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Same Day, Same Time


Kazuma

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Stesso discorso dell'altra.

 

Spoiler

Un dolce tepore lo avvolse improvvisamente, accompagnato dal classico rumore del vapore che fuoriesce da una pentola sul fuoco. La sua mente già vagava su cosa avrebbe trovato sotto il coperchio in acciaio. Sugo di carne? Zuppa? ARROSTO!?
«Togliti di mezzo Gamba di Plastica, veloce che devo aprire!» urlò una voce sgarbata facendo crollare tutte le illusioni di cui era facilmente caduto vittima Robby.  Illusioni che riuscivano sempre a prendersi gioco di lui, o forse era lui stesso che permetteva loro di farlo.
Sì alzò velocemente in piedi ricollegando per l’ennesima volta le solite sensazioni false al reale: il tepore causato dall’acqua calda gettatagli addosso per svegliarlo e il vapore generato dal contatto tra l’acqua e il manto innevato che ricopriva il terreno lo avevano illuso ancora una volta.
Dopotutto era il 22 Dicembre e Londra, come di consuetudine, era totalmente bianca e altrettanto addobbata in ogni suo angolo per via delle feste.
«Dai Frank, non è cortese inzupparmi ogni volta, sai che non ho molti vestiti da poter usare» disse Robby con una calma allarmante, come se i 6 gradi uniti al suo essere completamente bagnato non lo toccassero minimamente. Infine, non ricevendo alcuna risposta da parte del suo interlocutore che intanto era indaffarato con la saracinesca del negozio, cominciò a raccogliere le poche cose di sua proprietà sparse per terra, tra cui un piccolo cuscino scucito sulla parte superiore, un cappello dei New York Yankees e un plaid che in qualche modo doveva placare il gelo che avvolgeva la città di Londra in quel periodo dell’anno.
Dopo aver raccolto tutto sotto braccio disse «Forza Sam, andiamo» e l’amico lo raggiunse affrettando per qualche secondo il passo.
«Questo è proprio matto» fu l’ultima cosa che sentì prima di svoltare a sinistra all’angolo.
 
Robby in quella zona era etichettato come “Gamba di Plastica”, anche se a conoscerlo erano esclusivamente i commercianti che ogni mattina dovevano cacciarlo dalla porta dei loro negozi dov’era solito addormentarsi.
Erano circa le 6 del mattino, aveva da qualche ora smesso di nevicare e le nuvole stavano finalmente lasciando un po’ di spazio al sole per brillare. Mentre le strade di Londra erano già affollate da file di macchine dirette a lavoro, i marciapiedi erano altrettanto pieni di persone circondate da piccole nuvolette di vapore che fuoriuscivano ad ogni respiro. Quella mattina si gelava più del solito, Robby e Sam probabilmente lo sentivano più di tutti. Non che fossero gli unici senzatetto della zona, ma l’essere ancora inzuppati dalla testa ai piedi, come quasi ogni mattina, peggiorava sicuramente la situazione.
Come di consueto, quindi, si recavano presso il bar “Food & Drink” il cui bagno era l’unico della zona ad avere asciugatori per le mani funzionanti. L’insegna esterna illuminata solo sulla “D” ed una porta d’ingresso anonima portavano al locale pochissimi clienti, facendo in modo che Robby e Sam non ricevessero visite quando, tutte le mattine, rimaneva nel bagno ad asciugarsi per un’ora piena. Non che i due proprietari non sentissero il rumore degli asciugatori perennemente attivi, ma erano troppo indaffarati a bere gli alcolici da vendere a clienti inesistenti per avere il tempo di porvi rimedio.
Oggi la routine sarebbe stata un po’ diversa però, questa volta Robby aveva altro da asciugare oltre che i vestiti: il suo viso. Davanti allo specchio del bagno, con il capo chino, le lacrime cominciarono a percorrere le sue guance rosse. Poco dopo le sue labbra si muovevano tra sussurri che non poteva essere uditi da nessuno, né lo erano mai stati, ma che nella sua mente erano chiari come non mai.
Non me la sento di interrompere il tuo silenzio. Mi unisco al tuo dolore in un caloroso abbraccio.
Sentita in un libro di cui non ricordava più nemmeno il nome, fu l’unica cosa che, l’anno prima, gli venne in mente mentre  l’unico amico che Robby avesse mai avuto fino a quel momento moriva congelato davanti ai suoi occhi. Eddie, “il pastore tedesco più docile del mondo” come lo definiva lui, gli era accanto fin da quando era bambino e lo aveva accompagnato nella sua sfortunata e imprevedibile vita.
Era ormai vecchio, lo si capiva anche da come si trascinava in giro insieme a Robby, sempre stanco e senza energie. Una mattina più fredda del solito, con la temperatura che toccò i 2 gradi centigradi, e il suo stato fisico gli furono fatali. L’unica cosa che fece per il suo fedele amico derivava da quella frase così tanto profonda e altrettanto sconosciuta divenuta solo un ricordo di chissà quale tempo ma che gli balzò in testa al momento opportuno. Tra le lacrime e la tristezza non disse una parola, non una soltanto, ma abbracciò Eddie fino all’ultimo istante, o forse anche qualcuno in più. Poco dopo il Big Ben risuonò più forte che mai.
Fu quello stesso giorno, qualche ora più tardi, che vagando verso una meta indefinita incontrò la persona che oggi lo fa sentire meno solo. L’unico che sia riuscito a farlo andare avanti nonostante i grossi blocchi che gli si son messi davanti uno dopo l’altro. Per distruggerlo, forse per farlo diventare l’uomo che è oggi, o magari entrambi, nessuno dei due esclude l’altro dopotutto.
Trovato un luogo sconosciuto che non rievocasse vecchi ricordi si lasciò letteralmente cadere a terra, cadendo in un sonno profondo. Suoni e ricordi vaghi, ma una sola certezza: al risveglio, seduto lì vicino contro un muretto di marmo c’era uno sconosciuto di nome Sam avvolto in un impermeabile trasparente. Non è mai stato un uomo di molte parole, non era nemmeno molto divertente in verità, eppure da allora andarono in giro insieme senza nemmeno una ragione precisa, seguendosi l’un l’altro.
Dopo la scomparsa di Eddie l’unico ponte di collegamento col suo passato era rappresentato dalla protesi alla gamba destra, che portava le ferite e la tristezza di essere l’unico superstite di una famiglia distrutta in qualche minuto da un camionista disattento. Il suo essere ancora così piccolo, 14 anni, e non avere più nessuno su cui contare, se non il suo fidato cane, non gli impedirono comunque di continuare a vivere per strada tra elemosine e qualche pezzo di pane o una mela rubati qua e là a rivenditori distratti. Questi ricordi bruciavano ancora dentro di lui, lo ferivano ogni qualvolta gli tornassero in mente, e non riusciva ad impedirlo. Non quando, soprattutto, ricorreva il primo anniversario dalla morte di Eddie.
 
Si sciacquò velocemente il viso con dell’acqua fredda e seguirono due schiaffetti con entrambe le mani, doveva riuscire a pensare ad altro, anche se per poco. Missione ardua, ma il guardare Sam alle prese con l’asciugatore che si spegneva mentre lui passava le mani dal bottone per attivarlo al tubo per riscaldarsi riusciva a distrarlo.
«Te l’ho detto venti volte Sam, devi premere la prima volta, aspettare qualche secondo e premerlo di nuovo, altrimenti si spegne subito» disse Robby ridacchiando. In fondo quell’amico trovato così casualmente era stato un vero e proprio dono.
Passata la solita ora ad asciugarsi i due erano finalmente pronti ad iniziare la classica routine. Il tempo passato in bagno non era ovviamente compreso, quello era solo un modo per cominciare bene la giornata. Si avviarono quindi verso l’uscita del bar passando di soppiatto davanti al bancone dietro il quale era in corso un torneo di poker.
Il gelo pungente li colse alla sprovvista facendoli bloccare improvvisamente sulla soglia. La neve aveva ripreso a cadere e le strade si erano riempiti di ombrelli che andavano a spasso vantandosi dei loro colori sgargianti in un periodo dell’anno così grigio e cupo. Le macchine parcheggiate ricoperte di bianco ornavano entrambi i lati della strada diventata ormai un tappeto soffice ed altrettanto impervio.
Robby scese lo scalino del bar che dava sul marciapiede rabbrividendo per l’ennesima volta. Le scarpe rovinate erano sprofondate nella neve facendo inzuppare le calze di acqua, gelata stavolta. Sospirò e finalmente si mise in marcia, la prima destinazione della giornata sarebbe stata sottoterra.
“London Underground”, la più antica rete metropolitana del mondo nonché il principale mezzo di trasporto dei Londinesi. Le scale del tunnel d’ingresso, accanto al quale si ergeva la caratteristica segnaletica rossa e blu, erano ricoperte da un consistente strato di ghiaccio che prima o poi avrebbe fatto male a qualcuno se ogni tanto un inserviente non fosse passato per scioglierlo con del sale, cosa che stava accadendo in quel preciso momento. Passato qualche minuto Robby poté quindi percorrere le scale e arrivare in un grosso corridoio centrale che si divideva a sua volta in altri due. Sulla sinistra una macchinetta per i biglietti piuttosto usurata faceva da unico ornamento ad un ambiente piuttosto spoglio. Robby vi si avvicinò guardandosi intorno con circospezione, poi la scosse quel tanto che bastava per farle produrre uno strano suono, infine un colpetto sul lato destro ed un biglietto cadde nel buco in basso. Preso velocemente e messo in tasca anche con più rapidità si apprestò a fare la stessa cosa per la seconda volta.
«Nessuno conosce questa macchinetta meglio di me, eh Sam?» disse Robby sogghignando, poi porse il biglietto all’amico che non riuscì ad afferrarlo e cadde per terra, ondeggiando in aria e spostandosi un po’ verso destra per via della corrente d’aria.
«Che c’è, hai le mani fredde? Vabbè, per questa volta te lo porto io, ma è l’ultima!» concluse girandosi e procedendo verso il corridoio di destra. Non era la prima volta che capitava, purtroppo Sam non era proprio forte fisicamente e queste temperature così basse non le reggeva.
Procedettero lungo la serpentina facendosi spazio tra la gente che man mano aumentava. Nessuno li notava, nessuno che li guardasse anche solo per un secondo o che chiedesse scusa per averli urtati: erano fantasmi in mezzo a centinaia di persone anonime. Fantasmi senza riposo, senza luogo in cui tornare e che vagano alla ricerca di un qualcosa di indefinito che probabilmente nemmeno troveranno mai.
I sei tornelli disposti l’uno accanto all’altro ingoiavano e sputavano biglietti talmente velocemente da non dare quasi il tempo alle persone di prendere il proprio in mano prima che arrivasse il loro turno. Robby prese velocemente i biglietti dalla tasca e ne porse uno a Sam che si era messo in fila nel tornello accanto. Anche questa volta non riuscì a prenderlo e cadde sotto i piedi della folla noncurante. Sam quindi indietreggiò di qualche passo, prese la rincorsa e saltò velocemente superando il tornello e rifugiandosi immediatamente a sinistra dietro il muro.
«Ma che ca-!» urlò Robby precipitandosi ad inserire il suo biglietto e superare il tornello. Infine si voltò a sinistra e appoggiato al muro, come se nulla fosse, l’amico rideva divertito.
«Senti Sam, devi smetterla di fare così, qualche volta finirà male, ne sono sicuro!» lo sgridò nonostante, e lo sapeva, non sarebbe cambiato proprio nulla. Quindi sbuffò e si girò a fissare il tunnel da cui sarebbe arrivata la metro.
Covent Garden era un ottimo posto in cui fare elemosina, non che Londra non fosse piena di turisti in ogni angolo, ma dopo numerose prove in vari luoghi era risultato che lì le persone lasciassero qualcosa più spesso rispetto ad ogni altro posto. “Lì alla gente si narcotizza il cervello” piaceva dire a Robby di tanto in tanto.
Come da tradizione i minuti di attesa erano spesi facendo diverse scommesse sulla qualunque: quanti secondi dopo la fermata la metro sarebbe ripartita, il numero delle persone alzate al suo interno e tutta una serie di cose simili.
Era qui che, tra le risate dei due, le persone cominciavano a fissarli e sussurrare tra loro. Sussurri che in realtà non lo erano affatto, ma che comunque non dicevano nulla di nuovo. A quanto pare la parola preferita era “pazzo” che veniva pronunciata con una frequenza allarmante. Ormai comunque ci avevano fatto l’abitudine e riuscivano persino a non accorgersene.
Quello però non era un giorno normale, non lo era affatto.
Robby sentì improvvisamente tirare la parte inferiore della maglia che lo face girare di scatto pronto a sbraitare. Inizialmente non vide nessuno, poi all’ennesima tirata di maglia abbassò gli occhi e la vide. Una bambina con due trecce che terminavano in due codini rossi lo fissava curiosa. Robby si guardò un po’ in giro per vedere se qualcuno la stesse cercando, senza risultato. Così rivolse di nuovo lo sguardo alla bambina che continuava a scrutarlo e che finalmente aveva ottenuto la sua attenzione.
«Scusa signore» esordì con una voce squillante.
«Ti sei persa?» disse Robby chinandosi sulle ginocchia. La bambina scosse la testa.
«E allora cosa c’è?» continuò lui.
«Con chi parli?» rispose spostando lo sguardo alle sue spalle.
«Lui è un mio amico, Sam » disse scuotendo la testa verso l’amico.
«Ma…»
«Ma…?» Robby non riusciva a spiegarsi il motivo di questa domanda e continuava a fissarla.
«Ma lì non c’è nessuno» concluse la bambina.
 
Il rumore della metropolitana sul binario opposto che sopraggiungeva coprì tutto. Il chiacchiericcio, i rumori, i silenzi, i pensieri. Le rotaie vibravano e la corrente d’aria che arrivò con la metro mosse i capelli di Robby che era rimasto lì, in ginocchio, incapace di muoversi, di parlare, di riflettere.
Era solo una bambina, sicuramente stava scherzando o probabilmente non aveva guardato bene.
Era solo una bambina.
Allora perché aveva così paura di girarsi? Perché il terrore che l’amico fosse scomparso come in un romanzo fantasy lo aveva completamente immobilizzato? Forse nel profondo lo aveva sempre sospettato, riuscendo però a reprimere tutto ogni volta che i dubbi lo assalivano.  Ma questa volta era diverso. Non riusciva a farlo, oggi proprio non poteva.
Con la testa ancora china e gli occhi persi nel vuoto raccolse la forza di girarsi. Fu la seconda cosa più dura che dovette affrontare in vita sua. Una forza a lui sconosciuta gli impediva di ruotare normalmente il viso, spingendolo verso la direzione opposta. Ma doveva farlo, era il momento, quindi lentamente volse lo sguardo verso l’amico.
Una mappa che illustrava le fermate della metropolitana era appesa sul muro bianco. Mappa di cui non si era mai accorto vista l’abitudine di Sam di appoggiarsi lì.
Robby sorrise e la prima lacrima gli percorse il viso, poi si alzò.
«Avevate ragione, credo proprio che alla fine pazzo lo sono sul serio» sussurrò, poi avanzò tra la folla.
Folla che per lui non era mai esistita, persone anonime, persone che sanno solo giudicare, persone che ignorano tutto e tutti, persone fantasma.
Dopo la morte di Eddie era sempre stato da solo al mondo, abbandonato ad un destino che non poteva essere diverso. In fondo Sam non era altro che la proiezione delle sue stesse insicurezze con lo scopo di consolarlo facendogli credere di non essere l’unico a soffrire. Ma pensandoci ora, alla fine dei giochi, Robby teneva compagnia a se stesso usando la sua medesima tristezza.
Continuando ad avanzare completamente avvolto dall’oscurità e da un silenzio assordante ripensò ad Eddie un’ultima volta, infine superata la linea gialla si mise su una sola gamba, quella di plastica, e saltò tra vibrazioni e sbuffi d’aria.
Esattamente alla stessa ora, 365 giorni dopo la scomparsa di Eddie, il Big Ben risuonava tra le strade di Londra.

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Ma stiamo scherzando? Questo è totalmente su un altro livello rispetto all'altro. Nonostante non condivida alcune tue strutture tipiche, la trama, che all'inizio sembrava lenta e non troppo coinvolgente e stata in realtà una pura scusa per riuscire ad introdurre con realtà e vividezza, un mondo puro e crudo, con un bellissimo colpo di scena. Davvero, bravo. E sai cosa ti dico? Oggi pomeriggio, trascrivo il mio ultimo racconto( si, anche se più faticoso mi piace di più solitamente scrivere su carta) e spero che tu abbia voglia di leggerlo. Aprirò una discussione apposita, in cui metterli tutti, dovresti farlo anche tu, invece di aprire una discussione per ogni racconto.

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Grazie mille! Sì effettivamente anch'io preferisco questo, a parte che il genere drammatico è uno dei miei preferiti, poi appunto come hai detto tu esprime una realtà cruda ed egoistica con un personaggio che, ahimè, sono sicuro da qualche parte esista. Noi siamo abituati, la maggior parte delle volte, ai finali felici, quindi questa volta volevo scrivere di come non sempre ciò sia possibile, tutto qui. 

Ancora grazie mille e sarò felice di leggere il tuo racconto quando lo pubblicherai! 

 

Ps: vediamo se trovo un mod per farmi unire i due topic.

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è difficile descrivere a parole quello che hai scritto, quindi mi limito a dire questo: wow.

Non so veramente che dire: è un testo fantastico, per quanto triste.

Trasmette dei sentimenti veramente profondi e mi ha fatto sentire come se fossi lì, insieme al protagonista.

Spero pubblicherai altri racconti del genere, perché a giudicare da come hai scritto questo devi avere sicuramente un talento innato.

In più, non mi dispiace poter leggere i lavori di altri scrittori come me (il mio prodotto è lontano anni-luce dal tuo, ma tutto sommato mi sta venendo abbastanza bene) e, magari, riuscire a imparare qualcosa di nuovo su questa arte.

Se non si fosse ancora capito, penso proprio che tu abbia trovato un nuovo fan ^^.

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Ti ringrazio davvero tanto per i complimenti!

Son contento che questo one shot sia riuscito a farti immergere nell'atmosfera e in tutto ciò che accade intorno al protagonista, ho descritto ogni azione compiuta dai personaggi quasi in modo maniacale proprio per questo motivo: per far sentire il lettore parte della storia.

Per quanto riguarda il "lontano anni-luce", tranquillo perchè siamo tutti diversi e tutti con un proprio stile, che sia il modo di raccontare le vicende o anche il come si utilizzano le virgole. Quindi pensa solo a questo, a migliorare il TUO stile e ti assicuro che amerai scrivere ogni volta di più;)

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