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[IcyFlame] Vita di Fazioni in una classe disastrata


IcyFlame

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Alla fine ho deciso di pubblicare questa storia stupida nonostante tutto, quindi tanto vale fare una sorta di prefazione.

 

E' una storia non particolarmente elaborata, "comica", molto stupida e di conseguenza una lettura leggera... lo dico fin dall'inizio, non ha nulla a che fare con i Pokémon. Quindi sarà un po' difficile attirare l'attenzione, ma rip alla fine non cambia, penso che continuerò a pubblicarla fino alla fine lo stesso, dato che la stesura è quasi terminata. 

 

Boh, non so che altro dire... potrebbe essere collegata ad ATRPM (le altre mie FF) in un certo senso, tipo che sono ambientate nello stesso universo, ma non so. Diciamo che avrei un modo per collegarle ma non so se voglio veramente prendere questa strada.

 

Ricordate, però, che forse tutta questa storia è un prequel ad ATRPM. Potenzialmente.

 

Questo prodotto è stato estrapolato dalla mente del (un mio amico che ci tiene tanto ad essere riconosciuto) "Gran Mago ©"

Prologo

 

 

 


In una cittadina di cui si manterrà segreto il nome, in una scuola di cui si manterrà segreto il nome, in una classe (a cui però si assegnerà un nome presto) si trovavano venti alunni. Suddetti studenti frequentavano il 3° anno di Liceo Scientifico, nella sezione H. Ebbene, quella sezione era stata creata appositamente per loro. Nell’anno in cui questi alunni s’iscrissero, il liceo conobbe un boom d’iscrizioni incredibile, che la preside non poté fare altro che istituire una nuova sezione per accogliere tutti gli studenti che anelavano di entrare nel Liceo ScientiFICO.



La donna, conscia che era necessario un bilanciamento di capacità e di buon senso degli studenti, reddito familiare e di voti ottenuti agli esami di terza media, fece in modo che ciascuna classe fosse ben variegata e disponesse di diversi tipi di alunni in ogni sezione.



Tutto sembrò andare per il meglio, ma non tardò ad arrivare il mese di dicembre, vivacemente chiamato dai liceali Autogestembre. Messa alle strette da rivolte e da tentati colpi di stato, la preside alzò bandiera bianca e concesse la cogestione ai suoi alunni, sperando che l’unità scolastica non si perdesse. Eppure nell'allora 1°H già qualcosa bolliva in pentola da settembre. I venti alunni avevano troppe divergenze e non riuscivano ad andare d’accordo, minacciando di iniziare un autogestione e addirittura l’occupazione, supportati anche dal Comitato Studentesco.



La dirigente doveva correre assolutamente ai ripari. La potenza della H era troppa, doveva in qualche modo zittire ogni alunno come la lettera muta della loro sezione, e allo stesso tempo evitare che la scuola andasse in rovina. Dopo giorni e serate in cui vedeva gli studenti discutere in angoli bui dell’istituto e lanciarle occhiatacce, emanò un’ordinanza rivoluzionaria. La classe, che non riusciva a vivere tranquillamente raggruppata con un solo nome, fu divisa in quattro Fazioni, cosicché la classe non si schierasse contro di lei bensì contro se stessa.



Gli studenti, anche se non tutti, smisero di prepararsi per una guerra e si divisero in quattro schieramenti che sussistono ancora dopo due anni, e bisogna dire che sono anche molto organizzati. I quattro sono graficamente rappresentati su una linea orizzontale, che parte da destra per indicare la convenzione –simboleggiata dalla luce- e a sinistra per indicare la ribellione –simboleggiata dall’oscurità-.



I primi da destra sono i rappresentanti della Teocrazia del Sol’Rosa, che è la fazione religiosa della classe, la quale venera il Dio Sol’Rosa. Successivamente l’Unione dei Moderati, la quale raggruppa i ragazzi più calmi, con diversi talenti. Segue la Repubblica delle Banane, un tempo più tendente a destra ma che ora sta mostrando segni di corruzione. Infine, l’Anarchia della Fattanza è dedicata al piacere di sostanze… di dubbia natura.



Il primo e il secondo anno passarono veloci, la classe divisa non diede grandi problemi e la preside smise di temere per la sua vita.



Il terzo anno, però arrivo alla scuola una lettera. Era dai governanti della regione, che riconoscevano la grandezza dell’istituto, e offrivano una vacanza-studio a Boston e New York per sei alunni di una classe scelta casualmente. La donna pensò di truccare i risultati per evitare che la 3°H fosse l’estratta, ma non ebbe alcuna voce in capitolo. L’estrazione era già stata fatta.



E la fortunata era proprio la 3°H.



Come un soldato si avvicina con la testa bassa per annunciare al comandante che una battaglia è stata persa, tale la preside si avvicinò alla classe che si era pentita di aver creato. Annunciò mestamente che una Fazione avrebbe vinto il viaggio, scelta secondo diversi criteri che però sarebbero rimasti ignoti a tutti meno che lei. Oltre ai cinque membri di una Fazione, sarebbe potuto andare anche un sesto alunno, scelto sempre da lei, da chi sennò. Lei era a capo di tutto e tutti. Preside uber alles.



Ciò che però nessuno si aspettava era una nuova recluta, la quale aveva deciso di spostarsi da un istituto a un altro. La preside non aveva tempo per controllare il curriculum dell’alunno, era troppo occupata nel sedare rivolte. Nonostante ciò, non aveva intenzione di prendere dei rischi, magari questo ragazzo aveva una storia come ribelle. Doveva silenziarlo, e aveva una soluzione.



Mandarlo nella 3°H.





 

 

 

1. Benvenuto all'Inferno

 



Mi sveglio nella camera di casa mia assordato dalla migliore sveglia che possa mai esistere, una sveglia che non fallisce mai nemmeno se ti imbottisci le orecchie di cerume accumulato nel corso di tutta la tua vita, e questa sveglia è mia madre.
“SVEGLIA SVEGLIA SVEGLIA FILIPPO OGGI E’ IL TUO GRANDE GIORNO”
Il problema tra le sveglie tradizionali e lei era che le prime potevano essere disattivate, mentre mia madre no. Non c’era modo per fermarla. Ora che ci penso, più che sveglia potrei definirla come una bomba, dato che inizia a dare l’allarme con un flebile bip bip da ospedale, ma poi accelera velocemente, fino a che il timer nella sua testa non termina. Una volta che il mio tempo a disposizione è finito, afferra le coperte del mio letto e le butta dall’altra parte della stanza, prima gridando: “Quando torni da scuola sistemerai tu questo casino!” e poi non solo alzando le persiane, ma premendo su e giù l’interruttore in modo da creare un rumore assordante, che evidentemente lei riesce a sopportare date le continue torture a cui mi sottopone ogni mattina. Una volta le ho chiesto come fa, e mi ha risposto che si è abituata durante i miei primi anni di vita, dicendo che sono stato un pessimo bebè che la svegliava ripetutamente durante la notte. Dato che mia madre è molto vendicativa, non posso fare a meno di pensare che ciò che subisco sia colpa dei pianti notturni durante la mia fanciullezza.
Questa volta, però, cerco di evitare il concerto delle persiane e mi sveglio immediatamente, salutandola con il miglior sorriso che ho. Mia madre non è il tipo che si lascia fregare, e, infatti, subito mi dice di provare con un’espressione facciale più realistica se non voglio sembrare ridicolo ai miei nuovi compagni di classe.
Sì, perché il sette gennaio dovrei avere nuovi compagni di classe? Mia madre, –sempre lei- donna in carriera, si è trasferita in questa città del sud Italia, per un “nuovo importante redditizio lavoro che ci permetterà di vivere come persone molto più benestanti”, che per me significa “nuova pessima terribile scuola che mi costringerà a fare nuovi amici molto più difficilmente” ma i miei genitori credevano in me, e dicevano che potevo farcela.
Io no.
Ho fatto colazione velocemente e mi sono vestito con le prime cose sotto mano, devo almeno arrivare in tempo il primo giorno per fare una buona impressione sui professori. I compagni sarebbero stati difficili da convincere, ma gli insegnanti erano una facile preda: ognuno di loro voleva qualcosa di preciso dagli alunni, e sarei riuscito a capire cosa fosse, e dovevo farlo per permettermi una media superiore all'otto.
Salgo sull’autobus sperando che sia quello giusto e che non abbia confuso i numeri sul sito del trasporto pubblico, e vedo mia madre che mi saluta con un fazzoletto in mano. All’inizio penso che le serva per asciugarsi gli occhi, ma poi vedo che sta solo pulendo una macchia vicino alla finestra. Faccio per mettermi le cuffie ed ascoltare qualche canzone dalla playlist del mio IPhone, ma vedo che una ragazza mi sta osservando intensamente. Ha i capelli scurissimi, neri come la pece, ma una pelle estremamente chiara, come quelle donne che vivevano in Svezia o Norvegia, viste in quella mia vacanza tre anni fa. Occhi di media grandezza e color cioccolato. Spero di non aver fatto colpo, non sono assolutamente in cerca di una relazione al momento. Vorrei evitare il suo sguardo, ma è così insistente che non posso fare a meno di chiederle qualcosa.
«Scusa… ci… ci… conosciamo?»
L’autobus chiude le porte e si avvia verso la prossima fermata.
«No, ma so che saremo in classe insieme. Ho visto il tuo profilo su Facebook. Sono Elisa Bea, Liceo Pavese, 3°H, Teocrazia del Sol’Rosa.»
All’inizio penso sia come quelle telefonate che ricevi a pranzo, di Cristina della Fastweb, alle quali i tuoi genitori ti raccomandano fin da piccolo “non rispondere”, quindi mi venne automatico dire:
«Non siamo interessati, grazie.»
Mi rendo velocemente conto che nella vita reale non c’è un modo per chiudere le conversazioni così facile come il tasto di un telefono se non uscire dal campo visivo del tuo interlocutore, e sfortunatamente per me, non posso buttarmi fuori dal bus in corsa.
«Sei simpatico, saresti utile nella nostra Fazione.»
Ho incontrato una stalker, che palle. E adesso come faccio ad arrivare in tempo a scuola, penso.
«Non ho intenzione di intrattenere rapporti con gli sconosciuti al momento.»
«Non saremo sconosciuti!» fa lei con un sorriso. «Andremo in classe insieme! Te l’ho detto, ho visto il tuo profilo su Facebook.»
«Va bene, magari hai visto il mio profilo su Facebook, che tra l’altro non apro da due anni, ma non fa niente. Se fossi nella mia classe, ci sono due possibilità, o sei una pazza psicopatica o ti sei fatta di qualcosa. Non ti preoccupare, non ti giudico, trovo il libero arbitrio una delle cose migliori di questo mondo. Ognuno fa quello che gli pare.»
«Sarcasmo e ironia! Gabriele ti amerebbe! Ti consiglio di entrare nella nostra Fazione.»
«Marijuana? Cocaina? O preferisci quelle sintetiche, tipo LSD?»
Lei ride di nuovo, ma vedendo la mia faccia seria cambia anche lei espressione.
«Se fai uso di sostanze stupefacenti, tra noi, ti consiglio l’Anarchia della Fattanza.»
«Senza dubbio LSD! Fai attenzione, non vorrei che tu morissi di overdose.»
Stavo facendo di tutto per levarmela di dosso, ma era come quella macchia di ketchup che per sbaglio fai cadere sul pantalone e che rimarrà lì anche dopo venti lavaggi con Dash.
«Seriamente, Filippo! Devi scegliere una Fazione! Ti vedo confuso adesso, ma capirai presto. Ti piacerà molto la nostra classe, e scegli con il cuore, la mente e con l’assistenza del Sol’Rosa.»
Dopo aver detto questo, mi passa un volantino, dove è scritto al centro in rosa fluo:
Unisciti alla Teocrazia del Sol’Rosa per essere illuminato dalla sua luce eterna!

 

Scopri la vera via della vita, lasciati guidare dall’intelletto!


Va bene, penso, o sono finito nel nuovo Ku Klux Klan oppure questa è una strana Testimone di Geova.
Mi godo qualche minuto di canzoni prima che l’autobus raggiunga la sua ultima fermata, quella per il Liceo. Elisa Bea, un nome che sembra quello di un libro di Geronimo Stilton, mi ha rubato almeno due minuti della vita e dovrò aspettare cinque ore prima di finire l’ultima canzone e capire se Maria Salvador è una persona oppure solo una rappresentazione molto artistica della droga partorita da J-Ax.
Scendo dall’autobus e rivedo Elisa, la quale mi chiede se ho preso la mia decisione. Le ripeto di no e le consiglio di non lavorare in un call center dato che non è brava a convincere la gente. Lei sorride di nuovo, e devo capire se è così di suo oppure mi sta prendendo in giro.
Seguo la fiumana di gente verso l’ingresso del liceo e supero il cancello che divide il cortile della morte dal mondo esterno della libertà. Vengo trascinato dalla massa di studenti di quinto fino a tre quarti del cortile, quando mi afferrano la maglia e mi tirano fuori, per poco non facendomi inciampare.
«E’ lui, è lui!» grida qualcuno. Mi giro e vedo un ragazzo che mi fissa, e arrivo alla conclusione che sia un compare di Elisa, anche se si veste in modo completamente diverso.
«Sei uno dei… i miei compagni di classe?» chiedo, sperando di sbagliarmi e di ricevere un no come risposta, di poter andarmene ed entrare nella mia classe.
«Certo, e tu devi essere Filippo.» fa lui, ragazzo alto e grasso, con capelli marroncini e una barba esageratamente folta per un ragazzo di terzo liceo. «Di solito non spiamo le altre Fazioni, ma sapevamo che Elisa aveva fatto delle ricerche su di te, e lei è brava in questo genere di cose…»
Non sembra avere meno problemi mentali dell’altra ragazza, ma pare che un dialogo con lui fosse possibile.
Buongiorno… compagno..? Ehm… potete spiegarmi questa faccenda delle… Fazioni? E’ per caso una citazione a quel libro post-apocalittico che piace tanto ai giovani? Come si chiama..? Hunger Games? Ah, no… Divergent?»
«Si vede che sei nuovo qui!» fa una ragazza, ma non la vedo nemmeno. E’ dietro il gigante.
«Claudia, lascialo stare. Non ha afferrato bene il concetto, lascia che glielo spieghi io.»
Lo avverto che non ho intenzione di ascoltare la storia della sua vita ma solo i punti salienti, ma non credo che mi ascolti.
«La classe è divisa in quattro Fazioni, ma tutto ciò che hai da sapere è che la Repubblica delle Banane è quella che ti porterà più divertimento e meno costrizioni.»
Più tempo passava e più sembrava di essere finiti in uno strano spot pubblicitario da quattro soldi mischiato a una serie TV in cui non si capiva assolutamente nulla fino all’ultimo episodio, e per questo motivo nascevano teorie su teorie su Internet. E io c’ero passato, e quante volte. Maledetto Lost. Ma che credevano gli scrittori di quella serie?
«Pensavo foste della… Teocrazia del Ku Klux Klan, insomma, quella cosa lì.»
«La Teocrazia del Sol’Rosa?! Sono brutte persone quelle, non fidarti di loro.» intimò di nuovo il ragazzo alto. «Io sono Marco. Ti ricordo, scegli noi e ti divertirai.»
«Ci sono quattro culti religiosi all’interno della mia classe?! Ma sono finito in un covo di matti. Sicuri che questo non è un ospedale?»
Lo chiedo, e lo credo veramente.
«Ce ne sono due. Anche l’Anarchia ha fondato una religione, ha! Patetici, non capiscono che un Dio porta solo obblighi e riti, lontani dal divertimento!»
«Niente divertimento!» ripetè Claudia, come se necessitassi più prove per capire che la classe a cui ero stato assegnato non fosse… come dire… normale?
Detto questo, lui e la misteriosa ragazza se ne vanno. Mi aspetto di trovare un secondo pamphlet ma mi risparmiano l’orrore a differenza di Elisa.
Incuriosito ma allo stesso tempo terrorizzato da quello che mi sarebbe successo una volta entrato nella mia nuova classe, mi avvicino a una bidella, la prima che trovo, per chiederle dove si trova la mia classe.
«Una nuova fresca entrata! Che classe?»
«Terza acca.» le dico, senza pensarci.
«Terza acca?!» ripete lei. «Che hai fatto di così terribile?»
«Sa, signora, me lo chiedo anch’io. Forse ho tormentato molto mia madre mentre mi cambiava i pannolini e l’universo mi sta punendo. O forse nella mia vita precedente ero un terribile serial killer, oppure Hitler, oppure Stalin. Però prendo coscienza dei miei ignoti errori ed affronterò ciò che mi aspetta con onore.»
«Ha davvero un gran coraggio, la terza H è davvero una classe… non decisamente normale.»
«Signora, non conosco il suo nome, non so se saremo mai amici, ma su questo posso già dirle che ha ragione al cento percento.»
La donna sorride e m’indica che la mia classe è proprio davanti alle scale, al piano superiore. Mentre inizio a salire mi riferisce il suo nome, Ester. Mia nonna era una patita di origine dei nomi e queste cavolate di astrologia, alle quali io, persona logica che sono, non credevo minimamente. D’altro canto ricordo che Ester significava stella, e ho già capito che quella meravigliosa donna, bassa e tarchiata, sarebbe stata la mia luce nell’anno scolastico che mi trovo ad affrontare insieme a venti studenti, suddivisi in quattro Fazioni, che sembra la premessa per un terribile film thriller con attori di quinta categoria.

 

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by secsi @Combo 

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2. Il cast si allarga ma la trama è ferma

 

 

 


Vedo le diverse classi: quarta G, quinta G, prima H, seconda H… sembravano tutte classi formate da persone normali che vivevano una vita normale. Purtroppo io sono dovuto nascere proprio nel 1999, quindi adesso frequentavo il terzo anno di scuola superiore; quelle classi non erano destinate a me.
La porta della classe è chiusa, ho fatto già ritardo, penso. Ma poi, riflettendo su quello che mi è successo in questa unica ora di mattina capisco qualcosa che può salvarmi la vita: una storia. Esattamente, realizzo che una volta che aprirò quella porta non so cosa ci sarà, se un inferno moderno, oppure un aula con dentro barbari e altarini dedicati a dei improbabili, ma anche se non mi sconvolgesse l’arredamento, sono sicuro che sarò, diciamo, colpito dai miei compagni di classe, e non dico solo psicologicamente, ma anche fisicamente. Che ne so io se hanno qualche strano rito d’iniziazione che mi porterà a perdere un occhio? Le premesse sembravano puntare ai sacrifici visti in quegli horror di registi amatoriali, quindi in linea con suddetti film, devo tenere appunti di ciò che accade –dato che non ho una telecamera- e potrò sia salvarmi che esporre al mondo quello che avviene dentro le mura della terza H, in modo che i sani di mente di questa classe, ovvero io e con alta probabilità io solo, possano vivere una vita tranquilla e non avere incubi per il resto della propria vita.
Incubi, uhm, in terza elementare mi ricordo di un mio compagno, ma era così scemo che mi sono scordato anche il suo nome, che faceva tantissime domande sulla lingua italiana… ma ovviamente ciò non lo rendeva intelligente, infatti un giorno chiese alla maestra: «se fare un sogno si dice sognare, fare un incubo si dice incubare? Se è così povere galline, ogni volta che si siedono sopra un loro uovo chissà che brutte esperienze che hanno!» La professoressa gli spiegò che non era così che funzionava, ma lui continuò ad elencare avvenimenti «poveri bambini, quelli che nascono prematuri… li mettono nell’incubatrice! Poi non dobbiamo stupirci se si hanno i traumi infantili!»
La professoressa lo cacciò dall’aula.
Gli disse di non riprovare più a parlare se non interpellato. Lui aveva tutte le rotelle fuori posto, ma alle elementari era l’unico, adesso mi trovavo a fare i conti –letteralmente, durante le ore di matematica- con almeno il decuplo di studenti come lui, e dico almeno il decuplo solo perché non mi viene in mente come si dice venti volte di più e venti volte di più suona malissimo.
Mi rendo conto che pensare alle mie esperienze mi ha fatto rimanere davanti alla porta chiusa completamente immobile, e vedo che due ragazzi mi stanno osservando da una delle classi vicine; sono sicuro che pensino sia un alunno della 3°H, dati gli standard della classe in cui sto per entrare.
Apro la porta, chiudendo gli occhi per cercare di evitare l’inevitabile.
«SORPRESAAAAA» sento, dal mio orecchio destro.
Apro gli occhi e non c’è nessuno alla cattedra, ma vedo dieci ragazzi in classe; una di loro è Elisa.
«Ehi, ci rivediamo, Filippo!» dice lei. «Hai fatto la tua scelta?»
«Nelle elezioni puoi anche non votare..?»
«Ma queste non sono elezioni!» risponde lei. «Qui ci sono i miei compagni della Teocrazia, e dall’altra parte la Repubblica delle Banane.»
Quei pazzi che ho incontrato prima. Per un attimo ho creduto che non fossero veramente miei compagni.
«Muoviamoci con le formalità, non voglio stare troppo tempo vicino a questi blasfemi.» fa un ragazzo basso, con occhi azzurri e capelli biondi. Elisa mi dice che lui è Gabriele, l’Arcivescovo della Fazione. A fianco a lui ci sono tre ragazze. Non m’interessa conoscerle, ma Elisa non si ferma e ripenso al giudizio che ho dato su di lei qualche minuto prima: sarebbe un’ottima aggiunta per un call center. Alla destra di Gabriele c’è Angela, il Vice-Arcivescovo, Anche lei ha i capelli biondi, a detta della mia guida lavati ogni giorno con shampoo di prima qualità, ed è più bassa di Gabriele, sembra un metro e sessanta, più o meno. Ha gli occhi verdi.
«Passa un sacco di tempo con Gabriele nella Sgabuchiesa! Eh… chissà che fanno lì dentro.»
«Sgabuchiesa?! E’ uno sgabuzzino che avete trasformato in chiesa?...»
«Esattamente! Ma non posso dirti dove si trova, è un segreto della Fazione.»
Le spiego che non me ne può fregare di meno.
«Alla sinistra invece si trovano Federica e Teresa.»
La prima è alta un metro e sessantacinque o qualcosa del genere. Ha un viso tondeggiante ma è magrissima. Elisa mi dice che è una buona amica, ma è molto misteriosa e spesso scompare senza preavviso.
«E non sospettate che sia in qualche giro di brutte persone?»
«Nah, l’Anarchia della Fattanza conosce tutto ciò che c’è da sapere sui malviventi della città, e non hanno mai visto Federica.»
Più tempo passa e più sono convinto che gli alunni di questa classe debbano essere mandati tutti alla centrale di polizia più vicina.
Teresa invece è di media altezza, ha occhi eterocromatici –che significa di più colori, in questo caso marroni e grigi- ed Elisa me la definisce come “emotiva (forse troppo), vivace (forse troppo) e paranoica (senza dubbio troppo), è però una buona amica (se non la offendi) pronta ad aiutarti (se le dai qualcosa in cambio).”
Improvvisamente la ragazza si avvicina a me e dice:

 

«Ciao, nuovo amico! Io sono Teresa, saremo super-amici da oggi! Devo dirti un sacco di cose importanti su di me!»
Prova ad abbracciarmi, ma penso che in realtà voglia stritolarmi e succhiarmi l’anima quindi mi sposto immediatamente.
«Ti vedo distante, non devi fare così! Le emozioni sono importanti e devi esternarle al mondo! Prova un emozione!»
«In questo momento non so se sto provando odio oppure terrore.»
«E’ comunque un buon inizio!» fa lei, ridendo.
«Basta con voi, è il nostro momento.» annuncia solennemente un’altra voce femminile.
Mi sembrava di essere come a un red carpet, circondato da paparazzi che volevano il mio autografo e farsi un selfie con la loro celebrità preferita. Io però non avevo intenzione di sfilare su nessun red carpet nella mia vita, e tantomeno di fare selfie perché nelle foto esco sempre malissimo, nonostante mia madre dica il contrario. Io sono ancora convinto che le foto brutte siano parte del suo piano di vendetta.
«Io sono Paola, e la Presidentessa della Repubblica delle Banane, la Fazione più elegante della classe.»
Dietro di lei, una ragazza è vestita con dei pantaloni strappati nelle regioni delle ginocchia e con un cappellino nero con la scritta “OBEY”.
E sta mangiando una banana.
Sì, una banana. Chiquita per essere precisi.
«Lei è Carolina. Non è certo la miglior rappresentante della nostra Fazione. Ma è simpatica.»
«Muoviamoci… chomp… con questchomp… cosa. Chomp.»
«Una vera e propria spalla comica. Heh.»
«Vedi? Già iniziamo bene! Poi ci sono Alberto, Marco e Claudia!»
Il primo è un ragazzo di media altezza, con una corporatura robusta e capelli castani, uno sguardo vispo che sinceramente mi spaventa e non poco, e un sorriso a trentaquattro denti. Ho già capito che tipo è. Marco è quello di prima, il gigante barbuto. La ragazza invece ha capelli biondi che sembrano degli spaghetti, occhi azzurri e un vestito che preferisco non descrivere nel dettaglio per non sconvolgere gli eventuali lettori giovani, per fortuna non l’ho vista prima.
Paola è a quanto pare una brava osservatrice, e mi dice sogghignando: «Sta sempre all’ultimo banco, quindi i professori non notano mai il suo outfit!»
Io annuisco facendo dei passi indietro.
«Vieni da noi se ti vuoi divertire!» mi dice Alberto. «Saresti ben apprezzato!!»
Posso giurare che l’ho visto con l’acquolina in bocca e dopo ciò, sono sicuro che non sarò al sicuro insieme a queste cinque persone. Sicurissimo.

«Lasciatelo stare, esseri disumani!» fa una voce dietro di me, Gabriele. «Non è interessato ai vostri atti carnali!»

«Che?!» domando, non capendo di cosa sta parlando, ancora osservando gli occhi di Alberto che mi terrorizzano sempre di più.
«Stanno cercando di coinvolgerti nel remake delle feste romane! Assolutamente condannate dal Dio Sol’Rosa!»
«Smettila con la tua mentalità chiusa, Gabriele!» esclama Marco. «A noi piace divertirci così.
Normalmente domanderei che cavolo è il remake delle feste romane ma so già che in questa classe la risposta mi traumatizzerà; rimango in silenzio sperando che la conversazione si fermi qui, ma le mie preghiere non sono ascoltate –forse perché non dirette al Sol’Rosa- e i due continuano a litigare.
«Quelle feste sono state bandite per un motivo ben preciso! Erano scandalose!»
«Io direi favolose.» ribatte Claudia. «Uno svago per la mente e per il corpo.»
«Il vero svago è la conoscenza!» urla inaspettatamente Gabriele. «La conoscenza che vi permette di sapere cos’è giusto e cosa è sbagliato! E le feste dedicate a Bacco sono più che sbagliate!»
Non so cosa sono le feste dedicate a Bacco.
Non voglio saperlo.
No, non ne ho intenzione. Ho già abbastanza dettagli per capirlo. Preferisco rimanere nell’ignoranza e mantenere la mia anima pura.
«Ehi!» esclamo, per fermare il discorso. «Ci penserò, ragazzi. E’ che… è che…» provo ad inventare una scusa su due piedi. «…Sono nuovo! Sono appena tornato dalla mia città!»
«AAAAAAAH» fanno tutti in coro. «E’ APPENA TORNATOOO»
Ad un certo punto arriva una voce dall’interfono:
Come si fa a non capirlo?

Che sta succedendo.
E’ appena tornato da una crociera Costa.

Una Crociera Costa? Ma quando?
Costa Crociere. La vacanza che ti manca.

«Sei un fan delle crociere? Non ne avevo idea!» fa Elisa emozionata. «Teresa va sempre in crocera, andrete super d’accordo!»
«HIHIHIHIHIHIHIHIIHI» ride lei, non so a cosa posso assomigliarla, se non un demone.
Provo a spiegare che non sono stato io a parlare, ma l’interfono deve essere stato hackerato oppure maledetto da una strega, quando altre cinque ragazzi entrano in classe, non degnandomi di uno sguardo, nessuno di loro. E non sto sognando.
Li amo.
Sono tutti molto diversi, si siedono ai loro banchi e iniziano a discutere fra di loro. Grazie al cielo non con me.
«Che fate? Non cercate di convincere il nuovo arrivato?» chiede Alberto.
Uno di loro, con i capelli rossi, scuote la testa.
«Bene, allora sarà tutto per me! Mlmlmlmlml»
«Che hai fatto?» chiedo io, sempre più terrorizzato.
Lui inizia ad avvicinarsi pericolosamente a me, ma Teresa mi tira indietro e mi abbraccia.
Sto per soffocare.
«Vai via! E’ lui il mio migliore amico!»
«Ma ci siamo app-
«Conosciuti! Esatto! Incredibile, nemmeno due minuti e già siamo migliori amici!!»
Dopo che Federica spiega a Teresa che non mi sta facendo del bene, ma piuttosto cercando di uccidermi, chiedo chi sono i cinque grandi passanti che mi hanno completamente ignorato (cosa che dovrebbero fare tutti gli altri alunni di questa classe).
«L’Unione dei Moderati, ovviamente! Noi siamo alleati con loro, ma non sono granché.» mi spiega Gabriele. «Sono… ok… accettano la nostra religione, non prendono parte in riti e soprattutto la loro media scolastica è accettabile.»
Non approfondisco sulle alleanze, questa classe mi sembra essere rimasta ai tempi del medioevo.
«Ciascuno di loro ha un “talento”, e non sembrano interessati a te!» continua Claudia, enfatizzando in modo assurdo il te. «Valgono zero, se vuoi saperlo. Probabilmente non ti considereranno finché non mostrerai di avere qualcosa di speciale.»
«Ma per me già lo sei!» mi ricorda Alberto, come se mi servisse un’iniezione di fiducia. «Loro sono davvero degli irriconoscenti.»
«Allora, chi scegli, Filippo?» chiede Elisa. «Non mi dire che preferisci questi pervertiti!»
Proprio mentre sto per scegliere… di buttarmi dalla finestra e farla finita, arriva un’altra serie di persone. Con queste entrate a turni mi sembrava di essere in uno studio dentistico… o per meglio dire, uno studio psichiatrico date le circostanze.
«Ciao, bello. Filippo, yoooo!» dice un ragazzo abbronzato, con i capelli lunghi, neri e ricci. «Io sono il tuo bro nigga yo bellooooooo come te la passi zio» fa, senza alcun fiato e privo di punteggiatura.
«Presumo che voi cinque siate dell’Anarchia della Fattanza?.. Ho sentito parlare molto di voi.»
«Eh certo brooo, noi siamo super cool e quindi i nostri schoolmate parlano sempre di noi grandi brooooo»
Il bro si allungava sempre di più, presto avrebbe raggiunto anche il mio sistema nervoso e mi avrebbe fatto esplodere il cervello.
«Io sono il tuo nigga yo fratello Pietro!»
«Yooooooo» fa il coro dei tre ragazzi e di una ragazza dietro di lui.
«Noi siamo contro il governo, anarchia quindi bellooo! Anarchia for the win! Sei con noi?»
«Magari se parlaste in italiano?.. Ho qualche problema a comprendervi.»
«Oh, brooooooooooo! Non ti preoccupare, il tuo nigga ti aiuterà a essere uno zio! Ti raccomando a Vinello!»
Sto per chiedere chi sia Vinello, ma nonostante tutti mi adorano, nessuno mi ascolta. Da dietro Pietro esce un ragazzo molto basso, meno di un metro e sessanta, con un naso gigante e capelli rasati.
«Io sono Vinello! Pronto a darti tutto il vino che vuoi, quando vuoi, senza pagamenti aggiuntivi!»
«Ma solo se ti unisci alla Fazione, ovviamente mate!» aggiunge Pietro. «E fatti crescere quei capelli, non vorrai finire come Vinello!»
«YOOOOOOO!!» gridarono i tre dietro ai due. «BELLA QUESTA!»
…Non l’ho capita.
«Loro sono i broooooooooooooo, Roberta, Mario e Cosimo! Se vuoi qualunque tipo di alcool, chiedi alla prima! Se invece preferisci la birra, il secondo è lo zio giusto, bellooo! Il grande Cosimo invece si occupa di sigari e sigarette, è il migliore in città!»
«Tsk, tu non vieni dal mio paese, lì sì che c’è roba forte!» esclama Teresa.
«Beh, se cerchi la roba, ma la roba con la lettera maiuscola…» Pietro si avvicina a me e bisbiglia nell’orecchio: «Chiedi pure a me, ho anche una piantagione illegale in campagna, dove tengo tutto... e dico tutto...»
Mi spavento e per poco non cado all’indietro, ma vengo afferrato da una persona. Ho il terrore che sia Alberto, ma per fortuna è solo Elisa.
«Fai attenzione!» mi avverte.
Pietro prova a dirmi di più sui suoi bro, ma non può, perché una professoressa entra in classe furiosa.
«BESTIE, SEDETEVI E SMETTETE DI FARE CHIASSO!»
Mi siedo al primo posto che trovo per evitare di fare una pessima figura. Purtroppo non ho fatto attenzione, e capito proprio vicino a Roberta, che mi guarda convinta che le stia per chiedere un limoncello. Provo ad ignorarla, ma non ho successo, perché inizia a parlarmi…

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3. Analessi e backstory tragiche non aiutano per nulla

 

 


«Fratello, come te la passi?» mi chiede Roberta, appena seduta vicino a me e già una tortura.
«E’ appena entrata la professoressa urlandoci in faccia.» le dico a bassa voce «Puoi parlarmi dopo.»
«Ehi, bello, non devi essere stressato? Ho un po’ di grappa nello zaino, ti rilassa.»
«Mi rilasserebbe essere nel letto adesso!»
Evidentemente alzo troppo la voce, perché la professoressa mi sente.
«Zuzzulo Filippo!»
Per un attimo m’illudo che sta facendo l’appello ma realizzo velocemente che non può essere arrivata a me in cinque secondi dato che il mio cognome è probabilmente l’ultimo di ogni registro esistente. Zuzzulo, è così strano che se lo cerchi su Google non ti esce nessun risultato! E’ così triste, secondo me è colpa di mia madre.
«Ho sentito che stava discutendo con la signorina a fianco a lei. Di cosa?»
Decido che devo denunciare l’Anarchia, non solo per piacere ai professori, ma anche perché penso sia illegale portare bottiglie di grappa a scuola, e tutto il resto che questa Fazione, che io definirei più che altro microcriminalità organizzata, sta facendo.
«Mi ha offerto della grappa! Professoressa, le stavo indicando che non è consigliato! Dovremmo riferirlo alla Presidenza!»
Roberta non sembra per nulla preoccupata.
«E’ scritto nel regolamento di questa classe che è ammesso portare bevande alcoliche, basta non bere durante le ore di lezione!.. Tranne religione, ovviamente.» spiega l’insegnante.
«Regolamento di questa classe?»
«Ovviamente, Zuzzulo! Questa è una classe a statuto speciale! Ha delle regole speciali per ragazzi speciali!»
Sappiamo tutti che a persone con problemi psichici i genitori dicono sempre così, quindi una nuova conferma che mi trovo in un luogo in cui la logica è un optional. Manca solo che la scuola sia stata costruita sopra un antico cimitero indiano.
«Io sono la professoressa Comuni, la tua insegnante d’italiano e già sembri un menefreghista. Perché ti sei seduto nella zona dell’Anarchia? Stai meglio più a sinistra, verso la Repubblica.»
Tento di rimediare, quasi rendendomi ridicolo ai suoi occhi.
«Per favore, professoressa. Non sapevo delle regole speciali in questa classe, sa che sono nuovo ed è necessario che mi adatti alle tradizioni… ehm… locali, ma per quanto concerne le materie scolastiche la mia preparazione è consona al contesto in cui ci troviamo!» la prego, usando la maggior parte di termini colti adatti alla situazione.
«Beh, posso accettare le sue scuse, però non posso fargliela passare liscia per la mancanza di rispetto nei suoi confronti.»
Per un breve –ed intenso, intensissimo!- momento penso che mi stia per mettere una nota sul registro, ma poi esclama: «Presentati alla classe! E a me! Dicci qualcosa, su, ti aspettiamo!»
Una presentazione?! Odio le presentazioni, non servono assolutamente a nulla! E agli altri non interessano. E’ il momento che tanto aspettavo, il momento di un altro flashback.
Quando ero alle medie durante le ore di italiano ogni settimana facevamo il cerchio narrativo e se già il nome non spaventa, lo scopo terrorizzerebbe chiunque. Dovevamo prendere le sedie e posizionarle a cerchio, la professoressa Marta ci diceva “è come se foste alla tavola rotonda!” ma a me sembrava più come se stessimo per evocare un antico dio demoniaco.
Formato il cerchio, dovevamo prenderci per mano con i nostri vicini e chiudere gli occhi per qualche secondo, per rinforzare il nostro legame e capire le sensazioni di chi ci stava a destra e sinistra, e una volta canalizzati i pensieri –ancora oggi non so cosa volesse dire- potevamo iniziare a parlare di ciò che ci era accaduto durante la settimana. Io ero e sono un ragazzo ordinario, e quindi non facevo niente di esaltante sette giorni su sette, eppure no, la professoressa Marta voleva saperlo! Spesso non ero il primo a parlare, ma uno degli ultimi. All’inizio può sembrare una cosa positiva, e così pensai, non devo essere io a rompere il ghiaccio, ma i miei compagni, è un sacrificio che possono fare per me, io gli voglio tanto bene e mi ripagheranno con questo. INVECE NO.
A Marta l'investigatrice fallita, come amavo chiamarla, non piacevano le ripetizioni e voleva una nuova storia per ogni alunno. Se Luigi parlava dell’ottima cucina della mamma, nessun altro poteva parlare di cosa aveva mangiato. Se Floriana esternava le sue opinioni su quanto sia ingiusto fare i compiti la domenica, nessuno poteva lamentarsi della scuola. Io, che ero tra gli ultimi, avevo pochissimi argomenti validi e spesso restavo in silenzio. Marta mi invitava a “assorbire più energia” cambiando di posto e dando le mani ad altri compagni ma, chissà perché, non funzionava. Per i miei rifiuti, presi sette in italiano il primo anno. Il secondo però Marta venne trasferita perché il preside disse che il suo metodo d’insegnamento era più utile in un convento, e io non fui più d’accordo.
«Sono Filippo, vengo da un paesino del nord Italia in provincia di Bologna, ma mia madre ha trovato in questa città... inaspettatamente. Mi piace leggere, ma non libri di youtuber o facebook star che si fingono di aver padronanza della propria lingua. Vado in palestra anche se la odio, il mio passatempo preferito è non fare nulla oppure riflettere su quanto sia materialista la società d’oggi, e no, aspiranti filosofi della classe, per materialista non intendo che crede che il fondamento della realtà sia solo materia. Non so come sono finito in questa classe ma farò in modo di lamentarmi con la preside.»
Mi siedo.
«Ottima presentazione! Mi piaci molto.» si complimenta la Comuni.
Devo solo capire cosa le è piaciuto della mia presentazione.
«Sembri proprio simpatico.» mi dice Roberta. «Ma posso farti una domanda?»
«Voglio ascoltare la lezione.»
Mi guarda come se le stessi parlando in turco. Le chiarisco le cose.
«No.»
Ma ovviamente non mi ascolta.
«Che cos’è la filosofia?.. Non ne ho mai sentito parlare.»
Mi giro e alzo la mano per intervenire.
La Comuni mi fa segno di parlare.
«Prof, posso sedermi vicino alla cattedra?»
«Certo, Filippo. Mi sorprende questa tua decisione!»
«Sorprenderebbe pure a me se fossimo in una classe non divisa in Fazioni. Ma lo siamo.»
L’ora di italiano passa molto lentamente dato che nella classe dei pazzi sono indietro con il programma e devono ancora parlare del Decameron, quindi passo il tempo ad osservare meglio l’Unione dei Moderati, il quale nome m’ispira sicuramente più di Fattanza, Banane oppure Sol’Rosa. Se devo entrare in una Fazione, quella è giusta per me. Tutti i cinque ragazzi sembrano attenti e uno, non stanno pregando come dei fanatici, due, non sembrano progettare strane riunioni che rimandano all'epoca romana, tre, non credo che si stiano passando delle sigarette da sotto i banchi.
Valutate le superiori qualità dello schieramento, capisco che loro sono la mia OTP, ovvero la mia One True Pairing anche se sono in cinque, non ho nulla contro la poligamia se i miei partner hanno un QI che si aggira attorno alla media mondiale, dai.
Suona la campanella e cambia la professoressa; è il turno di matematica, la signora Cimino mi saluta allegramente chiedendomi cosa ho studiato nella mia vecchia scuola, e le vorrei rispondere con qualcosa di colto, ma le vacanze di Natale mi hanno fatto dimenticare il programma di algebra e pure qualche dettaglio sulla mia famiglia, e penso, anzi sono certo, che la colpa è di mia madre che avrà messo in quei calamari ripieni non solo acciughe, uova e parmigiano reggiano, ma anche una dose esagerata di alcool che mi ha condannato a dimenticare la maggior parte delle formule da usare quando si ha a che fare con quel terribile luogo denominato “piano cartesiano”, chiamato così dal suo creatore Cartesio... al quale evidentemente non bastava fondare un pensiero filosofico, doveva andare contro corrente e dedicarsi anche a rovinare la vita degli studenti dello scientifico.
«Parabola! Dovevamo fare quella a scuola.» rispondo io, rovistando tra i file corrotti del mio cervello.
«Ah, la parabola, una delle migliori rappresentazioni grafiche! L'ammiro molto, sai?»
Come fai ad ammirare una parabola? Adesso anche i professori sono infettati da questo strano morbo che gira per la classe? 
«Martino, puoi venire alla lavagna?» domanda. 
Il ragazzo si alza con un sorriso ed io lo osservo; sembra Ferb di Phineas e Ferb, anzi... è uguale.
Fatta eccezione per i capelli verdi, ovviamente. Sono castani.
«Puoi illustrare al nuovo arrivato le caratteristiche della parabola?»
Subito dopo lui inizia ad elencare una serie di regole e di particolarità della parabola, con una velocità e specificità di termini incredibile; purtroppo io capisco un quarto di quello che dice e decido che studierò a casa con il libro.
«Grande Martino!» fa la professoressa, cacciando dal banco un guantone rosso con su scritto “Martino for Cesenatico 2016” e indossandolo sulla mano destra. Sarà una fan. «Ti meriti il tuo posto, il tuo posto come Matematico nell’Unione è perfetto, ti auguro buona fortuna per la gita a Boston!»
Il ragazzo ringrazia e ritorna al suo posto. Lui sembra normale. Certo, forse un po’ ossessionato con le equazioni nel piano cartesiano, ma non penso così tanto da sposarsele oppure venerarle come dee.
L’ora di matematica passa mentre la prof ci sottopone a problemi impossibili. Io riesco a risolverne uno al primo tentativo e mi sento la persona più felice del mondo, ma dopotutto si sa che quando trovi la soluzione in un quesito algebrico è come se avessi raggiunto il Nirvana per qualche secondo. Poi però una forza ti tira giù, e questa forza è un secondo problema che non riuscirai a risolvere. Mai. Perché hai già consumato le energie cercando di capire il primo.
Poi c’è l’ora d’inglese, ma io sono americano per un quarto di sangue -mia nonna, ovviamente paterna, figurarsi se mia madre mi avesse dato qualche vantaggio nel mio DNA- si era trasferita in Italia per seguire suo marito. Certamente, poi si è pentita e ha cercato in tutti i modi di ritornare in America abbandonando mio nonno, ma né i barconi clandestini né la fuga con il sottomarino di famiglia hanno funzionato, quindi è stata costretta a rimanere qui. Quando ero piccolo i miei genitori non c’erano quasi mai –e ti pare, mia madre che si prende cura di me?- e passavo le giornate con nonna Jill. Lei mi ha insegnato a parlare inglese e ogni volta che papà tornava a prendermi diceva: «Dear boy, you have to return to freakin’ USA! U, S, A! Don’t become like your father and your mother! U, S, A! Escape while you still can, all glory to the star spangled banner! U, S, A!»
Con il tempo e lezioni di inglese iniziai a capire cosa intendeva, e entrando in questa scuola sono sicuro che avesse ragione. Ma basta con i flashback, è ora di ricreazione e devo avvicinarmi all’Unione e devo convincerli a salvarmi dalla massa.
I cinque si trovano vicino alla porta della classe e stanno osservando il quaderno di Martino.
«EHIII, FILIPPO!» urla Teresa mentre cammino. «Andiamo a farci un giro, ti presento le amiche di Federica di 1°B!»
«Teresa, ti odiano e non ti vogliono vedere.» chiarisce l’altra ragazza.
«Ma io le amo tantissimo! Andiamo, andiamo!»
Le spiego che preferisco rimanere in classe. Inizialmente pare offesa, ma poi corre via per i corridoi dell’istituto mentre Federica la segue intimandole di fermarsi.
Mi avvicino ai Cinque Salvatori.
«Scusate, ciao, sono Filippo.»
«Ehi, Filippo, benvenuto!» fa un ragazzo alto, un viso rettangolare e capelli marroncini «Io sono Antonio, come va?»
«Bene…» rispondo io, sorpreso. Parevano poco amichevoli prima. «Diciamo bene date le circostanze, non ho mai avuto un primo giorno di scuola più… spiazzante.»
«Lo so, la nostra classe può sembrare molto strana, ma ti assicuro che ti affezionerai.» mi dice il ragazzo con i capelli rossi, che scopro chiamarsi Giulio.
«Sì, l’ho notato. Sapete dirmi come mai tutti mi ruotano attorno come se fossero pianeti?»
«Quella è la teoria Gabrielcentrica!» esclama Martino. «Assurda, senza dubbio.»
«Una teoria del Sol’Rosa, afferma che tutte le vicende della classe ruotano attorno alla volontà del discendente del Dio, ovvero Gabriele. Da qui il nome, Gabrielcentrica… la teoria implica che gli avvenimenti relativi agli alunni debbano prima essere “approvati” da Gabriele per accadere…» spiega Giulio. «Ma qui nessuno ci crede, è un’assurdità.»
«Qui tutto è un assurdità.» dico. «Comunque, sei sicuramente molto saggio… ma non avete risposto alla mia domanda… penso che sappiate la risposta anche a questa.»
«Oh, certamente. Penso sia per la gita.» dice Martino. «La preside ci ha detto che sei di noi vinceranno una gita. Cinque di una Fazione, più un sesto alunno.»
Ascoltavo, ma non capivo chi poteva meritarsi una gita in questa classe di pazzi.
«I rapporti tra Fazioni non sono rosei, al momento l’Anarchia non approva i comportamenti né della Teocrazia che della Repubblica, la Repubblica vede la Teocrazia come un regime despotico e noi come persone noiose… ma non sto qui a elencarti tutte le ragioni delle discordanze, le scoprirai da solo. Il punto è che le altre Fazioni preferirebbero viaggiare con un novellino piuttosto che con vecchi compagni di classe.»
«Non capisco perché, questa divisione ci sta distruggendo…» fa Antonio.
«…ma secondo me ti cercano perché pensano che convincerti a far parte della loro Fazione convinca la preside a dare a loro il premio. Noi siamo sicuri che non sia così, per questo abbiamo mantenuto le distanze prima.»
«Quindi non mi vogliono veramente…» dico, riflettendoci su.
«Ehi, non ti preoccupare! Sono sicuro che ti vorranno bene con il tempo.»
«Ma che dici, è una fantastica notizia! Chi se ne frega di loro, ah, adesso posso insultarli senza pentirmi di quello che faccio! Che bello! Non mi avete mai dato notizia migliore!» prendo un respiro. «Ora scusate, volevo chiedervi se posso entrare nella vostra Fazione, che penso sia ben organizzata e non formata da… da… insomma, gli altri, ho finito gli aggettivi per definirli.»

 

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4. Speranze mal riposte e incontri inutili

 

Ho appena chiesto a Martino di unirmi alla loro Fazione. E’ un po’ strano, visto che tutti gli altri hanno pregato me di unirsi, invece che il contrario. Per qualche millesimo di secondo penso di starmi omologando alla massa. Forse nella classe si è diffusa una pericolosa malattia, la quale mi ha contagiato, che come sintomo principale ha l’irresistibile desiderio di chiedere alle persone di unirsi alla propria Fazione. Ma poi arrivo alla conclusione che ciò è improbabile da un punto di vista medico.
Lui e i cinque rimangono in silenzio.
«Allora?» chiedo.
«Non possiamo.» risponde Martino.
«CHEEEE?!» grido io disperato. Che cosa ho fatto di male?
«Il terzo emendamento dell’Unione afferma che voglia un alunno far parte della Fazione, egli dovrà dimostrarsi degno dimostrando di avere un talento.»
Incuriosito, chiedo quali siano i due precedenti.
«Abbiamo organizzato i primi quattro in una filastrocca!» fa Giulio allegro. «Uno, non parlare dell’Unione pena punizione! Due, a chi scappa niente pappa! Tre, senza un talento non entri dentro! Quattro, le riunioni aperte a tutti, belli e brutti!... ehm… ci sto ancora lavorando.»
Ho un’idea.
«Ehi! Perché non mi assumete come poeta del gruppo?! Da piccolo creavo delle belle poesie, la maestra mi elogiava sempre! Posso… lavorare sulla filastrocca degli emendamenti!»
«Prima di tutto, non assumiamo, non siamo un’azienda ma una semplice Fazione. Ognuno di noi si adopera per il benessere dell’altro per condividere ciò che abbiamo.»
«Non m’importa se siete comunisti, ragazzi! Viva Marx! Il Manifesto del Partito Comunista è il mio libro preferito… dopo Twilight ovviamente, quello ha le migliori storie d’amore seeenza dubbio.»
«Ehm… non siamo comunisti.» specifica Antonio.
Tiro un sospiro di sollievo. «Mamma mia, pensavo che anche voi foste pazzi, e che mangiaste bambini! Che fortuna! In realtà non ho mai letto il manifesto del partito comunista! Allora, per il poeta, cosa ne pensate?» 
«Secondo!» continua Giulio «Io sono lo scrittore della Fazione, e nel mio campo rientra anche quello del poeta, dovrai trovare un diverso talento.»
«Io sono il matematico, ma penso tu lo sappia già.» spiega Martino.
«Io invece sono lo sportivo.» dice Antonio. «Matteo qui vicino è il disegnatore, ma è troppo pigro perché faccia qualcosa di produttivo.»
«Tsk.» fa un ragazzo di media altezza, capelli neri, corti e lisci, occhi marroni e leggermente sovrappeso. «Semplicemente, gestisco bene il mio tempo.»
«E poi c’è Alessandro, che chiam-»
Antonio si guarda intorno ma non vede nessuno tranne me e i suoi tre compagni.
«Dove è andato?»
«Credo che abbia visto Amanda di 2°C. Le è corso dietro a distanza.»
«Se continua così verrà denunciato per stalking! L’ingiunzione restrittiva non è servita a nulla?»
«Vado io a spiegargli che quando una ragazza gli dice “non m’interessi” è perché non le interessa...» dice Matteo, scendendo per le scale e cercandolo.
«Mostraci che hai un talento e potrai entrare nell’Unione.» ripete nuovamente Martino «Pensa bene ai tuoi pregi, perché hai un solo tentativo.»
«Eh, sì! Lo dice la Costituzione!» esclama Giulio. «Il… il… nono emendamento! Nove, hai un tentativo solo, altrimenti ti buttiamo giù dal molo!»
«Giulio, se continui così prenderò veramente in considerazione Filippo al posto tuo.»
«Ma il molo è una metafora..!»
«Allora è una pessima metafora.»
Ritorniamo in classe, spinti violentemente dalla professoressa d’arte, che rimprovera aspramente Matteo quando ritorna con Alessandro.
A metà della lezione, bussano alla porta.
«Scusi, c’è la madre di Zuzzullo alla porta.»
Riconoscerei quella voce tra mille, la luce splendente tra le ombre!
ESTER! GRAZIE, KARMA!
«Siamo sicuri che è sua madre?» fa la professoressa.
«Già, siamo sicuri? Preferirei fosse uno sconosciuto.»
«Cosa volete che le faccia? Un test del DNA?» chiede Ester.
Oh, sarcasmo! E’ la mia migliore amica, le chiedo di andare a fare una cena insieme magari.
«E se fosse la sosia che ha rapito la madre e adesso si sta approfittando del fatto che sono simili? Non posso permettere che i miei studenti scompaiano, non posso perdere anche questo lavoro!»
Evidentemente la Velli ha una backstory molto tragica, ma qui non siamo in un fantasy come Game of Thrones in cui bisogna caratterizzare i personaggi in modo perfetto, e sono abbastanza sicuro che la mia massa è molto inferiore rispetto a quella del caro George.
Mi alzo senza salutare nessuno e seguo Ester per il corridoio.
«Ester, come fai a sopravvivere?»
«Tanto caffè e molte riviste di enigmistica.»
«Dici che dovrei provare anche io?»
«Abbiamo un distributore di caffè, ma per quanto riguarda le riviste devi comprarle all’edicola qui vicino. Però te le consiglio, alcune sono estremamente difficili e non riesco a completarle.»
«Ester, posso aiutarti? Sicuramente preferisco i sudoku alla mia classe.»
Arriviamo al portone della scuola, dove c’è mia madre con uno sguardo furente che sembra trapassare il corpo e attaccare l’anima; io rimango impassibile, dato che la mia anima è stata rubata moltissimo tempo fa, ovviamente da lei.
«Filippo, hai scordato la merenda!» grida lei. «DEVI MANGIARE!»
Detto questo, prende dalla borsa una scatola con dentro tre biscotti fatti in casa, i quali però sembrano polpette. Sono sicuro che voglia usarmi come cavia per testare le sue capacità culinarie.
«Mamma, mi sono già procurato la merenda.» cerco di spiegarle. «Ho preso dei Pan di Stelle.»
«Preferisci dei biscotti della Mulino Bianco a me?! Ma i miei sono… OLIO DI PARMA FREE!»
«Forse intende olio di palma?» chiede Ester.
«NO, OLIO DI PARMA! UN MISCUGLIO SEGRETO INVENTATO DAI PARMIGIANI REGGIANI PER CONTROLLARE LA MENTE DEI POVERI SCIAGURATI CHE MANGIANO BISCOTTI PRECONFEZIONATI!»
Ester mi guarda confusa, io le faccio segno di andarsene, se non vuole impazzire.
«Ehi, mamma, ti prometto che li mangerò, però dobbiamo fare un colloquio con la preside.»
Lei considera l’offerta, mentre vedo Ester seduta che cerca di risolvere un rebus.
«Va bene, diavoletto!» mi dice arruffandomi i capelli. Io, spaventato, me li tocco per controllare che non mi abbia versato addosso qualche sostanza tossica, ma mia madre non è così intelligente da ordire un piano tanto complesso.
«Che cosa dovresti chiederle?»
«Spostarmi di classe, è una cosa da niente. Per favore, mamma.»
«Ti ho già fatto un favore portandoti i miei biscotti, adesso vuoi che mi lamenti con la preside?»
«Mamma, se tu fossi nella mia situazione, avresti già fatto fuori tutti con una spilla per capelli… non che siano fuori già di proprio.»
«Senti, Filippo! Sai che devo sbrigare faccende di lavoro veramente importanti, e non posso stare qui a farti da babysitter! Ci vediamo a pranzo, ho preparato la lasagna, e tu e tuo padre la mangerete, non come quando l’avete buttata giù dalla finestra!»
Vedo mia madre andarsene, e spero che non ritorni più. Ho già abbastanza problemi in questa scuola, se pure lei mi mette i bastoni tra le ruote, tanto vale scappare di casa, scommetto che la mia vita sarà più facile.
Dopo essere tornato dal discorso inutile con mia madre, mi risiedo vicino alla cattedra e continuo ad ascoltare la lezione. Una volta finite le lezioni, resto fuori e mangio un pezzo di pizza. Rimango fuori fino alle quattro, ora in cui mia madre mi trova vagare per le vie della città e mi riporta a casa come se fossi un cane, costringendomi a mangiare la sua lasagna.
La donna però deve andare al lavoro alle quattro e mezza, quindi le prometto che la mangio, quando in realtà appena se ne va la offro ai gatti che si aggirano per il cortile di casa mia. Sicuramente mangiano più di me, visto che ogni pranzo e cena metà delle mie porzioni sono destinate a loro. Mamma incolpa alla vicina, le dice di smetterla di attirare gatti nella nostra proprietà, ma nessuna delle due sa che dovrebbero incolpare me. I gatti però sono importantissimi per la mia sopravvivenza: le piccole creature devono fare i loro bisogni, che gentilmente lasciano sul cortile vicino a casa nostra. Io ho imparato a sopportare l’odore e la vista dei regalini osservando mia madre mentre prepara il cibo. Lei d’altra parte è costretta a ripulire giornalmente, dandomi ancor più tempo libero dalla sua morsa. Sia io che i mici otteniamo qualcosa. Dopo ciò faccio i compiti, vado in palestra e guardo serie tv, non ceno e vado a dormire. A mezzanotte mi sveglio e preparo qualcosa di decente per la mia vera cena… più o meno questa è la mia vita e ne sono contento, ma purtroppo arriva la mattina e devo svegliarmi.
Mia madre mi toglie le coperte e com’è solita fare inizia a suonare le persiane. Mi ha anche detto che ha in mente di chiamare mio padre per creare un duetto; il suo posto sarebbero i cassetti. Faccio colazione abilmente evitando i biscotti-polpetta di Vera (questo è il nome di mia madre, ma lei è una donna falsissima.) e salgo sull’autobus, dove ritrovo Elisa.
«Ciao, Filippo!» mi dice.
«Ciao…» sospiro. «Vedo che sei di nuovo qui.»
«Finché prenderai l’autobus saremo noi due insieme!»
Sempre meglio che sopportare Alberto.
«E sai chi altro c’è? Alberto!»
Cerco di proteggere il mio corpo, per poi girarmi indietro a controllare.
Vedo dietro di me un uomo anziano. E non posso avere le allucinazioni perché il cibo che ho mangiato era sano.
«Ah, sei così divertente!» fa lei prima di mettersi a ridere.
«Come sei simpatica.» ironizzo.
«Posto il video su Vine, diventerà virale immediatamente!»
Mi basta sentire video e Vine che mi lancio verso Elisa e le prendo il cellulare con una mossa fulminea.
«Wow! Sei velocissimo! Come hai fatto?»
«Mia madre.»
«Non capisco.»
«L’anno scorso mi ero fissato con Clash of Clans e ci giocavo in continuazione, mia madre rubava il mio telefono in questo modo. Vedendola più volte ho capito come faceva.»
«Anche mia madre cercava di prendermi il telefono, dice che passo troppo tempo sui social network!.. Ma vedendo le statistiche postate da ILovePandas<3 sul suo Tumblr in realtà sembra che sto solo un po’ più su alla media!»
«Lascerò passare la tua frase sprovvista di un senso logico e con pessimo uso delle strutture grammaticali concesse dal nostro italiano, ma non posso accettare che segui i consigli di una persona chiamata “ILovePandascuoricino”.»
«Dici?... Effettivamente la maggior parte dei suoi post sono immagini che invitano ad essere vegani.»
«E’ giusto un consiglio, Elisa, ma Tumblr è il covo del male. Certa gente ci posta cose orribili, altro che deep web, quel coso è molto meglio di Tumblr.»
La ragazza non sembra preoccupata ma posa lo stesso il suo cellulare.
«Oggi è il grande giorno, la Cerimonia per te! Sono così emozionata!»
«Che cavolo stai dicendo.»
«Ieri ci hai conosciuti tutti, ed è il momento che tu faccia una decisione. Alla prima ora ci sarà la Cerimonia d’Iniziazione in cui dovrai decidere con chi stare!»
«E la lezione?»
«Non ti preoccupare, è l’ora di Cesella… il prof di religione!»
«Ma che avete tutti contro l’ora di religione? E’ comunque una materia!»
«Sì, certo! E le mucche hanno quattro stomachi!»
«Beh, le mucche hanno quattro stom-
«So che sceglierai noi! Il Dio ti accoglierà a braccia aperte!»
«Presumo che debba assolutamente scegliere una Fazione, giusto?»
«Beh, certo! Lo Statuto della classe parla chiaro, non vorrai essere… brrr… esposto… brrr…»
«Che cavolo vuol dire… esposto?»
«E’ qualcosa di terribile, non lo augurerei a nessuno!»
«Non mi hai risposto, lo sai?»
«Lo so benissimo, non voglio risponderti.»
E’ incredibile, quando m’interessa veramente una cosa nessuno mi risponde. Dovrò farci l’abitudine.
Dopo questo discorso che mi ha preparato a ciò che accadrà, inizio ad ascoltare la musica finché non entro a scuola. Saluto Ester e faccio un respiro profondo. Due giorni su centoventisei, ce la posso fare. 1,5% e non sono impazzito. Me ne manca il 98,5%.
Salgo le scale e apro la porta di classe, evidentemente chiusa dagli altri alunni per cercare di dimenticare che la 3°H esista.
Appena entro, vedo che la classe è totalmente cambiata. I banchi sono stati tutti spostati verso il fondo dell’aula, tranne quattro, che si trovano a fianco della cattedra, due a destra e due a sinistra, dietro di essi si siedono, a partire dalla destra, Gabriele, Martino, Paola e Pietro, e tengono in mano una ciotola bianca.
Aspettate un attimo! Ma questa cosa già l’ho vista in Divergent! Avete copiato il film!»
«Loro hanno copiato noi!» fa Teresa dal suo banco dietro la classe «Questi romanzi teen-adult, viva Kafka e i suoi scarafaggi, sono molto meglio!»
«Che?»
«Questa è la Cerimonia d’Iniziazione, recluta.» fa il professore di religione «E’ il tuo tempo di decidere con chi vivrai i tuoi anni in questa scuola… e fai in fretta che devo iniziare a spiegare i dieci comandamenti.»
«No, professore! Oggi Vinello ha portato dieci bottiglie, è la nostra colazione!» si lamenta Pietro.
«Noi dobbiamo organizzarci per gli appuntamenti al buio della settimana prossima!.. Non vedo l’ora di conoscere persone interessanti…» fa Alberto muovendo la lingua come se fosse un serpente. Ew.
«E noi dobbiamo celebrare la grandezza del Sol’Rosa!» esclama Gabriele, mentre si scambia un’occhiata con Angela.
Il professore sospira. «Perché ho scelto questo lavoro?»
Io ne sono curioso. Cosa spinge una persona a diventare professore di religione? E soprattutto, in questa classe?
«Comunque… recluta… dovrai immergere la mano in una delle quattro ciotole, e una volta fatto ciò, farai ufficialmente parte di quella Fazione.»
Spero ancora che l’Unione possa accettare la mia candidatura, ma quando mi dirigo verso Martino, vedo che la sua ciotola è vuota.
«Quinto emendamento! Se la ciotola riempita vuoi vedere, talento dimostrato devi avere!» recita Giulio… quanto odio le filastrocche che si approfittano delle desinenze dei verbi per fare rime.
Insomma, non posso scegliere l’Unione dei Sani, e devo optare o per la Teocrazia dei Fanatici, l’Anarchia delle Sostanze Stupefacenti oppure la Repubblica dei Remake.
Cavolo, sarà una scelta molto difficile.
 

 

 
PER QUALCHE MOTIVO CHE NON RIESCO A COMPRENDERE OGNI SINGOLA VOLTA CHE PUBBLICO MI SEPARA I PARAGRAFI QUANDO VADO D'ACCAPO, SEMPRE E SEMPRE E LA COSA E' DAVVERO STRESSANTE. 
Anche qui T-T 
Quando avrò tempo sistemerò, 

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5. Quando ti leghi ad una Fazione non ne esci più

 

 

 


Vedo Gabriele, Pietro e Marco, che aspettano la mia decisione. Tutti sperano che io mi unisca alla loro Fazione, cosicché abbiano più speranze di ottenere un premio: la gita in America, che, ora che ci penso, sarebbe utile molto anche a me. Potrei osservare il nuovo mondo ed esaudire il desiderio di mia nonna, scappando dallo stivale che sta sprofondando in quella pozza che è il Mar Mediterraneo –una pozza di mare inquinato- dirigendomi in un luogo dove posso mangiare cibo pieno di conservanti e ottenere un sacco di roba bella.
Per roba intendo oggetti, non sostanze stupefacenti, amici dell’Anarchia.
Quindi penso, devo vincere quel viaggio anche io, e qual è la Fazione che sembra più stabile, purtroppo non posso scegliere l’Unione e penso alla Teocrazia. Paiono tutti amicissimi, e Gabriele sembra un fanatico dello studio. Certo, forse le sue amiche no, ma sicuramente quei cinque sanno cos’è la filosofia a differenza di Roberta.
Faccio un passo verso la ciotola che tiene in mano Gabriele e immergo la mano nell’acqua.
«EVVAAAAAAAI!!!» grida Teresa.
Mi sanguinano le orecchie.
«CHE COSA?!» urla invece Marco. «Proprio loro, fra tutti?!»
Il ragazzo va da Paola e prende la ciotola sul suo banco, anche se lei prova a fermarlo.
«Non posso crederci! Io mi fidavo di te!» continua, dirigendosi verso di me.
Faccio qualche passo indietro, ma rapidamente mi sposto alla mia destra, mentre un getto d’acqua colpisce due persone dietro di me.
«Ehi, Marco! Stai attento! Questo era il mio nuovo vestito!» E’ Carolina.
Mi giro e vedo anche Alberto, che sembra più contento che arrabbiato.
«Com’è rinfrescante! Filippo, perché non pensi anche tu a b-
«SILENZIO!» tuona il professore, zittendo il ragazzo e fermando la sua frase (che non volevo assolutamente sentire, quindi grazie). «Il ragazzo ha fatto la sua scelta, è ora il momento della lezione… ovvero… fate quello che volete… io vado a cercare di cambiare scuola.»
Detto questo, il professore esce e rimaniamo in classe.
Gabriele si alza e mi abbraccia.
«Grande, grande! Ottima scelta Filippo! Sono lieto che abbia deciso di accettare il Sol’Rosa come tuo Dio!»
«Finalmente potremo parlare di questioni burocratiche nell’autobus!» sorride Elisa.
Beh, dai, alla fine c’è pur sempre Elisa, che fatta eccezione per la sua ossessione per i social network, non presenta dei danni celebrali permanenti.
Vedo attorno a me le facce sconcertate della Repubblica, in particolar modo di Carolina che a quanto pare vuole incolparmi per ciò che è successo. Spero con tutto il mio cuore che inizino ad odiarmi, almeno non devo più sopportarli.
L’Unione e l’Anarchia, invece, non sembrano per nulla dispiaciuti. I primi si trovano riuniti attorno a Martino a fare chissà cosa, mentre i secondi si sono messi in cerchio attorno alla ciotola che aveva in mano Pietro, ma la stanno riempendo di vino e birra.
«Non pensi che quest’unione sia inusuale?» chiede Roberta ai suoi amici.
«Ehi, bro! Nulla è inusuale! E poi, cosa vuol dire, inusuale, ziaa?!»
Pietro e i suoi intercalari, magari arriverà un giorno in cui non ci farò più caso.
«Ci aggiungo un po’ di hashish? Fresco di campo!» consiglia Cosimo.
Preferisco allontanarmi prima che mi offrano un sorso di quella brodaglia… ma non è che abbia una voce in capitolo. Teresa mi trascina via mentre mi sta abbracciando così forte da farmi esplodere gli organi interni.
Arriviamo nell’angolo nell’estrema destra della classe e mi libera.
«Caro Filippo Zuzzullo…» inizia Gabriele con tono solenne. «Da oggi sarai parte della Teocrazia del Sol’Rosa! Come tale, è il momento che tu ti dichiari fedele del Dio tramite una prova effettiva e visibile!»
Sospiro.
«E’ l’ora del marchio!»
Sento un tuono.
«Ehi, ragazzi, ma ha appena tuonato a ciel sereno!» faccio notare.
«Non preoccuparti, è solo Angela con gli effetti sonori del suo telefono.» mi rassicura il Superiore.
Lei annuisce e poi sento il muggito di una mucca.
«Questa invece è la sua suoneria, fantastica, no?»
«Amo le mucche! MUUUUUU!» esclama Teresa.
«Comunque, marchio!»
«Che intendi con… marchio?»
«Tutti noi abbiamo un marchio, per dimostrare al Dio che seguiamo le sue decisioni!.. Lo chiamiamo… Marchio a fuoco!»
Altro tuono.
Il marchio a fuoco, quello che fanno nei film western al bestiame per dimostrare che quei vitelli sono di Bruce e non di Anthony, oppure sopra le immagini del Gran Biscotto Rovagnati.
«CHE? Ho capito la suoneria della mucca, ma io non sono una mucca!»
Provo a fare qualche passo indietro, ma sono in un angolo, che cavolo! Era tutto pianificato!
«Filippo, lo sai che è vietato il marchio a fuoco sugli animali?!» fa Teresa furiosa. «Non posso credere che l’abbiano concesso per tutto questo tempo!»
«E’ VIETATO PER GLI ANIMALI MA NON PER GLI UMANI?! MA CHE STATE A PENSARE!»
Mi aspetto da un momento all’altro che Gabriele cacci dal suo zaino un carbone ardente e inizi a pressarlo contro la mia pelle.
Invece, prende una penna rosa.
«Che succede?!»
«Ti stiamo per marchiare.»
«Con… una penna?»
«Una penna?! UNA PENNA?! Questa è la Penna di Fuoco, passata di generazione in generazione fino a me!»
Annuisco lentamente.
«Tramite questo marchio verrai riconosciuto da tutti come componente della nostra Fazione!»
Elisa mi passa vicino e le sussurro a bassa voce.
«È indelebile?»
«No, ma è indelebile negli occhi del Dio!»
«Aaaah…»
Scopro il braccio mentre Gabriele inizia a disegnare qualcosa, ma non capisco bene cosa.
«Che stai disegnando?» chiedo.
«Il simbolo della nostra Fazione, il grande Sol’Rosa!»
A cosa poteva mai servire una penna rosa se non quello?
Le doti artistiche di Gabriele però sono pessime, e alla fine più che un sole quello che ha disegnato sembra un pallone da rugby con dei tentacoli che s’intrecciano tra loro.
«Bellissimo, Superiore Gabriele!» esclama Angela, mentre Teresa la guarda storto.
«Giusto, Angela. Mi hai ricordato una cosa molto importante. Da oggi, Filippo, mi chiamerai Superiore!»
Sì, chissenefrega di come devo chiamarlo. Se serve per ingrandire il suo ego lo faccio con piacere, magari esplode.
«Certo, Superiore.»
«Benissimo Filippo, ora che sei uno di noi è bene chiarire una cosa molto importante. Limita i contatti con l’Anarchia e la Repubblica.»
«Almeno su questo hai ragione.»
«Filippo, dammi il lei!»
«Non sapevo avesse problemi di identità di genere.»
«Non in quel senso!» si lamenta. «Sai cosa intendo! Non fare il simpatico, il Dio ci vede tutti e sa quando sbagli… quindi, non sbagliare! Soprattutto adesso che sei diventato un suo adepto!»
«Certo Superiore.»
Grazie a Dio… o dovrei dire al Sol’Rosa la campanella suona subito dopo. E’ passata un’ora, e sarà un’ora della mia vita sprecata, ma per fortuna è passata e posso dedicarmi alle lezioni.
Nelle successive ore mi tengo lontano da Marco, che sembra furioso, e dall’Anarchia, che tanto è completamente fuori dopo che ha bevuto il cocktail di birra, vino e presunto hashish fresco di Cosimo. Provo a parlare con Martino, ma mi dice che sta organizzando uno spettacolo e preferisce concentrarsi su quello.
«Che genere di spettacolo?» chiedo.
«Stiamo raccogliendo fondi per darmi la possibilità di visitare Harward. E’ uno dei miei sogni e tutta l’Unione s’impegna perché lo raggiunga, sono fiero di loro!»
«Ti auguro buona fortuna… e volevo dirti che mi dispiace non essere riuscito a dimostrare il mio talento… ci tenevo tanto ad unirmi a voi.»
«Oh, puoi ancora! Puoi sempre cambiare Fazione se vuoi!»
«Veramente? Senza pagamenti aggiunti?»
«Sì, senza… pagamenti… basta che la nuova Fazione ti accetti.»
«Quindi potrei andarmene dalla Teocrazia e unirmi alla Repubblica?»
«Vuoi andare da Alberto? Non mi sembri in buoni rapporti...»
«Era un esempio! Non andrei mai lì!»
«Beh, potresti, certo, ma Paola deve darti il permesso di entrare.»
Che bella notizia! Posso comunque abbandonare Gabriele e le sue discepole e continuare la mia vita con Martino e i suoi amici... ma devo trovare un mio talento. Non è facile e richiederà tempo, ma sono sicuro che troverò qualcosa in cui eccello.
«Che ne pensi del talento Quoziente Intellettivo nella media? E’ comunque più alto del resto della classe!»
Martino mi guarda e capisco che devo andarmene il prima possibile se non voglio bruciare la mia occasione di unirmi ai Moderati, tanto nella classe già c’è odore di fumo per via delle canne e delle tre sigarette che sta fumando Pietro nello stesso momento.
Quando torno al mio posto –vicino ad Elisa- Gabriele mi parla, e dice che domani ci aspetta davanti alla scuola alle 17.33, gli chiedo il motivo di un orario così preciso, e mi risponde che il Dio ama i numeri dispari. Teresa annuisce come se fosse una di quelle teste dondolanti che la gente mette in macchina per farsi dire “Com’è buffa!”
All’inizio vorrei rifiutare, ma non posso, perché preferisco questa riunione a quello che dovrei fare a quell’ora.
--
«Mamma, io vado dai miei amici a scuola!»
«CHEEEE? FILIPPO, PENSAVO DOVESSIMO ANDARE A FARE SHOPPING INSIEME! DOBBIAMO COMPRARE I NUOVI CASSETTI!»
«Perché i nuovi cassetti?»
«Quelli di adesso non sono abbastanza rumorosi! Ho provato a testarli con tuo padre e non si è svegliato! Ho dovuto utilizzare i piatti!»
«Da quando in qua abbiamo degli strumenti musicali a casa? E in particolar modo, i piatti?»
«Ma che strumenti musicali! Io intendo i piatti della cucina! Sono stata costretta a ripulire a terra, e ringraziami! Pensa ai tuoi piedi e le schegge che potevano farti male! Su, andiamo!»
Rimango un secondo interdetto, ma riprendo a parlare.
«No, mamma, l’hai detto pure tu, devo fare nuove amicizie! I cassetti possono aspettare.»
Le dico questo e approfittando del suo momento di stupore (non è abituata a vedere che esco di mia spontanea volontà con altre persone) chiudo la porta dietro di me, portandomi un piccolo zainetto, e mi dirigo a scuola.
Dato che ieri Elisa mi ha detto che Alberto prende l’autobus, prima di salire sul numero 2 controllo che non ci siano tracce di lui, e verificata la sua assenza, salgo.
Arrivo a scuola alle 17.15, e subito nel cortile vedo Teresa e Federica. Provo ad avvicinarmi a loro di soppiatto, ma è Teresa che corre verso di me e in un batter d’occhio sono a terra.
«FILIPPO SEI VENUTO SONO CONTENTISSIMA!!!! CHE HAI FATTO OGGI??»
«Sono… sopravvissuto» riesco a dire mentre la ragazza si trova sul mio petto. «Fino ad… adesso.»
«Ti sto facendo male?.. Ah, scusa! Sai, mi piace il contatto fisico con le persone!»
«Già devo sopportare Alberto, per favore… non metterti pure tu che già mi sembra di essere… in un anime, dato che questa… Fazione è formata da ragazze… e poi da Gabriele.»
«STAI DICENDO CHE NON MI VUOI BENE?!?!»
«Sì… Ti odio. Non… te l’ho già detto?»
«FEDERICA! HA DETTO CHE MI ODIA!»
«Sì, e tu mi fai pena.» le dice l’altra ragazza.
Appena sentita l’ultima parola, Teresa si alza e rimane ferma sul prato per un paio di secondi. Dopo aver girato la testa verso Federica, si dirige verso di lei con un’espressione di noia e con le braccia conserte. L’altra ragazza sbuffa.
«Che. Cosa. Hai. Detto.» fa Teresa.
«Che mi fai pena. E a quanto pare ha funzionato ancora una volta.»
«Non ti permettere più di dire che ti faccio pena! Io non faccio pena a nessuno! Sono una donna forte e indipendente e sicuramente non faccio pena a nessuno, giusto, Filippo?!»
«Tutta la classe mi fa pena.»
Teresa rimane sconvolta e con la bocca aperta per altri tre secondi.
«Ora la calmo io. Guarda come si fa.» spiega Federica, mentre Teresa continua a blaterare cose senza senso.
«Sì, hai proprio ragione. Scusa, non lo farò più.»
Teresa si ferma improvvisamente.
«…Ahw, come si fa a dire di no ad una faccia del genere!? E anche tu, Filippo! Sei così innocente che non posso arrabbiarmi con te!»
Federica mi sorride come per dire “Cosa da niente.” mentre io penso che Teresa è messa peggio di quanto credevo, e inizio a riflettere su quale possa essere il suo disturbo neurologico.
«Però adesso mi hai distratto, non ricordo più cosa stavo facendo! Cavoletti!» squittisce.
«Eh già. Cavoletti. Hai per caso qualche gossip da raccontarmi?»
«Ci penso un attimo…» fa, mentre Federica si avvicina a me.
«Teresa ha sempre una storia da raccontare. Sogna di scrivere libri, quindi dice che deve esercitarsi trovando “spunti di narrazione” nella vita di ogni giorno… ad essere sincera non capisco se se l’inventa di sana pianta oppure esagera ciò che vede con i suoi occhi… io glielo chiedo, ma lei dice che la sua vita è come quella dei film. Per me è lei che si fa dei film mentali.»
Federica, anche lei al livello di Ester. Grande amica.
«Ho trovato! Che ne dici di Claudia e le sue lettere d’amore?»
«Gossip sulla Repubblica? Nah, quelli li raccontano loro stessi, nulla di nuovo.»
«Quelli della Repubblica scrivono lettere d’amore? Pensavo fossero più… diretti.» dico.
Federica fa una smorfia.
«Le loro lettere d’amore non sono molto romantiche, a dire la verità…»
«E poi Claudia ama scrivere, come me! Ma il suo stile di scrittura non è assolutamente al mio livello! Io uso delle analogie bellissime, lei si ferma alle similitudini!»
«Teresa, nessuno capisce le tue analogie.»
«E’ questo il bello! Quando il sole tramonta non scompare, ma ritorna grazie alla Terra che gira!»
«…stiamo provando a decodificare questo messaggio dall’inizio dell’anno, vuoi aiutarci, Filippo?»
Faccio di no con la testa, preferisco mantenermi il più lontano dai modi di fare di questa gente.

 

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6. Atmosfera bollente durante la riunione del Sol'Rosa


 
 


Rimango per qualche minuto lontano da Teresa, che saltella sul prato cantando la sigla di Heidi, e da Federica, la quale respinge l’altra ragazza ogni volta che le è più vicina di un metro. Sembra che la voglia far cadere, ma la cantante improvvisata a ha quanto pare esperienza con questo genere di cose.
Mi escludo come sono solito fare e ignoro i messaggi sul cellulare di mia madre, che mi invia le foto dei suoi cassetti preferiti. Dopo un tempo indefinito, diciamo cinque sigle di Heidi, arrivano Gabriele, vestito con una lunga tunica rosa –tra poco sembra una sposa- e Angela, ma di Elisa non c’è traccia.
«Salve, fedeli! Ho delle grandi notizie da darvi!»
«Superiore, racconta!» esclama Angela.
«Viste le grandi doti di Angela, e la sua dedizione al culto del Sol’Rosa, ho piacere di annunciarvi che lei sarà il nuovo arcivescovo della Fazione!»
«Arcivescovo? Avete anche dei ranghi?» chiedo, io, curioso e terrorizzato nello stesso momento, ma non ho risposta perché Teresa inizia ad urlare.
«MA ERO IO L’ARCIVESCOVOOO!»
«Teresa, c’è un luogo e un momento per ogni cosa, ma non ora!»
«CHE COPIONE, ANCHE LE ANALOGIE INSENSATE MI COPI!»
«Angela ha fatto molte più cose di te nell’ultimo mese, e lei si merita questo titolo.»
«CERTO, TI HA LECCATO IL CU-
«Teresa, non accetto questo genere di linguaggio in una riunione della Teocrazia!»
«…ah, e allora sai che ti dico? Ti ha elogiato con belle parole per ottenere una posizione di vantaggio…COME FAREBBE UNA-
«Teresa, fermati!» dice Federica. «Non voleva dirlo.»
«OH, SI CHE VOLEVA DIRLO GABRIELE IL DIO DEL SOL’ROSA, IO DIREI DIO DELLA LUN’NERA!»
«…E’ per caso un’altra analogia?» chiedo io, ma lei continua.
«ALTRO CHE DISCENDENZA IO SONO LA VERA DISCENDENTE DEL SOL’ROSA! TRASMETTO I SUOI VALORI COME UN SATELLITE TRASMETTE RAI UNO!»
Era passata da cantare Heidi a dichiararsi una donna divina in un minuto.
«Ti stai rendendo ridicola…» fa Gabriele.
«AH, SI? TU SEI QUELLO CHE SI STA RENDENDO RIDICOLO! E TE LO DIMOSTRERO’!... CON IL GIOCO DEL SILENZIO, ANGELA!»
«Accetto la sfida, perderai subito!» la sfida Angela. «Non riusciresti a vincere nemmeno sfidando una roccia, parli in continuazione!»
«AH! HAI PARLATO, HAI PERSO! HA! HA! SONO LA MIGLIORE E TU UNA PERDENTEEEE»
Federica osserva la scena con una faccia mista tra il disgusto e il riso.
«Non lottiamo! Non lottiamo!» dice con voce calma Gabriele. «Potremo colmare le nostre differenze in un'altra riunione, dobbiamo fare buona impressione su Filippo.» continua guardandomi.
«Nah, non preoccupatevi… la mia impressione della classe è già pessima.»
«Oh! Lo so, l’Anarchia e la Repubblica sono terribili! L’Unione è così selettiva… solo noi portiamo luce.»
«Per classe… intendevo anche voi.»
Mi aspetto una reazione da Gabriele, ma è Angela a parlare.
«Poverino, è già stato influenzato dagli schieramenti avversari!.. Ma possiamo ancora salvarlo!»
Gabriele si gira e la guarda con approvazione, mentre Teresa cerca di fulminarla con lo sguardo, senza dire nulla. Probabilmente pensa ancora di dover vincere al gioco del silenzio, altrimenti la continuerebbe a insultare.
«Angela ha ragione, bisogna mostrare a Filippo che ciò che portano le altre Fazioni è solo illusione e oscurità!»
«Che palle.»                                                                         
Mentre mi chiedo a quale terribile tortura sarò costretto a partecipare, vedo Elisa arrivare dal cancello che porta al cortile della scuola. E’ sudata e pare preoccupatissima.
«Oh, grazie Sol’Rosa, di aver portato qui Elisa sana e salva.» fa Gabriele alzando la testa al cielo. «Dicci cosa hai scoperto.»
«Allora… la situazione non è per niente rosea. L’Anarchia ci ha praticamente dichiarato guerra!»
Sol'Rosa. Rosea. Spero non l'abbia fatto di proposito.
«Ha disconosciuto la nostra religione? Incredibile!» esclama Angela.
«No! Peggio!... Ne hanno abbracciata un’altra! Adesso venerano Oppio, dio dello sballo.»
Ah, già. Marco mi aveva detto che anche loro avevano una religione, e Oppio dio dello sballo è esattamente quello che mi aspetto da gente del genere.
Ma evidentemente il “discendente del Sol’Rosa” qui vicino non ne aveva la benchè minima idea.
«CHE COSA!?» grida Gabriele. «CIO’ E’ INAMMISSIBILE! NON POSSO ACCETTARLO! INFEDELI!»
«Per favore, Gabriele! Calmati! Possiamo contrattaccare!»
«OH! OVVIO CHE CONTRATTACCHEREMO! DOBBIAMO INDIRRE UNA CROCIATA CONTRO GLI INFEDELI! FILIPPO, E’ COSI’ CHE MOSTRERAI LA TUA FEDELTA’!»
«Che bello, siamo di nuovo nel Medioevo. Sono eccitatissimo.»
«ANGELA, TU VIENI CON ME DIETRO GLI ALBERI! DISCUTIAMO DELLA STRATEGIA D’ATTACCO!»
«Certo, Superiore! Pianifichiamo i coltelli da usare nella battaglia!»
Dietro gli alberi? Coltelli?
«ELISA, TU RIMARRAI QUI! INSIEME A FEDERICA, FILIPPO E QUELL’ALTRA!»
«QUELL’ALTRA?! SUPERIORE?!! FINO A IERI ERO LA TUA MIGLIORE AMICA!»
«MALEDIZIONE, TERESA! SMETTILA DI FARE LA PRIMADONNA! QUI C’E’ SOLO UN PRIMO, ED E’ IL PRANZO DI GABRIELE CHE LUI NON HA MANGIATO!»
Cavolo, ha ragione. Nello zaino ho il pranzo di mia madre (non c’erano gatti a cui darlo).
Detto questo, si gira e insieme ad Angela si nasconde dietro gli alberi davanti a noi.
«CIOE’ MA LI AVETE VISTI!» urla Teresa «CHE COSA VANNO A FARE DIETRO GLI ALBERI EEEEH»
«Teresa, per favore. Le mie orecchie ti hanno sopportato abbastanza.»
«CHISSENEFREGA DELLE TUE ORECCHIE! LE MIE NON POSSONO PIU’ SENTIRE LA VOCE DI ANGELA, E’ UN DEMONE!»
«Teresa…» sussurra Federica. «Il gioco del silenzio! Adesso che Angela se n’è andata puoi ancora vincere!»
Gli occhi della pazza brillano. «Giusto!.. Allora adesso rimarrò in silenzio e le farò vedere chi comanda! Ritornerò ad essere arcivescovo!»
Si butta a terra e inizia a rotolare su e giù.
«Adesso che abbiamo fermato l’ira di Teresa possiamo continuare.» sorride Federica. «Scusa, Filippo, spero che non ti abbia sconvolto.»
«Non più di quando mia madre preparò la carbonara con i carboni ardenti. Non sono andato in ospedale solo perché l’acqua che mi aveva dato era a meno venti gradi.»
«Ma a meno venti gradi dovrebbe essere ghiaccio..?»
«Non fare domande su mia madre. Mi chiedo come mai sia sopravvissuta a tutti i nemici che si è fatta… ora che ci penso, forse proprio con la carbonara…»
«Lasciamo stare… dobbiamo parlare dell’Anarchia, altrimenti rischiamo di violare il terzo comandamento.» spiega Elisa.
«Che cavolo, avete anche voi un codice legislativo? Almeno ditemi che non lo organizzate in filastrocche.»
«Ehi… rimani in silenzio, che se Gabriele ti sente… hai violato un altro comandamento!»
«Ok, ma quanti ne esistono?..»
«Solo Gabriele lo sa…»
Passa qualche minuto, in cui Elisa ci spiega esattamente cosa è successo. La ragazza, tramite Facebook, ha seguito i movimenti dei componenti dell’Anarchia e ha scoperto che erano diretti alla loro base, Vicolo Aldo Moro, e una volta arrivata lì, ha sentito Pietro che diceva: «E’ arrivato il Messia, è qui!» estraendo dalla sua tasca una pianta di papaver somniferum, da dove si ricava l’oppio. «Questa è solo una delle sue manifestazioni!» continuava. «E’ nostro dovere cercare il dio Oppio dovunque, e dimostrare al mondo che tramite la sua assunzione si può vedere il mondo come realmente è, e non come i sensi ce lo mostrano!...»
«Un culto… originale, non c’è che dire.» termina Elisa. «Ma sappiamo tutti che l’oppio non è che un mero strumento per drogarsi. E’ il Sol’Rosa che è l’unico essere onnipotente!»
Improvvisamente, sento qualcosa sulla mia spalla, e d’istinto mi giro.
E’ Gabriele, seguito da Angela.
«Mi hai fatto prendere un colpo!» esclama Elisa. «E come hai fatto ad apparire dietro di noi? Gli alberi sono nell’altra direzione!»
«Il Dio ha permesso a me ed Angela di creare un varco spazio-temporale ed apparire dietro di voi. Ho visto il futuro! E ho visto, Filippo, che tu compirai una grande azione!»
«Io ho visto che hai camminato in punta di piedi nascondendoti dietro i cespugli.»
«SSSHHHH! La tua vista è offuscata dal male! Ma ti purificherai compiendo una missione!»
«Che genere di missione?»
«T’infiltrerai nell’Anarchia per scoprire i loro segreti, insieme ad Elisa!»
«Ma… Superiore… sono stata lì poco tempo fa, devo tornare?»
«Non c’è da preoccuparsi, mia messaggera. Grazie alla benevolenza del Dio sono in possesso di quattro biglietti dell’autobus, affinchè tu e Filippo raggiungiate la vostra meta in breve tempo e senza fatica.»
«Il tabacchino a cui ti ho visto prima sarebbe il Dio?» chiedo.
«Filippo, smettila di contraddire il tuo superiore, altrimenti… dovrò… esporti…»
«E’ una misura drastica, Superiore!» fa Elisa. «Non punisca Filippo così!» 
Alla fine decido che tanto vale fare questa missione, mia madre sta ancora all’Ikea a cercare i cassetti giusti per svegliarmi, e non voglio stare con lei per nulla al mondo.
«Va bene… andiamo a vedere che razza di religione hanno fondato...»

---

Appena salgo nell’autobus con Elisa lei non può fare a meno di raccontare cosa ne pensa dei social network.
«Hai visto?! Instagram ha di nuovo cambiato skin! Adesso è bruttissima! Perché fanno così?»
Io veramente mi chiedo come mai, ad intervalli di uno o due anni, certi siti cambiano la loro impostazione grafica, ma non mi lamento perché sinceramente non controllo ogni angolo in cerca di differenze come gli ossessionati della settimana enigmistica.
E no, non sto criticando Ester, Ester fa eccezione! Lei è una di quei bravi ossessionati della settimana enigmistica.
«Ti vuoi fare un selfie con me?» mi chiede Elisa.
«No! Non sia mai. Preferisco non farmi conoscere da nessuno, in particolar modo con voi della classe!»
«Vabbè, allora la farò da sola.»
Elisa alza il suo telefono in alto e storce la sua faccia in maniera innaturale, poi scatta. Nota che la guardo in modo enigmatico.
«Hai avuto qualche problema ai muscoli del viso?» chiedo.
«No, è la mia “faccia da selfie”. Tutti ne abbiamo una. Una faccia reale e una faccia da selfie, come le maschere! Pirandello l’aveva predetto molto tempo fa.»
Uno, nessuno e centomila. Un telefono, nessuno che non ti conosce, centomila like. 
«Perché non potete farvi delle foto con la vostra faccia reale?»
«Ma scherzi! A me servono i like! E quelli vengono tramite i filtri e le facce da selfie!»
«Sarà…»
«…E adesso inseriamo gli hashtag! #AutobusTime #missionesegreta #OppioTiStroppio #BelenARoma… invia!»
«OppioTiStroppio? Non se ne accorgeranno quelli dell’Anarachia?»
«Tsk, loro non usano i social network! Dicono che la maria li connette al mondo.»
«E… Belen a Roma? Cosa c’entra?»
«Filippo, ma devo spiegarti tutto?!»
Forse capendo come funzionano i social network capirò come funziona il mondo e come mai questa classe è diventata così stramba… dopotutto la gente passa più tempo lì che nella vita reale ormai…
Elisa capisce che sono confuso e inizia a parlare senza che glielo chieda.
«BelenARoma è trending! Così la gente penserà che parli di Belen e vedrà il mio post! Sono o non sono un genio?»
«Che esperta… certo…»
«Certe cose le impari con il tempo… all’inizio non sapevo nemmeno la posizione giusta per i selfie, ma dopo due anni ho imparato l’angolo dell’inclinazione, il filtro giusto, la posizione del braccio, il-
«Va bene, va bene… ho capito… farsi selfie a quanto pare è molto difficile…»
«Non sai, è un arte! Dovremmo studiarla a scuola insieme a Picasso e Andy!»
Per il resto del viaggio io ed Elisa rimaniamo per lo più in silenzio, io ascolto qualche canzone mentre lei continua ad alternarsi tra Pinterest e Reddit. Non posso crederci, li conosce tutti? Scambiamo qualche opinione, ma nulla di che. Io mi devo preparare a ciò che vedrò e devo stare in pace con me stesso.
Dopo una ventina di minuti d’autobus mi fa segno di scendere e ci avviamo per la zona pedonale. Fortunatamente sono arrivato in questa città dopo Capodanno, quindi in sette giorni sono più o meno stato capace di conoscere le vie più note… in men che non si dica, però, io ed Elisa ci troviamo in un vicolo buio, e lei accende la torcia del suo telefono.
«Com’è che non c’è più luce? E’ già buio?»
«No, l’Anarchia ha scelto questo posto perché qui non li può scoprire nessuno.»
«Beh, bella scelta…»
«Fai attenzione ai piedi, meglio se non calpesti le siringhe usate.»
Vorrei lamentarmi ma basta, ho capito che è meglio se sorrido e annuisco.
«Tu come fai a sapere di questo posto?»
«Sono l’investigatrice della Fazione… e con l’Aiuto dell’Hacker dei Moderati sono riuscita a capire dove si nascondono quando non sono in classe!»
«Chi sarebbe l’Hacker?» chiedo.
«Alessandro, quello che ci ha provato con sei ragazze in quest’anno scolastico..?»
«Sei ragazze? Come ha fatto in quattro mesi?»
«Beh… diciamo che le ha convinte ad andarsene in poco tempo… ma meglio che non parli di questo quando ti è vicino, potrebbe offendersi…»
Provo a dire qualcosa ma Elisa spegne la torcia e mi zittisce.
Ci nascondiamo dietro una lampada che convenientemente ha la nostra forma.
«Ma com'è pos-» cerco di dire, ma Elisa mi zittisce ancora.
«Eccoli!» sussurra.
Inizialmente non vedo nulla, ma poi i miei occhi si abituano al buio. Che poi, recentemente ho scoperto che le carote non fanno veramente vedere meglio nell’oscurità! Ovviamente mia madre me lo diceva sempre per farmi mangiare quegli orrori che preparava, e io ci credevo. Maledetto me bambino, se potessi andare indietro nel tempo prenderei ogni mio piatto con le carote e lo darei ai gatti della vicina… Anzi, ora che ci penso se fossi capace di andare indietro probabilmente farei in modo di darmi in affido a chiunque tranne mia madre.
Nella penombra vedo cinque figure attorno a una lampadina a forma di gatto, e subito riconosco Pietro dati i suoi lunghissimi capelli. Chiaramente sono lui e il resto dell’Anarchia, perché trovo impossibile che delle persone capaci di ragionare si andrebbero a ficcare in un vicolo senza luce. La conferma arriva pochi secondi dopo, quando sento il leader parlare.
«Fedeli di Oppio, ora che abbiamo completato il rito d’iniziazione è il momento di recarci dentro la base e innalzare un altare in suo onore!»
«Tutto per il grande Oppio!» esclama Vinello, entrando in una porta con i suoi compagni.
…E’ vero, ancora non so il suo nome.
«Scusa, Elisa, ma mi chiedevo, qual è il vero nome di Vin-
«Non è il momento per queste curiosità! Dobbiamo infiltrarci e scoprire di più!»
«Ma cosa possiamo scoprire? Non penso ci sia altro da sapere, è chiaro che hanno così tante rotelle fuori posto che ormai non possono essere più riparati.»
«Ma non dobbiamo ripararli, stupidino! Dobbiamo incastrarli!»
«Sì, vabbè… dobbiamo seguirli, quindi?»
Elisa fa una smorfia e dopo sorride.
Ma riconosco quel sorriso. E’ il sorriso che faccio ogni volta a mia madre quando voglio allontanarmi il più possibile da lei senza che mi butti in mare dalla rabbia.
«Che cosa hai in mente?» le chiedo scandendo bene le sillabe.
«Non possiamo andare lì insieme, capiranno che li sto spiando!»
«Con tutto l’alcool che hanno in corpo?!... E poi perché io sì!»
«Ehm… probabilmente penseranno che vuoi unirti alla loro Fazione…»
«Ma mi hanno visto mentre sceglievo voi!»
«E dopo hanno bevuto quel… coso in quella bacinella..! Sicuramente avranno scordato cosa è successo!»
«…Ma ammesso ciò, mi stai mandando in un covo di pazzi! Ti rendi conto di ciò che dovrò sopportare? Chissà cosa c’è dentro quel posto!»
«Devi essere coraggioso, Filippo, per tutti noi!»
«Sicuramente non è adatto alla vita umana! Mi aspetto di trovare un mostro radioattivo là dentro!»
«Ma pensa, saresti il primo ad entrare nel covo dell’Anarchia! Che onore!»
«Anche se sarò il primo ad entrare chi ti assicura che sarò il primo ad uscire?!»
«Ehm… ti assicurerò una posizione alta nei ranghi della Teocrazia?»
«MA CHI SE NE FREGA DELLA TEOCRAZIA! MI STAI CONDANNANDO A MORTE!»
Giusto dopo la parola morte –ma guarda te- sento una voce provenire dalla lampa-gatto.
«C’è qualcuno? Fatti avanti!»
Oh no, è Roberta. Ci ha sentiti.
«Buona fortuna!» mi sussurra Elisa.
«Che stai dic-
Ma prima che termini la frase, lei mi ha già spinto e sono completamente visibile. E’ la fine.
«Filippo..?»
«Sì… Roberta… purtroppo sono proprio io, Filippo…»
Lei si ferma per qualche secondo, osservandomi
«Ci sei venuto a trovare! Sono così contenta!»
«Anche io…» dico roteando gli occhi.
«Scommetto che vuoi scegliere noi come tua Fazione, vero?»
«Sono venuto per… vedere come passate le giornate… ecco…»
«Allora entra, entra nella nostra base, sarà bellissimo!»
Senza che io possa contraddire, Roberta apre la porta e mi spinge dentro all’edificio, chiudendo la porta. Cerco di sospirare, ma l’aria è irrespirabile.
…Dove cavolo mi trovo?

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