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The lost Guardian

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Nel nulla

“Ehi! E’ ora di svegliarsi! Daniel?”

“Devi andare a scuola, forza!”

“Vuoi che venga io...?”

“Va bene! Ora ti sveglio a suon di schiaffoni!!”

Un ticchettio scomposto per le scale, lo sbattere di una porta, un urlo.

La calma del piccolo cottage di Daniel “Dan” Reine, tra le coste frastagliate della Cornovaglia, è definitivamente turbata.

“Heinrich! Non c’è!” esclama una donna, sbattendo la porta della cucina.

“Hai provato in bagno?” chiede l’uomo, sorseggiando placidamente una tazza di the.

“Ti sembra il momento di scherzare? Daniel non è uno stupido, mi avrebbe risposto...” balbetta preoccupata la madre del ragazzo.

“Marie, calma... Forse è uscito presto per andare a comprare il latte...” ipotizza l’uomo, seduto scompostamente sulla poltrona a dondolo vicino al camino.

Marie, però, non lo ascolta. Con la cornetta in mano, tenta di chiamare il figlio, piangendo.

“Non risponde!” urla la donna, in preda ad una crisi isterica.

“Cosa vuoi fare?” sbotta l’uomo “Chiamare la polizia, forse? Farci prendere in giro da tutti?”

“E’ questo che ti preoccupa, mostro!” urla la donna “La tua reputazione!”

A quelle parole, Heinrich preferisce non rispondere. La loro reputazione? Che reputazione potrebbe avere, ormai, la sua famiglia?

“Quindi è per questo...” sussurra Marie, delusa “Addio, Heinrich”.

A quelle parole, la donna indossa il cappotto ed esce fuori dalla piccola porta in legno, mentre il forte vento spazza via la paglia del tetto del cottage dei Reine.

Davanti alla porta della piccola chiesetta di St.Rachel, Marie Reine sente l’impulso di entrare, spinta da un bisogno irrefrenabile.

Davanti all’altare intarsiato in legno di ebano, Marie cade a terra, affranta.

“O signore, ti prego... Daniel è l’unica cosa bella che resta nella mia vita: non togliermi anche lui... Non farlo andare via, è ancora giovane... E’ ancora giovane...”

Con le mani giunte, dietro Marie scorre la vita della piccola cittadina di pescatori. La donna sembra quasi pietrificata, con il volto terreo, sembra non respiri.

La gente non sembra notare la povera donna, che lentamente si lascia andare alla malinconia, al dolore, alla morte.

“Non tornerà  più...” pensa Marie, anzi, ne è certa.

L’aveva sentito, quella mattina... Quel dolore straziante, beffardo: quella sensazione spiacevole che attanaglia il cuore e l’intero animo.

Lo sentiva, Marie. Lo sentiva. Lo sentiva scivolare nel vuoto. Dopo, una luce. Una speranza.

“Sto morendo”

Daniel è in una stanza bianca, senza pareti, senza pavimenti, senza niente. Un antro vuoto, nel quale nessuno poteva trovare un inizio o una fine.

“E’ questo il paradiso?” pensa Daniel, deluso.

Eppure, Daniel sapeva di non essere morto! Non poteva essere la fine, quella. E poi, perché? Nessun dolore, nessuna malattia, nessuna sensazione particolare...

Daniel concentra la vista su un punto di colore diverso. Un solo punto, immobile. E’ su quel punto che tutti i sensi del ragazzo si concentrano, facendolo scivolare nel nulla: un nulla bianco, umido, aguzzo.

Dopo alcuni secondi, Daniel ritrova la vista.

“Sto cadendo veramente!” urla, terrorizzato.

Sotto di lui, dei puntini nell’azzurro, dei piccoli isolotti.

“Dove diavolo sono finito?” pensa Daniel, con gli occhi sgranati.

Il mare è sempre più vicino, ed il ragazzo riesce a inquadrare meglio la zona in cui morirà : sono quattro isolotti, di cui tre più piccoli e più vicini, mentre il quarto, grande e abitato, è più distante dagli altri.

Pluf!

Un suono secco, e Daniel è in mare. Il ragazzo viene trascinato dalle forti correnti marine verso il fondale, dove riesce ad ascoltare uno strano suono, in lontananza... Una melodia di flutti e bolle in continuo movimento. Una melodia magnifica, che lo fa sentire... A casa...

Il ragazzo sbatte violentemente su uno scoglio, sott’acqua, svenendo.

Il sole di mezzogiorno fa aprire gli occhi a Daniel, accecandolo. Il ragazzo è dolorante, sente qualche goccia di sudore calare dalla fronte. Con molta difficoltà , si alza.

“Sono vivo...” pensa, esterrefatto.

Davanti a lui si stagliano le tre isole che aveva visto dall’alto: un piccolo vulcano, un monte molto alto e una formazione rocciosa irregolare di media dimensione.

“Dove diamine sono finito?” sussurra a denti stretti.

Il ragazzo cammina lentamente per un piccolo pendio, raggiungendo una spianata sulla quale si erge uno strano tempietto.

Daniel, curioso, si avvicina ad esso, scorgendovi al suo interno tre gemme colorate.

“Che cosa bizzarra!” pensa.

Vicino al tempietto, il ragazzo nota un’ocarina, scavata in un guscio di conchiglia biancastra, mentre sopra al tempietto nota una strana iscrizione.

« Di fuoco, ghiaccio e fulmine l'armonia giammai va offesa,

o il mondo soltanto rovine dai tre titani dovrà  difendere.

Il gran custode delle acque verrà  allora a placar contesa,

ma il suo canto solitario fallirà  e in campo sarà  un forte a scendere.

O prescelta creatura, stringi nelle tue mani quei tre,

e come una sola pedina

i loro congiunti tesori domeranno la bestia marina. »

A quelle parole, Daniel sussulta, voltandosi.

“Uno Slowking?” chiede, stranito.

“Uno Slowking molto vecchio e parlante, mio giovane!” risponde il Pokémon.

“Dove mi trovo? In Paradiso?” chiede Daniel.

“Sei a Shamuti, ragazzo mio, ti aspettavo da molto tempo” risponde lo Slowking.

“Shamuti? Mi pare di ricordare qualcosa di questo posto... E perché mi aspettavi, scusa?”

“Per la seconda profezia, ragazzo...”

“Un’altra profezia?”

“Durante la tua permanenza a Shamuti, scoprirai molto sul tuo passato, Reed” sorride Slowking, scomparendo nell’oscurità  di una grotta.

“Io non mi chiamo Reed!” protesta Daniel.

Dal crinale del Monte di Lugia, una giovane ragazza dai capelli marroni ha ascoltato la conversazione, sotto choc. Ancora stupita, prende in mano il telefono e compone il numero del Palazzo Reale di Shamuti.

“Papà ...” mormora “Reed... Reed è tornato!!”

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Melody, Carol e Reed

“Melody! Aspetta! Aspetta!” urla una ragazza bruna e snella, correndo a perdifiato.

“Forza, Carol, è tornato nostro fratello! Non puoi non essere felice!” esclama Melody, senza voltarsi.

“Mel...” sussurra la sorella, ad occhi bassi “Su! Che Zapdos sia con me!”

Le due sorelle raggiungono il pendio del Tempio di Shamouti, notando il ragazzo mezzo fradicio.

E’ alto, snello e ha i capelli castano chiaro, molto corti e uno sguardo indifeso e infante. I vestiti, fradici, sono molto diversi da quelli degli abitanti dell’isola: indossa uno stretto jeans nero ed una t-shirt bianca con la scritta “Muse” inscritta tra due spesse righe.

“Non sembra per niente un eroe” commenta Carol, preoccupata.

“Ah, certo, perché tu hai proprio l’aspetto da eroina” la schernisce Emily.

“Portiamolo alla Reggia” sussurra Carol, alzandosi.

“Ehi, tu!”

A quelle parole, Daniel sobbalza, agitato. “Chi sei?”

“Il mio nome è Carol, e lei e mia sorella, Melody. Siamo due abitanti di Shamouti!” esclama la ragazza.

“Melody... Mi pare di... Oh cielo! Sei Melody del secondo film Pokémon??” chiede Daniel, perplesso ma emozionato.

“Un film?” esclama, a quelle parole, Melody, eccitata.

“Si...”

“Aspettate, tutti e due!” esclama Carol allarmata “Come... Un film su di noi? Non... Non è possibile...”

“Oh cielo!” esulta Daniel “Questo vuol dire che... Sono nel mondo dei Pokémon?”

“Certo, perché?” sorride Melody “Non capisco in che mondo dovresti vivere, scusa...”

A quelle parole, Carol abbassa lo sguardo. Non può credere che sua sorella sia ancora così poco istruita sulla leggenda di Lugia.

“Ti spiegherò tutto a casa, Mel...” sussurra la ragazza “Intanto dobbiamo far incontrare nostro nonno e Reed”

“Anche voi con questa storia di Reed?” sbotta il ragazzo “Mi chiamo Daniel. D a n i e l”

“Certo. Reed” risponde Melody scostante.

“Pensavo che dopo aver conosciuto Ash saresti diventata meno antipatica...” sussurra Daniel, malizioso, ma viene buttato a terra dalla ragazza, con un forte spintone.

“Come conosci Ash?” urla Melody, irata.

“Stai tranquilla, ti spiegherò tutto dopo, Melody...” la spinge via Carol.

Le ragazze portano Daniel su un promontorio, dal quale si vede la bella baia di Shamuti, con le sue piccole casette in pietra a picco sul mare. Delle barchette sono ormeggiate vicino alle abitazioni, e sono tutte decorate con colori sgargianti.

“Questa è la nostra terra. La tua terra: Shamuti...” sussurra Carol commossa.

“Io... Non capisco più niente” si lamenta Daniel, sedendosi a terra.

“Ti spiegherà  tutto nostro padre” lo consola la ragazza “Vieni...”

Un imponente palazzo bianco si staglia maestoso davanti agli occhi di Daniel, accecandolo. Una scalinata enorme, lunga quanto l’edificio culmina con delle altissime colonne in marmo, perfettamente levigate e splendenti. Il resto della grande casa, simile ad un tempio greco, è coperta da enormi palme in cui dondolano alcuni Pokémon. La cosa che, però, colpisce di più il ragazzo, sono i tre enormi portoni d’ingresso della casa, con dei pannelli riccamente intarsiati in tre colori sgargianti: rosso, giallo e blu.

Notando lo sguardo d’ammirazione del ragazzo, Carol interviene: “Sono belli, eh? Quei portoni raffigurano delle scene di vita a Shamuti, nei tre quartieri principali, che si distinguono per l’appartenenza ai tre Pokémon protettori di Shamuti: Articuno, Zapdos e Moltres”

“Vuoi dire che i sindaci di Shamuti sono... Pokémon?” chiede, incredulo, Daniel.

“No!” sorride Carol “Sono semplicemente i protettori di quei quartieri... Ma adesso entriamo”

La ragazza svolta a destra, proprio sotto la grande scala, e si dirige verso una piccola scaletta in pietra bianca. Alla fine di questa, Carol, Melody e Daniel si ritrovano in una bella terrazza circondata da palme.

“Qui c’è stato un banchetto, nel film!” esclama il ragazzo.

“Qui Ash ha scoperto di essere il prescelto...” ricorda Melody, con le lacrime agli occhi.

Daniel abbassa lo sguardo, e segue Carol dentro la grande casa.

“Mamma...” annuncia Melody appena entrata in un grande salone al piano di sotto “Lui è Reed”

Una donna sui quarant’anni guarda intensamente Daniel, sull’orlo del pianto.

“Lo sapevo che saresti tornato” sussurra.

Il ragazzo, imbarazzato, resta in silenzio. Si sente particolarmente in disagio a guardare quella donna. Però... Però non è sua madre, non è possibile!

“Voglio parlare con vostro nonno, ho bisogno di spiegazioni” afferma Daniel, confuso.

“Seguimi” commenta la madre, salendo di nuovo le scale, fino all’ultimo piano del grande tempio “Nell’ultima stanza troverai tuo nonno... E le risposte che ti servono”.

Il ragazzo cammina lentamente, ritrovandosi davanti una bassa porticina bianca. Dietro quella, avrebbe trovato le certezze sulla sua vita che sta cercando disperatamente.

Nella piccola mansarda con le travi a vista, in cui il ragazzo entra a stento, non c’è molta luce. L’arredamento è scarso, e adattato all’altezza della stanza. Una piccola cassettiera, un piccolo letto, una piccola finestrella sul mare. Proprio davanti a questa è seduto un vecchio, curvo, con un bastone contorto in mano.

“Ti aspettavo, Reed” lo accoglie con una voce roca.

“Ho bisogno di parlarti” sussurra Dan, con la gola secca.

Il vecchio si limita a toccare una piccola seggiola accanto a lui, invitando Daniel a sedersi.

“Un tempo, Shamuti non esisteva. E’ un’isola giovane, nelle Orange, mentre le tre isole di Zapdos, Moltres e Articuno sono le più antiche. Shamuti era la culla di Lugia, ed era sommersa. Nel golfo che tuttora ammiriamo, e intorno al quale noi costruiamo le nostre case non era altro che la lettiera di un leggendario, che i tre uccelli leggendari avevano il compito di custodire. E’ Lugia che crea le correnti sottomarine, è Lugia che provoca le mareggiate delle Orange, è Lugia che ha scelto di perdere la sua casa per darla a noi.

Un tempo quasi tutti gli abitanti vivevano sull’isola di Zapdos, la più vivibile, sebbene pericolosa per le frequenti tempeste e, in parte, sulla calda isola di Moltres e sulla fredda isola di Articuno. Le tre popolazioni vivevano come separate, non potevano sposare la gente delle altre isole. Così, sull’isola di Moltres la popolazione arrivò a scomparire, e poco dopo anche su quella di Articuno. A quel punto i due uccelli leggendari, vedendo il loro popolo abbandonarli, si recarono in volo da Zapdos, irato perché gli uomini stavano deturpando la sua isola. I tre uccelli attaccarono il popolo, che si salvò solo grazie a Lugia, che fece emergere Shamuti e vi portò tutti gli uomini. Purtroppo spesso Moltres, Zapdos e Articuno tornano ad attaccare non solo la nostra isola, ma anche il resto delle isole Orange. Questo... Questo non per cattiveria, ma perché se non fosse così Lugia stesso morirebbe”

“Morirebbe?” chiede Daniel, perplesso.

“Esatto. Il potere di Lugia deriva dal flusso di energia delle tre isole leggendarie! Capisci? Moltres, Articuno e Zapdos vivono nei crateri delle tre isole, che funzionano come contenitore di energia, ma questa spesso può disperdersi, sia per opera dell’uomo che per opera della natura. Recentemente è successo per mano di un uomo, un collezionista di Pokémon, ma succederà  di nuovo... E la profezia non sarebbe più valida!”

“La profezia di Slowking?” chiede il ragazzo.

“Esatto. Quella profezia è stata scritta da tre fratelli ben cinque secoli fa, e adesso bisogna fare la stessa cosa. La disgrazia di Shamuti è sempre legata a Lugia. Egli, infatti, priva sempre la regina di Shamuti di un figlio, e lo invia in un altro Mondo. Sai, esistono molte fiabe, e sono tutte vere! Esiste il mondo delle fate, il mondo degli elfi, il mondo dei vampiri... Il tuo mondo è purtroppo il mondo della criminalità , della morte gratuita, del male, del dolore e della malattia e...”

“Si, ho capito, vivevo in un mondo di...” inizia Dan.

“Ssh. Niente volgarità , qui. Quello che voglio dirti, Reed, è che tu sei nato a Shamuti, ma disgraziatamente sei stato trascinato via dalla Forza della Profezia. Reed, il tuo compito è viaggiare per questo mondo e scoprire le parole con cui completare la Nuova Profezia. Tu conosci più di tutti il mondo dei Pokémon, perché lo hai seguito da sempre grazie ad un altro figlio di Shamuti, che lo ha fatto conoscere nel tuo mondo”

Daniel guarda fuori dalla finestra, sentendo su di sé il peso del suo nuovo compito. Avrebbe viaggiato per il mondo dei Pokémon, quel mondo che da sempre sognava. Il ragazzo si alza lentamente, avviandosi verso la porta.

“Aspetta!” sussurra il vecchio “Hai bisogno di un Pokémon, penso... Prendi quella vecchia sfera sul comò”

Daniel, senza fiatare, prende in mano la vecchia Pokéball a manovella, ormai cosparsa di polvere. Uscito dalla porta, gira lentamente la manovella, e tutto l’ambiente si riempie di piccole scintille.

Davanti agli occhi di Reed è apparso un Aipom.

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Il viaggio ha inizio

“Hai capito, adesso?” sorride Carol, vedendo il fratello scendere le scale.

“Si” risponde, secco “Vostro nonno... Mio nonno mi ha detto che devo scrivere la profezia... Ma perché proprio io?”

“Non solo tu!” sorride Melody “Anche io e Carol ne abbiamo scritto una parte...”

“Davvero?” risponde Reed, stupito “E dov’è?”

“Nella sala grande, quella dove si svolgono le Messe in onore dei Tre” risponde la madre, facendo cenno a Reed di seguirla.

Il ragazzo si trova in una immensa sala dai soffitti altissimi. Tutto è bianco e blu, i colori di Lugia, ed alcune persone sono sedute su delle panche bianche per pregare e venerare il grande Protettore di Shamuti.

“Vedi quella lastra di marmo? Quelle parole in ferro sono le prime due delle tre parti della nuova profezia” spiega Carol “Le prime due frasi le ho trovate io in sogno o guardando le stelle, perché sono sotto la protezione di Zapdos, mentre Melody le ha trovate suonando l’ocarina e sulla terra di shamuti perché è sotto la protezione di Moltres...”

“Aspetta un attimo! Che significa questa cosa della protezione?” chiede il ragazzo.

“Mi sembra strano che nonno non l’abbia spiegato! In pratica, io te e Melody siamo nati sotto il segno di uno dei tre Pokémon leggendari, come testimonia anche un ciuffo di capelli di colore particolare che spunta se ci esponiamo ai leggendari almeno una volta” spiega Carol, mostrando una ciocca di capelli biondi.

“Mh... Devo ancora abituarmi all’idea...” si arrende Daniel “Magari col tempo capirò qualcosa!”

“Si, certo” lo rincuora la madre “E comunque, leggi la profezia fin ora! Forza!”

“La forza delle stelle è giunta fino a noi cantando lentamente la gioia

E la sua verità  è rossa, la sua luce è gialla, la sua voce è azzurra

Giù nel mare si agita il custode, alla ricerca della sua fiducia

Perduta nel momento in cui Shamuti è nata, e allora la sua luce...”

“E allora la sua luce?” chiede Reed.

“Qui entri in gioco tu. Zapdos è sempre raffigurato in cielo, Moltres nella terra, Articuno nel bianco. Purtroppo la sfortuna ti ha voluto colpire, Reed. Articuno è il più difficile da decifrare. Bisogna viaggiare e cercare il bianco” spiega Carol.

“E dove lo cerco, il bianco, scusate?” protesta Reed “Una miriade di cose può essere bianca!”

“Si dice che una frase per la profezia esista solo in una determinata regione indipendente di questo mondo. E ciò significa Kanto, Johto, Hoenn, Sinnoh, Unima e Holariya”

“Ma sono sei!” esclama Reed “Dovrei cercare in queste sei regioni... Dappertutto?”

“No, certo che no! Ogni volta troverai un indizio per la futura locazione, ma la prima... La prima la dovresti cercare da solo...” spiega Melody.

“Ma noi abbiamo alcuni indizi sulla prima regione, Reed” inizia Carol “Si dice che nella regione di Johto la parola sia in qualche monumento importante, e ciò significa tre città : la Torre di Latta di Amarantopoli, il Faro di Olivinopoli o il Latios di Altomare”.

“Ma... Nella torre di Latta vive Ho-Oh... Non penso sia lì” commenta il ragazzo.

“Non si può dire...” lo punzecchia Melody.

“Più che altro io proverei al Faro di Olivinopoli, da lì si vedono le Isole Spumarine, e Lugia a volte si reca in quel posto” esclama la madre.

“Infatti, Reed partirà  con un aereo oggi stesso per Olivinopoli, e cercherà  nel faro, anche con l’aiuto del nuovo capopalestra” esclama una voce maschile da dietro il ragazzo.

“Nonno!” esclama Melody.

“Ho consegnato a Reed un Aipom, come avevo promesso, ma ho deciso di lasciargli anche un altro Pokémon...” sussurra l’uomo frugando nella sua giacca, e togliendo fuori due Pokéball nuovissime “Questa è la Pokéball di Aipom, Reed, e questa contiene un bel Cyndaquil. Nonostante la loro forma evolutiva, sono Pokémon molto forti... Buona fortuna!”

Con quelle parole, il nonno si gira dall’altra parte e va via, verso la sua stanzetta.

“Ebbene, Reed... Qui fuori ti aspetta il tuo aereo, diretto a Olivinopoli. Devi solo salire e goderti il viaggio” lo incoraggia Melody.

“Abbiamo scelto un pilota per il tuo viaggio che ti seguirà  ovunque andrai, quindi puoi stare tranquillo, fratellino” sorride Carol.

Alla parola “fratellino”, a Reed viene il mal di stomaco. Sta per compiere un gesto incredibile, che lo porterà  ad un’avventura indimenticabile. Svelto, il ragazzo prende le due Pokéball e, senza niente, come era venuto, si dirige verso l’aereo. Questo è un piccolo velivolo poco raccomandabile, ma grazioso. Sembra, a Daniel, uno di quegli elicotteri degli inviati TV, ma un po’ meno raccomandabile.

Il ragazzo sale sull’elicottero salutando la sua nuova, ritrovata famiglia, pronto a partire.

“Metti il casco e allaccia le cinture”

Una voce femminile attira il ragazzo, che si gira, incredulo, verso il pilota.

“Sei una donna!” esclama.

“Cosa ti sembro, scusa? Hai qualche problema per questo?” lo attacca la pilota.

“No... E’ solo che... Quanti anni hai?” chiede Reed, terrorizzato.

“Non è importante”

“Invece lo è! Si che lo è!”

La ragazza mette in molto l’elicottero, e il ragazzo cade a terra, con gli occhi sbarrati.

“Ho sedici anni” risponde la ragazza “Come ti chiami?”

“Reed” risponde convinto il ragazzo.

“Non dicevo il nome, anche stupido, che ti hanno messo. Parlo del tuo vero nome!” afferma la pilota.

“Il mio vero nome? A quanto pare non era il vero... Comunque, mi chiamo Daniel, Dan...” risponde il ragazzo mettendosi il casco e sedendosi accanto alla ragazza “E tu, tu come ti chiami?”

“Alice, della tribù di Articuno” risponde lei “Ma solo per questo non ti venererò come farebbero altri!”

“Non chiedo a nessuno di venerarmi, in verità â€ risponde secco.

“E comunque, io non intendo chiamarti Reed” esclama Alice.

“Nessun problema, anzi” replica Daniel.

“Perfetto, potremmo, in una remota possibilità , collaborare abbastanza bene” sentenzia la ragazza.

Daniel dà  uno sguardo all’Arcipelago delle Orange, che sta sorvolando insieme alla sua nuova amica. Gli isolotti sembrano sfrecciare sotto di lui con grande velocità , mentre i Pokémon uccello si spostano per far passare il piccolo elicottero.

“Quanto manca per Olivinopoli?” chiede Daniel.

“Poco” risponde secca Alice “Shamuti è molto vicina sia a Kanto che a Johto, quindi è facile arrivarci”

In effetti, dopo alcuni minuti, Daniel nota sotto di lui la terraferma, e riesce a scorgere anche qualche luogo familiare come, ad esempio, la gialla Zafferanopoli e l’Isola Cannella. Nel folto riesce a vedere anche la piccola Pallet Town, dove probabilmente si trovano i Pokémon di Ash Ketchum, ora impegnato in chissà  quale viaggio!

In poco tempo, Dan e Alice arrivano a Olivinopoli, e l’elicottero inizia a planare lentamente, fino ad arrivare esattamente davanti al faro.

“Ci siamo” esclama Alice, togliendosi il casco e facendo scendere una cascata di capelli rossi “Andiamo!”

I due ragazzi scendono dall’elicottero, respirando l’aria di Olivinopoli, densa di odori.

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L’avventura a Johto ha inizio!

“Immagino che lei sia Cole” esclama Alice, avvicinandosi ad un ragazzo sui vent’anni, con i capelli stranamente grigi e gli occhi azzurri.

“Esattamente, piacere di conoscervi. Lui è Reed, suppongo” commenta l’uomo, indicando Daniel.

“Dan, lui è il nuovo capopalestra di Olivinopoli, dopo che Jasmine è partita” presenta Alice.

“E’ andata a Sinnoh, vero? Comunque, piacere” esclama il guardiano di Articuno.

“Oh, il fatto che tu lo sappia semplifica molte cose” sorride Cole “Prego, entrate nel faro, così andiamo da Amphy”

“L’Ampharos è ancora qui?” chiede Daniel, curioso.

“Si, certo” sorride Cole “Quando Jasmine se n’è andata, a causa del suo nuovo posto come capopalestra di Giubilopoli, ha scelto di lasciare qui Amphy, ormai un idolo per gli abitanti di Olivinopoli, e il curatore del faro sono diventato io. La palestra, grazie a me, è diventata di tipo elettro, e in cima al faro si svolgono le lotte”

“La palestra è... Il faro?” chiede Alice, stupita “Questo non lo sapevo nemmeno io!”

“E’ una novità , faccio questo solo da due mesi, dalla fine dell’anno” spiega il capopalestra.

“Alice...” sussurra Daniel “Ma siamo a fine maggio!”

“Intende l’anno Pokémon, quello della lega... Finisce a marzo” commenta l’amica.

Il trio sale gli scalini fino alla zona focale del faro, dove sono radunati molti Pokémon elettro, intenti a lottare tra loro e illuminare la zona.

“Bene, Reed...” inizia Cole.

“Daniel, chiamami Daniel” lo ferma il ragazzo.

“Bene, Daniel, devi cercare un qualcosa di particolare nel faro, giusto? Se vuoi, ti posso aiutare”

“Devo cercare il bianco” afferma il guardiano.

“Il... Bianco?” afferma dubbioso il capopalestra “Beh, in che senso? Una struttura bianca, un Pokémon bianco, cosa?”

“Qualcosa di bianco, semplicemente” esclama Alice “Da quel che so io, toccando quella determinata cosa, Daniel dovrebbe percepire la frase”.

“Beh, qui di bianco non c’è molto... La pancia di Ampharos, ad esempio, oppure i tubi che portano l’acqua...” spiega Cole.

“Daniel, hai qualche sensazione particolare?” chiede la ragazza.

Il guardiano di Articuno si concentra, cercando di assimilare tutta l’energia del faro.

“No... Mi pare di no...” sussurra scoraggiato il ragazzo.

“Allora non ha senso stare qui” sentenzia Alice, secca.

“Ma no! Dobbiamo cercare...” protesta Daniel “Potrei semplicemente aver sbagliato!”

“Daniel, abbiamo probabilmente sbagliato tutto” asserisce la ragazza, secca “Noi stiamo cercando un qualcosa di eterno, purtroppo, capisci? Il faro, da quel che ho letto sulla targa all’ingresso è piuttosto recente...”

“Allora, ragazzi? Qui abbiamo finito?” chiede il capopalestra.

“Si, grazie” sorride Alice, scendendo le scale.

“Dove siamo diretti?” chiede Dan all’amica, sull’elicottero.

“Altomare” risponde la ragazza, indicando un punto scuro sul mare.

“Quella è Altomare?” chiede il guardiano, riuscendo a vedere in lontananza una grande isola, differente dalla città  simile a Venezia che aspettava.

“Quella è Druma, una delle isole dell’Arcipelago Boreale, simile alle Orange per quanto riguarda il governo: è sotto la prefettura di Holariya e Johto...” spiega Alice.

“E Altomare è sotto la Prefettura di Johto, suppongo.” afferma Daniel, confuso.

“Esatto. Druma è divisa in diverse provincie, delle quali Altomare e Orona appartengono a Johto, e le altre a Holariya” spiega l’amica.

“Ok, mi sto confondendo... L’importante è trovare la frase, comunque...” sussurra Dan, osservando la grande isola, che pian piano si avvicina.

Alice plana su una spianata al centro di Altomare, vicina ad uno dei canali della città . I due ragazzi scendono, e si incamminano per i vicoletti della bellissima Altomare, intramezzati da alcuni canali dove i Ducklett e i Wingull sguazzano allegramente.

“Dove ci stiamo dirigendo?” chiede Daniel, voltandosi verso Alice.

“Verso la piazza principale, dove si trova il monumento di Latios” sorride la ragazza, incamminandosi verso un bar “Ma prima, gelato!”.

I due entrano nel piccolo chiosco, e ne escono con due enormi gelati alla panna, che gustano passeggiando per i vicoli affollati e soleggiati.

“Eccoci in piazza!” esclama Alice, ad un tratto. Daniel alza lo sguardo e viene accecato dal sole del tramonto, che si riflette sulle guglie dei palazzi maestosi.

“Wow!” esclama Dan, incredulo. I ragazzi si avvicinano alla statua, ammirandone la brillantezza e la maestria nella sua realizzazione.

“E’... Fantastica!” esclama la ragazza “Senti qualcosa, Daniel?”

Il ragazzo si concentra, con tutte le sue forze, ma non riesce a percepire niente...

Anzi... Anzi no! Ad un tratto, Daniel sente come una forte oppressione al petto, un essere molto forte e...

“C’è qualcosa!” esclama Daniel.

“Cosa, di preciso? Hai la frase?” esclama eccitata Alice.

“No, non quella, ma... Sento come...” Daniel si volta lentamente, scovando nella folla un volto conosciuto.

“Seguiamo quella ragazza!” esclama il guardiano, iniziando a correre.

“Mi spieghi che diavolo stai facendo?” urla Alice rincorrendolo.

I due seguono la ragazza, che sembra dileguarsi tranquillamente nella folla. Ad un tratto, il buio ha la meglio su Alice e Daniel, che si ritrovano in uno stretto vicolo, alla luce della luna.

“Oh, diamine!” impreca la ragazza “Mi spieghi cosa diavolo volessi fare?”

“Io...” tenta di protestare Daniel, ma viene interrotto dall’amica.

“E adesso? Cosa facciamo? Trovare quella dannata frase non è affar mio, ma tuo!” protesta.

Una ragazza, incuriosita, assiste alla scena.

“Avete bisogno di qualcosa?” chiede, innocentemente.

Daniel non ha il tempo di voltarsi, che Alice scatta a molla verso la ragazza.

“Oh! Oh! OH! Non ci credo! Tu… Tu sei la Principessa di Hoenn! Oh, che bello conoscerti, sono così emozionata! Sei un modello per me, e per tutte le ragazze di Shamuti, ti adoroh!” urla Alice, come impazzita. Daniel, incredulo, si incammina verso la ragazza, riuscendo a comprenderne l’identità : Vera.

“Mi fa piacere che ti sia simpatica...” si difende la coordinatrice, cercando di allontanare la ragazza.

“Dai, Alice...” cerca di distrarla Daniel “Lasciala in pace...”

“Tu non capisci, Dan, lei è il mio mito! E’ Vera!” si difende la pilota.

“Ragazzi, mi pare di aver capito che vi siete persi” inizia la coordinatrice “Io sto in un hotel qui vicino, se volete, potete venire!”

“Quello che vuoi, Vera!” esclama Alice, con il cuore a mille.

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