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[Mr.Dusknoir] Lo Specchio.


Mr.Dusknoir

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Questo è un racconto che ho scritto qualche mese fa, ditemi come lo trovate.


 


Il fuoco scoppiettava nel caminetto. Fuori in città  nevicava. I fiocchi cadevano pesanti, ricoprivano le strade, i tetti, gli ombrelli degli sfortunati che dovevano muoversi sui marciapiedi per raggiungere le loro mete.


Li osservavo dalla finestra, al caldo, con un libro in mano, tenendo l’indice come segno del punto in cui ero arrivato a leggere. Erano le dieci e un quarto di sera, avevo gli occhi pesanti, il saggio che tenevo tra le mani era davvero troppo tedioso: decisi di andare a letto. Riposi il volume nella libreria. Non c’era nessun rumore intorno a me, tutto era silenzioso. In effetti vivevo solo da alcuni anni, mia moglie era morta a causa della tubercolosi e io, non avendo né figli né nipoti, rimasi solo. Ma rimanere soli non è poi così male; tutti dicono che l’uomo è una creatura che socializza eppure in alcuni casi lui stesso decide di estraniarsi ed è questa mio parere la scelta migliore.


Comunque immerso in quel silenzio, passai davanti allo specchio che troneggiava sul caminetto: era enorme, tutto intarsiato, le teste di due leoni erano state scolpite nel legno placcato d’oro, entrambe sorreggevano con le zanne il lato destro e sinistro del vetro. Intravidi qualcosa alle mia spalle, una macchia rosea, forse un volto, tornai indietro, perplesso, non c’era nulla. Andai al bagno, mi preparai e mi infilai sotto le coperte. Non ripensai all’accaduto fino al mattino seguente. Passai davanti allo specchio, con un caffè e il giornale in mano, pronto ad iniziare la mattina come al solito, quando provai di nuovo quella strana sensazione: mi sembrava davvero di aver avuto qualcosa alle spalle, anzi questa volta sentii anche un fruscio provenirmi da dietro, ma appena mi voltai non vidi assolutamente nulla. Non ci feci caso e andai a fare la spesa al mercato. La piazza principale era sempre affollata di gente: i ragazzi correvano tra i banchi e per le vie schiamazzando e giocando a rincorrersi, le donne tenevano per mano i figli più piccoli e richiamavano bonariamente i più grandi, gli uomini erano al lavoro, mentre gli anziani si riunivano nei bar a parlare e a giocare a carte. Io ero in pensione ma non ero così vecchio da dover passare le giornate seduto ad un tavolo a guardare i giovani correre e giocare, rimpiangendo il passato. No, non lo avrei mai fatto. Non mi sentivo solo, ed è per questo che mi rifiutai di fermarmi a parlare con tutti quelli che mi salutavano. Un cenno con la mano o col cappello e dritto per la mia strada a testa bassa. Tornato a casa, mi sedetti in cucina e cominciai a preparare il pranzo. Squillò il telefono.


Curioso, era raro che qualcuno mi chiamasse: “Pronto, chi parla?â€. Niente, nessuna risposta. Doveva aver sbagliato numero. Mi diressi al lavello per sciacquare delle verdure, quando il telefono squillò di nuovo. “Pronto, chi parla?†dissi spazientito. Nessuna risposta. Stupidi scherzi ti fanno solo perdere tempo prezioso. Aprii il rubinetto. Se mi avessero chiamato ancora gliene avrei dette quattro. Squillò il telefono. Corsi come un toro alla cornetta, la alzai e urlai:â€Finitela di prendermi in giro, ne ho abbastanza!†Questa volta però mi parve di sentire un mormorio “Non sei cambiato per niente…â€. Staccai la presa; non mi avrebbero più infastidito. Il pomeriggio trascorse rapido, venne la sera e seduto in salotto ricominciai a leggere quel noiosissimo volume. Non so perché lo leggessi se lo odiavo così tanto, chissà , forse lo facevo solo per addormentarmi. In ogni caso se questo era il reale motivo, funzionava perché dopo averne lette con estrema fatica un ventina di pagine, mi alzai lentamente con gli occhi assonnati, riposi il libro e mi diressi in camera da letto. Anche quella sera passai davanti allo specchio e mi voltai. Una scritta era incisa sul vetro: “Non sei cambiato per nienteâ€.


La sfiorai con la mano. La parola scomparve. Spiegare ragionevolmente tutto questo era piuttosto difficile, iniziarono a sorgermi dei dubbi. No! Cosa c’era di strano, ero molto stanco e la luce del lampadario riflettendosi sulla superficie dello specchio aveva ingannato la mia debole vista. Squillò il telefono. Ma non avevo staccato la presa? Corsi in cucina. Sbarrai gli occhi: la presa era ancora staccata! Ma allora il telefono come faceva a suonare?. Alzai la cornetta. “Pr… pronto, chi parla?â€balbettai (questa volta ero seriamente spaventato). “Stai aprendo gli occhi finalmente…â€. Scivolai sul pavimento tenendomi la testa tra le mani, cosa mi stava accadendo! Tutto era inspiegabile! Non trovai altra soluzione se non prendere il cappotto e uscire in strada. Trascorsi tutta la notte a camminare per le vie, ripensando alla situazione che mi era sfuggita dalle mani. Non avevo nessuno a cui rivolgermi. Ormai la mia mente vagava: iniziai perfino a credere che casa mia fosse infestata. Avrei potuto trasferirmi: dopo la morte di mia moglie molte stanze erano inutilizzate. Si, questa era la soluzione, avrei lasciato quel luogo che tanto mi aveva terrorizzato. Giunto il mattino mi diressi in un ufficio immobiliare e lì acquistai una piccola dimora in periferia. La sera stessa il furgone sarebbe venuto a portare via  i miei  mobili e gli scatoloni. Così dovetti tornare a casa, iniziai ad imballare tutti i miei averi e seppur immerso in un lavoro così impegnativo a volte l’occhio mi cadeva sullo specchio che avevo deciso di lasciare nell’appartamento. Stavo riponendo i gingilli posati sul caminetto quando voltatomi vidi sulla superficie dello specchio queste parole:â€Non ti dispiace neanche un po’ abbandonare tutto questo? Tutti i nostri ricordi sono contenuti in questa casa…â€. Mi avvicinai lentamente, incuriosito “ Chi sei?â€. La precedente frase scomparve per far spazio ad una nuova. “Dimmelo tu chi sono…†ero intimorito, stavo parlando con uno specchio, ero forse impazzito? Deglutii e dissi:“La tua voce al telefono mi ricorda quella di mia moglie…â€. Sul vetro comparve la sua immagine al posto della mia. “Sono ioâ€. “Sei davvero tu? Non sai quanto mi sento solo, vorrei che tu fossi ancora viva…†“Lo so, ho vegliato su di te ed è per questo che voglio ammonirti: se non cambierai atteggiamento nei confronti degli altri il tuo futuro potrà  essere colmo soltanto di tristezza e solitudine. Prima della mia morte non eri così, ti sei chiuso in te stesso, evitando le amicizie per paura di doverle perdere prematuramente come è successo con me. Certe volte nelle difficoltà  è bene avere qualcuno accanto.†Ascoltai assorto il suo discorso poi posai la mano sul vetro, lei fece lo stesso, i nostri palmi sembravano toccarsi poi lei scomparve. Da quel giorno non mi sentii più solo.


 


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