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[Traduzione] Frozen II - Forest of Shadow [CONCLUSO]


Snow.Queen

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Capitolo 24

 

ANNA SI SVEGLIÒ CON LA MADRE che cantava una ninna nanna.

       Lei sapeva che era solo un sogno, e così mantenne i suoi occhi chiusi, lasciandosi andare alla deriva nella melodia familiare e confortante. Anche se non riusciva a distinguere il testo, aveva il senso della storia che c’era dietro. Una storia di tanto tempo fa, in quel tempo prima del tempo, quando il mondo era verde e vivace e i fiumi gorgogliavano d’incanto. Quel tempo in cui il sole sarebbe disceso dal cielo e avrebbe camminato lungo la tessa, solo per sentire l’erba solleticarle i piedi e per discutere di filosofia con il vento. Era una vecchia canzone, una canzone di forza e mansuetudine, vendetta e amore. Il suono era dolce, ma non era reale. Anna lo sapeva.

       La Mamma se n’era andata. Anche Papà. E ora Elsa…

       Occhi gialli e un regno infestato. Le lacrime scendevano da sotto le ciglia, ma Anna continuava a non voler aprire gli occhi. Voleva rimanere sospesa nell’oscurità, nascosta fino a quando qualcuno non avesse ripulito il suo casino.

       Qualcosa di freddo colpì la sua guancia. “Anna, smettila di scherzare. Svegliati.”

       Anche questa voce era familiare.

       Anna aprì gli occhi per trovarsi naso a carota con Olaf.

       “Stai avendo una perdita,” la informò, riferendosi alle lacrime che stavano scendendo.

       “Olaf, cosa ci fai qui?” Anna si strofinò gli occhi e distolse lo sguardo dal naso di Olaf per vedere alberi senza rami che ondeggiano sopra di lei. No, non alberi—antenne. Tre, ognuna armata con le corde e le reti di una nave da lavoro e con vele larghe e svolazzanti.

Sopra lo sbattere delle onde, Anna poteva sentire cantare—ma non era sua madre, era Tuva il fabbro, che fissava la notte oscura da sopra il parapetto della nave reale, la sua voce inclinata che riempiva l'aria spruzzata di sale.

       “Anna è sveglia!” urlò Olaf.

       “Come siete arrivati fin qui?” chiese Anna a Olaf. “Come ci sono arrivata io qui?” Si guardava intorno e dietro di lei e vide Sven avvolto in un’enorme coperta, ancora addormentato, anche se le sue gambe si agitavano e il sudore illuminava la sua pelliccia quasi completamente bianca. È rimasta solo un piccolo pezzetto di pelliccia marrone sul suo naso svasato.

       “Hoo-hoo!” disse Oaken, entrando nel campo visivo, le sue guance più rosse del solito dovute all’aria fresca di mare. “Abbiamo osservato tutto dal porto! Quando la Spaventosa Elsa è scomparsa all’interno del castello, ci siamo insinuati a riva e ti abbiamo portata qui. Abbiamo pensato che tu e Sven avreste riposato meglio se foste stati vicini.”

       “Io pensavo che foste già salpati lontano!” disse Anna, perplessa. SI chiedeva anche perché non fosse caduta sotto al sonno dell’incubo. Studiò le sue mani, non sicura su cosa si aspettasse di vedere.

       “Lo stavamo facendo,”disse Tuva dalla poppa della nave, le sue mani sul timone. Nella luce della lanterna gialla, il fabbro sembrava straziato e i suoi capelli ricci erano stati trasformati dal vento in una nuvola di crespo. I suoi occhi marroni, comunque, erano rimasti caldi mentre guardava Anna. “Ma poi abbiamo cambiato idea. Ed è stata anche una buona cosa—altrimenti non saremmo stati in grado di recuperare SoYun.”

       “Dato che vivo nella periferia del villaggio,” disse dolcemente SoYun mentre compariva da dietro il palo, una bobina di spessa corda tra le braccia. “il lupo è andato drittoe proprio in quel momento il resto della mia mandria si è addormentata. Ho capito che sarei dovuta andare in cerca di una soluzione da sola. Quindi ho remato in mare, sperando di trovare qualcuno sveglio sull'acqua, ed è così che loro”—indicò Tuva e Oaken—“mi hanno trovato.”

       “Sono così felice,” disse Anna, e ha notato con piacere che, mentre la lunga treccia nera di SoYun non era ancora nel suo solito ordine, sembrava meno terrorizzata di quando si era imbattuta in Anna ed Elsa nel bosco. Infatti, SoYun sembrava determinata.

       “Ma,” chiese Anna, guardando verso Tuva, “che tipo di cambiamento vi ha spinti a ritornare?”

       “Tu,” disse semplicemente Tuva.

       Anna sbatté gli occhi. “Cosa vuoi dire?”

       Tuva girava il timone, e le vele sopra di esso si increspavano nella brezza notturna. “Voglio dire,” disse, “che se una giovane donna come te poteva rimanere nei paraggi, anche se tutto andava a rotoli e tu non hai poteri di neve e ghiaccio, e dubito che tu possa sollevare un martello da fabbro sopra la testa anche solo per un minuto—allora perché non possiamo noi? Dopotutto, Arendelle è la nostra casa tanto quando la vostra.”

       “Abbiamo navigato solo per un po’ prima di renderci conto che dovevamo tornare. E quindi, abbiamo deciso di tornare indietro nel caso tu fossi ancora là fuori. E c’eri. Così, ti abbiamo preso giusto in tempo e portata sulla nave, ed ora siamo salpati di nuovo.”

       “Teniamo d’occhio il castello,” aggiunse SoYun. “Elsa… lei è…”

       “Ancora lì dentro,” finì sicuramente Tuva.

       “Grazie. Q-quanto tempo sono rimasta addormentata?” disse Anna, i suoi pensieri si fermavano con la visione di Elsa che cadeva vittima del Nattmara.

       “Solo per qualche ora!” disse Olaf dalla prua. “Che è in realtà un breve lasso di tempo quando si prendono in considerazione gli eoni della nostra galassia.”

       Il cuore di Anna accelerò. Erano ancora nella stessa notte. “E quando ci sarà l’alba?”

       “Tra un’ora.” disse Oaken.

       Un’ora. Arendelle aveva una singola ora prima che tutto questo terrore diventasse permanente. Inquieta, Anna si alzò in piedi e si diresse verso la ringhiera. Abbassò lo sguardo e fissò le acque nere dell’Arenfjord. Schiaffeggiavano senza sosta contro lo scafo della nave, dando ritmo ai terribili pensieri che brulicavano nella mente di Anna: Elsa, fallimento, Elsa. Una lacrima le scese sulla guancia. La paura più grande di Anna non era un lupo. Non lo era mai stato.

       Era di perdere sua sorella.

       Olaf prese la mano di Anna nella sua. “Ti stai sciogliendo.” disse. “Vorrei poter condividere il mio gelo perenne con te.”

       Anna sorrise mentre si asciugava la faccia con il dorso della mano. “ Tutto bene, Olaf.” Si fermò. “Attualmente,” ammise, “Non sto bene. Per tutto questo tempo ho sempre voluto fare il Grande Viaggio con Elsa proprio su questa nave, ma ora… Doveva essere un viaggio che Elsa ed io dovevamo fare insieme.”

       E anche se non lo aveva detto, pensò: Proprio come anche prendersi cura del castello è una cosa chesi suppone dovremmo fare insieme. Ma anche dopo il viaggio dagli Huldrefólk, Elsa non si fidava ancora di lei per liberarsi del Nattmara, ed ora, la loro unica possibilità di sconfiggere l’incubo—la Revolute—giaceva in piccoli pezzi frastagliati nella tasca del suo mantello.

       Sven improvvisamente muggì, e Anna guardò giusto in tempo per vederlo pestare selvaggiamente, le sue gambe si muovevano come se stesse correndo per la sua vita, anche se era addormentato.

       Anna si avvicinò di corsa e si sedette accanto a lui, la sua gonna che le svolazzava intorno. Attenta ad evitare i suoi zoccoli, si allungò e gli accarezzò teneramente il naso. Lentamente, Sven smise di scalciare, ma le sue orecchie continuavano a contrarsi.

       “Ho rovinato tutto, “ disse continuando ad accarezzare Sven gentilmente sulla testa. “Pensavo di avere finalmente le risposte. Ma”—tirò un lungo e tremolante respiro—“Ho pensato male. E Elsa— aveva ragione a non fidarsi di me per accompagnarla nel suo Grande Viaggio, o per sconfiggere il Nattmara, o per fare qualsiasi cosa.”

       “Ah-hem,” arrivò una schiarita di voce familiare. Si girò per vedere Wael arrampicarsi fuori dallo scafo della nave.

Velocemente, distolse lo sguardo e teneva la testa piegata verso l’acqua, usando i suoi capelli come una tenda. Non poteva pensare di riuscire a digerire il giudizio del giornalista ficcanaso. A malapena si sentiva in grado di gestire qualsiasi cosa.

       “Ah-hem.” Lo schiarimento della gola divenne più insistente. “Non ho potuto fare a meno di ascoltare, ma, beh… Sei già stata sottocoperta? Nello studio di Elsa?”

       Anna scosse la testa. Era stata sulla nave reale per aiutare a caricare le razioni, ma aveva puntato ad evitare la cabina di Elsa, restia a vederla impilata con i bagagli che avrebbero accompagnato Elsa lontano da casa.

       “Allora suggerisco di darci un’occhiata.”

       “Non lo so,” disse Anna, pensando ai capelli selvaggi che ora sventolano intorno al viso di Elsa e degli occhi gialli del Nattmara incastonati nelle sue orbite. Quell’immagine l’avrebbe perseguitata per sempre, ne era certa. “S—sarebbe troppo doloroso da vedere in questo momento,” disse Anna.

       Con un pesante sospiro, Anna si trascinò dietro Olaf, seguendo lui e Wael al piano di sotto verso lo studio di Elsa. Mentre camminava, continuava a dare occhiate nascoste a Wael. Era sorpresa del fatto che era stato disposto a tornare indietro e aiutarla.

       Wael notò una di quelle occhiate e sospirò. “So cosa stai pensando,” disse mentre saliva su una scala a chiocciola.

       “Davvero?” disse Anna, le sue guance si riscaldarono un po’.

       Wael annuì. “Tu pensi che perché io ho chiesto a te e tua sorella difficili questioni riguardo il regno, allora voi o Arendelle non mi piacciate molto.” Aprì la porta verso gli alloggi di Elsa e si fermò un momento per guardare Anna. “Ma la verità è, che io ho chiesto questioni difficili perché io amo Arendelle veramente tanto, e perché credo in te ed Elsa. Sai, fare domande difficili e spesso il primo passo per realizzare qualcosa.”

       E Anna fu sorpresa di realizzare che sì, sapeva esattamente. Sorrise a Wael e disse. “Ti ringrazio veramente tanto per le tue domande, e per essere tornato ad aiutarci.” E lo intendeva con tutta se stessa.

       Wael ricambiò il sorriso e fece un passo indietro così che lei potesse entrare.

       Anna sobbalzò. Ovunque, c’erano girasoli. Girasoli dipinti danzavano attraverso le travi di legno ed erano incisi nelle maniglie dell’armadio. Un tappeto peluche di girasole, giallo allegro e verde primavera, giaceva alla base delle scale.

       I girasoli non erano i fiori preferiti di Elsa. Erano quelli di Anna. Elsa deve aver richiesto che l’intero studio ne fosse decorato per ricordarle di sua sorella. Per ricordarle di casa. E nel centro della stanza ha appeso un ritratto appena commissionato di due bambine, una con i capelli biondo platino e l'altra castani, che pattinavano su uno stagno ghiacciato. L’intera stanza sembrava come un abbraccio.

       Wael è andato alla scrivania e ha tirato fuori una pagina dalle pile che si erano già accumulate in previsione del Grande Viaggio di Elsa. “Questo è quello che ho pensato che ti sarebbe piaciuto vedere,” disse Wael, consegnandogliela prima di andarsene, lasciando Anna da sola con Olaf.

       Anna sbirciò la pagina, poi fece un passo indietro. Era un proclama scritto nella calligrafia elegante di Elsa:

 

 

Io, Elsa, Regina di Arendelle, con la presenteproclamo mia sorella, Anna di Arendelle,

 

Custode del Regno, mentre salperò per il Grande Viaggio.

 

Lei è gentile, premurosa, e ama Arendelle con tutto il suo cuore.

 

Non c'è nessuno migliore di lei per vegliare sul regno mentre sarò via.

 

 

Alla fine, Anna aveva una risposta. La ragione per cui Elsa non l’aveva invitata per il Grande Viaggio—non era perché Elsa pensava che Anna fosse incompetente. Era perché sapeva che Anna era utile, e che aveva bisogno di Anna a casa per tenere d’occhio le cose. Naturalmente Elsa non voleva che Anna lasciasse Arendelle. Arendelle aveva bisogno di Anna tanto quanto Anna ne aveva bisogno.

       “Questo è il vero amore!” disse Olaf, che aveva inclinato la testa per leggere.

       “Lo è,” disse Anna con un sorriso triste. Per tutto questo tempo, Anna aveva pensato che Elsa credesse che lei fosse inutile, ma forse non era questo il caso. Forse l’unica persona che non credeva che Anna fosse utile… era Anna stessa.

       Si ricordò della bolla di ghiaccio in cui Elsa l’aveva rinchiusa. Aveva pensato che Elsa stesse facendo un ulteriore atto di protezione da sorella maggiore, ma se fosse destinato ad essere qualcosa di più? E se non stesse cercando di essere protettiva nei confronti di Anna, ma stesse invece armando Anna, forzandola ad aspettare ed osservare, perché credeva in lei per trovare la soluzione se fosse successo il peggio?

       “Olaf,” disse Anna, “ ti dispiacerebbe far venire qui Tuva, per favore? Non abbiamo molto tempo.”

       Mezz’ora dopo, comunque, la fragile speranza di Anna si è di nuovo infranta. Aveva allestito i pezzi raccolti della Revolute sopra la scrivania di Elsa per vedere se Tuva avesse potuto rimetterli insieme, ma il fabbro scosse la testa. “I pezzi sono troppo piccoli, e il metallo—non ho mai visto nulla del genere prima d’ora. Forse ci riuscirei se Ada”—il respiro si bloccò sul nome di sua moglie—“fosse nei paraggi e avessi acceso alla nostra forgia, ma non c’è modo che io possa aggiustarla in tempo, e sicuramente non su questa nave senza gli strumenti adatti.”

       “Perché vorresti sistemarla?” disse Wael dall’ingresso. “La spada non ha funzionato la prima volta—cosa ti fa pensare che potrebbe funzionare questa volta?”

       “Perché,” disse Anna, mantenendo l’occhio sull’oblò. Il cielo notturno cominciava a rischiararsi? “Puoi sconfiggere un mito con un mito, e la Revolute e sicuramente un mito. Inoltre”—girò la testa per guardare verso la mappa di Arendelle appesa alla parete. Le ricordò la mappa che aveva scoperto nella stanza segreta, quella su cui sua madre aveva scritto uno dei tanti modi di dire di suo padre—“mio padre era solito dire che il passato ha un modo per ritornare.”

       “E ciò che gira torna indietro, come uno starnuto nel vento.” aggiunse Olaf. Si sedette alla scrivania, esaminando i pezzi della spada in frantumi. “Forse dovresti dare un’occhiata alla Revolute e al passato di Aren.”

       Anna sospirò. “Vorrei, ma non ho esattamente una copia della Saga di Aren con me al momento, e Elsa non è qui per declamarla.”

       “Ah-hem,” tossì Wael. “Elsa non è la sola che ha studiato i classici.”

       “Le mie scuse, Wael,” disse Anna. “Ti prego narraci, ma in fretta.” Il disagio la pervase, ma lo schiacciò. “Non abbiamo molto tempo.”

       “ ‘La luna e il sole che girano, hanno forgiato una lama a mezzaluna…’ ” iniziò Wael, ed Anna ascoltava distratta mentre sfogliava gli altri documenti che potevano essere d’aiuto.

       “Ehi, Anna,” disse Olaf, “non pensi sia divertente come tu possa trovare l’amore nei posti più curiosi?”

       Anna cercò di non sospirare. Amava quando Olaf discuteva la filosofia—solitamente—ma ora, a pochi minuti dall’alba, non era il momento. “Sì, sicuramente. Perché lo chiedi?”

       “Perché,” disse Olaf. “si trova seduto qui sulla scrivania.”

       Anna guardò, cercando di vedere quello di cui stava parlando. Non aveva capito che Olaf aveva risistemato i pezzi rotti della Revolute, in particolare la parte superiore della lama che conteneva l'iscrizione del nome della spada, che ora recitava:

 

L-O-V-E R-E-T-U

 

       “ ‘Il mare si affrettò mentre il potere nascosto scorreva dalla spada scintillante,’ ” continuò a recitare Wael— e il cuore di Anna perse un battito.

       Un potere nascosto.

       Il cuore di Anna iniziò nuovamente a battere, ma due volte più veloce del normale, mentre i pensieri le attraversavano la mente e ha preso le altre lettere. Un sorriso comparve sulla sua faccia.

       “Oaken!” urlò fino al ponte. “Gira di nuovo questa nave! Abbiamo un regno da salvare.”

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Capitolo 25

 

ANNA SAPEVA DOVE TROVARE SUA SORELLA.

       Più la notte si avvicinava all’alba, più la casa di Anna sembrava diventare una casa straniera. I rami spinosi si contorcevano dappertutto, come se una foresta di ombre avesse messo radici nella terra. E in alto, una grande tempesta di sabbia roteava, il suo centro posizionato direttamente sopra il Castello di Arendelle. I suoi grandi venti si alzavano sulle onde alte, e Anna e il resto dell'equipaggio si coprivano il naso e la bocca con le sciarpe di seta che in origine dovevano essere regali alla corte di Corona, ma che ora fungevano da scudi per poter respirare senza inalare la sabbia mentre la nave reale si avvicinava.

       Oaken guidava la nave mentre Tuva urlava comandi a Wael, e SoYun e Anna aiutavano con un complicato sistema di corde e pulegge. Wael sembrava un po' verde intorno alle branchie, e Anna era grata di avere uno stomaco forte.

       Ma era Olaf, un pupazzo di neve abituato a cadere a pezzi e a rotolare in più direzioni contemporaneamente, che fu di grande aiuto. Si assicurò che gli oggetti sulla scrivania non sbattessero contro nessuno e che Sven ancora addormentato rimanesse al sicuro fuori pericolo.

       “Virata brusca!” avvertì Oaken, e l’attimo successivo, girò la nave reale per renderla parallela ai cancelli del castello. Ma c’era ancora una considerevole distanza tra il ponte della nave e la terra.

       “Questo è il massimo che possiamo fare senza distruggere la nave!” disse Oaken.

       Anna fissava l'acqua grigia e frammentata. La sabbia nera sporcava la sua schiuma solitamente bianca. Doveva saltare! Ma poi vide la corda di SoYun. Ricordandosi di come era scappata dal Nattmara dalla torre di Sorenson, disse a SoYun di lanciare la corda e di agganciarla saldamente ad un lampione.

       Quando fu fatto, Anna si arrampicò sul binario superiore. “Auguratemi buona fortuna!” Prese l’estremità libera della corda da SoYun—e saltò! Tre lunghi secondi passarono mentre si alzava in volo nell’aria e sopra l’acqua, e poi, si lasciò andare. Con un tonfo, atterrò sul terreno del castello.

       Anna trasalì, non a causa del dolore, ma perché avrebbe dovuto fare un’entrata silenziosa. Due paia di brillanti occhi gialli apparvero improvvisamente nell’entrata principale del Castello di Arendelle: Kai e Gerda. E anche i loro capelli erano diventati bianchi.

       Hanno comunque aperto la bocca con un urlo, ma è uscito solo uno stridio. Anna scosse la testa nel dispiacere. Kai e Gerda erano stati intrappolati in una terribile realtà da incubo per quasi tre interi giorni. Era un miracolo che gli fosse rimasta un po’ di voce. Sfortunatamente, sembravano ancora in grado—e desiderosi—di impugnare le loro armi domestiche. Il luccichio dell'attizzatoio di Kai e le forbici affilate di Gerda tagliavano ancora la sabbia nera.

       Cosa fare cosa fare cosa fare!

       “Hoo-hoo, aiutanti del lupo dagli occhi gialli!” chiamò Oaken mentre dondolava sull'acqua e atterrava con sorprendente facilità accanto ad Anna. “Non è educato attaccare gli ospiti!”

       “Oaken! Torna sulla nave!” istruì Anna. “Non è sicuro!”

       “Non preoccuparti, Anna,” disse Oaken con un cenno verso la nave dove Wael, SoYun, Tuva, e Olaf stavano chiamando Kai e Gerda dal ponte, distraendoli da Anna. “Ci pensiamo noi, ja? Li attireremo via e ci assicureremo che non si facciano alcun male—o che non ne causino. Ora, vai ad aiutare Elsa!” Si girò verso Kai e Gerda, e ondeggiò le sue braccia. “Quaggiù!”

       Anna annuì i suoi ringraziamenti e si precipitò dentro per cercare sua sorella… se era rimasto qualcosa di lei. Non aveva un piano solido, ma era coraggiosa, e aveva speranza. E questo doveva essere abbastanza.

       La sabbia sembrava più densa vicino all’entrata della Sala Grande, così Anna corse lì più veloce che poteva sulla strana combinazione di sabbia e legno duro. Rallentava i suoi progressi, ma Anna continuava a spingere in avanti verso le doppie porte. Sicuramente, mentre si avvicinava, poteva sentire singhiozzare. Spingendo le porte aperte, Anna entrò.

       Sua sorella era seduta sul suo trono, i suoi occhi gialli fissavano senza battere ciglio un sogno che Anna non poteva vedere. Mentre Elsa piangeva, strane raffiche di ghiaccio nero le volteggiavano sopra la testa. Il cuore di Anna si strinse.

       “Elsa?” sospirò. “Elsa?”

       Ma l’espressione di sua sorella non cambiò. Non volendo spaventare Elsa, Anna si muoveva lentamente verso di lei. Improvvisamente, dall’angolo della stanza, sentì un lungo, basso ululato. Stava succedendo di nuovo! Il suo incubo! Si sporse da dietro il pilastro—e attaccò.

       Ma Anna era preparata. Aveva lasciato il mantello aperto proprio per questo motivo. E mentre il lupo le saltava addosso di nuovo, Anna gettò via il mantello dalle spalle e per la prima volta, invece di correre via dal lupo, ci stava correndo incontro. Teneva il mantello sopra la testa come uno striscione, mentre sfrecciava tra le sue due zampe anteriori, ognuna grande come un masso. Il lupo capì un momento troppo tardi il percorso della sua preda. I suoi denti scattarono attorno il suo mantello, catturando solo la stoffa mentre Anna lo lasciò andare e corse sotto la protezione della pancia del lupo.

       Trattenendo il respiro, si fermò il tempo che bastava per udire i brandelli di stoffa mentre i denti del Nattmara strappavano il mantello, non realizzando ancora che era solo un diversivo. La farsa non sarebbe durata ancora a lungo, ma le aveva dato secondi preziosi.

       Uscendo fuori da sotto la coda del lupo, Anna si lanciò verso il trono.

       Rimanevano ancora tre metri. Due. Uno. C’era quasi!

       Arooooooooooo!

       Il Nattmara si era accorto di essere stato ingannato!

       Il sangue di Anna si ghiacciò mentre guardava indietro. Non avrebbe dovuto.

       Perché il lupo era sopra di lei.

       Artiglia la lunghezza dei coltelli da macellaio rastrellati sulla schiena. Ha chiuso gli occhi, aspettando il dolore… ma non arrivò mai.

       Infatti, Anna non sentì nulla.

       I suoi occhi si aprirono appena in tempo per vedere il Nattmara attaccarla di nuovo, ma invece di scontrarsi con lei, passò attraverso Anna come se fosse lei quella che era fatta di sabbia invece del lupo. Il cuore le sbatteva nel petto. Non aveva sentito alcun dolore. Era diventata un fantasma?

       Il Nattmara ringhiava, chiaramente confuso come lo era lei. Affondò nuovamente, questa volta per primi i denti, ma Anna non sentì nulla di più di una leggera brezza mentre le sue fauci le sfioravano la gola, non lasciandole nessun segno. Come il vento che l’afferra. E per la prima volta, Anna non sentiva la pressione soffocante del Nattmara sui suoi pensieri, facendole pensare cose terrificanti e senza speranza. Ancora e ancora, il Nattmara l’attaccava, ma niente le poteva far del male.

       La mente di Anna turbinava ad un ritmo frenetico. Ogni volta che era stata attorno al Nattmara, i pensieri di non essere abbastanza brava l'avevano riempita e tenuta a freno. Ma ora—ora Anna sapeva, ricordando il proclama nello studio da viaggio di Elsa, che lei era brava abbastanza, e che lo era sempre stata.

       La verità in quelle parole scritte sembravano aver aggiustato le crepe nel suo cuore.

       Non aveva più paura. Il Nattmara non avrebbe più potuto farle del male… quindi perché l’incubo di Anna era ancora lì?

       Anna non poteva concentrarsi! L'urlo di Elsa le scavava dentro, e anche se i temibili artigli del Nattmara non potevano più farle male, ogni volta che Elsa piangeva, Anna si sentiva come se fosse stata fisicamente presa a pugni.

       “Elsa!” urlò Anna, barcollando verso il trono. “Qualunque cosa tu stia vedendo, non è reale! È solo un incubo!” I suoi pensieri si scatenarono freneticamente, e lei si aggrappò a uno di essi prima che scivolasse via. “Ricorda la Mamma e il Papà!” disse. “La cioccolata calda! Accoglienti racconti—” Anna si interruppe.

       Aspetta un momento.

       Fingere di consegnare i suoi incubi a Frigg il Pescatore non aveva mai aiutato Anna. Ma ora si ricordò delle parole di Elsa di due giorni prima. Il trucco della Mamma ha sempre funzionato con me. Non ho più avuto un incubo da allora.

       Un altro pensiero le venne in mente, un ricordo della voce di Sorenson, e le sue parole confuse improvvisamente hanno assunto significato. L'atto di seppellire la paura è ciò che manifesta il Nattmara, disse.

       E ora Anna capiva. La paura cresceva solo più a lungo veniva ignorata. Evitare un incubo lo rendeva solo più potente, più terrificante quando finalmente scoppiava. E se Elsa aveva ignorato le sue paure per anni—se avesse bandito i suoi incubi, allora forse loro avevano preso una propria vita, hanno preso la loro forma…

       Ulf il Lupo è sempre stato il mio preferito, aveva detto Elsa nella torre di Sorenson. E se, invece di consegnare i suoi incubi a un amichevole pescatore come aveva provato a fare Anna, Elsa aveva immaginato di alimentare le sue paure con un lupo affamato?

       Le idee di Anna sono arrivate a lei ancora più velocemente. Gli incubi e le paure rifiutate di Elsa, incapaci di aggrapparsi ad Elsa ma più potenti delle paure della maggior parte delle persone, si erano insinuati nei sogni di un altra bambina spaventata e sola—una bambina la cui solitudine si era spalancata dentro di lei, lasciando spazio alla sabbia nera e ai sogni oscuri per insinuarsi nella sua testa. Un cuore che si era incrinato quando la bambina era stata separata da sua sorella. Il cuore di Anna.

       La realizzazione tuonò attraverso di lei: Anna non aveva creato il Nattmara—non con un sortilegio o le sue preoccupazioni più grandi. Il lupo che era apparso la prima volta davanti a lei sedici anni fa non era una manifestazione della paura di Anna. C’era stata un’altra bambina spaventata e sola nel castello accanto a lei, una che aveva anche temuto di essere separata dalla sorella: Elsa.

       Il Nattmara era l’incubo di Elsa! Era la paura di Elsa che dovevano conquistare!

       Ma… Anna non aveva idea di quello di cui aveva paura sua sorella. Elsa era la persona più forte che conosceva, una grande regina, coraggiosa in faccia al pericolo, determinata, e regale.

       Cosa fare cosa fare cosa fare!

       Il Nattmara, frustrato dai suoi inutili tentativi di infliggere dolore ad Anna, lasciò uscire un ululato assordante. La tempesta di sabbia si scatenava più velocemente. Mentre Anna poteva essere salva dall’attacco della bestia, Arendelle non lo era.

       Anna corse verso Elsa, e anche se il suo stomaco le faceva male mentre guardava gli occhi gialli di Elsa, non distolse lo sguardo. Il Nattmara era arrivato solo quando erano state separate—o dai loro genitori quando erano piccole, o dalle responsabilità da regina di Elsa. Quindi poteva essere sconfitto solo, pensò follemente Anna, quando erano insieme.

       Tutto quello che Anna doveva capire era cosa spaventava Elsa—ma lei veramente non aveva idea di cosa potesse essere.

       “Elsa!” urlò mentre si avvicinava al trono. “Elsa, sono qui! Cosa succede? Cosa ti spaventa così tanto da non volermelo dire?”

       Elsa gridava più forte, e l'afflusso di sabbia nera che ancora le usciva dai palmi delle mani è stato più veloce. Ha iniziato a formare una barriera tra di loro, riempiendo la Sala Grande. Eventualmente, avrebbe raggiunto le travi, e poi il soffitto, seppellendo Elsa sul suo trono. Aspetta un momento—il trono!

       Erano nella Sala Grande; il Nattmara l’aveva scelta, quindi dev’essere stata la stanza che meno piaceva ad Elsa. E mentre Anna osservava la nuvola di sabbia che circondava il trono di Elsa, vorticando sopra la sua testa a formare una corona luccicante di oscurità, la risposta le arrivò: Elsa aveva paura di essere una cattiva regina.

       “Tutte le persone contano su di me!” singhiozzò Elsa nel suo incubo. “Vi prego! Sarò migliore!”

       Anna, non più spaventata dal Nattmara—ma molto più spaventata di perdere sua sorella per sempre—saltò su per la pedana e afferrò la mano di Elsa. Elsa cercò di strapparla via, ma Anna la teneva stretta.

       Improvvisamente, Anna poteva vedere dentro l’incubo di Elsa: gli incontri senza fine che Elsa si sentiva a disagio nel condurre, non sapendo cosa dire alle persone dopo aver avuto una interazione sociale veramente minima per la maggior parte della sua vita. Anna aveva sempre pensato che Elsa fosse una buona ascoltatrice. Tutti sembravano pensare che fosse così meravigliosamente composta, ma in realtà la sua tranquillità non era un pensiero raccolto, ma una specie di paura da cervo-nel-percorso-della-freccia.

       E il Nattmara l’aveva resa una cattiva regina—con la Moria. Ora tutto aveva un senso per Anna. Prima che il Nattmara avesse la forza di prendere le sembianze di un lupo, si era infiltrato nel regno come una malattia, perseguitando il regno nello stesso modo in cui aveva perseguitato la mente di Elsa. E con la Moria sono arrivate le costanti preoccupazioni e domande della gente, e Elsa era diventata più sconvolta e persino più spaventata di non riuscire a proteggerli. Aveva cominciato a rompere le cuciture mentre cercava di tenere tutto dentro. Non era stata in grado di dormire… e così, gli incubi soppressi di Elsa avevano trovato un’altra sorella addormentata e preoccupata a cui dare la caccia fin quando, alla fine, la paura in Arendelle—la paura di Elsa—era cresciuta così tanto che alla fine il Nattmara poteva essere visto da chiunque. Perché soprattutto, Elsa temeva di danneggiare il regno—di nuovo. O di far del male ad Anna, di nuovo.

       “Oh, Elsa,” sospirò Anna, il suo cuore dolorante. “Perché non me lo hai detto?” Anna teneva la mano di sua sorella, anche se la sabbia nera le spingeva da tutte le parti “Sei perfetta così come sei! Sei una grande leader! Hai attenzione per i dettagli, e la tua calma ti da modo di ascoltare. Sono così orgogliosa di te, Elsa. Sei una meravigliosa sorella, e sei un modello per me. Sei la persona che ammiro!”

       È stata l’immaginazione di Anna, o sua sorella le stava stringendo la mano? Ignorando il brivido della rabbia del Nattmara che li circondava sotto forma di sabbia nera che spruzza il viso di Anna da tutti i lati, Anna continuò a parlare, focalizzando tutta se stessa su sua sorella—farle sapere cosa provava per lei, proprio nello stesso modo in cui il proclama di Elsa aveva mostrato ad Anna la verità.

       “Tu sai che sono migliore di quello che penso di essere!” urlò contro il vento e la sabbia che si frantumava. “Ero così spaventata dal fatto che non avessi più bisogno di me perché non ero stata invitata al Grande Viaggio. Ma poi ho visto che il Viaggio non ha nulla a che fare con me, e ho capito che avevi ragione—sono utile, e sono sempre qui per te e per la nostra gente, a qualsiasi costo! Proprio come so che tu sei qui per me!” Anna non era sicura di essersi messa in contatto con Elsa, ma ha tenuto duro, nonostante il crescente sciame di sabbia nera.

       Gli occhi di Elsa erano chiusi. E poi… “Anna?”

       “Elsa!” urlò Anna. “Sono qui! Sono sempre stata qui!”

       Elsa girò la testa, e Anna vide che i suoi occhi non erano più gialli, ma erano tornati alla loro solita tonalità di azzurro. “Anna,” disse Elsa, la voce rauca da tutte le urla indotte dall'incubo. “Ma certo che ho bisogno di te.”

       Il Nattmara tirò indietro la testa e ululò in preda alla rabbia, il suono che risuonava all'infinito nella sala.

       Elsa strinse più forte la mano di Anna. “Perché è ancora qui?” Elsa ondeggiò la mano libera, pronta a colpire con il ghiaccio.

       “No!” gridò Anna. “Non puoi combattere la tua paura—lo renderà solo più forte! Proprio come non puoi ignorare la tua paura, perché lontano dagli occhi, crescerà in strani modi e muta.”

       “Allora cosa dovrei fare?” chiese Elsa, la sua voce che si spezzava. “Siamo quasi all’alba!”

       “Accettala,” sospirò Anna, pregando di avere ragione. “Va bene avere paura, Elsa. Non puoi lasciare che la paura s’impossessi di te! La paura è l’ombra dell’amore. Hai paura solo perché ti preoccupi tanto per Arendelle e per me, ed è questo che ti rende una grande regina e un grande leader. E una grande sorella. Ecco perché tutti noi ti amiamo, Elsa!”

       Era l'enigma che Olaf l'aveva aiutata a risolvere quando aveva riordinato le lettere della spada. Non R-E-V-O-L-U-T-E o L-O-V-E R-E-T-U, ma T-R-U-E L-O-V-E era il modo per sconfiggere il Nattmara. E questo era un mito.

       Elsa non disse nulla, ma poi allungò nuovamente la mano. L’enorme lupo si fermò, i venti si calmarono, e con ogni passo che il lupo faceva verso le sorelle, si rimpiccioliva. Nel momento in cui raggiunse la mano allungata di Elsa, il lupo aveva le dimensioni di un cucciolo. Aveva ancora denti e artigli affilati, ma era gestibile e poteva essere contenuto.

       “La mia paura,” disse Elsa in soggezione. “Ero così spaventata di essere una cattiva regina, ma non devo più preoccuparmene. Perché ho te, Anna.”

       Anna sorrise e rimase ferma mentre il cucciolo di lupo bianco si avvicinava. Lei non era spaventata della paura di Elsa—era una parte di sua sorella, e non avrebbe mai potuto avere paura di lei. Il potere del Nattmara è stato finalmente sconfitto.

       Il cucciolo appoggiò il naso sulla mano di Elsa e si trasformò in una nuvola di sabbia, scintillante nell’aria, e poi… un solo granello di sabbia nera giaceva davanti alle sorelle. Con un movimento del suo polso, Elsa lo catturò in un cristallo di ghiaccio e lo prese in mano. Poi lo allungò verso il primo raggio di luce dell’alba.

       “Come?” sospirò. “Come abbiamo sconfitto il Nattmara senza un mito?”

       “Perché,” disse Anna, sbirciando il cristallo, “noi abbiamo un mito—l’abbiamo avuto per tutto il tempo. Aren non è diventato un mito perché gli è capitato di possedere una spada fantastica. Le spade e le corone non cambiano chi siamo.”

       Elsa mise quel singolo granello di sabbia nella sua tasca. “Allora cosa?”

       “Il vero amore,” disse Anna, riferendosi al potere nascosto di cui parla la Saga di Aren. “Il potere che ha scolpito Arenfjord. Lo stesso potere che ha dato ad Aren la forza di scendere dalla sua barca per affrontare un pericolo sconosciuto, o salire su una montagna per affrontare un drago. Non importa cosa è successo davvero—quello che importa è la scelta che ha fatto.”

       Improvvisamente, la colpì quanto fosse assonnata, e i suoi pensieri le giunsero come un giro di onde tranquille dell'oceano.

       “È come quando Sorenson aveva detto che tutti i miti contengono un nocciolo di dura verità. Non è stata una spada magica che ha scolpito una casa sul fiordo. Il mito non riguardava la creazione del fiordo attuale—era un mito riguardo come, attraverso l’amore, Aren e gli altri della sua generazione credevano l'uno nell'altro e si fidavano l'uno dell'altro e si amavano abbastanza da stabilirsi qui e ritagliarsi una casa, e per i loro futuri bambini, famiglie, ed amici. Per noi. Un posto dove le bandiere di Arendelle potessero sempre sventolare sicure.”

       “Il vero amore,” pensò Elsa. “La cosa che può muovere le montagne e sconfiggere gli incubi.”

       “Esattamente,” disse Anna. Ha condotto Elsa alla finestra, alla tenda dove aveva visto per la prima volta il lupo che vi si nascondeva dietro. “Il nostro amore è degno dei grandi miti. Noi. Le sorelle reali di Arendelle.” Anna spostò le tende.

       La luce del sole è arrivata di corsa. L'alba sera completa, e il sole si estendeva all'orizzonte, oro brillante in un cielo grigio-satinato, che splendeva su una terra piena di colori vibranti. Nessuna traccia della sabbia nera infuriata o del marciume pallido e mortale.

       E mentre strizzava gli occhi nella direzione del sole crescente, Anna notò una sagoma camminare verso il castello. C’era qualcosa dei vestiti e dei capelli arruffati che sembravano familiari…

       “Kristoff!” urlò Anna.

       Elsa appoggiò una mano sulla spalla di Anna. “Vai da lui,” le disse.

       Anna sorrise a sua sorella, poi se ne andò, correndo nella seconda Sala Grande e fuori dal castello, e poi Kristoff era tra le sue braccia, baciandola ripetutamente. Lei lo baciò fino a quando i ricordi dei giorni passati non scomparvero, e per la prima volta dopo lungo tempo, sentì che ogni cosa sarebbe andata bene.

       Con le lacrime di gioia che le scendevano dalla faccia, prese il volto di Kristoff tra le mani. “Sono così contenta che tu stia bene,” disse.

       “Lo sai che tornerò sempre da te,” disse Kristoff, facendo un occhiolino giocoso.

       “Anche io!” commentò una nuova voce.

       Anna alzò lo sguardo per vedere Olaf seduto sulle corna di Sven. Il pelo di Sven era ancora macchiato di bianco, ma i suoi occhi erano di nuovo luminosi e brillanti. L’odore del mare si soffermò sul suo mantello.

       Sven!” urlò con gioia Kristoff. Diede un ultimo bacio sulla guancia ad Anna, e corse verso la renna e l’abbracciò stretta, mentre Sven lo annusava. “Finalmente sei sveglio!”

       Dimenò il labbro inferiore della renna ed aggiunse nella Parlata di Sven, “E tu sembri come se fossi mezzo addormentato.”

       “Abbraccio di gruppo,” disse Elsa mentre si avvicinava, e ha avvolto tutti nelle sue braccia.

       E con uno sbadiglio allegro, Anna appoggiò la testa sulla spalla di Elsa mentre le campane del villaggio iniziarono a suonare attraverso il fiordo, chiamando tutti ad alzarsi e a svegliarsi.

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Un Mese Dopo...

 

 

 

 

Capitolo 26

 

LE FOGLIE D’AUTUNNO brillavano in una gloria dorata.

       Il cielo era di un blu così chiaro che quando Anna alzò lo sguardo, pensò di poter vedere il palazzo a cupola del sole dove Aren aveva presumibilmente recuperato Revolute. Sorrise a se stessa mentre si faceva strada verso il Castello di Arendelle, salutando chiunque vedesse.

       “Piacere di vederti, Panettiere Blodget! Buongiorno a te, Gabriella! Ciao, Ada!”

       “Ciao, Anna!” Disse la moglie di Tuva da dietro un carretto di meraviglioso grano dorato. I suoi occhi nocciola scintillavano. Neanche un accenno visibile di occhi gialli di lupo.

       “Sono contenta di vederti!” Disse Anna con un sorriso e un gesto. Stava praticamente saltando con la gonna. “Avremo il miglior festival del raccolto di sempre domani.”

       “Lo spero,” disse SoYun mentre conduceva un sano Herbert lungo la strada.

       Eniola si inchinò, le sue braccia cariche con zucchine verdi. “Sono contenta che l'epidemia di afidi che ha colpito tutti i miei raccolti si è risolta.”

       Anna ha sistemato il suo volto in quella che sperava fosse una comprensiva—e non in alcun modo conoscitiva—espressione. Era passato un mese dagli eventi del Nattmara. Non era solita tenere segreti, e non le piaceva particolarmente, ma gli abitanti che erano caduti sotto l’incanto del Nattmara non avevano memoria del pericolo a chi erano andato incontro. Infatti, tutto quello che sembrava che qualcuno potesse ricordare—escluso SoYun, Wael, Tuva, Olaf, e Elsa—è stato un leggero scoppio di afide su alcune delle colture che avevano ricoperto il raccolto di scaglie bianche.

       Anche Kristoff e gli altri che non erano stati sotto l'incantesimo del Nattmara per tutto quel tempo sembravano ricordare gli eventi in modo diverso. Ricordava parte di ciò che era accaduto, ma non era in grado di analizzare quali ricordi fossero reali e quali fossero semplicemente frutto del suo incubo.

       “Extra, extra, leggete qua! Prendete la vostra copia del Village Crown!”

       Anna si voltò per vedere Wael vendere il suo giornale. Aveva già riunito una folla di abitanti del villaggio. Molti non si sono preoccupati di aspettare prima di aprire il giornale e leggere gli eventi della giornata. Intravide il titolo del giorno: “Più Che Reali: Le Sorelle Sono Vere Amiche del Regno.” Anna sorrise.

       Entrando nel castello, percorse i gradini tre alla volta, la lettera che aveva raccolto si strinse tra le dita. Andò alle camere del consiglio di Elsa e bussò. Sei colpetti ravvicinati seguiti da due più distanziati. Lo facciamo un pupazzo di neve insieme?

       “Entra!” La voce di Elsa fluttuava attraverso la porta.

       Tante cose erano cambiate nell’ultimo mese—almeno, così si sentiva Anna, il cui cuore era molto più leggero di quanto non lo fosse stato da molto tempo. Ma sapeva che le cose non erano davvero cambiate per Elsa. Dopotutto, lei doveva ancora affrontare lo stress di governare il regno, e in qualche modo, le pile di carte sembravano più alte che mai. Mentre Anna entrava nelle camere del consiglio, vide che Elsa, come sempre, era appoggiata sul suo tavolo, la sua lunga penna d'oca che grattava via le risme di pergamena.

       Elsa ricordava ogni cosa, come Anna. Anna sospettava che fosse perché sua sorella era la ragione per cui il Nattmara è giunto ad Arendelle la prima volta. Era stato con entrambe per molto, molto più di qualche giorno da incubo. Era stato con loro praticamente per tutta la loro intera vita, e non era facile dimenticare.

       Anche Anna sapeva, che se Gerda o qualcun altro dello staff reale avesse sbirciato nella tasca segreta cucita nella manica sinistra del vestito di Elsa, avrebbero trovato un cristallo di ghiaccio, perfetto nella sua trasparenza eccetto per un singolo granello di sabbia nera al centro. Elsa lo avrebbe tenuto con sé per sempre, vicino al cuore, accettandolo, permettendo alla sua paura di motivarla, ma di non prenderne il controllo.

       “Elsa,” disse Anna, sventolando la lettera sotto al naso di Elsa fino a quando sua sorella non alzò lo sguardo dalle sue carte. “Indovina cos’ho!”

       Elsa appoggiò il mento sulla mano e sorrise. “Una lettera. Posso vederla nella mano.”

       Anna ruotò gli occhi. “Sì, va bene, ma indovina da chi l’ho avuta!” Ma non si disturbò ad aspettare che Elsa indovinasse e la mise sul tavolo.

       “Ehi, smetti di aggiungere al mio mucchio! Aspetta un attimo,” disse mentre leggeva l’indirizzo. “È di Sorenson?”

       Anna sorrise. “Lo è! Vuole venire a farci visita. Ha detto che ha avuto un sogno che ci riguardava, e che pensava che la Mamma avrebbe voluto che ci incontrassimo.”

       Ad Anna piaceva il vecchio brontolone ed era contenta che non avesse subito danni duraturi dopo l'attacco del Nattmara, anche se si sentiva ancora in colpa per il fatto che il lavoro di una vita era stato rovinato sul ponte d'osservazione della sua torre. Non vedeva l'ora di mostrargli la biblioteca del castello, e quella ancora più grande del villaggio. E lei era ansiosa di scoprire cosa avrebbe dovuto insegnarle sulle stelle e sulla ricerca di risposte nel mondo che le circondava—e riguardo la stanza segreta. Se essere la sorella di Elsa non era un lavoro a tempo pieno, Anna pensava che un giorno avrebbe voluto diventare lei stessa una scienziata.

       Elsa sorrise. Era un sorriso sincero, anche se stanco.

       “Ti senti meglio?” chiese Anna.

       “Sì—a dire il vero, no.” disse Elsa, ricomponendosi. Stava cercando di essere molto più onesta con Anna—e se stessa—riguardo a quello che stava provando. “Sono distratta ultimamente.”

       “Perfetto,” disse Anna.

       Il sopracciglio di Elsa si alzò sorpreso. “Perfetto? Cosa vuoi dire?”

       “Perché so esattamente come aiutare. Vieni con me.” Portò Elsa fuori dalla stanza e dentro alla biblioteca.

       Lì, Anna ha ballato il valzer sulla statua del cavallo e ha dato un colpetto allo zoccolo. La libreria si aprì per rivelare la stanza segreta, ma questa volta, la polvere non si sollevò nell’aria.

       Fece cenno ad Elsa di entrare, e sorrise quando sentì il sussulto di sorpresa di Elsa.

       Quando Elsa era stata occupata nelle stanze del consiglio, Anna si era data da fare da sola, abbellendo la stanza segreta e rendendola un nascondiglio accogliente per Elsa. Aveva portato altre lanterne e sistemato comodi cuscini intorno al pavimento, e aveva persino fatto restaurare il ritratto di Aren. Ora è appeso al muro, con la Revolute che brilla al centro come simbolo di speranza e come ricordo di ciò che ha realmente plasmato il mondo.

       “Io lo so che sei stanca e che le persone continuano ad interromperti,” disse Anna. “Tu dai tanto al regno, ma devi anche prenderti cura di te. Questo può essere un posto per te per fuggire e per essere solo te stessa, dove nessuno ti troverà. Il passato è qui dentro, Elsa, ma anche il futuro. Io voglio che tu ti ricordi che io crederò sempre in te.”

       “Grazie, Anna.” Elsa si girò per abbracciare la sua sorellina. “Questo è magnifico.”

       “E,” Anna disse con un sorriso sfacciato, “Sto reintegrando la serata dei giochi di famiglia.”

       Elsa ha contorto le labbra in un sorriso ironico. “Mi piacerebbe, ma ho sempre così tanto lavoro…”

       “Certo.” Anna si scrollò le spalle. “E non andrà da nessuna parte.”

       “Serata dei giochi…” disse Elsa, guardando in giro gli appunti, i libri e i registri che i loro genitori avevano raccolto. Anna aveva sistemato con cura Segreti dei Segni Magici al centro del tavolo da lavoro accanto allo sketchbook del padre. Anche se non conteneva incantesimi veri e propri, Anna intuì che era importante. Dopo tutto, ogni storia conteneva una qualche verità.

       “Ricordi come giocavamo ai mimi con Mamma e Papà?” chiese Elsa.

       Anna annuì. “Sai,” disse, non sicura esattamente di come esprimere i suoi sentimenti a parole, “mi piace questa stanza perché posso vedere un'immagine di chi erano. Ho la sensazione che qui forse non sono così smarriti per noi, dopo tutto. Anche se continuo a chiedermi perché loro non ci abbiano mai detto di questa stanza. E mi chiedo cosa stessero cercando. E perché la Mamma abbia fatto visita a Sorenson.”

       “Forse potremo chiederglielo quando verrà a farci visita,” disse Elsa. “Ma forse, “ aggiunse, armeggiando con il polsino della manica, “stavano guardando la magia. Cosa avranno pensato del fatto che io avessi la magia, quando nessun altro ce l'ha? Voglio dire, posso creare queste cose magiche e meravigliose…”

       “Potrebbe essere,” disse Anna. “Parlando delle tue creazioni, non ho visto Olaf per tutto il giorno. Sai per caso dove si trova?”

       Elsa sorrise. “Certo. E questa volta, ho io una sorpresa per te.”

       “Ma non è il mio compleanno,” disse Anna, mentre scorreva attraverso un catalogo di cose che avrebbe potuto ottenere.

       “Tu non sei la sola che riesce a pianificare una sorpresa,” disse Elsa con un sorriso. Si precipitarono verso la torretta preferita di Anna, e Elsa la lasciò uscire sul piccolo balcone.

       “Come hai fatto a trovare il tempo per pianificare una sorpresa?” chiese Anna.

       “Ecco,” disse Elsa indicando in direzione del mare aperto. “Cosa vedi?”

       Anna strizzò gli occhi. Non ne era certa all’inizio, ma poi… “Elsa!” sobbalzò. “Quelle sono navi! E stanno sventolando le bandiere reali di… Quella è Zaria? E quell’altra è la bandiera reale di Corona! E la terza— è la bandiera di Eldora!”

       Elsa annuì. “Esattamente. Il Grande Viaggio è stato cancellato, ma i dignitari hanno compreso la situazione. Tanto che hanno accettato il mio invito a visitare Arendelle ora che i cancelli sono aperti. In questo modo, nessuno di noi due dovrà lasciare casa, dove siamo entrambe necessarie.”

       Il sorriso di Anna era così grande che le sue guance non potevano contenerlo. E mentre abbassava lo sguardo, osservando gli abitanti che accoglievano i visitatori, Anna pensò di aver visto un brivido nell’ombra, e forse, solo forse, un colpo di una coda. Anna salutò con la mano, e poteva giurare di aver visto un piccolo Hulder salutarla dalle spalle di uno più alto prima di andare via di nuovo.

       C'è stato un colpo alla porta, e poi Anna ha sentito un rumore sulle scale prima che Kristoff irrompesse sul balcone, Sven con Olaf sulla sua schiena seguendo la sua scia.

       “Scusa!” disse Kristoff. “Non volevo fare tardi. Ho avuto una discussione con Sven su una cosa che ho appena portato dai troll! Ultimamente è stato divertente. Continuo a pensare che stia cercando di dirmi qualcosa—forse riguardo ad una nave?” Scrollò le spalle. “Ma per quanto ne so, Sven non è mai stato su una nave.”

       Sven spintonò Kristoff con le sue corna mentre Anna e Elsa si scambiarono uno sguardo sorpreso. Ad eccezione del loro piccolo gruppo, gli altri non sembravano ricordare il Nattmara—ma forse gli animali potevano.

       Sven sembrava più in forma che mai, notò Anna. I suoi capelli ricci da renna erano tornati ad un ricco color marrone senza nessun insolito ciuffo bianco. Il Nattmara alla fine non aveva causato nessun danno duraturo.

       Infatti, aveva insegnato ad Anna che Elsa non doveva essere perfetta, così come Anna non doveva essere perfetta. Poteva fare errori—e ad essere onesti, ne avrebbe fatti di errori. E questo andava bene. Aveva Elsa e Kristoff e Olaf ad aiutarla. E i cancelli sono aperti. E sì, c’erano ancora segreti, c’era ancora tanto che non sapeva, ma trovare le risposte sarebbe stata un’avventura… e non avrebbe dovuto fare questo viaggio da sola.

       Non c’era nulla di cui avere paura.

       “Guardate!” disse Olaf, indicando verso una striscia di luce nel cielo. “Un pezzo di roccia spaziale sta cadendo attraverso l'atmosfera e sta bruciando!”

       “Oppure,” disse Elsa con un sorriso, “puoi semplicemente dire che è una stella cadente.”

       “Una stella cometa,” si offrì Kristoff mentre si avvicinava alla ringhiera e prese la mano di Anna nella sua.

       Lei la strinse. “Una stella dei desideri,” disse.

       Ma in quel momento, in piedi con i suoi amici, guardando alla brillante luce della pioggia di meteoriti che si è abbattuta su Arendelle, Anna non aveva nulla da desiderare—perché tutto quello che avrebbe potuto desiderare era proprio lì accanto a lei.

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Una Settimana Dopo…

 

 

Epilogo

 

ANNA SOGNÒ.

      Nell’oscurità, una singola brace si spostò. È caduto all'infinito attraverso un vuoto fino a quando, finalmente, si è aggrovigliato in rami neri. Pulsò, una, due, e poi, la scintilla cominciò ad allungarsi. Come una salamandra, il fuoco si spalancò e le fiamme cominciarono a strisciare, serpeggiando, illuminando un intero bosco. Prima un ramoscello, poi un ramo, infine un albero. Un albero, poi una foresta, infine il mondo. Fumo e calore incandescente avvolti intorno agli alberi, nastri gemelli che si stringevano e si oscuravano. Che stringeva e soffocava. Le urla si alzarono, e l'intera foresta svanì in un pennacchio di fumo denso, e poi... Un cambiamento.

      Anna sognò.

      Di nuovo nel vuoto, e questa volta l'oscurità si è mossa. Scivolava e sgusciava, un ruvido sussurro che le raschiava l'orecchio. L'oscurità non era affatto tenebrosa, ma un deserto infinito di sabbia nera. La sabbia le riempiva le orecchie, gli occhi, il naso, la bocca. Si agitava, non riusciva a respirare, non riusciva a sapere, e poi... Un cambio.

      Anna sognò.

      Non più ruvida, la sabbia si è sciolta, diventando liquida, diventando pesante, e cadendo in una pioggia nera e soffice fino a raggiungere un grande cratere, fino a riempirsi, traboccando. Il buio era un oceano ora. Ogni schiaffo di un'onda lasciava un vortice di spuma bianca, brillante contro l'acqua nera. Brillante contro la criniera gocciolante di un cavallo di mezzanotte. Lo stallone si è alzato dalle profondità più profonde del Mare Oscuro, urlando la sua libertà mentre si scrollava di dosso il peso dell'oceano e galoppava tra le onde verso di lei. I suoi pesanti zoccoli suonavano un ritmo che si impadroniva del suo cuore, e poi si impennò, e non era Anna che il cavallo inseguiva, ma Elsa. I suoi occhi brillavano di bianco mentre si abbatteva sulla sorella…

      Anna si svegliò.

      Il suo cuore batteva contro il petto come se avesse fatto una corsa, e la domanda le frullava nella mente: Stava succedendo di nuovo? L’incubo stava tornando? Anna si sentiva disorientata. Le ci volle qualche secondo per ricordare che non era nella sua stanza. Era nella camera da letto dei suoi genitori. Giusto. Lei e Elsa si erano addormentate insieme dopo che Anna aveva cantato una delle canzoni delle vecchie ninne nanne della madre, la loro preferita riguardo ad un fiume segreto. Elsa era sembrata distratta e pensierosa durante la serata del gioco dei mimi, così Anna l’aveva cantata per portare un po’ di luce nel cuore di Elsa. Anna fissava il baldacchino spumeggiante del letto e poi guardò altrove. Assomigliava troppo alla schiuma bianca del mare che lo stallone increspato aveva sputato mentre galoppava verso di lei. Un cavallo d’acqua, realizzò, che le ricordava la statua fuori dalla stanza segreta.

      Il sollievo la pervase. Questi erano incubi normali, dopotutto. Nessun lupo. Il Nattmara se n’era andato. Non aveva nulla di cui aver paura. Erano solo una collezione di immagini degli eventi della settimana, di cose attorno alla sua casa. Non c’era più nessun bisogno di essere spaventata dei propri sogni, non più. E con questo pensiero, gli occhi di Anna iniziarono lentamente a chiudersi…

      E poi si aprirono. Si erano addormentate insieme. Ma Elsa non era con lei. Elsa non avrebbe lasciato indietro Anna… Non lo avrebbe fatto di nuovo. Giusto? Anna cercò di calmarsi. Elsa probabilmente si era alzata prestissimo per affrontare la pila di carte che la aspettava. Una brezza attraversava la stanza, e Anna rabbrivi. Almeno sapeva perché aveva freddo: la porta del balcone si era in qualche modo aperta mentre dormivano. Scendendo dal letto di Elsa, Anna afferrò lo scialle della loro madre da dove era stato posato da Elsa sopra una poltrona. Avvolgendola attorno alle sue spalle, Anna fece un passo verso le porte del balcone.

      Si aspettava di vedere quello che ha sempre visto: il villaggio avvolto in profonde ombre blu, bucate qua e là solo dalle fiamme arancioni delle lanterne nel cortile direttamente sotto casa. Ma mentre si avvicinava al balcone, uno strano sentimento la attraversava. Un malessere. Una sensazione. O, come Olaf potrebbe dire al giorno d’oggi, una ‘straziante trepidazione’. Sapeva, in un modo in cui forse solo una sorella poteva sapere, che qualcosa stava cambiando per sempre. E quando Anna uscì sul balcone, vide che era già successo.

      La notte scintillava—l’aria scintillava—il mondo scintillava—come un milione di cristalli di ghiaccio di quella che sembrava pioggia ghiacciata appesi in sospensione, come diamanti o frammenti di vetro che avevano dimenticato l'esistenza della gravità. Meravigliosi e scintillanti. Feroci e mortali. Ogni cristallo era affilato come un rasoio, ed ognuno puntava nella stessa direzione, verso una figura in piedi in lontananza, sola nella notte.

      “Elsa?”

      Sua sorella era in piedi nel crepuscolo, le onde dell’Arenfjord dietro di lei. E anche se avrebbe dovuto essere impossibile per Elsa vedere Anna da quella grande distanza, Anna vide sua sorella spostarsi—e guardarla negli occhi.

      Una brillante luce bianca in lontananza ha frantumato l'oscurità, illuminando con un solo respiro lo sguardo di stupore sul volto di Elsa.

      E poi i cristalli di ghiaccio iniziarono a cadere.

      Anna uscì dal balcone, correndo attraverso i corridoi e giù per le scale. I suoi piedi hanno sbattuto contro le pietre. Raggiunto il piano inferiore, Anna ha aperto le porte del castello.

      Fissava i cristalli di ghiaccio ancora sospesi davanti a sé. “Cosa?” si chiese. I cristalli di ghiaccio riempivano la notte con un fischio inquietante mentre si strappavano nell'aria, per poi finire con un urlo mentre si frantumavano sul ciottolato ai suoi piedi, rendendo il percorso di Anna verso Elsa scivoloso e pericoloso. Ma quando non lo è stato? E quando sarebbe stato importante?

      Assicurandosi la sciarpa della madre, corse in strada per trovare Elsa, il vento tirò Anna, ululò, e poi—le lanterne si spensero. Qualcosa non andava. Anna passava gli abitanti del villaggio che sbirciano fuori dalle loro case improvvisamente buie. Nel luogo dove le bandiere di Arendelle sventolavano sempre forti, erano rimaste ferme.

      Oscurità, ancora una volta.

 

 

—Fine

 

 

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