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The Millennium Challenge ~ Contest Works!


yohohoho

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Ante Scriptum: Nel caso il testo non sia completamente inerente alla traccia, mi scuso anticipamente con chube per il disguido, ma quando ho scritto l'incipit diciamo che non ero proprio sobrio al massimo. Detto questo vi auguro una buona lettura!

Nick sul Forum: The Only One

Titolo: Le cronache dalla pineta

Elaborato: Era circa le 17:00 e il sole batteva ancora forte sul litorale Tirrenico. Max era disteso su una piccola sdraio parzialmente coperta da un ombrellone, a riposarsi, e si godeva la fresca brezza proveniente dal mare non troppo mosso. Seppur la brezza lo rinfrescasse il caldo era asfissiante, tanto da farlo sudare come se avesse appena finito una maratona. Era seduto da più di un’ora oramai e aveva riposato molto più del solito. Non riusciva proprio a togliersi dalla testa il pensiero di refrigerarsi al più presto. Immerso nei suoi pensieri, ricordò che al bar del bagno privato adiacente era stato installato di recente un condizionatore di ultima generazione. Conscio che l’ingresso era permesso anche alle persone esterne al bagno, si diresse senza troppi ripensamenti alla modesta struttura prefabbricata. Era un locale piuttosto modesto, non troppo grosso, ma che comunque si rivelava accogliente e ospitale. Entrato nel bar, si accorse subito che non era il solo che aveva avuto quella geniale idea: molti dei suoi amici si erano radunati nel bar per bere qualcosa. Erano seduti ad un tavolo tondo posto poco più avanti del bancone, dove lavorava placido il barista, e si erano già  presi la briga di ordinare qualcosa. Max si avvicino al tavolo e saluto Iris, la più anziana del gruppo. Aveva circa venti anni, ma adorava lo stesso stare in quel simpatico gruppetto, che aveva conosciuto e formato cinque anni or sono. Subito dopo averla salutata, Max incrocio lo sguardo di Franco, un suo ex-compagno di scuola. Sebbene fosse abbastanza taciturno era riuscito a stringere un’ottima amicizia con i componenti del gruppo, riuscendo in parte ad aprirsi al dialogo sostenuto. Ultima a salutare fu Jennifer, arrivata di recente nel campeggio “Belmareâ€, dove i ragazzi villeggiavano abitualmente. Nonostante fosse arrivata da poco, era già  stata oggetto di particolari attenzioni. Era molto benvoluta tra i suoi amici e in ogni occasione dimostrava una maturità  straordinaria, uguagliata solo dalla sua bellezza. Ma purtroppo a qualcuno questo non andava bene. Già  a poco tempo dal suo arrivo, Jennifer aveva iniziato a essere bersagliata da occhiatacce invidiosi e brutti tiri giocati nei suoi confronti da un gruppo di ragazzi da tempo invidiosi. Questi ragazzi avevano già  tentato anni prima di integrarsi nel gruppo senza successo, così, amareggiati, avevano deciso di crearne uno proprio. Erano conosciuti ed evitati in tutto il campeggio. Max si sedette e ordino da bere, ma mentre aspettava si accorse che Jennifer era pensosa e sospirante. Max si fece avanti e gli pose una domanda: <<Jennifer, va tutto bene?>>. Jennifer sposto lo sguardo, sbattendo gli occhi come se si fosse appena svegliata e rispose: <<Si…. Si, sono le solite cose non ti preoccupare>>. Sapeva benissimo cosa voleva dire con quella frase: “Non mi trovo bene quiâ€. In effetti, sebbene godesse di ottima compagnia, i frequenti disturbi del gruppetto d’invidiosi la demoralizzavano a tal punto che certe sere si chiudeva nella sua roulotte senza neanche uscire. Max, che si era da poco fidanzato con lei, sapeva benissimo che se non si fosse sentita felice verso la fine dell’estate l’anno successivo avrebbe cambiato campeggio, perciò aveva pensato tutta la notte a qualcosa per riportarle il sorriso perduto. All’inizio gli sembrava impossibile trovare una soluzione, ma poi, leggendo una locandina con le notizie della mattina, gli venne un colpo di genio. L’ultima affermazione gli fece tornare in mente il problema e, senza scomporsi troppo, annuncio la sua soluzione: <<Ah già ... beh, restando in tema avrei in mente di proporti qualcosa che ti potrebbe cambiare la vacanza. Vuoi sapere di che si tratta?>>. La ragazza, sembrava dubbiosa, ma poi fece un cenno di assenso con il capo. <<Benissimo, ti volevo proporre di partecipare alla sfilata giovanile estiva cittadina>> concluse Max sorridendo. La sfilata cittadina era un evento annuale, tenutasi durante il festival estivo locale, dove quattordici ragazze avrebbero sfilato su una passerella allestita nella grande piazza ai limitari della città , Piazza Verona. Jennifer rientrava perfettamente nell’età  giusta per iscriversi, e la bellezza non gli mancava di certo. Jennifer non ci penso due volte sopra: accetto immediatamente la proposta con molta enfasi. Max era felice di vederla cosi felice. <<Beh, non ti resta che iscriverti allora>> <<Certamente! Corro subito al centro iscrizioni!>> e detto questo sfreccio a corsa sul lungomare, avviandosi verso Piazza Verona. Intanto Max aveva terminato il suo drink e si apprestava ad uscire dal locale, quando vide un gruppetto di ragazzi che si allontanavano frettolosamente dal locale. Vista la gran mole di gente presente in piazza, non gli diede tanto peso e si avvio al suo ombrellone per cominciarlo a smontare. Finito lo smontaggio, si avviò verso il campeggio, sicuro che sarebbe andato tutto per il meglio, ma si sarebbe smentito presto.

Mentre rientrava nella pineta, dove era situato il campeggio, vide il gruppetto di cui si era accorto di sfuggita in precedenza. Bastava dare un’occhiata per capire che erano la già  citata combriccola di ragazzacci. Procedevano in un gruppo uniforme verso il paese, probabilmente stavano andando a fissare un tavolo per l’imminente cena. In testa al gruppo si trovava Isabella, detta Isa, colei che aveva avuto l’idea di formare il gruppo, incantevole all’esterno, presuntuosa e acida all’interno. Subito dietro gli stava Alberto, il suo spasimante, seppure bello da vedersi, ma perfido ed eternamente sbronzo. Dietro di loro stavano in coppia Michele, il nerd del gruppo, appassionato di computer e di bassa statura, e Marcus, un ragazzo italo-americano molto ricco, ma notevolmente sovrappeso. Loro due erano i più piccoli del gruppo e di per sé non avrebbero mai fatto male a una mosca, ma si erano aggregati al gruppo anni prima quando Isa era riuscita a conquistare la loro fiducia. Procedevano ad un ritmo spedito lungo il viale. Marcus faceva decisamente fatica a tenere il passo, ma Isa sembrava su tutte le furie. Max nonostante la sua lontananza riuscì a sentire qualche parola: <<Ma chi si crede di essere quella?!? È dall’inizio dell’anno che non fa altro che mettersi in mostra con i suoi amichetti da quattro soldi e a ricevere complimenti a destra e manca dalla gente! Ci dovevo essere io al suo posto! Questo proprio non lo accetto! Ora vuole soffiarmi pure il posto nella sfilata estiva! Questo e troppo!>>. Isa strepitava talmente tanto che alcune persone si affacciavano dalle loro verande per capire da dove provenisse tutta questa confusione. Alberto, accortosi di ciò, intervenne per riportarla alla ragione: <<Amore, ne abbiamo già  discusso, non le permetteremo di vincere quel premio, la fermeremo con le buone o con le cattive. Lo sai meglio di me>>. Isa sembrava abbassare il tono di voce, ed effettivamente era ritornata ad avere un tono più pacato, che usava di solito. <<… Lo so, ma non riesco a stare tranquilla parlando di quella ragazzina presuntuosa!>>. “Da quale pulpito…†penso tra se Max mentre il discorso andava avanti. <<Ma non posso che darti ragione, tesoro. Gli faremo vedere cosa succede a inimicarsi le persone sbagliate a quella!>>. Detto questo accelerò  il passo, costringendo il gruppo a muoversi più velocemente per stargli dietro, e poco dopo scomparvero dietro l’angolo. Max, rimastogli dietro per un po’, aveva iniziato a preoccuparsi riguardo a ciò che aveva sentito e si decise di riparlarne la sera stessa con gli altri. Si arrestò qualche secondo a guardare l’angolo dove i quattro avevano svoltato, poi si giro è andò alla sua roulotte.

Il sole penetrò flebile da uno spiraglio nelle tendine presenti sulla piccola finestra. La luce arrivava in pieno viso a Max, che fini inevitabilmente per svegliarsi. Nonostante avesse dormito profondamente voleva ancora coricarsi nel letto. La sera prima erano usciti in paese per passare la serata insieme, come avevano sempre fatto, e alla fine della serata Jennifer aveva provato a indossare i vestiti che riteneva adatti per la sfilata. A un certo punto Max arrossì pure vedendola uscire in un elegante abito da sera nero, più che adatto per l’evento che si sarebbe tenuto a breve. Durante la serata, però, a Max sembro di aver sentito più volte qualcosa vicino a loro che si muoveva, ma non ci aveva fatto più di tanto caso. Max si era alzato, seppur controvoglia, e si stava oramai vestendo, quando diede un’occhiata al orologio: 7:30. Aveva un’ora di anticipo, poteva fare con calma. Max si preparò la colazione, cercando di non svegliare i suoi genitori, e si avvio con calma alla piazza del campeggio, dove si teneva la sera l’animazione e dove erano soliti radunarsi il gruppetto di amici prima di andare in spiaggia. Quando arrivò nella piazza erano già  le 8:15. Se l’era presa molto comoda, dopotutto. Dopo un po’ di tempo, arrivarono, in successione, Franco e Isa, ma Jennifer iniziava a ritardare in maniera preoccupante. Quando l’orologio segno le 9:00 erano già  abbastanza preoccupati e, senza troppi ripensamenti, sia avviarono a passo spedito verso la roulotte dove stanziava l’amica. La videro praticamente subito, appena arrivati alla piazzola, era impossibile non vederla. Stava trafficando in su e in giù per la roulotte alla ricerca disperata di qualcosa. Max entrò per primo nella piccola veranda: <<Che stai facendo? Eravamo in pensiero per te!>>. Era visibilmente disperata: <<Oh, Max! È una tragedia! Qualcuno mi ha derubato!>> <<Frena, frena, frena. Calmati e spiegami tutto per filo e per segno.>>. Jennifer si ricompose: <<Stamattina poco prima di svegliarmi, ho sentito che qualcuno entrava nella mia veranda e ne usciva molto frettolosamente. Mi sono insospettita e quando sono uscita i vestiti che volevo provare per la sfilata erano spariti! Qualcuno mi sta sabotando!>> <<Ok, calma. Sono sicuro che il ladro non abbia avuto il tempo di uscire dal campeggio senza essere visto. Avranno rubato almeno quattro vestiti, per quanto ne posso sapere, e le uniche uscite da questo posto sono il cancello principale e la spiaggia, tutti luoghi molto ben in vista. Dubito che una persona con un po’ di buon senso assi per di li. Quindi il ladro è sicuramente nella pineta .Dobbiamo dividerci e provare cercare.>>. Ora Jennifer era calma: <<Dici che funzionerà ?>> <<Dobbiamo pur provare!>> <<... D’accordo>> <<Bene, allora dividiamoci e cerchiamo di capire chi è il ladro!>>. Appena il silenzio calò, i quattro andarono in quattro direzioni diverse, mantenendo un passo spedito.

Max si era diretto nella zona dei bungalow. Era la zona più coperta dell’intero campeggio: si trovava in una piccola conca naturale del terreno e gli alberi presenti in quella zona si presentavano molto alti e ramificati, coprendo gran parte della luce del giorno. Max penso subito a quel luogo, poiché ci si era nascosto anni prima durante una bravata giocata al custode notturno. Max inizio a girare alla cieca per la piccola conca, quando a un certo punto vide qualcosa che gli salto all’occhio: nella zona del barbecue uno di essi era stato acceso e alcune persone stavano conversando la vicino. Alla prima penso che fossero semplicemente dei campeggiatori intenti a preparare il pranzo. Poi pero osservo il suo orologio: le 9:47. No, non poteva essere un’ipotesi plausibile quella del pranzo. Preso dalla curiosità , si avvicinò ai filari di piccoli barbecue, disposti tutti attaccati, a file di tre, in un piccolo spazio aperto tra due bungalow. Appena arrivato dietro l’angolo non ci mise molto a capire di chi fossero le voci. Poteva distinguere chiaramente lo sbraitare di Isa: <<Andiamo! Ma quanto ci metti ad attizzare questo fuoco! E meno male che avevi in mente un piano geniale, non lo sai neanche architettare come si deve!>>. Di rimando si poteva udire la voce di Alberto, con il suo familiare tono di falsa calma: <<Se proprio lo vuoi sapere ho dovuto mandare quel buono a nulla di Michele a prendere dell’alcool da buttare sul fuoco, dato che la benzina che volevo usare è bastata appena per inzuppare quei maledetti vestiti!>> <<Bah, sempre scuse! Senti, non m’interessa di come accendere quel maledetto fuoco, basta che quei vestiti siano carbonizzati prima di pranzo!>>. Non ci voleva un genio per capire cosa avessero intenzione di fare. Max si sporse appena e osservò la piccola area barbecue. Alberto era concentrato sul fuoco e non sembrava prestare attenzione ad altro, Isa stava seduta al centro della piazzetta, rivolta nella direzione di Max, mentre Michele si stava gongolando sul suo portatile, senza prestare troppa attenzione ai due, Marcus, invece, non era presente sul posto. I vestiti invece si trovavano a portata di mano di Alberto, anche se non sembrava essere concentrato su di essi. “Perfetto†penso Max “ È la mia occasioneâ€. Senza fare rumore, giro l’intero bungalow, dove era appostato, arrivando dall’altro lato della piazza, per poi superare silenziosamente la prima fila di barbecue, portandosi dietro la seconda. Avanzò bocconi lungo i tre barbecue ed arrivo appena sotto i vestiti. Gli bastava allungare la mano ed era fatta. Aveva quasi toccato un lembo di stoffa, quando una mano lo tiro su da dietro: <<E tu che cosa stai facendo qua?!>>. Era Marcus, doveva essere arrivato mentre lui camminava dietro le file di barbecue. Teneva una bottiglia in mano, dove si poteva leggere a caratteri cubitali “Alcoolâ€. Quasi certamente stava tornando dal supermercato dove aveva comprato l’alcool necessario per attizzare ulteriormente il fuoco. Tutti i presenti si girarono verso i due e Alberto non ci mise molto a fare due più due e ad agire di conseguenza: con uno scatto impressionate afferrò i vestiti appoggiati accanto a lui e gli scaravento sgraziatamente nel fuoco, da cui si alzo una grossa fiammata incandescente. Isa fu un po’ più codarda e lenta a reagire: si alzò di scatto e scappo verso il vicino viale urlando <<Ci ha visto! Fuggiamo!>> a perdifiato. Michele aveva chiuso di scatto il suo portatile, seguendo Isa, e Marcus aveva mollato la presa fuggendo dal lato opposto ai tre. Max aveva provato a prendere per la collottola Alberto, ma non era riuscito a prenderlo in tempo. Appena si rese conto che erano irrimediabilmente andati si ricordo dei vestiti: stavano ancora bruciando sul fuoco. Analizzò velocemente la situazione: c’era una cannella, ma usare l’acqua avrebbe richiesto troppo tempo, e non aveva neanche della terra da gettare sul fuoco. Poi vide un bastone di media lunghezza vicino a un barbecue nell’altra fila e formulò al volo un rimedio estremo per la situazione. Impugnò il bastone e sposto a se la matassa di vestiti, facendola cadere a terra e, una volta sul selciato, inizio a calpestarle per soffocare le fiamme. Dopo qualche tentativo queste si spensero, ma il tentativo si era rivelato vano. Orami ai piedi del ragazzo stava solo una matassa informe di tessuto carbonizzato. Oramai rassegnato, si avvio deluso verso la spiaggia, pensando a come avrebbe potuto spiegare l’accaduto alla sua ragazza.

Era oramai arrivato il giorno della sfilata. La piazza e il viale principale erano stati allestiti con molte bancarelle e stand, ma soprattutto, al centro della piazza, era stato posto un grandissimo palco con tanto di passerella. Il palco era chiuso ai lati e da dietro da alte transenne, la passerella invece era ben decorata ai lati, con piccole sporgenze per inserire alcune decorazioni specifiche. Inoltre c’era un muricciolo che copriva il backstage, che possedeva due ingressi: uno per le band e i musicisti, l’altro per le concorrenti. La sera prima si erano tenute le selezioni per il concorso e sia Jennifer che Isa erano passate al test, ma si notavano subito gli effetti del sabotaggio. Jennifer indossava un vestito si elegante, ma non sembrava donarle molto, facendole sminuire la bellezza. Isa invece indossava un abito molto somigliante a uno di quelli rubati giorni prima, ma la colorazione appariva diversa. Probabilmente lo aveva portato a ritingere per non far sospettare nulla. Max e la sua compagnia stavano sul bagnasciuga a chiacchierare mentre guardavano il mare: <<Non ce la farai mai a vincere il concorso, quell’abito fa risaltare troppo quella ladra di Isa. Anche se riuscissi a stupire i giudici, dubito fortemente che ti assegneranno il premio…>>. Jennifer non si scomponeva neppure: <<Lo sapevo fin dall’inizio che sarebbe andata a finire in questo modo, non sono sorpresa.>> Aveva la solita faccia di quella mattina al bar. Era chiaro che l’avrebbe irrimediabilmente persa. Jennifer intanto continuava a parlare: << Ha avuto pure la fortuna di essere messa in prima posizione per uscire dalla passerella. Sicuramente questo la metterà  in bella vista>>. “La metterà  in bella vistaâ€. Quella frase aveva fatto scattare nella mente del ragazzo un’idea folle ma geniale per riuscire a risolvere la situazione. Non ci penso un minuto di più: <<Ragazzi, venite con me!>>. Portò l’intera combriccola ai limitari di una macchietta alberata e iniziò a parlare: <<Ragazzi, vi sembrerà  folle, ma ho un piano…>>.

Franco era riuscito ad entrare nel giardino del locale adiacente al palco. Il locale era molto frequentato, soprattutto a quell’ora del mattino, ma il giardino riusciva a non destare molto l’interesse dai clienti ai tavoli. Erano circa le 12:00 e anche gli organizzatori erano andati a pranzare. Gli addetti alla sicurezza pranzavano davanti alla porta chiusa del backstage. Il ragazzo aveva trovato, come detto da Max, una ringhiera malridotta e coperta dall’edera, che dava sul backstage. Non si stupiva che Max lo sapesse, dopotutto era stato molto volte a pranzo in quel locale, ed aveva avuto modo di vederne meglio i dettagli. Con sé portava un barattolo pieno di un liquido non ben specificato, ma riuscì a passare lo stesso per il buco presente nella recinzione. Senza perdere tempo si addentrò dentro il backstage e trovo la scalinata nascosta che portava al palco. Il piccolo muricciolo che parava la vista agli spettatori era alto quanto le cinte esterne e alle sue estremità  errano poste delle piccole impalcature di acciaio che sostenevano alcuni piccoli riflettori, che occupavano però pochissimo spazio. Avrebbe potuto benissimo posizionarci il barattolo andare via. Fortunatamente, sebbene il muretto fosse alto e non possedesse una scala per aiutarsi, Franco era conosciuto nella scuola di Max come “L’atleta Impareggiabileâ€. Dopo essersi messo il manico del secchio al braccio, iniziò a salire, tenendo i piedi tra le due pareti e spingendosi pian piano su con le mani. Il secchio era pesante, ma arrivo in vetta senza troppi problemi. Una volta sistemato il secchio prese un capo della matassa di nylon, messa in precedenza sul coperchio, legandolo al manico con un nodo doppio. Prendendo l’altro capo, scese lentamente la parte, mettendo in tirare il filo e fissandolo all’angolo con dello scotch trasparente, che aveva tenuto in tasca dal quando era partito. Tocco il filo per verificarne la tensione. Il filo era molto rigido, sarebbe bastata una pressione molto semplice per far sbilanciare il secchio. “Ottimo†penso, aveva fatto la sua parte. Senza indugiare oltre ritorno sui suoi passi, ritornando nel giardino pochi minuti prima che le guardie finissero il pranzo.

La sera dell’evento era molto accesa. Le bancarelle fremevano dalla quantità  di persone ammassate in strada. La gente si godeva i festeggiamenti paesani, tra saltimbanchi, amici e birra. Max si era sistemato su una collinetta adiacente alla piazza, da cui godeva un’ottima visuale sul palco. I suoi amici avevano optato per delle più comode panchine interne, gentilmente offerte dai genitori della ragazza, che avevano insistito per farli entrare. Sul palco stavano parlando gli ospiti di onore, due presentatori radiofonici della radio locale. La prima, una donna alta e snella, con degli occhiali sgargianti e un sorriso a dir poco entusiasta, stava commentando le band che si erano esibite in nottata insieme al collega, di media statura e di bel viso, ma vestito un po’troppo eccentricamente anche per quella occasione. La serata stava per giungere al termine, le band erano tutte entrate dal loro apposito ingresso ed erano uscite dopo aver suonato diversi pezzi. Il momento della sfilata era vicino. Nelle sedie adiacenti al palco, allestite per l’occasione non c’era più un posto libero. Molti si accalcavano sulle ringhiere separatorie per riuscire a vedere meglio il palco, che stava cadendo pian piano in ombra sotto gli effetti a dissolvenza dei riflettori. Era circa mezzanotte. La conduttrice radiofonica prese parola: <<Gentili spettatori! È arrivato il momento che tutti voi stavate aspettando! Quattordici giovani ragazze, appositamente selezionate dal nostro team di giudici preparatori, si prepareranno a sfilare davanti alla nostra giuria ufficiale, con la determinazione a vincere il titolo di “Miss Marina†del anno!>>. Max non faceva caso alle parole della presentatrice e prestava la sua attenzione sul corridoio delle donne. All’inizio non si udì nulla. Pensava che il filo probabilmente avesse ceduto, ma la sua pazienza venne ripagata. Senti sotto le parole della presentatrice un piccolo grido esclamativo e la voce era inconfondibile. <<Diamo inizio alla sfilata!>>, e le luci si accesero di schianto. Il piano aveva funzionato alla perfezione, Isa non aveva avuto tempo di cambiarsi. Max conosceva benissimo la composizione del liquido: lo aveva creato mescolando con cura olio e tintura di iodio. Max sorrise maliziosamente: a giudicare dal colorito del vestito, passato in diversi punti da bianco a verdognolo sbiadito, la soluzione la doveva aver presa in pieno. Il vestito era talmente malridotto che sembrava ci avessero vomitato sopra. L’effetto tanto desiderato non si fece attendere: un attimo dopo che il palco fu illuminato la folla esplose in una risata, che continuò imperterrita durante la sfilata della ragazza. Arrivata in fondo alla passerella era diventata rossa come un peperone e non potette fare altro che uscire di fretta dal palco abbandonando furibonda il backstage, mentre sopra di lei venivano fatti esplodere i tradizionali fuochi artificiali.

La piccola stazione cittadina si mostrava deserta sotto ogni punto di vista. Era formata da un piccolo casotto in mattoni, adibito a biglietteria, e da uno stretto sottopassaggio, che portava all’unico binario che viaggiava in senso opposto al primo. Max era seduto accanto a Jennifer su una panchina del binario due, attendendo il treno che di lì a poco avrebbe riportato la ragazza a casa. Con sé portava solo la sua borsetta, con dentro un panino e dell’acqua per pranzare, un ricambio leggero e la fascia da “Miss†vinta la settimana prima. Dopo il concorso era riuscita a convincere i suoi a farla rimanere un altro po’ al campeggio, facendosi ospitare da Max nella sua spaziosa veranda, mentre i suoi genitori sarebbero tornati a casa per continuare i rispettivi lavori. Il gruppetto di Isa aveva continuato lo stesso a scorribandare, ma avevano perso il loro solito brio e la loro leader si era chiusa molto di più verso gli altri dopo il disastro di quella sera, arrivando a rispondere di rado perfino al suo fidanzato. La settimana era volata via in fretta e oramai la ragazza sarebbe tornata dai suoi genitori. Il megafono della stazione emise in tono basso l’annuncio che precedeva l’arrivo del treno in stazione. Jennifer aveva provveduto ad alzarsi ed avvicinarsi al binario con tutta calma. Il treno le passò accanto a velocità  sostenuta, smuovendole i capelli, per poi fermarsi dolcemente sul binario assegnato. Jennifer si diresse ad una delle porte e la aprì. Mise un piede su un gradino, poi si girò e guardo Max, che le era venuto dietro: <<Allora questa estate oramai è andata, è?>> <<Già â€¦>>. Ci fu un attimo di silenzio: <<T-Ti rivedrò il prossimo anno?>>. Max aveva un tono di voce insicuro e titubante, ma Jennifer seppe mantenere il suo solito sorriso: <<Non devi neanche chiederlo, sai già  la risposta>>. Max era diventato rosso in viso e si vedeva senza particolari attenzioni. Si ricompose un secondo e poi salutò l’amica: <<Beh allora ci vediamo l’anno prossimo!>> <<Puoi contarci!>>. Detto questo si giro e salì sul treno, chiudendo la porta dietro di se. Il treno inizio a muoversi poco dopo e Jennifer sorse la mano fuori dal finestrino della sua carrozza, porgendo un saluto in lontananza. Max stette a fissare qualche momento i binari vuoti, dopo di che si girò e usci fischiettando dalla stazione, dirigendosi verso la sua roulotte dove lo stavano aspettando i suoi per andare sul mare a prendere il sole…

Commento personale: Il racconto, propriamente vero-simile, si presenta come un tipico racconto a sfondo cronico, che mantiene pur sempre una chiave di lettura classica e lineare. Sebbene si mantenga la solita struttura con fabula coincidente all’intreccio tipica dei racconti lineari, come le favole, il testo cerca di discostarsi da quest’ultimo genere, aggiungendo elementi della scrittura moderna atti a creare un testo unico a se. La morale del testo, diviso in diversi paragrafi, si può riassumere in una sola frase: “Chi la fa, l’aspettiâ€. L’incipit della trama, arrivatomi dopo una serata con gli amici dove avevamo alzato un po’ troppo il gomito, e ispirato ad alcuni fatti avvenuti realmente nel mio solito luogo di villeggiatura estiva. Volevo con questo racconto rendere omaggio all’estate che oramai è alle porte e che ha saputo regalarmi anche quest’anno delle situazioni meravigliose e da ricordare, sperando in futuro che questo possa essere ancora possibile.

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NOME:


 


 


luxio369


 


 


 


TITOLO:


 


 


La Storia


 


 

 

MUSICA:


 


 


Leggere con questa musica: [media]http://www.uploadhosting.co/uploads/151.54.144.233/Lully_%20Grand%20Motet%20-%20Exaudiat%20te%20Dominus.mp3


 


 


 


STORIA:


 


 


Era una giornata estiva molto afosa, Giuseppe e Giovanna non potevano andare a mare e non sapevano cosa fare; quindi inventarono un gioco in cui si doveva creare una storia nel minor tempo possibile. Comincio Giovanna...


 


 


Tanto tempo fa, nel diciottesimo secolo D. C., il Re di Francia Luigi XV inaugurò un ballo estivo alla corte di Versailles. Così Margaret e Elizabeth, in quanto figlie del sovrano, furono costrette a partecipare. Ma esse non avevano dimestichezza con la danza, erano molto goffe, ed in più c'era caldissimo in quei giorni. Le due sorelle non avendo un cavaliere con cui danzare, presero i loro beniamini, cioè, l'orsacchiotto Chiko e il coniglietto Puntino. Tornate nelle loro stanze entrò il loro padre, le rimproverò e confiscò i loro tanto cari animaletti. Così le due sorelle, seccate, pensarono come liberare Chiko e Puntino. Dopo un po' la sorella maggiore, Margaret disse: - potremmo travestirci da cameriere, entrare nelle stanze di nostro padre, e cercare i nostri animaletti. Elizabeth disse di sì, e si travestirono da cameriere. Nascondendosi il volto per tutto il tragitto, riuscirono ad entrare nelle stanze del sovrano. L'anta di un armadio era socchiusa e le due fanciulle scorsero un pulsante nascosto; ovviamente Elizabeth, che era molto curiosa, lo premette non ascoltando gli avvertimenti di sua sorella. Appena il loro padre uscì dalla camera, anche le sorelle uscirono dall'armadio, e si misero a cercare freneticamente i loro animaletti. Quando li trovarono, rientrarono tutti e quattro nell'armadio per sapere dove conduceva il passaggio segreto; dopo un tempo che parve interminabile, si ritrovarono nel loro guardaroba. Seccato, il padre rientrò nelle stanze delle figlie, e chiese irrequieto dove fossero andati a finire le due bestiole. Le sorelle risposero in modo da far capire che non sapessero niente di che cosa stesse succedendo. Appena il padre uscì dalla camera, Elizabeth disse a la sorella che voleva scappare da quella reggia. Margaret, essendo la sorella maggiore, era più responsabile di Elisabeth e commentò quell'idea, come un'idea folle. Elisabeth, nonostante le parole della sorella, cominciò a fare i bagagli, e Margaret non volendo lasciarla da sola si affrettò anche lei a fare i bagagli. S'incamminarono con i loro animaletti, e cercarono si scavalcare con una grande scala le mura che costeggiavano il giardino del castello per poter accedere alle grande castagneto che delimitava la reggia con Parigi. Le due sorelle s'incamminarono (nel buio della notte) per poter arrivare nel loro rifugio segreto. Appena arrivarono, con i loro mantelli, coprirono loro e gli animaletti dal temporale estivo (guarda caso, quando uno decide di scappare ecco che arriva il temporale). Il giorno seguente si svegliarono, e davanti a loro, videro un grande tubo con all'interno tantissimi numeri. Elizabeth, che tocca tutto, premette i seguenti tasti: 2 0 1 2. All'improvviso, la strana macchina comincio a vibrare ed Margaret, Elisabeth, Chiko e Puntino, vennero catapultati in un'altra epoca.


 


 


COMMENTO:


 



 


La storia è un po inesatta dal punto di vista storico; ma mi piace così! Riguardo alla tematica; tu avevi chiesto di farla estiva ed io penso di esserci riuscito! ;)

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Nick sul Forum:teogreninja

Titolo:l'Uomo in Nero
Eleborato:Era una calda giornata d'estate,io e i miei amici avevamo deciso di andare al mare.Ci incontrammo al luogo prestabilito,la spiaggia era davanti ma troppo affolata così decidemmo di andare in un'altra spiaggia,subito Lorenzo iniziò a brontolare perché non aveva molta voglia di camminare troppo e in effetti aveva ragione...sarebbe stato meglio rimanere in quella spiaggia... proseguimmo sul marciapiede per circa 20 minuti la cosa strana era che sembrava che il tempo stava rallentando...le persone accanto a noi sembravano tutte incantate l'unica cosa normale era la spiaggia affolatissima con i soliti bagnanti,venditori ambulanti e bambini che giocavano a palla. Nessuno aveva l'orologio e i cellulari erano scarichi ma probabilmente era passata mezz'ora.Continuavamo a camminare ma le spiaggie erano tutte piene..."strano", pensai,  in alcune spiaggie di solito non c'era anima viva ma oggi erano affollate. Lorenzo iniziò a brontolare per la fame così decidemmo di comprare un cornetto  al bar. Io proposi di chiedere l'ora a qualcuno in modo da sapere quando una volta arrivati in spiaggia avremmo potuto entrare in acqua. La gente era come "persa in un altro mondo", chiedevamo l'ora ma non sembravano sentirci. L'unico che ci rispose era un uomo molto alto vestito con una giacca nera e un cappello che gli copriva la faccia. Così mangiammo un cornetto, ma il barista era anche lui strano, così gli mettemmo i soldi sul bancone e ce ne andammo. Dopo quelle che saranno state ore finalmente trovammo una spiaggia libera ma l'uomo in nero si mise davanti a noi dicendo che non dovevamo passare, io gli chiesi chi era ma mi rispose che non aveva importanza.Io e i miei amici provammo a scappare ma lui era di una velocità  sorprendente sembrava interessato solo a me e la cosa mi spaventava,quando mi prese il polso sentii un dolore tremendo come se stesse esplodendo e disse di aver finalmente trovato il prescelto e che mi avrebbe dovuto portare in un luogo,una luce ci investii e lui urlò che sarebbe venuto a prendermi ,non vidi  più niente. Quando riaprii gli occhi mi accorsi di essere nel mio letto "un sogno" pensai ma il mio braccio era rosso con uno strano segno. La mattina trovai i miei amici: Lorenzo propose di andare nella spiaggia più vicina anche se affollata i miei amici stavano per rispondere quando dissi che quella spiaggia era perfetta e che avremmo trovato un posto, i miei amici mi guardarono un po' ma decisero di darmi retta.
Commento personale:mi sono divertito molto a scrivere questo racconto ^^

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Nick Sul Forum: ~ Vector

 

Titolo: Un’avventura estiva

 

Elaborato: Era una calma serata d’estate. Quella giorno ci sarebbe stata la festa del paese,ma Jasmine,una ragazza curiosa ed intraprendente, e i suoi amici Nick e John avevano deciso che avrebbero fatto alto. Sarebbero andati ad esplorare la meravigliosa grotta situata la sull’enorme spiaggia in cui i ragazzi trascorrevano loro giornate,leggermente oltre la riva,ma non troppo al largo . Quel misterioso luogo attirava da sempre l’attenzione di tutti i ragazzi del posto,ma per qualche strano motivo i genitori impedivano sempre ai figli di entrarci. Tuttavia questa volta sarebbe stato diverso.  Gli adulti sarebbero infatti stati in piazza a festeggiare allegramente,del tutto ignari di ciò che avrebbero contemporaneamente fatto i ragazzi. Arrivò quindi la tanto attesa serata. Jasmine e i suoi amici si trovarono sullo spiaggione e si avviarono verso la grotta,mentre i loro genitori festeggiavano ignari.  Appena entrati non notarono nulla di particolare,e fu proprio il desiderio di trovare in quell’oscuro luogo qualcosa per cui valesse la pena di disobbedire ai parenti  che li spinse a inoltrarsi in profondità . La grotta non era particolarmente grande,quindi in pochi minuti il gruppetto raggiunse maggiormente il fondo,senza notare nulla di particolare,a parte una strana sensazione di umido sotto i piedi,che andava a mano a mano aumentando mentre camminavano,ma che essi ignorarono perché troppo attenti ad osservare il luogo. Solo arrivati in fondo si decisero a prestare attenzione a questo particolare,rendendosi conto dell’errore fatto. L’umido era infatti dovuto alla marea che saliva! Solo in quel momento si resero conto della proibizione imposta dai genitori,che non era dovuta a qualche mistero all’interno della grotta,bensì  alla marea che al suo interno saliva con grandissima rapidità ! Presi dall’ansia i ragazzi cominciarono a correre a più non posso verso l’uscita,dovendo a tratti nuotare a causa del livello dell’acqua. Con difficoltà ,e con i vestiti fradici, il gruppo riuscì ad uscire dalla cavità ,proprio prima che l’acqua salisse troppo.  Da quel momento Jasmine e i suoi amici trascorsero magnifiche giornate insieme,mettendo per un po’ da parte la loro curiosità ,e imparando a dar retta a coloro che davano loro dei consigli.

Commento: Per scrivere questo brano mi sono ispirato alle avventure che ognuno di noi vive durante quel magico periodo che sono le vacanze estive. Scusatemi se il racconto è un po’ breve,ma avevo veramente poco tempo >.<

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"Atto Finale"


 


31 giugno, orami l'estate è iniziata da 10 giorni ed io, come del resto nell'ultimo periodo, mi sveglio alle 6:45, dicendomi che questa sarà  con ogni probabilità  l'ultima volta che dovrò farlo, riesco anche ad uscire dal letto. Non riesco neanche a fare la colazione da quanto sono agitato ed emozionato, riesco a malapena a mettere i libri e gli appunti di geografia, economia aziendale, francese, inglese, spagnolo, italiano e storia, nello zaino. Prendo la valigetta con dentro il pc, salgo in macchina e mi dirigo a scuola per dare il mio esame orale valido per la maturità .


 


Arrivato lì, ci sono i miei compagni di classe che devono essere interrogati dalla commissione d'esame dopo o prima di me, essa è composta da 3 membri interni (italiano e storia, geografia, economia aziendale), 3 esterni (inglese, spagnolo, francese), ed un presidente di commissione. Mi sento dire <Preoccupato, vero?> ed io rispondo <Come sempre da quando sono iniziati gli esami!>.


Mi dirigo con loro al secondo piano dell'edificio scolastico, è lì che si trova l'aula dove avverrà  l'esame orale. Prima di me, c'è una mia amica che deve essere interrogata, così decido di ripassare più cose possibili mentre aspetto il mio turno. Leggo e rileggo gli appunti; alla fine la ragazza esce dall'aula. Pochi secondi dopo si sentono delle urla, in seguito la professoressa di italiano e storia (che per evitare ripetizioni chiameremo Bevilacqua) esce di corsa dall'aula e due dei miei amici la inseguono per capire cosa è successo. Io, invece, aspetto che esca un altro insegnante per domandare il perché di quelle urla. La prima persona che esce è l'insegnante di geografia, il quale mi spiega che il presidente di commissione accusava la professoressa Bevilacqua di aver dato un suggerimento su una domanda da lei fatta e, inoltre, si aspettava le scusa da quest'ultima che non aveva intenzione di continuare l'esame se non avesse ricevuto delle scusa adeguate da parte del presidente. Come se non bastasse, salta fuori che la commissione potrebbe sciogliersi. Questo comporterebbe uno slittamento dell'esame al mese di agosto, poiché si sarebbe dovuta creare una nuova commissione. Ora, provate ad immaginare come mi sono sentito al sapere queste informazioni: arrabbiato (per non dire qualcos'altro), incredulo, spaventato, ancora più angosciato, e altre emozioni che non sto ad elencare...


Quindi decido di andare a cercare la professoressa Bevilacqua, così da farle cambiare idea e tornare in aula per riprendere la sessione d'esame.


La trovo, è in cortile a fumare una sigaretta (strano eh -.-), provo di tutto per convincerla, ma senza risultati. Allora, scoraggiato, torno al secondo piano e dico che non ce l'ho fatta a farla tornare e gli altri miei compagni che dovevano dare l'esame si disperano. Ad un tratto, la porta dell'ascensore si apre e viene fuori la professoressa di italiano, non ci potevo credere, chissà  cosa gli avrà  fatto cambiare idea; è una domanda alla quale non ho mai avuto una risposta.


Fatto sta che né lei, né il presidente di commissione si sono scusati l'un l'altro, hanno solo fatto finta di niente; in quel momento ho pensato: <Cosa? Cioè, il presidente non poteva far finta di niente prima? Io boh. Vabbè, alla fine si è "sistemato" tutto>.


 


<Finalmente è il mio turno>. Entro in aula, stringo la mano a tutti, e mi siedo. Sono un po’ in soggezione, i commissari esterni mi stanno squadrando, mi stanno studiando. Dopo quello cha a me è sembrato un'eternità , il presidente di commissione mi chiede <Hai portato un tuo argomento per rompere il ghiaccio?>. Così tiro fuori il mio pc, noto l'orario, sono le 12:33, apro Power Point ed inizio a parlare della mia tesina: "L'evoluzione del mercato videoludico (dei videogiochi)". Man mano che parlo, tutto diventa più semplice, le parole escono dalla mia bocca come un fiume, fino a quando non mi rimane più niente da dire. Mi accorgo che mi sono stati ad ascoltare per circa 20 minuti (il tempo massimo concesso per una tesina è 10 minuti),e penso che sia un buon segno; primo perchè è probabile che mi faranno meno domande, visto che ci sono altre due persone che devono dare l'orale, 2 perchè significa che si sono interessati alla mia passione.


Dopo aver finito, mi fanno delle domande sul perchè ho scelto quell'argomento, da dove e quando nasce la mia passione, ecc.


Infine passiamo alla vera interrogazione; gli insegnanti di geografia, economia, francese e spagnolo mi fanno due risposte, alle quali rispondo con decisione, poi la professoressa di italiano e storia mi fa due domande, ad una risposta, sulla seconda sono un po' incerto, ricevo un suggerimento dalla professoressa Bevilacqua, ma faccio finta di niente, dicendo che, mio malgrado, non conosco la risposta; questo perché non volevo creare la stessa situazione che era successa poco prima. Infine arriviamo alle domande di inglese; mi accorgo che l'insegnante compone le frasi con mezze parole in italiano; non sapeva mezze parole..... A quel punto mi sono trattenuto dal morire dalle risate; ero consapevole di sapere l'inglese meglio di lei, e questo giocava a mio favore, dopo aver risposto alle sue domande, sento dire <Finito>, <Per me è abbastanza> dicono tutti, così saluto i commissari e il presidente. Esco dalla porta; <è una sensazione strana, non saprei descriverla> pensavo < Da adesso posso decidere del mio futuro, posso fare ciò che voglio, da ora in poi il mio destino è nelle mie mani; basterà  soltanto fare le scelte giuste e, se mai inciamperò, basterà  rialzarsi...>.


 


Commento personale: ho scritto un po' in fretta e furia questa vicenda, per via della manutenzione :(


Comunque ho deciso di scrivere questo evento, per far capire come può essere un orale della maturità  visto dai miei occhi; volevo, anche se lontanamente, cercare di far capire alle persone ciò che ho provato in quel momento. Inoltre vorrei dire in bocca al lupo a tutti coloro che in futuro dovranno affrontare l'esame di maturità  :D


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          â˜Peter Pan☠                 


                 â€œLa ragazza con gli occhi di soleâ€


                                    


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Preferisco non dire se e quanto sia vera questa storia, ma spero riesca a trasmettere qualcosa.


 


Il sole raggiava alto nel cielo stringendo a sé i pallidi visi della gente.

Nell'aria cominciava a sentirsi il profumo di salsedine.

Le risate dei ragazzi per le strade della città  erano l'inno dell'inizio dell'estate.

 

Peter era eccitato e fremeva all'idea di andare al mare coi suoi amici.

Messo in spalla lo zainetto con tutto il minimo indispensabile si diresse all'uscio di casa.

In quel preciso istante il telefono iniziò a squillare. 

Un brivido percosse il corpo del ragazzo gelandogli il sangue. 

Il cuore iniziò a battere forte.

Aveva una strana sensazione.

Pacatamente rispose.

<<Pronto? Chi è?>> domandò il giovine.

Nessuna risposta.

In sottofondo si sentivano solo dei singhiozzi.

<<Allora, chi sei?>> richiese Peter con voce tremante.

<< ... Sono... Sono io, Christian. Mi spiace, ma devo darti brutte notizie. Purtroppo questa notte... Beh, questa notte Irene ha avuto un incidente. Era in macchina col suo ragazzo, hanno litigato e sono finiti contro un albero. Lui si è salvato. Lei... Hanno provato a rianimarla, ma non c’è stato niente da fare. Noi tra poco andiamo all’obitorio. Che fai? Vieni anche tu?>>.

 Il giovante si sentì pervaso da mille pensieri e sensazioni.

Era tutto così surreale...

Non sapeva cosa rispondere. Si limitò a dire: <<Certo! Arrivo subito. A tra poco>>.

Si cambiò velocemente.

I sgargianti colori dei vestiti da mare lasciarono posto alle cupe sfumature di nero dei nuovi abiti.

Uscì di casa.

Le risa della gente rimbombavano come un eco distante.

Gli occhi di Peter erano immersi ne vuoto, nel silenzio della sua mente.

Il giovine era come annichilito. Il suo viso non lasciava trapelare alcuna emozione.

Giunto all’obitorio vide gente disperata e in lacrime.

Non sapeva cosa fare.

Non sapeva come comportarsi.

Era la prima volta che viveva un episodio simile.

I suoi amici lo videro e corsero ad abbracciarlo, ma lui era immobile, distante da tutto e da tutti.

Tutti assieme entrarono nello stanzone con, al di là  di un vetro trasparenti, tutti i corpi freddi e pallidi dei defunti.

Eccola Irene!

Nel suo viso non vi era quasi alcuna traccia di quel brutto incidente. Sembrava quasi che dormisse e potesse svegliarsi da un momento all’altro.

La madre continuava a ripetere, con un sorriso quasi disperato e il viso scavato dalle lacrime, <<Forza Irene! Dobbiamo andare. Svegliati! Basta dormire. Forza Irene! Oggi dobbiamo andare a fare shopping, ti ricordi? Ti avevo promesso quella borsetta in pelle nera che ti piace tanto. Se non ti svegli te la portano via. Coraggio, alzati!>>.

Peter e i suoi amici non riuscivano più a guardare quella scena e preferirono uscire.

<<Forse è meglio restare tutti assieme>> disse Christian.

<<No, io preferisco andare. Ho tante cose da fare. Tranquilli, io sto bene>> affermò Peter.

<<Sei sicuro? Allora ci vediamo domani mattina al funerale. Si terrà  nella chiesetta di Vernazza>> asserì Christian.

<<Certo! A domani!>> rispose Peter.

 

Quella notte Peter stette sul balcone di casa a fissare il cielo.

La luna gli scaldava il viso con i suoi candidi e avvolgenti raggi.

Il ragazzo scrutava il cielo quasi fosse in cerca di risposte e solo in quell’oscuro mare soffuso di luci potesse trovarle.

 Le ore trascorsero lente .

Peter non chiuse occhio tutta la notte.

 

Giunse la mattina e Peter si incamminò verso la stazione.

A pochi chilometri da quest’ultima il giovine si trovò davanti a un negozio di fiori.

Decise di entrare.

I suoi occhi furono rapiti immediatamente da un mazzo di splendidi girasoli. 

Senza pensarci due volte li comprò e si diresse alla stazione. 

 

Una folla di gente era lì, in attesa del treno dell’ultimo saluto. 

Ciò che colpì Peter fu il notare che anche i suoi amici avessero con sé dei girasoli. Avevano avuto tutti la medesima idea.

In quei fiori tutti vi scorgevano l’allegria, la gioia e la vitalità  della loro amica.

 

Un fischio stonato fece ammutolire la gente lì radunata: era sopraggiunto il treno.

 

Arrivarono a Vernazza.

Il cielo strabordava di cupi nembi pronti ad inondare la città  da un momento all’altro. 

Di solito folle di turisti e le loro voci tonanti occupavano la città .

Quel giorno, invece, le strade erano deserte e l’unica cosa che si poteva udire era l’opaco cadenzare delle onde del mare vicino.

Quell’atmosfera venne infranta dal singulto fragoroso delle campane.

La messa stava per cominciare.

La chiesa gremiva di gente. 

Quel luogo era diventato il nido del pianto strozzato della gente.

La bara al centro, il coro che intonava la melodia del dolore, la gente coraggiosa che provava a dare a modo suo l’ultimo saluto alla giovane.

Peter non ce la faceva più. Incapace di piangere e di pronunciare qualsiasi parola. Nella sua testa echeggiavano le urla e i “perché?â€.

Non ce la faceva più.

Uscì.

 

Raggiunse la spiaggetta vicina e iniziò a fissare il mare finché i suoi occhi non divennero un tutt’uno con quella immane distesa d’acqua.

Non riusciva a fermare quello scroscio di lacrime. 

Troppe domande lo stavano assalendo e non riusciva a trovare una risposta a nessuna di esse.

Irene non c’era più, non l’avrebbe più rivista.

Si sentiva solo col suo dolore.

<<Ireneee, perché te ne sei andata?! Perché hai voluto lasciarci soli ad affrontare qualcosa di troppo grande per noi?!>> gridò Peter.

In quel momento il mazzo di girasoli che teneva in mano cominciò ad irradiarsi di luce colpito dai raggi del sole che si stavano facendo sempre più spazio tra la coltre di nuvole.

Pian piano quest’ultime si diradarono completamente lasciando il posto ad un caldo sole che scacciò le lacrime dal viso del ragazzo.

Il mare iniziò a tintinnare di sorrisi luminosi.

Peter non si sentiva più solo.

La sua amica era lontana, ma non lo aveva abbandonato. In quel momento lei era lì e lo stava confortando con la vitalità  e l’allegria che la rendevo unica.

Nel calore di ogni raggio vi era un suo sorriso ed abbraccio. 

Lei era la ragazza con gli occhi di sole e sarebbe rimasta tale in eterno.


 


>http://www.swfcabin.com/swf-files/1411215477.swf


 




 


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Nick sul forum : Rubber Strawhat


 


Titolo : Il viaggio che tutti sognano.


 


>https://www.youtube.com/watch?v=Y66j_BUCBMY


 


Ascoltate questa canzone mentre leggete, rende molto bene l'allegria che ho provato in questa storia ! Buona lettura !


 


Elaborato : Era finita la scuola. L'allegria dilagava in città , i bambini all'oratorio, noi ragazzi più grandi a fare gli animatori, il caldo, i ghiaccioli estivi. Una classica estate, nella mia piccola città . O forse no ?


No, decisamente. Perchè per me sarebbe iniziato il viaggio più bello della mia vita. La nonna era stata molto generosa con la mancia per i suoi 3 nipotini, e così il capofamiglia decise :" Ok ragazzi. Quest'anno faremo una sola vacanza. Ma sarà  alle Maldive".


 


E ritorniamo così alla nostra estate. Partenza verso Istanbul, con una grande gioia nel cuore. L'attesa spasmodica di ben quattro ore poteva essere facilmente ignorata dai nostri eroi, che adesso sono in compagnia di altri amici, per un viaggio ancor più bello : F e A, con le loro famiglie a seguito, per una comitiva di undici persone.


Ma ecco che arriva il volo per Malè. Otto lunghe, terribili, interminabili ore insonni. Poi l'arrivo all'aeroporto, dove ci accoglie un uomo bassino (sono tutti un po' sotto la media italiana) che ci porta verso un bel motoscafo. Un motoscafo ? Sì. Altre tre ore di viaggio, stavolta in mare. Poseidone ci ha fatto un bello scherzetto, e ci fa trovare l'Oceano Indiano molto mosso.


Per la gioia di A, che purtroppo ha avuto mal di stomaco e anche il *cosa verdognola disgustosa*.


 


Ma infine arriviamo all'isola : il paradiso non mi era mai sembrato più vicino. L'isola di Thinadoo appariva verde e rigogliosa, con invitanti noci di cocco pendenti dalle palme e due razze a un metro dalla costa che sembravano dirci quanto bello fosse il reef a soli dieci o dodici metri dalla riva. Nel bellissimo villaggio (non un villaggio turistico, un vero villaggio Maldiviano) ci accoglie Mandy, il cuoco dell'isola. E tutti penserete :" Come vuoi che si mangi alle Maldive, il pesce di reef è stopposissimo ". E avreste ragione, se non fosse che il buon Mandy, il nostro angelo custode, avesse vissuto in Italia e sappia cucinare il pesce in modo da farlo piacere persino a un carnivoro incallito come me (sono tornato ingrassato di 2 chili).


 


La stanchezza si faceva sentire, e il TUTTI A NANNA ! di mammà  non ebbe bisogno di repliche. Via, di corsa a letto per smaltire il fuso orario considerevole, in vista di una giornata non poco impegnativa.


Le giornate avevano questa struttura : Sveglia alle 9, colazione, eventuale gita con pranzo, ritorno a Thinadhoo, pesca e cena.


Quel primo bellissimo giorno andammo tutti su un'isoletta senza nome : una lingua di sabbia di poco più di 20x20 metri, con una montagnetta di corallo morto, unico elemento presente sull'isola oltre a sabbia e conchiglie.


La giornata trascorre serena per tutti, e dopo un bel tuffo dal Dhoni, la tipica imbarcazione locale, e un po' di snorkeling, si torna a casa. Io sono tornato sull'isola con un bel souvenir : una scottatura mostruosa sulla schiena, nonostante avessi fatto la doccia nella crema protezione 50. Conseguenza, tutta la vacanza in maglietta, anche in acqua. E vabbeh...


Tornati a casa, Mandy ci fa ingozzare con una cena pantagruelica, e a fatica riusciamo ad arrivare allo pseudo-cinema dell'isola : si giocava il girone dei mondiali con l'Italia. E non vi racconterò delle nostre reazioni altrimenti mi bannano dal forum.


 


Giorno 2 : solita sveglia, decidiamo di restare su Thinadhoo per oggi. Anche la nostra spiaggia è magnifica. Ci rilassiamo con Mandy che ci apre un cocco direttamente in spiaggia a colpi di machete, e la giornata passa tranquilla fino alle 17.


Poi si va a pesca ! Peschiamo alla traina (4 lenze attaccate a delle barchette), e prendiamo 7 o 8 piccoli tonni. A guidarci nell'impresa è un lupo di mare che naviga da oltre 40 anni. Noi lo chiamiamo Capitan Findus. Poi l'ignorare l'abbiocco per tutto il giorno ci fa sprofondare in un sonno profondo appena finita la cena.


 


Giorno 3 : sveglia presto, si va sull'isola di Anbaraa, il reef più bello dell'atollo di Vaavu. Lo snorkeling è straordinario, e il capitano ci fa notare dei magnifici pesci volanti spiccare il volo e planare per metri a fianco del Dhoni. Sull'isola non c'è anima viva, a parte due ragazzi che tengono pulita l'isola per un mese e poi fanno a cambio con altri ragazzi. Il pranzo oggi è molto più abbondante del solito (non che di solito fosse poco, anzi). L'isola era per lo più sabbiosa, e la piccola laguna era molto estesa in lunghezza verso l'oceano. Tornati a casa, lo spettacolare tramonto sul mare ci fa restare ammaliati dinanzi alla bellezza del luogo.


 


Giorno 4 e giorno 5 : relax su Thinadhoo.


Giorno 6 : dopo due giorni su Thinadhoo, ci si sposta a Bodumohoraa, altra isola deserta a mezz'ora di barca di distanza. Un po' deludente il fatto che ci sia molta sporcizia sull'isola, la globalizzazione ha colpito anche questi posti remoti, e fa molto dispiacere. La cosa che ci lascia sorpresi è vedere Shifaque e Asmil, i due ragazzi che ci seguono nelle gite e nelle attività , sparire subito con Mandy e il capitano dietro la boscaglia. Non ci facciamo troppe domande, e ci godiamo l'Oceano per qualche ora. Poi i dispersi riappaiono : stanno montando un gazebo di legno di palma e scavando nella sabbia. Io sono l'unico ad aver capito qual è il loro intento.


Il pranzo ci viene servito all'ombra del gazebo, e il tavolo è ricavato dalla sabbia  su cui corriamo solitamente. L'enorme cernia cucinata sotto la sabbia troneggia maestosa sul tavolo. O meglio, lo ha fatto per 5 minuti, prima di essere spazzolata via dal piatto.


Al ritorno, una sorpresa che tutti attendevamo con ansia : fanno capolino i delfini, che giocano con noi per vari minuti prima di scomparire nel blu del mare.


 


Giorno 7 : relax su Thinadhoo


Giorno 8 : al'unanimità  decidiamo di fare snorkeling nell'isola davanti a noi, anch'essa deserta, che viene chiamata isola dei pescatori, perchè questi ultimi vengono dalle isole vicine dell'atollo sull'isola a pescare, si riposano su essa, e ritornano a casa. La barriera è molto bella, e vediamo qualche bel tipo di pesce particolare, finchè ci si para davanti una scena spaventosa.


Uno dei due ragazzi decide di scendere di un apio di metri per controllare in una piccola cavità  della roccia che di solito ospita qualche specie marina. In quel momento da un'altà  cavità , esce una murena lunga quasi due metri che sta per attaccare il ragazzo, se non chè l'altro nuotando più veloce di Phelps alle Olimpiadi lo sposta e gli evita un morso dolorosissimo e un viaggetto all'ospedale.


Un po' scossi quindi decidiamo di tornare a casa e concludere la giornata.


 


Giorno 9 : l'ultima gita la facciamo a Vashugiri, a più di due ore di barca. Subito vediamo i delfini che ci accompagnano verso l'isola, come un buon auspicio della giornata. L'isola è la più bella vista finora, attrezzata con qualche lettino, un campo da pallavolo su cui abbiamo sfidato i nostri amici Maldiviani (ci hanno massacrato, e sono alti metà  di noi) e un mare meraviglioso. A dispetto della fama di Ambaraa, ritengo Vashugiri il reef più bello : pieno di pesci coloratissimi, da piccoli a enormi.


Poi due incontri inaspettati : nuotando ci imbattiamo in uno squalo di reef di 3 metri ! Incuriositi ci avviciniamo, consci che non sono pericolosi, ma lo squalo scappa spaventato verso il grande blu (ciurmaaaaaaaaaaa ! andiamo tutti all'arrembaggio forzaaaaaaaaaa)


Sono stato sfortunato, e mi sono perso il secondo incontro, quello con una tartaruga marina. C'est la vie... 


Quindi, stanchi ma felici, torniamo verso casa, non senza aver incontrato un'ultima volta i delfini.


 


Giorno 10 : ultimo giorno sull'isola, finalmente il tempo è abbastanza buono per pescare al bollentino ! Una lenza, un'esca e un piombino, e tiriamo su almeno venti pesci tra piccoli e grandi. Il capitano trova anche il modo di prendermi in giro, perchè pesco una piccola murena, evento che a quanto pare è abbastanza inusuale. Tornati a terra, una bella notizia : le uova di tartaruga si sono schiuse, e ci sono cinque piccoli neonati. Mongi, il capo dell'isola, ci spiega che le terranno in una zona di mare recintata per un paio d'anni, dove potranno crescere senza pericoli e avranno così più possibilità  di sopravvivere allo spietato oceano, perchè normalmente, su una covata di 100 uova, solo 2 o 3 diventeranno adulte e avranno altri piccoli.


La cena finale è composta da pasta al granchio, catturato al mattino in spiaggia, e zuppa di pesce maldiviano con salsa di cocco. Con la tristezza nel cuore, il giorno dopo andiamo via dall'isola. Persino una grossa murena si fa vedere sul molo dell'isola per dirci addio.


 


E così, dopo 8 ore di volo per Istanbul, 6 di attesa all'aeroporto e altre 3 per Milano, si torna a casa, con un'esperienza magnifica da raccontare ai propri nipotini, un giorno.


 


Commento personale : che dire, questa è la storia della mia estate più bella, l'ho scritta con il cuore e spero vi sia piaciuta. A presto !


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Titolo: UNA SERATA COL BOTTO



 


Elaborato:


Fu la sveglia del mio cellulare a farmi capire che finalmente era arrivato il giorno tanto atteso.


Mi alzaii dal letto diversamente dalle altre mattine, più euforico, perchè sapevo che era il giorno della festa per la fine dell'estate.


Come ogni mattina andaii a lavarmi i denti, a fare colazione, a prepararmi per la notte che credevo sarebbe stata la più pazza della mia vita, e avevo ragione.


Ero quasi pronto quando sentii Mario al citofono, uscii da casa mia con sulle spalle il mio zaino da mare, pronto per andare in spiaggia, e vidi il sole già  alto nel cielo, sgombro di nubi, nonostante fossero solo le dieci di mattina.


"Questa è proprio la mia giornata" pensai.


Passammo a prendere gli altri, la solita compagnia con cui avevo trascorso l'estate.


Dai due che eravamo si aggiunsero Marco col suo inseparabile tablet, Lorenzo col pallone e Michele col pranzo.


Era l'ultima giornata prima dell'inizio della scuola e non abbiamo fatto altro che parlare della festa sulla spiaggia di un paese vicino a Novi Ligure che si sarebbe tenuta quella sera.


Mentre io, Mario e Lorenzo giocavamo a schiaccia, il must che ogni estate si ripete, Marco e Michele perparavano i panini su uno dei tavoli che c'erano in spiaggia.


Dopo aver mangiato rimanemmo al mare ancora per qualche ora, infine ci dirigemmo verso la festa.


Saranno stata le nove di sera quando ci buttammo nel fiume di gente sulla spiaggia del paese, pronti a divertirci come mai quell'estate avevamo fatto.


Mentre si ballava sotto le luci della festa iniziammo la solita gara, obbligatoria ad ogni party, di chi sarebbe riuscito a rimorchiare di più.


Dopo il solito numero di docce fredde e neanche un'andata in buca ci riunimmo per trovare un posto dove vedere i fuochi d'artificio che sarebbero stati lanciati a mezzanotte.


Alla fine optammo per un parco che era sulla destra della spiaggia abbstanza rialzato in modo da vedere i fuochi alla perfezione, ma per capire meglio serve che vi fornisca una descrizione dello scenario.


La spiaggia era un insenatura naturale attornata da colline (tipico paesaggio ligure) e con dietro il paese dove si svolgeva la festa.


Sulla spiaggia c'erano luci e musica a palla in stile discoteca e i fuochi sarebbero stati sparati da una chiatta sul mare, ben visibile da dove eravamo noi.


Arrivati al parco che era vuoto in quanto abbastanza distante dal centro del paese con quasi due ore d'anticipo sull'inizio degli spari, e non sapendo cosa fare decidemmo di dare fondo ai botti non sparati dall'ultimo capodanno.


Passammo da casa di Lorenzo che era a meno di un chilometro dal parco a prenderli, tornammo al parco e iniziammo a spararli.


La prima sparata che facemmo fu normale, i soliti botti (più precisamente raudi) lanciati via dopo averli accesi, quindi passammo alla guerra di petardi, trovata non molto furba ma a nostra discolpa posso dire che siamo giovani e che non eravamo troppo lucidi quella sera.


La guerra di petardi è un'usanza iniziata al capodanno del 2011 quando durante una battaglia a palle di neve un nostro amico ebbe la brillante idea di lanciare un petardo in una palla per creare il panico nelle linee nemiche (spiegazione sua).


Nascondendoci fra gli alberi ci tiravamo i petardi ma la stessa causa per la quale avevamo iniziato la battaglia (l'essere un po' brilli) ci fece tirare abbastanza male da non prenderci quasi mai, se non con scariche di miniciccioli dall'alto, potenzialmente casiniste ma non pericolose.


Da questa battaglia di petardi ci furono solo due conseguenze:


-La prima è l'esplosione della nike sinistra di Marco che molto intelligentemente pensò di usarla come proiettile dopo averla riempità  con una striscia di petardi a lunga miccia.


-La seconda è sempre un' esplosione, ma di un albero.


Questo era un albero morto che sarebbe stato abbattuto dopo qualche giorno, come recitava il cartello ai suoi piedi, e allora abbiamo ben pensato di infilarci i petardi che erano troppo grossi per poterceli lanciare, come gli zeus.


Dalle cavità  di questo albero, che non era molto grosso, era un ulivo, strabordavano petardi fino a che tutti insieme non li accendemmo e poi corremmo a distanza di sicurezza.


Questi esplosero e pezzi di corteggia volarono da tutte le parti, tanto che uno prese in pieno Michele che stava riprendendo la scena.


Finito il divertimento al parco, dal quale naturalmente scappammo, tornammo sulla spiaggia.


Erano circa le undici e mezza ed eravamo immersi nel bagno di folla quando ci venì l' idea di vedere i fuochi da vicino, in mare.


Prendemmo un canotto di una società  di vela alla quale ero iscritto e "issammo le vele".


Riuscimmo ad avvicinarci molto alla chiatta grazie al buio che era intanto sopraggiunto e quindi iniziarono a sparare i botti senza segnalarci di allontanarci.


I fuochi espodevano nel cielo nero esattamente sopra alle nostre teste, lo scenario era mozzafiato ed il fatto di guardarli sparare da così vicino lo rendeva ancora più magico.


La notte sarebbe finita lì se non fosse che, a quanto pare di botto ferisce, di botto perisce.


Dopo i fuochi a stella iniziarono a sparare botti che provocavano esplosioni di luce sull'acqua.


Nulla da dire, figata pazzesca, fino a che non vedemmo qualcosa di nero con una coda di luce dietro venire proprio addosso a noi.


Si sentirono molte frasi nei tre secondi nei quali quel proiettile pronto ad esplodere stava arrivando, ma un sonoro "oh , -----" ci fece abbassare sotto la ciambella laterale che circonda il canotto.


Il fuoco atterrò a pochi centimetri dalla fiancata e l'esplosione ci fece scivolare di qualche metro sull'acqua fino a che non ci rovesciammo, cosa che avremmo anche potuto prevedere visto che ci raggruppammo dall'altro lato ed eravamo in cinque.


Aggrappandoci alle corde riuscimmo a far girare il gommone e tornammo a bordo.


Nonostante fossimo quasi stati fatti saltare in aria, infreddoliti e bagnati fradici guardammo quegli ultimi fuochi ridendo a più non posso (tanto le mascelle si muovevano comunque) poichè sapevamo che una serata così non l'avremmo mai più passata.


 


Commento personale: Anzitutto voglio premettere che questa storia racconta di una sera accaduta veramente, certo l'ho un po' gonfiata di aggettivi, ma sono tutte cose successe davvero.


Ho cambiato la data perchè non ricordo che festa era (di un santo comunque) con quella di fine estate e se qualcuno di voi ha visto il mio profilo di recente leggendo questa storia saprà  il perchè del mio stato xD.


In ogni caso, voglio approfittare del commento per spiegare alcune parti:


 



  1. visto che è un fatto realmente accaduto ho detto sia che eravamo un po' brilli (ora non mi immaginate completamente ubriaco mentre giro in mutande cantando Viva la vita) sia della gara di rimorchio che magari non sono argomenti adatti ai più piccoli, ho comunque evitato descrizioni di queste parti che sarebbero state censurate dai moderatori xD




  2. il padre di Lorenzo ha un negozio di giochi, da qui si spiega l'origine di tutti quei botti




  3. l'albero non è esploso in mille pezzi stile film, non immaginatevi scene alla james bond si è solo un po' bruciacchiato e sono volati pezzi di corteccia, era comunque un ulivo morto che sarebbe stato abbattuto da lì a poco, siamo stati comunque visti da un anziana con la casa lì, e questa è la causa della mia punizione




  4. la scarpa invece è esplosa proprio e Marco ha continuato la serata con le infradito che aveva nello zaino




  5. Il video che michele stava facendo, nonostante la botta, non si è interrotto




  6. michele invece ha gridato un po', ma anche lui non si è fatto granchè male




  7. Prima di salire sul canotto (che non era rubato, semplicemente preso in prestito, visto che avevo le chiavi essendo iscritto alla società ) lasciammo cellulari, scarpe e portafogli dalla società  (non li portammo certo in acqua) e rimanemmo in maglia e pantaloncini da mare.




  8. Il botto non ci fece quasi niente, tranne una piccola bruciatura nella maglia di Mario




  9. nessuno di noi si prese un malanno a seguito del bagno fuori programma



 


Direi che ho detto tutto, magari della metà  o la totalità  di queste cose non vi interessa, ma ci tenevo a spiegare parti che magari qualcuno poteva non capire o che non sono riuscito a inserire nel racconto.


 


Riguardo al commento vero e proprio a mia detta il racconto non è male (ovvio xD), è abbastanza particolareggiato ma non troppo prolisso, e non ci dovrebbero essere errori grammaticali degni di nota.


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Nick sul forum: Saphira

Titolo: Quella calda notte d'estate

Elaborato:

Il caldo sole estivo era alto nel cielo, la corazza risplendeva dei suoi raggi.

Nonostante gli anni l'armatura era ancora perfetta: sulla schiena il grigio acciaio lucido faceva da sfondo ad un fiammeggiante dragone d'oro, mentre sul petto era incastonata una gemma blu di rara bellezza. L'unica cosa che tradiva la sua età  era una piccola ammaccatura sul fianco destro, cicatrice di antica gloria.

Il guerriero che la portava era comunemente conosciuto come "L'inesistente". Nessuno aveva mai visto il suo volto e si diceva possedesse una forza sovrumana; presto si sparse la voce che fosse lo spirito errante di uno degli appartenenti all'antica "Legione del Drago", un'organizzazione mercenaria che reclutava i più grandi guerrieri delle Terre del Re, accusata di terribili violenze e brutalità  nei confronti dei contadini ai confini. La Legione sparì decenni prima, lasciandosi dietro la rabbia dei cittadini. Tutti credevano che ormai i crudeli mercenari fossero morti, ma due anni prima si iniziò a parlare di un cavaliere che portava il simbolo del Drago sull'armatura. Ciò che insospettiva la gente era il fatto che questo cavaliere appariva solo per fare del bene, scomparendo poi improvvisamente per riapparire settimane dopo in un luogo completamente diverso. Il suo comportamento contraddittorio fece pensare a molti che fosse soltanto un fantasma dentro un'armatura, tornato nelle terre dei mortali per riscattarsi.

Randir, meglio conosciuto come "L'inesistente", si godeva il sole sdraiato sulla soffice erba verde, l'elmo scintillante accanto a lui. Pensava a come da bambino passava le estati intere insieme ai suoi amici, a giocare a fare i guerrieri e a scherzare sulla guerra e sulla morte. Ora era lì, a vent'anni di distanza, guerriero reale, con un'armatura ed una spada, che aveva visto fin troppa gente morire. Quando la Legione si era ritirata nelle terre aldilà  dei confini lui non era ancora nato. Suo nonno, però, gli aveva raccontato molte volte del re bugiardo che aveva accusato la Legione di terribili azioni, costringendoli così a scappare dal regno. Randir era quindi cresciuto accompagnato da un insaziabile desiderio di vendetta. Raggiunte la forza e l'audacia sufficienti, viaggiò fino alle Terre del Re, deciso ad uccidere l'uomo che aveva rovinato la vita della sua famiglia. Sapeva bene che non sarebbe stata un'impresa facile, ma doveva tentare; lo doveva a suo nonno, morto molto lontano da casa per colpa di quel re avido e bugiardo.

Un lontano scalpitio di zoccoli interruppe il flusso dei suoi pensieri. Il suo cavallo era ben legato lontano da lì, non poteva essere scappato. Subito si alzò e si infilò l'elmo. Attese il cavaliere con una mano sulla spada.

Da lontano Sara scorse il bagliore dell'armatura che ormai pensava non sarebbe mai riuscita a raggiungere. Accelerò, sperando che questa fosse la volta buona. Inseguiva il fantomatico soldato del Dragone da non ricordava quanto. Qualche tempo prima aveva sentito le chiacchiere che giravano fra i cittadini del regno sui suoi spostamenti e si era accorta che L'inesistente si dirigeva al palazzo del re. Lo aveva seguito da allora, senza però alcun risultato. Sua zia era stata una grande amica dei guerrieri della Legione e lei sapeva che erano stati accusati ingiustamente: i soldati del re saccheggiavano i villaggi dando la colpa alla Legione del Dragone. Ora Sara avrebbe aiutato il guerriero a vendicarsi.

Randir aveva ormai sguainato la spada, pronto a battersi col misterioso cavaliere. Quando fu abbastanza vicino riuscì a vederlo meglio: era una donna, una giovane donna dai lunghi capelli color del tramonto che le svolazzavano attorno al viso. Era disarmata. Rinfoderò la spada e attese che si avvicinasse.

La ragazza fermò il suo cavallo a due metri da lui e lo squadrò per qualche secondo prima di smontare.

"Posso esserti utile?" Randir parlò dal fondo dell'armatura.

"Non somigli molto ai fantasmi delle storie" Sara azzardò un sorriso scherzoso.

"E che ne sai tu di fantasmi?"

"A quanto pare più di te!" Scoppiò in un'allegra risata.

"Un vero fantasma sarebbe scomparso in una nuvola di fumo probabilmente! Ah ah! Di sicuro non mi avrebbe chiesto se avessi bisogno di qualcosa!"

Randir arrossì e sorrise da dietro l'elmo.

"Comunque, non sono qui a caccia di spiritelli" Continuava a sorridere.

"Ho sentito che sei della Legione del Dragone…"

"Non ti interessa."

Alla solare ragazza di poco prima si sostituì una Sara seccata e pronta ad urlare contro il guerriero se necessario.

"Ed invece mi interessa! Voglio aiutarti."

"Senti, io non…"

"Sentimi tu! Lo so che vuoi andare dal re ed io so come arrivarci."

Quest'affermazione incuriosì parecchio Randir. Non aveva idea di come sarebbe riuscito ad entrare nel palazzo reale e se lei sapeva davvero come superare le guardie… no, poteva essere una spia. Magari era stato il re stesso a mandarla per portarlo in una trappola.

"Ti rendi conto che non so chi sei e che non posso fidarmi?"

"Sì." Il suo viso si fece serio.

"Ma dovrai farlo, sono l'unica che può farti entrare nelle stanze del re."

"E come pensi di fare?"

"Lavoro per lui. Sono una delle cameriere che puliscono i corridoi del castello. Sono riuscita ad avere il posto sullo stesso piano della stanza da letto, quindi ti posso portare fino a lì."

"Ovviamente superando le guardie fuori dal cancello e tutte quelle successive senza che mi riconoscano!" Randir era parecchio scettico.

"Beh, per quello basterà  che non ti vedano. Io posso… nasconderti"

La ragazza abbassò lo sguardo e compì un leggero movimento della mano: improvvisamente sparì.

Il cavallo di Sara si impennò e nitrì, spaventato. Il guerriero era sorpreso e sconvolto allo stesso tempo. Senza pensarci sguainò la spada e si allontanò di qualche passo dal punto in cui un attimo prima si trovava la ragazza.

Lentamente riapparvero i piedi di Sara, poi le gambe, il busto ed infine la testa. Aveva un sorriso soddisfatto stampato in volto.

"Avrei voluto vedere la tua faccia! Sarà  stata spettacolare!" Scoppiò a ridere una seconda volta.

Randir per un momento non si mosse. Poi sospirò.

"Avevo sentito parlare di magia e stregoneria, ma non avevo mai visto niente del genere" Riassicurò la spada al fianco e si avvicino alla ragazza.

"Sorprendente, eh? Mi alleno da un sacco per riuscirci. Comunque, io sono Sara, piacere di conoscerti!" Gli tese una sottile mano bianca. Il guerriero la prese e la strinse nella sua.

"Io sono Randir" si tolse l'elmo e le sorrise: aveva un volto severo e gentile allo stesso tempo, incorniciato da degli arruffati capelli biondo platino. I suoi occhi scuri incontrarono quelli verdi di Sara.

"No, decisamente non sei un fantasma!"

Due giorni dopo cavalcavano insieme verso il castello del re. Sarebbero arrivati a destinazione a breve. Sara non era mai stata così nervosa: le mani le tremavano mentre stringeva le redini del suo cavallo. Randir, accanto a lei, ragionava sul motivo per cui si stava fidando di quella ragazza.

"Senti, ma che ci guadagni a portarmi dal re?"

Quella domanda colse Sara alla sprovvista, ma avrebbe dovuto aspettarselo.

"Mia zia era amica dei cavalieri della tua Legione, quindi lo faccio principalmente per lei. Però guardandomi intorno vedo i segni tutta la disperazione lasciata dai soldati del re; hanno rubato, ucciso, distrutto famiglie e interi villaggi. Diciamo che qualcuno deve cambiare le cose e dare una lezione a quel pomposo di un sovrano."

"Mi piace come la pensi. Gliela faremo pagare!"

All'orizzonte spuntarono due torri di guardia: ormai erano arrivati.

Grazie all'incantesimo di Sara nessuno poteva vedere Randir, ma lui non si sentiva comunque sicuro a gironzolare per il castello. Dopo l'ennesimo corridoio ricoperto di seta rossa finalmente raggiunsero la stanza da letto del re. Alla porta c'erano due guardie, immobili; sembravano in tutto e per tutto delle statue. Come avevano pianificato in precedenza, Sara distrasse i due: si fece coraggio e passò loro davanti con un vassoio pieno di tazze, inciampando in uno dei tappeti rossi e dorati.

"Signorina, tutto bene?"

"Oh, maledizione! Che disastro! Ed ora come faccio?" Si mise a raccogliere freneticamente i pezzi di porcellana sparsi per terra. Le guardie si chinarono a darle una mano. Randir aveva la strada libera ora. Passò silenziosamente dietro ai tre, il sudore gli imperlava la fronte. Sfilò non visto le chiavi della porta dalla cinta di una delle guardie e lentamente le infilò nella serratura e aprì. Il leggero "click" prodotto dalla porta gli sembrò un frastuono. Ancora invisibile scivolò attraverso l'entrata e la sigillò dietro di sé. Tirò un sospiro di sollievo: ormai era dentro, era quasi fatta.

Il sole era già  tramontato ed il re doveva essere ormai andato a letto. Randir si avvicinò al grande materasso e sguainò la spada: con un abile gesto attaccò il sovrano, un taglio netto alla gola. Il colore acceso del sangue impregnava le coperte ed i cuscini. Il re era morto.

Nessuno venne mai a sapere chi era riuscito ad entrare nel castello senza essere visto. Quella notte tutto cambiò: quella calda notte d'estate segnò una svolta nella vita di tutti.

Scusate se ho postato solo ora, ma tra compiti e sport non ho avuto molto tempo libero in questi giorni ^^' Spero di non essermi allontanata dalla traccia e… che dire? Spero vi sia piaciuto ;)

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Nick sul Forum: Lana Del Rey (EX Luxray)

Titolo: i Vigneti
Eleborato: Era un caldo giorno d'estate , il sole mi surriscaldava tutto il corpo , una piacevole sensazione mi correva sulla schiena e io restavo lì inerte sul terreno , tra i vigneti di mio nonno .. quanti ricordi e quanti giorni ho passato qui ..  , lontano dalla tecnologia , lontano dal così chiamato WIFI o almeno credo visto che non so cosa siano i modem o quant'altro , so solo che in questo momento il sangue ribolliva sulla mia fronte , non so cosa sia stato ,  non so come stia facendo a pensare in questo momento visto il sangue e il dolore lancinante che sto provando in questo momento , mi dispiace solo di come (non) ho salutato mio nonno l'ultima volta che lo visto , sapete una cosa ? ogni volta anche se dovete andare a buttare la spazzatura salutate sempre la vostra famiglia , ditegli un "vi voglio bene" basta che salutate . . .

**

"Cavolo un altro incubo , in questi ultimi giorni la mia mente è pensierosa , mi sento oppresso , strano . . . ora è meglio che mi alzo , prima che faccia tardi anche oggi a scuola . . . " mi alzai e finito tutto corsi dritto a scuola , se così si può chiamare una baracca urbana , siamo solo 10 in tutta la 'scuola' e quindi ovviamente conosco tutti , anna , michele , rita , federica , ariana , selena , alessandro , giorgio , biagio e luca (me) , la giornata pare interminabile ogni giorno , 5 ore e poi dritto ad aiutare mio nonno ai vigneti e la sera mi concede un'oretta per stare con i miei amici anche se alcuni non li posso proprio vedere ma conosco solo loro anzi sono solo loro i miei coetanei qui a Selcepoli .

Di sicuro starete pensando che anno è visto che non c'è civiltà  qui , bene credo che sia il XXI l'anno di preciso non lo abbiamo ancora studiato sempre se studiare vuol dire imparare ad allevare le galline e i buoi , cose che a me non importano visto che curo un vigneto e non una stalla .

Ora vi racconto alcune mie cose personali visto che vi ho parlato solo di altri , mia madre è morta quando avevo circa 7 anni e mio padre mi dispreggiava e un giorno mi ha lasciato dietro la porta della casa di mio nonno , qui in piena campagna . Sono maschio e l'unica musica che conosco è quella del gallo detto questo ho detto tutto  . Ora possiamo iniziare la storia della mia vita . . .

 

**

 

"NONNO AIUTOO !!!!"

Mio nonno si catapultò dritto nella mia stall.. volevo dire camera e mi soccorse , un altro dei miei incubi e questa volta son finito dritto sulla paglia per terra .

"DEVI STARE ATTENTO E BASTA CON QUESTI INCUBI , SONO STUFO , CAVOLO AI 16 ANNI , FORZA SU OGGI NON SI VA A SCUOLA"

"Perchè ?"

"MI DEVI AIUTARE AI VIGNETI"

Di solito mio nonno era cordiale , gentile e soprattutto CALMO , ma oggi era strano , sembrava particolarmente arrabbiato , non ne so il motivo , bho ...

"NONNO ! Oggi c'è la verifica non posso mancare !"

"OGGI NIENTE SCUOLA ! HAI CAPITO !!!!!!?????"

"okay . . ."

Dietro alla porta c'era già  anna che aspettava me per andare insieme a scuola , uscii in pigiama per dirle che non andavo a scuola e rientrai subito dentro prima che mio nonno inizi a sbraitare di nuovo .

 

**

 

Credo che erano le XII e vidi anna che correva verso di me con un'espressione agitata .

"LUCA !!"

"abbassa la voce sshh dimmi"

"si è presentata una donna a scuola che cercava te , ora sta arrivando qui"

"okay vado subito ad avvisare mio nonno , graziee "
"prego"

Mi sorrise e se ne andò , entrai subito in casa e avvisai mio nonno , non so perchè ma rivoltò il tavolo a terra e si prestò a chiudere tutte le porte .

Spiai dalla finestra e vidi una donna avvicinarsi verso di noi , mio nonno era arrabbiato ma sembrava anche molto agitato , lei bussò ma mio nonno non la voleva aprire la porta , ad un certo punto la vidi avvicinarsi verso di me , mi aveva visto , io spaventato caddi a terra , lui aprì la porta e nero dalla rabbia uscì fuori dalla donna .

 

**

 

"NONNO ! Perchè non mi avevi detto che oggi doveva venirmi a prendere la zia !"

E bene sì , quella donna era mia zia

"SEMPLICEMENTE NON VOLEVO! Ti vuole portare via con lei in città  ! Ad Austropoli !"

"ERA ORA ! VIENI ANCHE TU ! ANDIAMOCENE DA QUESTO PURGATORIO !"
Sembrava aver sfogato la sua rabbia ma ad un certo punto si alzò e mi disse

"vattene , non voglio vederti mai più !"

Io arrabbiato presi le poche cose che avevo e andai via con mia zia , ma lei si fermò davanti alla scuola , entrò e subito dopo uscì con alessandro , la persone che più odiavo .

Mi disse

"Ti presento il tuo amico di viaggio"

e sorrise

"C-COSA ?!? MA SE NEMMEN.."

alessandro mi tappò la bocca e mi disse

"amicone anch'io ti voglio bene"

lo guardai ma stetti zitto visto le occhiate che mi lanciava . Usciti dal paese mia zia ci fece entrare in una scatola , com'è che si chiama ? Ah sì , macchina ! Il viaggio durò 5 ore in cui io ovviamente mi addormentai .

 

**

 

"siamo arrivati !"

Disse mia zia sorridendo .

Appena uscii dalla macchina vidi enormi colonne , credo che si chiamino grattacieli o palazzi .

Alessandro sorrise , credo che quella fu la prima volta che vidi un suo sorriso , un sorriso vero e pieno di gioia .

Zia ci accompagnò nella nostra nuova casa , era enorme anche se io dovevo condividere la mia stanza con alessandro .

Sul comodino vidi una scatolina con su sopra una mela , mia zia mi abbracciò da dietro e mi spiegò cosa era quello , bhe quello era il mio nuovo telefono , la marca era apple mentre ad alessandro era samsung , dentro c'erano due fili che credevo servissero per giocare col telefono , invece eranno delle cuffie . . .

 

**

 

"BUON APPETITO" disse mia zia presentando a tavola un piatto con del pesce , roba che sulla tavola di mio nonno non avevo mai visto.

Appena ci sedemmo mia zia disse

"Spero che vi divertiate tu e alessandro , lui mi ha detto che eravate migliori amici e quindi ho portato lui con te"

Ora capivo perchè in macchina mi tappò la bocca , per non farmi parlare e dire a mia zia che lo odiavo . . . del resto anche lui voleva scappare dalla campagna

 

**

 

Son passate ben 2 settimane , la zia ci ha portato a fare spese e ci ha iscritti ad una scuola facoltosa che è iniziata già  qualche giorno fa , ho scoperto cosa è la musica ed ora ho sempre i due fili nelle orecchie , la mia cantante preferita è ariana grande , cavolo quanto è bella  , quando ascolto la musica entro in un altro mondo ,un mondo bellissimo nel quale 'tutti' mi 'capiscono' , tra un po' esco con alessandro per farci un giretto.

 

**

 

"Bhe come hai reagito quando hai saputo che dovevi passare il resto della tua vita qui ad austropoli con me " disse alessandro , giuro , lo stavo per menare , di sicuro avrei preferito la compagnia di biagio se solo mia zia me lo avesse chiesto .

La serata continuava normalmente fino al momento che ad ale li venne una stupida idea , quella di entrare in una discoteca , uno strano affolato e incasinato posto . La musica spaccava i timpani e lui inziò a seguire il movimento delle altre persone , anch'io mi lasciai andare ma ricevevo gomitate da destra e sinistra , decisi di andare in bagno ma ovviamente uno mi tirò un pugno . . .

 

**

 

Mi alzai in una stanza verde , accanto a me sedeva un vecchio con delle pinze ed un dente

"Luca non preoccuparti , sta calmo , è solo il dentista"

In campagna per noi il dentista era uno che veniva con delle pinze enormi e ci tolgieva i denti a crudo , ma questa volta non avevo dolore e nella mia bocca c'era anche un dente in più .

Il vecchietto mi diede un ultima controllatina e mi fece alzare dalla comodissima sedia.

Appena usciti dal palazzo andammo direttamente a casa dove io spiegai a mia  zia cos'era successo .

Arrivo una lettera da anna :

"caro luca , tuo nonno sta male , ti prego di venire qui perchè forse non resterà  più qui con noi .

-anna"

Mia zia prese le chiavi della macchina e in quattro e quattr'otto la macchina era già  in moto , anche alessandro venne con noi.

Appena arrivammo corsi verso casa di mio nonno , verso la mia vera casa .

Appena entrai trovai anna che , insieme ad altre donne del paese , assisteva mio nonno , chiesi loro di lasciare me e nonno da soli per qualche minuto , mio nonno non era MAI stato volgare o arrabbiato con me salvo alcune volte ma in quel momento mi disse queste esatte parole "TE NE SEI ANDATO VIA ; MI HAI LASCIATO SOLO ED NON HAI VISSUTO CON ME I MIEI ULTIMI GIORNI, TI HO CRESCIUTO PER TANTISSIMO TEMPO , TI HO DONATO I MIEI ULTIMI ANNI DI VITA ED ORA PER COLPA TUA MI SONO AMMALATO , DISGRAZIATO CHE NON SEI ALTRO "

Dalla rabbia sinceramente lo mandai a quel paese e uscii di corsa , non credevo che un nonno potesse dire cose del genere , anche io a lui ho dato i miei migliori anni per aiutarlo ai vigneti e poi lui non lo sapeva ma aveva una rara malattia che non voleva accettare e dava per nulla .. percorsi tutti i vigneti . . .

 

**

 

 

è un caldo giorno d'estate , il sole mi surriscalda tutto il corpo , una piacevole sensazione mi corre sulla schiena e io resto lì inerte sul terreno , tra i vigneti di mio nonno .. quanti ricordi e quanti giorni ho passato qui ..   lontano dalla tecnologia , lontano dal così chiamato WIFI o almeno credo visto che non so cosa siano i modem o quant'altro , so solo che in questo momento il sangue ribolliva sulla mia fronte , non so cosa sia stato ,  non so come stia facendo a pensare in questo momento visto il sangue e il dolore lancinante che sto provando in questo momento , mi dispiace solo di come (non) ho salutato mio nonno l'ultima volta che lo visto , sapete una cosa ? ogni volta anche se dovete andare a buttare la spazzatura salutate sempre la vostra famiglia , ditegli un "vi voglio bene" basta che salutate . . . ora tra gli alber in frutto nessuno noterà  di me , quindi credo che sia arrivata la mia ora . . . addio mondo . . .

 

Commento personale: fa schifo lol inizialmente mi ero ispirato ai due uomini gay del video di break free di ariana e quindi volevo far baciare alessandro e luca nella discoteca ma alla fine come ogni mia storia finisce tragicamente , scusa se sta qualche lettera sballata e spero di aver consumato bene 3 ore della mia vita lol tanti saluti :D

-Antonio

 

PS.tutti i personaggi sono inventati a parte alessandro perchè realmente lo odio a quel ***********

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Modifico solo per mettere il modulo ^^


 


*Black Feather*


NoelFurokawa


 


Giappone Nordoccidentale, 14 maggio 2020


 


– Obiettivo avvistato! Mi dirigo verso il soggetto! – La ragazza indossava un tubino celeste con motivi floreali, in puro stile giapponese. I lunghi capelli neri erano raccolti in uno chignon e i tacchi a spillo la slanciavano. Il primo ministro giapponese era seduto a un tavolo rosso. Il locale era ghermito di persone. La scorta era lì. I due energumeni sovrastavano la folla.


– Buonasera, desidera compagnia? – disse con voce suadente la ragazza attirando l’attenzione del primo ministro, il quale fece segno alle guardie del corpo di stare tranquille.


– Non aspettavo di meglio! – disse versando dello champagne in due bicchieri di cristallo. L’aroma frizzante del liquido si diffuse intorno ai due soggetti. – Noel Furokawa! – disse la donna porgendo la mano all’uomo, il quale la baciò con desiderio.


– Il suo cognome è giapponese, ma il suo aspetto no, come mai? – Chiese curioso il ministro mentre Noel, con una risatina, deviava l’argomento. – Non parliamo di me, ma del servizio, magari in camera e senza questi due scimmioni! – Il ministro annuì e fece segno a Noel di seguirlo. – Questo locale è delizioso! Il soffitto è divino! Il dragone sembra essere uscito da lì! – La voce della ragazza oltre ad essere ascoltata dal ministro era anche avvertita al quartier generale del Black Feather. Quest’organo governativo americano agiva in segreto. Superiore persino alla legge e invisibile ai civili, il Black Feather aveva come obiettivo distruggere i principali traffici illegali del mondo, ma di tanto in tanto si occupava anche di colpi di stato e di rapimenti.


– Non ho ancora capito perché lei è l’unica ad avere un auricolare, insomma le sue colleghe non ne hanno … – Noel aveva previsto una simile osservazione e quindi aveva pronta una spiegazione – Quando si hanno dei clienti importanti come voi siamo dotate di auricolari, in modo tale da essere il più sicuro possibile! – Dopo diversi minuti i due raggiunsero la camera e una volta entrati le porte si chiusero automaticamente.


– Amo le porte giapponesi! – disse Noel aggiungendo – Tanto quanto gli uomini stupidi! – Il primo ministro non ebbe nemmeno il tempo di reagire. La ragazza sferrò un calcio, colpendo l’uomo al fianco e facendolo inginocchiare, infine gliene assestò un altro sotto il mento. Il primo ministro svenne.


 


– Buongiorno! Ministro Kawasurai! E benvenuto al Black Feather! ­– Noel era in piedi di fronte al ministro, il quale, era legato. Nella calda sera d’estate il solo suono era prodotto dalle urla dell’uomo che era percosso.


– M’interessa sapere quanti traffici intraprende con la mafia locale! – disse Noel; il suo sguardo era feroce e la sua bellezza glaciale.


– Te lo puoi scordare! – il primo ministro non intendeva cedere.


– Non mi lascia altra scelta … – Noel impugnò la pistola. Il foro dell’arma era di fronte all’uomo, lo sguardo era fisso su quel piccolo buco nero.


– Tre … Due … Uno … – Mentre il dito della ragazza stava per premere il grilletto, l’uomo urlò!


– Ne ho cinque! I nomi sono: Johnny McKnee, Alexander Windslot, Mark O’Grady, Will Scandery e Katie Wilson –


– Troppo tardi! – Il suono dello sparo riempì la stanza, il proiettile centrò la fronte del primo ministro.


– Sayonara Kawasurai-sama – Noel pronunciò queste parole e usci dalla stanza.


Il suo obiettivo ora era trovare le cinque persone citate dal ministro.


 


*Andateci piano, non ho avuto abbastanza tempo T.T*


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