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Questa cosa mi emoziona, seriamente.

Ma sapete, c'era ancora troppo da raccontare. Troppe cose da dire, troppi segreti da rivelare. E quale modo migliore di farlo se non cambiare la prospettiva?
 

To Feel Alive


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Only If For a Night


Un respiro.

Un respiro di vita. L’aria gelida penetra immediatamente nelle narici, conquistandomi nella mia totalità . Sento le braccia, le gambe, il petto, il cuore pulsante arrancare dietro al gelo, distruggersi sotto il peso della mia coscienza.

Sorrido. Sorrido e non voglio voltarmi. Non ne ho bisogno.

Anni di vita spesi a guardare quello squallido panorama non meritano più la mia considerazione. Anni di vita passati a sperare di poter fuggire, un giorno, da quest’inferno, non meritano il mio dolore. E non lo merita nessuno, tra quelli che ho lasciato indietro.

Arranco, combattendo contro le mie stesse gambe.

Nemmeno questo pendio scosceso potrà  permettermi di bloccare la mia risalita verso la salvezza, la felicità .

Una pallida luna rischiara quegli alberi che avevano coronato la mia infanzia, i giochi con i miei confratelli, quegli amici falsi e imposti dalla società  in cui non avrei più vissuto.

Sommerso dallo tsunami dei miei pensieri, mi fermo a prendere fiato. Alzai gli occhi, ammirando il mare alle mie spalle. Più sotto, risplendono le luci azzurre del mio paese. Tra quelle case c’è anche la mia, probabilmente, e anche i miei parenti, troppo intenti a pregare il loro inutile Dio per accorgersi della mia assenza.

Respirai ancora. L’aria di sale e tristezza in quel luogo... Le urla dei ragazzini, i canti, le preghiere...

Niente di tutto ciò mi avrebbe mai fermato. Niente mi avrebbe distrutto la vita.

Perché io sono il destino.


Il ragazzo percorre ancora un po’ di strada, mentre i ciottoli scalciati dai sandali rotolano incessantemente sul pendio.

Un’improvvisa folata di vento scompiglia i lunghi capelli del giovane, che si ferma, estasiato. Davanti a lui, il mondo. Fermo su un colle glabro, sul quale mai aratro passò e mai passerà , gli occhi spenti del poveretto si illuminano di gioia.

Il ragazzo scorge una piccola stradina sterrata, invasa da alcune piantine rampicanti: la strada per il porto. Per la sua salvezza.

Un ultimo sguardo alle numerose luci all’orizzonte e il giovane riprende la sua marcia, questa volta in discesa.

L’isola di Calaluna è famosa in tutta la regione per essere l’unico luogo in cui la popolazione venera il Dio del Mare, fittizia creatura dalle sembianze di serpente alato che dovrebbe proteggere le acque circostanti. Gli abitanti dell’isola vengono, appunto, chiamati Seejah, perché tutti discendenti da Sejan, fondatore della strana religione.
La comunità  Seejah è una comunità  rigida, in cui si segue un culto morboso, che preclude a ogni ragazzo le scelte sul proprio futuro, condannandoli a vivere per sempre in comunità .

C’è chi accetta, con viltà , la propria situazione, ma anche chi, inseguendo la propria natura, preferisce ribellarsi, fuggendo via e facendo perdere le proprie tracce.

Quella sera, la comunità  Seejah avrebbe perso un altro membro.

Il giovane cammina svelto tra le strade della cittadina deserta. La lunga tunica azzurra vela il corpo magro e indurito dal lavoro manuale, mentre i lunghi capelli in uso tra i Seejah coprono gli occhi celesti e impauriti.

Un solo passo falso, e sarebbe rispedito a casa in un attimo.

Di porta in porta, di vicolo in vicolo, di piazza in piazza, una corsa verso il tempo, nel momento più cupo della notte.

“Devo essere un’ombra”.

Dietro le poche finestre ancora illuminate, si scorgono giovani ragazzi Seejah intenti ad ammirare, tra la tristezza e la rassegnazione, i commenti successivi alla proclamazione del vincitore della Lega Pokémon.

â€œÈ stata una vittoria meritatissima, Lucas, a seguito di una battaglia esaltante!”

“Adesso cosa farà  la nostra vincitrice?”

“Tutta la regione è in festa solo per lei! La nuova campionessa! Per lei un futuro come capopalestra?”

Il giovane sorride, poco tempo e quella prospettiva si sarebbe aperta anche per lui. Un futuro come allenatore di Pokémon, lontano dalla sua gente. Lontano dal suo mondo.

Il lungomare è pallidamente illuminato dalla luna, mentre le barche sulla spiaggia riposano, aspettando che il proprietario le usi, il giorno successivo, per andare ancora una volta a pesca.

Il ragazzo si avvicina a una piccola imbarcazione bianca a motore, sfiorandola con la mano. Il suo migliore amico, fuggitivo anche lui, gli aveva spiegato tutto.

“Così facile eppure così lontano” sorrise, pensando, il giovane.

Cercando di fare il minimo rumore, spinse la barca in acqua, svestendosi dalla larga tunica e restando solo con un ampio costume da bagno. L’acqua gelida fino alla vita fa rabbrividire il ragazzo, che, repentino, sale sulla piccola imbarcazione.

Un rapido movimento della mano, e la barca è in moto, veloce, verso un’altra meta.

Il giovane estrae dalla tasca del costume un piccolo scatolino nero, dal quale estrae un vecchissimo PokéPhone. Compone velocemente un numero, attendendo una risposta che sia il più veloce possibile.

“Pronto?” risponde una voce allegra dall’altra parte.

“Pronto Tobi? Sono io”

“Oddio... Non dirmi che...”
“Sì, sono in mare”

“Sei un grande!” esclama l’amico “Adesso che farai?”

“Chiamo per chiedertelo, appunto”

“Allora... Io attualmente sono alla Lega... Sai, oggi c’è stata la finale e due miei amici combattevano, quindi...”

“Non ti preoccupare” lo interruppe il giovane “Dimmi dove andare, me la caverò da solo”.

“C’è una donna che aiuta tutti noi a trovare rifugio e iniziare un viaggio come allenatori. Ti darà  man forte nei primi giorni, è una bravissima persona”

“Come faccio a trovarla?”

Dall’altra parte della cornetta, una forte risata. “Sarà  lei a trovare te, fidati”

“Ma... Ma Tobi, come faccio? Non so nemmeno dove trovarla, insomma...”

“Stai tranquillo, ti troverà â€ esclama Tobi â€œÈ qui accanto a me. Vuoi parlarle?”

“Certo!” asserisce il giovane, emozionato.

“Pronto?” trilla una voce di donna “Tobias mi aveva già  parlato di te. Sei un fuggitivo Seejah come lui, vero?”

“Sì...”

“Dirigiti verso Nord-Est, oltrepassa l'isola di Vanca e continua, troverai un faro, sulla terraferma” spiega la donna. “Sarò lì”.

“La ringrazio, davvero. Come posso chiamarla?”

“Ranja Elnath, Professoressa Pokémon”.


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Si riprende la routine, un capitolo a settimana il giovedì :D

To Feel Alive

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Shake it out

“La comunità  Seejah usa vestire sempre una lunga tunica azzurra con rimandi in pizzo bianco alle onde del mare, a cui si rivolgono sempre pregando.

Ogni mattina, la Matrona della famiglia accende una candela in onore del Dio del Mare, attorno alla quale tutta la famiglia si riunisce per pregare. Il corpo va unto e lavato una sola volta a settimana con acqua di mare in periodi invernali, in estate si usa l’acqua dei torrenti che cadono sui pendii di Calaluna. I giovani Seejah portano i capelli lunghi, che lavano ogni giorno con l’acqua di mare, è possibile tagliarli solo una volta l’anno.

La cerimonia di transizione da un giovane a un adulto Seejah consiste nella vestizione di una tunica più scura rispetto al colore dei giovani (di solito un celeste molto chiaro) e nella lavanda della testa in acqua di mare colorata di rosso a commemorare il sangue versato dai Seejah per preservare la propria comunità .

È assolutamente vietato fuoriuscire dal perimetro della comunità  che coincide con le coste dell’isola di Calaluna. Chi fugge è considerato un blasfemo e non potrà  più rientrare a Calaluna, pena la vessazione”

Storia delle Isole della Triade – Cap.2 “Calaluna” – Paragrafo 4.3 “Seejah-Usanze e costumi”

Il giovane fuggitivo siede sul bordo della barchetta, guardando il suo riflesso nell’acqua. Non si era mai piaciuto abbastanza. Quel naso enorme e schiacciato, la pelle scura e i capelli lunghi e crespi per l’acqua di mare. E quel corpo di ragazzo reso adulto dal lavoro manuale, quelle braccia muscolose che avrebbero, probabilmente, reso verde d’invidia qualsiasi ragazzo non Seejah erano un marchio di riconoscimento a vita.

Immerso nei suoi pensieri, il ragazzo si ritrova ad ammirare l’alba per l’ennesima volta. Come quando dalle coperte della sua stanze guardava la finestra, scorgendo, lontana, la terra che l’avrebbe ora ospitato per sempre.

Intanto, quella terra pareva sempre più vicina. Grandi scogliere di un bianco immacolato, fantastici paesini sulla costa, ampie baie. Ma ancora niente, il faro non si vedeva.

“Devo andare ancora ad est, probabilmente” sussurra tra sé e sé il giovane.

Impugnato il timone, la barca vira violentemente e prende velocità , costeggiando le rive. Ancora poco e sarebbe arrivato.

“Ranja, non vedo ancora niente” asserisce Tobias, preoccupato.

“Non preoccuparti, arriverà â€ risponde, rassicurante, la professoressa.

“Quindi partirà  subito all’avventura? Così, senza nessuna preparazione?”

“Tobias, non mi pare che tu sia partito così preparato, ma è finita bene lo stesso, no?”

“Sì, certo... Non immaginavo di poter arrivare dove sono arrivato, comunque...”

“Già ...” sussurra la donna.

Tobias guarda l’orizzonte, pensoso. Non era certo che il suo amico fosse così forte da poter affrontare un viaggio, ancora. Lo aveva lasciato timido, introverso, poco sicuro di sé, come lo avrebbe ritrovato?

“Tobias!” esclama la professoressa “Guarda lì”

â€œÈ lui!” esclama il ragazzo, sorridendo. â€œÈ arrivato”

La sabbia rovente sotto i piedi mette ansia per un attimo al ragazzo, appena sbarcato, ricordandogli le spiagge di Calaluna, ma la sola vista della professoressa e Tobias gli fa sussultare il cuore.

“Yohann!” esclama Tobias, correndo verso l’amico.

“E cosi sei Yohann” sorride la professoressa Ranja “Ancora non conoscevo il tuo nome, sai?”

“Salve, professoressa” saluta il giovane fuggitivo “Grazie dell’aiuto che mi darà â€

“Di niente, di niente” replica lei “Adesso prendi la tua roba e sali in macchina”

“In realtà , ho solo la tunica” arrossisce Yohann.

“Ah, beh, allora puoi anche venire così come sei” esclama Tobias “Tanto non ti servirà  più”.

Yohann si avvicina lentamente alla macchina della professoressa, parcheggiata accanto al faro. La sua comunità  non permette di guidare, quindi quella sarebbe stata la sua prima volta in macchina.

“So come ti senti” lo conforta Tobias “Ma ti abituerai subito”

Il giovane si limita ad annuire, iniziando a prendere coscienza del gesto appena compiuto.

“Non posso tornare indietro” pensa tra sé e sé.

Il laboratorio della professoressa è situato in una piccola cittadina sulla costa poco distante dal faro, ovvero Palmizia, ridente località  estiva il cui nome deriva dallo splendido lungomare ricco di palme. È proprio su questo lungomare che si affaccia il laboratorio, una enorme costruzione antica che, all’apparenza, non ha nulla da invidiare a una villa o a un prestigioso Hotel.

E l’ingresso non tradisce l’apparenza. Enormi scalinate in marmo rosato, ampi saloni e statue. Tutto ciò che non aspetteresti da un laboratorio in cui lavora una Professoressa Pokémon.

“Prego” fa strada la professoressa, indicando una scala “lì troverai la tua stanza, è davvero grande. Resterai con me per alcuni giorni, poi sarai libero di fare ciò che vuoi. Avrai vestiti e tutto quello che ti serve per entrare nel nostro mondo”.

Yohann, un po’ intimorito dalla magnificenza della casa, inizia a salire. Passo dopo passo, secondo dopo secondo, è come se il corpo si scuotesse da ogni preoccupazione e ogni remora, facendo accrescere la gioia del ragazzo.

Appena aperta la porta della stanza, il ragazzo raggiunge l’apoteosi della gioia. Un enorme balcone si apre su metà  del perimetro della stanza, perfettamente quadrata. Dalle portefinestre si scorgono scogliere interminabili e isolette lontane.

“Non sono le mie isole” pensa, perplesso, Yohann.

Stanco, il ragazzo entra in bagno, intenzionato a lavarsi e successivamente dormire un po’. Anche qui, marmi, lavelli in ceramica e una piccola finestrella con una stupenda vista.

“Mi sembra scortese persino usarlo”

Ma il bisogno può sempre più della scortesia, e il ragazzo apre il rubinetto, sciacquandosi finalmente la faccia e i capelli con acqua dolce e non di mare. Una sensazione stupenda, paragonata al bruciore del sale negli occhi e al cattivo sapore in bocca.

“E ora, vediamo che fare per il resto”.

Yohann si guarda allo specchio, un po’ intimidito. Il volto è stanco, con occhiaie evidenti e poco belle, mentre i capelli sono un groviglio indistinto; il corpo, graffiato, rimanda alla fuga sul pendio della sera precedente.

Dopo pochi istanti, il ragazzo distoglie lo sguardo. Guardarsi troppo allo specchio è considerato un peccato della peggior specie: un peccato di vanità .

“Venera il Dio, non te stesso...” pensa il ragazzo, arrabbiato con sé stesso per restare fermo ancora a certi principi, per poi replicare ad alta voce una seconda frase, come per risposta.

“Questa non è Calaluna!”

Preso dalla foga, il giovane inizia a frugare nei cassetti, fino a trovare un oggetto proibito per la sua comunità . Uno scatto e una vibrazione, e inizia la danza.

“Shake it out, shake it out, shake it out...” canticchia Yohann, mentre il bozzolo da Seejah creato attorno a lui inizia a schiudersi, fino a diventare una nuova immagine.

“Mai avuti i capelli così corti in vita mia” pensa tra sé e sé, ammirando l’ammasso indistinto per terra.

Uscito dalla stanza, il ragazzo si dirige verso l’armadio, impugnando i primi abiti davanti a sé: un jeans celeste, una maglietta bianca e una giacchetta azzurra.

“Non c’è tempo per i ricordi, non c’è tempo per i rimpianti” sussurra tra sé e sé “Questo viaggio inizierà  subito, se deve iniziare”

Vestito di tutto punto, seduto sul letto il ragazzo si ammira allo specchio, cercando di ritrovare un’immagine familiare, ma senza riuscirci. Contento dell’opera, Yohann si distende sul letto a guardare il soffitto ricco di affreschi. Un nulla, e gli stupendi dipinti scompaiono, lasciando spazio solo ad un sonno profondo.

In sottofondo, una piccola televisione continua a trasmettere notizie:

“La nuova campionessa Emily Worm ha deciso: sarà  la nuova capopalestra di Praria dopo la pensione della ex capopalestra Rosetta!”

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To Feel Alive

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Remain Nameless

Il tepore dei cuscini culla Yohann nei suoi sogni. Cullato dalla comodità  del letto e anestetizzato dalla stanchezza, il giovane si lascia trasportare dal meritato sonno, mentre la vita di Palmizia scorre, inesorabile, sotto le sue finestre.

Un dispettoso raggio di sole colpisce Yohann in pieno volto, svegliandolo.

â€œÈ già  mattina” pensa il ragazzo, voglioso di iniziare il suo viaggio, ma allo stesso tempo stanco per gli avvenimenti precedenti. “Avrò dormito quasi un giorno...”

Un grosso sbadiglio sfigura la faccia del giovane che, determinato, si issa sulla testata del letto. Volgendo gli occhi verso il mare, non riesce ad identificare più le isole viste il giorno prima per un po’ di foschia, e ciò mette al ragazzo un senso di sconforto strano.

“Dopotutto, forse la mia famiglia mi manca”

La sua famiglia. L’unica cosa positiva in quell’ottusa ignoranza che serpeggiava a Calaluna. Un padre autoritario ma giusto, una madre determinata e le sue dolcissime sorelline. In quel momento, probabilmente loro stavano trascorrendo momenti terribili.

“Ma almeno sanno che adesso sono finalmente felice” si consola il giovane, infilandosi le scarpe.

I vestiti sono un po’ stropicciati dal sonno, ma comunque presentabile, mentre i capelli sono esattamente come li aveva lasciati. Almeno loro non avrebbero dato più problemi.

Preparato uno zaino con un cambio e poco più, il ragazzo scende le scale, dirigendosi verso la sala che la professoressa aveva indicato il giorno prima come “lo studio”.

Arrivato al piano terra, Yohann fa un po’ fatica a orientarsi, ma alla fine riesce ad individuare la grossa porta in legno indicata il giorno prima dalla donna, e vi entra.

Il sogno ottocentesco finisce all’istante. Al suo posto, numerosi macchinari, assistenti della professoressa febbricitanti ed esagitati, schermi di computer accesi e ricchi di strane figure di congegni e Pokémon mai visti prima.

“Yohann!” esclama la voce della professoressa dall’alto della stanza.

Il ragazzo volge lo sguardo verso un ampio ballatoio in ferro, scorgendo la figura della professoressa e di un ragazzo più giovane.

“Sali, Sali pure” esclama la donna, sorridendo “Ho preparato alcune cose per te”.

Sul ballatoio, la professoressa si avvicina al giovane fuggitivo, prendendolo sotto braccio.

“Oggi inizierai il tuo viaggio” esordisce, lasciando Yohann senza fiato “E con questo, la tua nuova vita”.

“Oddio...” risponde lui, euforico “Non so come ringraziarla, professoressa, io...”

“Shh, zitto. Non dire altro. Qui sono io a dover parlare”

“Mi dica” replica il giovane, sedendosi su uno sgabello.

“Prima di tutto, ti presento mio figlio” inizia la professoressa “Si chiama Dustin, è un bravissimo ricercatore, appena tornato da un lungo viaggio. Saprà  di certo dirti cosa fare, vero?”

“Certo, mà â€ risponde Dustin, un giovane dai capelli rossicci e dal portamento fiero “In effetti sì, sono tornato da un viaggio davvero istruttivo insieme a due altri ragazzi, che mi hanno insegnato molto sul conoscere e trattare i Pokémon. Ora, spesso si parla di Pokémon Starter, ovvero quelli con cui, tendenzialmente, i giovani allenatori iniziano il viaggio. Beh, niente di più sbagliato. Un allenatore deve iniziare il proprio viaggio con un compagno fedele, un compagno con cui si cresce, un compagno con cui si fa conoscenza all’inizio del viaggio... Questa è l’arma vincente: la non imposizione. Per questo, il tuo viaggio inizierà  diversamente da tutti gli altri: sarai tu a dover trovare il compagno con cui iniziare a viaggiare. Quando lo farai, non ci sarà  nemmeno bisogno di catturarlo”

“Quindi, in sostanza, devo vagare a vuoto finché è il Pokémon a trovare me” replica Yohann, stizzito “A dire il vero mi pare un po’ strano, insomma...”

“Tranquillo, tranquillo” sorride il ricercatore “Uomini e Pokémon destinati a stare insieme si incontrano subito”

“Oh, certo” sorride Yohann, ironico “Anche se adesso questo stesse in un’altra regione, giustamente, prende il primo volo e viene a incontrare me”

“Non essere ansioso” ammicca la professoressa, smontando la falsa boria del ragazzo “Alla fine, di certo avrai un vero amico, un vero combattente accanto a te. Non creare problemi evitabili, rilassati e goditi il viaggio”

“Quindi mi lasciate andare ora, senza che io sappia niente su cosa fare, dove andare...”

“No, aspetta a trarre le conclusioni” sorride Dustin “Prima di tutto, ti iscriveremo al registro degli allenatori, dopo avrai tutto il necessario e potrai partire. Allora, andiamo?”

“Andiamo...” acconsente il ragazzo, seguendo i due.

Il computer centrale è un marchingegno enorme al piano terra, sul quale si scorgono diverse funzioni interessanti, ma la professoressa non lascia il tempo a Yohann di guardare con attenzione le singole caratteristiche, cliccando subito sull’icona di una specie di libro elettronico.

“Quello è un Pokédex” spiega la donna, quasi leggendo nel pensiero il giovane “Serve a catalogare le specie esistenti, ma non preoccuparti, non ti darò questo compito, lo hanno svolto ampiamente altri ragazzi prima di te. Ed eccoci!”

Davanti al trio appare una schermata bianca con sopra alcuni riquadri.

“Questa serve per compilare la tua scheda allenatore. Una volta ottenuta questa, avrai le Pokéball e anche un PokéCell più moderno...” continua la donna “Adesso vieni, compila la scheda e sei pronto a partire”

Il ragazzo si avvicina e lentamente, riempie i campi richiesti. È come se in un momento tutto il suo essere si materializzasse accanto a lui, un essere che non aveva mai inquadrato chiaramente in qualcosa. E ancora, un nome, il suo, finalmente libero da quello sgradevole appellativo di “Seejah”, la data di nascita, il numero di trofei conquistati.

“Perfetto” esclama la professoressa “Adesso, lasciami curare un solo particolare. Spero tu non ne risenta troppo...”.

Dicendo questo, la donna inizia a maneggiare il computer, cancellando alcune lettere dal nome di Yohann e modificando lievemente il cognome. Alla fine della strana operazione, al ragazzo non resta che una frase da pronunciare: “Perché?”

“Perché il tuo è un nome tipicamente Seejah, sarebbe facile per gli altri tornare ad apostrofarti come tale... Spero non ti dispiaccia troppo”.

“No, no...” risponde il giovane â€œÈ solo una lettera, non fa differenza... Solo che il cognome...”

“Beh, guarda, Yohann Demar è un cognome che urla Seejah da ogni singola lettera” ironizza Dustin “Già  cambiando poche lettere è tutta un’altra storia”.

“Sarà ...”

“Dai, adesso sei libero, puoi andare e vivere il tuo sogno da allenatore” sorride Ranja, mostrando le Pokéball, la scheda e il PokéCell “Contattaci quando vuoi, senza problemi”.

“Senza problemi” replica il ragazzo, dirigendosi verso la porta.

Seduto sul lungomare di Palmizia, il ragazzo accende per la prima volta il nuovo PokéCell, un telefonino portatile di ultima generazione con ogni funzione immaginabile.

“Benvenuto Yoann” gracchia una voce robotica all’accensione.

Yoann, il suo “nuovo” nome.

“D’altra parte non è così differente” riflette il giovane, grattandosi la nuca, un po’ irritata dal sole. Ma è il cognome ciò che stranisce di più. â€œÈ come se avessi rinnegato la mia famiglia” sussurra il ragazzo tra sé e sé, per poi ricordare di averlo fatto comunque, fuggendo. “Solo che ‘sto Wanash come cognome non ci sta proprio...” continua, dando uno sguardo alla scheda allenatore. ‘Wanash sta per ‘nuovo nato’ nell’antica lingua della nostra regione’, aveva spiegato la professoressa. “Forse è adatto a me” continua il ragazzo, sotto voce “Ma non sono io... Nonostante io abbia sempre voluto questo”.

Immerso nei pensieri, Yoann non si rende conto di una presenza alla sua sinistra.

“Scusa... È libero?” esclama una voce femminile.

Il giovane alza lo sguardo. Davanti a lui, una ragazza di età  simile alla sua con una nuvola di capelli ricci e chiari attorno al viso, cosparso dalle lentiggini.

“Sì, stavo giusto andando...” replica Yoann, arrossendo e alzandosi dalla sedia.

“Per me puoi anche restare, figurati... Non volevo dar fastidio” replica la ragazza, sorridendo tranquillamente.

“No, davvero, devo proprio andare” insiste il giovane, sorridendo.

E subito, una strana sensazione in gola, come un fiume in piena pronto a rompere qualsiasi diga; un dolore indistinto allo stomaco, seppure molto piacevole.

“Grazie mille” sorride lei, sedendosi “Ehi, davvero, non c’è problema per me, posso cercarne un’altra, solo che da qui la vista è stupenda”

“Non preoccuparti...” replica Yoann, sforzandosi ancora di sorridere, per poi iniziare a camminare, allontanarsi, fuggire da lei, lontano, mentre il profilo dei boschi si delinea all’orizzonte, delimitando ciò che sarebbe stata la linea di partenza di un viaggio destinato a cambiare profondamente il ragazzo.

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What the water gave me

“Diario di viaggio, giorno 03

Finalmente, sono partito. Ho lasciato Palmizia questa mattina molto presto. La professoressa e suo figlio Dustin mi hanno dato le prime istruzioni, tra cui una roba strana sullo starter che, sinceramente, ho capito a stento. Insomma, non so quanto possa essere positivo ‘sto fatto di farsi trovare dal Pokémon, soprattutto io che non sono tra le persone più aperte del mondo, ma vabbé. Il solo pensiero che questo viaggio possa essere una delusione mi fa quasi rimpiangere la mia comunità . E poi... E poi stamattina ho incontrato una ragazza. Insomma, le ho solo ceduto il posto su una fottuta panchina, ma adesso sto qui a pensarla come uno scemo. Non so che diavolo mi succeda, mi detesto. Adesso dovrei pensare solo al viaggio.

Mi consola solo il pensiero di essere in un bosco, e di solito i boschi sono luoghi romantici, fatati e... E vabbé, cerco scuse. Bah, meglio tornare a girare in tondo aspettando che un qualche essere vivente riceva una chiamata divina e venga a cercarmi, diventando il mio starter.

Che emozione. Muoio dalla gioia.”

Yoann ripone il diario nello zainetto donatogli dalla professoressa, e si stende mestamente sull’erba, sommerso dai pensieri.

Una leggera brezza primaverile scompiglia l’erba fresca, mentre un piccolo torrente scroscia in lontananza, oltre la coltre di alberi. Il sole del pomeriggio colpisce il ragazzo in volto, che, infastidito, si rialza lentamente, restando seduto a gambe incrociate.

Il rumore del torrente attira l’attenzione di Yoann che, con molta calma, si rialza e si incammina verso quel suono familiare, ripercorrendo nella mente quei suoni e quei profumi che avevano caratterizzato la sua infanzia, quando correva sulle rocce e scogliere della sua isola, assaporando attimi di libertà .

Fuori dal bosco, il ragazzo si ferma ad ammirare il panorama.

Si trova in una radura a picco sul mare, circondata da una fitta parete di fronde e sfregiata al centro da un grazioso torrente che, poco più avanti, discende sugli scogli e, infine, nel mare.

“Sembra quasi Calaluna” riflette Yoann, malinconico, ma allo stesso tempo sollevato. Questo sarebbe stato il posto giusto nel mondo giusto, nei suoi pensieri di qualche giorno prima, ma l’idea di essere solo contro il mondo rende il giovane fuggitivo triste, sfiduciato, perso.

E subito tornano alla mente gli attimi di gioco di quando era piccolo, i lunghi pomeriggi passati insieme agli amichetti e i giochi segreti con un altro piccolo amico, un simpatico Marshtomp che viveva tra le rocce.

L’aveva conosciuto un pomeriggio d’estate, al tramonto. I suoi amici erano tutti tornati a casa, ma Yoann, al tempo ancora Yohann, si era fermato ancora un po’ sugli scogli. Ad un tratto, una testolina era spuntata fuori dagli scogli, spaventandolo. Nella comunità  Seejah, era categoricamente proibito possedere o avere alcun contatto con i Pokémon fino all’età  adulta, ma quel giorno il piccolo Yohann aveva capitolato, fermandosi con il suo nuovo amico. E così i mesi successivi, gli anni successivi, fino a quando, un giorno, il suo amico era scomparso, probabilmente catturato da uno di quei turisti che ogni anno visitavano Calaluna per fare incetta di rari Pokémon d’acqua.

Marshtomp era stato una figura importante, per il ragazzo, il primo e vero amico oltre Tobias, con cui non aveva particolari rapporti se non quello creatosi per la fuga. Ecco, solo lui avrebbe potuto essere il compagno di Yoann, solo lui. Ma non era possibile: quel Pokémon era ormai nelle mani di un altro allenatore, in qualche parte sperduta del mondo.

Nel tentativo di scacciare via i brutti pensieri, Yoann si spoglia, restando solo in costume, sedendosi sugli scogli. L’acqua del torrente gli sferza violentemente la testa e le spalle, ma per il giovane, quella sensazione è familiare e fortemente piacevole.

Tutto attorno brulica di vita. I Krabby iniziano ad uscir fuori dalle tane, i Wingull strillano nel cielo, mentre una piccola famigliola di Magikarp saltella allegramente in acqua, sapendo fare solo quello.

Ad attirare l’attenzione del ragazzo è, però, un piccolo anfratto su uno scoglio poco distante da lui, dalla forma perfettamente sferica, quasi fosse un residuo di qualche caduta di meteorite o il risultato di un allenamento di qualche mossa fisica come Megapugno. Yoann si alza, avvicinandosi all’apertura. Nello scendere verso il mare, attraversando alcuni scogli appuntiti, si ferisce una gamba, ma ciò non gli impedisce di raggiungere la meta.

Il ragazzo sbircia nella fessura, che si rivela essere molto più profonda di quanto pensasse. All’improvviso, due paia di occhi luminosi gli si palesano davanti, facendolo così scostare violentemente.

Dallo strano anfratto escono fuori due Pokémon: un Vaporeon, più grande e probabilmente anziano un Glaceon, più piccolo, ma più energico.

“Porca...” sussurra Yoann, spaventato.

I due Pokémon continuano a guardarlo in cagnesco.

“Vengo in pace...” continua il ragazzo, sentendosi abbastanza stupido nel parlare con un Pokémon alla sua età . Nel gesto, però, tornano alla mente del ragazzo i ricordi di Marshtomp, quel parlare sempre con lui come fosse un confidente. Allora aveva solo otto anni, ma nonostante tutto era molto sicuro di sé, o almeno molto più di prima.

“Bene, adesso me ne vado e... E vi lascio in pace” prosegue il ragazzo, arretrando.

Un solo passo, e Yoann non sente più la roccia sotto di sé. Al suo posto, le forti onde del mare e il sentore di sale in gola, e lo sbattere più volte contro i massi appuntiti. Il ragazzo riemerge dall’acqua, afferrando saldamente uno scoglio. Sopra di lui, la coda di Vaporeon, tesa come una mano pronta d’aiuto.

“Non preoccuparti, nell’acqua ci sono cresciuto!” esclama Yoann, alzandosi velocemente e prendendo un forte respiro. Una forte fitta alla caviglia lo distrae. “Sto sanguinando...” pensa, un po’ agitato. Accanto a lui, Vaporeon, resosi conto della ferita, si avvicina alla caviglia del ragazzo, avvolgendola con uno spesso strato d’acqua. Il dolore scompare quasi all’improvviso, risollevando Yoann, che ringrazia il Pokémon, sollevato.

Dall’alto della rupe, ancora, Glaceon guarda il giovane, e subito tornano alla mente i ricordi di un viaggio terminato troppo presto. Accanto a lui, un’altra piccola figura.

Il piccolo Pokémon scende dalla scogliera rotolando goffamente, e accostandosi a Vaporeon. Al solo guardarlo, il cuore di Yoann sobbalza: è un Mudkip.

Il Pokémon si arrampica sulla gamba ancora dolorante del ragazzo, fino ad arrivare sul suo ventre. “Mud?” esclama, guardando negli occhi il ragazzo.

Notata la scena, Vaporeon si scosta dal ragazzo, risalendo nella tana. La gamba di Yoann è ormai guarita dall’Acquanello, e il ragazzo si issa in piedi, tenendo in braccio Mudkip.

Il giovane e Vaporeon si guardano negli occhi, come in una tacita promessa.

“Aveva ragione la professoressa” pensa Yoann, esterrefatto “Le coincidenze non esistono”.

Con Mudkip ancora in braccio, il giovane fuggitivo risale la scogliera, tornando sulla prateria dove aveva lasciato borsa e vestiti. Si riveste in fretta, emozionato e ancora stanco per la caduta.

“E così, vuoi venire con me” sorride Yoann al suo nuovo amico “Sappi che non sono facile da trattare, dovrai avere pazienza”.

Mudkip scuote la testa sorridendo. Il giovane prende la Pokéball, clicca sul tasto centrale e, immediatamente, una luce rossa risucchia Mudkip. Poco dopo, la sfera smette di tremare.

“Ora, si inizia” esclama il ragazzo ad alta voce, per poi urlare. Urlare al cielo la gioia per aver compiuto un altro passo ancora per sentirsi, finalmente, vivo.

Glaceon ha fiutato la traccia. Quell’odore strano di disinfettante che sentiva da qualche minuto proveniva dalla borsa del ragazzo che aveva catturato Mudkip.

Dopo un saluto alla madre Vaporeon, Glaceon risale la scogliera, seguendo, nell’ombra, il giovane, diretto a Praria.

Praria. Dove avrebbe incontrato la migliore amica del suo vecchio padrone, per poter, così, tornare a viaggiare; tornare con la persona che gli aveva dato tutto.

Nello stesso istante, un cuore inizia a pulsare, velocemente e inesorabilmente.

“Pensi sia proprio lui?”

“Ne sono certo”

Nel vetro, un indefinito groviglio di muscoli, tessuti e ossa intricati e sformati.

“Mancano ancora dei tasselli, e la sua rinascita sarà  ultimata”

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Landscape

Yoann aveva già  notato da un colle un po’ più alto degli altri, compreso quello in cui si trovava, la piana immensa dopo il bosco, ma non aveva ancora capito quanto immensa fosse, in realtà 

In viaggio da alcuni giorni, il ragazzo aveva soggiornato in piccoli Pokémon center lungo il percorso, incontrando solo pochi allenatori lungo il cammino. L’infermiera del Pokémon Center aveva spiegato il perché: la gente era tutta concentrata a Praria, dove da pochi giorni si era insediata la nuova campionessa della regione. Il ragazzo aveva riflettuto a lungo sul da farsi, e alla fine aveva deciso che sarebbe andato a Praria, restando lì un po’ di giorni per cercare di capire cosa avrebbe voluto fare di questo viaggio.

Ciò che si para davanti agli occhi del ragazzo all’uscita del grande bosco in cui aveva camminato per giorni arriva quasi a terrorizzarlo.

Il sud della regione di Holariya si stende davanti ai suoi occhi. Poco distante, Praria, ricca di campi coltivati estesi fino quasi alle montagne vicine, sulle quali troneggia un alto vulcano e delle catene di monti rocciosi sul quale è presente solo una piccola macchia alberata. Oltre Praria, ancora vegetazione e, successivamente, una pianura sterminata ricca di città  luminescenti, zone alberate, lunghissime spiagge, fino ad arrivare a coste più frastagliate, collinette e infine ancora montagne lontane e velate dalla nebbia, dall’altezza vertiginosa e coronate ancora dalla neve, nonostante il mese e le temperature estive.

Il ragazzo scende lungo un sentiero in pietre pittoresco, ornato da lampioni, ormai illuminati per l’incombere della sera, e inferriate finemente decorate. Mudkip, desideroso di respirare un po’ di aria fresca, sonnecchia sulla sua spalla.

Lungo il percorso, Yoann incontra numerosi cartelli e manifesti raffiguranti la nuova campionessa, a detta di tutti una maestra nell’allenare i Pokémon d’erba.

Già  dal sentiero, si riesce a scorgere la folla al centro del paese, desiderosa di vedere, finalmente, la nuova campionessa. Un po’ scoraggiato e intimorito dall’ammontare di gente, il ragazzo decide di chiedere informazioni alla professoressa Ranja.

“Pronto, professoressa? Sono Yoann” esordisce il ragazzo.

“Ciao, Yoann, felice di sentirti!” replica la donna “Come procede il viaggio? Mudkip sta bene? Sono sicura di sì, comunque”

“Sì, tutto a posto, prof... Lo ammetto, aveva ragione. Con questo metodo di cattura il Pokémon si affeziona molto di più” ammette il ragazzo.

“Non avevo dubbi. Ma dimmi, perché chiami?”

“Sono arrivato a Praria, ma ho un piccolo problema... C’è tantissima gente, non saprei dove... Ecco...”

“Beh, c’è un Centro Pokémon, al centro del paese...”

“Sì, ma preferirei evitare tutta quella gente”

“Oh, e perché dovresti?”

“Perché...” Yoann si vergogna seriamente a dire la verità . Ha sempre odiato le folle: ha paura di essere riconosciuto come un Seejah, di perdersi, di confondersi.

“Non preoccuparti, dai” lo rassicura la professoressa, quasi captando il suo malessere “Dirigiti verso la costa, dove troverai mio figlio, lo chiamo e gli dico che stai arrivando”

“Dustin è a Praria?” chiede, perplesso, il giovane.

“Sì, è lì per l’insediamento della campionessa, una sua amica”

“Perfetto... Sempre se non disturbo...”

“Non disturbi di certo, ci sentiamo” chiude la telefonata Ranja, lasciando Yoann un po’ teso: l’ultima cosa che avrebbe voluto fare è disturbare con la sua presenza.

Con una specie di fremito addosso, il ragazzo continua la sua discesa verso Praria. Arrivato a un bivio, imbocca la strada per la costa.

Da lì, la strada cambia, diventando una semplice viuzza sterrata tra i campi di grano e di fiori dai colori sgargianti. Numerosi Pokémon d’erba giocano tra le piante, rincorrendosi, saltellando, gioendo di quell’abbondanza.

Ammirando il paesaggio, il ragazzo giunge su un lungo pianoro calante verso il mare. Su di esso, un simpatico centro abitato con le case simili a fienili di colori sgargianti, dal rosso fuoco al verde scuro delle foglie estive. Seduto sull’erba a poca distanza da una casetta rossa infuocata dalle luci della sera, Dustin.

“Ti aspettavo” esordisce, sorridendo.

“Ehi...” si limita a dire Yoann, un po’ imbarazzato “Scusa il disturbo, io...”

“Nessun disturbo!” replica il ricercatore “Sono felice che stasera tu stia con noi”

“Noi?” chiede, perplesso, il giovane.

“Noi... Io, Tobias e altri ragazzi che hanno iniziato il viaggio l’anno scorso” spiega Dustin “Siamo sette, in tutto, non starai male”

â€œÈ solo che non vorrei disturbare...”

“Ma non farti questi problemi! Dovresti essere un po’ meno ansioso, Yoann”

I due ragazzi si incamminano verso una casetta centrale, un po’ più piccola delle altre.

Appena entrati, Yoann viene subito pervaso da un odore di legno. La casetta è semplice: una grande sala centrale con un enorme camino e un tavolo in legno chiarissimo. Sulla sinistra, una scala che porta al piano superiore e una piccola veranda in vetro, mentre, sulla destra, una zona per cucinare e un piccolo salotto dove sono seduti alcuni giovani.

“Hola” saluta Tobias, alzandosi “Sono felice di rivederti! Vieni, ti faccio conoscere gli altri”

Yoann si avvicina, col viso completamente rosso dalla vergogna, alla zona soggiorno. Sulle sedie sono seduti una ragazza e due ragazzi. Lei ha i capelli scuri come la pece a caschetto e un corpo incredibilmente esile; il primo dei due ragazzi è più giovane dell’altro, ha i capelli biondi tendenti al bianco e un’aria un po’ smarrita, oltre a una vistosa cicatrice rosso vivo sulla guancia, mentre l’altro, più maturo e alto, ha capelli neri, occhi ambrati e portamento fiero.

“Loro sono Lada, Fénix e Vinnie” presenta Dustin.

“Sera, scusate l’intrusione” mormora Yoann, a testa bassa. I tre seduti ricambiano il saluto affettuosamente, e ciò mette un po’ più a suo agio il ragazzo, che si accomoda su una sedia un po’ più appartata.

“Dicevamo” inizia il ragazzo con i capelli neri, continuando un discorso precedente all’arrivo di Yoann “Adesso, sinceramente, non saprei... Probabilmente mi fermerò un po’ ad Auron e dopo partiro per Hoenn... È la regione più vicina, penso sia obbligata, come scelta. Tu, Lada?”

“Io devo ancora riprendermi” scoppia a ridere lei “No, sinceramente, perdere in finale è terribile, ma mette una carica... Ecco, andrò anche io a Hoenn, probabilmente. È la scelta migliore”.

“Viaggiate insieme, dai” propone Tobias “Tanto, ormai ci conosciamo bene tutti e sei, no?”

“Certo, ne avevamo già  parlato, ci penseremo” sorride la ragazza.

“Fénix, tu?” chiede Dustin, guardando il giovane dai capelli biondi.

“Io... Io penso di non essere portato per la ricerca” sussurra il ragazzo, con una smorfia “Forse... Forse viaggerò ancora ad Holariya... Ci sono troppe cose che non ho visto”

“Già ...” conferma il ricercatore, pensieroso.

“Sono tornata!” trilla una voce dalla porta.

“Emily!” esclama Dustin, alzandosi “La nostra campionessa torna dal primo giorno di palestra! Com’è andata?”

“Stracciati tutti” sorride la ragazza, sedendosi.

“Lui è Yoann” esclama Tobias, indicando alla ragazza il giovane.

“Yoann, piacere” sorride la campionessa. Il ragazzo resta perplesso: aveva immaginato una campionessa come un qualcuno di severo, invece lei sembrava una ragazza così semplice e alla mano...

“Piacere mio” replica Yoann, un po’ più tranquillo.

“Dimmi, Yoann” inizia la ragazza “Da quando sei partito per il tuo viaggio?”

“Da pochi giorni...” risponde il giovane “Sono ancora un po’ indeciso sul da farsi...”

“Viaggi solo?” si intromette il ragazzo con i capelli neri, di nome Vinnie.

“Ehm... Sì, per ora sì... E credo anche per il resto del viaggio” risponde Yoann “Non conosco nessuno con cui poter viaggiare”

“Nemmeno noi ci conoscevamo” replica Emily, indicando la compagnia “Ma abbiamo viaggiato insieme... Non è questo, il problema”

“Allora spero di trovare qualcuno” sorride il giovane fuggitivo “Ma già  io e il mio Mudkip siamo una coppia affiatata, sopravvivrò anche da solo, probabilmente”

“Non ne ho dubbi” asserisce la campionessa, per poi rivolgersi al gruppo “Che ne dite, ceniamo? Sono distrutta”

Il gruppo si siede al tavolo, pronto a condividere un’ottima cena preparata dai nonni della campionessa Emily, mentre, fuori dalle finestre, un intruso ammira, incantato, la tavola.

La notte. Incredibile momento di pace e solitudine.

La sua solitudine.

Con lo sguardo di una bambola, Lady Lisette Rabideau torna a immaginare mondi sperduti, lontane gioie e incredibili trionfi.

“Tornerò” sorride, guardando la sua bambola preferita con aria apparentemente innocente.

Detto ciò, la bimba riprende a guardare le stelle.

“Anche se la stella più importante sei tu” sussurra alla bambola.

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So cold and so sweet


 


“Mi spiace davvero di colonizzare la tua stanza” sorride Yoann, seduto sul piano di sopra di un letto a castello.


“Ma figurati” replica il ragazzino biondo sotto di lui, mugugnando “E questa non è la mia stanza”


“Già , hai ragione” esclama il giovane, non riuscendo a trattenere le risate â€œÈ che sono un intruso, oggi, e ogni cosa che faccio mi sembra fuori luogo”


“Non preoccuparti” risponde il biondino alzandosi e andando alla finestra “Stasera nulla poteva distoglierci dalla festa”


Yoann nota in quella frase un qualcosa di simile a una malcelata malinconia.


â€œÈ tutto a posto?” chiede, un po’ preoccupato.


“Sì...” risponde il ragazzo, senza riuscire a trattenere le lacrime “O meglio, no...”


“Eh, l’ho notato... Posso chiederti perché sei triste? Stasera è stata una bella serata...”


“Sì, certo, ma... Ma quando loro parlavano di viaggi e avventure... Ecco, mi fa star male pensare di non esserci stato anche io”


“Non ci sei stato?” chiede Yoann, perplesso “Ma... Non hai viaggiato con Tobias?”


“Sì, ma non per tutto il viaggio” si lamenta lui “A metà  del viaggio è successo un imprevisto, ecco... Una cosa inaspettata...”


“Mh... Mi spiace, qualsiasi cosa sia”


“Non preoccuparti, posso raccontartelo” inizia il ragazzo “Davvero, non sei inopportuno, a chiederlo... Ormai sono abituato a raccontarlo... Ecco, il mio sogno era di diventare un ricercatore. Ho deciso di iniziare il viaggio insieme a Lada più di un anno prima del previsto; ero pieno di voglia di viaggiare, anche con una grossa dose di presunzione, così ho preso due Pokémon di mio fratello e via, allo sbaraglio per la regione. Ma ero ancora troppo piccolo, stupido, presuntuoso... Pensavo di sapere tutto dalla vita, di essere più maturo degli altri, ma ero solo terribilmente sciocco”


“So come ci si sente” interrompe Yoann “Anche io spesso ho pensato di essere una persona inutile, ma è tutto per uno scopo. Il mio scopo forse era quello di iniziare il gioco, il tuo quello di capire come comportarti”


“Hai ragione, alla fine anche io sono arrivato a questa conclusione, ma... Ma dopo... Ecco, il mio viaggio si è interrotto a metà , vicino Bliza, conosci? Ero ad una scuola primaverile, stavamo per partire alla volta di Hoennapolis, ma, come al solito, ho litigato con Lada, che da poco tempo non mi tollerava più, così sono salito su un albero e... Ed ecco, non essendo mai salito su un albero prima, non sapevo nemmeno scendere, e nella discesa... Nella discesa sono caduto rovinosamente, rompendomi una gamba e ferendomi dappertutto, e costringendo Tobias e Lada a tornare indietro e lasciarmi in ospedale. Ovviamente, dopo questo sono tornato a casa, fermandomi lì per tutti questi mesi”


Yoann abbassa il capo, intristito dal racconto. Adesso aveva finalmente capito perché quel ragazzino avesse quella strana cicatrice sulla guancia.


“Mi spiace, davvero” sussurra “Adesso che farai?”


“Adesso...” sorride il biondino “Adesso devo ripartire, ripartire da zero, senza troppe pretese... Sono convinto che la carriera migliore per me sia quella del coordinatore, sai... Tobias e Vinnie mi hanno sempre affascinato con quelle bellissime coreografie... Vorrei anche iniziare a creare le mie mosse, così come il vincitore del Grand Festival di quest’anno”


“Beh, bello” riflette Yoann “Io ancora non so, forse diventerò allenatore, non penso di essere adatto alla grazia e alla bellezza, non sono cresciuto con questi principi”


“Anche se Tobias è riuscito comunque a fare il coordinatore” obietta il ragazzino.


“Sì, ma sai... Tobias è sempre stato estroso, io no, sono sempre stato mite ma, diciamo... Diciamo “manuale”, ecco... Non so, probabilmente non mi troverei bene”


“Oh, è una decisione personale, questa... Comunque, io sono Frederik”


“Yoann, piacere” replica il giovane, un po’ interdetto “Ma... Tobias non ti ha chiamato Fénix?”


“Fénix è un soprannome che mi ha dato Lada, non farci caso” replica il ragazzino, sorridendo, per poi soffermarsi a guardare qualcosa fuori dalla finestra “Oddio...”


“Che succede?” chiede Yoann, curioso.


“Una cosa stupenda” sorride Frederik “Vieni, guarda!”


Il giovane fuggitivo scende dal letto, affacciandosi. Sotto la luce lunare, due figure abbracciate, strette. Una è Vinnie, il ragazzo dai capelli scuri della sera prima, l’altro è un Glaceon.


“Oddio! Quel Pokémon stava nella scogliera dove ho trovato Mudkip!” esclama Yoann, stupefatto.


“E quello stesso Pokémon è proprio lo starter di Vinnie” spiega il biondino “I due si erano separati quando Glaceon ha ritrovato la madre, persa durante una tempesta a dicembre dell’anno scorso... Alla fine è tornato sui suoi passi, però, a quanto pare”


“L’amore tra Pokémon e umani è questo...” riflette Yoann “Inseparabili, per sempre”


“Già ... È una cosa fantastica”


I due ragazzi ritornano ai propri letti, stanchi. Yoann si rigira più volte nel letto senza trovare sonno: è ancora un po’ scosso dalla storia di Frederik. Non è mai stato una persona insensibile, ogni dolore degli altri diventa anche suo, ogni dispiacere lo colpisce quasi allo stesso punto della persona offesa.


“Sono patetico” riflette il giovane, a denti stretti.


Ad un tratto, però, si sente chiamare da sotto il letto.


“Oh, Yoann!” sussurra Frederik, con la voce impastata dal sonno “Sai, mi piacerebbe riprendere il viaggio con te, pensaci e dammi una risposta domani, ok?”


“Ok” replica il giovane, anch’esso ormai sul punto di crollare nel mondo dei sogni. Sì, avrebbe seguito quello strano ragazzino biondo, probabilmente aveva bisogno di un aiuto, e anche lui ne avrebbe avuto bisogno, probabilmente.


Si sarebbero sorretti a vicenda.


 


Mentre nella casa una storia è pronta a iniziare, fuori un’altra storia sta per vedere la propria fine.


“Sai, Glaceon, è cambiato troppo da quando ci siamo lasciati” sussurra Vinnie, commosso “Il Grand Festival è stato stupendo, mi è dispiaciuto tantissimo non ci fossi tu... Alla fine ho perso contro Celeste, la ricordi? L’abbiamo incontrata alla nostra prima gara, ed è migliorata tantissimo... Solo che anche lei, alla fine, ha ceduto contro Evan... Sono stato felice per lui: insieme a lui e Yuri abbiamo trascorso dei momenti stupendi... A quanto so, adesso resteranno tutti e due a Holariya: Yuri vuole riprovare a centrare la lega Pokémon, alla fine non aveva ricevuto abbastanza medaglie, ma sai... Un allenatore di Pokémon Ghiaccio non può nulla contro una capopalestra di fuoco... Adesso ha imparato la lezione, e viaggerà  ancora, ripartendo da zero con il suo Vanillite e con un altro nostro amico, Chris, che a quanto pare con il suo GrogTM ha ottenuto una buona fama e farà  un bel giro di tutti i locali della regione. Anche i nostri altri amici sono pronti a viaggiare di nuovo... Ricordi Michelle, mia cugina? Beh, dopo aver lasciato la carriera di coordinatrice ha deciso, finalmente, di partire ancora, accompagnata da una sua amica allevatrice. E ancora tutti gli altri nostri amici... Jordan, impegnato nel campionato sportivo; Alejandra e Will, ancora impegnati nel decifrare i messaggi di quel dannato team che rubava i Pokémon leggendari... Alla fine, pare che a lasciare Holariya saremo davvero in pochi”


Glaceon ascolta i racconti del suo padrone incantata. Il giorno della partenza sembra così vicino, sebbene ormai sia passato più di un anno... E nonostante tutto, quell’impacciato ragazzino caduto rovinosamente dal burrone dove l’aveva trovato era completamente uguale a prima.


“E tu, sei pronta a partire, Glaceon?”


“Gla...” sussurra il Pokémon, stringendosi al suo amato padrone.


Sarebbe andata dappertutto, con lui.


 


“Ho delle informazioni” strilla una giovane segretaria, percorrendo i corridoi ormai familiari come casa propria.


“Interessante, sorella, interessante” sorride un uomo distinto, seduto su un’ampia scrivania in mogano “Dunque, nonostante tutto, le nostre ricerche non erano inesatte”


“No, non lo erano assolutamente” risponde lei, sorridendo.


“Bene, Julia, adesso torna alla tua postazione e comunica il tutto ai tuoi capi” replica l’uomo, con tono inespressivo “Che nessuno dei tuoi documenti resti qui dentro”.


“Lo consideri fatto” sorride la segretaria, abbandonando la stanza.


 


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Breaking Down


 


“Cosa vuol dire parto subito?” chiede, stranita, Lada, ferma sulla porta della casa-fienile.


“Vuol dire parto subito, il suo senso letterale” risponde, tranquillo Frederik.


“Ma oggi? Insomma, Fénix, non so... Non penso...”


“Non pensi sia pronto, vero?” sussurra il ragazzo, deluso.


“Non è questo... È che è ancora passato troppo poco tempo da...”


“Lada, io ti ringrazio di tutto quello che hai fatto per me in quella parte di viaggio in cui siamo stati insieme, ma adesso è arrivato, per me, il momento di partire, andare oltre, capisci? Voglio rifarmi una vita come coordinatore, lasciare il passato alle spalle”


“Ne sei davvero sicuro?” chiede Tobias, accanto alla ragazza con i capelli neri, visibilmente preoccupato.


“Sono cresciuto, in questi mesi, ho compiuto i quindici anni da poco e... Ed ecco, io sono pronto a partire, ad andare avanti, a superare le mie barriere”


“Fénix, non so” mugugna Lada, ancora perplessa.


“Lasciatelo partire, dai” esclama, però, una voce alle spalle dei tre. È Emily, la campionessa, insieme a Vinnie “Anche lui deve fare le sue esperienze, deve riprendere a provare le emozioni di un viaggio... È importante, ragazzi, lo è davvero”


“Inoltre, ho sempre sostenuto che la bravura di Frederik – preferisci essere chiamato così, vero? – potesse farlo diventare un ottimo coordinatore” aggiunge Vinnie, scambiando uno sguardo d’intesa con il biondino.


“Grazie...” mormora lui, abbassando gli occhi “E poi mi piacerebbe anche iniziare a creare le mie mosse, ho studiato molto e spero di riuscire a fare bene...”


“Lo farai” sorride Vinnie, avvicinandosi al ragazzo “E proprio per questo, voglio darti un qualcosa di speciale, per fare iniziare bene questo viaggio”


Il coordinatore si ritira in cucina, per poi tornare alla porta di casa con uno strano pacco cilindrico in mano. “Qui dentro c’è un qualcosa di davvero speciale che mi è stato regalato questa notte da un qualcuno di altrettanto speciale”


Frederik, stupito, prende in mano lo strano oggetto, aprendolo. Davanti ai suoi occhi si materializza un uovo Pokémon, contenuto in un incubatore per uova.


“Cielo! Non so che dire... Oh... Grazie, davvero, grazie!” esclama il ragazzo, come paralizzato.


“Non ringraziarmi, so che ne farai un ottimo uso” sorride Vinnie “Ora vai, Yoann è lì fuori che ti aspetta”


Frederik, ancora incredulo, si limita ad annuire e raggiungere a passo svelto il suo nuovo amico, indicando con aria smarrita l’involucro marrone del suo nuovo Pokémon.


All’interno della casa, intanto, i protagonisti di un’altra storia salutano la loro regione, pronti a partire ancora una volta alla conquista di altri luoghi.


 


“Punto della situazione” esclama Frederik, in cammino verso Praria “Che si fa?”


“Mah, dobbiamo cercare di far coincidere gare e palestra, quindi... Quindi andiamo al Centro Pokémon e guardiamo lì”


“Non c’è bisogno” sorride l’amico, guardando il suo PokéCell “Qui troveremo tutte le informazioni sulle gare e le località  delle palestre, che nella nostra regione sono poche. Ecco, vediamo... Beh, la palestra più vicina è ovviamente Praria, ma è meglio tornare qui alla fine, Emily adesso è ancora agguerrita, e tu hai un Mudkip... Non penso sia la scelta migliore”


“Esattamente, non avrei il tempo nemmeno di fare una mossa”


“Ecco, appunto” sorride il biondino “Allora, qui vicino ci sono due palestre: una a Lavinia e una a Novana, la prima di tipo fuoco, la seconda di tipo coleottero, mentre per le gare... Per le gare, ecco! Una gara sarà  a Sundea, una cittadina poco distante da Lavinia, mentre un’altra a Prexis, un po’ più su’ di Novana”


“Tu che dici, quindi? Andiamo a Lavinia o Novana?”


“Sai... Io preferirei andare alla prima, durante il mio precedente viaggio siamo partiti da Auron e siamo andati verso nord, quindi conosco già  la zona di Novana... Quindi sì, preferirei andare dall’altra parte”


“E dall’altra parte sia, allora” sorride Yoann, ammirando l’enorme vulcano in lontananza.


 


I due ragazzi attraversano i campi attorno a Praria, coltivati con sgargianti piante, fiori dai colori più disparati e ancora alberi, vigne e tutto ciò che possa rimandare all’abbondanza e al raccolto. Yoann ammira il panorama stupefatto: sulla sua isola il terreno era molto spesso brullo e desolato, con poche palme a velare i vicoli della cittadina, spesso bruciata dai raggi cocenti del sole.


 â€œCi fermiamo un po’?” chiede Frederik dopo un paio d’ore.


“Sì, dai” sorride Yoann, guardandosi attorno “Lì sotto c’è una piccola pozza d’acqua con alcune palme, possiamo fermarci lì”


“Grandioso!” replica l’amico, avventurandosi tra l’orzo per raggiungere la pozza.


Arrivati all’oasi artificiale, i due ragazzi si riposano per alcuni minuti, parlando dei progetti futuri. Al momento di partire, però, Yoann decide di dare uno sguardo al panorama dall’alto di un masso terroso notato lì vicino.


“Fred, aspetta qui un attimo, voglio vedere se da qui si vede ancora Praria” asserisce il giovane, avvicinandosi al masso visto precedentemente, per poi salirvi aggrappandosi ad alcune foglie sulla sua superficie.


“Yoann, aspetta, quello non sembra... Non so...” inizia l’amico, per poi interrompersi bruscamente e indietreggiare.


“Che succede?” sorride il giovane dall’alto del masso, guardando Frederik distante da lui e atterrito.


“Quello non è un masso”


Yoann non fa in tempo a scendere che sente la terra sotto di lui muoversi bruscamente e, successivamente, alzarsi in volo.


“Porca miseria” si allarma il giovane, aggrappandosi con le mani alle grandi foglie svolazzanti.


“Yoann, quello è un Tropius, te l’avevo detto!” urla Frederik sotto di lui.


“Non mi avevi detto proprio niente!” replica il giovane, facendo uscire fuori dalla Pokéball Mudkip “Usa... Usa qualcosa, basta che lo fai scendere... Prova con Pistolacqua”


Il Pokémon esegue, colpendo il Tropius in pieno petto. Il grande Pokémon Frutto, tra lo stizzito e il divertito, replica con Foglielama che, però, non colpisce il veloce Pokémon d’acqua.


“Mudkip... Prova con Azione” ordina Yoann.


La mossa, però, non ha l’effetto previsto. Il grande Pokémon, colpito, plana bruscamente insieme al giovane, che si ritrova a terra.


“Sia santo l’orzo...” sussurra, rendendosi conto del fatto che la caduta fosse stata attutita proprio dal cereale.


Yoann rialza la schiena, trovandosi faccia a faccia con Tropius. “Ecco, adesso mi colpisce in faccia” pensa il ragazzo con la solita inadeguatezza di chi sa di essere come spacciato. Il Pokémon Frutto, invece, si limita a posare la testa sulle gambe del ragazzo, come un cuscino.


Yoann, divertito, inizia a ridere, mentre Frederik, nascosto tra le piante, riemerge un po’ stupito.


“E quindi?” chiede il biondino all’amico “Che facciamo?”


“Non si smuove” sorride Yoann, un po’ teso “Sai che faccio? Provo a catturarlo, anche se non ci riuscirò, così poi mi alzo, si libera, ma io sono già  in piedi e poi possiamo andarcene”


“Buon piano” conferma l’amico “Provaci”


Yoann prende la Pokéball dalla tasca, per poi premere il pulsante e vedere Tropius scomparire nella consueta luce rossastra. Velocemente, il giovane fuggitivo si alza da terra, tenendo ancora in mano la Pokéball, vibrante.


“Ce l’abbiamo fatta!” esclama, poi, rivolto verso Frederik.


“Già â€ sorride l’amico, per poi soffermarsi sulla sua mano “Yoann, non te lo vorrei dire, eh...”


“Cosa?” chiede, allarmato, il ragazzo.


“No, dicevo... Non te lo vorrei dire, ma... Ecco, l’hai catturato”


Yoann guarda la mano, ancora stretta sulla Pokéball, ferma.


“L’ho catturato” sussurra, stupito “Ho catturato un Tropius come primo Pokémon”


“Che culo” esclama, lapidario, l’amico “Ma ora andiamo, si sta facendo tardi, la colpa è tua se non troviamo in tempo un Centro Pokémon”


“Tanto lo troviamo” sorride Yoann, ancora sconvolto dalla cattura. Per quella notte, dormiranno in tenda.


 


“La nostra azione di ricerca è pronta”


“Me ne compiaccio, fratello” mormora il comandante, ammirando la stupenda creatura nel suo atto di crescita.


“Dunque... Dunque cosa dovremmo fare? Aspettiamo ancora?”


“Il tempo...”


Il comandante si muove lentamente, ammirando le sei teche pronte ad ospitare le sue creature.


“Non è ancora tempo di agire, ma di tornare. Lo faremo in pompa magna”


 


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On your breath


 


Nella risalita per Lavinia, ad ogni passo l’aria si appesantisce di un odore acre di fumo, ma allo stesso tempo di fiori e frutti.


“Le ceneri vulcaniche favoriscono l’agricoltura” aveva spiegato Frederik pochi giorni prima “Quindi, qui come a Praria, c’è sempre una grande abbondanza”


Yoann era davvero sconvolto dal paesaggio. A piantagioni, ruscelli e praterie si alternavano sbuffi di fumo, colate di lava ormai solidificate e sorgenti termali spesso coronate da mastodontici alberghi e resort creati per ristorare tutti quanti gli Holariyani e viziarli con cure termali.


“Dunque, Yoann” inizia Frederik “Siamo quasi arrivati, Lavinia è praticamente a poche miglia”


“Sì...” sussurra il giovane, determinato.


“Per prima cosa, ricorda gli allenamenti di Mudkip: deve essere pronto a qualsiasi evenienza, ma tranquillizzati, di solito il primo capopalestra aiuta sempre lo sfidante”


“Mh” storce la bocca l’amico “Non mi piace, questa cosa... Se si è forti, si dovrebbe dimostrare”


“Ah, beh, certo, ma ti vorrei proprio vedere contro un Charizard o un Volcarona alla prima sfida” replica Frederik, stizzito.


“Hai anche ragione tu” ammette Yoann.


“Anche?” sorride l’amico “Dai, forza, andiamo”


 


Lavinia è, probabilmente, uno dei paesi più strani della provincia di Holariya. L’intera cittadina, non molto popolata a causa del costante rischio di vivere sotto un vulcano, è raccolta intorno a un piccolo laghetto perfettamente rotondo di colore giallo.


Tutto intorno, ripidi pendii costellati da piantagioni terrazzate e foreste verdi dove si scorgono spesso gli abitanti, intenti a lavorare la terra.


“Qui a Lavinia, la capopalestra, Clarissa, ha da sempre cercato di usare il fuoco e il gas a suo vantaggio, rendendo il paese una grandissima centrale elettrica”


Yoann guarda il paesaggio attorno, perplesso: quelle simpatiche casette gialle dal tetto spiovente non possono di certo essere fabbriche, con i panni stesi e le donne affacciate a chiacchierare.


Notando l’espressione stranita dell’amico, Frederik precisa il suo discorso: “Ovviamente, la centrale non si vede, è sotterranea, proprio come la palestra”


“La palestra è sotterranea?” chiede il giovane, con un velato panico.


“Sì, sotterranea...” risponde Frederik, per poi notare l’espressione dell’amico “Ma... Yoann, tutto a posto?”


“Sì” risponde il ragazzo “Andiamo...”


 


Salendo su per una ripida scala, sempre più verso la bocca del vulcano, i ragazzi si ritrovano in un ampio spiazzo al limite tra la zona coltivata e una zona brulla e quasi desertica


“Questa è la porta della centrale” spiega Frederik, indicando una grande apertura nella roccia nuda “Lì c’è anche la palestra”


Yoann si limita ad annuire risoluto, cercando di celare il terrore: non è mai stato in spazi chiusi o sotterranei, e questo lo spaventa terribilmente.


Appena entrati, i due ragazzi vengono avvolti da un terribile odore di fumo. Dalle pareti, dalla terra, dalle sale circostanti. Tutto, attorno, è fatto solo ed esclusivamente di roccia scura, intervallata da alcune porte di ferro blindate, tubi argentati e vetrate che lasciano scorgere enormi pozze di magma circondate da scienziati intenti a studiarle.


Alla fine di un lungo corridoio, i due ragazzi giungono, finalmente, alla palestra, indicata da una enorme sfera Poké appesa al muro.


“Yoann, entra tu e lancia la sfida” sussurra l’amico, per poi indicare una scala laterale “Io resterò a guardarti dagli spalti”


Il giovane allenatore, intimorito, oltrepassa l’apertura che conduce alla palestra, per poi ritrovarsi in un’altra sala, simile ad una sala d’aspetto, ma vuota.


“Serve aiuto?” chiede un uomo, sopraggiunto sul momento.


“Dovrei sfidare Clarissa” risponde Yoann con il fiato mozzato.


“Devi aspettare qualche istante: si è appena conclusa una sfida”


“Ok...” sussurra l’allenatore, sedendosi su una panca ricavata dalla roccia. Non avrebbe tollerato quel luogo per ancora molto.


Improvvisamente, la porta della palestra si apre. Yoann si alza, pronto ad entrare, mentre un altro ragazzo esce, in lacrime ma sorridente. Non è molto alto, ha i capelli corti e castani e la pelle chiara. Insieme a lui, un imponente Samurott.


“Tutto a posto?” chiede Yoann, un po’ preoccupato.


L’allenatore in lacrime si limita ad annuire, per poi correre verso le scale che portano agli spalti.


Perplesso dal comportamento del ragazzo appena uscito dalla sala, Yoann oltrepassa la porta della palestra.


“Salve, sono qui per una sfida” inizia, salutando la capopalestra, al centro della sala.


“Oh, prego, vieni” risponde lei, un po’ perplessa, per poi iniziare a ridere “Ti darei la medaglia solo perché non sei entrato urlando!”


“Ehm... Cioè?” chiede Yoann, cercando di trattenere il respiro e non pensare al luogo in cui si trovava.


“Sai, tutti entrano nelle palestre urlando cose del tipo ‘Ti sfido!’, ‘Sono qui per sconfiggerti!’, quindi... Non so, mi è sembrato strano” continua, amichevolmente, lei “Comunque, sono Clarissa, capopalestra di tipo fuoco. Sembro una persona calma, ma so tirar fuori la mia energia come fiamme, quelle che addestro e insegno ai miei Pokémon”


“Piacere, Yoann” sorride il ragazzo, guardandosi attorno.


La capopalestra pare interdetta: “Uhm... Certo, piacere...”


Da sopra gli spalti, Frederik, insieme ad altri due ragazzi, stanno ridendo come matti.


“Non ho mai visto una presentazione così focosa” esclama, tra le lacrime, un ragazzo con un Treecko in spalla.


â€œÈ la sua prima palestra...” spiega Frederik, anche lui piegato in due dal ridere “Ma non avevo mai visto un capopalestra così in soggezione...”


“Anche io sono timido, ma ad ogni sfida libero me stesso, il tuo amico sembra così calmo” ride insieme agli altri due l’allenatore uscito precedentemente dalla sala, che alle lacrime aveva sostituito un riso sfrenato.


“Vediamo un po’ se il tuo amico saprà  smontare Clarissa anche con la lotta” esclama il ragazzo col Treecko, tornando serio. O quasi.


 


Sul campo di battaglia, l’allenatore e la capopalestra hanno schierato i propri Pokémon. Uno a testa.


“Forza, Magby, infiammalo!” esclama Clarissa, ancora interdetta dalla stranezza del suo avversario.


“Mudkip... Ehm... Vai...” esclama Yoann. Il ragazzo è molto confuso: dentro di sé sa perfettamente di dover essere più zelante, come tutti gli altri allenatori, ma semplicemente non ci riesce. Si sente ridicolo a ogni parola un po’ più eccitata del solito.


Il Pokémon d’acqua scende in campo, pronto a lottare.


“Magby, muro di fumo!” inizia la capopalestra, annerendo e rendendo ancora più irrespirabile l’aria circostante. Yoann entra quasi nel panico: non riesce più a respirare.


“Mudkip... Pistolacqua, fai qualcosa” ordina il ragazzo, con la voce tremolante e una tremenda confusione in testa.


Il Pokémon, percependo il panico del suo padrone, attiva tutti i suoi sensi, individuando Magby e colpendolo in pieno. Clarissa mugugna, evidentemente colpita dalla precisione del Pokémon.


“Vai con Smog, Magby” ordina la capopalestra.


Il fumo acido prodotto dal Pokémon si confonde con l’aria circostante e colpisce Mudkip, che non riesce ad evadere dalla terribile nube creata con la mossa precedente. Yoann è sul punto di svenire.


“Oddio” sussurra Frederik, preoccupato dall’amico “Che sta succedendo?”


“Temo sia claustrofobico” risponde, lapidario, l’allenatore di Samurott.


“Ora, Magby, prova con Finta” urla lei.


“Mudkip...” inizia Yoann con voce strozzata, cercando di respirare il meno possibile “Circondati d fango”


Il Pokémon, con Fangosberla, crea un muro di fanghiglia sul quale Magby, ingenuamente, si schianta. La nube di fumo inizia a diradarsi, lasciando Clarissa senza parole.


“Ma che diavolo..?”. La capopalestra non aveva sentito l’ordine di Yoann a causa della sua voce bassa e condizionata dal fumo, mandando il suo Pokémon nelle braccia della sconfitta.


“Mudkip, Pistolacqua” urla Yoann, con la gola in fiamme.


Il Pokémon d’acqua attacca, ma il suo getto si scontra contro un forte Braciere di Magby. L’incontro tra le due mosse provoca ancora fumo, ma questa volta bianco e meno puzzolente, che copre i due Pokémon. Dopo una manciata di secondi che pare un’eternità , la nube si dirada di nuovo, lasciando sul campo un solo Pokémon in piedi: Mudkip.


“Ha vinto, nonostante tutto” commenta l’allenatore di Treecko.


Frederik, però, è già  scappato sotto ad abbracciare l’amico.


 


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Black to red


 


“E dunque, Yoann, loro due sono Chris e Yuri” spiega Frederik, presentando all’allenatore, uscito vittorioso dalla palestra ma ancora un po’ scosso dalla pessima esperienza.


“Piacere, io sono Chris” esclama il ragazzo col Treecko sulla spalla “Questo è il mio secondo viaggio qui ad Holariya, per riuscire a compiere una grandissima impresa”


“Oh, cosa sarebbe?” chiede Yoann, incuriosito.


“Vendere il GrogTM di sua produzione ai bar della regione” sorride l’altro allenatore, accanto a Chris “Comunque, sono Yuri, anche io al mio secondo viaggio”


“E comunque, mi spiace davvero per l’anno scorso” dice Frederik all’improvviso, rivolgendosi verso Yuri.


“Non fa niente... Questo succede quando si è poco preparati” replica il ragazzo “Comunque, noi dobbiamo scappare, abbiamo perso troppo tempo a Lavinia, vero Chris?”


“Già , adesso andiamo sul mare a prendere il sole e cercare di corrompere qualche bar per la strada” sorride Chris, estraendo dallo zaino un fiaschetto e bevendo un po’ di GrogTM da esso.


“Arrivederci” esclama Yuri, imboccando la strada verso la costa.


“Eddai, aspettami, almeno un sorso!” si lamenta Chris, per poi seguire l’amico.


“Che buffi” sorride Frederik “Sai, quel ragazzo, Yuri, ha viaggiato con il vincitore del Gran Festival, ti rendi conto?”


“No” sorride Yoann, cedendo alla sincerità  â€œDimentichi che prima di arrivare ad Holariya non sapevo nemmeno cosa fosse, un coordinatore”.


“Ah, già ...” mormora l’amico, rosso in volto.


“Non fa niente” lo conforta l’allenatore “Dunque, noi che dovremmo fare ora?”


“Dovremmo andare a Sundea, quindi non verso la costa, ma dietro il vulcano, direi di andare in fretta e...”


“ASPETTATE!” urla una voce femminile da dietro i ragazzi, facendoli sobbalzare.


I ragazzi si girano verso la voce, e improvvisamente Yoann sente il petto tornare a stringersi.


“Sei il ragazzo della panchina!” esclama la figura femminile davanti a lui “Allora sarà  tutto più semplice”


Yoann è ancora paralizzato. Non avrebbe mai immaginato di incontrare ancora quella ragazza. Ancora dopo giorni ricordava quel breve incontro: quel sorriso determinato, quella strana sicurezza...


“Mi spiace di avervi spaventato” inizia lei “Ma ho assolutamente bisogno di un’intervista. Mi chiamo Airish, sono una giornalista e allevatrice di Pokémon, lavoro per ‘La gazzetta di Hoenn’, e sono stata inviata qui per scrivere una guida per allenatori... Mi serve il vostro aiuto”


“Dì pure” sorride Frederik.


“Bene, mi serve una testimonianza sulla lotta con Clarissa: ho ascoltato i vostri discorsi e mi piacerebbe sapere cosa ne pensate, insomma...”


“Beh...” inizia Yoann, imbarazzato da morire â€œÈ stata una bella lotta, anche se... Ecco, il fumo mi ha confuso un po’”


“Il fumo, dici? Già , lì dentro l’aria dev’essere irrespirabile! Anche ad Hoenn esiste un vulcano, ma noi non ci costruiamo le palestre dentro, insomma... Immaginate, e se scoppiasse?”


“Non scoppierà â€ esclama, stizzito, Frederik “Qui ad Holariya usiamo queste cose per l’energia rinnovabile”


“Sì, certo, ma è sempre un vulcano” replica la giornalista “E dite, dove siete diretti?”


“A Sundea, per una gara Pokémon” replica il coordinatore “La mia prima gara”


“Oh, che cosa bella!” esclama la ragazza, con gli occhi illuminati “Non vi spiace se vengo con voi, vero? Voglio proprio capire come funzionano le gare nella vostra regione, tutti me ne hanno parlato sempre in maniera contrastante”


“Contrastante come, scusa?” chiede Frederik, sempre più infastidito.


“Non fraintendermi, dai” scoppia a ridere la ragazza “D’altra parte mi vedi? Sono bionda, quindi non connetto molto”


“Sono biondo anch’io, e connetto benissimo, come anche te”


“Oh, basta! Ogni persona ha il suo punto di vista” esclama, spazientito, Yoann “E tu, Airish, se vuoi venire con noi, puoi”


“Davvero? Grazie, ragazzo della panchina!” sorride la ragazza “Non vi spazientirò troppo... Solo il necessario”


 


Il sole del primo pomeriggio illumina tutta la costa, stesa a perdersi davanti agli occhi dei tre ragazzi.


“Questi panorami a Hoenn non ci sono” esclama Frederik, punzecchiando la ragazza.


“Prima visitala, poi parla” replica lei, scherzosamente.


“Anche tu allora dovresti parlare della mia regione conoscendola”


“Infatti, sono qui per questo”


“Frederik” interviene Yoann, divertito dal battibecco â€œÈ una battaglia persa, ti sta annientando... Piuttosto, come pensi di partecipare alla gara? Con un uovo?”


“Ovvio che no!” scoppia a ridere il ragazzo “Conto di catturare un nuovo compagno prima di Sundea, ma ho anche un altro Pokémon che porto dal viaggio precedente... Un Butterfree”


“Oh, non me l’hai mai detto” esclama l’allenatore.


“Sì, ma... Boh, non so” scoppia a ridere l’amico “Piuttosto, Airish, hai dei Pokémon abbastanza forti per questa regione?”


“Tranquillo, potrei annientarti in poche mosse” replica la ragazza, con la sua consueta calma ironica “E su, su, quando pensi di catturare il nuovo Pokémon? Quando avrai cent’anni? Sempre se ci arriverai, ovvio”


“Allevatrice, dovresti sapere che un Pokémon si cattura quando il Pokémon vuole essere catturato” replica il coordinatore, stizzito.


“Eh, caro mio, sbagli, sta a te riuscire ad instaurare un rapporto”


“Sentite” interviene di nuovo Yoann “Adesso, proporrei semplicemente di camminare, quando Frederik troverà  un Pokémon o sarà  a sua volta trovato da un Pokémon, lo catturerà . Stop”


 


“Signore, è ora”


Una giovane recluta, determinata, ha comunicato, finalmente, l’ordine di iniziare a creare ancora quel soave panico che aveva oscurato la regione l’anno precedente.


“In grande stile” sorride il comandante, seduto sul suo enorme Salamence “Come i vecchi capitani non hanno saputo fare”


“In grande stile” ripete la recluta, spostandosi dalla sala comando alla sala operativa, distante pochi metri.


“Facciamo vedere al mondo che siamo tornati!” sussurra il comandante, ammirando dall’alto il mare.


 


Era successo all’improvviso.


Un attimo prima, Frederik, Yoann e Airish discutevano sul futuro, un attimo dopo, tutto era diventato nero.


Un nero profondo, costellato solo da alcune piccole stelline luminescenti.


Davanti a loro, la grandezza del Vulcano di Lavinia, vivo, rombante.


Ma non di fuoco.


Dalla bocca pare uscire un enorme drago meccanico, una nave volante dalle fattezze di un enorme rettile mortale.


Tutto l’est della regione di Holariya si ferma, guardando lo strano avvenimento sul suo monte più alto. Così sulle spiagge dell’assolata Raigena, fino ai grattacieli della capitale Liteca, e ancora le sponde più orientali del Lago Erchen, fino ai Monti del Sole di Saiton e Novana.


I tre ragazzi, invece, sono lì. Sotto l’enorme creatura.


 


“Holariya” tuona una voce dall’interno del rettile “Siamo tornati”


 


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Black to red - pt.2


 


“L’avevo detto!” urla Airish, preoccupata, cercando di non far notare la sua ansia “Questo succede quando si interferisce con la natura!”


“Quella non è di certo la palestra!” esclama, di rimando, Frederik “Non so cosa sia...”


In tutto ciò, Yoann preferisce tacere. Quel fumo, quel caldo asfissiante sono per lui la rievocazione di quella tremenda battaglia in palestra.


“Perfetto” sussurra il ragazzo gemendo.


“Che cosa pensate che sia, allora?” chiede allora Airish, accostandosi ad una roccia per ripararsi dalle folate di vento intrise di cenere.


“Penso di averlo capito, purtroppo” risponde Frederik “Si tratta dei Reebath, un’organizzazione che agiva nella zona della nostra regione qualche anno fa: nessuno capì a quel tempo cosa diavolo stesse succedendo e chi fossero, e gli stessi capipalestra con alcuni allenatori vi indagarono su”


“E nessuno ha capito nulla?” domanda la ragazza tra i colpi di tosse.


“No, perché i Reebath erano semplicemente scomparsi”


I tre ragazzi si voltano verso l’alto, fissando la figura dalla quale proveniva quella voce. Il fumo confondeva i contorni, ma Yoann riesce a scorgere l’esile figura di una ragazza.


“Seguitemi, senza fare domande” esclama quella.


“Andiamo” replica risoluto Frederik, seguendo la ragazza.


Yoann e Airish si scambiano uno sguardo particolarmente perplesso: chi è quella? Come mai Frederik la conosce?


 


Dopo poco meno di un chilometro, i quattro giovani raggiungono una spianata sterrata sulla quale è parcheggiata una simpatica roulotte.


“Entrate, e chiudete in fretta la porta” ordina la giovane, entrando nell’abitacolo.


All’interno, i tre giovani notano una normalissima e ordinaria roulotte, anche piuttosto vecchiotta. Pochi utensili, due letti barbaramente rifatti in coda, un tavolo al quale è seduto un ricercatore intento a scrivere qualcosa al computer.


“Will” esclama la ragazza quasi atona.


“Oh, Alejandra, sei tornata”. Il ricercatore si alza dal tavolo, dirigendosi verso la ragazza “Vedo che con te ci sono anche dei ragazzi e... Fénix?”


“Frederik, grazie” risponde il coordinatore con un sorriso forzato “Ho preferito abbandonare quel nome nei ricordi della mia infanzia”


“Dicevamo” si intromette Alejandra “Il Team Reebath”.


“Aspetta un attimo! Fammi almeno salutare gli altri due ragazzi” sorride Will, rivolgendosi a Yoann e Airish “Mi chiamo Will, sono un matematico e ricercatore della Scuola Superiore di Liteca, la capitale della nostra regione, mentre lei è Alejandra, sorella della capopalestra di Liteca, nonché campionessa di quattro anni fa”


“Potevo presentarmi anche da sola, non sono impedita” sbuffa la ragazza, sedendosi sulla panca attorno al tavolo.


“Ehm... Sì, parlavamo del Team Reebath” continua imbarazzato Will “Vi racconto la storia dalle origini. La prima azione del Team Reebath si è svolta in dicembre, un anno e mezzo fa, quando poco distante dalla cittadina di Palmizia venne rubato il Pokémon Jirachi, misteriosamente ritornato sulla terra nonostante ci avesse graziato con la sua presenza pochi anni prima. L’avvenimento ovviamente incuriosì e preoccupò l’opinione pubblica. Successivamente, avvenne uno strano rogo in una foresta vicina alla città  di Liteca, sempre causato dai Reebath, quella volta intenti in catturare Celebi, dove un giovane riuscì a varcare le soglie di un portale creato appunto dal Pokémon, in cui venne a contatto con la realtà  della regione meriovale e  dei Cavalieri di Salamence, leccapiedi del Team Reebath con i quali sono entrati in contatto grazie a un varco spaziotemporale creato con l’aiuto di un macchinario che ancora non siamo riusciti ad individuare e distruggere. Poco tempo dopo, in primavera, è stata svolta un’azione contro i Reebath che avevano appena catturato Mew, dove siamo riusciti a liberare il Pokémon rosa, ma non Jirachi e Victini, altro Pokémon catturato non sappiamo dove o perché. Per alcuni mesi vi è stata calma piatta, fino a quando i Reebath hanno agito nelle isole del Sud, luogo in cui sono stati duramente sconfitti da un mini-esercito composto da alcuni capipalestra. Dopo questo avvenimento erano completamente scomparsi, ma sapevamo tutti che sarebbero tornati, in quanto ancora in possesso sia di Jirachi che di Victini, mentre ormai Celebi e Mew sono al sicuro nella Torre dei Mari, una strana roccia al centro delle Isole del Sud”


“Conosco quel luogo” esclama Yoann, sentendosi stranamente coinvolto da quella storia “Io ho vissuto a Calaluna, e da noi la Torre dei Mari è vista come un luogo davvero sacro. Si narra che al suo interno viva ancora oggi una popolazione di Mermel, Pokémon Sirena ormai estinti”


“Esattamente” si intromette Alejandra “Le nostre ricerche si sono basate proprio su quello, sulla possibilità  che le Isole del Sud siano solo la parte emersa di una regione Pokémon ormai perduta negli abissi, ma ancora abitata da Mermel e pochi umani sopravvissuti”


“Questo quindi confermerebbe le teorie dei Seejah, ovvero che i Mermel siano effettivamente governati da un Dio del Mare”.


A quelle parole, Yoann sente il sangue gelarsi nelle vene. Non poteva credere di essere scappato e di venire, infine, a conoscenza del fatto che la sua tribù avesse ragione.


“Ma... Non è ancora detto che sia così, vero?” chiede Frederik, captando il disagio dell’amico.


“No, non è detto, e soprattutto il culto dei Seejah è di certo un’esasperazione, ma le probabilità  che il serpente alato di cui si narra in realtà  esista sono molto alte, in quanto non ci sarebbe alcun motivo per il quale Celebi e Mew si siano rifugiati proprio nella Torre dove dovrebbe vivere quel Dio” spiega il ricercatore, squadrando Yoann, probabilmente capendo la sua provenienza.


“Ma ragazzi, le ricerche dovranno di certo continuare e adesso è il momento chiave per riuscirvi. Quello di oggi è stato semplicemente un avvertimento, il problema è che i Reebath attualmente sono ormai evoluti, mutati, pensiamo siano anche radicati nella politica della nostra regione”


“Nessun luogo è più sicuro” balbetta Frederik “Cosa avete intenzione di fare ora?”


“Continueremo a indagare” afferma risoluta Alejandra “Siamo pochi, tre persone, ma ce la faremo”


“Tre?” chiede Airish, fino a quel momento taciturna.


“Esattamente” replica Will “Io, che studio e cerco di aiutare capendo gli intrecci tra le azioni dei Reebath, Alejandra, destinata alle comunicazioni con la sede centrale e aiutante nelle ricerche e infine Eric, un giovane conosciuto durante una scuola estiva che è il braccio, e attualmente è in missione cercando di raggiungere il serpentone dei Reebath per attaccarvi un localizzatore”


“E... Come va la missione?” chiede allora Frederik, un po’ sulle spine.


“Per ora bene” inizia Alejandra “Purtroppo lui è da solo, oggi, in quanto io ultimamente... Bah, lasciamo perdere”


I tre ragazzi si guardano perplessi e spaventati. “Non possiamo lasciarvi da soli” sussurra Frederik, col capo chino “Almeno io non posso”.


Yoann e Airish si voltano verso il ragazzo, comprendendo cosa stesse per fare.


“Io ho già  avuto la mia possibilità  e l’ho sprecata, ho una squadra da parte capace di lottare a livelli più elevati, posso riuscire a seguire questa storia anche perché ho ricevuto una formazione da allenatore”


Yoann sente le lacrime agli occhi. Non aveva mai percepito quella sensazione, cresciuto in un clima di rabbia e odio, condannato sempre all’indifferenza e al poco zelo “Fred...” susssurra, con il cuore in gola.


“Mi spiace, ragazzi, purtroppo è giusto così” sussurra l’amico “Airish, mi spiace anche di averti lasciato ora, forse potevo essere utile per il tuo libro”


“Non preoccuparti, è giusto così” sorride mestamente la ragazza “Io e Yoann continueremo a viaggiare insieme, scoprendo insieme questa regione”


“Allora è un arrivederci” sorride Frederik, per poi guardare intensamente Alejandra “Sempre se voi mi accetterete”


“Non siamo nelle condizioni di non farlo” ammette la ragazza “Per quanto tu sia ancora a mio parere inesperto, abbiamo bisogno di aiuto”.


“Grazie Frederik” sorride Will “Ti siamo debitori”.


 


 


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All this and heaven too

 

 

 

“Non ce l’ho fatta”

La porta della roulotte si apre all’improvviso, facendo penetrare nell’abitacolo l’odore di fumo, ormai mitigato dalla brezza marina.

“Eric!” esclama Will, correndo verso il ragazzo “Oddio, che ti è successo?”
“Pare che i nostri amici abbiano smesso di usare solo i Pokémon e siano passati alle mani” spiega il ragazzo con voce sofferente.

Yoann squadra il giovane, con la schiena percorsa da brividi di paura. Il volto è una maschera di sangue: da una ferita alla base del cuoio capelluto il sangue ha ormai percorso tutti i lineamenti pronunciati del volto, fino a colare sui vestiti, laceri, sporchi e anch’essi solcati da strappi dai quali si intravedono escoriazioni e tagli.

“Che diavolo” ghigna Will, facendo sedere il ragazzo su un letto “Bisogna medicarlo subito”

“Yoann” sussurra, intanto, Airish “Non penso che questo sia per loro un buon momento, andiamo via”

“Va bene” replica il ragazzo contenendo il terrore.

“Frederik, noi andiamo” esclama, allora, la ragazza “Non vogliamo essere d’impiccio in questo momento, buona fortuna per il futuro”.

“Ragazzi...” saluta Frederik, commosso “Grazie anche dei pochi momenti trascorsi insieme, e Airish... Vorrei darti una cosa”.

L’amico estrae dalla sua sacca un uovo, porgendolo poi all’amica.

“Questo me l’ha dato un mio caro amico a cui avevo promesso di diventare coordinatore. Voglio che sia tu a prenderlo, così da poter prendere parte alle gare di questa regione”.

“Frederik, io non sono...” inizia la ragazza, ridando l’uovo all’amico.

“No, so che puoi farcela, sei una ragazza molto risoluta... E Yoann, buona fortuna con la Lega”

“Ci rivedremo?” chiede l’allenatore, fissando l’amico negli occhi.

“Ci rivedremo. Lo so” replica l’amico.

 

Gli ultimi raggi di sole del giorno sfiorano delicatamente il mare lievemente increspato quasi fosse velluto.

“Yoann, guarda lì sotto” esclama ad un tratto Airish “Vedi quella macchia nera lontana?”

“Sì, la vedo” replica il ragazzo, scorgendo nel rosa del cielo una chiazza più scura.

“Quella è la mia Hoenn, la mia regione” replica la ragazza, quasi commossa “Non lo do a vedere, ma mi manca tantissimo”

“Posso capirti” replica il ragazzo “Anche io spesso ho malinconia di casa, ma pensando al futuro passa tutto”

“Noi umani siamo casi persi” sorride la ragazza, avviandosi lungo il percorso.

“A quanto pare sì” sorride Yoann “E in questo caso, non siamo casi persi, ma persi e basta”

“Già , quello era sottinteso” esclama Airish ridendo fragorosamente “Faremmo meglio a trovare un Pokémon Center o una baita e capire dove diavolo siamo finiti”

 

Pochi minuti prima che le luci del giorno si esaurissero per lasciare spazio alle tenebre, i ragazzi individuano nella boscaglia una piccola casetta in legno con l’insegna della Pokéball. Tutto attorno è bosco, ma con graziosi dettagli sparsi come panche, spianate per la lotta e piccole celle in legno.

“Un’area campeggio, penso” ipotizza Yoann “Andiamo a chiedere se è disponibile una stanza”

I due ragazzi entrano nel centro, avvicinandosi alla reception, relativamente affollata.

“Senta, ci servirebbero sette postazioni letto” esclama un ragazzo nel gruppo.

“Guarda, sono disponibili solo tre stanze da tre letti” spiega la receptionist del campeggio “Uno di voi dovrà  accontentarsi di dormire da solo”

“Perché non sola? Cos’è questo femminismo?” replica ridendo un ragazzo un po’ più alto degli altri, scatenando l’ilarità  del gruppo “Mandiamo Claire nella tenda da sola, tipo in ritiro spirituale”

“Fra, basta, ti denuncio per causata solitudine” replica una ragazza nel gruppo.

“Scusate” si intromette Airish, ad un tratto “Servirebbe anche a noi una stanza, siamo due”

“Ecco risolto il problema della solitudine” sorride cortese la receptionist “Intanto, consegno a questi due ragazzi la loro chiave, voi altri decidete con calma chi ‘isolare’, che dite?”

“Io isolerei Fra, se lo merita” esclama una ragazzina un po’ più piccola con i capelli ricci e scuri.

“E va bene, che affetto che avete per me, andrò io!” alza le mani il ragazzo più alto, per poi rivolgersi ad Airish “Spero di non disturbarvi, se no dormi nell’erba, eh”.

“Ma figurati” sorride la ragazza, uscendo dalla baita per recarsi alla stanza assegnata insieme a Yoann e all’altro ragazzo.

 

“Comunque mi chiamo Francis, per gli amici Fra” inizia il giovane, una volta entrato nella stanza.

“Piacere, Airish, sono una giornalista di Hoenn” si presenta la ragazza, per poi indicare il giovane Seejah “Lui è Yoann”.

“Ciao” saluta Francis, cordiale, mentre Yoann si limita a chinare la testa e sorridere, per poi tornare al suo letto a sistemare i suoi abiti.

“Dunque, Fra, cosa fai nella vita?” chiede Airish cordialmente.

“Beh, ho appena concluso il mio ciclo di studi di Tecniche per la Cura dei Pokémon, il mio sogno è quello di riuscire un giorno a diventare un Medico Pokémon, ma ho preferito iniziare dalle basi, facendo proprio una scuola specifica”

“Beh, interessante, noi invece siamo in viaggio per la regione: io devo scrivere un libro su Holariya per conto di un giornale della mia regione, mentre Yoann è un allenatore”

“Un allenatore, pr0!” esclama Fra, rivolto al giovane.

“Sì, è davvero bello” sorride timidamente Yoann.

“Comunque, consiglierei di andare a letto, così domani ci svegliamo presto e partiamo” propone Airish “A quanto ho visto siamo davvero poco distanti da Sundea, e lì a quanto pare dovrei avere una gara”

“Sei anche coordinatrice?” chiede curioso Fra.

“No, lo faccio per un amico” replica la ragazza, immergendosi sotto le coperte “Buonanotte”.

 

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Heartlines


 


Un incubo improvviso, e Yoann si ritrova ritto sul letto, col cuore in gola. Non riesce nemmeno a ricordare cosa fosse, solo il viso di Frederik paragonato allo scempio di sangue su quello di Eric, il ragazzo malmenato nei giorni precedenti dal Team Reebath.


“Dio mio” sussurra, afferrando la testa tra le mani e soffocando qualche singhiozzo di pianto. Le dita scorrono freneticamente tra i capelli a spazzola, mentre i pollici si posano pesantemente sulle orecchie. Non si era mai sentito così male per la partenza di un amico, nemmeno quando questi fuggivano dalla sua isola.


Capitava spesso. Il giorno precedente sguazzava con zelo nell’acqua, insieme a una persona a lui casa, il giorno successiva questa lo aveva abbandonato per vivere un’avventura diversa dalla classica vita. E così, quel mare condiviso i giorni precedenti diventava un letto di lacrime e dolore, quegli scenari da cartolina ormai inutili panorami incompleti di qualche figura amica.


Eppure, in quell’occasione era come se fosse venuto a mancare un pezzo della propria realtà , qualcosa che in poco tempo aveva totalmente conquistato la sua vita, per renderla in qualche modo migliore.


E ora il solo pensiero che quel suo amico, quel suo vero amico potesse rischiare la morte torturava la mente e il corpo di Yoann, lasciandolo consumare in un senso di angoscia opprimente..


Mestamente, cercando di non fare rumore, il ragazzo apre la porta della stanza per prendere una boccata d’aria. Il fresco dell’aria della tarda primavera colpisce il volto di Yoann, che per un attimo assapora pienamente la fragranza del bosco, pregna di profumi e umidità  appiccicosa, eppure piacevole. Il ragazzo inizia a passeggiare per il parco, cercando di cogliere ogni piccolo rumore e ingigantirlo nella propria testa per scacciare i cattivi pensieri; così lo sgraziato canto delle cicale mutava in irrefrenabili martelli pneumatici del subconscio, il fruscio delle foglie e dei Pokémon selvatici nel folto stridii demoniaci. Ed ecco, infine, una forma fisica: una panchina in ferro, decorata con intarsi raffiguranti i Pokémon d’erba della zona. Il ragazzo si siede, svuotato in ogni sua ultima riserva di gioia.


Pochi attimi dopo, un mesto rumore di passi.


“Oh... Ciao, non pensavo di trovarti qui”


Davanti a Yoann c’è Fra, il ragazzo conosciuto il giorno prima, con un piccolo Aipom sulla spalla.


“Scusa il disturbo, avevo bisogno di camminare un po’...” sussurra il ragazzo, prendendo una sedia e accostandosi a Yoann. Il ragazzo resta pietrificato: quella figura a lui ancora aliena gli sembrava un qualcosa di davvero strano.


“Anche se sono felice di trovarti qui, perché ero curioso di chiederti una cosa”


L’allenatore annuisce lentamente, senza scomporsi, fermo alla panchina.


“Beh... Semplicemente, volevo sapere cosa si provi a viaggiare per la regione... Io ho sempre avuto un po’ di timore a partire, girare il mondo... Anche se ora ne sento il forte bisogno”.


Le larghe mani del ragazzo ticchettavano sulla panca, scandendo il tempo.


“Che si prova?” inizia Yoann, balbettando “Vuoto, adesso, ma quando si scappa da una realtà  scomoda è una sensazione di libertà  invidiabile, ma... ecco, ora solo vuoto”


“Posso chiederti cosa succede? Avevo notato questo tuo comportamento un po’ strano...”


“Io, ecco...” inizia Yoann, non riuscendo più a trattenere le lacrime “Il ragazzo con cui sono partito e con cui avevo stretto un’amicizia fraterna ha scelto di fermarsi per intraprendere un altro viaggio, diverso e più pericoloso, e questo mi intristisce molto. Era il mio amico, il mio punto di riferimento... Mi sento perso, senza più un appiglio, Airish è una buona amica, ma ancora è presto, non ci conosciamo perfettamente, prima con quel mio amico invece... Era come se viaggiassi da sempre con lui, come se ci fosse sempre stato”


“Mi spiace davvero molto” sussurra Fra, avvicinandosi e abbracciando l’allenatore, picchiettando sulla sua spalla “Spesso siamo costretti ad accettare la realtà  così, anche se fa male”


“E grazie” sorride sgraziatamente Yoann “Questo lo so, e l’importante è che sia felice lui con questa decisione assurda...”


Fra si ferma un attimo a riflettere, guardando il cielo e accarezzando lentamente la coda penzoloni di Aipom. Yoann lo guarda per un attimo, trovando in lui una strana somiglianza con i suoi conterranei: pelle scura sui toni dell’ambra, capelli neri come la pece, occhi scuri. Ogni sua movenza era eseguita con una religiosa lentezza, eppure molto vitale, dalle mani che sfioravano lentamente la bocca come a trattenerle dal disquisire di un problema, fino ai piedi, mossi ritmicamente sulla terra, senza però spostarli dalla loro posizione


“Ho pensato ad una cosa e non so che fare” esclama ad un tratto Fra, interrompendo i pensieri di Yoann “Già  da tempo avevo l’intenzione di partire, fare nuove conoscenze, ma ho sempre avuto paura di perdere i contatti con i miei amici, solo che ora penso che sia arrivato davvero il momento di staccarsi da casa”


“A volte è necessario” osserva Yoann, rivedendo in quel ragazzo la sua partenza.


“E... Beh, se venissi con voi vi darei fastidio?” chiede allora Fra, guardando l’allenatore con un’espressione tra l’imbarazzato e lo speranzoso.


“Per me no” replica Yoann.


“Insomma, non vorrei prendere mai il posto del tuo amico, ma... Ecco, io sento di dover partire”


“Nessun problema, l’ostacolo adesso è solo la tua paura di farlo, non noi, di certo”.


Fra guarda per terra, pensieroso.


“Sì, penso sia il momento. Grazie, Yoann” sussurra il ragazzo, sorridendo verso le stelle.


Sarebbe stato un nuovo amico. Una ripartenza dopo l’abbandono di Frederik, che però avrebbe sempre occupato un posto nel cuore di Yoann. No, quel posto non sarebbe stato occupato mai da nessun altro, eppure quel ragazzo lo aveva davvero colpito: rivedeva le sue paure, le sue incertezze, ma vissute con un’esuberanza diversa, più sociale.


Avrebbe avuto una persona a cui appoggiarsi realmente, lo sapeva. Lo sapeva.


 


“Preso tutto?” chiede Airish, sorridente come al solito.


“Sì, amici salutati, valigia fatta e... E gg” replica Fra “Sono davvero elettrizzato”


“Hai detto che parti ai tuoi genitori?”


“Ho tralasciato solo questo piccolo particolare, appunto, loro mi credono in vacanza, quindi almeno fin quando passo da casa mia preferisco non dire nulla” ammette Fra.


“Sai che ieri pensavo tu fossi un Seejah come me?” sorride Yoann, senza nemmeno sapere perché avesse detto quella cosa.


“Oddio, in realtà  io sono un semplice ragazzo di una frazione di Borgo Diamante, un paese sulla costa, con la pelle scura” replica Fra, sorridendo vigorosamente.


“Mi fai paura quando ridi” afferma Airish, allontanandosi scherzosamente, per poi tornare seria “Comunque, muoviamoci, tra poco ci sarà  la gara”.


“Non mi hai ancora detto che Pokémon hai!” esclama Fra “In caso poi ti aiutiamo”


“Beh, sì, in effetti non ho avuto ancora modo di lottare... Ho un uovo, ma penso non sia utile alla gara, un Taillow e il mio starter Chimecho” elenca Airish “E... Questi... Sorpresa! Ecco i miei Pokèmon”


“Non li conoscevo nemmeno io” afferma Yoann “Dovrai esercitarti molto per riuscire a vincere la gara”.


“E chi la vincerà  mai” sorride la ragazza, increspando leggermente il labbro “Lo faccio solo per provare e per fare felice Frederik, me la sento come responsabilità â€


“Pensi di elaborare qualche tecnica particolare?”


“Non so” riflette Emily, per poi aggiungere con voce il più convincente possibile “Sono una giornalista, ho scritto diverse volte sui grandi coordinatori di Hoenn come Drew, Vera, Harley, quindi so più o meno come si svolge il tutto, so anche che qui da voi le gare sono un po’ strane”


Yoann sorride, aveva sentito parlare di quell’organizzazione differente.


Il ragazzo volta la testa verso il sentiero, ammirando la vegetazione rigogliosa e le rocce imponenti. Enormi vallate di roccia discendono fino ai giovani, intenti a camminare su quel sentiero sterrato quasi dimenticato dal mondo.


In lontananza, uno strano cartello.


 


 


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One bright moment


 


In un primo momento, i tre ragazzi erano rimasti completamente basiti. Sundea, semplicemente, sembrava non esistere. Spaziando lo sguardo attorno, solo roccia bianca tufacea e vegetazione. Solo una frattura nella roccia sembrava condurre da qualche parte. Avvicinandosi, i tre ragazzi scorgono una fonte di luce alla fine di un cunicolo.


“Sarà  lì” ipotizza Airish, entrando nella grotta, seguita a ruota dai due amici. Pochi metri, e i bagliori del mare in lontananza accecano i ragazzi.


Yoann è completamente attratto da quel luogo: casette in pietra e intonacate di colori calde sono appollaiate sulle rocce biancastre, tortuose scalette percorrono la cittadina come serpi, che dall’alto dei colli raggiunge quasi la pianura in un susseguirsi di stradicciole e pareti. Esattamente al centro del paese, su uno spazio rialzato, quasi a dominare i monti e ripudiare quel mare così vicino eppure così distante da quel contesto paesaggistico, una gigantesca cattedrale bianchissima e molto semplice, rivolta verso nord.


“Quella dovrebbe essere una cattedrale dedicata al Sole, a quanto leggo qui” spiega Airish, sfogliando virtualmente una specie di libro sul suo PokéCell “Sundea è l’ultima città  del sud-ovest, dove, secondo una leggenda, in passato vissero i cosiddetti ‘Suntel’, antenati dei Pokémon di cui non si sa quasi nulla, che con la loro estinzione cancellarono dalla terra il tipo Luce. Interessante”.


“Già , questo lo sapevo” sorride Fra “Io vivo lungo la costa occidentale, e lì non abbiamo alcun culto, stranamente, e queste cose le studiamo solo a scuola”


“Davvero molto interessante” ribadisce Airish “La vostra è una regione davvero ricca di cultura”.


“Proporrei di muoverci, considerando che la gara sarà  stasera” si inserisce Yoann, concludendo il discorso degli amici.


“Giusto, andiamo subito” si ricompone la ragazza, iniziando a scendere le scale “Sempre... Sempre se non cadrò e morirò prima di arrivare” precisa, afferrando la mano dell’allenatore.


 


Arrivati al centro del paese, i ragazzi si ritrovano immersi in una vera e propria festa quotidiana. La gente è sorridente, cammina per strada come fossero vacanzieri, eppure le parole dall’accento marcato tradiscono la loro provenienza.


“Mi sono informato” comunica Fra “A quanto pare, la gara sarà  proprio nella cattedrale, in quanto pare che per questo paese sia la prima gara di sempre”


“Che cosa carina” esclama Airish “La prima gara per loro, la prima brutta figura per me”


“Ma no, dai” sminuisce Fra “Come te, tanti altri perderanno”


“Grazie dell’incoraggiamento, sei sempre carinissimo” protesta Airish, avviandosi verso l’enorme costruzione bianca.


 


Prima dell’inizio della competizione, Yoann e Fra scendono nei camerini per incontrare la loro amica. Entrati nella stanza, i due ragazzi riescono a stento a trattenere le risate. Quasi tutte le persone sono come vestite a festa, con abiti rilucenti e sfarzosi, giacche inamidate e stranissimi abiti originali, nell’aria ricolma di lustrini e strilli di gioia volteggiano alcuni Pokémon, intenti negli ultimi allenamenti prima della gara. Solo Airish, a un lato della sala, è vestita normalmente. Appena la ragazza scorge i due amici, corre verso di loro, stralunata.


“Questi sono pazzi” esclama, roteando gli occhi “A Hoenn non ci vestiamo... Cioè si vestono... Insomma così... Così stranamente, oddio, io sembro un pesce fuor d’acqua”


“Non... Non preoccuparti” la consola Fra “Se vuoi, posso provare a darti una giacca che ho in borsa...”


“Sì, così arrivo vestita da maschio, perfetto!” sbuffa la ragazza.


“Almeno sarai originale anche tu” ironizza l’amico, prendendo dallo zaino il capo d’abbigliamento.


In lontananza, una voce annuncia l’imminente inizio della gara. Yoann scorge negli occhi dell’amica una scintilla di panico.


“Noi dobbiamo andare, ma stai tranquilla” sussurra, cercando di calmarla “Siete tantissimi, puoi solo vincere o passare inosservata”


I due ragazzi si voltano, salendo sugli spalti. Dall’alto è possibile ammirare l’intera scena, dove presto i coordinatori si sarebbero esibiti.


“Buonasera a tutti!” esclama un ragazzo al centro della sala “Sono Lukas Kinnigun, presentatore e giudice delle Gare Pokémon! Benvenuti a Sundea!”


Dagli spalti si alza un boato clamoroso, che costringe Yoann, da sempre grande nemico delle folle, a tapparsi le orecchie con vigore.


“Con noi oggi, abbiamo Evan Rigel, vincitore del precedente Gran Festival e lei, la stupenda stilista Pokémon Donna Orsilla!”


Ancora urla. Boati. Luci accecanti.


“Iniziamo con il primo concorrente: una giovane coordinatrice, ovvero... Misty Kespeon e Bellsprout!”


La ragazza entra in campo mostrando il suo Bellsprout, per poi iniziare a volteggiare sgraziatamente insieme al Pokémon.


“Beh, chissà  quanto ci vorrà  per Airish... Non le abbiamo chiesto che numero fosse” mugugna Fra.


“Tanto dobbiamo sempre aspettare” osserva Yoann, continuando ad ammirare gli strani gesti della ragazza.


 


“Con il numero otto, Airish e il suo Chimecho!”


Dalla tenda, ecco uscire un’Airish completamente irriconoscibile. I capelli ribelli legati in una controllata pettinatura e un elegante vestito con il top bianco senza spalline e una gonna relativamente corta, nera e lucida.


“Che fine ha fatto la giacca?” esclama stupito Fra “Non l’ha usata?”


“Ehm... No, fidati, l’ha usata” arrossisce Yoann, riuscendo ad individuare nella gonna le cuciture dell’elegante capo dell’amico”


“Bene, Chimecho, adesso vai con Divinazione!”


Il Pokémon Campana si illumina improvvisamente, rilucendo nella penombra del palco. I bagliori perlacei si riflettono sulla platea, catapultando gli spettatori in una dimensione alternativa e magica.


“Ora Ondasana!”


Chimecho pare iniziare a vibrare, sempre più fortemente, sprigionando una luce ancora più intensa. Una forte onda rilucente illumina la sala di tonalità  cangianti dal rosa pastello al verde acqua, e ancora fucsia, verdone, rosso acceso. Chimecho, intanto, scosso dalle vibrazioni, si libra sempre più in alto, roteando aggraziatamente la coda.


“Concludiamo con Psiconda, vai!”


La campana sulla testa del Pokémon si illumina immediatamente di azzurro, puntando verso il cielo un raggio psichico. Vibrazioni, vibrazioni forti, e dal cielo si scagliano numerose saette pregne di energia psichica, tutte concentrate verso la campana di Chimecho.


Divinazione ha avuto effetto dopo due turni, come da regola.


La Psiconda, interrotta brutalmente da quelle strane strisce spezzate provenienti dal nulla si sfalda, quasi cadendo sul Pokémon Campana, ma l’effetto finale è ancora più strabiliante e strano.


Al centro, Chimecho, brillante, mentre ai lati numerosi anelli vibranti dei colori dell’arcobaleno.


“Sembra un sistema solare” esclama stupito Fra “Fortissimo! Sembra una cosa da esperti”


A luci riaccese, gli spalti rivolgono un caloroso applauso verso la ragazza, che ringrazia inchinandosi, rivolta al pubblico.


“Passerà ?” si domanda Yoann, ripassando le precedenti esibizioni. L’idea che Airish fallisse in qualche modo sembrava disturbarlo: quella gara era la gara di Frederik, lui l’avrebbe vinta di sicuro.


Un giovane ragazzo aveva appena concluso la propria esibizione insieme al suo Sunkern.


“Passerà â€ surrurra l’allenatore tra sé e sé. L’esibizione dell’amica era stata superlativa.


 


Say my name


 


Airish ripone delicatamente la sua Pokéball nella cintura, non senza averla baciata prima, come faceva sempre. Chissà , forse quel destino che col tempo era sempre stato crudele con lei, prima o poi, sarebbe mutato in una nuova essenza, in una nuova vita.


“Sei stata brava”


La ragazza si volta, riscuotendosi dai pensieri tristi che preferiva sempre seppellire nei meandri della sua mente.


“Grazie” sorride la ragazza, mostrandosi risoluta il più possibile “Mi spiace di non aver visto la tua, ero sovrappensiero”


Il ragazzo davanti a lei l’aveva incuriosita da subito per il suo fare solitario. Capelli biondi, anzi, praticamente quasi bianchi, eppure la carnagione e gli occhi neri profondi non parevano suggerire fosse un albino.


“Sono convinto passerai...” sussurra il ragazzo, quasi balbettando “Speriamo di lottare insieme”


“Infatti, adesso però concentriamoci sul turno” replica la ragazza, mettendo le mani in tasca e facendo il segno delle corna.


Purtroppo, anche le persone più intelligenti spesso hanno il bisogno di essere scaramantiche. Lei ne aveva più di altre, però: non poteva fallire ancora.


 


La seconda sfida era arrivata repentina, e la ragazza non aveva nemmeno avuto il tempo di comprendere di aver passato il turno. In piedi, insieme a Chimecho, nel bel mezzo del palco, Airish aspetta dunque l’inizio di quella strana prova.


“Ad Hoenn non c’è questa dannata cosa” aveva pensato prima, venuta a conoscenza della stranissima selezione.


Sì, perché le gare di Holariya includono la “seconda prova”, uno strano “gioco” in cui ogni coordinatore deve mettere in luce il proprio Pokémon in una folla di persone. Il Pokémon notato dal giudice viene dunque chiamato, e il coordinatore che possiede il Pokémon passa il turno.


“Che cosa inutile” riflette la ragazza, aspettando il via “Basterebbe semplicemente chiamare meno persone”


Non era quello il momento di rievocare la ragazza lamentosa ormai assopita, eppure Airish non sapeva più nulla. Non sapeva più chi fosse e cosa fosse stata in passato, nella foga della gara, era semplicemente sé stessa, nuda nell’animo.


Uno sparo in lontananza: è ora di agire.


Chimecho inizia a vibrare, seguendo la scia dell’esibizione precedente. I rintocchi della sua campana rimbombano nella sala, mentre uno dei tre giudici chiama i primi nomi.


“Numero quattro, Sunkern”


Airish nota in lontananza il ragazzo notato nei camerini rientrare, contento per il passaggio del turno. Era arrivato il momento di scatenare la baraonda.


Squilli, rintocchi, melodie soavi e dirompenti, questo era Chimecho in quel momento.


Impossibile non notarlo.


“Numero cinque, Chimecho”.


“Andata...” sussurra Airish, tirando un sospiro di sollievo. L’anima combattiva era tornata a ruggire.


 


Un solo attimo, e Taillow è sulla sua preda. Veloce, letale, si avvicina al Pokémon avversario colpendolo con un fortissimo Attacco Rapido. Un’altra sfida vinta grazie al KO, come sempre.


Anche quando calcava altre scene, Airish era sempre stata uno spirito combattivo, mai una sola gara conclusa alla fine dei cinque minuti, sempre furiosa, sempre letale.


“In semifinale accede Airish!”


Il boato del palco riaccende negli occhi della ragazza la solita scintilla che non percepiva più da troppo, troppo tempo, e il pensiero ritorna a tutti coloro che aveva lasciato a sostare nella sua terra, cercando un nuovo inizio. Non se ne pentiva, ma quella giornata aveva rimesso in discussione troppe cose.


Doveva arrivare assolutamente a quel fiocco, era una questione di vita o di morte.


Una battaglia ancora, un altro ostacolo, questa volta più noto: il ragazzo dei camerini.


“La seconda semifinale sarà  dominata da Airish e Gae, iniziamo le danze!”


Airish, come nelle sfide precedenti, manda in campo il suo amato Taillow. L’aveva trovato pochi attimi prima dell’imbarco che l’avrebbe portata ad Holariya, e aveva deciso che sarebbe diventato il suo “starter”, per poi concedersi il lusso di portare con sé Chimecho, l’ultimo Pokémon catturato nella sua avventura ad Hoenn, quel Pokémon che...


La ragazza si riscuote dai pensieri: non è quello il momento di lasciarsi intristire dai ricordi. Taillow aveva già  schivato alcuni attacchi, eppure la barra della bellezza riluceva solo a metà . Airish stringe i denti, mentre ordina ancora una volta Attacco d’Ala. Questa volta, la protezione rilucente di Gloom cede, e il Pokémon cade a terra, quasi stremato. Un attimo, però, e una stupenda sintesi riporta in forze l’avversario, togliendo dalla barra della bellezza di Taillow molti punti.


“Una sola mossa e mi vincerà  per quella maledetta barra” si infervora la ragazza.


Agire. Restava solo quella possibilità . Raffica, e il Pokémon avversario è a terra, ko, di nuovo. Il pubblico accoglie quella vittoria con freddezza.


“E la finale sarà  disputata da Airish, complimenti!”


 


Stava per perdere. Airish stava per perdere, e aveva usato l’ultima sua arma, quell’arma che le aveva sempre garantito tante vittorie quanto fischi da parte del pubblico: la forza sgraziata e brutale. Eppure, c’erano dei tempi in cui i suoi vecchi Pokémon la aiutavano tantissimo nelle gare di grazia. Quei Pokémon rimasti ad Hoenn, i suoi vecchi compagni di quella maledetta avventura.


"L’ultima possibilità â€ sussurra la ragazza, parandosi davanti al box.


Pochi tocchi, un codice, una Pokéball in mano.


“Non posso perdere” pensa Airish tra sé e sé. Ciò che stava per fare era di certo doloroso, ma necessario. Quel Pokémon... Quel Pokémon per lei era morto, ma lei non lo era per lui. La chiamava, la cercava, la desiderava.


“Basta oltrepassare quel sipario e sarò in gioco” riflette la giovane, guardando mestamente quella pesante cortina di velluto “Forza, è il tuo momento”.


Le luci del palco illuminano il volto della ragazza, a metà  tra il dolore e le lacrime. Un forte scossone con la testa, e pare quasi che i cattivi pensieri siano ormai svaniti con quel gesto, fuggiti dalla mente.


Ognuno di noi indossa una maschera, e tu hai scelto di indossare la maschera dell’esuberanza. Non lasciarti vincere dal ricordo, non lasciarti sconfiggere dal pianto. Vinci, vinci perché sai che da lassù qualcuno sarà  sempre tuo spettatore.


Airish lancia la Pokéball in aria, liberando il suo primo Pokémon, quel Pokémon che aveva coronato la sua infanzia, trascorso ogni attimo con lei, condiviso anche il più grande dei dolori insieme a lei.


“Minun, io scelgo te!”


 


La vista di quel Pokémon esotico ad Holariya riscalda la platea. L’avversaria della ragazza, una giovane un po’ tozza e in carne con il suo Skitty non sembrano intimorite.


“Sarà ... Sarà  un’esibizione” sussurra Airish, determinata.


Il Pokémon Incitamento inizia subito con Sottocarica, circondandosi di numerose stelline dorate pregne di elettricità . Skitty attacca con Attacco Rapido, ma Minun schiva l’attacco con un agile salto.


“Scarica!” ordina la ragazza.


Forti raggi elettrici colpiscono l’avversario, stordendolo e paralizzandolo. Minun, dunque, continua a caricarsi con sottocarica, mentre lo Skitty nemico, fermo davanti ad Airish, non riesce nemmeno a muovere un passo. L’avversaria pare in lacrime.


“Doppioteam!”


I bagliori si intensificano. Minun volteggia leggiadramente attorno al Pokémon avversario, danzando. Una dozzina di Pokémon Incitazione circonda il malcapitato Skitty.


“Finiamo con Elettropalla!” esclama Airish, con il cuore in gola.


Sapeva di aver vinto, ormai.


Ogni clone di Minun innalza al cielo una sfera luminosa, pronta ad essere scagliata sull’avversario. Nemmeno il tempo di scagliare l’attacco, e, inaspettati, squillano le sirene poste sul palco.


“Fine!” urla il presentatore “La barra della bellezza di Michelle è completamente consumata, la vittoria va ad Airish!”


 


La coordinatrice esulta con un saltello entusiasta, per poi fermarsi ad ammirare il cielo. Milioni di stelle sovrastanti brillano quasi come per incitarla oltre i lucernari della cattedrale. Pezzi di cielo riflessi nei suoi occhi.


C’era anche lei, tra quelle stelle.


Una furtiva lacrima solca il viso della giovane vincitrice, che però si riscuote in un attimo, asciugando con nonchalance quella sua goccia di incertezza, per poi tornare ad indossare la sua solita maschera.


 

NOTE DELL'AUTORE:

 

In questi due capitoli, lo stile della fanfiction cambia del tutto. Avevo iniziato a scrivere cercando di essere il più sintetico e semplice possibile, in qualche modo provando ad avvicinare anche utenti abituati a leggere cose davvero molto semplici ed elementari. Purtroppo, spesso la lunghezza dei capitoli non aiuta i più giovani nella lettura.

Detto questo, torno al mio stile, anche un po' pesante, ma penso che a questo punto la cosa migliore da fare sia alzare la qualità  della fanfiction, più che il altro. Buona lettura ^^

 


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Dark Blue

 

C’era stato un tempo in cui Yoann aveva avuto davvero paura di morire.

Una paura ovviamente infondata, ma che aveva riempito le sue giornate di angoscia e disperazione. Si divertiva a girare per le strade del paese scalciando col piede i sassi, per poi fuggire via appena questi toccassero una persona. E così, a testa bassa, viveva i suoi giorni, la sua infanzia. Ora le luci di Calaluna erano lontane sia dallo sguardo che dal cuore, ma il ragazzo non riusciva ancora a dimenticare quei momenti.

Così, seduto accanto ai suoi due amici, il giovane ragazzo Seejah pensava, ammirando il mare. Il gruppo era arrivato nella cittadina di Tauria nel tardo pomeriggio, alcuni giorni dopo la stupenda gara disputata da Airish.

Tauria era una classica città  piccola, ovvero un agglomerato di case vecchie circondate dalle palazzine moderne tipiche di ogni città  della regione. La particolarità  di Tauria era la posizione invidiabile: un promontorio interno scavato dal fiume Erchen, nato dall’omonimo lago, dal quale è possibile spaziare lo sguardo su tutta la costa del Sud Holariyana.

“La nostra prossima meta è quella” esclama improvvisamente Fra, indicando una città  costiera esattamente sotto di loro “Io vivo lì, devo dire ai miei genitori del viaggio”.

“Infatti, loro ancora ti credono in campeggio” storce la bocca Yoann, guardando i riflessi del mare sotto di loro.

“Sarà  dura, ma devo farlo”.

Fra abbassa la testa, facendo passare le mani sulla nuca, rannicchiandosi. Sì, non sarebbe stato per niente semplice. Non sarebbe stato semplice lasciare la sua vita alle spalle, i suoi amici, per intraprendere un viaggio con due persone che riteneva quasi dei perfetti sconosciuti. Eppure... Eppure doveva farlo, non c’era altra scelta se non quella. Era un motivo per restare vivo, discostarsi da quella realtà  che ormai l’aveva quasi annoiato, sebbene fosse la sua e l’avesse gradita, da sempre.

A volte, nella vita, nasce dall’interno una terribile voglia di cambiamento, di staccare, di cambiare aria e intraprendere nuove avventure, o almeno questo nelle persone più estroverse. L’instancabile voglia di vivere, anche a discapito della propria personalità  e della propria voglia aveva da sempre conquistato il cuore del ragazzo, che ora si ritrovava a compiere l’ennesimo passo avanti. Doveva farlo.

Forse, quella volta, l’unico ostacolo era proprio lui.

 

Non aveva mai sentito il cuore pompare così forte. L’adrenalina, scatenata nel corpo lasciava in grembo una sensazione di vuoto e di tristezza per aver fatto ancora troppo poco nel mondo.

“Non posso morire così”

Le facce della gente attorno a lui, gli ricordavano della sua scelta, e quanto fosse stata poco ponderata e dettata solo dal bisogno di fare qualcosa più che per gli altri, per sé stesso.

Una luce, un camice verde che cammina per un corridoio senza luci. Tanti Pokémon e tante persone, tutte le persone conosciute a piangere la sua sorte.

C’erano Lada, Tobias, Emily, Vinnie, Dustin, e ancora coloro che gli avevano donato ricordi nei brevi stalli del viaggio come Chris, Yuri, Evan, Celeste, Rick, Nathan, persone del suo passato ormai sparse per il mondo a vivere le loro nuove avventure.

E ancora un salto verso il presente, ed ecco Eric, Alejandra, Will, Emily, Yoann. Yoann. Chissà  cosa avrebbe detto di quella morte. Eppure era lì, davanti al ragazzo morente.

“Non può finire così” ansima ancora.

“Non posso morire così” geme tra le lacrime.

“Non voglio morire!”

 

Frederik è steso a terra, nella polvere. Attorno a lui resti di campi e terre arse dal fuoco della battaglia. Con la mano non ferita, il ragazzo cerca di fare leva e alzarsi a sedere, ma ricade con un tonfo secco a terra.

“Sono vivo?” sussurra, riuscendo finalmente a mettersi a sedere.

“Sono vivo” replica a sé stesso, riuscendo a distinguere il luogo del combattimento in quella desolazione infernale.

Le sirene delle ambulanze, il rumore delle pale degli elicotteri.

“Che cosa...”

Delle mani affermano Frederik sotto le braccia, issandolo. Il tepore di quelle mani quieta per un attimo tutte le paure sulla sorte dei suoi compagni d’avventura, che si ripresentano subito dopo, destate dai rumori delle sirene.

“Che cosa è successo?” chiede, cedendo al suo vuoto di memoria.

Nessuna risposta, il ragazzo è solo, adesso, steso su qualche telo che non riesce più a riconoscere.

Solo un vociare scomposto, che scompare nel tepore della morfina.

 

Un attimo prima, Yoann camminava insieme ai suoi due amici lungo il sentiero per Borgo Diamante, il paese di origine di Fra, un attimo dopo, la fine.

Un’esplosione fortissima, e il fiume Erchen li aveva travolti, spingendoli via, giù per il pendio. Una corsa senza freni verso la valle, in cui Yoann aveva affidato tutte le sue speranze a quella mano a cui appoggiava tutte le sue certezze.

Alla fine, la roccia nuda, un dolore all’altezza della nuca e il nulla. Un nero accecante, sostituito poi dal rosso del sangue nei suoi occhi.

Bagnato fradicio, il ragazzo si riprende, rizzandosi in piedi all’improvviso. Appena sotto di lui, Fra, la cui mano l’aveva sostenuto per la caduta, e a un centinaio di metri, frenata da un albero, Airish, in ginocchio, anche lei ripresasi e intenta a guardare un qualcosa sulle montagne.

“Oh, Fra” esclama Yoann, cercando di risvegliare l’amico “Fra!”

Il ragazzo muove il braccio, intontito, cercando di rizzarsi facendo leva sulla gamba dell’amico.

“Mi hai fatto preoccupare, tutto a posto?” esclama Yoann, chinandosi sull’amico.
“Ho bevuto...” sussurra, tra i colpi di tosse.

“Questo tutti” afferma Airish, appena sopraggiunta “L’importante è che siamo tutti interi”

“Ma che è successo?”

La ragazza si limita a indicare con il mento un punto in lontananza, in cima a uno strapiombo dilaniato dall’acqua.

“Lì” inizia “Ho visto che stanno degli elicotteri, sono appena arrivate alcune ambulanze, non capisco più nulla...”

Yoann fissa il pendio, ormai distrutto dal dirompente corso d’acqua. Un bagliore rilucente lo colpisce, esattamente in cima all’ammasso di pietre: una gemma, una gemma azzurra brillante. Una gemma come quelle che ammirava ogni sera a Calaluna, davanti alle quali si inginocchiava e pregava affinché la notte le creature del mare non si adirassero contro di lui e la sua famiglia.

Sentì come svuotarsi di ogni sua essenza, deglutì, si morse il labbro freneticamente: sapeva cos’era successo, lo sapeva perfettamente.

I Seejah, alla fine, ce l’avevano fatta.

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We will never be afraid again


 


Ed ecco, in un attimo, la fuga.


La fuga da quel luogo, inspiegata agli occhi di Airish e Fra, eppure così chiara e precisa agli occhi di Yoann. Erano i Seejah, la sua gente, e avevano ragione.


Per un attimo, l’allenatore aveva quasi percepito tutto quello che aveva fatto fino a quel momento come un errore, un terribile sbaglio, eppure sapeva che, forse, quel suo errore sarebbe risultato utile ai fini di quella strana battaglia assurda contro il nulla del Team Reebath.


“Sono stati loro”


Era certo, chiaro, alla luce del sole. Una verità  scottante e preoccupante. Ed ecco, dirompente, il rumore della verità  in lontananza. La gemma azzurra è esplosa, come previsto.


Il ragazzo si butta al suolo, fissando la parete rocciosa, ormai relativamente lontana, con gli occhi sgranati.


La pietra azzurra si era trasformata nell’Obelisco del Mare.


“Airish” esclama il giovane Seejah con voce piatta “Dobbiamo andare subito da Will e Alejandra”


“Ma... Non sappiamo dove siano” replica la ragazza, tremante.


“Fermi un attimo” si intromette Fra, cercando di mostrare una calma apparente “Will è un ricercatore, sarà  di certo in contatto con il centro di ricerche di Raigena”


“Allora andiamo a Raigena” afferma Yoann, alzandosi da terra, completamente stralunato “Non c’è tempo da perdere”


“Prenderemo il treno” afferma il giovane medico “Mi pare ci sia una stazione nelle vicinanze, quindici minuti a piedi e arriveremo...”


“Allora muoviamoci, vi prego” balbetta l’allenatore, nel panico, per poi ricadere al suolo, colto da un forte giramento di testa.


Deve alzarsi. Deve camminare, continuare la sua avventura, deve riuscire a fuggire da quell’imprinting mortale. Ed ecco, la vista si confonde, i contorni tornano ad essere sfumati. Solo un’immensa nuvola azzurra, una cecità  colorata. La sua natura torna ad essere padrona del suo corpo.


 


L’elicottero era apparso all’improvviso da dietro una collinetta, spaventando Fra e Airish, che per un attimo avevano temuto il peggio. Invece, dalla porta di quell’inaspettato veicolo era spuntato un volto familiare.


“Calate la scala!”


Alejandra è in piedi sulle sbarre dell’elicottero. La ragazza cerca freneticamente un appiglio, trovandolo nella maniglia dello sportello d’ingresso. Uno scossone imprevisto, ed ecco un’altra apertura, questa volta sul fondo dell’abitacolo. La scala di salvataggio viene calata, e la sorella dell’allenatrice inizia a scendervi, pronta a quell’imprevista azione di salvataggio.


Alejandra rientra nell’elicottero chiudendo lo sportello e tirando un sospiro di sollievo. La paura dell’altezza l’aveva sempre resa vulnerabile, era stata la sua più grande nemica da sempre.


“Se non fossi così debole, a quest’ora sarei la campionessa”


Già , la paura delle altezze era stata la sua disgrazia. Perché era a un passo da vincerlo, il campione, e invece quella sala sospesa nel vuoto, quei Pokémon volante con le loro acrobazie l’avevano confusa, ed era caduta, lei e la sua vittoria. Per sempre.


Un primo volto amico si palesa dalla scaletta: è Airish.


“Eccovi, finalmente” esclama l’allenatrice, tornando di nuovo nel suo personaggio freddo e asociale.


“Alejandra, non sai quanto mi fa piacere trovarti qui, Yoann...” inizia la ragazza, tremante.


“Non dirmi altro, sappiamo già  tutto” replica la ragazza, per ovviare a quei lamenti e pianti che tanto la disturbavano “E sarà  Yoann a spiegarci, poi” aggiunge, per non mentire completamente alla ragazza.


Ecco un’altra persona, Fra, entrare nell’abitacolo, seguito a ruota da Yoann, ancora in trance, e la sorella, Nora di Balvia, la capopalestra di tipo Normale della regione.


“Dobbiamo subito andare all’ospedale di Raigena” esclama Fra, molto preoccupato per l’amico “Stava parlando ed è caduto... Così, senza una ragione precisa”


“La situazione è sotto controllo” replica Nora, prendendo il comando dell’elicottero e volando via da quel luogo maledetto “State tranquilli, vi spiegheremo tutto appena arrivati e a situazione risolta”.


Ormai in quota, Fra e Airish si stringono la mano, preoccupati per l’amico. Fuori dai finestrini dell’elicottero, l’intero golfo di Raigena. Avevano paura, semplicemente. Paura per la reazione dell’amico, più che per la sua sorte, perché era ormai chiaro: Yoann sapeva qualcosa di quello strano evento, e anche lui stesso era coinvolto. La paura di aver concluso così il viaggio si impossessa di entrambi i ragazzi, lasciandoli intontiti, ad ascoltare il frenetico rumore delle pale.


 


Era steso su un letto di roccia, coperto da fluenti alghe simili a capelli corvini. Eppure, quelle alghe bruciavano, bruciavano da morire. In un attimo, il nero attorno a lui svanisce, lasciandolo a marcire nell’acqua, acqua di mare salata e irrespirabile, il cui peso sulla pelle lacera il cuore e l’anima.


Due occhi celesti, inanimati, in alto, lo chiamano. Sono lì, in attesa di un gesto che l’avrebbe portato alla salvezza. Yoann alza la mano, rapito dalla forza micidiale di quello sguardo. Due occhi azzurri, profondi, il mare, il cielo, il tutto.


Il tutto che svanisce, e ritorna, per poi scomparire. Due occhi di terra, la morte, la vita, e ancora l’azzurro e il marrone, e la morte, e la vita.


Un dolore lancinante colpisce il petto del ragazzo. Ed ecco, la morte, è la morte. Gli occhi marroni, l’odore sgradevole dell’alcool, un sorriso.


 


“Ben svegliato” sussurra Nora, china sul corpo di Yoann. Il ragazzo si guarda intorno, assonnato e distrutto. Attorno a lui, una semplice stanza quadrata, le cui pareti bianche sono oscurate dall’assenza di luce, proveniente solo da una lampadina al soffitto.


“Non preoccuparti, sei salvo ora” continua la donna.


Il ragazzo si alza sulle ginocchia, sfiorando il petto. L’amuleto è lì, fermo al suo collo.


“Grazie...” sussurra, richiudendo gli occhi.


“Avevano ragione loro, a quanto pare” inizia Nora “Il Mare ha ancora un potere nascosto”


“Io invece sono ancora convinto non sia così” replica Yoann, sfiorando la barella in pelle con il palmo della mano “Da sempre ci hanno inculcato il culto verso le pietre blu, questi zaffiri perfettamente circolari, che racchiudono al loro interno un potere fenomenale...”


“Yoann, senza giri di parole” lo interrompe la donna “Solo tu puoi sapere perché il Team Reebath abbia chiesto l’aiuto dei Seejah, ci serve questo”


“Non so...” sussurra il ragazzo, colto da un improvviso senso di vuoto.


“Anche solo la prima idea che ti passa per la testa, te ne prego” continua la donna “Ogni piccolo indizio potrebbe essere un enorme passo avanti per le nostre ricerche”


Nora si sposta verso una piccola panchetta in legno sulla parte laterale della stanza, intrecciando una ciocca di capelli tra le mani.


“Il problema è che non abbiamo alcuna prova, niente che possa aiutarci a capire, niente che possa aiutarci a fermarli; non conosciamo il loro intento, continuano a darci problemi da anni, quindi, Yoann, anche solo un indizio, una piccolissima cosa...”


“Io non lo so, non riesco a capire... Quelle pietre azzurre sono il nostro culto, dentro di loro è contenuta l’anima del Mare stesso, quando liberano il proprio potere, tutte le persone battezzate da Seejah, ovvero marcate con il simbolo dei Seejah, vengono chiamate a lottare per la causa comune, attirate da un imprinting che...”


“Che si riesce a neutralizzare con l’Amuleto delle Terre Emerse, lo so, sei ancora salvo grazie a questo, altro?”


“Non riesco a pensare ad altro, è come se fossi vuoto...”


“Una credenza, un rito particolare, un qualcosa che solo i Seejah sanno...”


“Il Passaggio dei Mari...” inizia Yoann, per poi ricordare improvvisamente “Il Passaggio dei Mari!”


Era tutto chiaro, adesso.


Nora si ferma in mezzo alla stanza, incrociando le mani. Una goccia di sudore le calca la fronte, per perdersi nel dolce incavo dell’occhio .


“Tutto quello che sai” si limita a dire.


“Si narra di un passaggio nel mare sotto il Triangolo Insulare che possa portare a un mondo sotterraneo e sommerso dove vive il Dio del Mare, un essere mitologico con strane fattezze che nessuno tuttora conosce”


“Ha un nome?” chiede la donna “Questo dio ha un nome?”


“In lingua Seejah lo chiamiamo Aquientéll”


“Che reso accessibile alla nostra lingua tramuta in Aquitel” sussurra, sbiancando all’improvviso “Gli Aquitel”


“Cosa significa?” chiede Yoann, perplesso e intimorito dalla reazione della donna.


Nora si siede di nuovo sulla panca in legno, con lo sguardo perso nel vuoto.


 


“In antichità , gli uomini ancora non esistevano. Le regioni tutte erano colonizzate soltanto dai Pokémon, che erano i padroni assoluti di tutto, eccetto di una regione: Holariya, la nostra regione. Qui i Pokémon avevano imparato a convivere con alcune specie particolarmente evolute tutte da un ceppo basilare di Pokémon Scimmia. Queste si erano adattate a vivere in luoghi diversi tra loro, come i monti della Penisola Nordica, in cui vivevano i Suntel, i colli dell’est, dominio dei Dawtel, fino all’ovest, dominio degli Humel. Questi popoli erano pacifici, ma un contrasto interno di potere portò a guerre terribili e sanguinose, in cui prevalsero i crudeli Humel, che pur non possedendo alcun potere magico, riuscirono ad assoggettare i Pokémon al loro comando. Da lì, gli Humel continuarono ad espandersi, colonizzando Holariya, sbarcando poi ad Hoenn, fino a raggiungere il cuore delle Terre, Kanto, proseguire a nord fino a Sinnoh, per poi raggiungere terre ancora più remote quali Unima e Kalos, e ancora avanti, fino a colonizzare l’intero mondo. Eppure, questa storia è stata volutamente dimenticata, perché dura e scomoda: noi esseri umani siamo Humel, nati dalla nostra voglia di sangue e di conquista, fautori della più cruenta guerra. Noi siamo tutti discendenti di quella razza, Yoann. Eppure, da sempre manca un tassello importante, che molti tendono a sottovalutare: di chi era il sud della regione? Era davvero disabitato come si pensa? E perché nei graffiti lasciati dai Dawtel sui Monti dell’Alba sono raffigurate delle onde con braccia e sguardi penetranti? Ebbene, Yoann, questo è il tassello mancante, gli Aquitel, gli spiriti del mare, rifugiati negli abissi durante la guerra, e vivono ancora lì”


 


Yoann storce la bocca, grattandosi la testa, cercando di assimilare quelle nozioni.


“Quindi lei sta dicendo che non esiste un solo Dio del Mare, ma un popolo intero”


“Esattaente” risponde Nora “Ora, dobbiamo capire come questo sia legato al Team Reebath, e di conseguenza quale sia il loro scopo; è ormai ovvio che i loro adepti siano completamente all’oscuro di tutto”


“Come si può essere leccapiedi della gente senza conoscere i loro scopi?” si indigna Yoann, mordendosi ferocemente il labbro.


â€œÈ il potere del denaro” ghigna tra i denti la donna, rialzandosi “Ora riposa e riprenditi, domani per te sarà  ora di riprendere il viaggio, abbiamo già  perso troppe battaglie, è arrivato il momento di capire e smettere di lottare”


 


Il giovane Seejah si distende sulla barella, sfinito. Quel racconto l’aveva reso particolarmente inquieto, ma in particolare era la presenza del suo popolo sulla terraferma a preoccuparlo.


La presenza dei Seejah lì, sulla terra da loro considerata impura e immonda, era di certo un pessimo presagio, un presagio di morte.


La sfida del suo popolo contro gli Infedeli era pronta a nascere, e lui sarebbe stato lì, impotente a viaggiare con i suoi amici. Ma non poteva fare altro, non doveva fare altro. La sua, ormai, era una fuga per non essere assoggettato.


L’unica scelta plausibile era quella di non fuggire, continuare a vivere. Fin quando avrebbe vissuto quell’avventura, non sarebbe mai stato un vero Seejah.


 


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To Feel Alive


 


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I'll be dead before the day is done


 


 


La medaglia rilucente in mano a Yoann era pesante il triplo del suo reale peso.


“Non la merito” esclama il ragazzo, con gli occhi sgranati.


“Yoann” sorride Nora “Ci sono allenatori che non hanno bisogno di dimostrare la propria forza tramite la lotta, basta semplicemente uno sguardo, e noi capopalestra sappiamo sempre se un allenatore sarà  in grado di batterci”


“Solo che non credo di meritare questa medaglia, io ho bisogno di lottare per capire di essere davvero in grado di arrivare alla Lega” replica Yoann, porgendo alla capopalestra la medaglia.


Nora mordicchia leggermente il labbro, assumendo una posa contrita, per poi iniziare a sfregare la mano prepotentemente sul fianco.


“Senti, Yoann, sarò sincero con te” inizia la donna “Queste ricerche mi porteranno via troppo tempo, e non so se in un futuro prossimo potrò battermi con te. Si dia il caso che io sia una dei capipalestra, e di non poter attualmente svolgere il mio compito, e ciò mi rende davvero insoddisfatta, per questo ti prego di accettare questa medaglia per...”


“Non è un regalo” interrompe Yoann “Ma una promessa: tornerò alla fine del mio viaggio per combattere con te”


“Sarò felice di accettare la sfida, se mi sarà  possibile” acconsente Nora, per poi dileguarsi nel buio del corridoio del centro ricerche.


Il ragazzo resta solo, affiancato dai sue due amici.


“Hai fatto bene” approva Fra, dando una leggera pacca sulla spalla dell’amico.


“Grazie” replica Yoann, con una smorfia sul volto “Adesso a quanto pare non resta altro che continuare il nostro viaggio”


“Raigena è stata una parentesi da dimenticare” ghigna Airish, guardando fuori dalla finestra. Gli enormi palazzoni della città  incorniciano l’interno squallido del centro ricerche. Strade poco alberate e luminosi grattacieli testimoniano l’utilità  della città  come centro commerciale e industriale della regione. Il cielo, perennemente occupato dalle nubi scure, pare questa volta preannunciare pioggia.


“Stanotte pioverà â€ sussurra la ragazza, avviandosi verso l’uscita del centro “Ci toccherà  restare al Centro Pokémon di Raigena”


I due ragazzi la seguono a ruota, cupi e ingrigiti come il cielo sopra di loro. Quegli eventi erano stati per tutti una doccia fredda, ma non potevano rendere meno roseo il viaggio. In alcuni momenti, c’è solo la scelta di continuare, come se nulla fosse cambiato prima di quel momento, anche se all’interno dei propri cuori sono accadute vere rivoluzioni.


Nulla è come prima, eppure tutto lo sembra.


 


Frederik amava da sempre l’alba, e quel rossore sanguigno nelle sue disparate colorazioni pallide, quella striscia sottile e intensa, sfumata nelle candide nuvole rosate.


Quell’alba che, da piccolo, amava ammirare da dietro le tende della sua piccola casetta, giusto un’ora prima di andare a scuola a studiare tutte quelle astruse materie che ormai conosceva a menadito.


Quel rossore era un tocco d’artista, una pennellata sbagliata in un quadro dalle tinte pastello, quel maledetto errore. E ancora, quella stupenda cornice delle scogliere di Borgo Diamante, grigie e imponenti, dietro alle quali il paese era pronto a svegliarsi, pronto ad ammirare le sue stupende fattezze colorate, tinteggiate di un’allegria indecente, esuberante, quasi fastidiosa per il ragazzo. Lui era il tocco d’artista di quella cornice. Dolore tra la gioia.


Aveva detto che sarebbe tornato a casa. Aveva abbandonato Alejandra, Will, Eric con una frase normale e codarda. Sì, non sarebbe rimasto lo stesso a lottare insieme a loro, ormai, invalido com’era.


La gamba sinistra era andata, spaccata in tre punti, e ormai saldata insieme e ricoperta da un gesso pesante. L’enorme taglio slabbrato sulla testa era ricoperto da una fasciatura intrisa di rosso, mentre le numerose ecchimosi sul corpo lustrate con una crema trasparente e dolorosa. Quel bruciore terribile, quel dolore intollerabile, lo avevano portato lì, a guardare di nuovo l’alba, come faceva sempre.


La sua avventura era finita di nuovo, e questa volta, probabilmente, per sempre. Ci sarebbero voluti anni per tornare a camminare normalmente, ci sarebbero voluti mesi per vedere sparire le cicatrici dal suo cranio e i lividi dal suo corpo.


Come si sarebbe presentato ai genitori in quello stato? Cosa avrebbero detto tutti, per quel nuovo fallimento?


E così era scappato, scappato via da tutti, dai suoi amici, dai suoi compagni, anche da sé stesso. Frederik muove qualche passo, sospinto dalla brezza marina, la gamba rotta gli duole tremendamente, ma il ragazzo non si lascia intimorire da quella sensazione. Continua a camminare, con un sorriso dolce stampato in volto.


Chissà  cosa stava facendo Yoann in quel momento.


Il suo amico era distante, ora, distante come mai. Peccato, perché aveva desiderato fin dall’inizio di non reputarlo un semplice amico, una persona con cui condividere le notti in tenda o le giornate a passeggio.


In quel momento voleva solo stringerlo a sé, chiedergli scusa per essere stato così debole e impulsivo, dirgli finalmente di amarlo. Sapeva che non avrebbe mai ricambiato, ma avrebbe dovuto chiarire quella posizione tempo addietro.


Era grazie a Yoann che aveva finalmente scoperto cosa fosse quella strana sensazione di non appartenenza al proprio corpo, quell’impossibilità  di trovare un amore alla sua età . Semplicemente, aveva sbagliato l’indirizzo della sua ricerca, e quella scoperta era subito stata seguita da un senso di soddisfazione interiore, svanito poi nell’attimo in cui si era reso conto di non poter possedere la persona a lui più cara.


E ancora una volta, un fallimento. Era destinato a fallire, fallire ancora.


Ed ecco, il mare sotto di lui. Un mare cristallino, che lascia intravedere ogni piccolo particolare sotto la sua superficie. Uno specchio di cristallo sotto il sole freddo del mattino, sotto al quale sfrecciano velocemente i Remoraid e i Lanturn, illuminando lievemente quelle rocce aguzze.


Il ragazzo estrae dalla tasca un taglierino appuntito, con quale inizia a recidere seccamente il gesso. Uno stridio di lama fastidioso colpisce le orecchie del ragazzo, che però continua a recidere lo spesso strato di medicazione, non senza arrivare spesso a recidere anche la pelle dolorante. Così, fino a scendere al piede, liberando completamente l’arto distrutto, per poi accasciarsi a terra lanciando un urlo di dolore.


Ma il processo di liberazione dalla sua prigione di fasciature procede. Frederik si sfiora la testa, iniziando a liberarsi dalle fasciature intrise di medicazione e sangue.


Il ragazzo stringe nel pugno le garze, sfiorando la testa con le mani. Toccare la ferita, così nuda e viva, lo intristisce particolarmente. Così, la mano scende sfiorando il cranio nudo, privato dei capelli a causa della medicazione, per poi arrivare a toccare la cicatrice sul volto procurata l’anno prima.


Il destino era stato crudele con lui, ma non sarebbe mai finito a lacerare il proprio animo per il dolore. Sarebbe stata una mossa stupida.


Frederik fa leva sulla gamba sana, parandosi sul ciglio della scogliera. Era come se in quel momento fosse diventato un’altra persona, come se tutto ciò che avesse vissuto fino a quel momento fosse una semplice punizione per essere sempre stato così freddo verso il mondo.


“I am a bird gehrl”.


Aprire le braccia, sentire il vento sfiorare la pelle dolorante, viversi.


“I am a bird gehrl”.


Un salto, come se la gamba fosse ancora lì, intera, un volteggio, viversi.


“I am a bird gehrl”.


A testa in giù, cadere, col vento contro la testa nuda, schiudere la bocca, vibrante per il canto, viversi.


“I am a bird gehrl now”.


Nero.


 


… Eppure, quegli occhi di stelle, fissavano Frederik anche nel tepore della morte. Non si trattava del paradiso, ma di un richiamo ad esserci, ad essere ciò che era sempre stato.


 


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