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Voglio smettere di vivere, e iniziare a vivermi.

Dietro quell’ultima ombra della notte,

Vanificata certezza di un essere ormai passato.

Ma non c’è più sole.

E non c’è luce nei miei occhi.

Restare lì, a cercare un fragile appiglio

Ma non trovare altro che una spianata pietrosa

Dove a ogni tocco si sgretola un avvenire

Mai esistito.

E sapere che un domani non saremo noi

A gestire queste mani, tese verso il cielo

Nella vana attesa di un segno divino,

Dove il divino è solo una proiezione evanescente

Della nostra fragile mente malata

Che cerca invano di illuderci

Di poter essere, un giorno, salvati

E beffarda, ci inganna.

Ma non c’è segno, non c’è un occhio, su di noi

Non c’è altro che una mano tesa

Che ci sprona ad essere, perché siamo vivi.

Ma è forse vita questa?

E giaccio lì, dove il fare ha smesso di essere verbo

E inizia a diventare speranza.

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