e Ultraluna. Scegliete il vostro cattivo preferito, articolando la trama del racconto attorno a lui e alle sue vicende. La storia può essere ambientata sia nell’arco temporale di Pokémon Ultrasole e Ultraluna sia nel periodo antecedente, come se si trattasse di un prologo degli stessi giochi. Navigate con la fantasia per realizzare un’incredibile storia piena di interesse e attrattiva!
  • Il racconto può essere scritto in prima o in terza persona;
  • Non vi sono limiti sulla lunghezza dell’elaborato. Tuttavia, non potrà essere scritta una Fan Fiction a puntate: l’elaborato dovrà essere scritto interamente in un unico messaggio. È possibile suddividere il racconto in capitoli, l'importante è che costituiscano un blocco unico;
  • L’elaborato dovrà essere inedito: è vietato usare racconti scritti e pubblicati in precedenza su Pokémon Millennium o altrove;
  • È severamente vietato copiare lavori altrui! Se lo scrittore sarà sorpreso a “rubare” un elaborato verrà squalificato dal Contest e dalle iniziative future (solo i protagonisti delle storie possono essere malvagi!);
  • Il topic sarà utilizzato esclusivamente per postare gli elaborati.
  • Una volta pubblicato il proprio elaborato non sarà possibile effettuare alcuna modifica o correzione (a meno che non venga esplicitamente consentito dagli organizzatori), pena l’esclusione dal Contest.

 

Come Partecipare
Una volta scritto il proprio elaborato, sarà sufficiente rispondere a questa discussione inserendo la propria opera e alcuni dettagli. Lo schema da rispettare è il seguente (clicca il pulsante spoiler!):

 

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Nome dell’autore: inserire qui il proprio nickname
Titolo: inserire qui il titolo del proprio elaborato
Elaborato: inserire qui il proprio lavoro

 

Una volta pubblicato, non sarà possibile modificare il messaggio, pena l’esclusione dal Contest.

 

Premi in Palio
I premi in palio, che varieranno a seconda del numero di partecipanti, sono i seguenti: 
 

  • Il primo classificato riceverà il videogioco Yo-Kai Watch 2 Spiritossi per Nintendo 3DS e 20 PokéPoints da utilizzare su Pokémon Millennium!
  • Il secondo classificato riceverà 15 PokéPoints 
  • Il terzo classificato riceverà 10 PokéPoints
  • I classificati tra la quarta e l'ottava posizione riceveranno 7 PokéPoints ciascuno
  • Il vincitore del premio originalità, assegnato al creatore di un lavoro da podio che si è distinto per una particolare originalità, vincerà 12 PokéPoints!
  • I vincitori del premio di consolazione, assegnato a coloro che hanno avuto una buona valutazione dai giudici pur non rientrando tra i migliori otto, riceveranno 2 PokéPoints a testa.


Giudici della Competizione
I vostri elaborati saranno esaminati e giudicati da AleanDij27, Lembina, letscore, Liuk e LooP.

 

Domande & Assistenza
Per qualsiasi domanda, o se hai bisogno di assistenza, gli organizzatori del contest saranno sempre disponibili per un chiarimento. Contattaci attraverso la discussione di supporto per le iniziative.

 

Lo Staff di Pokémon Millennium vi augura buon divertimento con il Contest di Scrittura 2017! :)

Nome dell'autore: Tigrerossa.
Titolo: Guzman - l'inizio di una nuova era.
Elaborato:
-Torna indietro, ragazzino!
Guzman correva per le strade di Poh, cercando di seminare l'allenatore che lo inseguiva. Ad un tratto fu spinto da qualcuno e cadde in un cespuglio, proprio accanto alla porta della città. Cercò di urlare, pensando che fosse il suo inseguitore, ma una mano gli coprì la bocca impedendogli di respirare.
-Zitto. Così ci farai scoprire.
Non appena riuscì a divincolarsi si girò boccheggiando. Davanti a lui c'era una tredicenne con dei magnetici occhi gialli e i capelli biondi con alcune ciocche tinte di rosa. Aveva un'aria determinata e impaurita allo stesso tempo.
-Perché hai preso quel pokémon?
Guzman si alzò, accertandosi che il suo inseguitore fosse andato via.
-Se sei qui per farmi la predica puoi anche andartene.
Il suo tono brusco non scalfì minimamente la ragazza che decise di seguirlo.
-Era un piano geniale. Hai aspettato quell'uomo fuori dal centro pokémon e gli hai rubato una delle sfere poké che aveva in mano...
-Smettila.
Nonostante avesse un anno in meno di Guzman la ragazzina era alta quanto lui. Per questo motivo quando il giovane dai capelli bianchi si girò si ritrovò faccia a faccia con lei.
-Cosa vuoi esattamente?
-Plumeria.
Il suo abito profumava di menta e nei suoi occhi, per un attimo, ci fu un barlume di speranza.
-Guzman.
Il ragazzo fece un passo indietro e le strinse la mano con aria seccata. Ricominciando a camminare in silenzio, allontanandosi dalla città. Quando furono soli lui prese la pokeball che aveva rubato e ne fece uscire un pokémon con la pelle rosea e un guscio grigio. Somigliava ad un crostaceo fuso con un samurai.
Armeggiando con il pokedex Plumeria lesse il nome del mostro.
-Golisopod...
Quest'ultimo si guardò intorno con aria smarrita per poi rivolgersi al suo nuovo allenatore.
I ragazzi erano affascinati da quella creatura che non avevano mai visto. Erano abituati ai meowth e ai rattata che girovagavano per le strade e raramente c'erano pokémon di dimensioni così grandi. Il Golisopod era poco più alto di loro e, quando si avvicinò, i due non poterono fare altro che indietreggiare. Il 'pokémon blindato' rimase in attesa e reagì prontamente all'ordine di Guzman.
-Fammi vedere cosa sai fare.
La creatura agì senza farselo ripetere due volte. Nelle vicinanze c'era dell'erba alta e non appena comparve un Gumshoos iniziò ad attaccare.
I ragazzi assistettero alla mossa 'schermaglia' e videro come, sotto i colpi delle possenti braccia del pokémon, l'avversario fu sconfitto senza avere il tempo di reagire.
Intorno a loro si erano radunate decine di piccoli occhi. Erano nascosti fra l'erba e fra i cespugli e Guzman fece finta di non notarli.
La creatura si girò orgogliosamente verso il suo allenatore che le fece cenno di continuare. Plumeria, intanto, guardava affascinata quello spettacolo, lanciando delle occhiate ai bambini nascosti. Golisopod continuò. Davanti a lui, solo per un secondo, apparvero delle spade. Il pokémon sembrò farsi più forte e quando comparve un Gumshoos riuscì a evitare il suo attacco e ad arrotolarsi, lanciandosi contro l'avversario con il proprio guscio.
-Danzaspada e conchilama...
Plumeria era sorpresa dalla maestria con la quale Guzman dava ordini al suo mostro. Ad un tratto quest'ultimo si avvicinò al giovane e rimase al suo fianco, in attesa. Tra loro c'era una sintonia unica e inaspettata.
Prima che se ne accorgessero furono circondati da bambini e ragazzi di tutte le età. I capelli rosa di Plumeria le impedivano di mescolarsi completamente al gruppo.
-Hai un legame speciale con quel pokémon.
-Come hai fatto ad addestrarlo così in fretta?
-Perché l'hai rubato?
Una voce fra tante attirò la sua attenzione. Girandosi Guzman vide un ragazzo che aveva circa la sua età. Lo squadrò con aria critica, notando che era vestito meglio di lui, con abiti puliti e ordinati, e che aveva i lunghi capelli neri raccolti in un codino. Gli suscitò antipatia fin dal primo momento.
-Quell'uomo non era degno di questo pokémon. Io sono stato più forte e ora Golisopod è mio. Lui può sempre procurarsene un altro.
Guardò i volti dei giovani intorno a lui. Molti erano sporchi e malridotti. Vivevano nelle strade di Poh, proprio come lui. La vista di quelle espressioni tristi lo spinse a continuare.
-Io voglio che tutti abbiano dei pokémon. Non è giusto che noi veniamo discriminati solo perché siamo poveri, senza una casa, senza una famiglia. Il cambiamento deve iniziare dalla nostra città, da Poh, per poi diffondersi in tutta Alola!
Alla fine del discorso di Guzman alcuni applaudirono, mossi dal suo entusiasmo, altri mostrarono interesse o paura. In pochi rimasero indifferenti.
-Non accetto il fatto che gli allenatori vengano privati dei loro pokémon. Io sono Kukui e non ti permetterò di portare il caos ad Alola!
Con queste parole il ragazzo andò via, seguito da pochi altri. La maggioranza dei giovani si unì a Guzman, capendo che voleva davvero migliorare la loro città. Passarono la giornata come dei ragazzini qualsiasi, bighellonando per le strade di Poh alla ricerca di un nascondiglio. Al calare della sera il giovane dai capelli bianchi aveva messo gli occhi su una villa maestosa che svettava sulla città. Alcuni dei suoi seguaci dovettero tornare a casa mentre altri rimasero con lui tutta la notte. Anche Plumeria dovette andare via, scusandosi:
-Devo tornare dalla mia famiglia. Non devono sospettare nulla.
I lampioni creavano ombre inquietanti per le strade deserte e gli undici ragazzi rimasti si sedettero in un angolo della città dal quale non potevano essere visti. Guzman raccontò la sua storia è sentì quelle degli altri.
-Sono stato abbandonato da piccolo.
Disse.
-Nessuno mi voleva a causa dei miei capelli bianchi. Ho vissuto per le strade di Poh per otto lunghi anni. Vedevo le persone con i loro pokémon e la cosa mi intristiva. Sapevo che non ne avrei mai avuto uno. Ma un giorno ho deciso di rovesciare la situazione. Di rubare un pokémon a chi poteva averne tanti. Oggi è l'inizio di una nuova era per la regione di Alola!
I ragazzi intorno a lui ascoltarono la storia con interesse, rivelando che anche loro erano stati abbandonati da bambini. I più piccoli erano lì con le sorelle e i fratelli e in pochi erano soli.
Il mattino dopo furono svegliati da Plumeria che aveva inventato un logo per la loro squadra. Era un teschio bianco in sfondo nero e Guzman decise di chiamare il loro gruppo 'Team Skull', in onore di quel simbolo. Passarono la giornata nascondendosi e rubando pokémon agli allenatori ignari di tutto. La sera ne avevano uno ciascuno. Mentre facevano amicizia con i loro nuovi mostriciattoli i ragazzi sembrarono dimenticare la loro situazione, anche solo per un momento.
Mentre lanciava la pokeball Plumeria non riuscì a impedire il sollevamento di una manica della sua giacca. Guzman intravide un livido violaceo e le si avvicinò per indagare.
-Stai bene?
Per la prima volta notò una punta di tristezza nel suo sguardo. Attendendo invano una risposta il giovane le prese il braccio, scoprendo una serie di lividi che arrivavano al gomito.
-Chi è stato?
Lei non rispose ma i suoi occhi lo fecero al suo posto.
-Domani ci vendicheremo.
Il ragazzo le rimase vicino, guardandola affezionarsi sempre di più al suo Golbat. Gli altri avevano dei Rattata, dei Drowzee e alcuni Haunter e, dopo aver giocato con loro per tutta la sera, andarono a dormire. Solo Guzman rimase sveglio e, assicurandosi che gli altri dormissero, sgattaiolò via.

Il mattino dopo la città era in fermento. Tutti avevano notato le sgargianti scritte sul muro di un'abitazione e il logo di un teschio bianco in sfondo nero. Plumeria corse a perdifiato fino a dove sapeva che avrebbe trovato il Team Skull.
-Come facevi a saperlo?
-Ieri ti ho seguita...
Guzman non si aspettava un abbraccio così caloroso da parte sua. Gli sorrise, dicendo:
-Da oggi Alola cambierà per sempre.
Davanti alla casa della ragazza i giovani videro ciò che aveva fatto il loro capo. Aveva imbrattato i muri di mattoni della villetta e, proprio accanto alla porta, campeggiava il loro logo. Fra la folla di curiosi indignati Guzman scorse Kukui che lo osservava con uno sguardo carico di disapprovazione.

Le settimane successive passarono in fretta, fra furti e vandalismi. Alcuni membri del Team Skull furono scoperti e arrestati, altri scapparono, ma in molti rimasero con Guzman e Plumeria. La loro prima grande conquista furono delle maglie nere destinate al negozio di vestiti di Malie. Con qualche difficoltà riuscirono a dipingerle con della vernice bianca. Finalmente i ragazzi potevano avere delle divise per rappresentare la loro appartenenza al team. Erano tutti così simili con le stesse maglie e gli stessi tagli di capelli che Guzman e Plumeria iniziarono a chiamarli tutti 'Recluta'.
Qualche mese dopo i primi abitanti di Poh iniziarono ad abbandonare la città, stanchi della paura che aleggiava costantemente nell'aria. 
Dopo alcuni anni rimasero ben poche famiglie. Il Team Skull era diventato molto numeroso e non ebbero difficoltà ad appropriarsi di una serie di case vuote.
Quando compì diciotto anni il capo del Team parti per l'isola di Mele Mele. Per la prima volta dopo tanti anni rivide Kukui e notò che non era cambiato affatto. Lo disprezzava ancora e desiderava diventare un Capitano. Guzman sapeva che, a causa della sua reputazione, non sarebbe mai riuscito a vincere la sfida. Ma sapeva anche che un capo non poteva permettersi il lusso di perdere. Doveva mantenere alto l'onore del Team Skull.
Dopo una settimana il ragazzo fu trovato fuori dalle porte di Poh, triste e solo. Aveva visto infrangersi il suo sogno di diventare un Capitano e solo una cosa poteva risollevargli il morale.
Rimase barricato nella sua casa mentre per le strade si viveva un clima teso e inquieto. Un giorno, dopo uno degli assalti alla villa, la famiglia più importante della città scappò, portandosi dietro le poche persone rimaste.
Guzman ebbe l'onore di entrare per primo nell'enorme abitazione e, aiutato da Golisopod, distrusse tutto ciò che si trovava davanti. Solo una sala rimase integra. Un trono si affacciava sulla balconata, offrendo al ragazzo una vista su tutta la città.
Le macchie di colore verdi, rosa e gialle contribuivano a spezzare il grigiore di Poh. L'allegria iniziale fu ben presto sostituita da una sensazione di abbandono, accentuata dalla cortina di pioggia che sembrava non volesse scomparire. Solo le azioni di vandalismo fuori dalla città sollevarono l'umore delle Reclute.
Guzman guardava la sua città con aria trionfante.
-Questo è l'inizio di una nuova era. Unitevi a noi, o preparatevi a soccombere.

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Nome dell'autore: LolloDNT

Titolo dell'elaborato: Big Sis

 

Elaborato:

Buongiorno
Un favore
Recensisci

- Salandit vieni fuori! Come va? Ti sei ripresa?

Disse Plumeria, era ritornata a Poh dopo aver affrontato Moon sulla punta Akala. La lotta era purtroppo andata male e la donna si stava prendendo cura dei suoi Pokemon dopo la sconfitta. 
Ripensando al suo scontro non riusciva a dimenticarsi della sua avversaria. Aveva una sensazione strana e chiese ai suoi pokemon:
- Sono matta io o anche a voi è sembrato di conoscerla?
- ...
- Insomma dite che sono impazzita?  Quella ragazza, quella determinazione nell'affrontare il giro delle isole, quell'ostinazione a fare la cosa giusta, quasi irritante, eppure, continua a ricordarmi qualcuno. 

Mentre la donna ragionava Salandit le si avvicinò, le poggiò la testa sulle gambe e prese a sonnecchiare. Anche Golbat era stanco e fece cenno alla sua allenatrice per poter rientrare nella Ball e Plumeria lo accontentò sorridendo. Quindi si appoggiò allo schienale del letto e prese ad accarezzare Salandit sulla testa ripensando al loro primo incontro. 

Era nel bel mezzo del proprio giro delle isole, Parco vulcano Wela; era pronta ad affrontare la sfida che la attendeva sulla cima. Stava aspettando il suo turno: al momento il dominante era occupato in un'altra sfida e Plumeria la stava osservando, per capire meglio come affrontare poi quella Salazzle così grande. 
Mentre assisteva allo scontro sentì un suono strano, che le sembrò una richiesta d'aiuto, come se ci fosse un pericolo nei dintorni. Si guardò attorno e vide l'entrata di una piccola grotta e davanti a questa un gruppo di Magby che lanciavano attacchi al suo interno. Ogni tanto uno dei Magby smetteva di attaccare e si allontanava dalla grotta e iniziava a tossire, come se fosse stato avvelenato da qualcosa. Plumeria capì che c'era uno scontro in corso e riprese a guardare la prova. L'istinto le diceva però che quella lotta fosse strana, quasi pericolosa; avrebbe dovuto osservare, ma non riusciva a concentrarsi, voleva capire cosa stesse succedendo con quei Magby. 
Si avvicinò alla grotta e notò che questi non erano soli; c'era un piccolo Salandit a rispondere ai loro attacchi. Compreso cosa stesse succedendo fece per allontanarsi e tornare ad assistere alla prova. Mentre si voltava, con la coda dell'occhio notò qualcosa di rotondo e biancastro, con macchie rosse e viola sulla sua superfice. Salandit si muoveva davanti a questi oggetti e cercava di tenerli lontani dai Magby. Inizialmente Plumeria pensò si trattasse di cibo, e nonostante non condividesse particolarmente quel tentativo di furto pensò di lasciar perdere. Dopo aver messo meglio a fuoco gli oggetti comprese che questi erano uova e in quel momento la scena le apparve chiara: quel piccolo stava difendendo delle uova dai Magby, probabilmente si trattava dei suoi fratelli minori, era troppo piccolo per essere uno dei genitori.

In quel momento l'istinto prese il sopravvento:
-Vai Golbat allontana quei Magby, Salandit ha bisogno di aiuto
Plumeria corse in soccorso della piccola salamandra e con l'aiuto del suo fido Golbat riuscì a sbarazzarsi dei Magby. Scacciati i Pokemon si avvicinò al piccolo Salandit e gli porse una bacca, questo iniziò ad avvicinarsi e riuscì ad addentarla. Iniziò a mangiare ma all'improvviso si fermò, lasciando cadere il cibo, mentre guardava terrorizzato oltre Plumeria. La donna si voltò e vide una Salazzle immensa alle sue spalle, era quella della prova e accanto a lei c'era il capitano. 
- Cosa stai facendo, lascia in pace quelle uova!
- Stavo solo cercando di aiutare quel Salandit mentre stavi tenendo la prova.
- Non mentire volevi rubare le uova, vai via e non peggiorare la tua situazione
- Ma, io non ho fatto nulla...
- Va via, e finché io e Salazzle saremo a capo di questa prova non la potrai affrontare. Il tuo giro delle isole finisce quì!
- Ma, perché...
-Vattene, non ho nient'altro da dirti. 

In quel momento Plumeria si allontanò dall' area della prova e iniziò a ridiscendere dal vulcano. Arrivata alle pendici di questo venne avvicinata da un ragazzo, più grande di lei, e con dei caratteristici capelli bianchi. 

-Hey, come va ho visto quel che è successo sulla cima del vulcano...

- Non sono cose che ti riguardano!

- Vero, ma penso che il capitano sia stato scorretto nei tuoi confronti. Così come quel dominante. Stavi solo aiutando quel Salandit con le uova...

- Quindi tu mi credi?

- Già, e sai... Credo di non essere l'unico...

Disse l'uomo indicando alle spalle della donna. In risposta questa si voltò confusa e vide un Salandit avvicinarsi a lei.
Teneva tra i denti una bacca un po' mangiucchiata e continuava ad avvicinarsi alla donna. Arrivato davanti a lei si fermò, lasciò a terra la bacca e gliela porse. 

- Penso sia quello che hai aiutato... - Disse l'uomo dai capelli bianchi - penso ti stia ringraziando.

- Già, lo penso anche io, è stato forte a voler difendere le uova, un comportamento quasi da fratello maggiore. 
Disse Plumeria sorridendo

-Tu quindi sei la sua sorellona, visto che lo hai aiutato

- Ahah, sì certo

- Penso tu sia una persona buona, e credo anche Salandit sia d'accordo. Mi dispiace che tu sia stata esclusa dalle prove...

- Non fa niente, meglio aver salvato loro. Comunque io mi chiamo Plumeria, tu?

- Il mio nome è Guzzman, piacere di conoscerti. Sappi che conosco un po' di ragazzi scapestrati a cui una sorella maggiore farebbe comodo. Ora vado, ma se ti va devi solo seguirmi. Penso tu abbia trovato un nuovo compagno di viaggio...

Plumeria si voltò verso Salandit che stava rovistando nella sua borsa, trovò una Pokeball e vi si gettò contro attivando il meccanismo e lasciandosi catturare. 
La donna sorrise e i suoi pensieri vennero interrotti da urla di adolescenti. 
Ritornò alla realtà e vide i membri del Team Skull correre all'impazzata all'interno della stanza. Si alzò e prima di richiamarli all'ordine le passò per la mente un dolce pensiero: Sono i miei fratellini, è per aiutare loro che lo faccio...

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Autore: Bulbatapu

 

Titolo: Segreto etereo

 

Elaborato:

“In un'epoca di grandi conflitti gli scontri tra pokemon leggendari erano all'ordine del giorno nella regione di Shinto. Non passava giorno senza che una parte della regione non fosse area di guerriglia e esplosioni. Interi villaggi distrutti, foreste devastate, limpide acque sporcate da colori impuri. In varie parti del mondo alcuni ragazzi si misero in viaggio alla ricerca di pokemon che potessero aiutarli a porre fine ai conflitti. Non si conoscevano tra loro ma avevano tutti lo stesso obiettivo e coincidentalmente avevano tutti a loro fianco pokemon fidati che li avrebbero aiutati nella loro impresa”. Dopo aver letto le parole di questa pagina, il bianco direttore si rivolse ai suoi sottoposti esclamando: “Voi dovete considerarvi gli eredi di quei ragazzi. Come sapete la fondazione Aether ha il compito di proteggere i pokemon e voi porrete fine ai conflitti di questa epoca. Ovviamente la vostra sarà una missione segreta e anche la vostra esistenza rimarrà segreta”. Il direttore nascondeva le sue vere intenzioni dietro uno strano sorriso. Era una donna bellissima e secondo alcune voci sembrava assomigliare ad una creatura di un altro mondo.

Uno dei sottoposti chiese quale fosse la loro missione e quale fosse il legame tra loro e quel libro. Il direttore esclamò: “Trovatelo”. Il più fidato assistente del direttore dopo aver sistemato i suoi strani occhiali verdi fece qualche passo avanti e iniziò a spiegare meglio: “Abbiamo raccolto varie leggende riguardo a varie creature che potrebbero essere Pokemon ma su cui abbiamo vari dubbi. Di questa leggenda esistono varie versioni. Il gruppo di ragazzi dopo varie avventure arrivò al cospetto di Dialga & Palkia in lotta tra di loro. Lo scontro era al di là di ogni immaginazione e improvvisamente a causa dei poteri di Palkia il gruppo di ragazzi si ritrovò in una strana isola a migliaia di chilometri dalla loro terra natale. C'erano pokemon che non avevano mai visto prima tra cui spiccava un piccolo pokemon simile a una nuvoletta viola. Il pokemon spaventato dall'arrivo dei ragazzi e dallo scontro tra i due pokemon leggendari iniziò a gridare così forte da squarciare il cielo. Le varie leggende sono concordi sul fatto che la creatura che ne venne fuori pose fine al conflitto. Dovete trovare la nuvoletta viola” I sottoposti chiesero ulteriori informazioni sulla creatura emersa ma il direttore, dopo aver spostato con un gesto della mano i suoi lunghi capelli, rispose che questa informazione non era importante poiché alla fine dello scontro Dialka usò i suoi poteri per riportare indietro il tempo cancellando ogni traccia dello scontro. Quello che era importante era “trovare lui. La chiave per accedere alla bellezza”. Gli occhi verdi assunsero un bagliore sinistro che faceva venire i brividi. “Una bellezza che può essere trovata solo negli abissi dell'ignoto”. Il direttore e i suoi assistenti lasciarono la stanza. L'assistente dai capelli viola lasciò goffamente cadere una carpetta che rimase sul pavimento.

Uno dei componenti del nuovo team “Segreto etereo”, appena formatosi, raccolse la carpetta e rabbrividì alla lettura di quei fogli. L'organizzazione per cui lavorava era malvagia. Ma non malvagia come una Bewear a cui toccano il figlio, ma malvagia come uno Sharpedo che attacca gli indifesi Magikarp per divertimento. Le parole che leggeva: Voracitus, Elegantia, Parasitus e le schede ad esse collegate mettevano i brividi. Esclamò: “Dobbiamo scappare al più presto. Questi sono pazzi”. Gli altri chiesero dove volesse andare. Si trovavano su un'isola artificiale. Non c'era una via di fuga. Il più anziano del gruppo prese la parola e spiegò agli altri che tra i loro pokemon c'era un'arma segreta adatta allo scopo. Mentre lui si accingeva a raccontare, una delle giovani ragazze si avvicinò all'unica telecamera della stanza e dopo aver esclamato “Ciao, ciao!” oscurò l'obiettivo con uno dei guanti bianchi della propria uniforme.

Nessuno riuscì mai a capire dove fossero finiti e come mai non ci fossero tracce della loro fuga. Le uniche cose fuori posto erano un guanto sulla telecamera, il foglio della carpetta che si riferiva ad una specifica Ultracreatura divenuta irreperibile e il Chatot del corridoio che da quel giorno incominciò a ripetere ossessivamente “Ultravarco, ultravarco”.

Le informazioni sul loro conto furono secretate come se non fossero mai esistiti. Dopo qualche giorno al direttore fu consegnata una copia della pagina mancante. La giovane donna, dopo aver intuito cosa era successo si avvicinò ad una piccola libreria vicino ad un Chatot congelato come un trofeo. Aprì il libro che aveva letto agli ex sottoposti qualche giorno prima e aggiunse alcune parole dopo l'ultimo capitolo...

 

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Nome dell'autore: Aenigma

Titolo: Ripartire da Zero

Elaborato:

“Parla! Non puoi continuare a fingere in eterno!”

“Le ho già detto tutto”

“Ah sì? E io dovrei credere che hai cancellato dieci anni della tua vita?”

“Gliel’ho già spiegato, nessuno di noi ricorda nulla…”

“Oppure nessuno di voi vuole parlare!”

“Non credo”

“Pfh… per oggi ho sentito abbastanza, passerai comunque la notte in gattabuia”

Due machamp in divisa mi afferrano e mi trascinano fino alla cella. L’ultima del corridoio, a sinistra. Mi sbattono sul letto, sento la chiave girare nella serratura, poi il silenzio, solo qualche onda in lontananza. Neanche un compagno di cella. Neanche un pokémon. Un’ottima scusa per riflettere. In effetti ciò che ho detto nell’interrogatorio era vero: non ricordo più niente degli ultimi dieci anni, l’ispettore non mi crede, ma anche io faccio fatica a capire cosa sia successo. Ormai è una settimana che mi chiede sempre le stesse cose, e io continuo a ripetergli la mia storia: da quando sono nato a quel giorno d’estate…

 Vivevo una vita felice vicino alla palude di Pratopoli, un luogo pieno di vita, dove trascorrevo le giornate giocando coi quagsire e i buizel selvatici a nascondino, tra i giunchi e le sterpaglie del safari pokémon. Un giorno, durante un temporale che aveva devastato la zona, sentii come un lamentio provenire da un albero sradicato. Le radici che si spandevano nell’aria sembravano un ariados di dimensioni colossali; allora ero ancora troppo giovane per capire che non erano un vero pokémon, quindi decisi di nascondermi nell’erba alta (ero abbastanza basso e magrolino), calando il cappuccio sul mio ciuffetto castano. Ma quando sentii ancora quella chiara richiesta d’aiuto non esitai più, mi scagliai verso dove proveniva il suono. Trasalivo ad ogni tuono, ogni lampo mostrava immagini terrificanti, ma non potevo smettere di cercare. Alla fine vidi una scaglia rossa, scostai i rami e finalmente trovai chi mi chiamava: un magikarp dai lunghi baffi dorati, ma ferito gravemente alla coda. Lo portai immediatamente a casa e lo curai. Da quel giorno diventammo inseparabili: fu il mio primo pokémon. Passarono gli anni e dovetti iniziare la scuola. All’inizio mi piacque imparare come allenare Maggian (così avevo soprannominato Magikarp): giorno per giorno quell’edificio grigio mi riempì di nozioni sempre più utili e alla fine il mio pokémon apprese addirittura azione. Mancava poco all’evoluzione! Ma l’anno finì senza che accadesse nulla. Durante l’estate le giornate passavano felici: non c’era molto sole, come al solito a Sinnoh, ma ci divertivamo a gettarci nelle pozzanghere e sporcarci insieme, nulla poteva rovinare quei momenti. Nulla tranne Gennaro, da Kanto, di dieci anni più grande di me. Un giorno arrivò nel safari con il suo raticate (un pokémon terribile, come il suo padrone), era grasso, tozzo, con un cappello dal colore ormai smunto, e non la smetteva di deridere magikarp. Disse che non sarei andato lontano con quel pesce e per dimostrarmelo ordinò a raticate di attaccare. Maggian non resistette a lungo, ma, nonostante fosse esausto, Gennaro continuò ad infierire, e io non potei farci nulla. Un’interminabile ora dopo il bullo se ne andò, lasciando magikarp a terra, dolorante, con la coda rotta e senza più nessuno dei suoi bellissimi baffi. Impotente lo riportai a casa, lo curai, ma nel mio cuore pensavo che sarei dovuto diventare più forte per proteggerlo. Per vendicarlo. Passò un mese e sia io che Maggian decidemmo di allenarci giorno e notte, seguendo le informazioni ricavate a scuola da Omar, che nel frattempo era diventato capo palestra. Non arrenderti! Continua a combattere! Non esistono Pokémon deboli! Ma magikarp ancora non si evolveva. Per caso passò di lì uno strano personaggio: guance smunte, sguardo attento, capigliatura azzurra che sembrava provocata da uno shock elettrico e una “G” sul petto. Mi fissò tutto il giorno mentre mi allenavo; all’inizio non ci feci caso, ma alla fine glielo chiesi:

“Ehy tu, cosa vuoi?”

“Ti stavo osservando”

“Questo lo so!”

“Sembra che tu voglia diventare più forte…”

“Sì, con tutto me stesso”

È quello il tuo pokémon?”

“Certo!”

È molto forte”

“Mi prendi in giro?”

“Che c’è, non hai fiducia nella forza del tuo pokémon?”

“Magikarp adesso non è abbastanza potente per combattere, ma ci stiamo allenando proprio per farlo diventare il migliore!”

L’uomo lanciò una pokeball e ne uscì un gyarados mostruoso.

“Vuoi che diventi così?” disse: “E allora combatti!” E subito ordinò di usare iper raggio.

“Maggian schiva!” ma il mostriciattolo non ci riuscì: “Perché lo hai fatto?”

“Adesso vedrai” disse.

 Quando il fascio di luce generato dal serpente marino si dissolse, magikarp non c’era più: al suo posto un candido bagliore annunciava la sua evoluzione in gyarados.

“Qual è il tuo nome?” chiesi.

“Mi chiamo Cyrus”

“Ti ringrazio Cyrus, come farò a ricompensarti?”

“Unisciti a me, diventerai uno dei miei migliori combattenti”

“Ma i miei genitori…”

“ Non ci sarà alcun problema”. Da quel giorno divenni un bambino disperso, come tanti altri di Pratopoli.

Cyrus mi portò poi in un edificio fuori Sinnoh, in un palazzo pieno di ragazzi che combattevano e mi promise che se li avessi sconfitti tutti sarei diventato uno dei suoi sottoposti. Con Maggian, fu fin troppo semplice sbaragliare la concorrenza: la maggior parte dei miei avversari possedeva pokémon appena trovati nell’erba alta, niente di pericoloso. Intanto la stima verso la persona che mi aveva portato lì cresceva e lui qualche volta sembrava contraccambiare. Dopo un mese finalmente mi chiamò a sé. Disse che da quel giorno sarei stato la sua arma segreta nel caso lui fosse scomparso e mi diede un foglietto. Lo lessi: “Caro Zero, è da tempo che il team Galassia, di cui sono il capo, cerca di ricreare questo mondo. Il nostro compito è quello di riportare la giustizia nell’universo, governandolo dalla sua nascita. Ciò sarà possibile solo dopo aver catturato Palkia, signore dello spazio, e Dialga, signore del tempo, e aver liberato la forza oscura che essi hanno racchiuso in un’altra dimensione, forza che ancora non conosco. Purtroppo so che c’è un allenatore che non vuole permettere al mondo di migliorarsi e ha già sconfitto alcuni miei sottoposti. Il suo nome è Diamond. Se dovessi fallire nell’impresa di risvegliare gli antichi poteri a causa sua, è molto probabile che non vivrò abbastanza per dirtelo. Voglio che tu mi renda giustizia sconfiggendolo! Solo tu sei alla sua altezza. Nel frattempo però ti fingerai una recluta per non destare sospetti, non posso rischiare che anche tu venga arrestato subito, in caso di fallimento. Spero di vederti presto, in un mondo migliore. Cyrus” Alzai lo sguardo, incredulo, ma lui era già sparito. Con le lacrime agli occhi per la paura di perdere il mio mentore ripiegai la lettera ed eseguii il protocollo “RECLUTA”, entrai in una macchina e da allora non ricordo nulla.

Forse l’ultimo passaggio non l’ho raccontato all’ispettore, ma che ci posso fare? Non voglio deludere il mio maestro. Schiaccio un pulsante nascosto dietro l’orecchio destro, sotto alla orribile acconciatura del team Galassia: un caschetto azzurro quasi fluorescente. Quasi subito sento un ruggito tremendo. Quegli idioti dei poliziotti mi hanno relegato nella cella più vicina al mare. All’improvviso crolla il muro. “Ciao Maggian, come stai?” Mi sembra di scorgere un sorriso sul suo volto: “E ora andiamo a sconfiggere il campione di Sinnoh!”

 

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Nome dell’autore: Ivanez
Titolo: De sideribus 
Elaborato: 

 

Secondi, minuti, ore, secoli. Non ho idea di quanto io sia rimasto lì dentro. Ma poco importa, se il tempo non ha più senso per me.

È stato strano riassaporare la luce dall’altra parte del varco. Mal accogliendo il primo raggio di sole, i miei occhi si sono istintivamente chiusi, disabituati a un bagliore così forte. Davanti a me, un uomo vestito di nero mi ha teso la mano, promettendomi che avrebbe realizzato il mio sogno in cambio del mio aiuto. Proposta allettante. Nessun interesse per la sua missione. Solo il mio obiettivo in testa. Devo raggiungerlo. L’ho promesso a me stesso. L’ho giurato a lei.

 

Se chiudo gli occhi, nel buio dei miei ricordi, riesco ancora a vederla vividamente, mentre sorrideva al mio ritorno in laboratorio. O quando, assorta nei suoi pensieri, guardava il cielo stellato. Spesso ci perdevamo assieme tra costellazioni e astri, chiedendoci chi potesse vivere ad anni luce di distanza da noi. “Perché non proviamo a scoprirlo?” mi chiese una notte, mentre un dolce vento estivo carezzava i nostri corpi distesi sul prato. Ci pensai per qualche secondo, gustando il silenzio attorno a noi spezzato unicamente dal lieve svolazzare del suo Chingling, che fluttuava sulle nostre teste. Assentii. Vega, questo era il suo nome, altro non aveva fatto che dare voce a uno dei miei desideri più profondi, che però non avevo il coraggio di realizzare. Non da solo. Con Vega, tuttavia, questa ricerca dell’assoluto mi sembrava più facile, più sensata.

 

“Ci sono voluti anni di ricerche, ma il progetto è terminato.”

Alzai lo sguardo per osservare l’enorme macchinario che avevo di fronte.

“Attivando questo marchingegno, dovremmo riuscire ad aprire un varco per una dimensione lontana. Sei pronta?”

Di tutta risposta, mi abbracciò. Sentii il suo orecchio premere contro il mio petto, che stava per cedere tant’era forte il batticuore generato dalla tensione. “Finalmente realizzeremo il nostro sogno, amore mio. Sono pronta, se tu lo sei.”

Grazie alle sue parole ritrovai la calma che necessitavo, cercando di allontanare la paura dell’ignoto e l’ipotesi del fallimento. Il suo Chingling, evolutosi ormai in Chimecho, volava felice attorno a noi due, come se avesse percepito il mio umore e cercasse di sollevarmi il morale. Le strinsi la mano e tirai giù la leva.

 

Ricordo poco di quel che accadde dopo. Non lo voglio ricordare. Luce, tanta luce. Un piccolo squarcio sospeso a mezz’aria. Chimecho, attirato da esso. Vega, con la fronte corrugata, gli occhi sbarrati, mentre la paura si impossessava del suo corpo. Chimecho, improvvisamente furente, violento, in preda a un’energia aliena che aveva preso il controllo della sua mente. Vega, che cercava di fuggire da quel che fino a qualche istante prima era il suo migliore amico. Il laboratorio, che iniziava smembrarsi sotto la pressione esercitata da quel varco. Chimecho, avvolto attorno il collo di Vega, stritolandola, soffocandola. Vega. Il mio Gyarados che distruggeva il macchinario fermando l’implosione. Vega. Il suo sguardo vuoto. Vega. Un tonfo sordo. Vega. Vega.

 

Perché ho azionato quella leva? Perché mi sono lasciato ingannare dalle sue parole? Le stelle non hanno più ragione di esistere, se non posso osservarle con lei. Ormai la mia felicità è più lontana di quel mondo che volevamo raggiungere insieme. Ormai tutto quel che amavo non esiste più. Quello squarcio che ha strappato Vega dalle mie braccia non mi ha più abbandonato. Mi trafigge il petto. Sono queste sensazioni la causa della mia sofferenza. Non devono esistere. Né per me, né per nessun altro.

 

Riaprendo gli occhi, non ho più alcun dubbio. Guardo quell’uomo vestito di nero negli occhi e gli stringo vigorosamente la mano, sicuro del fatto che ricambierà il favore, realizzando il mio desiderio.

Un mondo in cui non esiste l’amore. Non avrebbe più senso senza di lei. Un mondo in cui non esiste il dolore. Un universo che sia consacrato solo a te, Vega. Ed è per questo che io, Cyrus, creerò un nuovo universo in cui non c’è spazio per le emozioni.

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Nome dell'autore: Gonti
Titolo: Il Messaggio Nella Bottiglia
Elaborato: 

Le prime luci dell'alba baciavano i parapetti della grande nave da crociera che lenta ma inesorabile squarciava il velo dell'acqua producendo un suono calmo e armonioso, simile agli sbuffi dei Wilord, che quella nave aveva ben avuto modo di conoscere. La crociera faceva un giro turistico delle Isole e permetteva a tutti gli abitanti di Alola di esplorare gli arcipelaghi limitrofi e talvolta di fermarsi a fare scorta di prodotti tipici, oppure semplicemente per osservare nuove specie di pokemon o fare due passi. 
Dal silenzio che regnava armonioso sulla nave si sarebbe detto che tutti i passeggeri fossero ancora nel torpore di una fresca mattina di fine estate, tuttavia qualcuno era già sveglio, o meglio, non era mai andato a dormire. Un ragazzo, con capelli tinti recentemente di blu ed un piglio non indifferente stava scarabocchiando qualcosa su un quaderno, ben nascosto in uno sgabuzzino. Non ci è dato sapere se il ragazzo non aveva soldi o semplicemente voleva provare l'ebbrezza di una prima esperienza fuorilegge. Alla luce di una fioca candela che aveva rimediato chissà dove, il nostro eroe romantico scriveva queste parole:


"Apro gli occhi ad un nuovo giorno, tra poco finalmente sbarcheremo verso l'Isola di Ula Ula, prima destinazione della mia nuova vita. Se già non ero abbastanza eccitato all'idea di partire all'avventura, sicuramente queste trentasei ore chiuso in uno sgabuzzino con solo qualche rimasuglio di provviste terrestri da mangiare mi hanno sicuramente invogliato a vivere, e così farò. Ho deciso di diventare un membro del Team Skull per realizzare il sogno di viaggiare per tutta la regione di Alola e magari chissà, riuscirò anche a varcare il confine per muovermi verso altre regioni.. Chiunque leggerà questo scritto si chiederà cosa spinge un ragazzo giovane come me, di soli vent'anni, a desiderare di viaggiare così tanto: come dice il detto popolare "chi parte sa da cosa fugge ma non cosa cerca", ma io ricordo indistintamente il suo viso, le sue mani e la sua voce mentre mi prometteva che ci saremmo rincontrati.. Non l'ho mai dimenticata. Ricordo che prima di conoscerla nemmeno mi piacevano i pokemon, e trovavo stupida le competizioni, le gare e addirittura il titolo di Campione della Lega, ma ora riesco a percepire quanto sia bello il rapporto tra un allenatore e il suo pokemon. 
Proprio ieri mi è successa una cosa straordinaria: procedevamo a barra dritta, e il mare sembrava calmo, le onde rallentavano i battiti del mio cuore impazzito, ma d'un tratto una tempesta si abbatté sulla nave e io, senza capire cosa stava accadendo decisi di uscire sul ponte, che era ormai deserto. Le gocce di pioggia tagliavano il mio viso e il vento mi spingeva di quà e di là. In lontananza c'erano fulmini e i tuoni rimbombavano in sottofondo. Fu lì che lo vidi. Un piccolo Wingull era rimasto incastrato in una fune e non riusciva a volare via e stava ranicchiato e impaurito, bagnato come un pulcino. Vedendolo subito lo liberai ma il piccolo non volò via e si avvicinò a me. Lo portai nel mio sgabuzzino al caldo, dove si addormentò. Quando si riprese spartii con lui il mio poco cibo ed ora è qui con me che mi fa compagnia in questo ultimo febbrile giorno di viaggio. 
Ho sentito dire che il Team Skull ha ideali malvagi e usa i pokemon come strumento ma non bado troppo a queste voci.. E anche se fosse, magari avendomi come recluta potrei riuscire a cambiare la loro visione delle cose, una volta diventato Ufficiale.. Fino ad allora purtroppo sono i soli che mi possono garantire di viaggiare e quantomeno permettermi il trampolino per raggiungere i miei sogni. 
La candela si sta spegnendo, i raggi del sole già penetrano dal piccolo oblò e io sono sfinito dal peso della notte che non ho dormito, in preda all'ansia, all'agitazione e al desiderio di comunicare questi grilli che avevo per la testa. 
Lettore non ti preoccupare per il mio futuro, sappi che quando ho scritto queste parole ero felice e sicuramente lo sarò tutt'ora. 
FIRMATO: Giorgio, Recluta del Team Skull."

 

Già i primi rumori si sentivano all'esterno. Con una mossa repentina, Giorgio strappò la pagina e la inserì in una bottiglia di vetro trovata nello sgabuzzino poi, aprendo la porta, sbirciò fuori: via libera. Rapidamente si buttò verso il ponte e gettò in mare la bottiglia, che sprofondò con un sordo "SPLASH" per riemergere pochi istanti dopo. Circospetto, il ragazzo tornò nella sua cabina, dove ad aspettarlo c'era il suo novello amico, che a differenza sua aveva dormito quella notte ed ora era pronto per volare di nuovo. 

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Nome dell'autore: MoonlightUmbreon

Titolo: L'ascesa di Giovanni e la nascita del Rainbow Rocket

Elaborato:

 

Alola, che regione meravigliosa, così piena di misteri. Le differenze rispetto a Kanto sono notevoli, è proprio un altro mondo e non solo in senso metaforico. Ma anche oggi, guardandomi di nuovo allo specchio la mia mente non può fare a meno di ricordare quei giorni nefasti che mi hanno portato fino a qui. Ricordo ancora come se fosse ieri l'umiliazione di essere battuto da un bamboccio appena diventato allenatore, il suo nome mi risuona nelle orecchie ogni giorno...Rosso. Non ho mai dimenticato quella lotta alla palestra di Smeraldopoli, l'ultima di una serie che mi ha sempre visto sconfitto. Il più forte capopalestra di Kanto ed uno dei migliori al mondo battuto da un ragazzino. Le mie disgrazie cominciarono da lui, dopo la sconfitta nella mia palestra fuggii, la polizia mi stava addosso, mentre nel settipelago alcune reclute continuarono a lavorare sodo per la missione del Team Rocket. Tra di loro c'era Archer, colui che 3 anni dopo la mia disfatta riorganizzò il mio team e assediò la torre radio di Fiordoropoli a Johto allo scopo di farmi tornare. Ricordo ancora di come mi sentii ascoltando quel messaggio alla radio dal mio rifugio alle cascate Tohjo, che implorava il mio ritorno. Non potrò mai dimenticare la sensazione di impotenza che mi attanagliò in quel periodo, coronata dall'ennesima sconfitta ad opera di un altro moccioso di nome Oro. Per giunta quello stesso ragazzino batté ripetutamente mio figlio Argento, a quanto pare quel buono a nulla non fu capace nemmeno di mettere a frutto i miei insegnamenti sulla lotta pokemon e quindi per me l'affronto fu grave il doppio. Abbandonai mio figlio quando era piccolo nella speranza di farlo diventare un uomo forte e non un pappamolle, evidentemente ho fallito anche in quello. Dopo aver abbandonato il mio rifugio alle cascate Tohjo, segnato da un'altra sconfitta, viaggiai in lungo e in largo. Fui costretto ad una lunga fuga a causa degli eventi che mi videro protagonista a Kanto. Trovai un luogo sicuro nella struttura nota come parco lotta, presente nella regione di Hoenn e caratterizzata da molteplici strutture che offrivano diversi modi di approcciarsi alla lotta, ognuna presidiata da un allenatore portentoso denominato asso del parco. Quella regione era ben lontana dalla mia terra di origine e lì ebbi finalmente l'opportunità di vivere in pace e nell'anonimato, vivendo alla giornata con dei lavoretti nelle strutture di lotta presenti. Quella vita di miseria non faceva per me, era solo una parentesi momentanea prima del mio grande ritorno. Ma anche lì la mia tranquillità fu ben presto sconvolta, quando un giorno nel cielo cominciarono ad aprirsi degli strani varchi, da cui fuoriuscirono creature mai viste prima. Le loro sembianze sono impresse a fuoco nella mia mente nonostante siano passati anni da quegli infausti eventi, un aspetto vagamente riconducibile a quello delle nostre meduse, con lunghi tentacoli in ogni dove. La loro fisionomia pareva davvero aliena: un essere quasi interamente bianco con due tentacoli molto lunghi che parevano gambe, altri tentacoli più piccoli che sembravano formare come un vestito, due tentacoli più corti che ricordavano delle braccia ed una testa dalla forma riconducibile ad un cappello, la cui base, di colore blu, costituiva l'unica eccezione cromatica in quella predominanza di bianco. La sua testa presentava poi dei motivi a forma di stella, mai vista una creatura tanto strana. Da quei varchi comparsi nel cielo uscirono centinaia, se non migliaia di quelle creature. Il loro arrivo fu accompagnato solo da morte e distruzione. In principio parvero innocue, diedero l'impressione di essere solamente curiose, ma le cose cambiarono in fretta e dopo poco cominciarono a distruggere ogni cosa presente nel parco. Le strutture e le abitazioni crollarono una dopo l'altra, di quelle vecchie glorie non rimasero altro che macerie. Parevano un esercito ed infatti impiegarono poco più di un giorno per radere al suolo tutto. Dopo aver distrutto ogni edificio si interessarono degli umani, cercarono contatti con loro e rimasi sconcertato da ciò che vidi. Dopo aver approcciato gli umani essi usarono i loro tentacoli per attaccarsi alla testa delle persone, una scena raccapricciante che ancora oggi tormenta i miei sogni. Dopo poco quelle persone iniziarono a manifestare comportamenti violenti, anche l'uomo più mite si trasformò in una belva sanguinaria. Assistei inorridito a massacri fra le persone, in contrasto con l'atteggiamento apparentemente divertito di quelle creature immonde alla vista di quegli scenari. Non era chiaro se quelle creature agissero con raziocinio o meno, le loro azioni sembravano dettate più dall'istinto ma il compiacimento che provarono alla vista del massacro sembrò assolutamente dettato dal raziocinio. Come l'intero parco anche le persone caddero una dopo l'altra e quello scenario divenne sempre più raccapricciante, non più solo macerie ma anche sangue e cadaveri in ogni dove. Solo una persona rimase in piedi e combatté l'assalto di quelle creature, Alberta, l'asso del parco adibito alla protezione della torre lotta. Lei combatté valorosamente quelle creature, nel suo piccolo riuscì anche ad ottenere buoni risultati, ma alla fine anche lei cadde. Non sono mai stato un eroe ed infatti non mi comportai come tale, per il mio vantaggio rimasi in disparte per la gran parte del tempo e fui solo spettatore di quegli eventi. Riuscii a mantenere un basso profilo e le creature non riuscirono a posare i loro tentacoli su di me. Dopo aver visto anche Alberta cadere credetti di essere rimasto solo, ma così non fu. Dopo la lotta contro l'asso del parco le creature, credendola morta, non indugiarono oltre con lei e si allontanarono. Ma quando mi avvicinai a lei scoprii che non era morta, così cercai di aiutarla. Se le creature si fossero accorte che c'era ancora qualcuno vivo, cioè me, un valido alleato come lei mi avrebbe sicuramente fatto comodo. Ma prima che ebbi modo di fare alcunché i varchi che portarono qui quelle creature, mai del tutto chiusi fin dal loro arrivo, si riaprirono completamente. In quel momento sembrò proprio che le creature stessero lasciando quel mondo, ormai certe di non aver più nulla da fare. In cuor mio pensai di avercela fatta, ma sfortunatamente mi ritrovai, assieme ad Alberta, proprio in prossimità di uno di quei varchi. Parevano dei giganteschi tunnel dimensionali, con un notevole potere attrattivo ed a nulla servirono i miei tentativi di resistenza, quel varco finì per risucchiare me ed Alberta. Al mio risveglio mi ritrovai solo e senza memoria su una spiaggia dell'isola di Poni, appartenente alla regione di Alola, a quanto pare un luogo molto lontano da Hoenn e di conseguenza da Kanto. L'unica cosa che ricordavo era il mio nome...Giovanni. Non mi conosceva nessuno, ma tutti si dimostrarono disponibili con me, mi diedero vitto e alloggio ed io ripagai come potevo facendo lavoretti qua e là come ai tempi del parco. Ero diventato una persona qualunque, insignificante e per bene. Ma a quanto pare il destino non volle questo per me, con il tempo a poco a poco recuperai i miei ricordi. Giorno dopo giorno la memoria tornò, un frammento alla volta. Ogni frammento si incastonò al successivo fino a comporre il puzzle della mia vita. Ma proprio quando recuperai completamente la mia identità accadde l'incredibile, incontrai due allenatori provenienti da Kanto, sembravano volti familiari ma uno in particolare lo ricordai fin troppo bene, anche se era cresciuto e si trattava di Rosso. Osservai da lontano il suo scontro con un giovane e vidi qualcosa che non avevo mai visto prima, la cosiddetta Mega Evoluzione che trasformò il suo Charizard in un pokemon ancora più potente e fiero. Il Rosso che conoscevo io non aveva mai fatto uso di un'arma simile, pensai che l'avesse imparata durante tutti quegli anni, ma qualcosa continuò a non quadrarmi. Durante quella lotta commisi un imprudenza, mi avvicinai troppo, incuriosito dalla lotta e questo purtroppo mi fece scoprire da Rosso. Pensai fosse finalmente arrivato il momento di una rivincita ma in quell'istante accadde l'inaspettato, lui non mi riconobbe affatto. Rimasi profondamente seccato dalla cosa, mi rifiutavo di credere che mi avesse dimenticato ma il suo sorriso cordiale e i suoi occhi non tradirono alcun affronto, pareva davvero non conoscermi. Fu allora che cominciai ad avere dei dubbi, che il mondo in cui mi trovavo non fosse quello originale da cui provenivo, trasformazioni mai viste prima e Rosso che non mi conosceva. Fui vittima di un varco dimensionale, che portò sulla terra creature stranissime mai incontrate prima dall'uomo quindi poteva essere capitato lo stesso a me. Cominciai allora, approfittando del fatto di essere uno sconosciuto per la popolazione locale, a fare domande per tutta Alola sul conto del Team Rocket. L'unico riscontro fu da parte di un uomo a Malie, sull'isola di Ula Ula. Costui proveniva proprio da Kanto e mi parlò di alcune malefatte del Team, alcune cose erano accadute come le ricordavo mentre altre no, ma lui non nominò mai il nome del leader del Team ed asserì che l'organizzazione era sciolta da tempo. Rimasi sconcertato dalla cosa, ma poi pensai che invece fosse un'opportunità unica, di ricostruire la mia grandezza approfittando del fatto di essere un signor nessuno in questo mondo. Il primo obiettivo che mi posi fu quello di rifondare il Team Rocket proprio qui ad Alola, una regione decisamente di mio gradimento. Decisi di ricostruire la mia organizzazione a partire dal basso della gerarchia, dalle reclute, perciò feci alcune ricerche sui delinquenti del posto. Non fu per niente difficile reclutare alcuni poveracci appartenenti ad un Team noto come Team Skull, teppistelli qualunque che volevano solo fare un po' di baldoria. Accecati dall'ambizione e stanchi di accontentarsi di qualche marachella accettarono di buon grado la mia offerta, con il disappunto del loro capo, un certo Guzman, che cominciò a chiedersi chi stesse sfoltendo i suoi ranghi, senza però risalire a me. Dopo aver costruito la parte bassa della piramide necessitavo dei vertici. Non trovai nessuno adeguato al ruolo, fino a che un giorno quei misteriosi varchi che mi portarono ad Alola non si aprirono di nuovo, a quanto pare per un incidente avvenuto alla Fondazione Aether, un'organizzazione molto influente in questa regione. La responsabilità di quell'incidente alla fondazione fu attribuita proprio alla sua direttrice, una donna di nome Samina. Quei varchi connetterono Alola ad altri mondi, con il risultato che delle creature di origine sconosciuta arrivarono in questa regione. Iniziarono a seminare caos ovunque, similmente a quanto accadde con le creature incontrate da me tempo addietro, ma da quei varchi giunsero anche delle persone, per la precisione 5. Io le riconobbi tutte quante, si trattava dei leader di alcune influenti organizzazioni criminali operative in altre regioni, anche loro ufficialmente scomparsi da anni in seguito al fallimento dei loro piani, proprio come me. Analogamente a me anche loro avevano perso la memoria, il che mi diede l'idea di plasmarli da zero in perfetti ufficiali del Team Rocket. Per mia sfortuna però riacquistarono la memoria molto più velocemente di me e reclamarono le loro vere identità di Max, Ivan, Cyrus, Ghecis ed Elisio leader rispettivamente dei team Magma, Idro, Galassia, Plasma e Flare. I team Magma ed Idro furono entrambi attivi ad Hoenn, il Team Galassia a Sinnoh, mentre il Plasma e Flare rispettivamente ad Unima e Kalos. Avevamo molto in comune, leader di organizzazioni criminali che avevano fallito i loro piani ed erano scomparsi dalla circolazione. Tuttavia loro mi smentirono, dicendo di provenire da un mondo in cui avevano trionfato e che fosse loro intenzione farvi ritorno quanto prima. Quell'evento mi diede la conferma ultima che le realtà alternative esistono, quelli che avevo davanti a me erano dei doppelganger di altre dimensioni degli uomini che conoscevo io, provenienti da mondi in cui i loro piani avevano avuto successo. Il loro desiderio di tornare a casa mi tornò estremamente utile. Promisi loro che se mi avessero assistito nei miei scopi io li avrei aiutati a far ritorno alle loro dimensioni originali, una volta appresi i segreti di quei misteriosi varchi. Seppur titubanti accettarono la mia offerta. Questo sancì una collaborazione temporanea che avrebbe portato me ad essere l'unico beneficiario del mio grande piano, dal momento che i miei collaboratori avrebbero fatto ritorno alle loro dimensioni originali, lasciandomi tutto solo a godere del successo della mia impresa. Io a differenza loro non avevo alcuna intenzione di tornare alla mia vecchia vita, perché mai tornare in un mondo in cui ho collezionato solo fallimenti? Quell'invasione al parco lotta, paradossalmente, fu una benedizione per me. In questo mondo non avevo mai fallito, l'epopea di Giovanni stava per ricominciare di nuovo, o meglio cominciare e questa volta sarebbe stata duratura. Mi serviva solo un'ultima cosa per garantirmi la vittoria certa, il pokemon artificiale Mewtwo, di cui avevo finanziato gli esperimenti nel mio mondo anni prima. Con la mia organizzazione ancora allo stato embrionale cominciai a ricostruire la mia fortuna pezzo per pezzo, facendo contrabbando di code Slowpoke. Non era certo la più remunerativa delle attività, ma era un modo per fare un bel gruzzoletto in poco tempo ed una buona base da cui ripartire per ricreare il mio impero. Con i proventi ottenuti da quell'attività ho finanziato una spedizione a Kanto, precisamente per la Grotta Celeste a Celestopoli, che anche in questa dimensione è stata teatro di alcuni avvistamenti di Mewtwo, a quanto pare creato anche in questo mondo seppur certamente non da me. Non è stato facile entrare in possesso del suo potere, una lotta titanica è infuriata tra me e lui, senza la Master Ball progettata dalla Silph SpA è stato veramente difficile catturarlo, ma con l'aiuto dei miei schiavi pokemon alla fine ho avuto la meglio. Il dolce aroma del successo mi inebria tuttora, è ancora fresco essendo un trionfo ottenuto appena una settimana fa. Dopo molteplici fallimenti ha un sapore ancora più buono. Nel mentre ho meditato sul fatto che il Team Rocket ormai non ha più senso di esistere, ho creato un'organizzazione molto più diversificata. Come l'arcobaleno unisce in sé diversi colori, anche questo Team raccoglie diversi esponenti di altre fazioni, tutti differenti tra loro, perciò direi che Rainbow Rocket sia un nome molto più adatto.

Dopo aver smesso di navigare nel mare dei ricordi ora torno a concentrarmi sul presente, davanti allo specchio, mentre mi sto sistemando la cravatta noto sul mio volto i segni della vecchiaia. Sembro più vecchio della mia età, forse ciò è dovuto a tutte le peripezie che ho dovuto affrontare in questi ultimi anni, ma i miei occhi invece tradiscono un desiderio di riscatto e di potere più forti che mai.

Ho anche approntato un bel piano, con una bella diretta tv comunicherò al mondo l'esistenza del mio nuovo Team e con una serie di azioni eclatanti l'intera regione sarà testimone della mia ascesa. Ma Alola non è altro che il primo tassello, il primo passo di quello che è il mio obiettivo ultimo, la conquista e il dominio del mondo intero.

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Nome dell’autore: PrincePyrex
Titolo: Un Vecchio Diario
Elaborato: Ieri ho finalmente sconfitto definitivamente l'associazione criminale chiamata "Team Rainbow Rocket", dopo aver sconfitto Giovanni la polizia ha fatto irruzione nel palazzo arrestandolo insieme a tutti i seguaci, prima di abbandonare l'edificio ero stato attirato da uno strano libro intitolato "Metodo di allenamento", che ho deciso di raccogliere. 

Una volta tornato a casa ho realizzato che si trattava di un diario nascosto dalla copertina di un altro libero, il contenuto mi è sembrato parecchio interessante sia per una riflessione personale sia come prova per la polizia, motivo per cui ho deciso di trascriverlo qui e consegnare poi l'originale alla polizia. Alcune date purtroppo sono state cancellate, probabilmente dall'autore, riporterò quindi tutto il contenuto leggibile all'interno del diario,

 

 

10/8/19XX

Caro diario, 

oggi la maestra ci ha dato un compito particolare per "abituarci" alle scuole medie, dovremo scrivere almeno una volta a settimana, così saremo pronti alle esercitazioni più difficili del futuro. La maestra ha detto che se vogliamo possiamo scrivere anche i nostri segreti, lei non leggerà infatti quello che scriviamo ma potrebbe chiederci di scrivere una pagina in classe per vedere chi sta proseguendo con lo svolgimento del compito anche se non è controllato.

 

16/8/19XX

Caro diario,

oggi è stata una brutta giornata, in classe stavamo parlando a turno dei nostri pokémon preferiti ed Elisa, la mia migliore amica, ha detto che preferisce il tipo Erba perché le infonde serenità, Davide, l'unico compagno che mi sta veramente antiapatico (Anche se non ci ho mai litigato dovresti vedere come si atteggia con gli altri...) ha detto che preferisce i pokémon di tipo Elettro perché sono più veloci e gli mettono una particolare allegria; Quando è arrivato il mio turno ho detto queste parole che non ho capito perché hanno tanto scandalizzato i miei compagni: "I miei pokémon preferiti sono quelli forti, con i deboli non puoi farci molto." La maestra scherzando mi ha chiesto che ne pensavo dei pokémon comuni come i Rattata e gli Zubat e innocentemente ho risposto:"Sono completamente inutili, se dovessero scomparire nessuno ne sentirebbe la mancanza". Non pensavo di aver offeso nessuno ma Lucia si mise a piangere e la maestra invece di rispondermi perse tempo a consolarla. Finita la lezione Lucia mi ha detto che lei ha catturato un Rattata e che è molto forte e se volessi potremmo lottare, io ho accettato ma ancora non possiedo nessun pokémon ho quindi chiesto aiuto ai miei genitori ma non mi hanno liquidato dicendo che quando sarò più grande ne avrò uno.

 

21/8/19XX

Caro diario,

devo assolutamente trovare un pokémon, Davide ha saputo della sfida tra me e Lucia che però non è ancora avvenuta e ha iniziato a prendermi in giro dicendo che ero solo un fifone e che non volevo lottare solo perché non avevo un pokémon. La verità in realtà è questa ma mi ha dato parecchio fastidio rendermi conto di essere l'unico senza un pokémon, ho chiesto di nuovo aiuto ai miei genitori, ma anche questa volta mi hanno ignorato.

 

30/8/19XX

Caro diario,

oggi ho trovato una pokéball sul tavolo della cucina, sono sicuro che sia un regalo per me e che mamma e papà mi abbiano accontentato, ti sto scrivendo prima di andare a lottare con Lucia, sono molto emozionato, spero possa essere un pokémon forte e raro, mi dispiacerebbe utilizzare un qualcosa di comune perché ho detto a tutti i miei amici che il mio pokémon è fortissimo.

 

1/9/19XX

Caro diario,

non so bene se essere felice o triste, il pokémon di ieri era come lo desideravo ma è successa una cosa spiacevole, il mio pokémon era un Rhyhorn ed era veramente forte ma durante la lotta gli ho ordinato di caricare il rattata e mi ha preso fin troppo alla lettera... Il Rattata di Lucia è stato spezzato in due davanti a lei e a tutti i miei compagni. Eravamo tutti pietrificati, gli altri credo per il rattata ma io ero colpito dalla potenza di quel pokémon, se era un pokémon di media rarità ed era stato in grado di tranciarne un altro stavo immaginando cosa avrebbe potuto fare un pokémon più forte, mi finsi dispiaciuto per Lucia, non volevo che i miei compagni pensassero brutte cose su di me, le dissi che ne avrei catturato un altro più forte per lei ma lei iniziò a piangere ancora più addolorata e ancora non ho capito perché, le avevo promesso un pokémon più forte, perché era ancora triste? Tornato a casa, papà era lì ed era molto arrabbiato e anche lui ha usato la carica su di me, per fortuna non mi ha spezzato in due.

Oggi invece a scuola abbiamo parlato di Lavandonia una città dove si dice riposino i pokémon deceduti, mi sono chiesto se ai pokémon più forti spettino tombe più grandi, un po' come succede per le piramidi.

 

9/9/19XX

Caro diario,

oggi la maestra per esercitazione ci ha fatto scrivere un tema su un sogno che abbiamo per il futuro, dopo averlo corretto ci ha consigliato di trascriverlo anche qui, io adesso però scriverò ciò che non ho potuto scrivere stamattina, sono sicuro infatti che qualcuno mi avrebbe preso in giro per il mio desiderio, per questo ho semplicemente detto che da grande vorrei fare lo scienziato per sviluppare cure per i pokémon per evitare che possa accadere ciò che è successo al rattata di Lucia, ma la verità è che il mio sogno è ottenere il pokémon più forte, in grado di sconfiggere qualsiasi cosa e se fosse necessario sarei disponibile anche a girare il mondo per trovarlo. Infine devo salutarti diario, la maestra ha detto che da oggi ha pensato ad un altro tipo di compito settimanale quindi credo che smetterò ad aggiornarti di ciò che mi succede.

 

7/10/19XX

Caro diario,

è passato un po' di tempo da quando ti ho scritto l'ultima volta, voglio scriverti anche se non è più obbligatorio per dirti che è stata costruita una palestra nella mia città e che al momento è sprovvista di capopalestra, mi piacerebbe esserlo da grande, di sicuro è un passo in avanti verso la ricerca al pokémon più forte, il problema è che dovrei specializzarmi in un tipo preciso e così facendo sarei esposto a una debolezza comune, ho deciso però di iniziare da Rhyorn, dopo questo tempo i miei genitori hanno finalmente deciso di affidarmelo io sono stato molto felice ma non ho intenzione di volergli bene, è semplicemente un inizio come un altro per realizzare il mio desiderio.

 

 

8/7/20XX

Rhydon, Nidoqueen, Nidoking, Rhyorn, Dugtrio.

Il 6° pokémon sarà quello perfetto.

La mia palestra non riceve sfide da molto tempo, da quando quel ragazzino ha deciso di affrontarmi e ha visto il suo compagno perire davanti ai suoi occhi.

Da quella sfida non ho più dovuto occuparmi della palestra e mi sono potuto dedicare alla ricerca del pokémon perfetto insieme ai miei scienziati.

È passato molto tempo dall'ultima volta che ho scritto su questo diario, stavo cercando un qualcosa che mi potesse servire nella vecchia casa, ormai i miei genitori se ne sono andati e non la visitavo da molto, ne ho già ordinato l'abbattimento e credo che questo diario sia l'unica cosa che mi possa servire in futuro.

 

 

9/8/20XX

Oggi l'esperimento è andato a buon fine, siamo partiti dalla cellula di un pokémon misterioso, Mew, e ne abbiamo creato un clone, 

È il pokémon più forte che abbia mai visto, ha sconfitto tutta la mia squadra ma non è stato in grado di respingere la Master Ball, prototipo della Silph Spa, il direttore non aveva intenzione di affidarmela ma sono stato convincente. Ora che ho ottenuto l'ultimo pokémon della squadra ho intenzione di invitare al team Rocket anche tutte i membri delle associazioni criminali delle altre Regioni, ho semplicemente intenzione di controllarli da vicino per evitare che mi mettano i bastoni tra le ruote, di sicuro accetteranno visto che hanno tutti avuto dei gravi problemi a causa di un gruppo di ragazzini.

 

 

 

 

17/11/2017

Sono stato sconfitto. Tra non molto la polizia verrà a prendermi, non ho bisogno di difendermi, sono ricercato da parecchi anni per esperimenti illegali, omicidio e favoreggiamento. Spero solo che il ragazzino che sto per affrontare sia in grado di tenere testa a Mewtwo. Lascierò qui questo diario, spero che la polizia possa trovarlo per rendersi conto di quanto siano stati inutili e come prova dell'essere stato in grado di realizzare il mio desiderio. 

Non ho rimpianti.

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Nome dell’autore:  Zoster

Titolo: La Buona Recluta

Elaborato:

 

-Allarme. Si segnale l’incursione di alcuni allenatori non autorizzati. Tutte le reclute sotto il controllo di Cyrus si dirigano al ponte ovest.

 

Una vetusta spazzola accarezza delicatamente lunghi capelli neri, staccandone di tanto in tanto alcuni grigi, di una donna. Noncurante dell’allarme iniziato da più di dieci minuti, si spazzola seduta sul davanzale della sua camera. Oltre le grate della finestra riesce a scorgere la battagli imperversare.

 

-Sergente!- Una recluta si affaccia affannata alla porta d’ingresso. Si piega sulle ginocchia stremata. -E’ richiesta insieme a tutti gli altri al piano inferiore- biascica velocemente.

 

-Lo so- esordisce stanca. -Semplicemente non voglio andarci. Riusciranno ad entrare, ci riescono sempre- afferra una ciocca e la esamina, prima davanti e poi dietro. -Risparmio le forze per dopo.

 

La recluta annuisce confusa -Come vuole sergente- sussurra tra un respiro affannoso e l’altro  -E’ sicura che sia la scelta più saggia?

-Sicura?- Posa la spazzola sul davanzale e scende al suolo. -Ti sei unita da poco a questo gruppo, vero?- Si avvicina lentamente all'uscio della porta, i piedi scalzi sfregano il tappeto emettendo artefatti fruscii di erba alta.   -Fammi indovinare: sei una ribelle, piena di rancore verso il mondo, che segue ciecamente i suoi superiori. Banale.

 

Dà un buffetto scherzoso sulla guancia della ragazza. La recluta indietreggia spaventata di scatto. Cade al suolo spaventata.  -Chiedo venia- le porge dolcemente la mano. -Grazie- pronuncia tremante afferrandola. -Visto che sei qui vieni ad aiutarmi, dobbiamo prepararci per il loro arrivo. Amo quando irrompono nella base! E’ sempre come la prima volta. Non senti l’enfasi nell’aria?- stringe la presa e trascina la recluta fin davanti alla spropositata specchiera ovale di fianco al letto. -Tieni- le porge una pittoresca trousse di trucchi. -Vuole che la trucchi?- Osserva basita il cofanetto, assomiglia più a un forziere. -No- prende una sedia e si siede a cavalcioni davanti allo specchio. -Devi solo reggere- apre la scatola e afferra il fondotinta. -E ascoltare.

 

[…]

 

La spugnetta tampona dolcemente il viso, oscurando con minuzia cicatrici e segni di battaglie. Non ha bisogno di cercarle, le viene naturale. Si rammenta di ognuna di esse e della loro esatta posizione. -Ah!- tocca una cicatrice sotto l’occhio sinistro -Questa me l'ha lasciata Lance… e il suo Dragonite. Beh, alla fine ne è valsa la pena. Non avevo mai visto un Gyarados rosso- posa il fondo tinta sulla specchiera e schiocca le dita.  -Lei era presente al lago d’ira?!- le passa il fard insieme ad un pennello -E non solo- apre la il cofanetto a forma di Shellder e sporca il pennello quanto basta.  -Nella mie mille, malevoli, vite ne ho viste tante. Iniziai con l’antenato di tutti i team vestendomi di pece e rubando Pokemon. Semplice, ma non per questo meno piacevole. Portai stendardi rossi come il fuoco (o forse blu come il mare, per qualche motivo non rammento) per propagandare una nuova terraformazione. Assistetti alla creazione di un nuovo universo a opera dei primogeniti di Arceus. Lottai come un cavaliere in un castello emerso dalla terra mentre gli ideali e le verità si davano battaglia. Costruii un’arma di distruzione di massa e diedi un occhiata al di là di questa realtà- la ragazza ascolta meravigliata. Le tremano le gambe dall’emozione. Non riesce a crederci. -Ho sentito parlare di lei solo in alcune storielle tra noi reclute, non pensavo esistesse davvero- la scatola vibra all’unisono con la recluta, alcuni pennelli cadono al suolo. -Com’e stato?- Guarda la sua immagine allo specchio. Le cicatrici provocavano disgusto ora l’affascinano. -Cosa?- Smette di affrescare il volto. -Fare parte delle più grandi organizzazioni del mondo. Ha avuto a che fare con alcune delle più grandi menti criminali mai esistite. Sono invidiosa.

 

La donna si ammutolisce per qualche secondo, poi scoppia in una goliardica risata -Grandi?- si ricompone. Quanta ammirazione mal riposta- sostituisce il fard con un ombretto -Certo, erano grandi. Non lo nego, ma erano anche altro. Superbi e egocentrici, deviati derealizzati, infidi oratori e narcisisti senza empatia- chiude la palpebra destra e stende uniformemente l’ombretto . -Si riempivano la bocca di grandi paroloni e incalzanti discorsi. Dio! Amavano da morire essere ascoltai e acclamati! Non per niente sono sempre uomini. Bisognosi di attenzioni e approvazione fino alla nausea- chiude la sinistra. -Cambia il vestito (Alcuni più comodi di altri, rammento ancora oggi con odio gli scafandri del team Plasma), cambia l’obbiettivo e, ultimo ma non per importanza, cambia il nome- porge l’ombretto alla recluta. -Ma rimane sempre lo stesso gruppo di malvagi. Senza alcuna gloria- un sguardo di pura perfidamente sfugge al suo controllo e si manifesta nello specchio, gli occhi brillano come smeraldi. -E amo farne parte.

 

La recluta smette di tremare, l’ansia che provava si è dissipata nell’aria. Non sente neppure più le sirene rimbombare nella testa. Prende l’ombretto -E’ davvero tutto qui? Tutti questi anni non le hanno lasciato altro?- Abbassa lo sguardo sul cofanetto. Si sente strana. -Mi passeresti il rossetto color Charmeleon?- sfila il rossetto dall’angusta posizione  -Grazie cara- rimuove silenziosamente il tappo -Vedi, molti si fanno guidare dalla disperazione, pochi dal vero piacere. Dipende tutto da te.- Le labbra si arricciano intensamente distorcendo le rughe ai lati della piccola bocca. Liberando crudeli espressioni e melliflui sorrisi. -Ricorda. Nei team i pazzi non sono i generali, ma i soldati alle loro spalle- il rossetto bacia amorevolmente le demoniache labbra e le ricopre di rosso scarlatto.  -Ricordalo sempre.

 

Una nuova sirena inizia a suonare.

 

-Forza, è ora di andare!- La recluta sobbalza, non si era resa conto di quanto tempo fosse passato -Diamine!- posa di fretta lo scrigno e si affaccia alla finestra. -Sono già entrati!

-Bene- Esclama soddisfatta afferrando i capelli e avvolgendoli in una crocchia con un fermaglio.

 -Ci hanno messo più tempo del previsto. Forza, corri a chiamare gli altri.

Adagia il cappello sopra il grumo di capelli e passa  l’indice sopra la R variopinta al petto.

 

-Arrendetevi subito, o preparatevi a combattere.

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Spoiler

NOME AUTRICE: Danail.

TITOLO: Renaissance.

NOTE: La canzone che sta alla base del primo capitolo è, ovviamente, Hallelujah di Cohen.

ELABORATO:

 

CHAPTER 1: HALLELUJAH.

Now I've heard there was a secret chord.

David played, and it pleased the Lord.

But you don't really care for music, do you?

It goes like this, the fourth, the fifth.

The minor falls, the major lifts.

The baffled king composing Hallelujah

 

Quando l'avevano chiamata Plumeria non aveva risposto subito.

Doveva essere un normale pomeriggio primaverile quello, colorato solo dalla gioia di aver ritrovato, quella mattina nello scantinato di casa, il vecchio e polveroso violino che l'aveva accompagnata per tutta l'infanzia e adolescenza. Era bastata una mano del padre nel cambiare le corde e, più che per curiosità che per altro, aveva ripreso a suonarlo.

Ricordando la melodia e il testo di una vecchia quanto poetica canzone, per tutta la giornata Plumeria non aveva fatto altro che chiudersi in camera, dimenticando per un po' tutto il resto del mondo.

Era piacevole staccare per un po' da tutto il resto, riprendere in mano vecchie passioni, essere qualcos'altro oltre alla teppistella dell'ex Team Skull che Alola conosceva.

Ma l'incanto si ruppe al crepuscolo, quando sua madre in lacrime irruppe nella sua stanza per darle la notizia.

Guzma è in ospedale. Ha provato a uccidersi.

Attonita, Plumeria si era precipitata al telefono, solo per ottenere la conferma che il suo amico aveva veramente deciso di farla finita una volta per tutte.

Non aveva neanche posato il violino, si era precipitata all'ospedale dove lui era ricoverato.

E mentre, poco distanti da lei, un Kukui e una Magnolia costernati parlottavano con il medico, Plumeria fissava con occhi vuoti e con il cuore pesante quel corpo esanime e comatoso, sdraiato sul lettino, collegato da innumerevoli fili e tubi a macchine a lei quasi sconosciute.

-Ha perso tanto sangue- spiegava il medico -Gli abbiamo fatto trasfusioni su trasfusioni. È vivo, ma per un pelo-.

Plumeria socchiuse gli occhi e abbassò il capo.

Perché ci stai facendo questo, Guzma? Cosa avevi in mente?” pensò con un sospiro tremulo.

Hai così tanto dolore in corpo e non me l'hai mai detto? Perché? Credevo fossimo amici!”.

O forse lei aveva sottovalutato i suoi segnali? Chissà. Ma il pensiero la faceva star male: si sentiva un po' responsabile di quella situazione, l'idea che poteva dargli una mano e forse alleviare la sua sofferenza, evitando tutta quella situazione, le pesava come un macigno.

In fondo si erano presi cura l'un dell'altro fin in tenera età. E, con il Team Skull, anche se avevano compiuto tante azioni di cui ogni giorno la ragazza si pentiva, almeno c'era quel legame di mutuo aiuto. C'era quel grande affetto, mascherato da uno strato di apparente durezza e intransigenza, che Plumeria aveva sempre coltivato con cura.

E ora? Quell'affetto non era bastato a impedire a Guzma di togliersi la vita.

A capo chino, Plumeria immaginava la povera madre che lo aveva ritrovato immerso in quella vasca nel suo stesso sangue, a urlare tra le lacrime al proprio consorte di chiamare aiuto mentre stringeva il corpo del figlio, tentando di trattenere quella giovane vita che le stava scivolando via dalle mani.

Alzò il viso per guardarlo ancora una volta: distrattamente, notò che la tinta nera sulle sopracciglia e su una parte dei capelli era quasi scomparsa, lasciando un colore grigio pallido, quasi bianco.

Guzma aveva sempre odiato quel difetto: l'albinismo lo aveva reso fin troppo diverso dagli altri, che lo scansavano -lui credeva così- proprio a causa di quello strano pallore a cui lui attribuiva molte sue disgrazie.

Eppure lo sapeva che proprio per questa sua bianchezza mi ero avvicinata a lui, da piccola. Accidenti, era così interessante!

Kukui e Magnolia se n'erano andati.

Il medico le disse che poteva restare ancora un po', ma che prima o poi doveva andare.

-I cari restano al capezzale dei pazienti e non li mollano più. È bello vedere che anche i casi più gravi abbiano dell'affetto, ma questo non deve diventare logorante. Alla lunga, restare al loro fianco senza tornare a casa e riposarsi non fa altro che danni. Non stressarti, non restare qui finchè lui non si sveglia- le spiegò con voce comprensiva, sebbene Plumeria non lo stesse guardando.

-Se vuoi, puoi suonarlo. In questa non c'è ancora nessuno oltre a voi. Ma cerca comunque di moderare i toni, va bene?- concluse, indicando lo strumento e l'archetto stretti ancora fra le sue mani. Poi se ne andò.

In un primo momento Plumeria non disse nulla, non fece nulla. Non si mosse.

Poi, con calma, imbracciò lo strumento e ricominciò a suonare la vecchia poesia, cantandone le parole, lasciandole scorrere come una malinconica nenia.

 

 

Your faith was strong but you needed proof

You saw her bathing on the roof

Her beauty and the moonlight overthrew you

She tied you

to a kitchen chair

She broke your throne and she cut your hair

And from your lips she drew the Hallelujah.

 

Non parlava più.

Il suo corpo si era ripreso ed era tornato a vivere normalmente, certo.

Era l'animo che, ancora ferito, non accennava a guarire.

-Lo stiamo portando da una specialista, ma si rifiuta di parlare anche con lei. È sempre così... vuoto. Apatico. Dov'è finito nostro figlio?- chiedevano spesso i suoi genitori quando parlavano con quelli di Plumeria.

La ragazza cominciava a pensare che il vecchio Guzma fosse morto quando provò a lacerarsi i polsi e lasciarsi morire, che quello attuale fosse un involucro vuoto, o qualcosa di diverso da quello che lei conosceva da sempre.

Era un'idea orribile anche per lei, per cui non cercava di pensarci troppo.

-Plum, eravate così intimi una vola. Lui ti adorava. Perché non provi a stargli accanto? Magari con te si sente più a suo agio- le aveva chiesto suo padre.

Sì, loro due erano legati, una volta. Prima di comprendere il marcio della Fondazione e vedere cosa avevano prodotto sostenendoli, sì, prima di tutto questo erano intimi.

Poi Guzma vide gli esperimenti, vide i Pokémon rapiti usati come cavie, vide gli esperimenti a cui li sottoponevano. Vide gli ultravarchi: entrò in quello sbagliato, vide l'inferno che lui stesso -anche se involontariamemte- aveva contribuito a costruire.

E crollò.

Lei sperava, anche se reputava questa speranza debole e stupida, che lui potesse tornare un poco da lei. Così lei tornava ogni giorno da lui, costantemente.

Con pazienza, gli parlava di cosa accadeva attorno a lui: anche se lui non aveva nessuna voglia di uscire, anche se lui il più delle volte rimaneva a letto per tutto il giorno a fissare con sguardo vuoto la finestra.

Parlargli si rivelò col tempo infruttuoso: lui l'ascoltava vagamente interessato, ma non reagiva a quelle notizie. Non lasciava trapelare nulla, s'ostinava nel suo silenzio.

Così, Plumeria scelse di nuovo la via della musica: aveva funzionato come ottimo collante quando erano più piccoli, perché non doveva funzionare anche quel momento?

Quando suonava brani e li accompagnava con la voce, capitava che Guzma si drizzasse a sedere per ascoltarla e guardarla meglio. Ogni tanto seguiva il ritmo dondolando leggermente le gambe smagrite, ma non più di questo.

La sua psicoterapeuta incoraggiò entusiasta l'uso della musica come forma di comunicazione: un giorno Plumeria, memore della passata passione dell'amico verso tutto ciò che avesse dei tasti, lo portò in un negozio di strumenti musicali, prendendo anticipatamente accordi con il proprietario per lasciarli soli, il più lontano possibile da possibili clienti.

Una volta fatto sedere davanti a un piano nuovo di zecca, Guzma guardò prima lo strumento e poi Plumeria, seduta al suo fianco, palesemente spaesato e in cerca di risposte.

-Visto che ti ostini a non spiccicare parola, ora tu ricominci a suonare. Non è possibile che tu ti corroda così senza condividere nulla con tutto il resto del mondo. Merito di aiutarti anch'io!- sbottò lei, rimproverandolo con durezza.

-Su forza, suona! Che aspetti?-

A quelle parole Guzma rabbrividì. Provò ad allungare le mani verso quei tasti: ma queste tremavano. Tutto il suo corpo tremava leggermente: il riprendere in mano qualcosa che era parte di lui con il dubbio di fallire lo spaventava a morte.

Plumeria sospirò, si accostò a lui e fece scivolare le mani su quelle di lui. Si stupì che quel contatto scatenasse in lui un leggero rossore sulle guance, che lo stargli così accanto lo avesse calmato subito.

-Su, coraggio- gli sussurrò con tono più dolce.

Incoraggiato un poco da quel contatto e da quelle parole mormorate, Guzma lasciò che le dita scorressero sulla tastiera: prima con fare esitante e circospetto, poi rilassandosi lentamente, una melodia venne fuori, seppur a stento.

Quando Plumeria si rese conto di sentire uno dei pezzi che Guzma aveva composto quando, da bambino, si trovava ancora in orfanotrofio, fece scivolare le mani sulle sue braccia e lo abbracciò da dietro. Il ragazzo sussultò a quel cambiamento, ma continuò a suonare.

La ragazza ricordava perfettamente l'effetto che faceva quell'opera quando a eseguirla era un'intera orchestra: al primo culmine, ricordò distintamente l'emozione che sentì quando partecipò al gruppo musicale proprio con quel vecchio violino. Ricordò cosa provò quel giorno quando quel pezzo venne eseguito senza errori: la travolse un'immensa tristezza, un senso d'abbandono talmente lancinante da attanagliarle il cuore e lasciarla senza fiato. Percepì perfettamente, allora così come in quel momento, quanta disillusione c'era dietro a quel pezzo.

-Guzma!- lo chiamò all'improvviso, stringendo le sue vesti con forza. Lui sobbalzò e, intimorito, si spostò il necessario per abbracciarla timidamente.

-Guzma. So che finora hai avuto una vita di *censura*. Lo so benissimo: il mio primo ricordo di te è stata la fotografia che della strage stradale di quasi vent'anni fa, quella che ritraeva un bambino svenuto e sanguinante in mezzo ad auto rotte e ribaltate. So bene cosa significhi essere l'ultima scelta, so bene cosa si prova a non venire compresi, a non sentirsi amati da nessuno perché troppo diversi. So benissimo cosa si prova a essere manovrati perché ci sembra finalmente di aver trovato uno spiraglio di luce, tu lo sai già! So cosa si prova quando si scopre che le tue azioni hanno portato solo che morte e sofferenza, so cosa si prova a vedere l'inferno che abbiamo costruito. Perché io ero lì con te, Guzma, a guardare impotente l'oscurità che avevamo messo in piedi. Te lo ricordi, vero? Perciò ti supplico Guzma, non chiuderti più in questa maniera. È... è così doloroso. Lo sai questo, sì?- gli mormorò tutto d'un fiato, con voce rotta. Guzma aveva ricominciato a tremare.

-Guzma...?- lo chiamò Plumeria, cominciando a lacrimare.

A sentirsi nominare, il ragazzo poggiò il capo sulla sua spalla e, finalmente, scoppiò a piangere a dirotto.

Lei lo strinse a sé, piangendo con lui e accarezzandogli la schiena per confortarlo. Lui, rannicchiatosi leggermente tra le sue braccia, urlò.

Non era una di quelle urla di paura causate da qualcosa d'improvviso e pericoloso: non era poi neanche così forte, ma traeva origine da così tanta disperazione da risultare atroce. Si susseguirono altre grida laceranti, colme di desolazione e dell'orrore che lui aveva vissuto. Fissando il vuoto con occhi sgranati per il terrore, Guzma strinse con più forza Plumeria, che trattenne il fiato e gli baciò la testa, non smettendo di accarezzarlo sulle spalle e sulla schiena.

Venne il momento che gli mancò la voce, lei ne approfittò per mormorargli melodie e calmarlo un po'.

-Potrai continuare a suonare, magari lo potremo fare assieme. Potremo metter su un gruppo, se vuoi. Ma, per favore torna da me- gli sussurrò la ragazza, tirando su col naso.

Guzma, a quelle parole, smise un poco di piangere. Tra i respiri affannati e gli ultimi tremolii, annuì con forza.

-Sì, suoniamo. Insieme, Plum. Con altre persone- sussurrò poi, con grande sorpresa e gioia di lei, rinfrancato un poco nel cuore.

 

 

[…]

 

I did my best, it wasn't much.

I couldn't feel, so I tried to touch.

I've told the truth, I didn't come to fool you.

And ever though

It all went wrong

I'll stand before the Lord of Song

With nothing on my tongue but Hallelujah.

 

Passò del tempo. Quanto, Plumeria non lo ricordava con precisione. Forse appena due stagioni, forse pure meno. Quel breve periodo era stato inaspettatamente intenso.

Incamminatasi, custodia con il violino in spalla, verso la sala prove, la ragazza ripassava a mente le partiture da rifilare ai ragazzi.

Guzma era migliorato parecchio, la musica e il fondare una piccola orchestra aveva sortito su di lui effetti miracolosi. Anche se la storia degli Ultravarchi e del suicidio lo avevano segnato per sempre, rendendolo più schivo e introverso.

Canticchiava quella vecchia poesia mentre entrava nella saletta messa a loro disposizione: mentre apriva il portone e percorreva il breve corridoio, Plumeria sentì distintamente il chiacchericcio dei ragazzi. Ma, proprio quando stava per varcare la soglia, le si parò davanti un ragazzo, che lei riconobbe come un cellista.

Al suo cipiglio irritato, il ragazzo s'illuminò.

-Maestra, abbiamo vinto!- esclamò lui, raggiante.

-Abbiamo vinto cosa, Nalu? Sai, non ho la palla di vetro- gli rispose sarcastica Plumeria, alzando lo sguardo e notando che tutti i presenti si erano radunati attorno alla porta. Tutti, tranne quell'idiota di un pianista albino, che continuava imperterrito a suonare quello stesso pezzo di quel giorno di qualche tempo. Gli diede anche un titolo, “Divenire”.

-Il Maestro! Ha vinto il bando del comune! Potremo suonare finalmente in pubblico, Maestra! Il Maestro non gliel'ha detto?-

Ma lo sfortunato Nalu non finì neanche la frase, che Plumeria si era già precipitata ad abbracciare Guzma, che era rimasto tutto contento a suonare.

E poi gliene avrebbe dette quattro per non averla avvertita, oh sì!

 

CHAPTER 2: DIVENIRE.

Tremavano.
Kukui lo notava sempre. Quel leggero tremolio delle mani e delle dita di Guzma, poco prima di posarsi sui tasti candidi del piano.
Ogni volta che il suo amico era sotto pressione, le mani gli tremavano sempre. Seppur impercettibilmente, ma tremavano.
Anche quando si trattava di fare le ultimissime prove di suono: esibirsi con un pubblico così vasto ancora lo metteva a disagio, sebbene fosse diventato piuttosto famoso assieme a Plumeria.
Succedeva così anche quando Guzma doveva fare qualcosa di cui doveva esporre di nuovo quel lato di sé che aveva sempre accuratamente nascosto. E ciò accadeva anche da ragazzino quando prendeva -lontano dalle orecchie di tutti- lezioni di musica.
Ma una volta che le dita si posavano sui freddi tasti dello strumento, tutto si distendeva. Dopo le prime, timide note il corpo rigido di colui che una volta era il capo di un gruppo di sbandati si rilassava. Dopo le prime battute, dopo che l'orchestra con delicata dolcezza lo seguisse nel suo lento cammino, Guzma già chiudeva gli occhi e si lasciava andare.
Quello era il momento preferito di Kukui e di tutto il pubblico: quando gli esecutori li guidavano verso uno stato di serena estasi, quando mostravano loro che la bellezza esiste al mondo, anche quando ci si dimentica cosa sia.
Kukui posò le mani su quelle della sua cara Magnolia, seduta in prima fila assieme a lui. Lei gli sorrise, gli baciò teneramente le labbra e posò il capo sulla sua spalla.
Dietro di loro, Hau e Lylia chiacchieravano a bassa voce, un Iridio si muoveva a disagio nel suo nuovo quanto stretto vestito. Gli altri non si vedevano.
Avranno assegnato loro altri posti” pensò Kukui, sollevando la testa verso il palcoscenico.
Plumeria, seria e distante, seduta sulla sediolina riservata al primo violino, accordava il suo strumento senza distogliere lo sguardo.
È proprio dopo essersi alzata che notò i due consorti in prima fila. Chiuste gli occhi ridacchiò appena e scosse la testa, scuotendo leggermente la lunga treccia che le scendeva sui vestiti neri.
Anche Guzma li vide: ma lui, a differenza della compagna, sbiancò e se ne tornò alla tastiera del piano, ancor più spaesato di prima.
Amico mio. Cosa c'è che non va? Cos'è che hai paura di mostrare?” si chiese il professore mentre le mani tremule del suo migliori amico si posavano sui tasti per sussurrare le prime note.
Cosa ti ha spinto fin qua? È il tuo pezzo migliore questo, o sbaglio? Perché proprio adesso, perché proprio ora? Perché proprio qui?”.
Le mani non tremavano più. Il corpo si rilassò. Il respiro divenne regolare.
Tutto perdeva rapidamente significato, mentre le note nascevano e danzavano nei loro brevi istanti di vita tutto per Guzma sfumava: rimarranno solo lui, Plumeria e l'intera orchestra. Solo loro, in quella manciata di minuti.
Plumeria attaccò assieme agli altri archi: anche lei si rilassò, anche lei si lasciò trasportare in quella dimensione perfetta ed eterea. L'archetto scorreva leggero sulle corde mormorando note sommesse, via via sempre più potenti.
Divenire” pensò incantato Kukui. Ogni nota, ogni movimento, ogni più minuscolo movimento gli ricordava i tempi della scuola, i libri un ragazzino dai capelli già bianchi che era cresciuto troppo in fretta. Ricordava gli studi sui Pokémon sulle note impacciate di quel curioso individuo che credeva di esser solo in quella polverosa stanza dei sotterranei della scuola: lontano da tutti, solo lui e il piano. Solo quel bambino tanto solo con tanti tasti bianchi e neri a disposizione, con un involontario ascoltatore che lo pregava silenziosamente di continuare, continuare quella danza per il resto della vita.

Vita. Guzma, non mi hai mai confidato nulla di te. Perché?”. Al suono etereo e vibrante degli archi il respiro si fece tremulo: chiusi gli occhi, riusciva solo a rivedere un corpo giovane eppure così mortalmente bianco, immerso in una vasca piena di sangue, con un volto distorto da un dolore immenso e solcato da lacrime liberate troppo tardi.
Senza neanche volerlo strinse la mano di Magnolia al sentirsi inumidire gli occhi: sentiva, sentiva che quelle note portavano con loro la storia di un'intera vita che rischiava di fermarsi bruscamente e, per qualche miracolo, aveva deciso di non volersi spegnere più.
-Lasciati andare- gli sussurrò dolcemente la sua cara moglie.
Sì, lasciarsi andare, lasciarsi cullare da quella quieta melodia...
Il corpo intero si rilassò, frasi fatte di suoni celestiali entrarono in punta di piedi nell'animo appena schiuso.
E, d'un tratto, Kukui comprese.
Divenire... divenire. Guardati Guzma: una volta eri un inquieto ragazzo dallo spirito tremendamente ferito, deluso da una vita fatta di promesse vuote e inganni insensati. Ecco, amico mio caro, guardati cosa quel divenire ha trasformato il ragazzo che conobbe solo sofferenza in un uomo che ha compreso la gioia. Guarda cosa è uscito da quel terribile e tormentato bozzolo: un essere così nuovo quanto meraviglioso...
L'opera continuava a raccontare, a mormorare, a sussurrare della trasformazione appena avvenuta, di qualcosa che muore, che vide qualcosa al di là del velo grigio, qualcosa di così ultraterreno da permettergli di rinascere con un nuovo divenire.
Ricordi Guzma? Ricordi quel tempo dopo il tuo disperato tentativo di andartene da questa vita? Ricordi quella sera di mezza estate, quando ti presentasti davanti alla porta di casa mia, sotto un diluvio da far paura e fradicio fino al midollo?
Avevi i capelli tutti appiattiti, i vestiti ormai zuppi che penzolavano da quel tuo corpo smagrito egli occhi spalancati, come spiritati.
Ricordi cosa mi avevi detto, cosa nel vedermi? Posasti le mani sulle tempie e gridavi per sovrastare i tuoni. Urlavi che ti dispiaceva tanto, che il senso di colpa verso me e tutti quelli che ti volevano bene era enorme, che avevi fatto un errore gravissimo. Che non ti eri reso mai conto di procurare così tanto dolore e afflizione a così tante persone.

Il professore schiuse leggermente gli occhi, ma tremula e nebulosa per le lacrime appariva l'orchestra. Ricordava perfettamente quelle parole, la musica continuava a guidare la mente verso quei momenti
-Mi sento un mostro, Kukui! Ho fatto del male a così tante persone...! Volevo solo liberare questo mondo dal peso della mia inutilità, togliere di mezzo il fallito che ero diventato. E invece non ho fatto altro che peggiorare la situazione, ad aggiungere sofferenza ad altra sofferenza!-
Aveva provato a interrompere quella fiumara di parole, proprio come in quel momento cercava d'interrompere -invano- quel flusso di memorie che lo stavano trascinando via. Perché era proprio in quel momento, sotto quella pioggia torrenziale, al singhiozzare di quell'amico tanto caro, che quel divenire prese per la prima volta coscienza in lui.
-Mi sento così cattivo! Kukui, volevo essere solo visto! E ora avresti tutte le ragioni per rifiutarmi.
Ma Kukui! Ero morto, perso nel nulla, poi l'ho visto: la stessa visione che hanno avuto i profeti antichi, quel... quell'essere così perfetto, che ha potuto creare tutto dal nulla, io l'ho visto nella sua vera forma! Kukui! Ho potuto vederlo e sono tornato in vita!
Io non voglio più essere come prima: ho visto qualcosa che va oltre l'intelligenza umana, io... io non posso tenerla per me. Si è trasformata in un ardore fortissimo, io devo assecondarlo!
-.
Ed era allora che, senza dire una parola, che Kukui lo abbracciò forte a sé e lo trascinò in casa: si premurò di asciugarlo per bene, bofocchiando ogni tanto qualche parola circa la sua sconsideratezza e la mancanza di sale in zucca, cercando d'ignorare lo sguardo stupito e felice di quell'idiota che si era presentato proprio durante un acquazzone.
Da lì era cominciato un lento cammino che aveva portato Guzma, assieme alla paziente Plumeria, proprio su quel palco a fare qualcosa che da loro non ci si sarebbe mai aspettati. Dopo qualche anno, quei due che un tempo erano conosciuti come rapitori erano divenuti due sorprendenti musicisti conosciuti prima solo ad Alola e nelle isole vicine: poi i media li avevano fatti emergere, ed erano diventati, in maniera del tutto inattesa, conosciuti a livello internazionale.
Il concerto era finito, Kukui s'era alzato piangendo silenzisamente ad applaudirli: la musica però continuava nelle sue orecchie mentre correva, mentre saliva e scendeva scalini, mentre si faceva strada per raggiungere quell'amico che tanto amava e che, proprio quella sera, lo aveva invitato anche dietro le quinte.
Kukui aveva intuito fin da subito, quando estrasse i due biglietti speciali, il desiderio del suo amico, stato assente da Alola da troppo tempo.
E non c'era da sorprendersi se, proprio vicino ai camerini, lo avesse finalmente trovato.
Non aspettò neanche che Guzma dicesse qualcosa, nemmeno un “ah”: Kukui coprì gli ultimi metri e lo strinse forte a sé, quasi come se non lo volesse più lasciare andare, mentre i leggeri singhiozzi commossi non accennavano a lasciarlo.
-Kukui- lo chiamò sommesso il bianco mentre gli dava leggere e affettuose pacche sulla schiena.
-Kukui, è tutto ok. Rilassati- sussurrò, poggiando la fronte contro quella del professore, sorridendogli con quell'antica smorfia beffarda di un tempo.
-Io te l'avevo detto che con Plum avrei sbriciolato tutta la concorrenza. Non che ci sia voluto molto, eh...- continuò serafico.
Kukui ridacchiò. Si raddrizzò e si asciugò le lacrime con un fazzoletto, preso da chissà quale tasca.
-Sei stato sublime, amico. Veramente. Hai oltreassato tutte le nostre aspettative- gli rispose poi Kukui, radioso.
Guzma non rispose subito: incrociò le braccia al petto e scosse la testa, senza perdere il suo sorrisetto.
-Questa volta è andato tutto bene- disse semplicemente, osservando di sbieco il professore.
-Sì. È andato tutto bene- ripetè lui, felice, mentre sentiva il chiacchericcio del resto della compagnia, incrociatasi con Plumeria, forse impaziente di avere qualche momento intimo con il compagno, a giudicare dalla voce spazientita e lontana. Al sentirli, Guzma superò Kukui e, con passo circospetto, raggiunse il gruppo che lo circondò, festeggiandolo e riempendolo di complimenti.
Kukui stette a osservarli per un po', prima di scrollare le spalle e unirsi a loro.
Sì. Va tutto per il meglio.

 

 

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