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[Chicco`] Beyond the Cosmos


Chicco

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La conoscenza dell'uomo riguardante l'universo è aumentata drasticamente. Le tecnologie si sono sviluppate sempre di più, le persone vivono in pace tra loro, ma non per molto tempo ancora...

Una nuova minaccia sta per incombere sulla Terra, una minaccia della quale gli esseri umani erano stati avvisati. Adesso dovranno difendersi ad ogni costo, se vogliono sopravvivere...

 

 

 

BEYOND THE COSMOS - BLACK HOLE

 

 

(SE VOLETE COMMENTARE, ANDATE QUI http://www.pokemonmillennium.net/forum/topic/57801-chicco-beyond-the-cosmos-commenti/)

 

 

CAPITOLO 1

 

 Mi chiamo Benjamin Cooper e vivo in una città  ultra tecnologica di nome Nebulor, la capitale d’America, costituita da immensi grattaceli, palazzi e vie di trasporto avanzatissime. Ha una pianta circolare, nella quale sorgono altre zone a forma di cerchio disposte a spirale partendo da quella centrale, chiamata Sun, dove si trova il governo di Nebulor. Le altre zone prendono il nome dai pianeti del nostro Sistema Solare: Mercury, non molto estesa rispetto alle altre, in cui ha sede la Ricognizione cosmica, il nostro corpo di esplorazione della galassia. Venus, dove vengono sviluppate ogni giorno nuove tecnologie che hanno impiego sulla Terra, mentre nella quarta zona, Earth, si progettano e costruiscono veicoli spaziali. Mars è famosa per la sua bellezza, perché i suoi cittadini sono riusciti a fondere la natura con le zone residenziali, e a Jupiter, la zona più grande dopo Sun, si trovano il palazzo della Polizia di Nebulor e i tribunali della città . Saturn è quella più sviluppata tecnologicamente: ha le più fitte vie stradali e ferroviarie, i grattacieli più alti e le più importanti costruzioni pubbliche. Neptune è la zona delle fabbriche, perché è proprio da qui che proviene quasi tutta l’energia che alimenta la città ; dopo si trova la Periferia, l’area più piccola di tutte. La mia zona si chiama Uranus, e si trova tra Saturn e Neptune, è prevalentemente collinare, anche se non si direbbe poiché sono rimaste solo una ventina di colline completamente sgombre di edifici. È proprio grazie alla presenza di queste alture che la nostra zona si occupa di un compito molto importante per tutta Nebulor: l’osservazione del cielo. Praticamente tutte le scoperte astronomiche sono opera di cittadini di Uranus, siano semplici corpi del nostro Sistema Solare, stelle, ammassi stellari o nebulose della nostra galassia, che ormai conosciamo quasi al cento per cento, o qualunque altra cosa si trovi nell’universo. Ma c’era qualcosa che ancora nessuno conosceva. Qualcosa, o qualcuno.





– Muoviti, Ben! È pronta la colazione!
Mia mamma mi gridò nell’orecchio e sobbalzai giù dal letto.
– Non c’era bisogno di svegliarmi così! – esclamai, irritato.
– È la terza volta che ti chiamo, sei in ritardo! Devi andare all’addestramento, e Sky è già  fuori che ti aspetta!
Sbuffai. – Dille di aspettare cinque minuti, prendo il cerchio e arrivo…
La mamma sorrise. – Devi resistere ancora un po’. Tra una settimana ci sarà  l’esame e poi potrai rilassarti per tutta l’estate.
– Beh, insomma, rilassarmi è un’esagerazione. Dobbiamo tenerci in allenamento…
– Ben, ascoltami. L’Oracolo ci ha avvertiti 25 anni fa e non è ancora successo niente. Anche noi avevamo paura quando diede la notizia, ma non c’è motivo di preoccuparsi. Non devi essere spaventato.
– Ma io sono spaventato – dissi. – E anche tu, in fondo, lo sei. Anche papà . Tutti temete che possa accadere da un momento all’altro.
– È un golem. È fatto di pietra – mi rispose la mamma.
– Già . Un golem che predice il futuro. Che non ha mai sbagliato.
– Senti, non voglio litigare di prima mattina. Forse hai ragione tu, ma ci sono molti soldati pronti a difenderci.
– E io tra sette giorni sarò uno di loro.
La mamma fece un respiro profondo. – Ora scendiamo, o Carson ti ucciderà . E anche Sky.
Scese le scale a chiocciola e mi invitò a seguirla, ma io rimasi seduto sul letto e guardai la città  fuori dalla finestra. Un’infinità  di palazzi grigi e neri si stagliavano ovunque, e il binario della monorotaia si contorceva tra essi. Immaginai come potesse essere Nebulor se venisse attaccata: incendi, grattaceli distrutti, persone che corrono in preda al panico. E mi accadde di nuovo. Vidi una luce abbagliante, seguita da quella strana sensazione indescrivibile, forse di pericolo, paura, o sottomissione…
Chiusi gli occhi, mi presi la testa fra le mani e cercai di rilassarmi. Era la terza volta che mi succedeva in una settimana e non sapevo che cosa potesse essere quel malessere.
Attesi. Cercai di pensare ad altro, ma il mio cuore iniziò ad accelerare, la testa mi rimbombava e iniziai a sudare. Vidi delle macchie sfocate, ma ero certo che fosse la città . Era notte, e i palazzi erano illuminati di un azzurro elettrico; la visuale cambiava, era come se stessi viaggiando su Nebulor, senza una meta precisa. Capii di essere a Uranus, percepivo in lontananza le colline che mi erano così familiari, quando, aumentando di molto la velocità  e vedendo tutto più nitidamente, mi ritrovai a guardare le stelle dalla collina più alta. Vidi qualcosa lassù, ne ero certo. Mi sentii soffocare vedendo quella cosa, avevo paura, ma appena riaprii gli occhi mi ritrovai sdraiato sul mio letto, senza ricordare più niente dopo aver raggiunto la collina.
Rimasi immobile per qualche minuto. Ero ancora terrorizzato, avevo la sensazione che qualcuno mi stesse osservando. Non fisicamente, ma interiormente.
Guardai l’ora: erano le sette e mezza. Lo sapevo che la mamma mi avrebbe svegliato prima, dato che ultimamente ci mettevo più tempo del solito per prepararmi. Non volevo che sapesse nulla di quello che mi succedeva, mi avrebbe preso per pazzo, o si sarebbe preoccupata a tal punto da non farmi più uscire di casa.
Andai in bagno e mi sciacquai la faccia con dell’acqua gelata: mi ero completamente ripreso. Mi vestii e presi lo zaino, ci misi dentro tutti i libri e il mio cerchio; così scesi le scale e mi accorsi con stupore che Sky stava mangiando una fetta di torta con mia madre, mentre papà  armeggiava con il suo dispositivo stellare, proiettando in un raggio di qualche decina di centimetri delle piccole luci azzurre, che riconobbi subito come l’ammasso delle Pleiadi.
– Ehi, quello non era il mio pezzo di torta, vero Skyla? – dissi, abbastanza arrabbiato, ma con un mezzo sorrisetto sarcastico.
Sky fu percossa da un brivido, e lentamente si girò, mostrandomi i suoi occhi azzurri come il ghiaccio. – Credo proprio di sì, Benjamino.
Sentii mamma e papà  trattenere le risate. – Ma quello non è il mio vero nome!
– Certo, ma è buffo – sorrise malignamente.
Lasciai cadere la discussione. Avrebbe vinto lei, come al solito. Perciò mollai lo zaino sulla sedia più vicina e mi avviai a prendere un'altra fetta di torta, ma mi accorsi che il piatto era vuoto. Cercai di trattenermi, e quando mi girai, la mamma mi disse, notando la mia evidente collera: – Ci hai messo così tanto a scendere, quindi ho dato la tua fetta a Sky.
– Stasera mi prepari i biscotti. – dissi, imbronciato.
– Certo, Benjy.
Si stavano trattenendo fino a diventare rossi, e io alzai gli occhi al cielo. – Che fai, pa’? – domandai per cambiare argomento.
– È un segreto, Benja…mino.
In quel momento scoppiarono a ridere. Ma che cosa c’era di così divertente? Rimasi in silenzio, e quando finalmente smisero, papà  iniziò a parlare. – Abbiamo scoperto qualcosa, nelle Pleiadi. Una piccolo pianeta, forse, che ruota intorno ad una stella minore.
– HD 23514? – domandammo io e Sky, nello stesso istante, e subito ci guardammo con odio.
– Sì… – ci guardò con gli occhi socchiusi. – Come lo sapete?
– Sono il primo della classe – annunciai, fiero.
– Sono la prima della classe – rispose Sky, altezzosa.
Ancora. Di nuovo ci scambiammo sguardi assassini.
La mamma si alzò e iniziò a sparecchiare. – Vedete di fare i bravi, voi due, non vorrete di certo che vi espellano ancora prima dell’esame, no? Sapete meglio di me quanto gli insegnanti siano più suscettibili alla fine dell’anno. Forza, andate.
Presi lo zaino. – Ci sentiamo pomeriggio.
– Grazie per la colazione, signori Cooper! E grazie anche a te – mi sussurrò.
– Certo, di nulla –sospirai. E insieme ci incamminammo verso l’uscita, diretti a scuola.

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CAPITOLO 2

 

La giornata era splendida, e ovviamente la dovevamo trascorrere ad addestrarci. Fortunatamente oggi avevamo solo due ore di lezioni teoriche; non dico che non mi piacessero, anzi, andavo molto bene sia nella teoria che negli allenamenti, ma da quando ho iniziato ad avere quei capogiri non mi sento completamente in forma, ho perso gran parte della mia energia e Sky sembrava essersene accorta.


Si scostò una ciocca bionda dalla fronte e iniziò a parlare. – Che ti prende, Ben?
– Che mi prende? Sto benissimo – mentii.
– Certo, come no. Sei troppo silenzioso ultimamente, pensi sempre ad altro.
– Penso all’esame.
Sky non disse niente. Ci lasciammo alle spalle il mio palazzo, e superammo anche il suo pochi minuti dopo. Come al solito, c’era parecchia gente in giro e anche molto traffico. Fortunatamente, le strade erano formate da sei corsie, tre per direzione, così da permettere spostamenti più rapidi e comodi. Erano talmente larghe che per permettere ai pedoni di attraversarle, vennero costruiti grandi ponti coperti, per evitare eventuali incidenti o rallentamenti. Ne prendemmo uno qualche centinaio di metri più avanti, e, più tardi, ne attraversammo un secondo molto più affollato.
– Hai completato la mappa stellare di questa settimana? – domandai per rompere il silenzio, quello tra me e Sky intendo, dato che intorno a noi di rumore non ce n’era affatto poco.
– Certo che l’ho completata – disse lei. – Perché, tu no?
– Sì, e dopo tutti i discorsi della professoressa Stardust su quanto sia importante il nostro lavoro per Nebulor, di come possa infuriarsi se non dovessimo svolgere tutti i compiti che ci vengono assegnati, credo che anche Trent stia iniziando a studiare.
– Un po’ tardi, non trovi?
– Meglio tardi che mai – risposi. – Anche se devo ammettere che spero che non superi l’esame, non posso tollerare di averlo ancora come compagno di classe.
Trent era il bullo della classe e, ovviamente, mi aveva preso di mira, soprattutto nell’ultimo anno. Era il nostro settimo anno all’Accademia, e il terzo come reclute del Corpo di Difesa di Nebulor, un esercito formato da soldati incaricati di difendere la città  da qualsiasi minaccia “esternaâ€. Quest’anno avevamo il consueto esame di teoria, ma anche quello per entrare nell’esercito, come ogni tre anni. I migliori dieci venivano premiati con un metodo assai inusuale: si facevano tingere una parte dei loro capelli del colore della propria zona, arancione per Sun, argento per Mercury, viola per Venus, verde per Earth, rosso per Mars, ocra per Jupiter, giallo per Saturn, blu elettrico per Uranus e azzurro per Neptune. Può sembrare una cosa abbastanza ridicola, ma ormai era una tradizione da quando è stata rivelata la profezia. Era un modo per dimostrare il proprio valore e impegno nella difesa della città  in qualunque momento, anche se negli ultimi anni sempre più persone hanno cominciato a non credere più alla profezia dell’Oracolo. Quando la mamma mi parlò per la prima volta di questa premiazione, rimasi un po’ deluso quando assistetti ad una di esse, infatti mi aspettavo di vedere dieci persone con i capelli interamente blu, invece avevano giusto una ciocca o un ricciolino colorato; ricordavo una ragazza con appena un misero centimetro blu, alla fine del suo codino. Mi parve strano, perché pensavo che la gente volesse dimostrare di essere un protettore della città , e quando chiesi alla mamma il motivo per cui non volevano farlo notare, disse freddamente: – Non lo so.
La luce del sole che mi colpì in viso appena scendemmo le scale del ponte mi riportò alla realtà . Avevamo raggiunto la principale piazza di Uranus, Titania, dal nome del satellite più grande del pianeta omonimo della nostra zona, e notando una persona vicino ad una fontana che attirava la nostra attenzione sbracciandosi, ci incamminammo per raggiungerla: era Brendon, il mio migliore amico.
– Finalmente! – esclamò. – La monorotaia sta per arrivare, se non ci muoviamo arriveremo tardi a scuola!
– È colpa di questo qui se ci abbiamo messo tanto – disse Sky.
– Ma se tu hai riso per dieci minuti! – sbottai.
– Non farne un dramma, Cooper. Forse non lo sai, ma ridere allunga la vita.
– Zitta un po’, Sky. Più tardi te la farò pagare per avermi messo in imbarazzo davanti ai miei.
– Oh, povero piccino.
– Non vorrei disturbare i piccioncini, ma dobbiamo darci una mossa – intervenne Brendon.
Arrossii. Mi spostai istintivamente il ciuffo dalla fronte per non farlo notare, ma anche Sky era del mio stesso colore. – Brutto idiota, ti farò a pezzi all’addestramento.
Attraversammo la piazza, cercando di evitare le persone che camminavano in ogni direzione. Entrammo nella stazione, un edificio di cristallo blu e, mentre aspettavamo l’arrivo dell’ascensore, vidi un uomo vestito di nero con degli occhiali da sole e una cravatta arancione, che ci osservava in un angolo. Tirai leggermente la camicia a quadri bianchi e rossi di Brendon e gli bisbigliai: – Ehi Bren. A destra, di fianco alle scale.
Brendon si girò piano, e appena vide quel tizio scattò verso il basso e fece finta di allacciarsi una scarpa. – Non guardatelo – ci disse, quando anche Sky lo notò.
L’ascensore arrivò in quel momento, dopo che una trentina di persone uscirono, noi e pochi altri prendemmo il loro posto. Ci voltammo, una volta entrati, ma l’uomo si stava allontanando con una donna e una bambina piccola: era solo un padre in attesa della sua famiglia.
Restammo in silenzio per tutti i quaranta piani di salita, mentre osservavamo la città  da sempre più in alto; non appena le porte dell’ascensore si aprirono, trovammo la monorotaia in fondo alla sala. Era un grande treno bianco, senza ruote, che levitava a mezz’aria grazie al campo magnetico esercitato dal binario.
La stazione era un grande atrio circolare, con un soffitto a cupola decorato come il cielo notturno, ma digitalizzato, perché mostrava come sarebbe stato il cielo in quel preciso istante. Ci incamminammo verso la monorotaia, e vi salimmo a bordo prendendo dei posti nell’ultima carrozza, dove potevamo parlare senza essere sentiti.
– Siamo sicuri che non fosse un membro del Governo? – chiese Sky, sedendosi di fianco a me.
Guardai attraverso il vetro, come imbambolato, osservando le stelle digitali poco sopra l’orizzonte e dissi: – Non aveva lo stemma di Sun sulla giacca, era completamente nera.
– Ha ragione, non c’era nessun simbolo sulla schiena. Non dobbiamo preoccuparci – intervenne Brendon.
– Ma se non era del Governo, perché era vestito come uno di loro? Non poteva essere un agente sotto copertura? – domandò Sky.
Brendon sospirò. – Sono orgogliosi, tutti quanti. Non andrebbero mai in giro senza far sapere a chiunque la loro posizione nella società . E poi sto pensando anche ad un’altra cosa: se fosse stato davvero un Governatore, non si sarebbe fatto notare in quel modo, se avesse voluto solo spiarci, sarebbe rimasto più nascosto.
– Pensi che stanno progettando altri rapimenti? – chiese Sky, con un lieve tremolio nella voce.
Distolsi lo sguardo dalla città . – Aspetta, rapire? Che significa?
– Vuol dire portare via una persona contro la sua volontà . È un reato – sbuffò Sky.
– Ma va?
– Tu l’hai chiesto, Ben.
– Io intendevo… Bah, lascia perdere.
Ma Brendon iniziò a spiegarmi che cosa stava accadendo, e in quel momento la monorotaia partì.

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CAPITOLO 3

 

– Il Governo agisce nel modo più segreto possibile – iniziò Brendon. – Non sappiamo con precisione da quando abbiano incominciato a rapire i soldati. E soprattutto non sappiamo perché siano solo loro i bersagli. Comunque, l’esercito ha cercato di mantenere il massimo riserbo, sia per non allarmare i cittadini, sia per non innescare una possibile reazione da parte del Governo. Forse è proprio per questo che, ultimamente, i migliori dieci di ogni zona non mettono molto in risalto il fatto di essere considerati tali. Secondo me colorarsi poco i capelli può essere utile solo fino ad un certo punto, visto che, oltre alla cerimonia nella propria zona, se ne tiene un'altra proprio a Sun, al cospetto di tutto il Governo e di Ygor Althan in persona. È il Presidente di Nebulor da ormai 14 anni, e probabilmente già  dalla quarta cerimonia di passaggio al Corpo di Difesa i soldati hanno iniziato a sparire. È lui che ordina questi rapimenti, quei pochi che sono informati ne sono convinti, ma non possono ribellarsi. –


– Tu come fai a sapere tutto questo? – gli chiesi.
– Me l’ha detto Carson. Un giorno l’ho visto mentre parlava con Karen Milton, la seconda persona più abile nell’esercito, non a caso vicecapo del Corpo di Difesa... – arrossì.
Notando che io e Sky lo guardavamo con le sopracciglia inarcate, scosse bruscamente la testa. – Certo, le sue capacità  sono conosciute in tutta Nebulor... Oh, dannazione a voi. Non ditelo in giro, vi prego – ci supplicò.
Io e Sky ridemmo, mentre lui si coprì con la camicia fino a sotto gli occhi, imbarazzato. Poi Sky prese la parola. – Carson ci avrebbe comunque informato tutti, forse oggi, o domani.
– Sky, dì a Britney e Damon che siamo qua in fondo, e non ai soliti posti. – disse Brendon, da sotto la camicia.
Sky tirò fuori dalla tasca il suo dispositivo di comunicazione, un oggetto rettangolare in grado di levitare che proiettava verso l’alto una schermata digitale, e dopo aver selezionato Britney come destinataria, si mise a premere i pulsanti delle lettere che erano comparsi, come se fosse una tastiera. Era impressionante come scrivesse veloce, usava solo la mano destra, e le dita si muovevano senza un attimo di pausa, illuminando i tasti che toccava. Quando concluse, toccò il messaggio con la punta delle dita, intorno ad esse si crearono delle piccole onde circolari che si espandevano leggermente per poi sparire, e quando la proiezione cambiò colore dal blu elettrico all’azzurro chiaro, fece scattare la mano in su: il messaggio si restrinse fino a diventare sottile come un filo, e partì verso l’alto scomparendo.
– Fatto – annunciò, rimettendosi in tasca il dispositivo.
La monorotaia sfrecciava a tutta velocità , serpeggiando tra i palazzi, aumentando di quota fino a superare le loro sommità , per poi ridiscendere e continuare a farsi strada tra le imponenti costruzioni. Si fermò dopo pochi minuti, alla stazione di Piazza Umbriel, dove molte altre persone salirono a bordo. La porta della carrozza si aprì e Damon e Britney ci raggiunsero, salutandoci. Damon era un ragazzo alto, con i capelli neri arruffati e degli occhi verde smeraldo. Ogni ragazza si innamorava di lui, ma non era il tipo che si vantava: era un simpaticone a cui piaceva scherzare, e non se la cavava affatto male durante gli allenamenti. Britney era la sua ragazza, era poco più bassa di lui, con dei lunghi capelli castani che le cadevano sulla schiena e gli occhi color nocciola.
– Allora, che è successo? – chiese Damon, sedendosi con Britney di fianco a Brendon.
– Niente, gli ho solo raccontato dei rapimenti, Ben non ne sapeva ancora nulla – disse Brendon.
Raccontammo loro anche dell’uomo che avevamo visto in stazione, e impallidirono all’istante.
– Non è possibile – disse Britney. – È successo anche a noi! L’abbiamo visto mentre ci osservava, e poi se ne è andato con una donna e una bambina!
– Non sappiamo con certezza se fa parte o meno del Governo, ma dobbiamo stare attenti... È possibile che ci abbiano presi di mira? – chiese Sky.
– Beh, Brendon, prima avevamo detto che probabilmente non era un Governatore – intervenni. – Ma se l’hanno visto anche loro, allora tutto cambia...
– Ne parleremo con Carson, è l’unica cosa che possiamo fare – mi disse.

La monorotaia si fermò alla stazione di Piazza Oberon e tutti e cinque scendemmo dal veicolo, ritrovandoci in una stazione colma di ragazzi e professori. Era l’inizio dell’ultima settimana e come sempre ci avevano permesso di tornare nelle nostre case l’ultimo weekend del mese. Vidi ragazze con delle valigie enormi strapiene di vestiti, immagino. Una di loro, Tori Price, ci guardò da lontano rivolgendoci un sorriso beffardo, mettendo in mostra il suo nuovo vestito, costato molto probabilmente qualche migliaio di dollari. La sua chioma rossa le ricadde sulla schiena e sulle spalle, quando ci voltò le spalle. Sapevano tutti che era cotta di Damon, per questo odiava Britney, infatti non perdeva mai l’occasione di vantarsi davanti a lei per il fatto di avere dei vestiti sempre nuovi, cosa che Britney non poteva permettersi, date le sue umili origini. Tori non era affatto una brutta ragazza, ma erano in molti a concordare che Britney fosse più bella, e questa cosa la faceva infuriare. Ma tutto questo non bastava a fermarla: si vantava sempre e non perdeva mai l’occasione di mettere in mostra qualunque cosa che il suo paparino Anthony Price, un Governatore di alto rango, le comprava.
– Non la sopporto – scoppiò Sky.
– Lascia stare, Sky, ormai ci ho fatto l’abitudine... – le rispose Britney.
– Ma non puoi continuare ad essere una vittima!
– Sky, non tutti sono come te, ficcatelo in quella testaccia – intervenni.
Dopo essere usciti dalla stazione, tutti e cinque ci incamminammo per raggiungere la scuola, poco lontana dalla piazza: la attraversammo e prendemmo una strada secondaria, alla destra di quella principale, poi imboccammo il sentiero che saliva su per la collina sulla quale si trovava la nostra scuola. C’era una gran confusione, i ragazzi parlavano fra di loro ad alta voce, quasi gridando per sovrastare quelle degli altri. Varcammo il grande cancello e camminammo per il cortile, contornato da siepi e aceri, in cerca di qualcuno della nostra classe tra i quasi 700 ragazzi. Incontrammo solo Shanika, una ragazza abbastanza timida che portava sempre una fascia sulla fronte che le tirava indietro i suoi corti capelli marroni. Aveva un po’ di lentiggini sul naso e sulle guance, ma notai subito un graffio sotto l’occhio sinistro, che coprì subito con il libro di astronomia.
– Non è niente – mi disse, anticipando la mia domanda.
– Sicura di star bene? – le domandai.
– Certo, è tutto a posto.
Lei aveva 17 anni, uno in più di me, per questo ci incontravamo solo durante l’addestramento, che era riservato solo a 60 ragazzi. La sua classe e la mia erano fra le tre che potevano parteciparvi, l’altra era per alcuni ragazzi di un anno meno di me.
La porta principale della scuola si aprì, e tutti entrarono, diretti alle proprie classi.
– Ci vediamo dopo, Shanika – la dissi.
– A più tardi – e si diresse verso la sua classe.
Entrammo tutti e cinque insieme e, superato il grande salone dell’ingresso, salutammo Brendon, che salì le scale a sinistra insieme a quelli più grandi, noi invece prendemmo quelle di destra per il piano superiore; una volta lì percorremmo tutto il corridoio ed entrammo nella penultima porta a sinistra. Al nostro arrivo c’era già  qualcuno seduto: Heath, Joshua, Dana e Rosalyn in seconda fila, Wendy e Chloe in fondo, nella terza ed Elettra in prima fila, accanto alla finestra, isolata da tutti. Prendemmo posto accanto a lei, eravamo gli unici con cui parlava, ma di lei non sapevamo quasi nulla.
Piano piano la classe si riempì e, non appena la campanella suonò, la professoressa Stardust entrò. La sua presenza bastava a zittire anche i più logorroici, e mentre ci guardava attraverso i suoi occhialetti, pregustando una bella interrogazione a tradimento, chiuse la porta, lentamente, facendola cigolare.
– Buongiorno zuccherini! – ci sorrise, melliflua.

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