Green Inviato 7 aprile, 2017 Condividi Inviato 7 aprile, 2017 Eccoci qua nel topic dedicato al Contest di Scrittura del Clash of the Gym Leaders! Dunque bando alle ciance e vediamo le regole. Come ricorderete la traccia voleva che realizzaste un racconto di fantascienza, non necessariamente riguardante i Pokémon dunque sentitevi liberi di esprimere la vostra immaginazione! Non sarà presente nessuna limitazione. Il lavoro dovrà essere postato entro e non oltre il 21 Aprile, esso sarà giudicato successivamente da @Martyny e @Vibe! Per pubblicare il proprio racconto basterà seguire il modulo sotto riportato: Nickname: Team d'appartenenza: Titolo: Racconto: La lista dei partecipanti a questo Contest: Spoiler @FraktheYukihira @Sapphire @The_Karp @Forci @EngyAlkeKengy @Comba @Gosh @Lady @Sparcy @Shigu @Miracle Per qualsiasi dubbio/domanda chiedete pure nel topic principale! Auguro buona fortuna a tutti! :3 Link al commento Condividi su altre piattaforme Più opzioni di condivisione...
Sparcy Inviato 20 aprile, 2017 Condividi Inviato 20 aprile, 2017 Nickname: Sparcy Team d'appartenenza: Psico Titolo: La catastrofe Racconto: Spoiler Sono morto cento anni fa a causa di una grande catastrofe, non potrò mai scordare ciò che ho vissuto in quel momento, fu questione di attimi, ma furono gli attimi più lunghi e sofferenti della mia vita. Non ricordo esattamente il posto in cui la mia vita ebbe fine, sono passati troppi anni dall'accaduto. Adesso abito qui, in una cittadina dell'Italia insieme alla mia famiglia, il progresso della scienza è incredibile. Dopo la nostra morte abbiamo deciso di trasferirci in questo luogo di campagna, lontani dalla città e dai suoi pericoli: l'inquinamento, l'affollamento, i furti, gli omicidi e altro ancora, una trappola mortale, insomma. Qui in campagna l'aria è pulita, tutti sono pacifici e non ci sono pericoli, viviamo in pace e armonia con gli animali. Anche se la scienza è un passo avanti al mondo, noi preferiamo vivere come se fossimo nel passato. Da quando sono morto è difficile addormentarmi, i ricordi della mia morte frullano nella mia testa senza mai cessare, mentre di giorno i miei pensieri sono dovuti ad altro: gli animali, gli amici, la mia famiglia... il loro grande amore invade la mia mente facendomi dimenticare il tutto. << Sono morto? >> << Sono vivo? >> << Chi sono io in realtà? >> Queste domande affollavano la mia mente; nei miei sogni, che potrei definire incubi, accadeva ogni volta ciò che ho subito cent'anni fa: la mia morte. Era una continuità di notti insonne e, nonostante questo, di giorno ero sempre carico, cercavo insomma di combattere questa cosa e vincerla una volta per tutte, ma i risultati erano vani. Nella mia mente affiora sempre un evento di pochi giorni fa: ero sul prato a giocare con la mia cuginetta, quando ad un certo punto svenni, in quell'istante ebbi un'analessi... Cent'anni, nella grande città in cui abitavo, ci fu una grande festa con bancarelle, tanti negozi, giochi e fuochi d'artificio. Verso la mezzanotte degli aerei colpirono il centro della città con delle bombe e un incendio divampò in ogni parte del posto, la nebbia e il fumo accecavano la vista delle persone: nessun sopravvissuto. Mi svegliai sul prato e la bambina mi guardava, sembrava un po' preoccupata, ma le chiesi di non raccontare l'accaduto a nessuno, meglio nascondere certe cose. Subito dopo andai a riposare, mi stesi sul letto e pensai a lungo fino ad addormentarmi. Nel sogno, subito dopo la mia morte, ci ritrovammo tutti in un ospedale, per non so quale motivo eravamo coscienti di ciò che stava accedendo, un miracolo o la scienza? Guardavo i medici inconsciamente, volevo a tutti i costi sentire la loro conversazione sui nostri riguardi, ma ero impossibilitato ad alzarmi. Fu questione di un attimo e non ci vidi più, ero in una stanza buia, forse in un'apposita capsula, non potevo fare assolutamente nulla per liberarmi. Ad un tratto tutti i ricordi della mia vita mi passarono davanti come se stessi guardando un film al cinema: era la storia della mia vita passo per passo. Riuscii a vedere la mia nascita, le mie prime parole e i miei primi passi, crescendo fino ad arrivare qui, dove tutto è finito. Cent'anni dopo mi ritrovai qui in questa campagna... è strano come possa un solo gesto salvarci tutti, la scienza è una benedizione. Sono morto cento anni fa a causa di una catastrofe. Link al commento Condividi su altre piattaforme Più opzioni di condivisione...
The_Karp Inviato 20 aprile, 2017 Condividi Inviato 20 aprile, 2017 Nikname: @The_Karp Team d'appartenenza: buio Titolo: la prigione di Osha Testo: Spoiler Di solito gli antichi racconti narrano sempre antiche leggende, potenti eroi, intrepidi guerrieri, divinità in grado di salvare il mondo dalla catastrofe di turno… ma stavolta no. Stavolta vi racconterò una storia che non è mai stata raccontata… una storia che parla di eventi soprannaturali… che parla… di cinque, grandi, simpatici… idioti. Questa combriccola è composta da elementi piuttosto… come dire… strani. Il gruppo è capitanato da una elfa con la leggerissima passione per il vino chiamata Alatedztera. Le piace cantare in battaglia per rafforzare i suoi compagni di squadra ma qualcuno racconta che questa elfa in realtà sarebbe una ladra. Non possiamo dar credito a queste persone perché nessuno l’ha mai vista trafugare i cadaveri, rubare agli altri o cose simili… però su una cosa hanno assai ragione: ha sempre un atteggiamento piuttosto furtivo… Alla sua destra c’è sempre Rungurus, un potentissimo orco con la passione delle risse nei bar. Non è molto sveglio e lascia sempre i suoi soldi alla sua amica Alatedztera perché sa di essere uno sbadatone. Adora picchiare i nemici ma sa bene che, nel 99,9%b dei casi quello che le prende di santa ragione è proprio lui. Alla sinistra dell’elfa c’è un certo Oross. È uno strano nano, che ha scelto di dedicarsi alla magia rispetto le armi come asce, pistole, padelle, mestoli o roba del genere. Di solito va in giro con un rastrello, utile sia per lanciare magie ad ampio raggio… sia per sistemare il giardino di casa sua. Dietro di loro, di solito, ci sono sempre Libber ed Apotsys. Sono due elfi, per giunta, sono fratello e sorella. Il primo ha seguito la via sacerdotale della divinità Lunair, ottenendo il beneficio di essere un chierico benevolo nei confronti degli altri compagni (Rungurus è sempre soddisfatto della sua presenza… ma non perché lo cura… ma perché lo accompagna nelle sane bevute di Birra); la seconda, invece, è una ranger che adora tutto ciò che è piccolo e coccoloso (tranne i ragni. Quando li vede, prende un lanciafiamme e brucia qualunque cosa). Di solito è accompagnata da un lupacchiotto chiamato Jakoss, ma durante le vicende che andrò a raccontarvi non era presente. Stavano viaggiando nel bel mezzo della notte buia e tempestosa (Te pareva. Mai una volta che potessero fare sogni tranquilli, accidenti!) quando, tutto d’un tratto, trovarono davanti alla loro faccia una locanda. Il nome, altisonante, dava l’impressione di un luogo assai accogliente: “LA FINE DEI TUOI GIORNI” -”L’inizio dei giochi”?- disse l’orco, tentando di leggere il nome della locanda -Sembra bellissimissimo. Alaty, Alaty, ci andiamo????- -Ma neanche per sogno!- urlò lei, cercando di scansare l’orco puzzolente -Il nome non è per nulla rassicurante!- -Beh, sempre meglio di stare qua fuori al freddo e al gelo- borbottò Oross -Ma neanche per sogno! E poi, chissà quanto mi costerà l’alloggio… tipo 3 monete d’oro… PER PERSONA!- -Alatedztera… dobbiamo raggiungere il treno Folgore il prima possibile- aggiunse Libber -Sarebbe il caso di muoversi. Libber sarà soddisfatto delle nostre azioni- -Non ci credo, gne gne gne- -Se vuoi mettere alla prova il mio credo, fatti sotto- rispose sguainando la sua mazza chiodata -Quando vuoi!- -La mia spada sa fare di meglio Vieni tu, forza!- -CALMA GENTE CALMA!- interruppe Apotosys, rischiando una martellata sul cranio -Alatedztera… puoi usare il tuo carisma, comunque…- -Ah già è vero- rispose, ritirando le armi -Allora entriamo. E se ci fanno pagare anche solo una moneta d’argento IN TUTTO… ci penserai tu con tuo fratello. -Ehi! E io che ho fatto per meritare cotal punizione da parte tua?!?!?- -Lascia stare, fratellino. Meglio entrare, rischiamo di prendere la febbre, qui fuori- Una volta entrati, era possibile notare con estrema felicità che la locanda in questione era ben tenuta, linda, pulita come se fosse appena uscita dall’autolavaggio e, soprattutto… calda. Un vero e proprio toccasana rispetto a dove si trovavano prima, no? Cresh, uno dei figli del locandiere, accolse calorosamente i nuovi arrivati e li invitò a sedersi nei tavoli. Stavano festeggiando l’anniversario dell’apertura della locanda e, per questo, offrivano gratuitamente cibo e bevande per tutti. L’orco non ci pensò due volte: prese il primo pentolone di cibo nei paraggi ed iniziò a divorarlo! Provò pure ad addentare la pentola, sperando fosse commestibile, ma si accorse che la sua utopia era purtroppo irrealizzabile. L’elfo chierico, notandola depressione nei suoi occhi, gli propose di piangerci sopra bevendo un po’ di birra. Rungurus accettò volentieri. Si sa, per quell’orco la birra è tutto, davvero… Anche se quel giorno non riuscì mai a reggere il secondo boccale di birra, cadendo a pancia in su e muovendo le braccia come uno scarafaggio. La ladra-bardo, che in quell’istante aveva una voglia irrefrenabile di strangolare l’orco in questione a causa della brutta figura che stava facendo, si limitò a guardarlo con un volto pieno di disgusto. Poi, si mise a bere del buon vino stagionato offerto dalla locanda. E i restanti? Beh, erano stati dentro un dungeon buio e schifoso la scorsa settimana, era normale che avessero una fame tremenda. Nessuno sa dirlo con certezza, ma si racconta che quei tre avventuri avessero finito TUTTE le scorte di cibo che aveva la locanda. Direi che erano sazi, su questo non ci piove. Dopo la cena (e dopo aver fatto passare la sbornia all’orco) decisero che era il caso di togliere il disturbo e di andare a nanna. La giornata era stata stancante, e dovevano inseguire uno strano treno che aveva l’abitudine di incendiarsi da solo (ma tanto questa è un’altra storia che a voi non fregherà assolutamente nulla). Proprio per questo, era importante avere più energie possibili. Ma… durante la notte… iniziò l’incubo Tutto d’un tratto Apotsys iniziò a notare qualcosa di strano, nel suo letto. Per prima cosa sentì un urlo agghiacciante che proveniva da una stanza vicino (diceva “Aaargh! Squash! Crunch! Blerp! EEEk!” o una cosa del genere) e notò che le lenzuola erano bagnate. Come giusto che sia, si spaventò. -Ma cacchio!- Disse fra se e se -… Non dirmi che mi sono pisciata sotto per la terza volta di fila! Uffa, questa non ci voleva! Adesso dovrò andare dal locandiere a chiedere delle altre lenzuola e lavare queste qua. Uff… Stanotte non dormirò… e la mia dignità calerà a picco…- Con poca voglia, decise di alzarsi. Prese la lanterna (anche se non ne aveva bisogno grazie alla sua vista elfica… Ma non ci fece caso) e la accese. -Ehi, Alatedztera- disse alla sua compagna di stanza -Guarda che me la sono fatta addosso (all’età di 137 anni e passa…). Vado a chiedere un paio di lenzuola nuove. Puoi aiutarmi, domani, per rifare il letto?- -…- -Ehm… tutto okay? Dai, lo sappiamo ambedue che hai il sonno leggero quanto il nostro orco! Un attimo… forse non è il paragone migliore…- -…- -Cucù? Mi sent_ AH!- Ciò che vide, fu agghiacciante. L’elfa ladra-bardo, che stava vicino al suo letto aveva lo stomaco… come dire… beh… era letteralmente aperto e si potevano vedere tutti gli organi interni. L’unica cosa che era possibile vedere di vivo, oltre ad Apotsys, era un verme grande quanto una pantegana che si stava cibando della carcassa. Come se non bastasse, inoltre, ciò che aveva sentito di bagnato era… Sangue! Ma sangue fresco, quello vero! Non quello che i ragazzi fanno in cucina usando robe come aceto, pomodori, maionese o Ketchup (aspetta… non è la ricetta per la salsa ro_… Vabbé, lasciamo perdere)… era SANGUE PURO! Con un urlo carico di disperazione, cercò la sua spada ed infilzò il verme. Una volta fatto questo, nel pieno del terrore, prese tutto il suo armamentario rimanente (equivalente ad una pozione piccola ed un foglio che recita “scemo chi legge”) e corse verso i suoi tre compagni maschi, che stavano dormendo nella stanza accanto. Provò ad entrare… ma al porta era bloccata. -Ovvio… quando hai bisogno di un maschio non c’è MAI!- urlò lei -Ma andate a quel paese voi e la locanda. È il momento di spaccare tutto!!!!- Colpì la porta con la spada una ventina di volte e poi la spaccò del tutto con una testata. Ad essere sinceri, però, era stata meno veloce del suo collega Rungurus… però lei ci aveva messo più stile… su questo siamo tutti d’accordo. La scena che vide era la stessa. Nessun compagno era rimasto sopravvissuto. Al loro posto, c’erano tre vermi che si stavano cibando delle carcasse. -IIiih! Che shifezza!- urlò la ranger mentre scuoteva la spada, cercando di colpire qualche vermiciattolo (tanto, colpendo a caso, almeno un verme verrà ucciso, no?) quando… ad un tratto… la ranger si svegliò. Poi, sentì un urlo agghiacciante che proveniva da una stanza vicino “Aaargh! Squash! Crunch! Blerp! EEEk!” E notò che le lenzuola erano bagnate. Il suo fiato si bloccò. Lanciò via le coperte e prese la sua spadona per tenere le distanze dal letto. C’era la sua compagna di squadra lì, che ronfava beatamente. Ma allora… Di cosa erano bagnate le lenzuola? … … Si… Lo avete capito. …Tornando a noi, la nostra cara elfa piccina picciò con le orecchie a punta si lanciò verso l’elfa ladra-bardo ed iniziò a scuoterla con la grazia di un elefante imbizzarrito. Lei, ovviamente, si svegliò di colpo. -E che cacchio! Che sta accadendo? Siamo morti, ci stano maciullando? Ci hanno trasformati in biscottini? Oh mamma mia sarebbe veramente il peggior incantesimo mai ideato sulla Terra…- -Se non mi ascolti faremo una fine terribile- rispose Apotsys, raccontandole tutto ciò che aveva vissuto poco fa. Ipotizzando che era una visione, sentirono bussare la porta. Erano i loro compagni di squadra, svegli a causa delle urla. L’orco, inoltre, era ancora un po’ sonnecchiato e stava tenendo in mano il suo peluche a forma di ciuconiglio. -Uff… volevo dormire ancora un po’ col mio CARISSIMO CIUCONIGLIO!- -Pazienta, Rungurus. Dobbiamo prima capire che fare, ora- -Fratellino… perché mi guardi così…?- -Ho sentito cosa stavate dicendo, prima. Sai che ho un udito finissimo, io!- -Eheheheheh… però non hai le orecchie a punta come le mie. Non puoi aver sentito TUTTO quello che ho detto- -Ehm… Libber… le orecchie non c’entrano nulla…- bisbigliò Oross al compagno -No no no, è un valido motivo. Okay, hai beccato il mio bluff. Spiegaci che è successo- -Ma non avevi detto ch_- -Rungurus SMETTILA SUBITO!- -E io che c’entro, scusa? Non ho nemmeno parlato!- -C’entri sempre, in qualsiasi cosa!- -beh, non hai tutti i torti…- -Apotsys… te lo dicevo che dovevamo abbandonarli nella foresta acdia- disse l’elfa ladra -Hey! È mio fratello! Non ti permetto di trattarlo così- -Giusto… tuo fratello potevamo abbandonarlo nel villaggio dei Ghoul- -… Cerchiamo di ritornare in noi stessi, forza!- Era sempre così. Prima di fare un discorso serio, dovevano dire un paio di stupidaggini. Hey, io vi avevo avvertito che erano una combriccola di idioti! Dopo un veloce riassunto sui fatti appena accaduti i nostri cinque eroi si prepararono ad esplorare la locanda, sperando di capirci qualcosa. Gli unici dati che avevano ottenuto erano i seguenti: La locanda era letteralmente rovinata: i muri cadevano come lacrime ed il pavimento cigolava Non c’era alcuna via di uscita. Porte, finestre… Tutto bloccato! Il nostro guerriero provò anche ad abbattere le mura con la sua ascia da combattimento… Ma ogni attacco rimbalzava via. Erano in trappola! -Beh, non rimane altro che andare a sentire cosa è successo dal tizio che ha urlato- disse il nano “di sicuro starà benissimo…- -Frena… Tu vuoi andare a vedere cosa è successo a quel tizio dopo che la nostra ranger di fiducia ci ha detto la sua visione?… Per me va benissimo. Chi è con noi?- Di malavoglia, i restanti acconsentirono ed andarono verso la stanza da cui proveniva l’urlo. Una volta arrivati, iniziarono a sentire un rumore strano… *plic* *plic* *plic* *plic* *plic* *plic* Controllarono i loro scarponi (rovinati, si, e probabilmente da buttare… Ma pur sempre in grado di proeggere i loro piedi puzzolenti) e notarono per terra un liquame rosso acceso. Era sangue, non c’era altra spiegazione- -Ehm… Chi apre?- Disse intimorita Alatedztera -Uff… Ci penso io… come sempre!- Urlò l’orco facendo roteare la sua super ascia -Ma la scorsa volta ho perso i miei bracciali, nel fare una cosa del genere. Se perdo anche solo un capello ti denuncio!- -Fai pure. Tanto non sai come fare e sei pure pelato- -Giusto… Vado!- Si spostarono tutti e l’orco, bussando, spaccò la porta in sette parti. Molto figo e forte, questo è vero… ma non è questo, il punto. L’apertura formatasi trascinò con sé un mare di sangue. E non è un gioco di parole, davvero! C’era un MARE di sangue, cavolo! Quella quantità poteva tranquillamente sfamare una decina di vampiri di nobiltà leggermente elevata. Grazie alle resistenti armature dei nostri eroi, che li rendevano così pesanti che in mare aperto potevano affogare con la stessa grazia di un Titanic, riuscirono ad evitare di essere trascinati dal mare di sangue. La stanza, all’interno, era sporca di sangue (beh, se conteneva tutto quel sangue, era decisamente normale) ed in mezzo c’era un tizio. Il problema? Era impiccato ed aveva un enorme buco al cuore! Probabilmente qualcuno potrebbe chiedersi come cappero fosse possibile che ci fosse tutto quel sangue in una stanza dove il morto è… ehm… uno. Per qualche oscura ragione, anche i nostri giovanotti fecero tra loro la stessa domanda mentre si avvicinavano guardinghi al tizio. Poi, tutto d’un colpo, quel corpo ormai esanime iniziò a muoversi in maniera innaturale, Dal suo petto sbucarono fuori un paio di vermi grossi quanto dei topi. “Io punto a quello a sinistra!” Urlò il chierico “Voi due! Attaccate quello a sinistra!” Ed indicò il barbaro e il ranger “Tu, inizia a cantare!” Indicando il bardo. -Frena… attacchiamo a sinistra…- -Si, sorellina. Io attaccherò a sinistra. Muoviti!- -e il tipo di destra…?- -Gryoooo *Non lo so, ma decidetevi in fretta. Devo fare delle commissioni, oggi*- -Libber… Guarda che ha detto che tua sorella ha le ascelle che puzzano- disse Rungurus, fingendo di sapere il vermese -COME HAI POTUTO, VERME, DIRE UNA COSA DEL GENERE? A mia sorella puzzano solo le orecchie!- -Goyoyoyoyoy *no, frena. C’è qualcosa che non va… il tuo amico ha tradotto male le mie parole. Ho usato cinque o, non 34*- -Per il potere conferitomi da Lady Lunair… RAVENSURGEEEERRRR- -Gyooooooooo!- *Splat* -… Muoviamoci! Oross, dimmi se puoi fare qualcosa, ora!- -Uhm… Dovrei controllare..- -L’importante è che ci copri!- Ed iniziò la lotta. Morsi da una parte, canti dall’altra, mazzate dall’altra tanto potenti quanto capaci di fare uno stupefacente fuoricampo… E insomma, lemme lemme i vermi interessati vengono uccisi, spiedinati, cotti e frullati. Tutto ciò continuò a ripetersi con tutte le stanze… Tranne una… Rimaneva solo una stanza da controllare, ormai. L’orco, con tutta la delicatezza di cui è capace, sfracellò la porta usando il pelo della sua barba nero corvino. poi, entrò. La stanza non era piena di vermi, e ciò lo stupì molto… in questo modo non poteva divertirsi e spaccare qualche vertebra a qualche essere vivente. Al suo posto, c’era un necromante morto. Ai piedi di quest’ultimo, inoltre, si trovava un marchingegno. Incuriositi, i nostri eroi si avvicinarono. L’oggetto in questione aveva una forma cubica. Toccandola, si sentiva uno strano dolore di bruciatura (anche se l’oggetto non era infuocato…) e si poteva notare la presenza di quattro fori, sparsi per tutto il cubo. I nostri impavidi furboni, che forse non sono così stupidi come fanno credere, immaginarono che dovevano probabilmente trovare quattro oggetti, inserirli nei rispettivi fori e vedere cosa poteva accadere succede. Mentre si facevano tutte queste domande, notarono una porta in quella stanza, che li conduceva dalla schiava del locandiere: Osha. In quel momento, mentre i nostri giovanotti stavano oltrepassando la porta accuratamente devastata, una barriera magica divise i membri. Le due elfe e l’orco rimasero fuori, mentre gli altri due si trovarono dentro la nuova stanza, incapaci di aiutare i loro amici. Chi era rimasto fuori vide una cosa abbastanza disgustosa: un verme grosso con la faccia da umano dentro la sua bocca si stava preparando ad attaccare i nostri eroi. La creatura si rivelò, però più debole di quanto potesse sembrare: dopo qualche asciata cadde per terra, morto. Rungurus non perse l’occasione ed inventò un nuovo tipo di Sushi con i resti del verme -Provateli, amicccci! Son gustosi!- disse l’orco, festoso del risultato -Naaah, non li voglio… Piuttosto, voi due… Perché cappero state giocando a carte?- Effettivamente l’elfo e il nano, mentre gli altri compagni stavano rischiando la pelle, si stavano divertendo a giocare a carte -Non vorrei dirvelo- disse l’elfa ladra ai suoi compagni, tutta rossa per la rabbia -Ma mentre voi stavate tergiversando noi potevamo morire!- -Stia tranquilla- disse il chierico -Tanto lo sapevamo che nessuno di voi sarebbe morto… Aspetta… Oross…?- disse al suo compagno mago, preparandosi a porre una domanda -Ma queste non sono mica le carte che, una volta tirate fuori dalla saccoccia, esplodono?- -Beh, potrebbe essere probabile, amico chierico…- -Ah, okay… Aspetta… Stai dicendo che_- *BOOOOM* -… Si… Direi che erano queste…- Rispose Libber, tutto nero a causa dell’esplosivo -Beh, amico… Però hanno funzionato- -In effetti hai ragione- Dopo essersi ripresi,notarono che nella nuova zona c’era una signora. Era Osha, la serva del locandiere, come abbiamo già detto… Ma era in un completo stato di trance. La ranger, si avvicinò a lei -Ciao! Sono un elfo! Vedi? Ho le orecchie a punta- Osha non rispose I maschi del gruppo, invece, provarono a scuoterla da tutte le parti come se fosse un barattolo di salse da cui ormai non usciva nulla… Ma niente da fare… Nemmeno stavolta… La ladra-barda dimostrò di essere la più intelligente del gruppo, iniziò a chiederle cosa ci faceva lì e come potevano salvarsi. Osha rispose che i nostri eroi si trovavano in una maledizione creata da lei a causa di varie peripezie e decise di aiutarli per scappare. In cambio, una volta usciti, avrebbero dovuto scavare una tomba per lei, per dimostrare che aveva lasciato un segno, seppur piccolo, in questo mondo. I 5 giovanotti accettarono e trovano un altro medaglione addosso a lei. Da notare che era simile a quello che avevano trovato prima sul verme. Perfetto. Meno due, direte voi… e gli altri? Dove saranno…? Cammina cammina, i nostri eroi si ritrovarono nella cantina. Era piena zeppa di pezzi di cadaveri, che galleggiavano su un liquame verdognolo. Questo fatto, seppur altamente disgustoso, non era il problema maggiore. Dall’altra parte, infatti, c’erano due creature abominevoli. Uno era simile ad un rinoceronte; l’altro, invece, sembrava composto da pura oscurità.. -Perfetto!- Disse la ladra, bisbigliando -Sono girati di spalle. Possiamo fare un attacco a sorpresa… Rungurus! Che cos’hai, adesso?- -Sinceramente, ho un po’ di mal di pancia… Tu?- -Anche io.. Ma cos_- *Splat!* … La ladra e l’orco esplosero in mille pezzi come un fuoco artificiale. Gli altri tre eroi rimasero sbalorditi e terrorizzati dall’evento. Questo evento scatenò un piccolo, minuscolo problema… I due tizi si erano girati… E si stavano preparando a combattere! -Oross! Hai già un’idea su cosa fare?- domandò la ranger, tirando fuori la sua spadona -Uhm… Dovrei controllare se ho abbastanza materiali per usare la magia “Aurora”…- -Nel mentre, noi due andiamo a picchiare!- urlò il chierico -Addos_- *Sdong!* -Ahia! Mi hai fatto male!- urlò l’elfa, che aveva subito il colpo della mazza del chierico -Eh, succede… Sai com’è… Il sapone…- -Ma che vai a dire, ora! Guarda… lasciamo stare che è meglio… All’attacco!- Insomma, ancora mazzate da una parte, fiamme dall’altra e frecce dall’altra ancora. -Mago! Hai finito di controllare l’inventario?- disse Libber, che stava cercando di bloccare il rinoceronte -Qui ci fanno fuori, tra non molto! .Uhm… Non ho questo materiale… Forse posso lanciare una colonna di fuoco… Però non ho la cenere di una fenice per farlo..- -Sbrigati!- -Forse ho un dardo… Bah, lancio un dardo Magikkko!- e, in men che non si dica, partì un fascio di luce che divise letteralmente il rinoceronte. La ranger, invece, non era messa benissimo. Stava rischiando la pellaccia contro la creatura oscura. Quest’ultima si stava divertendo a sparare dardi negativi contro la nostra povera elfa dalle orecchie a punta. “Qualcuno mi aiuti, per favore!” urlò, spaventata Si avvicinò il chierico e, dopo aver benedetto la sua arma con il potere di Lunair, provocò il mostro, attirando l’attenzione. -Per il potere conferitomi da Lunair, dea della luna e dei chierici con i piedi piatti e lunghi… io ti colpisco. Raaavvvveeeeennnssbuuuuuuurggggggeeeeeee_- *SDONG!* Il chierico era così determinato che finì per colpirsi da solo. Che gran burlone. Peccato che il nemico stava cercando di farlo a fette. -Forse un altro dardo magico può bastare- disse il mago, lanciando la sua mossa. Il mostro si ritrovò polverizzato… Mentre l’elfo era in fin di vita. -Oh, grazie, socio… Però forse è il caso che mi curi. Ho finito le cure giornaliere, quindi forse se bevo questa pozione rossa mi curo (dato che in quasi tutti gli RPG le pozioni rosse curano)- Poveretto, il chierico… Non sapeva che in quel momento le pozioni erano in grado di fare l’effetto opposto. Risultato? Il chierico morì esplodendo. Eh, la sfortuna. Gioca sempre brutti scherzi, nevvero? I due poveracci, rimasti soli, trovarono gli altri due medaglioni, uno su ciascuna delle creature che avevano appena eliminato. Non avendo altro da fare, scelsero di prendere quei medaglioni, ritirare il marchingegno cubico, inserirci gli oggetti e vedere cosa sarebbe successo. Tanto cosa poteva succedere, di brutto? Al massimo sarebbero morti. Arrivati al marchingegno (che mica se lo son portati dietro, questi furboni) inserirono i quattro medaglioni. Le pareti della stanza iniziarono a restringersi e tutta la locanda venne assorbita dall’oggetto, esseri viventi compresi. Pensavate fosse finita così, vero? Peccato! Non è ancora finita. Si rialzarono dal terreno. Era l’alba, ed erano fuori da una locanda lercia, brutta ed inagibile. L’elfa rimasta in vita, con il suo sistema olfattivo raddoppiato per quattro, era in grado di sentire un odore di schifezza e di antiquariato. C’erano i loro amici, morti ma non sbranati e/o esplosi, ed una piccola tomba vuota. C’erano delle ossa vicino, ma sulla lapide non c’era scritto niente. Usando le armi come pale, decidono di seppellire le ossa e di ricordare Osha nella lapide (sperando che le ossa fossero di Osha…). Come per magia, i loro compagni si risvegliarono -Ohiohiohi… Che mal di testa… Che è successo?- chiese il chierico I due giovanotti non sapevano cosa dire. Scelsero di dire che una serie di sfortunati eventi li aveva portati lì- -Beh- disse l’orco -avanziamo! Eravamo diretti ad Hantaria, se non ricordo male… Ho anche voglia di birra e spezzatino, poi…- E fu così che il gruppo composto da idioti di prima classe avanzò per la propria strada, ma questa… è un’altra storia… Link al commento Condividi su altre piattaforme Più opzioni di condivisione...
Sapphire Inviato 20 aprile, 2017 Condividi Inviato 20 aprile, 2017 Nickname: Sapphire Team d'appartenenza: Acqua Titolo: H17 Racconto: Spoiler Clank. Sbuffo. Clank. E poi ancora. Sbuffo. Clank. Sbuffo. È come un circolo che non si interrompe mai. Il rumore del metallo, lo sbuffo di vapore, gli ingranaggi che si sfregano tra loro, un altro sbuffo di vapore. Clank è il primo rumore che sento la mattina quando mi sveglio, l’ultimo prima di chiudere gli occhi, il rumore che mi accompagna nel sonno e nel lavoro. Così continuo, così perennemente presente, che alla fine mi trovo ad ignorarlo... o forse, in qualche modo, ha iniziato a fare parte di me. Anche ora, mentre sono china a lavorare, quel clank rimbomba nelle mie orecchie e allo stesso tempo non lo sento. Clank. Sbuffo. Clank. In un certo senso, mi piace. Quel continuo rumore metallico che ci dona una sorta di ritmo nel lavoro, un lavoro per me ormai infinito. “Benvenuto su H17, settore riparazioni” La voce metallica rimbombava nella piccola zona di imbarco perennemente affollata. Era da molto che non venivo qui, direi da quando ancora ci lavoravo. H17, per chi non lo sapesse, è una piccola stazione di riparazione del grande complesso H, in sostanza una parte del settore industrie della Città Volante. La Città Volante... pochi sanno come siamo finiti a vivere quassù, e soprattutto come facciamo, effettivamente, a starci. Sostanzialmente, siamo quelli che i nostri “colleghi terrestri” definiscono i coloni del cielo. Un nome decisamente figo, diciamolo. Inizialmente eravamo pochi, e abitavamo tutti nel Nucleo... oh, il Nucleo. Il Nucleo è quello che si potrebbe definire il cuore pulsante della Città Volante, un enorme –concedetemi la citazione- castello nel cielo. Oppure una sorta di capitale, ecco. Una meraviglia della meccanica, il Nucleo si tiene sospeso grazie ad un numero infinito di eliche azionate da motori a vapore incredibili... è un vero gioiello dell’inventiva umana. Dispone di ogni cosa: edifici domestici e a uso commerciale, strade, scale, ascensori, orti, osservatori... e ovviamente un sistema di autodifesa impressione, il modulo AK12, dotato di centinaia di cannoni dalla potenza micidiale. Da questa incredibile costruzione, i primi coloni del cielo hanno iniziato a progettare altri gruppi di piccole costruzioni volanti dalle più svariate funzioni: il primo fu il complesso A, formato unicamente da orti dalle diverse dimensioni. Poi venne il turno del complesso B, dedicato all’allevamento, di cui fa parte la sezione B-1, costituita da una decina di vasche artificiali nelle quali crescono centinaia di diverse specie di pesci. Da lì in poi continuarono ad estendersi costruendo sempre più complessi dalle varie funzioni... fino a quello in cui sono nata io, l’H. Ma forse sarebbe più interessante sapere come siamo finiti a vivere tra le nuvole su giganteschi mostri formati da ingranaggi e vapore. Ebbene, inizialmente si trattava solo di presunzione umana. L’uomo aveva deciso che, come aveva attraversato i mari per scoprire le Americhe, avrebbe potuto anche attraversare i cieli per colonizzarli. Questo aveva provocato parecchi movimenti di opposizione e anche una guerra per impedire che il governo mondiale attuasse tale idea, ma alla fine il progetto Città Volante era partito ugualmente, ignorando le proteste di migliaia di persone. Quando finalmente il Nucleo si era alzato in volo, venne naturale creare una linea di treni che ne collegasse le varie zone. Fu tale rete, probabilmente, a dare l’idea di espandere la Città Volante con i vari complessi... Ritornai improvvisamente alla realtà, nella zona di imbarco. “Benvenuto su H17, settore riparazioni” La voce metallica mi salutò per la ventesima volta mentre venivo spintonata dalle persone che si muovevano velocemente per raggiungere il treno sospeso. Ero abbastanza piccola e l’enorme tracolla che stavo portando con me mi faceva sbilanciare facilmente. Ripresi quindi a camminare con i miei pesanti stivali rinforzati. L’ultima volta che ero stata su H17 non le avevo neppure le scarpe. Ero una bambina senza un nome, lasciata lì da due genitori che non volevano tenere l’ennesima figlia, che si era trovata a lavorare riparando meccanismi di armi e macchinari vari. Poi avevo iniziato a sognare di andarmene e avevo preso a costruire un equipaggiamento per il mondo esterno, fino a trovare il momento buono per scappare. Era stato facile alla fine: ero uscita dall’officina come se niente fosse tenendo tutto nella tracolla. E poi avevo iniziato a correre, ampie falcate verso la libertà rappresentata dall’imbarco. Erano solo ricordi confusi. E ora ero di nuovo lì, ma questa volta come cliente. Andai avanti per la mia strada, immergendomi nuovamente nel ritmo degli ingranaggi. Clank. Sbuffo. Clank. Da quanto non sentivo quei rumori caratteristici. Nella maggior parte degli altri complessi erano stati insonorizzati attraverso rivestimenti speciali, ma nell’H no. E ritrovarsi di nuovo lì, con quel ritmo familiare, era strano. L’intensità aumentava sempre di più, sempre di più, mentre mi portavo verso il centro del’H17: l’officina. Il ritmo cresceva, più violento. CLANK. Sbuffo. CLANK. E poi ancora, ancora. CLANK. CLANK. CLANK. Eccola, la porta dell’officina, me la ricordo. CLANK. CLANK. CLANK. CLANK. La riconosco, anche lei è totalmente circondata da ingranaggi. CLANK. CLANK. CLANK. CLANK. CLANK. CLANK. Silenzio. Per un attimo tutto si fermò, smisi di sentire il rumore quasi molesto dei meccanismi mentre venivo avvolta da un’aura di familiarità. Non amavo quel posto, l’avevo sempre considerato una sorta di prigione quando ero più piccola. Ma, chissà perché, quel luogo ora mi trasmetteva una sicurezza incredibile. Casa. Fu questione di un attimo, poi il tempo riprese a scorrere. Clank. Sbuffo. Clank. Sospirai, tranquillizzando il battito violento del mio cuore, il cui ritmo ormai era una cosa unica con quello degli ingranaggi. Tump. Clank. Sbuffo. Tump. Clank. Sbuffo. Superai gli ultimi metri che mi separavano dall’officina, quindi appoggiai la mano avvolta nel grosso guanto di cuoio sulla maniglia della porta. Poi tirai. Ricordavo quella luce aranciata, quell’odore di fumo misto a olio, quel rumore violento. Mi sistemai un’ultima volta la tracolla, strinsi la bandana intorno alla testa ed entrai, venendo avvolta da quell’ondata di familiarità. <<Salve>> salutai con voce incredibilmente bassa. La sicurezza stava scemando velocemente mentre mi rendevo conto di quanto quel posto mi mettesse a disagio. L’ambiente in cui venivano accolti i clienti era relativamente piccolo: il bancone occupava quasi tutto lo spazio, mentre alle pareti erano appese numerose mensole sulle quali erano state appoggiate armi e meccanismi di ogni tipo. La luce aranciata era data da qualche lampadina appesa qua e là sul soffitto, sempre un po’ pericolanti. Alla fine, non era cambiato nulla. <<Oh, chi si rivede>> Saltai via non appena sentii quella voce profonda e burbera provenire dalla tendina dietro il bancone, che si scostò per far passare un grosso uomo che si andò ad appoggiare con pesantezza al bancone. Il volto, sporco, rude e squadrato, era abbronzato e solcato da qualche cicatrice bianca mentre gli occhi azzurri erano sfiorati dalla bandana nera che copriva la testa pelata. <<Oh... da quanto tempo... sì>> risposi, incerta. Quell’uomo era il proprietario dell’officina, la persona per cui avevo lavorato per anni prima di fuggire. Mi aspettavo di trovarlo, ma non ero effettivamente pronta all’incontro. <<La piccola fuggitiva>> ringhiò <<Suppongo che tu non sia tornata qui per lavorare>> <<No, spiacente. Sono qui per una riparazione>> risposi, cercando di prendere più decisione. L’uomo gettò un’occhiata alla mia grossa tracolla, quindi annuii, aprendola e svuotandone il contenuto sul bancone: due enormi guanti in cuoio con rifiniture metalliche rotolarono sotto gli occhi perplessi del proprietario dell’officina. <<Ti sei data ai combattimenti dopo la fuga?>> domandò borbottando, sorpreso. <<Non esattamente... immagino lei abbia sentito parlare degli ultimi problemi che ci sono stati su D15>> risposi, seria, giocherellando con una treccia ramata. Tutti ormai sapevano di quello che era successo su D15, una delle maggiori stazioni abitate della Città Volante, quasi un mese prima. Come era facile da immaginare, delle persone si erano rivoltate al sistema governativo che centralizzava tutto sul Nucleo e usava gli altri complessi –e di conseguenza chi ci abitava- come semplici mezzi per espandersi. Un chiaro esempio era sicuramente l’H: contava pochissime abitazioni rispetto alle officine e alle fabbriche e le condizioni di vita degli operai erano decisamente pessime. Anche io, fino a qualche anno prima, vivevo in una piccola stanza sopra l’officina insieme ad altri ragazzini e bambini lasciati lì dai genitori, privi di un’effettiva infanzia. Era vero. Per quanto ammirassi la Città Volante in tutto il suo splendore meccanico, dal punto di vista umano era un vero disastro: solo gli abitanti del Nucleo vivevano davvero. Ovviamente, anche io mi ero unita al movimento di protesta: quello significava però combattere. Mi ero fabbricata così quei guanti sfruttando le mie conoscenze di meccanica: oltre ad essere rinforzati il giusto per poter essere usati come tirapugni, erano dotati di spuntoni metallici che potevano essere sparati in caso di necessità e di cui tenevo sempre un po’ di ricambi dietro, anche se era raro che li usassi effettivamente. Insomma, erano il mio capolavoro... capolavoro che si era danneggiato pesantemente durante l’ultimo scontro. <<Tutti sanno quello che sta succedendo su D15. Quindi sei coinvolta anche tu ora?>> fece lui, passandosi tra le mani i guanti. Io annuii, osservandolo. Il suo sguardo sembrava lasciar trasparire stupore mentre analizzava il mio lavoro. Sembrava di essere tornati a qualche anno prima. <<È un peccato che tu non lavori più qui. Sei migliorata davvero parecchio... anche quella roba che hai addosso l’hai fatta tu?>> Mi guardai istintivamente: avevo ancora indosso quelli che usavo come abiti da combattimento, una sorta di salopette e dei guanti leggeri fatti degli stessi materiali delle mie armi e degli stivali pesanti e alti. <<Sì, fanno parte del mio equipaggiamento>> risposi dopo qualche secondo. <<Capisco... dimmi, perché sei venuta qui a far riparare questi aggeggi? Non sei capace da sola?>> domandò poi, recuperando il tono brusco. Deglutii per un secondo, poi risposi: <<Non ho gli strumenti necessari, iniziai a lavorarci quando ancora stavo qui>> Il viso dell’uomo fu immediatamente coperto da un’ombra scura:<<Hai usato le mie cose per tuoi scopi, dunque, oltre ad essere fuggita?>> Mi sembrò di sprofondare mentre mi facevo ancora più piccola di quanto non fossi, stringendomi alla tracolla vuota. <<Su, su, non ha più importanza ora>> si intromise una terza voce, squillante ed estremamente familiare <<La nostra fuggitiva è tornata!>> La tendina dietro il vecchio proprietario si scostò appena per lasciar passare una ragazzina con una marea di capelli rosa acceso che cadevano disordinatamente sulle spalle ossute. Gli occhi erano grandissimi e azzurri come quelli del vecchio proprietario e la pelle era rosata con due piccole labbra pesca. Indossava un paio di pantaloncini gonfi di stoffa rosa che terminavano con una fascia di cuoio che li teneva aderenti alla fine e un gilet dello stesso materiale. L’uomo di voltò verso di lei con leggero disappunto mentre lei si tuffava con violenza sul bancone, appoggiando con forza le mani su di esso e tendendosi verso di me sostenendosi con un solo piede e lasciando che l’altro si agitasse per aria mettendo in mostra degli stivali con un tacco sproporzionato per una ragazza della sua età. Rimasi paralizzata mentre mi osservava con i suoi grandi occhi azzurri e dalle lunghe ciglia. Rimanemmo in quella posizione per qualche secondo, quindi lei si scostò da me con un piccolo saltello: <<Sì, non ci sono dubbi, è proprio la nostra piccola fuggitiva!>> esclamò, schiaffandosi un po’ le guance tonde <<Hai visto papà? È tornata!>> L’uomo sospirò, affranto:<<Non sei molto diversa da lei, anche tu sei scappata>> La ragazza sbattette le palpebre un paio di volte:<<Mi pare ovvio, non è posto per una ragazza un’officina!>> esclamò, per poi voltarsi di scatto verso di me indicandomi <<Però vengo a trovarti, proprio come fa...>> Si paralizzò per un secondo, incerta:<<Proprio come fa... ehm...>> Calò un silenzio imbarazzante mentre lei arrossiva violentemente senza smettere di indicarmi. <<Ehm...>> <<Ti sei trovata un nome dopo che sei andata via da qui?>> domandò il padre di lei, serio. Sorrisi debolmente, grattandomi una guancia con imbarazzo:<<No, non ho un nome>> L’altra ragazza spalancò la bocca, stupita, come se si fosse liberata dalla paralisi: <<Coooome? Come sarebbe a dire che non hai un nome? Solo i ragazzi che vengono abbandonati dai genitori nelle fabbriche e nelle officine non hanno un nome! Avresti dovuto trovarti un nome una volta uscita da qui!>> Aveva ragione in effetti. Non lo avevo avuto per tanti anni quando lavoravo in officina come semplice manodopera. Per lei era diverso, lì ci viveva e basta perché c’era il padre e un nome lo aveva. Allora perché io non me ne ero trovata uno quando ero uscita da lì? <<Lo so... ma credo di non averci mai pensato in effetti>> sorrisi <<Ero abituata così>> <<Non sei più vincolata da questo posto>> fece l’uomo, serio <<Un nome ti serve. Come hai vissuto fino ad ora?>> <<Non ci credo>> sussurrò la figlia <<Dovresti trovarti un bel nome, proprio come il mio!>> <<Lo so, ma...>> provai a dire, ma lei scavalcò con un salto il bancone e tappò la bocca con un gran sorriso:<<Se lo sai, allora trovane uno! Ti posso anche aiutare mentre papà ti aggiusta quei bei guanti! Ti ci vuole un nome figo come il mio, Kim!>> <<Credo che un nome qualsiasi andrebbe bene>> sorrisi <<Ma in realtà preferirei dare una mano con i guanti, ho dei compagni che mi aspettano su D15>> La faccia di Kim divenne improvvisamente seria, quindi si staccò da me e annuì:<<Anche io voglio andare su D15>> Il padre sgranò gli occhi:<<N-non puoi andare... è pericoloso laggiù, rischi... rischi di...>> <<Era già nei miei programmi. Sono venuta a salutare per questo>> rispose lei, voltandosi a guardarlo con sguardo incredibilmente serio:<<In cambio di un nome, la piccola fuggitiva mi porterà con lei su D15, vero?>> Il cuore prese a battermi forte mentre gli sguardi di entrambi di poggiavano su di me, sicuri di ricevere l’appoggio:<<Ecco... ti servirebbe un’arma però...>> Gli occhi della ragazza si illuminarono e dilatarono:<<Nessun problema! Te la mostro subito!>> Detto questo, scavalcò nuovamente il bancone con un salto agile e sparì dietro la tendina. L’uomo sospirò, quindi riprese in mano i miei guanti:<<Veniamo a noi... per quando ti servono?>> <<C-come scusi?>> <<Per quando ti servono?>> Rimasi immobile ad osservare i suoi occhi azzurri, così tremendamente seri. <<L-le sta bene il fatto che Kim voglia partire?>> Lui sospirò nuovamente:<<Non posso impedirglielo purtroppo, partirebbe lo stesso. È sempre stata così tremendamente testarda, fin da piccola. E da quando è scappata so che non sarei in grado di trattenerla, mi auguro solo che sia in grado di affrontare i pericoli di D15. Allora, per quando ti servono?>> <<Per... il prima possibile, signore>> sussurrai. <<Domani li avrai come nuovi>> si limitò a dire <<Non ho altro da fare al momento, posso cominciare subito a lavorarci>> <<La ringrazio!>> esclamai, chinando la testa <<Quanto vuole?>> Per un attimo calò il silenzio, quindi rispose:<<Fai sì che a mia figlia non succeda nulla>> Alzai lo sguardo verso di lui, serio come sempre. <<Sarà fatto>> risposi grave <<Starà bene>> A quel punto la tendina si scostò nuovamente e la testa rosa acceso di Kim spuntò fuori:<<Eccomiii!>> Si portò affianco al padre esibendo sul braccio un enorme cannone:<<Cosa sono quelle facce serie? Guardate qui, ecco il mio gioiello!>> Osservai la pesante arma a bocca aperta: il cannone era grosso e ricco di rifiniture e ingranaggi a vista ed era stato dipinto di finto oro per farlo sembrare ancora più vistoso di quanto non fosse già. <<Bello, vero? L’ho fabbricato io mentre aspettavo di partire>> rise, osservando le nostre facce stupite e stendendo il braccio per mostrarlo meglio <<Su D15 dovranno solo temermi!>> Era strano essere tornata su H17, nell’officina, nella mia vecchia casa. Kim era esuberante come al solito, suo padre serio e burbero, e i rumori, gli odori, le luci... chissà come, a distanza di anni, tutto questo mi pareva bello. Una volta arrivata la sera, dopo aver cenato nella dimora dei proprietari e ascoltato il padre di Kim che provava a convincerla a restare, mi ero diretta fuori dall’officina, nell’unica parte di H17 da cui entrava la luce naturale della luna: la cupola di vetro sulla cima, un elemento più o meno grande presente in tutte le stazioni. Per poter respirare davvero l’aria fresca avrei dovuto salire su un treno e approfittare del tragitto tra le varie stazioni o recarmi direttamente sul Nucleo, dove c’erano intere zone scoperchiate. Arrivai in cima alla cupola in pochi minuti: era piccola e deserta, solo una copertura di vetro a un piccolo spazio a cui non avevano neppure coperto tubature e ingranaggi. Mi sedetti in un angolino da dove potevo avere una vista migliore sia della luna che delle altre stazioni, quindi strinsi le ginocchia al petto e appoggiai la testa al vetro freddo. Adoravo passare così il tempo, anche da piccola ogni tanto scappavo per rifugiarmi lì, alla cupola, per guardare la luna. <<È come quando eravamo piccole, tu che scappi a guardare le stelle e io che ti vengo a cercare>> Mi voltai verso la fonte della voce: come immaginavo, Kim era lì, i capelli rosa più sparpagliati del solito, gli occhi azzurri brillanti. <<Sono sempre la stessa, infondo>> risposi sorridendo. La ragazza rispose al sorriso e si accovacciò accanto a me, tranquilla:<<Ti piace davvero il cielo notturno, eh?>> Annuii:<<Amo la luce del giorno, ma la luna ha un fascino tutto suo... mi ricorda tanto la mia infanzia qui>> <<Selene>> sussurrò Kim. <<Cosa?>> <<Selene. Ti piace come nome?>> Non risposi, guardandola negli occhi. Selene... luna. Aveva senso. <<Mi piace>> risposi semplicemente, voltandomi di nuovo verso il cielo. Kim appoggiò la testa alla mia spalla con leggerezza, quindi chiuse gli occhi <<Mi eri mancata... Selene>> <<Anche tu>> feci io, appoggiandomi a mia volta. Era strano prendere un nome così dopo aver passato anni senza. Ora, se qualcuno avesse pronunciato la parola “Selene” io mi sarei dovuta voltare. Avrei detto quella parola per presentarmi, avrei scritto quella parola per firmarmi. Il mio sguardo cadde su D15, ben visibile da quel punto, e mi chiesi se anche in quel momento si stesse combattendo per i nostri diritti. E poi sul Nucleo, che poteva essere visto da qualsiasi cupola: si diceva che i ribelli volessero spostare il conflitto lì per smuovere di più la gente. Forse anche io sarei andata a combattere lì una volta che i miei guanti sarebbero stati pronti. Con Kim e il suo strano cannone. <<Com’è combattere sul serio?>> domandò Kim. Rimasi stupita dalla domanda, ma poi sorrisi e mi voltai verso di lei:<<Strano. Non si può descrivere davvero a parole... Fa paura, c’è sempre il rischio di morire. Ma mette anche molta adrenalina, il rischio ti fa diventare pazzo. E poi rischi di diventare un assassino. Quella è la parte peggiore. Ma finché sai di non essere nel torto vai avanti a combattere per la tua causa, e vuoi vincere non solo per avere salva la vita, ma anche per dare un senso a tutto ciò che sta accadendo>> <<Hai mai ucciso qualcuno sul campo di battaglia?>> <<No, mai. Ma conosco gente... gente che si è trovata costretta a farlo e ora non è più la stessa>> <<Non voglio uccidere nessuno lì>> borbottò Kim, rannicchiandosi. Io sorrisi dolcemente:<<Sarà difficile con quel mostro di cannone che hai>> Lei si tirò su di scatto, gonfiando le guance. Aprì e chiuse la bocca un paio di volte, senza sapere cosa dire, quindi io scoppiai a ridere e dopo qualche secondo rise anche lei. Quella sera, ai clank si unirono le risate di due amiche che si erano ritrovate dopo tanti anni. L’alba arrivò presto. Avevo passato la notte insieme a Kim, dormendo insieme. La sua camera era sotto l’officina ed era piccola ma confortevole. Pur non avendo finestre, infatti, la ragazza aveva reso il tutto più vivace dipingendo le tubature di rosa e oro e aveva cucito personalmente una coperta dalle tinte più svariate per il suo letto incavato nel muro freddo. Quando aprii gli occhi, i primi rumori che sentii furono i soliti clank degli ingranaggi. Era decisamente strano. Rimasi per qualche secondo a fissare il soffitto, quindi mi voltai verso Kim: era adorabile con i capelli rosa aggrovigliati per il sonno. Durante la notte mi doveva avere anche abbracciata, poiché una delle sue braccia sottili era stretta intorno alla mia pancia. Sorrisi e la scostai debolmente, quindi mi alzai e cercai con lo sguardo i miei vestiti: li avevo ammonticchiati in un angolo la sera prima accanto alla scrivania di Kim. Il mio occhio cadde poi sul grande specchio della ragazza: aveva decorato la cornice dipingendola e attaccandoci scarti di materiali. Mi avvicinai ad esso e mi osservai: non avevo l’aspetto di una che combatteva per la libertà. La mia pelle era chiara a causa della scarsissima esposizione al sole, il mio corpo era esile e le mie trecce ramate si erano quasi totalmente sciolte durante la notte. Mi osservai per un secondo gli occhi: normalmente erano nocciola, ma ora erano stati resi opachi dalla stanchezza, la quale si manifestava anche attraverso le occhiaie. <<Ti specchi di prima mattina, eh?>> ridacchiò Kim. Mi sentii avvampare e mi voltai di scatto verso di lei: si era appena tirata su e si stava sfregando ancora un occhio pesto per il sonno, ma rideva. <<B-buongiorno>> balbettai mentre lei si alzava con un salto e veniva accanto a me, facendomi voltare nuovamente verso lo specchio. Rimase ad osservare la nostra immagine riflessa per un po’, concentrata:<<Dovresti tingere i capelli come ho fatto io, ti darebbe più carattere. Ti piace l’azzurro?>> <<Ehm... sì, mi piace, ma...>> <<Perfetto>> rise lei <<Allora alla prima occasione ti regalerò un nuovo aspetto, Selene>> Giusto, Selene. Era il mio nome ora... non mi ci ero ancora abituata. <<Va bene>> sospirai alla fine, rassegnata, mentre gli occhi di lei si illuminavano di gioia. <<Forza allora! Vestiamoci, così possiamo andare a ritirare i tuoi guanti e partire!>> esclamò con un salto. A volte mi veniva spontaneo pensare che Kim fosse così strana da sembrare finta, sembrava un personaggio di un film... ma era vera, accanto a me. <<Sei davvero sicura di voler venire con me laggiù? È davvero pericoloso, tuo padre non vorrebbe che tu partissi... è davvero preoccupato per te, anche se non lo dà a vedere...>> <<Certo che voglio>> mi zittì lei con un sorriso deciso <<Darò movimento alla mia vita>> Mi grattai una guancia, sorridendo. “Come se non fosse già parecchio movimentata di suo” pensai. A quel punto mi decisi a vestirmi e lei fece lo stesso. Mi levai in silenzio la camicia da notte che mi aveva prestato per la notte e indossai i miei soliti abiti di cuoio e metallo, quindi mi rifeci le trecce e sistemai la bandana in testa. <<Sembri una piratessa>> ridacchiò Kim, guardandomi <<Sei così diversa da quando lavoravi qui per papà>> La osservai imbarazzata, quindi recuperai la mia borsa e aprii la porta:<<Andiamo?>> La ragazza annuì con vigore, quindi raccolse lo zaino dentro al quale aveva infilato il cannone e una borsa che avevamo preparato insieme la sera prima, quindi schizzò su per le scale:<<Forza, D15 non aspetta mica noi!>> Sospirai. Come potevo farle capire che non si trattava di un gioco? Chiusi la porta con cura e la seguii. Le scale arrivavano direttamente in officina, dove il proprietario era già preso dai lavori circondato da bambini e ragazzini intenti nelle loro mansioni. Strinsi le labbra e sentii un groppo alla gola mentre osservavo le loro piccole mani correre veloci tra i meccanismi che stavano costruendo o riparando. <<Buongiorno!>> esclamò Kim, agitando una mano <<Siamo in partenza!>> Il padre si girò verso di noi con sguardo serio e triste: era chiaro che non volesse lasciar partire la figlia, ma allo stesso tempo si era rassegnato all’idea. <<Buongiorno>> si limitò a borbottare, quindi si voltò verso di me <<I tuoi guanti sono pronti. Il danno non era molto pesante alla fin fine. Prendili pure>> L’uomo mi indicò con un dito il tavolo dietro di lui: i miei preziosi guanti trionfavano tra una marea di scartoffie e pezzi di ricambio. <<La ringrazio infinitamente>> sussurrai, correndo a prenderli. Li maneggiai per un attimo, quindi provai ad indossarli: erano perfetti, perfino tirati a lucido. Sentii la testa di Kim appoggiarsi sulla mia spalla mentre li infilavo in borsa. <<Wow>> fece, gli occhi che brillavano <<Non vedo l’ora di vederti usarli>> Io sorrisi debolmente, quindi mi guardai intorno mentre la ragazza andava a parlare con il padre: non volevo sentire il loro discorso, mi sarei sentita ancora più in colpa di quanto non fossi già. Intorno a me, decine di bambini più o meno grandi stavano lavorando, anche se alcuni mi osservavano, perplessi. Mi stavo avvicinando a loro per guardare i loro lavori, quando all’improvviso sentii tirarmi per un braccio. Mi voltai immediatamente e notai un bambino con una zazzera bionda e due enormi occhi verdi. Accanto a lui, aggrappata alla sua maglia enorme e lacera, una bimba più piccola con due codini castani e gli occhi identici a quelli del più grande mi stava fissando tenendo una manina stretta al petto. <<Ecco...>> sussurrò il bambino, nervoso. Probabilmente non aveva più di otto anni, e questo mi provocò un nodo alla gola. Sorrisi il più dolcemente possibile e mi chinai appena verso di loro:<<Ciao>> Il bambino si morse il labbro, quindi si voltò verso la bambina per un attimo e tornò a guardarmi:<<Ecco... tu... tu sei la fuggitiva di cui parla spesso la signorina Kim?>> Rimasi sorpresa dalla domanda, quindi gettai un’occhiata nervosa indietro: lei e il padre stavano ancora parlando, lui stava iniziando a scaldarsi. Alla fine sospirai e decisi di rispondere:<<Sì... sì, suppongo di essere io. Mi chiamo Selene>> Era la prima volta che mi presentavo a qualcuno con il mio nuovo nome, e faceva decisamente strano. Mi sarei dovuta abituare presto. Il bambino sgranò gli occhi, sorpreso:<<Hai... hai un nome?>> Mi venne spontaneo sorridere di nuovo: era proprio come me qualche anno prima. <<Sì, ne ho uno... anche se da poco. Quando lavoravo qui non avevo un nome>> risposi con dolcezza. <<E ora... ora vivi lontano da qui?>> domandò la bambina più piccola, stringendosi al maggiore, mentre i suoi grandi occhi verdi mi osservavano con decisione. <<Vivo su D15, lo conoscete?>> <<È dove ci sono tutte quelle persone che combattono?>> domandò il più grande. <<Esatto>> La bambina mi guardò con ancora più insistenza:<<Quindi combatti anche tu?>> <<Oh... sì, combatto anche io>> La conversazione mi stava imbarazzando parecchio, ma da un certo punto di vista mi piaceva parlare con i due bambini: mi ci rivedevo tanto, stare con loro quei pochi attimi mi stava riportando indietro nel tempo. All’improvviso, però, fummo interrotti dalla voce dura del proprietario:<<Ehi voi, tornate al lavoro>> I bambini saltarono via e corsero verso i macchinari, quindi mi voltai verso Kim e il padre: lei sorrideva come sempre, carica, mentre lui mi stava guardando storto. <<Hai intenzione di spiegare a qualcun altro il modo in cui sei scappata?>> borbottò, corrucciato. Il treno lasciò la stazione una decina di minuti dopo. Sebbene entrambe lo avessimo già preso più volte, il momento in cui le rotaie si gettavano nel vuoto verso le altre stazioni era sempre emozionante, sia in senso negativo che positivo. Infatti, per me era abbastanza terrificante. Sebbene su D15 mi trovassi spesso a combattere anche sui tetti delle costruzioni, l’altezza che separava il treno dal suolo mi spaventava a morte, così passavo tutto il tempo seduta durante i miei viaggi. Per Kim, tuttavia, non era lo stesso. Nel momento in cui il treno aveva lasciato la stazione si era subito incollata al finestrino ridendo come una bambina nel pieno dell’entusiasmo. <<Yuhuuu!>> stava gridando in quel momento <<Selene, guarda laggiù! Si vede il Nucleo!>> <<Lo puoi vedere da qualsiasi cupola>> ribattei, secca, mentre lucidavo i guanti. Non che mi servisse –erano stati tirati a nuovo- ma mi piaceva passare il tempo così in treno. <<Uffa, Selene!>> borbottò, voltandosi <<Goditi il viaggio>> <<Vado in treno spesso>> risposi <<E non lo amo particolarmente. Oltretutto non stiamo andando in gita>> Alzai lo sguardo verso di lei, in piedi accanto al finestrino, quindi verso gli altri passeggeri del vagone: molti erano meccanici o operai, ma riuscii a riconoscere anche un paio di ragazzi con cui avevo fatto squadra una volta su D15. Dopo aver osservato anche alcuni uomini ben vestiti –probabilmente qualche imprenditore o grande proprietario che andava a controllare i propri possedimenti- decisi di avvicinarmi ai due ragazzi. <<Ehi, Kim>> <<Mmh?>> <<Laggiù>> indicai distrattamente, sussurrando <<Quei due combattono su D15>> Lo sguardo della ragazza si illuminò:<<Eh? Davvero? Dove, dove?>> <<Calma, non urlare!>> la zittii, agitando le mani davanti al suo volto perplesso. <<Perché?>> domandò, confusa. Riposi con calma i guanti nella tracolla mentre gettavo un occhio ai due ragazzi: uno di loro ci stava osservando, sospettoso. Sospirai, quindi mi alzai e raggiunsi Kim accanto al finestrino, poggiandole una mano sulla spalla:<<Non dare nell’occhio e seguimi>> La ragazza annuì con una faccia quasi seria, poi ci incamminammo verso i due con finto disinteresse. Arrivammo fino alla loro altezza, li osservai per un secondo per accertarmi che fossero quelli che credevo e mi sedetti con leggerezza su un posto difronte al loro, lasciando che Kim facesse lo stesso. I due ragazzi erano molto diversi fra loro. Il primo aveva una strana zazzera bionda tenuta in piedi da chissà quale sostanza e un pizzetto a triangolo sul mento. Uno dei due occhi verdi era coperto da una benda in cuoio, ma ero quasi del tutto sicura che non avesse ferite effettive sotto di essa. I suoi abiti erano stati decorati dal ragazzo con numerose borchie e le dita erano ricoperte da anelli di varie dimensioni. Quello accanto a lui, il ragazzo che prima si era voltato ad osservarci, indossava abiti molto più sobri e coprenti del compagno, il quale indossava un gilet che gli lasciava scoperte le braccia. Aveva occhi scuri e sottili e i capelli bianchi erano pettinati ordinatamente in modo da incorniciare perfettamente il volto pallido e allungato. Ci fu qualche attimo di silenzio, poi il biondo appoggiò i gomiti sulle ginocchia in modo da avvicinarsi a noi. <<Allora>> sussurrò, mentre un largo sorriso si dipingeva sulla sua faccia <<Chi è la tua amica, ragazzina senza nome?>> <<Mi chiamo Kim>> rispose lei al posto mio <<E ora anche lei ha un nome, grazie a me!>> Lui sembrò sorpreso, quindi mi osservò con uno sguardo che avevo sempre trovato profondamente irritante:<<Ah sì? Come ti chiami ora, quindi?>> <<Selene>> risposi seccamente <<Vedo che non sei cambiato per niente, Sam>> Il ragazzo scoppiò a ridere:<<Oh, vedo che ti sei ricordata del mio! Devo aver fatto colpo>> <<Selene è un nome da nobile>> constatò l’altro, ignorando il compagno <<Non è un po’ troppo per te?>> <<L’ho scelto io>> fece Kim, gonfiando le guance <<Non ti piace?>> <<Chi sei tu, piuttosto?>> domandò il ragazzo <<Che ci fai qui?>> <<Sta venendo anche lei su D15>> risposi, abbassando il tono di voce e avvicinandomi <<Voi siete dei veterani rispetto a me, speravo che avreste potuto spiegarle come funziona>> L’albino ci fulminò con lo sguardo:<<Quello che sta succedendo su D15 non è un gioco>> <<Forza, Nick...>> iniziò Sam. <<Nicolas>> lo corresse all’istante il ragazzo. <<...Forza, Nicolas, un aiuto ci può essere utile lì. Ultimamente siamo in crisi, molti si sono ritirati dai combattimenti>> fece, seccato. Quindi si rivolse a me:<<Temevamo che fossi scappata anche tu>> <<Oh, no, dovevo solo far riparare le armi. Perché, che sta succedendo?>> domandai, perplessa. Sam si avvicinò ancora di più a me e Kim, quindi sussurrò:<<La situazione sta peggiorando molto, quei ricconi del Nucleo stanno tirando fuori le armi pesanti per sedare la rivolta. Alcuni dicono che sono disposti anche a far saltare l’intera stazione>> <<Ma è da pazzi!>> feci, sconvolta <<Ci abitano tantissime persone!>> Questa volta fu il turno di Nicolas di avvicinarsi:<<È per questo che vogliamo spostare il combattimento al Nucleo. Ora stiamo tornando su D15 per controllare la situazione. Quando combattiamo noi ci sforziamo di tenerci lontano dalla zona più abitata, ma non possiamo fare miracoli in questo caso>> In quel momento il treno iniziò a rallentare. “H2, zona nord, stazione industriale maggiore” annunciò la voce metallica. <<Ci vorrà ancora tanto a D15, vero?>> sbuffò Kim, agitando i piedi nervosamente. <<È la via più veloce>> rispose Sam <<Questo treno è il meglio che possiamo permetterci>> “Benvenuti su D15, distretto ovest” La stazione dei treni di D15 era molto più grande di quella di H17, ma da giorni ormai non era altrettanto affollata. Ormai la gente veniva di rado su di essa per paura degli ultimi avvenimenti e molte famiglie si erano trasferite sulle stazioni vicine. A parte questo, era sicuramente bellissima. Splendeva di tinte dorate e verdastre e il pavimento era stato tirato a lucido, inoltre non si sentivano i clank che caratterizzavano la mia stazione di origine. Tuttavia, a causa delle poche persone, sembrava più una stazione fantasma. <<Non sono mai stata qui>> osservò Kim, camminando stretta accanto a me. Quando c’era poca gente diventava stranamente molto più timida e affettuosa, anche se ancora non mi spiegavo il collegamento. Sam camminava davanti a noi con ampie falcate tenendo il suo pesante martello da combattimento su una spalla. <<Non dovresti tenerlo nascosto per ora?>> sussurrai, inquieta. <<Ormai si sa che combatte qui>> rispose freddamente Nicolas <<E non possono arrestarti finché non attacchi il pubblico ufficiale, alla fin fine non è necessario il porto d’armi fuori dal Nucleo. Gli occhi di Kim si illuminarono improvvisamente:<<Quindi posso tirare fuori il mio cannone?>> <<Cannone?>> fece Sam, voltandosi senza smettere di camminare. <<Kim è una meccanica come me>> spiegai <<E si è costruita un cannone da braccio>> <<Figo! Non vedo l’ora di vederti in azione!>> esclamò il biondo, entusiasta <<Vedete di fare squadra con noi allora, ci divertiremo>> Nicolas sospirò mentre accarezzava distrattamente le due lunghe spade che teneva nei foderi lungo le gambe:<<Non è un gioco, Sam. È praticamente guerra>> <<Oh, dai>> rise il compagno <<Perché non fai vedere alla nuova arrivata le tue armi?>> quindi si rivolse a Kim, voltato verso di noi <<Sono una figata, ha unito alle sue spade due canne di fucile, dovresti vederlo in azione>> La ragazzina dai capelli rosa iniziò a battere le mani, contenta:<<Non vedo l’ora, sì!>> <<Kim, non scherzare>> borbottai. Ormai, camminando, avevamo lasciato la stazione e le pareti verdi e oro avevano fatto spazio ad un’enorme costruzione metallica all’interno della quale si snodavano vie che circondavano piccole case quadrate. <<Questa è la zona residenziale di D15>> spiegai velocemente a Kim <<In altre parole, il nostro campo di battaglia, anche se preferiamo non coinvolgere chi non ha niente a che fare con questo conflitto>> <<Muoviamoci>> fece Nicolas, sbrigativo <<Ci aspettano al quartier generale>> <<Abbiamo un quartier generale?>> domandò la rosa, colpita <<Ooh, è anche meglio di quanto pensassi!>> In quel momento, tuttavia, il tempo parve fermarsi. Quei pochi rumori che c’erano sparirono in un silenzio surreale. Poi, un fischio lontano, quasi impercettibile. Sentivo le orecchie tappate mentre le mani forti di Sam afferravano me e Kim per buttarci dietro a un muretto, mentre Nicolas estraeva le sue spade-fucili e si appostava affianco a noi, mentre il fischio sembrava sempre più vicino. Poi i secondi ripresero a scorrere normali, e nel tempo di indossare velocemente i guanti le mie orecchie urlarono per l’esplosione lontana ma potente mentre le grida della gente si sollevavano. <<STANNO ATTACCANDO>> gridò Nicolas, scattando fuori dal nascondiglio con le spade in pugno e correndo veloce verso il punto dell’esplosione: le case bruciavano e fumavano, era impressionante. Saltai fuori anche io mentre finivo di allacciarmi i guanti e lo seguii mentre sentivo Kim e Sam fare lo stesso dietro di me. Poi, qualcos’altro accadde. Sembrava che l’intera D15 si stesse lentamente inclinando. In un attimo le urla aumentarono e le poche persone che ancora vivevano lì si riversarono nelle vie correndo verso la stazione. Ci fermammo in mezzo alla folla, confusi. <<Devono essere saltati dei motori con l’esplosione!>> gridai <<Se non ci muoviamo precipiteremo!>> <<Sono pazzi?>> sbraitò Sam, brandendo pericolosamente il grosso martello <<Ci sono ancora migliaia di civili qui>> <<Dobbiamo distruggere qualsiasi cosa abbia causato quell’esplosione, o nessuno qui farà in tempo a raggiungere la stazione>> fece Nicolas, deciso <<Da questo momento prendo io il comando! C’è il rischio di una seconda esplosione, dobbiamo evitarla in ogni modo. D15 ha ancora un po’ di autonomia, ma altri danni sarebbero fatali>> Annuimmo, decisi, e riprendemmo a correre tra la folla verso la zona in fiamme. Gettai un’occhiata a Kim per assicurarmi che stesse bene e la trovai già pronta con il cannone montato sul braccio e lo sguardo incredibilmente serio e deciso. “Molto bene” pensai “Forza Selene, questo è il tuo momento di fare la differenza” Link al commento Condividi su altre piattaforme Più opzioni di condivisione...
Shigu Inviato 20 aprile, 2017 Condividi Inviato 20 aprile, 2017 Nickname: Shigu Team d'appartenenza: Roccia Titolo: Nova Racconto: Spoiler TONF -Sentito qualcosa? -Negativo. E i robot tornarono al loro posto di guardia. "Maledizione! Non posso farmi scoprire, o il piano andrà in fumo!" Mi nascondo tra due colonne nel muro ed inizio a salire lentamente, arrampicandomi. Arrivato al soffitto, posso finalmente attivare l'Anti-Riflesso e le Elettroventose, in modo da muovermi sul soffitto. Già, questo è il futuro: un corridoio bianco con tecnologie aliene alimentato da un semplice cristallo, il Cosmium. Bellissimo. Il mio nome è Hugo Chapeu, un mercenario "di origini francesi", anche se nonna non mi ha mai spiegato bene cosa voglia dire; penso sia una zona di Terra I, questa "Francia". Queste guardie robot, i Mecchanim, sono stati la prima razza aliena col quale ci siamo confrontati e avevano anche attaccato la nostra prima colonia. Situata in un sistema vicino a quello Solare, il pianeta sul quale l'avevamo sviluppata era stato dichiarato da una certa "Confederazione Galattica" come nuovo pianeta dei Mecchanim. Allora non sapevamo cosa fosse la Confederazione (Spoiler: è un'organizzazione con lo scopo di promuovere la pace tra le specie senzienti e non), quindi, quando questi robot steampunk se ne resero conto, fermarono il proprio attacco e ci introdussero a nuove tecnologie. Firmammo una pace, la Terra originale, Terra I, si espanse fino a diventare un Impero di piccole colonie situate in pianeti fino ad allora disabitati. Anche Nova, la fantomatica prima colonia ora capitale Mecchanica, si evolvette: nuove leghe metalliche, ottenute coi minerali Terrestri, permisero l'evoluzione di questa civiltà. La Prima Generazione si evolvette in una Mezza Generazione, a metà tra lo steampunk e il futuristico, fino alla Seconda Generazione, completamente futuristica. Un'evoluzione notevole: da ingranaggi e valvole a linearità e luci azzurro fluo. Scoprimmo anche una nuova forma d'energia naturale, il Cosmium, un cristallo azzurro pressoché inbesauribile di cui Give ne era pieno. Fu possibile grazie al Cosmium l'espansione terrestre. Peccato che questa pace durò solo fino a qualche anno fa: avevo appena 18 anni quando la mia colonia fu attaccata da Mecchanim di Prima Gen. Questi uccisero mia nonna, che mi aveva cresciuto visto che i miei genitori snon morti. La Cintura di Shirley, ubicazione della mia colonia, aveva ormai il suo abitante: ero l'ultimo a vivere in quella vecchia discarica interplanetare. Da allora, divenni un mercenario, una spia in grado di rubare di tutto e che si sarebbe vendicato, in un modo o nell'altro. E ora che i nostri imperi sono in guerra, ho la mia occasione d'oro. E adesso sono qui: un gruppo terrorista mi ha assoldato per rubare il progetto di un'arma di distruzione stellare di massa. Questo corridoio porta alla Cittadella di Nova ed il mio compito è accedervi. TONF TONF TONF -Sentito?! -Sì! Si avvicina qualcosa! Le due guardie cadono in preda la panico, fino a quando una lenta ombra non si avvicina. Quando la possente figura li raggiunge, siamo in 3 a tirare un bel respiro di sollievo. "Phew! Menomale che non ero io... Meglio continuare!. La figura era in realtà un Mecchanim di Prima Gen: un colosso di 3 metri con 4 braccia, all'apparenza molto esili, con ingranaggi e pistoni in bella vista; un nucleo di Cosmium sulla schiena, situato in una specie di zaino, lo alimento grazie a dei tubi che gli arrivano in faccia, col naso che fa da scarico. - Devo incontrare Sua Maestà, l'Imperatore - dice. -Permesso d'accesso e Scheda d'identità, signore- risponde una guardia. -Ah... allora, ecco il permesso e... dove sarà finita? Ah, sì! - Ed il Colosso tira fuori da degli scomparti nello zaino degli olo-documenti e li consegna alle guardie. -Tutto in regola, prego. "L'occasione perfetta per entrare!" All'apertura della porta, seguo il colo e scendo a terra. Uno spettacolo di luci azzurro fluo ed un'enorme colonna di Cosmium illuminano l'area. Sei ascensori, ognuno collegato tramite un ponte ad un'ala della Cittadella, permettono un viavai costante di Mecchanim di ogni Gen. Ma questo è speciale: questo infatti conduce direttamente ad un ascensore situato nel mezzo della colonna, che conduce sia ai Piani Reali sia ai Piani Top-Secret. Ma come so tutte queste cose? Un ex-generale Mecchanico, tale Orson-X, ci ha contattati dandoci tutte queste informazioni. Un veterano di molte guerre di Prima Gen fedele al proprio credo di giustizia; da quando siamo in guerra ha infatti lasciato il proprio postonell'esercito e si è schierato a favore degli umani. Ah, quel Colosso era proprio il Generale. -Ottima mossa, Generale. Un po' rumoroso, però... -Grazie, piccoletto. Il tuo Anti-Riflesso era abbastanza penoso, però. -Beh, questa bellezza però ha più di 150 anni. Mi sembra normale che sia antiquato. Hai ancora la tua chiave d'accesso? -Sì. E gradirei che mi desse del Lei. -Pardon, Monsieur! Gradisce anche del Cosmium? -Sì, grazie. Gli passo un nucleo. E se lo mette nello zaino. Inserisce la tessera nel display e iniziamo a scendere. La discesa è snervante: sono in territorio nemico e sto per rubare i progetti della più grande arma di sempre. Mentre scendiamo vedo un sacco di laboratori e di campi d'addestramento. Apeena arrivati ho il cuore in gola. La porta si apre. Questo è l'ultimo piano, il numero -796; sotto di noi lo spazio infinito. Un'enorme stanza vuota con al centro un piedistallo luminoso con un progetto che levita sopra di esso. Il Generale si avvicina per vederlo. Lo seguo e prendo i progetti, sostituendoli velocemente con un foglietto. "Fatto!" Suona l'allarme. Truppe Mecchaniche appaiono dal nulla e ci accerchiano. Questa è Nova e qualcuno, non io, ha fatto la spia. Link al commento Condividi su altre piattaforme Più opzioni di condivisione...
Lady Inviato 20 aprile, 2017 Condividi Inviato 20 aprile, 2017 Nickname: Lady Team d'appartenenza: Normale Titolo: Livello 1 Racconto: Spoiler La sua voce. Quello era stato il mio pensiero fisso per tutto questo tempo. È già passato quasi un anno dalla prima volta che l’ho sentita. Ricordo ogni particolare di quel giorno. Me ne stavo seduta davanti al muro di separazione dei Livelli, quelle cose orribili inventate dal Governo per tenere separate persone appartenenti a diversi Livelli. Ma ormai tutti vi sono abituati, è ciò su cui ruota il nostro Paese. Le persone di reddito e ceto basso appartengono agli ultimi Livelli della società; le persone nobili e benestanti a quello più alto. E io sono una di quest’ultime. La mia famiglia è ricca e io ne ho ereditato la fama, ma non mi piace essere al centro dell’attenzione, con cameriere al mio servizio appena schiocco le dita, nella mia enorme villa, nel centro del quartiere più lussuoso della città, nel bel mezzo di quel Paese di cui mio padre è Governatore. Perciò, preferisco sgattaiolare fuori di casa e andare ai confini della mia zona, quella di Livello 1, e appoggiare la testa al muro che nasconde un’esistenza completamente diversa dalla mia, il muro del Livello 10. Di esso fanno parte gli emarginati della società, quelli che tutti guardano di sottecchi, quelli accusati di tutti i crimini, quelli con cui nessuno vuole avere niente a che fare. Eppure mi affascinano. Una volta ho visto un documentario sulla vita nel Livello 10: abitano in casupole fatiscenti e sono tutti sporchi, ma sembrano così spensierati. Nessuno si aspetta niente da loro. Da me, invece, tutti desiderano perfezione e accuratezza. Sono sempre in una campana di vetro. Ma quanto vorrei romperla. Per questo mi rifugio accanto a quel muro, mi fa sentire in contatto con una vita senza preoccupazioni, una vita che vorrei fosse mia, anche se non posso averla. Soprattutto quando è tuo padre ad aver messo a punto la Legge di Separazione in Livelli. Ormai era diventata un’abitudine, andavo lì, davanti a quel muro e pensavo. A volte ad alta voce, nonostante fosse contro la legge, perché: “Manifestare apertamente un pensiero può causare danni alla società”. So quasi tutte le Leggi a memoria. Voi la chiamate vita questa? Ma per quella volta, è stata la mia salvezza. Stavo avendo un dibattito dentro la mia testa, che però non riuscivo a placare, così iniziai a parlare a voce alta. Non me ne ero neanche accorta, fino a quando non sentii una voce. - Non pensavo esistessero dei Livelli 1 che andassero contro la legge- disse a un certo punto una voce maschile. - Chi ha parlato? - risposi io, sconcertata. - Non mi puoi vedere. Sai, c’è solamente un muro tra di noi. - disse la stessa voce di prima, stavolta ridendo. - Ehi, non fare il sarcastico! - sbottai io. - Piuttosto, chi sei? - - Un Livello 10, mi pare ovvio. - - Sì, ma intendevo, come ti chiami? - - Perché mai a una Livello 1 come te dovrebbe interessare il nome di un ragazzo del Livello più basso? - - Perché non dovrebbe interessarmi, invece? Non siamo poi così diversi, viviamo pur sempre nello stesso Paese! - - Sì, ma con almeno qualche milione di Rupie di differenza. - - Non sono i soldi a dividerci. - - Questo lo dici perché tu ne hai. Hai idea di cosa significhi morire di fame perché non si ha neanche una Rupia? - - Beh, no. Però… - - Allora non cercare di capirmi! - concluse lui arrabbiato. Mi ricordo che restai così a lungo, sperando che lui ricominciasse la conversazione, ma non lo fece, così dovetti riprendere io. - Sei ancora lì? - - Dove potrei andare? - - Mi dispiace che abbiamo iniziato col piede sbagliato, comunque io sono Eowyn. - - Ulrich. - - Cosa fai nella vita? - - Cerco di sopravvivere. - - Anch’io. - - Ahahaha, sentiamo, da cosa dovresti fuggire? Dai fotografi? Dalle cameriere? - - In effetti sì. Secondo te perché sarei qui altrimenti? Non mi piace la mia vita perfetta da figlia del Capo. - - La figlia del Capo? Ma allora sei importante! Sei l’unica Livello 1 a cui non piace la sua situazione. Sei strana forte, eh! - Ci fu una pausa, in quel momento. Un silenzio troppo imbarazzante da sostenere, così decisi di romperlo dicendo la prima cosa che mi era venuta in mente. - Ti va di essere mio amico? - - Perché questa domanda? E poi, non ne hai già abbastanza? - - Neanche uno, in realtà. - - Allora va bene, ma a una condizione. - - Spara. - - Dovrai venire qui tutti i giorni, anche quando le tue guardie ti pedineranno, per tenermi compagnia. - - Okay, ci sarò. - - Magari riuscirai a farmi pensare che i Livelli non siano poi così importanti, chi lo sa…- Così, da quel giorno, andai sempre a trovarlo. Anche se era contro la Legge interagire con persone di altri Livelli, a me non importava. Con lui ero felice, potevo dimenticarmi della mia vita dentro quelle mura, non solo quelle di casa mia, ma quelle della Separazione. Ma questo periodo di pace non poteva durare a lungo. Le guardie mi videro mentre parlavo ad alta voce con una persona dall’altro lato del muro e informarono mio padre. Lui si infuriò, e ordinò che quella persona fosse trovata e giustiziata. Nel frattempo mi hanno rinchiusa in camera mia. Ed eccomi qui, a ripensare al nostro primo incontro e cercare di immaginare come potesse essere fatto Ulrich. Non posso credere che sia morto davvero. Per una stupida legge. Creata da mio padre. No. Io devo uscire. Devo andare davanti a quel muro e sentirmi ancora un po’ vicino a lui. Così esco dalla finestra, attenta a non farmi notare, e mi dirigo verso il muro. - Ulrich, ci sei? - Nessuna riposta. Non che me ne aspettassi una. Così appoggio la testa al muro e cerco di addormentarmi. Almeno nei sogni è tutto perfetto. - Credevi davvero che mi sarei lasciato prendere? - Sto sognando. Non può essere lui. A quanto pare anche i sogni mi si rivoltano contro. - Eowyn? Pensavo fossi felice di sapere che stessi bene! Beh… se non è così, me ne vado! - Ma poi rifletto un secondo. Io non sto dormendo, non sto sognando, questa è davvero la voce di Ulrich! - Ulrich! - - Ben svegliata Eowyn, pensavo te ne fossi andata. - - E dove? Sinceramente, non c’è altro posto in cui vorrei stare. - Link al commento Condividi su altre piattaforme Più opzioni di condivisione...
Miracle Inviato 20 aprile, 2017 Condividi Inviato 20 aprile, 2017 Nickname: Miracle Team d'appartenenza: Veleno Titolo: Una Storia di Una Principessa Racconto: Spoiler Lei era sempre lì. Seduta pensierosa sul suo banco adiacente alla finestra che guardava affascinata i ciliegi in fiore dell’atrio della scuola illuminati dalla sola luce degli astri di quella serata, il che li rendeva quasi argentati. Io ero sempre in largo anticipo sulle lezioni, ma ultimamente ogni volta che entravo in aula, c’era lei. E rimanevo lì a fissarla da lontano, incantato dai suoi boccoli dorati ondeggiati dalla lieve brezza di quelle serate primaverili, che catturavano i riflessi del chiar di luna e delle stelle. Risaltavano, lasciandomi senza fiato. - Hey Ryosei, cosa ci fai lì impalato? – Sobbalzai. Era il mio amico e compagno di banco Yuki. Andavamo molto d’accordo e sceglievamo sempre i posti all’ultima fila in modo da fare più baldoria quando gli insegnanti si distraevano… anche se ultimamente capitava più di rado. Per qualche motivo si comportavano in modo sempre più rigido. - Ryosei, sempre con la testa tra le nuvole? Cosa guardavi? - Indicai il banco, ormai rimasto vuoto, dov'era seduta la ragazza di prima. Probabilmente era andata già via per raggiungere il suo plotone. - Ryoooo non avrai dormito poco anche oggi? Ti avverto che non posso coprirti ogni volta le spalle. L'altro giorno ci stavi per rimettere la pelle e non saremmo qui a parlarne se non ci fossi stato io. Se non riesci a dormire, prendi i sedativi e... non preoccuparti per gli esami, per quelli ce la caveremo in un modo o nell'altro. - Mentre ascoltavo Yuki parlare ero ancora piuttosto assonnato, quindi decisi di schiacciare un pisolino durante l'ora di storia... che noia quella materia. Ma poi non capisco perché noi giapponesi siamo i soli a dover andare a scuola anche durante i periodi di guerra. La mia vita sta diventando un'insopportabile routine che sono obbligato a seguire. Mi guardo qualche anime o gioco ai miei videogiochi preferiti prima di andare a dormire e mi sveglio di soprassalto dopo poche ore, che sembrano minuti, al suono della sirena militare del cambio di turni, che se non fosse per le tecnologie odierne sfrantumerebbe qualsiasi oggetto di vetro nel raggio di 100 km. Arrivo a scuola qualche minuto prima delle dieci di sera, vedo la solita ragazza alla finestra e poi crollo sul banco durante la lezione di storia. - Ahio! - A colpirmi con un libro mentre dormivo, questa volta, non poteva essere il professore di storia, lui di solito era più delicato. - Ryosei Kaishito. Ti sembra questo il modo di comportarsi a lezione? - In un primo momento ero confuso, non sapevo cosa fare ed ero lì per lì per cercare una scusa per giustificarmi quando ci fu un annuncio accompagnato delle sirene. << EMERGENZA! EMERGENZA! TUTTI I PLOTONI SONO PREGATI DI MOBILITARSI E DI FAR RIFERIMENTO AL LORO CAPOSQUADRA.>> Quella sirena non prometteva nulla di buono, ma almeno mi ero risparmiato la ramanzina del Colonnello Kibishi, o forse... - Branco di mammolette, avete sentito, muovete i vostri sederi e preparatevi per la situzione di emergenza. - Cercò di dire più o meno quelle parole, ma la voce al megafono le copriva tanto erano più forti. << LA SQUADRA KURAI STA SUBENDO NUMEROSE PERDITE A CAUSA DELL'ATTACCO DEI NORD-COREANI, ABBIAMO BISOGNO AL PIU' PRESTO DI RINFORZI. IL TEAM YOAKE HA L'ORDINE DI SOSPENDERE TUTTE LE ATTIVITA’ IN CORSO E DI RECARSI AL FRONTE >> - uffa, che barba, doveva capitare proprio il giorno del mio compleanno! - - che seccatura... dobbiamo andarci per forza? - - oh no, sono troppo stanco, mi farebbero fuori subito! - Erano più o meno queste le reazioni allo status di emergenza appena proclamato. Il Colonnelo Kibishi intimò tutti noi di alzarsi e di indossare le tute spazioelica. Addirittura chi opponeva resistenza veniva picchiato finché non si decideva di darsi una mossa ed un poveretto che era troppo stanco, come me, per aver dormito poco, subì un'iniezione di non so cosa. Sta di fatto che dopo si alzò e andò silenziosamente ad indossare la sua tuta. Le tute spazioelica coprivano il nostro corpo dalla testa ai piedi ed erano di colore diverso per ognuno dei tre plotoni. Quella dei Kurai era nera come la pece, con delle decorazioni blu fluorescenti. Quella degli Haku era di un rosso scarlatto con alcune decorazioni disegnate come delle nuvolette di un colore ocra. Infine, quella degli Yoake, la nostra, era quasi tutta bianca ma le estremità degli arti e la testa erano decorati con sfumature di rosa e viola e blu. - Ryosei! Dobbiamo sbrigarci, il colonnello dice che dobbiamo recarci allo stallo numero A3 ed imbarcarci sull'aereonave, ma dal B7 si fa prima. Sai, alcuni del team Haku sono sonnambuli o soffrono d'insonnia e non li tieni giù neanche con i sedativi, quindi verranno anche loro. - Non me lo feci ripetere due volte, non ne potevo più di stare dietro quei banchi ad ascoltare noiose lezioni riguardanti materie che probabilmente non mi sarebbero mai servite nel futuro. Siamo in guerra e sarei potuto morire da un momento all'altro. - Nome e numero di matricola! - Esclamò il sergente Juhi all'ingresso dello stallo B7. - Sono Ryosei Kaishito signore, squadra Yoake, numero 2 - - Yuki Kodoku, squadra Yoake, numero 7, ai vostri ordini - Il sergente Juhi è sempre stato cordiale e disponibile con tutti, anche se a volte ha dovuto litigare non poco coi suoi superiori per poter esprimere la sua opinione. Almeno non è come quei lecchini dei piani alti che per salire di grado sono stati disposti a fare qualunque cosa. Dopo che fummo saliti, la nostra aereonave salpò immediatamente, diretta verso il fronte. Il campo di battaglia non era lontanissimo, si trovava nel bel mezzo del mar del giappone. Già da qui, potevamo scorgere le solite strutture militari costruite sulla base di atolli artificiali. Non c'era tempo da perdere, bisognava indossare il Modoku: una speciale armatura da combattimento dotata di armi di ogni genere: una spada per i combattimenti in mischia, dei propulsori per il volo, missili e altri tipi di dispositivi d'attacco e di difesa che variano da modello a modello: da fuori ci avrebbe fatti sembrare dei veri e propri robot, come quelli che si vedevano negli anime di anni ormai remoti. L'armatura in realtà era personalizzata per ciascuno di noi soldati e veniva controllata attraverso gli impulsi nevrotici emanati dal nostro corpo attraverso la speciale tuta spazioelica. - Lasciaaaaaatemi! Non ho fatto nulla di male! Sono solo in ritardo di qualche minuto, ma che caratterino!!! - Esclamò una voce di una ragazzina poco lontana da dove ci trovavamo io e Yuki. Ci avvicinammo per controllare e notammo che il sergente Juhi stava strattonando verso di noi un membro del plotone Kurai, da come si poteva evincere dal colore della tuta, che ormai arresosi all'esser stato scoperto, tirò uno sbuffo, sobbalzò in piedi e disse: - Il mio nome è Himeko Kitsuhite, membro numero 3 della squadra Kurai e bla bla bla, ho fatto tardi e non mi andava di combattere, così mi ero nascosta su questa bagnarola, sono stata strattonata fin qui dal sergente Juhi contro la mia vo- Non ebbe tempo di finire la sua frase, che il suo caratterino fece irritare Yuki, che sbottò: - Il sergente Juhi è stato fin troppo gentile con te, stupida oca! Dovresti inchinarti e baciargli i piedi, le pene per i disertori sono severe sai? - Al che la ragazza, con le braccia conserte, distolse lo sguardo dal mio amico con aria di superiorità. - Siamo quasi arrivati, è ora di entrare in azione. Indossate i vostri Modoku, voi tre lavorerete insieme a quel ragazzo paffutello laggiù della squadra Haku e sarete la divisione speciale Epsilon, solo per questa missione. - Wow! Non ho mai lavorato in una squadra mista, sarà divertente! Io mi chiamo Schlafen Surippu, sono di origini tedesche, ma mio papà è giappon... - E crollò dal sonno senza neanche avere il tempo di dire di che squadra era e di pronunciare il numero 8 sulla sua schiena, posandosi sulle ginocchia di Himeko. La ragazza, contrariata gli diede un ceffone, si allontanò ed estrasse la sua boruboru, una piccola sferetta tascabile contenente il Modoku. Bastava un click per attivarla ed indossare l'armatura da combattimento. - Squadra epsilon, tenetevi pronti a paracadutarvi, al mio 3! - E così, al segnale del sergente Juhi, i 4 si paracadutarono sul campo di battaglia. - Finalmente arrivano i rinforzi, era ora! Abbiamo avuto moltissime perdite e i feriti sono gravissimi. - - Datevi una mossa o perderemo anche la base 72, bisogna difenderla a tutti i costi o si metterà male per noi! - - Himeko! E' arrivata Himeko! Non c'è più nulla da temere, lei li farà fuori tutti! A quanto pare, Himeko, era molto famosa nella squadra Kurai, non appena scese sul campo di battaglia, diede sfogo a tutte le sue forze e mise in pratica numerose tecniche di combattimento che non avevo mai visto prima. Riusciva da sola a fronteggiare fino a 5 nemici contemporaneamente. Era semplicemente fantastica. Intanto anche io, Yuki e Schlaf facevamo del nostro meglio per resistere al presidio nemico. Purtroppo però, quando tutto sembrava andare per il meglio, arriva l'annuncio di una sirena. <<EMERGENZA! EMERGENZA! EVACUARE AL PIU' PRESTO L'AEREONAVE Y-9 PARTITA DALLO STALLO A3, A CAUSA DI UNA SPIA IMBARCATASI CLANDESTINAMENTE E' STATA DIFFUSA UN'ARMA BATTEREOLOGICA CHE HA STERMINATO GRAN PARTE DELL'EQUIPAGGIO, PRESTARE I SOCCORSI SE POSSIBILE!>> All'udire di queste parole, i membri del team Kurai rabbrividirono. Sapevano che i rinforzi che stavano aspettando non sarebbero arrivati così in fretta. Le scelte da fare in questo caso erano due: combattere e cercare di resistere fino alla morte, o ritirarsi per avere salva la vita e cercare di recuperare più superstiti possibili. Entrare su quell'aereonave però, significava anche contrarre il batterio e sarebbe stata una pazzia andare fin lì. Dopo un po', arrivò l'ennesimo ordine dai megafoni. Non era facile combattere e allo stesso tempo essere concentrati nella ricezione degli ordini. <<QUI E' IL COLONNELLO KIBISHI CHE VI PARLA! VI ORDINO DI RITIRARVI, RAGGIUNGETE L'AEREONAVE Y-9 E SALITE A BORDO>> - Ma è una pazzia! Perché dovremmo ritirarci su una nave contagiata dal batterio? - Esclamai utilizzando il canale radio “pirata” che trasmetteva a tutte le unità nel suo raggio d'azione. In realtà un soldato semplice come me non potrebbe fare certe cose, ma anche io ho i miei trucchetti e avevo sempre sognato di poter fare una cosa simile. Il resto delle truppe si stava chieidendo da chi provenisse quella voce, poco dopo, sullo stesso canale, una seconda voce fece irruzione. Era Himeko: - Rimanete fermi dove siete e copritemi le spalle dal nemico fino al mio ritorno! Ho un piano che salverà più vite di quante voi possiate immaginare. Schlaf, tu sei l'esperto in medicina qui vero? Porta con te il tuo kit di vaccini! - Non era chiaro cosa volesse fare Hime, ma la situazione era piuttosto critica. - Aspettate! Io e Yuki possiamo venire con voi, avrete biso- - Hime non mi lasciò terminare la frase e rispose energicamente, seppur le fosse rimasto poco fiato: - No! Ryo, Yuki, il team Kurai ha bisogno del vostro supporto per poter difendere la base 72 – E così, la accontentammo, fidandoci di lei. Lei sicuramente sapeva cosa stava facendo e poi era in buona compa…. Beh, sapeva cosa stava facendo. Spero. Intanto io e Yuki davamo man forte al nostro plotone con l’aiuto dei nostri Modoku. Il punto forte di Yuki era la barriera difensiva, riusciva ad avere un tempismo perfetto per parare tutti i missili dei nemici, l’unica pecca è che non gli piaceva combattere in mischia, per cui bisognava coprirgli le spalle in caso di un attacco troppo ravvicinato. Io invece, mi affidavo completamente alla mia spada a forma di forbice gigante. Non so esattamente perché le ho dato questa forma quando decisi di forgiarla e farmela equipaggiare, però mi piaceva e riesco a maneggiarla meglio di qualunque altra arma. Il combattimento qui proseguiva e stavamo riprendendo vantaggio. Dopo circa un’ora di combattimento, eravamo quasi riusciti ad eguagliare di numero gli avversarsi: le loro perdite erano superiori alle nostre adesso, però eravamo esausti e avevamo bisogno di riposo. Ma in situazioni come queste non si poteva riposare e i nemici sembravano non essere ancora stanchi. Ad un tratto, mi ritrovai con un enorme peso sulle spalle crollato da non so dove. - Aiuto! Hime è in pericolo! Ha bisogno di aiuto! Kibishi è un traditore! – Era Schlafen. Riuscito non so come a salvarsi cadendomi addosso e nello stesso tempo a non rompermi nessun osso. Forse farà parte delle sue doti mediche. Sta di fatto che i nostri Modoku erano distrutti ed era impossibile ripararli così in fretta. - Devo andare a salvarla. – Dissi senza pensarci. Non so perché volevo salvarla, non so neanche se ne fossi in grado, ma dovevo. - Sei forse impazzito Ryosei? Ci rimetterai le penne! – disse Yuki. - O qui, o nell’aereonave. E almeno adesso sappiamo chi è il nostro obiettivo: Kibishi. - Risposi. Yuki vide uno sguardo diverso nei miei occhi, una determinazione che non aveva mai visto prima, perciò, dopo aver premuto il bottone della sua Modoku, questa tornò ad essere la bokuboku bluastra di prima e me la rese, rimanendo in tuta. Poi si voltò e si diresse verso l’aereonave Z-3, quella che ci aveva portati fin qui, dicendo che avrebbe cercato una nuova Modoku. Indossai senza farmelo ripetere l’armatura che mi aveva imprestato il mio amico e seppur non fossi abituato ad usarla, i comandi base erano gli stessi e avendo visto all’opera il mio amico più volte, conoscevo anche le sue armi. Arrivato alla Y-9 mi precipitai verso la cabina di pilotaggio e lì ci trovai Kibishi e Himeko, che era legata ad una sedia e la sua tuta spazioelica era lacerata. Fu solo in quel momento che la riconobbi: la tuta non le ricopriva più il volto, ma Hime, in realtà era la ragazza dai boccoli dorati illuminati dal chiar di luna che incontravo all’inizio delle lezioni, senza però mai rivolgerle la parola. - Lasciala stare!!! – Imperai al colonnello. Ormai EX colonnello. Non mi aspettavo di certo che obbedisse, ma era una frase che dovevo dire… per creare enfasi, insomma! Per cui, gli piombai addosso utilizzando un pugnale da mischia e iniziai una schermaglia con lui. Le sue armi però erano di gran lunga più potenti di quelle del Modoku di Yuki, che era progettato per la difesa più che per l’attacco. Ad un certo punto mi sferrò un fendente che mi distrusse parte del braccio sinistro nonostante avessi attiva la barriera. E dopo un po’, senza nemmeno poter fiatare, partì con un affondo che mi avrebbe perforato lo stomaco e che se avessi schivato, avrebbe colpito Hime, ancora inerme e priva di sensi, legata sulla sedia di prima. - BARRIERA AL MASSIMO! – Gridai, non potevo fare altro. Beh, non che dire quella frase con un tono di voce più alto accrescesse il potere della barriera, ma almeno aumentava la fiducia che avevo in me. Come previsto, la barriera non bastò a incassare completamente il fendente di Kibishi, che perforò anche parte dell’armatura e arrivò a fratturarmi qualche costola. Adesso potevo muovermi a malapena e per me sembrava finita. - Ryosei! Hai dimenticato questa!!! – Era la voce di Yuki, che dotato di un’armatura di riserva era venuto in mio soccorso portandomi la mia fidata spada a lama di forbice. Con quella, avrei potuto fare molto di più. - Accidenti, ma dove ho la testa?! Per fortuna che ci sono gli amici! – Sorrisi a Yuki, mentre cercavo un modo per fermare l’emorragia allo stomaco. - Mi dispiace per la tua ferita, ma Schlafen serviva al fronte… sai… - Aggiunse Yuki, ma non c’era da preoccuparsi. Con la mia spada, ero in grado di sferrare il colpo finale al traditore e porre fine alla sua esistenza una volta per sempre. - KIBISHI! PAGHERAI A CARO PREZZO IL TUO TRADIMENTO, LE TUE MALEFATTE E RIMPIANGERAI DI ESSERE NATO. QUI E ORA, IO RYOSEI KAISHITO FARO’ DELLA TUA MORTE LA PROMESSA DI UNA NUOVA VITA, PER TUTTO IL POPOLO CHE CREDE IN NOI! – Così fu detto, così fu fatto. Ryosei scagliò il suo fendente speciale e decapitò una volta per tutte il malvagio Kibishi, dopodiché ritrasse l’armatura nella bokuboku e si avvicinò ad Himeko per slegarla e prestarle soccorso. Ma svenne tra le sue gambe prima che potesse riuscire a far qualcosa. Proprio in quel momento, Hime riacquistò i sensi e ci mise qualche secondo a capire cosa stava succedendo. Dopo aver compreso, cominciò ad accarezzare la testa del povero Ryo in segno di ringraziamento, ma appena si accorse della presenza di Yuki, ritrasse velocemente la mano; allo stesso tempo il suo volto diventò di color rosso peperone. Yuki portò i due in salvo e al sicuro sull’aereonave da cui erano partiti. Intanto, il campo di battaglia, pieno di rottami, era ormai sgombro di ogni forma di vita. Entrambi gli schieramenti si erano ritirati quando avevano capito che quella battaglia non avrebbe portato a nulla. Nonostante tutto, l’intervento e le capacità mediche di Schlafen furono fondamentali per garantire la resistenza. Adesso, il paffuto ragazzo coi capelli rossi, sicuramente si era rintanato in qualche remoto angolino dell’aereonave a sgranocchiare qualche snack e fare un pisolino. Quella battaglia non ebbe né vincitori, né vinti. Ma la guerra Tra il Giappone e la Corea del Nord, non era ancora terminata. L’indomani, Ryosei si recò nuovamente a lezione in anticipo, sperando di ritrovare lì la ragazza dai boccoli dorati, intenta a guardare fuori dalla finestra, ma questa volta non era là. Il giorno dopo, la storia si ripeté e anche il giorno dopo ancora. I due, fin ora si erano visti ogni giorno senza mai parlarsi e proprio quando avevano stretto un legame, non riuscirono più a vedersi. Ryosei, ogni volta che vedeva una tuta spazioelica di quelle del team Kurai, pensava alla ragazza dai boccoli dorati e sicuramente, per lei era lo stesso. Non è chiaro il motivo per il quale, Himeko, non è più seduta su quel banco ad aspettare colui che le salvò la vita. Tuttavia, un giorno, i due forse si rincontreranno di nuovo… Link al commento Condividi su altre piattaforme Più opzioni di condivisione...
FraktheYukihira Inviato 21 aprile, 2017 Condividi Inviato 21 aprile, 2017 Nickname: FraktheYukihira Team d'appartenenza: Steellosi Acciaio Titolo: Cronology Racconto: Spoiler Fatto, Cronologia, Cancella. La società del 2046 si basa su questo, tre semplici parole in grado di cambiare il corso di un’esistenza. Non avete capito? Permettetemi di spiegarvi… Tutto inizia pochi anni dopo la Terza Guerra Mondiale la quale, in 6 anni, ha fatto milioni di vittime in tutto il mondo a opera dell’Isis e degli stati terroristici affiliati contro il Nord America. Lo sviluppo di nuove tecnologie anti terroristiche ha evoluto la concezione dell’uomo e ha portato religioni basilari quali il cristianesimo, il buddhismo o qualsiasi religione in secondo piano, cominciando a credere in ciò che la gente definiva da milioni di anni “Destino”. Ebbene, quando la guerra cessò, tutto il mondo cominciò a credere in questo fantomatico Destino, cercando un modo per rimettere insieme il mondo come lo conoscevano; questa entità superiore concesse all’umanità la ricostruzione del proprio pianeta nella pace, evitando conflitti. Una volta finito, nel 2042, il Destino portò agli uomini un tentativo di ricominciare, un modo come un altro per dimenticare le cose, in modo permanente: il procedimento aveva del banale ma era efficace. Quando una persona non voleva si sapesse, per esempio, cosa aveva visto, cosa aveva visitato con i propri dispositivi, cancellava determinate cose dalla cronologia di navigazione. Ebbene, l’entità superiore stabilì un metodo simile: era necessario scrivere su un foglio di carta “Cronologia” e sotto l’evento o gli eventi che si volevano rimuovere dalle menti di ogni individuo. Fin qui, la cosa sembrava folle, ma il Destino stabilì che ogni fatto sarebbe stato sottoposto a un giudizio superiore, che avrebbe decretato se cancellare o meno l’avvenimento e, successivamente, la memoria del “committente”. Adesso che avete i precetti, eccovi la mia storia. Correva il 15 marzo del 2046, ero uno studente accademico alla facoltà di legge della Oxford University, una delle ultime sedi di istruzione rimaste in piedi dopo il conflitto, di cui nessuno ricordava nulla; era scritto sui libri e sui database di ogni paese, tuttavia nessuno aveva precisa memoria dell’evento. Non ero mai stato una cima in storia, ciononostante sembravo l’unico individuo sulla faccia del pianeta a ricordare quel nefasto periodo, vissuto nel terrore, con i fucili in mano, pregando di non morire; ero anche uno dei pochi che non cancellava la propria “cronologia”, o almeno non aveva mai avuto l’occasione. Mi chiedevo se fosse veramente una cosa necessaria o solo un modo per fuggire dal proprio passato. Cercai di non pensarci mentre divoravo una improvvisata colazione e salivo le scale per raggiungere la mia aula. Durante la lezione, fui distratto tutto il tempo dal movimento eliodale di una farfalla piccola come un’unghia, non prestando attenzione a quel povero professore che aveva appena superato i 50 anni e che aveva sì volontà di insegnarmi qualcosa, ma gli bastava che gli pagassi il pane per lui e per la sua famiglia. Trascorsi le ore nel nulla cosmico, cercando di trovare un effettivo centro di interesse; le ragazze non mi interessavano più di tanto, in realtà una c’era, ma non frequentava l’università. Era una ragazza dagli occhi grigi come il gelo, le guance rosate, il corpo formoso e le curve a posto, parecchio a posto; si dedicava alla salvaguardia delle specie ibride nate durante esperimenti delle grandi organizzazioni segrete mondiali, le quali non avevano mai avuto intenzione di fermarla fuorchè non rivelasse la provenienza di tali bastardelli. Accesi il cellulare e iniziai a guardare una sua foto mentre accarezzava un incrocio tra un gatto e un delfino, il quale era tenero e al tempo stesso inguardabile. Sorrisi pensando che sarebbe stato bello ogni tanto uscire con lei, magari parlare di legge per una sua eventuale causa. Sembravo proprio un ebete, e furono i miei compagni ad accorgersene per primi “Allora, Angels, chi è la fortunata? Quella al primo banco, col davanzale grosso come le colline del Monferrato?” fecero indicando una ragazza prosperosa di seno ai primi banchi “oppure quella al terzo, quella con le chiappe sode?” fecero, alludendo al compostezza e alla formosità del sedere di un’altra, pochi banchi più indietro. Cercai di ignorare quei trogloditi, con false risate, sino al termine delle ore di studio. Quando uscii dall’aula, il professore mi fermò “Angels, per piacere, ha due secondi?” mi avvicinai, incuriosito: in tanti anni di corso, il professor Draws non aveva mai cercato un rapporto a tu per tu con uno studente. “Vorrei parlarti di una cosa che mi turba ultimamente” mi guardò da dietro quegli spigolosi occhiali quadrati “Sento delle voci” aggiunse “voci che mi dicono soltanto di cancellare…cancellare e dimenticare…svagarmi, liberarmi delle mie pressioni e dei miei problemi” io lo ascoltavo, confuso, non capendo dove volesse arrivare “Ho bisogno di un consiglio: sei un tipo brillante, cosa dovrei fare?” mi chiese, supplichevole. Non sapevo cosa fare, cercai di evitare la domanda e dileguarmi “Mi dispiace, non saprei dirle” me ne andai, con un peso sullo stomaco. Ero un tipo riflessivo, ma la mia impulsività si faceva sentire spesso, non avrei saputo rispondere con lucidità a quella domanda, il mio senso di giustizia era come una lamina d’acciaio: indistruttibile, anche se arrugginito. Fu quella la prima volta in cui decisi di cancellare la Cronologia. Andai a casa, presi un foglio, scrissi “Cronologia” e la scritta emise un piccolo bagliore, salvo poi spegnersi; scrissi “Richiesta di Drews”, poi feci una riga sopra la scritta, lasciando cadere il pezzo di carta. L’inizio di tutto. Accesi la tv, di sfuggita l’immagine del Big Ben, poi un cartone in bianco e nero di Topolino: lo guardai qualche secondo, poi spensi la televisione ed ebbi un mancamento sulla gamba destra. Rialzatomi, sui muri cominciarono ad apparire decine di filmini su partite di calcio, tutte quante venivano vinte sul 3-0, e le azioni erano assurde, anche se non ci facevo troppo caso. La strada divenne serpentiforme, modificandosi, io continuavo a non capire, tutto divenne confuso, finchè non caddi all’indietro. Allora, rimasi qualche secondo a fissare il cielo, poi mi rialzai e mi ritrovai sul ciglio di una strada. Accanto a me, 4 uomini, tutti sull’ottantina ma dal fisico pulito e asciutto, vestiti di bianco, seduti su sedie di legno, bianco anche quello. “Che diavolo…” riuscii solo a sussurrare. “Allora, Frak Angels” cominciò a parlare il primo “Il fatto che vuoi cancellare è denominato “Richiesta di Drews”. Dunque, la giuria giudica il tuo fatto” i quattro scrissero tutti quanti la stessa parola “Omissibile. Pertanto, il fatto verrà cancellato dai ricordi e tu dimenticherai di questo incontro. Buon proseguimento” detto questo, schioccò le dita, facendo esplodere il rubinetto di una fontanella all’altro capo della strada. Come stregato, mi diressi verso di esso, noncurante delle auto che passavano, ma il rubinetto iniziò a zampillare, creando tanti piccoli arcobaleni. Chiusi gli occhi ed ero a casa. Il foglio era sparito ed io ero convinto che qualcosa fosse andato storto: ricordavo tutto, dalle sensazioni agli anziani che mi parlavano. Era stata un’esperienza deleteria, ma ancora chiara nella mia mente. Decisi di aspettare, magari avrebbe fatto effetto più avanti. Avrei cercato la ragazza, l’unica in grado di farmi veramente dimenticare qualcosa. Mi diressi verso il suo stand e fui sorpreso nel sapere che era andata a farsi una passeggiata per schiarirsi le idee e che era raggiungibile a Buckingham Palace, o meglio, Buckingham Laker Newsite, come era stata rinominata la residenza dei sovrani britannici dopo la ricostruzione. Presi l’orologio e materializzai la bici, come era consuetudine per spostarsi velocemente, e mi feci una gran pedalata; una volta raggiunto il luogo indicato, aguzzai l’ingegno per trovarla, quando fu lei a venirmi addosso, correndo. “Ciao” disse, ricominciando a correre. “Oh, ciao!” feci, rialzandomi e seguendola “Allora, corsa mattutina?” “No, dietro di noi, il mio ex e due bulletti.” rispose senza voltarsi “Seguimi” proseguì, afferrandomi la mano e tirandomi via; non nego mi piacesse la situazione, ma ero anche stranito da questo inseguimento. Riuscimmo a rifugiarci in un vicolo, convinti di averli pedinati. “Lui…è un tipo molto violento, purtroppo ci mettemmo insieme quando non ne sapevo nulla. Poi con il tempo ho scoperto il suo vero volto” “Oh…io ero venuto solo per vederti” mi imbarazzai, ma non cercai di mascherare i miei intenti. “Grazie per il pensiero, è veramente un bel gesto” mi stampò un bacio sulla fronte, poi mi strinse la mano. Fui felice di averla fatta sorridere, ma durò poco. Quei tre erano dietro di noi. “Zuccherino” quello centrale, biondino, non troppo tarchiato, giubbotto di pelle, probabilmente il capo “Vieni qui a darmi un bacetto” protese le sue labbra pompose verso di noi, mentre la ragazza lo guardava, schifata. Senza pensarci, le feci da scudo col mio corpo. “Uh, una guardia del corpo. Levati dalle palle, damerino” brandì una mazza, mentre i compagni tiravano fuori una pistola e un martello. Mi morsi il labbro, non abituato ad una situazione del genere. Poi mi lanciai sui tre. L’ultima cosa che ricordo chiaramente è l’urlo di lei, poi ci fu uno sparo; guardai la mia mano, bucata dal proiettile, continuare a funzionare perfettamente, e le facce spaventate e incredule degli aggressori. Continuai ad avanzare, mentre il centrale faceva vibrare la mazza, cercando di colpirmi. Fui lesto, tirai fuori la matita dal taschino e la conficcai nel suo occhio, saltando indietro per evitare la sua furia. Il trio si lanciò all’unisono contro di me, mi mossi imprevedibilmente, colpendo con il palmo uno di loro: il proiettile si staccò dalla mia mano, finendogli in fronte. Con un calcio feci collidere le loro teste e conclusi colpendo il biondo con un destro, spaccandogli la mascella. I due sgherri si diedero alla fuga, lasciando il corpo del capo sull’asfalto, esanime. Morto era morto, ma non pensavo di essere così forte a menar le mani; difatti, mi stavo massaggiando le nocche, insanguinate. Non mi spiegavo la cosa del proiettile, ma magari era semplicemente un po’ deboluccio. La ragazza scappò, terrorizzata, guardandomi come si fa come un mostro. Non avevo altra scelta, dovevo cancellare, sperando funzionasse. Corsi a casa, scrissi sul foglio il fatto, lo cancellai e ricominciò, quel viaggio mentale, breve ma infinito, tornò a tormentarmi. Si ritrovò nuovamente sul ciglio della stessa strada, dai vecchietti. I quattro, ripeterono nuovamente la formuletta e il loro verdetto fu “Non Omissibile”. Diedi un pugno a terra, in preda alla rabbia. “Ci deve essere qualcosa che possa fare! DEVE!” gli anziani mi guardarono, uno di loro rise, poi la fontana scoppiò e ci fu di nuovo quello zampillio. Ancora, ancora ricordavo tutto. Forse stavo sbagliando qualcosa. Ripetei cinque volte il procedimento, fallendo tutte le volte e ricordando sempre tutto. “Non mi resta altro da fare” scrissi una nuova cosa da cancellare, la procedura ripartì: il Big Ben, il cartone, il mancamento, i filmini di calcio…mentre il mio corpo si deteriorava, divenendo polvere, ripensai al sorriso di quella ragazza, di cui non sapevo neanche il nome, che sarebbe stata molto più felice senza di me nella testa, i ricordi di quel “mostro” che alla fine non ero. La mia scelta era la più semplice, non avevo le palle per affrontare i miei problemi. Quel professore aveva ragione, sarebbe bello fare sempre così, cancellare la memoria. Ma io non dimentico, ogni volta, non ho mai dimenticato nulla. Sono scomparso il 15 marzo del 2046, e nessuno si è mai ricordato di me. E’ questo che ho sempre trovato sbagliato nel controllo del Destino: dimenticare non risolve nulla. Superare i fatti, anche soffrendo, è la maniera più giusta per lasciarsi alle spalle qualcosa. Non dimenticarlo, mai. Gl everyone Link al commento Condividi su altre piattaforme Più opzioni di condivisione...
Hero Inviato 21 aprile, 2017 Condividi Inviato 21 aprile, 2017 Nickname: Comba Team d'appartenenza: Erba ( weed) Titolo: Sogno Marziano Racconto: Cari terrestri quello che vi parla è l'astronauta, in missione su Marte, James Steven. Questa forse è l'ultima volta che vi arriverà un messaggio da me;vi chiederete il perché di questa mia affermazione, vi risulterà strano e bizzarro, o semplicemente una scoperta per l'uomo, ma degli individui,con le squame,mi hanno visto che rubavo cibo nelle loro scorte e da quel evento mi inseguono. Ora però ho deciso di affrontarlin ma prima di farlo voglio narrarvi come mi hanno scoperto: Era un classico giorno, che per voi coincide a qualche anno, e mi attingevo a fare delle ricerche sul suolo marziano, non vi era nulla di particolare che non avessi scoperto, fino a quando, camminando e camminando ho trovato delle strane case a forma cupolare,un po' come i nostri igloo. Notai con grande stupore che nella zona delle case non vi era nessuno e decisi di esplorare la zona nella ricerca di nuove informazioni sul pianeta, quanto mai l'ho fatto! Mi adentrai nel viale delle case, nulla mi sorpresè era tutto così semplice, potevano essere semplicemente abitazioni di umani spediti anni prima per la mia stessa spedizione, la Matrian Explore.In realtà quando mi avvicinai alle case notai che le porte erano aperte e che in ogni casa vi erano strani oggetti che noi umani non usiamo, macchinari bizzarri e nessun oggetto di uso quotidiano di noi normali. Camminai per vedere se trovavo qualcuno di questa nuova specie che potevo scoprire, mentre camminavo, un delizioso profumino di cibo, al richiamo che l'odore faceva su di me , mi sentì l'acquolina alla gola,persino,corsì verso quel invitante dispensa di cibo, vi era di tutto dal pesce alle pesche,dal cioccolato al caffè.Appena vidi quel cibo così invitante mi buttai a capofitto ad assaggiarne un pezzetto; era davvero tutto buonissimo e per essere su Marte il cibo era come quello terrestre,peccato però che da lì a poco dei mostri giganti e ripugnanti con grosse bolle e squame su tutto il corpo, mi scoprirono. Fui quindi costretto a correre fino a perdere fiato, ed ora eccomi qui a registrare questo mio ultimo messaggio, con esso vi voglio dire addio. Ad un tratto mi sveglai e mi accorsi che tutto ciò era un mio sogno, quanto poteva essere sciocca la mia mente, forse per via del grande pranzo pasquale ho visto tutto quel cibo, e forse i mostri erano i parenti, fra cui le suocere e i cognati. Di certo so che questo sogno non lo dimenticherò mai più. Link al commento Condividi su altre piattaforme Più opzioni di condivisione...
Forci Inviato 21 aprile, 2017 Condividi Inviato 21 aprile, 2017 Nickname: Forci Team d'appartenenza: Coleottero Titolo: Nube Racconto: Spoiler *CRIC CRIC* *Bzz Bzzz*Salve a tutti! Se state ascoltando questo audio vuol dire che siamo riusciti a sventare la catastrofe, e probabilmente voi vi starete chiedendo di cosa vi stia parlando, ma se avrete la costanza di continuare a ascoltare, vi racconterò quanto è successo.Quando tua madre ti urla che perderai l'autobus, non ti fermi ad abbracciarla, a dirle che le vuoi bene, non la ringrazi di essere una brava madre, no, ovviamente ti lanci dalle scale e esci come una furia dalla porta; solo che, se questa è l'ultima volta che vedrai tua madre, desideri soltanto di fare queste cose, magari anche perdendo l'autobus. Ma dato che l'autobus stava sfrecciando per la nostra strada, così iniziai a correre. Ero riuscito a raggiungere l'entrata anteriore, quando l'autobus, sempre continuando la sua corsa, aprì lo sportello e spuntò improvvisamente una mano, una mano piccola, affusolata, cinta da un sottile braccialetto di platino, e riconoscendola, l'afferrai con tutta la mia forza, e facendo un piccolo balzo, riuscì a salire sul bus, proprio davanti alla persona che mi aveva aiutato a salire; si trattava di Sheila, , una ragazza vivace più o meno della mia età, campionessa d'atletica, insieme a Niko, soprannominato "il cacciatore coraggioso", data la sua postura composta, il fisico asciutto e elegante e la pelle color ebano; tutto trafelato, mi lanciai su uno delle sedie libere, e riconoscente, alzai lo sguardo sui due ragazzi che mi avevano aiutato a salire "Vi siete abituato ormai a 'sta cosa, vero?", e, ormai come, fosse un nostro piccolo rituale, Sheila rispose facendo spuntare un sorriso rassegnato sul viso "Certo Kyle, che sei proprio pigro, cosa ti costa svegliarti 5 minuti prima e così eviti di strattonarmi il braccio per salire?" e finalmente ci sedemmo tutti e tre a parlar del più e del meno, quando mentre stavamo per uscire dalla nostra piccola cittadina circondata da fabbriche di armi chimiche, quando improvvisamente il terreno iniziò a scuotersi, talmente forte che noi sull'autobus cademmo a terra per via dalle scosse, e l'autobus cercando di frenare, si capovolse da un lato, facendo sbattere la testa e svenire la maggior parte dei passeggeri, ma io riuscì a vedere l'esplosione di una delle fabbriche e la grande nuvola di scorie che uscì dalla fabbrica distrutta avanzare ad una impressionante velocità verso di noi. Cercand *Bzzt* di alzarmi in piedi, iniziai a scuotere Sheila, con l'intento di risvegliarla, grazie all'aiuto di Niko, che ero uno dei pochi insieme a me ad essere rimasto sveglio; "SHEILA! *Cric* ALZATI! Una grande massa di non so cosa sta avanzando verso di noi e se restiamo qui non sappiamo cosa potrebbe accadere!" gridai, inutilmente, allora insieme Niko, la sollevammo, e uscimmo di forza trasportandola di peso. Scappammo nella boscaglia in cui giocavamo da piccoli, e raggiungemmo la piccola *Bzzt Cric* casetta che avevamo costruito da piccoli, appena entrati, cercammo in tutti i modi di chiudere tutte le fessure possibili con dei vestiti di scorta che avevamo lì dentro. Dai muri della nostra casetta, sentimmo il rumore delle piante che sfrigolavano e come il leggero passo della morte, pensammo che quella che stava passando intorno era quella nube probabilmente tossica ci stava lentamente e inesorab- *BZZT* ilemnte circondand *CRIC*. *L'audio contenuto in questo cd finisce in questo punto. Vuole sentire quello successivo?* Link al commento Condividi su altre piattaforme Più opzioni di condivisione...
EngyAlkeKengy Inviato 21 aprile, 2017 Condividi Inviato 21 aprile, 2017 Nickname: EngyAlkeKengy Team d'appartenenza: Drago Titolo: Sabbia e speranza Racconto: Non ho neanche il tempo di rileggerlo o metterlo sotto spoiler, sono una maestra del tempismo. Perdonate i millemila errori Abbagliata dal sole del deserto, i cui raggi cadono ormai perpendicolari al terreno, la bambina si porta una mano sopra agli occhi per vedere meglio la figura tremolante che osserva avvicinarsi con lentezza insostenibile da quasi un'ora, sempre più grande e dettagliata al suo sguardo. Prima di scomparire suo padre le ripeteva sempre che in questo mondo nessuno può vivere senza lavorare, e quello di accogliere i Visitatori è il lavoro di Nina; non è particolarmente impegnativo, e spesso aveva avuto dubbi sulla sua utilità effettiva, ma ogni volta che ne parlava col Capovillaggio lui le rispondeva che andava bene così, che grazie a quel lavoro sarebbe diventata una bambina più "giudiziosa" e "paziente". Riguardo al "giudiziosa", lei non sapeva esattamente cosa volesse dire, ma era sicura di essere "paziente"; ogni giorno passava diverse ore osservando l'orizzonte da una piccola capanna costruita apposta per lei in cima ad un'altura, aspettando qualche Visitatore. Con il tempo aveva imparato a riconoscere da lontano i diversi tipi umani che venivano a cercare rifugio in quelle lande desolate: la maggior parte erano Esiliati, persone che si erano rifiutate di vivere sotto il monopolio delle Capitali, condannati a girare di città in città come animali da preda per non essere scovati, non restando mai in un posto più del tempo necessario ad accumulare abbastanza risorse per intraprendere il viaggio successivo. Altri cercavano rifugio permanente, braccati da famiglie importanti di altri villaggi la cui autorità in quel posto non valeva più della sabbia che tutti calpestavano. A volte giungevano fin lì dalle Capitali addirittura dei sicari, cercando invano dei volti le cui parvenze erano state rese irrimediabilmente irriconoscibili dalla fame e dai raggi del sole, che plasmavano chiunque tentasse la traversata del deserto. Perchè questo si trovava all'infuori delle comunità abitate dagli esseri umani: il deserto. Ovvero, questo si erano lasciati dietro dopo anni di guerre e sfruttamento incessante del terreno. Invece nelle Capitali le piante crescevano ancora rigogliose, c'era cibo in abbondanza e anche l'acqua scorreva a fiotti, ma a quale prezzo? Ogni cosa laggiù apparteneva ai Potenti e solo loro ne disponevano come volevano. Qualsiasi ribellione nascesse contro di loro, era sedata nel sangue. Un tempo erano erano le Capitali gli unici posti abitati dagli esseri umani, ma col tempo le persone avevano iniziato a preferire la libertà agli agi che poteva offrire una vita rivolta alla più cieca obbedienza, e iniziarono a creare piccoli villaggi indipendenti, formati da una decina di nuclei familiari. Ma la ricchezza e il fascino delle Capitali andava ben al di là dei soli beni materiali. Un tempo c'erano centinaia, forse addirittura migliaia di depositi di libri chiamati "biblioteche". Decenni dopo dopo il Grande Crollo della Rete quei libri e documenti scritti prima così sottovalutati diventarono l'unico strumento di conoscenza, e come ogni cosa rara inziò ad essere ambita da molti; il terrore di dimenticare rese tutti più coscienti di ciò che potevano perdere, e i Potenti iniziarono una tremenda lotta in nome del sapere: quasi tutte le biblioteche andarono distrutte in prove di forza fra Potenti, i resti delle poche rimaste vennero spartiti e spostati in camere blindate presso le Capitali. Anche l'istruzione diventò appannaggio di pochissimi; per fare in modo che solo i Potenti ed i loro sostenitori potessero usufruire della conoscenza racchiusa negli scritti, gli ex letterati e scienziati, la maggior parte dei quali ormai anziana, vennero corrotti con ricchezze di ogni genere, promesse di concludere la loro vita fra gli agi e gli studi in cui si erano dilettati prima del Grande Crollo. Se non avessero accettato di mettere il loro sapere al loro servizio, la pena sarebbe stata la morte. Quasi tutti, ormai prossimi alla fine della vita e desiderosi solo di essere ricordati, accettarono. Ma ci fu una minoranza che si rifiutò. Tra questi i sopravvissuti alle successive persecuzioni furono pochissimi, ma in un mondo privo di telecamere di sicurezza non fu difficile per loro nascondersi. Quando i Potenti credevano di essersi liberati di qualsiasi letterato sconveniente, fra le rovine di antiche costruzioni nacque nel silenzio più totale l'ordine degli Storici. Fino alla loro morte cercarono di raggiungere quanti più villaggi possibili, lontani dal dominio dei Potenti, insegnarono a leggere e a scrivere a tutti coloro che lo desideravano, raccontarono tutto ciò che sapevano sulle discipline in cui primeggiavano e sul Grande Crollo della Rete. Non potevano permettere che la luce della conoscenza venisse oscurata dal dominio delle Capitali, né che la gente si abituasse a vivere al buio come se non avesse mai visto altro. Nel giro di una trentina di anni i primi Storici erano tutti morti per cause naturali, ma ciò che avevano seminato era vivo e pulsante. La seconda generazione di Storici nacque dalle ceneri della prima, meno preparata ma giovane e assetata di conoscenza. Ben presto alla seconda generazione ne seguì a macchia d'olio una terza, poi una quarta. Ad un certo punto gli Storici diventarono un numero consistente. Abbastanza consistente da non temere più le antiche minacce dei Potenti, ormai vuote e senza significato per loro che non avevano assistito di persona alla decimazione dei letterati. Iniziarono a tatuarsi la faccia per farsi riconoscere: tre grossi punti neri sotto ogni occhio. Uno sguardo puntato contemporaneamente sul passato, sul presente e sul futuro. Iniziò una fitta rete di comunicazioni fra Storici che vivevano nei villaggi, si scambiavano informazioni e conoscenze in diversi campi, a volte si prestavano a vicenda e ricopiavano i pochi libri che i primi Storici erano riusciti a portarsi via. La loro eccessiva spavalderia non passò inosservata all'occhio dei Potenti. Per la prima volta dal Grande Crollo, più Potenti si allearono contro il nemico comune; prima silenziosamente, poi in modi sempre più vistosi ed atroci gli Storici cominciarono nuovamente a morire uno dopo l'altro in un'ultima, definitiva persecuzione. Tutte le copie di libri che avevano trascritto vennero bruciate, gli originali recuperati e sequestrati. Sono passati quaranta anni da allora. Quaranta anni che i villaggi vivono senza notizie dalle Capitali. Nel villaggio di Nina la stessa esistenza degli Storici è messa oggi in discussione; in molti sostengono che siano figure inventate, e che non possono essere passate più di due generazioni dal Grande Crollo. Tutto ciò che gli abitanti del villaggio sanno sul mondo esterno, la attribuiscono ad un semplice passaparola. Ma Nina ci crede. Fermamente. Crede che gli Storici siano esistiti e crede che torneranno. Ci crede perché non può farne a meno, perché l'idea di non sapere mai quanto sia grande questa "Terra" su cui vivono, o che cosa fosse "Internet", e perché era così importante per gli esseri umani la tiene sveglia di notte. In molti negli ultimi quaranta anni, tra cui i genitori di Nina, mossi dalla stessa sete di conoscenza, avevano lasciato il villaggio, con la promessa di riportare con sé notizie del mondo esterno. Nessuno era mai tornato. All'inizio anche i Visitatori che passavano di lì venivano tempestati di domande: su come fosse il mondo al di là della distesa di sabbia che aveva tutti i giorni davanti agli occhi, su come fosse la situazione nelle Capitali, se fossero ancora dei paradisi rigogliosi. Se fossero davvero esistiti gli storici e le persecuzioni. Tutte domande che cadevano nel vuoto, perché una cosa che accomunava tutti i Visitatori negli ultimi quaranta anni era la vacuità dei loro sguardi, e il loro modo di rispondere come se non ricordassero nulla prima di quell'attimo. Smarriti. La loro vita ricominciava da capo nell'attimo in cui sceglievano di restare o ripartire. Niente di tutto questo aveva mai soffocato la scintilla di curiosità che ardeva in Nina. Quella scintilla era diventata fiamma dentro di lei, mentre riconosce nella figura in lontananza un qualcosa di familiare, eppure mai visto prima. Quando è a ormai poche decine di metri, Nina decide di coprire la distanza che ancora la separa dal suo oggetto d'interesse. Venti metri e il silenzio desolante viene rotto da un sommesso chiacchiericcio. Dieci metri e la figura assume finalmente agli occhi della bambina le sembianze di una giovane donna. Con stupore la bambina si accorge che il rumore è emesso da uno strano aggeggio mai visto prima, appeso alla sua cintura. Cinque metri e il volto è abbastanza definito perché Nina possa notare tre grossi punti neri tatuati sotto ogni occhio. Nina arresta la sua avanzata. Il cuore le batte all'impazzata nel petto. La donna le sorride: <<Scusate se ci ho messo così tanto>> Link al commento Condividi su altre piattaforme Più opzioni di condivisione...
Green Inviato 21 aprile, 2017 Autore Condividi Inviato 21 aprile, 2017 Scadenza prolungata al 22 Aprile 23.59 per permettere a tutti di postare ! Link al commento Condividi su altre piattaforme Più opzioni di condivisione...
Deku- Inviato 22 aprile, 2017 Condividi Inviato 22 aprile, 2017 20 ore fa, Green ha scritto: Scadenza prolungata al 22 Aprile 23.59 per permettere a tutti di postare ! @Green temo che @Gosh nn possa postare per problemi al pc come si risolve? :o posso scrivere qualcosa io? Link al commento Condividi su altre piattaforme Più opzioni di condivisione...
Green Inviato 22 aprile, 2017 Autore Condividi Inviato 22 aprile, 2017 23 minuti fa, Deku. ha scritto: @Green temo che @Gosh nn possa postare per problemi al pc come si risolve? :o posso scrivere qualcosa io? Nope, rip. Non rientrerete in quella classifica, o meglio avrete un punteggio pari a 0. :/ Link al commento Condividi su altre piattaforme Più opzioni di condivisione...
Gosh Inviato 22 aprile, 2017 Condividi Inviato 22 aprile, 2017 Nickname: Gosh Team d'appartenenza: Fuoco Titolo: La macchina dell'orologiaio Racconto: https://www.dropbox.com/s/y5ihvg13g2777o3/La macchina dell'orologiaio (Salvataggio automatico).docx?dl=0 Nota: Mi dispiace tantissimo per aver fatto ritardare il contest (anche se non era solo mia la causa), ma ieri ho avuto vari problemi tecnici mentre finivo il racconto, ancora un grande scusa per i moderatori dell'iniziativa. Il racconto è troppo lungo, ho linkato un file dropbox per visualizzarlo. Se si hanno problemi, posso copia - incollare, ma dovrebbe funzionare, ho controllato. Link al commento Condividi su altre piattaforme Più opzioni di condivisione...
Deku- Inviato 22 aprile, 2017 Condividi Inviato 22 aprile, 2017 1 ora fa, Gosh ha scritto: Nickname: Gosh Team d'appartenenza: Fuoco Titolo: La macchina dell'orologiaio Racconto: Apri contenuto nascosto https://www.dropbox.com/s/y5ihvg13g2777o3/La macchina dell'orologiaio (Salvataggio automatico).docx?dl=0 Nota: Mi dispiace tantissimo per aver fatto ritardare il contest (anche se non era solo mia la causa), ma ieri ho avuto vari problemi tecnici mentre finivo il racconto, ancora un grande scusa per i moderatori dell'iniziativa. Il racconto è troppo lungo, ho linkato un file dropbox per visualizzarlo. Se si hanno problemi, posso copia - incollare, ma dovrebbe funzionare, ho controllato. perfortuna ci sei riuscito Link al commento Condividi su altre piattaforme Più opzioni di condivisione...
FraktheYukihira Inviato 28 aprile, 2017 Condividi Inviato 28 aprile, 2017 @Green per caso si sa quando annuncerete i risultati? Solo per sapere Link al commento Condividi su altre piattaforme Più opzioni di condivisione...
Green Inviato 28 aprile, 2017 Autore Condividi Inviato 28 aprile, 2017 1 ora fa, FraktheYukihira ha scritto: @Green per caso si sa quando annuncerete i risultati? Solo per sapere Il primo Maggio, credo. Non dipende da me purtroppo! Link al commento Condividi su altre piattaforme Più opzioni di condivisione...
Martyny Inviato 1 maggio, 2017 Condividi Inviato 1 maggio, 2017 Perdonateci molto l'attesa, i risultati del Contest di Scrittura sono finalmente qui! Per problemi di tempistiche, ho valutato solo io i lavori, ma andiamo subito con il podio e con i risulti, come per Grafica ci sarà la valutazione e il voto solo dei primi tre. :3 Podio: Al 1° Posto troviamo Sapphire Al 2° Posto troviamo Gosh Al 3° Posto troviamo Miracle Di seguito il voto con la valutazione dei primi 3 classificati: Sapphire: La storia rispetta perfettamente la traccia proposta, senza particolari errori di sintassi o ortografia. 8.5 Gosh: La storia è molto bella, abbastanza lunga e si attiene bene alla traccia senza particolari errori di ortografia. 8 Miracle: La storia rispetta abbastanza bene la traccia proposta ed è ben scritta senza evidenti errori di ortografia o sintassi. 7.5 Di seguito tutti i voti dei partecipanti che non sono rientrati in classifica: Sparcy: 6.5 The_Karp: 5.5 Shigu: 7 Lady: 7 FrakTheYukihira: 5.5 Comba: 4.5 Forci: 6.5 EngyAlkeKengy: 6.5 Ricordiamo che chi non ha fatto il team deve farlo, a breve la classifica generale e la tabella del torneo! Link al commento Condividi su altre piattaforme Più opzioni di condivisione...
Gosh Inviato 1 maggio, 2017 Condividi Inviato 1 maggio, 2017 2° Posto! WOW! Non me lo sarei mai aspettato! Un 6 mi sarebbe ultrabastato! Complimentissimi a @Sapphire e @Miracle per stare nel podio insieme a me! #TeamFire Link al commento Condividi su altre piattaforme Più opzioni di condivisione...
Spyro190 Inviato 1 maggio, 2017 Condividi Inviato 1 maggio, 2017 DELELELELELELELELELELE WOOOOOOOOP Link al commento Condividi su altre piattaforme Più opzioni di condivisione...
Sapphire Inviato 1 maggio, 2017 Condividi Inviato 1 maggio, 2017 Cavolo, sono veramente felice ** non mi sarei mai aspettata questa posizione owo Complimenti anche a @Gosh e @Miracle uwu Link al commento Condividi su altre piattaforme Più opzioni di condivisione...
Deku- Inviato 1 maggio, 2017 Condividi Inviato 1 maggio, 2017 complimenti a @Gosh che si è meritato il podio Link al commento Condividi su altre piattaforme Più opzioni di condivisione...
Francy Inviato 1 maggio, 2017 Condividi Inviato 1 maggio, 2017 Grats a tutti. :[ Crediti a Chube per il set. ~ regalini di compleanno da parte di Freedom Link al commento Condividi su altre piattaforme Più opzioni di condivisione...
Skadi Inviato 1 maggio, 2017 Condividi Inviato 1 maggio, 2017 7 minuti fa, Sapphire ha scritto: Cavolo, sono veramente felice ** non mi sarei mai aspettata questa posizione owo Complimenti anche a @Gosh e @Miracle uwu Sei nabba. Btw complimenti ai vincitori Link al commento Condividi su altre piattaforme Più opzioni di condivisione...
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