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[Contest non Ufficiale] Contest di Scrittura - Un problema.. di volo!


Giancarlino

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ecco il mio:

 

RUDOLF

Lassù nel nord, dove le notti sono più scure e più lunghe e la neve è molto più bianca che alla nostra latitudine, la abitava la famiglia di Rudolf . Il più giovane rispondeva al nome di Rudolph ed era un piccolo particolarmente vivace e curioso, ma che aveva paura di volare per vai di un incidente avuto in passato. Ogni anno Babbo Natale si reca in quel luogo per cercare gli animali più forti e più veloci per trasportare nell'aria la sua enorme slitta.

I suoi genitori ed i suoi fratelli si divertivano con il suo naso rosso, ma già  all'asilo delle renne era diventato lo zimbello di quei birbanti a quattro zampe. “Questo è Rudolph con il naso rosso†cosi lo chiamavano e ballavano tutto intorno a lui, mentre lo indicavano con i loro piccoli zoccoli. 

E nella scuola elementare le piccole renne lo prendevano in giro come potevano. Rudolph cercava con tutti i mezzi di nascondere il suo naso, a volte lo dipingeva con del colore nero. Giocava a nascondino con gli altri ed era contento che stavolta non lo avevano scoperto.
Pochi giorni dopo si sparse una notizia: babbo natale aveva bisogno di una nuova renna veramente strabiliante che facesse colpo e che sapeva esibirsi benissimo. In tutte le famiglia di renne i ragazzi giovani e forti si facevano belli. Le loro pellicce venivano a lungo strigliate e spazzolate fino a che non rilucevano del colore del rame, le corna venivano pulite con la neve finché non risplendevano alla fioca luce degli inverni del nord. E poi finalmente era arrivato il momento. In un piazzale gigantesco dozzine di renne, impazienti e nervose, raspavano con i loro zoccoli ed emettevano richiami belli ed allo stesso tempo terrificanti per impressionare i concorrenti. Tra di loro c'era anche Rudolph, la cui forza ed il cui vigore era superiore a quello degli altri partecipanti. In quel momento Babbo Natale incominciò a guardare tutte le  renne presenti... Quando la fila arrivò a lui, il suo naso diventò incandescente per l'agitazione, quasi luminoso come il sole. Babbo Natale arrivò verso di lui, sorrise amichevole e scosse la testa. “Sei grande e robusto. E sei un bellissimo giovanotto – disse – ma purtroppo non posso sceglierti. Hai paura di volare.
La tristezza ed il dolore di Rudolph non avevano limiti. Più veloce che poteva corse attraverso il bosco e scalpitò ruggendo nella neve alta e da quel momento si allenò per parecchi giorni finche un evento cambio la sua vita...

Babbo Natale stava facendo un giro nel bosco per riflettere su quale renna scegliere di quelle che a visto, e a vedere Rudolf  allenarsi e disse :â€bravo Rudolf si fa cosi!, vedo il tuo impegno per voler aver un futuro, fammi n’po vede cm voli vaâ€.Rudolf tutto eccitato si esibì in un meraviglioso Vol di fuoco che stupì babbo natale allora lui gli disse:â€vorresti essere tu la mi a prossima Renna?â€.

Rudolf cosi accetto e in quel momento il natale arrivò e tutti i bambini del mondo potettero avere i loro regali : il loro primo pokemon cromatico di nome stantler.

Babbo Natale lo ha aiutato con la parola dandogli una motivazione per ricominciare a volare

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I biscotti "VolAlCioccolato".

-----Per il concorso "Un problema.. di volo!".-----

Un giorno, esattamente il terzo giorno dell'avvento, la paffuta e buffa renna di Babbo Natale, Rudolf, aveva un grosso attacco di fame cosi' tanto da voler andare segretamente nella maestosa cucina del Signor Natale per potersi fare un panino.

Arrivato, iniziò a prendere senza farsi vedere tutti gli ingredienti, mafuori dall'enorme finestrone blu della cucina vide un moscerino che girava intorno ad una mosca. Pero', dopo poco, la mosca lancio' fuori dalla bocca la sua lunghissima lingua verdognola, e trascino il povero moscerino tra "le sue fauci", ponendo fine alla sua inutile vita. Rudolf, anche se non aveva le ali, gli venne una forte paura delle super-rane acquatiche dei fiumi di canditi, cosi' tanta da fargli venir voglia di volare.

Terrorizzato, la povera renna si mise ad urlare, facendosi così scoprire dagli Elfi-Chef, che subito lo sbatterono fuori dalla cucina, ma lasciandogli il panino che si era preparato.

Rudolf corse subito da Babbo Natale, per raccontargli l'accaduto, ma togliendo il fatto dell'intrusione per il panino, cosa che avrebbe fatto diventare nera la folta barbona del Babbo.

Il vero problema era il seguente: senza Rudolf che vola, come si fanno a portare i regali ?!

Subito Babbo Natale corse a prendere il suo enorme libro di ricette magiche, e prese quella per i biscotti "VolAlCioccolato", che facevano venire a chi li mangiava una voglia matta di volare, e l'effetto continuava per 24 ore, perfetto quindi per il viaggio che dovevano fare loro per portare i regali.

Arrivò la notte di Natale, e Rudolf inizio' a farsi una scorpacciata di biscotti, che erano delizioni, e Babbo Natale, guardando la sua paffuta renna, tiro' un sospiro di sollievo, perché anche per questa volta il Natale era salvo !

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Un giorno,in una piccola grotta su una montagna,da una renna femmina dalle corna lucenti,e una renna maschio possente e muscolosa,nacque una piccola renna.


La piccola renna si sarebbe chiamata Rudolph,dal nome di suo nonno,che era stata forse la migliore renna trainatrice di slitte di sempre. 


Il piccolo Rudolph era uguale agli altri cuccioli,ma aveva una caratteristica che lo rendeva diverso: il suo naso era rosso come un pomodoro.


All'asilo,tutte le renne erano piccole,e nessuno prendeva in giro Rudolph,ma alle scuole elementari i suoi compagni lo prendevano in giro con soprannomi come "Clown" o "Raffreddore".


Rudolph era triste,e il giorno della prima prova di volo un compagno lo prese in giro e gli lanciò palle di neve a raffica.


I genitori cercavano di consolarlo raccontandogli le storie del nonno,ma Rudolph era così triste che non volò più.


Un giorno Rudolph sentì Babbo Natale che chiamava otto dei suoi compagni di scuola.


"Saetta!Ballerino!Schianto!Guizzo!Cometa!Tuono!Lampo!Cupido! Me ne manca uno.Chissà  chi sarà ."


Alla notizia,tutte le renne della città  si prepararono.


Rudolph voleva a tutti i costi diventaree una renna di Babbo Natale,ma aveva paura di volare....


Il giorno seguente,vide un uomo che cantava.


"Rudolph the red-nosed reindeer,had a very shiny nose,and if you ever saw it,you would even say it glows..."


(Rudolph la renna dal naso rosso,aveva un naso brillante,e se lo avessi mai visto,avresti detto che splendeva)


Rudolph si fece coraggio e si presentò alle selezioni.


Arrivò alla finale.C'erano lui e un'altra renna.E la nebbia.Rudolph allora si alzò in volo,e con il suo naso,si fece strada nella nebbia e arrivò al traguardo.


Ed ecco come Rudolph diventò renna di Babbo Natale.


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-LA STORIA DI RUDOLF E DEL SUO PRIMO (E COMPLICATO) VOLO-


 


Questa storia racconta della renna rudolf e del suo primo e complicato volo.


Era la notte del 23 dicembre e tutti in Lapponia,compreso Babbo Natale, erano indaffarati per i preparativi per la notte del 24 dicembre.


Mentre gli elfi costruiva giocattoli e Babbo Natale preparava i sacchi di regali, le renne stavano facendo esercizi di volo. Tutte se la cavavano più che bene tranne una, Rudolf, una piccola renna con la paura del volo.


Subito gli si avvicino la capa delle renne ,Jenny, che gli disse che per volare senza vere paura doveva solo pensare che sopra di lei c’era qualcosa che desiderava tanto come,per esempio, un dolce e che non avrebbe dovuto pensare ad altro tranne che al volo.


Rudolf sconsolato pensò che tentar non nuoce e così provo a sollevarsi in volo, ma non ci riuscì.


Jenny gli disse di continuare ad allenarsi perché mancava davvero poco a Natale e se non ci fosse riuscita tutti i bambini del mondo non avrebbero potuto ricevere regali.


Durante il giorno seguente  Rudolf si alleno continuamente pensando solamente ai bambini che non aspettavano altro che i regali,però alla fine non riuscì a volare.


Durante il pomeriggio Jenny incontrò Rudolf e gli chiese se era riuscito a volare, lui sapeva che se le avesse detto di no lei sarebbe stata molto delusa così le rispose di si.


Verso le cinque di pomeriggio Babbo Natale chiamò tutte le renne a se per controllare che sapessero volare. Rudolf si agitò subito molto e non sapendo cosa fare si limitò ad aspettare il suo turno.


Quando fu il suo turno,Rudolf,tentò di volare ma non ci riuscì. Così Babbo Natale gli chiese perché non ci riusciva e Rudolf,piangendo gli rispose che aveva paura di volare perchè si era fatta male al muso mentre tentava di volare molti anni fa.


Babbo Natale disse che non bisognava piangere e che per volare bastava solo chiudere gli occhi e dimenticare tutto, bisognava solo concentrarsi sul volo.


Rudolf, con rinnovato coraggio, chiuse gli occhi e seguì le indicazioni di Babbo Natale e in men che non si dica spiccò il volo.


Ormai era sera ed era ora per Babbo Natale e le renne di incominciare il viaggio.


Dopo aver consegnato tutti i regali, Rudolf, iniziò ad amare il volo e divenne campione di volo alle olimpiadi delle renne.


 


 


-FINE-


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"Rudolf e la sua influenza"

Il regno di Porto Cervania era abitato da renne volanti. L'8 dicembre di ogni anno venivano elette le 12 renne piú belle e abili nel volo del regno, e queste avevano il diritto di essere le renne di Babbo Natale di quell'anno.

Tra tutte le renne spiccava per la sua bravura e il suo naso rosso la renna Rudolf.

Nell'anno 1813 la renna Rudolf venne eletta per la decima volta consecutiva e le fu affidato un premio come miglior renna di sempre.

Lei felicissima del premio si recò per prima al Polo Nord per far visita a Babbo Natale, oramai erano diventati non solo soci ma anche buoni amici.

Anche nel regno di Natale si ebbero dei festeggiamenti, suppur brevi poichè il lavoro era aumentato dopo la sovrapopolazione del mondo.

Nel regno era arrivato un elfo su cui circolavano ottime voci su di lui per la sua eccellente bravura, si chiamava Stefano e fece subito amicizia con Rudolf.

Arrivó il 22 dicembre e successe qualcosa di terribile, la renna Rudolf si prese l'influenza! Rispetto al Pianeta Terra, li al Polo Nord non c'erano medicine per l'influenza e Rudolf poteva rischiare di non poter aiutare Babbo Natale poiché era incapace di volare.

Questo rischiava non solo di compromettere la carriera di Rudolf,

ma anche la felicità  di miliardi di bambini!

Il giorno dopo, il 23 dicembre, scomparì l'elfo Stefano!

L'intero regno andò in panico, troppe disgrazie erano successe e la fabbrica smise di produrre giocattoli.

Babbo Natale e Rudolf erano disperati e si arresero, consapevoli che tutti i bambini del mondo non avrebbero ricevuto alcun regalo in quel Natale del 1813.

Ma la mattina del 24 dicembre l'elfo Stefano tornò con una medicina per Rudolf. Si scusò con tutti per la confusione che aveva creato ma era stato nel regno delle Fatine Guaritrici per prendere la medicina adatta a Rudolf.

Stefano portò il buonumore e tutti su misero a lavorare.

Rudolf tornato più in forma che mai riuscà­ a partire con Babbo Natale la mezzanotte del 25 dicembre.

Il giorno dopo, 26 dicembre, si tenne una grande festa per l'elfo Stefano e Babbo Natale decise che da quel giorno ogni 26 dicdmbre doveva essere festeggiato come Santo Stefano.

Il 27 dicembre la renna Rudolf tornó nel suo paese, felice del Natale che aveva passato e che passerà  per più di 200 anni.

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Quando Arceus creo il mondo mise varie festività  tra cui il natale.
Arceus affido il natale a nabbo natale ma poi si rese conto che era troppo nabbo e quindi affido il lavoro al fratello, Babbo Natale e gli invio come aiutanti dei delibird che il celebre Babbo chiamo ''elfi''.
Arceus invio come aiutante a Babbo Natale anche una renna di nome Rudolf e li diede il compito di trainare la slitta di Babbo.
Dopo tantissimi anni e regali trasportati arrivo il 2013 e a Natale mentre il Babbo si preparava per trasportare i regali, suo fratello, Nabbo Natale per vendicarsi si vesti come il fratello e prese dei regali finti contenenti bob-ombe (si quelle di Mario), dopo di che imparo a usare sostituto e mise il sostituto sulla slitta insieme alle bob-ombe e fece partire Rudolf.
Dopo poco le bob-ombe esplosero, il sostituto scomparve e Rudolf cadde su una montagna montagnosa che montagnava.
Rudolf si mise cosi tanta paura che decise di non volare più ma c'era una speranza:visto che Nabbo Natale era troppo NABBO compro centinaia di red-bull (ti mette le aliiiiiiiI!) per imparare volo ma non ci riusci e quelle rimaste le aveva messe nello stesso sacco delle bob-ombe.
Le bob-ombe dopo essere scoppiate distrussero varie lattine di red-bull e ne restarono 7 (il numero supremo) che assagio Rudolf,che dopo averne bevuta 1 continuo e le bevve tutte ubriacandosi ma dopo un po inizio a volare perdendo il controllo sotto l'effeto del red-bull che lo fece andare addosso a un cartello facendogli scordare le cose di prima e quindi gli ritorno la voglia di volare.
Dopo qualche ora di dormite per l'effetto del red-bull si sveglio e si accorse che mancavano solo 2 ore per consegnare i regali e quindi invoco Arceus, gli ''elfi'' e Babbo Natale raccontandogli tutto dopo di che consegnarono separatamente i regali.
Il Natale era salvo ma il giorno dopo andarono da Nabbo Natale e gli diedero la lezione che si meritava: Rudolf lo incorno nel di dietro, Babbo Natale lo sommerse di carbone e Arceus in fine uso giudizio che gli provoco molti danni perché essendo nabbo si riempiva di steroidi per sembrare forte.

Il titolo lo scrivo qui per colpa di un problema:  ''La folle storia di Rudolf e di Nabbo Natale''.

lo scritta in un momento di ispirazione e di follia :XD: spero vi piaccia e che vi faccia comparire un sorriso sul viso, dopo tutto è il periodo natalizio!

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Ecco la mia piccola storia:


Era il 24 Dicembre,la notte prima di Natale,Babbo Natale si era già  organizzato per la grandissima spedizione di regali.


Andò a controllare le renne e notò che Rudolf aveva veramente paura.


Babbo Natale gli chiese il motivo di questa sua paura,era infatti ormai da anni che volava tranquillamente nel cielo,Rudolf allora li rispose che mentre provava il tragitto era scivolato e si era fatto veramente,ma ciò che più li importava e che il suo naso non si illuminava più di quel rosso scarlatto,e non sapeva come ravvivarlo.


Babbo Natale non sapeva cosa fare,iniziò dunque curandoli la ferita,poi controlli nella sua biblioteca molto antica,qualche soluzione per la renne che possedevano doti innate,proprio come il naso rosso di Rudolf.


Aveva quasi perso la speranza quando vide una pagina che raffigurava le antiche renne dal naso rosso,l'unica cosa che poteva ravvivarle era l'affetto della persona a loro più cara.


Babbo Natale,allora andò da Rudolf,lo abbracciò dal profondo del cuore e lui si riscaldò,era veramente emozionato,tanto che il suo naso si riaccese di quel colore rosso scarlatto.


Rudolf scoppiò a piangere e anche Babbo Natale cominciò.


Dopo questa esperienza Rudolf si sentì pronto per la grande spedizione,erano le 23:59,Babbo Natale aveva preparato tutto e appena scoccò la mezzanotte,partirono per consegnare i regali a tutti i bambini buoni del mondo.


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Ecco il mio racconto, spero che piaccia a tutti e che questo Contest non venga annullato sia perchè trovo che sia un'iniziativa molto interessante, sia perchè a scrivere il tutto ci ho messo qualche giorno e mi dispiacerebbe :mki2:


Invito inoltre chi non si fosse ancora iscritto a partecipare!


 


Il vero significato del Natale


 


PROLOGO


 


Quello fu un inverno particolarmente freddo. Nonostante fossimo ad Ittoqqortoormiit *, e la temperatura media del periodo si aggirasse sempre intorno ai -12° gradi, chissà  perché quell’anno il termometro aveva deciso di scendere ulteriormente, per assestarsi definitivamente sui -20° gradi.


Certo il freddo era una seccatura, ma gli abitanti del villaggio ormai avevano imparato a conviverci, così come avevano fatto i loro antenati prima di loro. Tutto sommato era quello il periodo che i cittadini preferivano: il Natale infatti si stava avvicinando, e con lui la possibilità  di rendere omaggio alle tradizioni di famiglia, come in quella di Ole, nella quale è abitudine scambiarsi i Mattak, pelli di balena con un sottile strato di grassi da mangiarsi crudi, o il Kiviak, carne di auks avvolta in pelle di foca.


Il villaggio in quel periodo aveva davvero un’atmosfera magica: passeggiando infatti erano ben visibili dalla finestrelle delle case lo scintillio delle candele adagiate sui davanzali, o le luci scintillanti degli alberi decorati con maestria, o ancora il dolce riflesso della luna nel mare, che sembrava quasi danzare sulle note di una musica di altri tempi.


Ad Ole tutto ciò importava ben poco. Certo, non si poteva dire che non amasse passare del tempo con la sua famiglia, che in quei lieti giorni si riuniva abitualmente per passare insieme le festività , o il tipico scambio di regali, ma per lui, che era un ragazzo solitario e sfuggente, tutto quel caos era davvero troppo.


Così, non appena poteva, prendeva la sua slitta, e si recava al Kalaallit Nunaanni nuna eqqissisimatitaq **, dove poteva dedicarsi all’esplorazione della tundra e sfuggire, anche se per poco, alla freneticità  della sua casa.


Solitamente partiva la mattina presto, quando ancora tutti dormivano, per poter assaporare fino in fondo l’alba che nasceva dal mare, con tutti i suoi colori che facevano risplendere il cielo di mille tonalità , e che gli facevano esplodere il cuore di gioia.


Quell’anno però, nonostante il calendario segnasse il 13 dicembre, non si era ancora recato al Parco. I suoi genitori infatti glielo avevano sconsigliato date le impervie condizioni climatiche, ed anche per il fatto che la loro slitta ormai non era più nuova ed era meglio non sottoporla a continui viaggi.


Ole non aveva obiettato, anche se in cuor suo era davvero dispiaciuto dalla situazione; ma suo padre e sua madre avevano ragione, quella slitta era il loro unico mezzo di trasporto, e dato che non c’erano abbastanza soldi per poterne ricomprare un’altra, sarebbe stato meglio preservarla fino a quando le cose non si fossero messe meglio.


L’attività  di famiglia, infatti, non stava andando bene, ed era necessario che tutti tirassero la cinghia almeno per un po’, in attesa di tempi migliori.


Sua madre, Else, aveva già  preannunciato che quell’anno non ci sarebbero stati regali, ma avrebbero dovuto accontentarsi del Kiviak e della cena con il resto dei parenti.


Tuttavia Ole ed i suoi cari non sapevano ancora che quel Natale sarebbe stato per loro molto speciale.


 


_______________________________________________________________________________


 


Note:


 


Ittoqqortoormiit (o Scoresbysund) è una località  di 469 abitanti situata nel punto più orientale della Groenlandia, sulla Terra di Jameson, sulla riva settentrionale dello Scoresby Sund; appartiene al comune di Sermersooq. Si affaccia sul Mare di Groenlandia e sullo Stretto di Danimarca; vicino c'è il Parco nazionale della Groenlandia nordorientale, il più grande del mondo.


 


** Kalaallit Nunaanni nuna eqqissisimatitaq (Parco nazionale della Groenlandia nordorientale) è il più grande parco nazionale del mondo. Si trova nel nord-est della Groenlandia e si trova al di fuori di tutti e quattro i suoi comuni; con i suoi 974.000 km² copre quasi il 45% della superficie dell'isola.


La sua tundra ospita moltissime specie vegetali di questa fascia climatica, nonché buoi muschiati, renne, orsi polari e lupi.

 


1


 


Rudolph si svegliò di soprassalto: aveva di nuovo avevo un incubo. Gli succedeva molto di frequente, da quando si era aperta la stagione di caccia al Kalaallit Nunaanni nuna eqqissisimatitaq. Gli sembrava sempre di sentire in testa il rumore degli spari, o i flebili gemiti delle prede appena colpite che, agonizzanti, parevano con quei versi invocare la pietà  dei propri aguzzini.


Si diede un’occhiata intorno: non avvertiva alcun rumore, se non il bubolare di alcuni gufi delle nevi, probabilmente anche loro in cerca di cibo. Tremando leggermente per lo spavento appena preso si accovacciò e decise di provare a riprendere il sonno.


Non appena chiuse gli occhi gli vennero in mente suoi genitori: il loro ricordo era ormai molto flebile, in quanto erano ormai molti anni che era gli erano stati portati via. Si ricordava a malapena il loro odore, il loro calore, quando nelle fredde notti invernali si accucciava tra di loro per riscaldarsi.


Si rammentava solo degli spari, e poi della sua corsa impaurita con gli altri membri del branco per salvarsi la vita. La confusione, il rumore degli zoccoli sul terreno ghiacciato, i bramiti spaventati delle altre renne che si perdevano nell’aria gli rimbalzavano nella mente. A lui sembrò che la loro fuga durasse ore, forse giorni. Solamente quando fu in salvo si rese conto che i suoi genitori non erano lì con lui.


Rudolph non li rivide più: non seppe mai che fine fecero, se riuscirono a scappare o se anche loro alla fine si erano arresi all’uomo.


Sospirando e trattenendo a malapena le lacrime, scacciò quelle immagini dalla sua mente, e finalmente riuscì ad addormentarsi. Fu un sonno senza sogni, vuoto, nero, come il suo cuore.


 


 


2


 


Babbo Natale sospirò mentre si sedeva a tavola per fare colazione: nonostante sua moglie avesse come sempre preparato un ottimo pasto con il quale cominciare la giornata, l’uomo a differenza del solito non iniziò a servirsi porzioni abbondanti di ogni piatto, ma restò immobile, meditabondo, con la mano destra appoggiata sul mento, indice (segno) inconfutabile del fatto che stesse pensando a qualcosa di importante.


Anche la sua consorte Margaret se ne accorse, con la coda dell’occhio, mentre lavava i piatti. Sospirò anche lei e si sfilò i guanti di gomma gialla che utilizzava per le faccende domestiche. Preoccupata, prese una sedia e si accomodò vicino a suo marito.


 


-  Caro, cos’hai? E’ qualche giorno che ti vedo assorto nei tuoi pensieri…c’è qualcosa che non va?


 


B. Natale si voltò verso la moglie. Il tempo non aveva scalfito la sua bellezza, e nonostante non fosse più giovanissima, nei penetranti occhi azzurri vedeva ancora la donna della quale si era innamorato secoli addietro. Le sorrise amaramente.


 


- Margaret, come tu ormai ben sai il Natale si sta avvicinando. Tuttavia, a differenza degli scorsi anni, c’è qualcosa che mi turba profondamente – rivelò – la nostra renna Muschio non è più giovanissima, ed avrebbe bisogno di qualcuno che prendesse il suo posto  â€“


 


La moglie di Babbo corrugò la fronte, pensierosa. Sfortunatamente al mondo esistevano pochissimi esemplari di renne volanti, in grado di compiere la spedizione del 24 notte, in quanto la maggioranza si era ormai estinta secoli prima. Gli unici animali sopravvissuti della specie che lei conoscesse erano Saetta, Ballerino, Schianto, Guizzo, Cometa, Cupido, Tuono, Lampo, e appunto, Muschio, che era la più anziana di tutti, ed anche il responsabile principale della squadra per la consegna dei regali.


Ora capiva la preoccupazione di suo marito: senza abbastanza renne volanti, la slitta non sarebbe riuscita a consegnare in tempo tutti i doni sul pianeta, ed il Natale sarebbe stato un disastro: in molti avrebbero rinunciato a credere, ed una parte del loro cuore avrebbe smesso di battere aspettando quel giorno.


Decisa, si alzò in piedi battendo con forza una mano sul tavolo:


 


-  Bisogna subito organizzare una spedizione di ricerca in tutti i paesi e le foreste vicine! Avvisare le autorità  ed i responsabili dei parchi e delle riserve naturali! Non è ancora troppo tardi, ma è necessario iniziare le ricerche adesso!


Babbo convenne con lei, dovevano sbrigarsi se volevano salvare il Natale.


 


3


 


Quella mattina il freddo era davvero pungente, ma l’aria era limpida e sana, ed il sole iniziava a nascere spandendo intorno a sé mille sfumature color dell’oro che, fondendosi in un caldo tripudio di tonalità  ambrate, prospettava una splendida giornata.


Allacciandosi le scarpe, Babbo fece mente locale sul da farsi: le città  vicine e lontane erano state avvisate, i guardaboschi e le guardie forestali pure: l’ordine era quello di trovare a tutti i costi un esemplare di renna volante, riconoscibile per il caratteristico manto color cenere ed ardesia. Per non sbagliare, sua moglie aveva inviato a tutti i responsabili della spedizione delle foto molto dettagliate del tipo di renna da scovare, in maniera tale da risparmiare tempo e cercare di accorciare il più possibile la ricerca.


Per quanto riguardava lui, avrebbe esplorato insieme a Muschio il Kalaallit Nunaanni nuna eqqissisimatitaq e le aree circostanti, battendo a tappeto tutta la zona, fino a quando non avesse avuto buone notizie.


Margaret avrebbe invece diretto le ricerche da casa, controllando casi di possibili avvistamenti ed informando in tempo reale il marito ed i responsabili, tramite l’utilizzo di telefoni satellitari.


Non c’era tempo da perdere, pensò Babbo, mentre usciva di casa, preoccupato ma anche determinato a compiere la sua missione. 


 


4


 


Rudolph aprì gli occhi guardandosi intorno: sentì subito che c’era qualcosa che non andava, che quella mattina nel Kalaallit Nunaanni nuna eqqissisimatitaq c’era più movimento del solito. Si allarmò quando udì in lontananza una voce umana, e per questo decise di trovare un nascondiglio sicuro e mettersi in salvo.


Optò per un salice deciduo che, con il suo possente tronco, era in grado di celare completamente la sua figura. Stette attento a non fare il minimo rumore, per evitare di essere scoperto.


Preoccupato, sporse leggermente il muso per vedere se si avvicinava qualcuno: dopo un paio di minuti scorse sul sentiero un uomo dall’andatura spedita: era anziano, anche se procedeva con sicurezza e senza timore. Sfoggiava una lunga barba bianca e degli occhiali a mezzaluna dorati; un giaccone e degli stivali neri completavano l’abbigliamento.


Al suo fianco camminava, anche se con un’andatura meno sicura, una renna, con lunghe corna che scintillavano al sole mattutino ed un mantello color cenere, con delle striature azzurrine. Si guardava intorno con un misto di preoccupazione e curiosità . Il battito dei suoi zoccoli risuonava nell’aria con solennità .


Rudolph sobbalzò: per quanto non ricordasse i suoi genitori, conservava di loro ancora qualche immagine che ormai si era fissata nella sua mente. In un lampo rivide una pelliccia color cenere, e delle corna possenti… il caldo muso di sua madre che gli dava piccoli colpetti per spingerlo a…volare?


Si rivide, lui stesso, mentre si alzava in aria e percorreva un breve tratto prima di atterrare goffamente a terra, finendo con il muso dentro un piccolo cespuglio. La risata di sua madre.


Rudolph barcollò, spaventato e stupito dai ricordi che la visione della renna misteriosa gli aveva scatenato: possibile che tutto ciò fosse reale? Lui sapeva volare? Ma come? In che modo?


All’improvviso gli venne un capogiro. Non sapeva cosa fare: se i due personaggi lo avessero visto probabilmente sarebbe finita male per lui. Deciso a non farsi scoprire ma estremamente turbato e shockato da ciò che aveva appena ricordato, optò per una corsa veloce verso l’interno del boschetto: dopotutto era bravo e correre, e presumibilmente avrebbe avuto la meglio sui due, anche se tutto ciò significava dar loro un motivo per inseguirlo. Stava quasi per procedere, quando all’improvviso l’uomo parlò rivolgendosi alla renna al suo fianco; la sua voce era dolce, anche se denotava stanchezza ed apprensione:


 


-  Muschio, anche qui niente. Abbiamo perlustrato tutto il parco ed i suoi dintorni, ma non abbiamo trovato nessuna renna volante. Forse quello che temevo si sta trasformando nella realtà : non ce la faremo a consegnare in tempo tutti i regali di Natale per la prima volta dall’inizio dei tempi.


 


L’uomo scoppiò a piangere cadendo in ginocchio sul terreno ghiacciato: le lacrime gli rigavano il volto e cadevano a terra tra i suoi singhiozzi.


La renna che era con lui gli si avvicinò ed incominciò a dargli dei piccoli colpetti con il muso, spronandolo a rialzarsi. All’improvviso parlò; la sua voce era limpida e calda, e non sembrava provenire da un animale:


 


-  Babbo, non devi abbatterti. Troveremo un modo per consegnare i regali, per fare in modo che per tutti questo sia un Natale speciale. Ce la faremo, come abbiamo sempre fatto, senza mollare ma dandoci la forza l’un l’altro per affrontare le difficoltà : perché è così che funziona una famiglia.


 


La persona chiamata Babbo guardò l’animale con una dolcezza tale che a Rudolph si strinse il cuore; infine la abbracciò, appoggiando la sua testa sul muso della renna. Velocemente poi si rimise in piedi asciugandosi gli occhi:


 


-  Hai ragione Muschio. Giusto, non mollerò, lo farò per tutti i bambini del mondo e per quelli che ancora credono nel Natale e nello spirito che è presente in questo periodo. Troveremo una renna volante, anche a costo di dover esplorare tutto il creato!


 


Rudolph aveva ascoltato attentamente tutta la conversazione. Non c’era parola che non l’avesse colpito, soprattutto la determinazione e la voglia di non abbandonare le speranze anche se la situazione sembrava davvero molto grave.


Rifletté. Non aveva avuto esperienze dirette con gli esseri umani, se non con i cacciatori quando era ancora un cucciolo, tuttavia ne aveva osservati alcuni quando venivano in visita nel Parco. La maggioranza sembrava di animo buono, c’erano bambini che ridevano e scherzavano, altri che si tenevano per mano e camminavano sussurrandosi parole alle orecchie, altri ancora che con degli strani strumenti osservano gli uccelli e la fauna locale annotando freneticamente chissà  cosa su sgualciti pezzi di carta. Ma ce n’era soprattutto uno che aveva destato la sua attenzione: si trattava di un ragazzo che arrivava sempre in slitta, da solo, e che passava il tempo a passeggiare in silenzio, gli stivali che scricchiolavano sul terreno ghiacciato. Molto spesso portava del cibo, e lo lasciava vicino alle tane dei piccoli animali, o lo sparpagliava nelle zone attigue.


Non sembrava pericoloso, e da allora Rudolph aveva imparato che non tutti gli umani avevano cattive intenzioni. Aveva compreso che non doveva generalizzare, ma valutare per poi decidere se fidarsi o meno, perché non c’è mente peggiore di una mente che non cerca di capire gli altri.


Tuttavia non si era ancora avvicinato agli umani, forse perché non aveva ancora trovato la persona giusta con cui aprirsi. Ma con quell’individuo chiamato Babbo sentiva di poterlo fare, voleva aiutarlo a trovare una soluzione, per tutte le brave persone che esistevano al mondo.


Così, facendosi coraggio, fece un passo avanti e si palesò ai due sconosciuti.


 


5


 


Babbo Natale stava quasi per tornare indietro dal sentiero, quando qualcosa attirò la sua attenzione. Vide infatti che da dietro un albero era sbucato un animale; guardando meglio e strizzando gli occhi scoprì che si trattava di una renna. Il cuore gli sobbalzò quando vide il colore del suo mantello: era cenere con striature azzurrine lungo e fianchi e la piccola coda! Si trattava dunque di una renna volante! Emozionato ed eccitato si voltò verso Muschio, ma scoprì che quest’ultima aveva già  visto l’animale e gli stava sorridendo.


Rudolph sorrise a sua volta e lentamente si avvicinò ai due, il rumore degli zoccoli che echeggiava nella foresta. Per un attimo non ci fu alcun rumore, se non il battito del cuore dei tre che si guardavano con speranza e curiosità .


Fu l’uomo il primo a parlare:


 


- Ciao piccola renna, io mi chiamo Babbo Natale come forse già  tu saprai. Sono contento di averti trovata, qual è il tuo nome?


 


Rudolph non credeva di saper parlare, ma all’improvviso le parole gli uscirono dalla bocca come un fiume in piena: si stupì della sua voce, era cristallina ma calda, oltre che possente:


 


- Mi chiamo Rudolph, e ho udito la tua storia. Credo di poterti aiutare: ho sentito, nascosto dietro a quell’albero, che stai cercando una renna volante per aiutarti a consegnare in tempo i regali di Natale. Io credo di esserlo, anche se non mi ricordo di aver mai volato se non per brevi tratti; inoltre non mi rammento come si fa, ed ho un molta paura…comunque se vorrai ti presterò soccorso anche se non sono molto bravo, perché il tuo racconto mi ha colpito. Io non ho avuto buone esperienze con gli umani, tuttavia ho imparato a non generalizzare, ma ad ascoltare il mio cuore ed a lasciarmi guidare da esso.


 


- Non devi preoccuparti – gli sorrise dolcemente Babbo – la forza di volontà  ed il desiderio di aiutare gli altri sono tutto ciò che è di più importante al mondo. Bastano queste due qualità , e nella vita si può fare tutto. Sono sicuro che con l’aiuto di Muschio ed il mio riuscirai a superare le tue paure, e grazie a te renderemo felici miliardi di persone al mondo!


 


Detto questo si avvicinò a Rudolph e lo abbracciò con dolcezza, dopodiché i tre si rimisero in cammino, pronti e determinati per far sì che anche quell’anno il Natale fosse salvo.


 


EPILOGO


 


La notte del 24 dicembre, la slitta si alzò in volo in un turbinio di scintille dorate. Babbo Natale sorrideva, mentre spronava le sue renne a volare più rapide che mai. In cima al gruppo c’era Rudolph, che, superate le sue paure legate al volo grazie ad un addestramento speciale, guidava le altre come solo un vero capo può fare, incitandole a dare il meglio ed a impegnarsi per tutti quelli che credevano nella magia del Natale.


Inoltre dopo molti anni Rudolph si era finalmente riunito ai suoi genitori, rintracciati grazie alle ottime capacità  investigative di Margaret. Fortunatamente erano riusciti a scappare ai cacciatori, e si erano nascosti in un allevamento di renne lì vicino: nessuno aveva fatto caso a loro, fino a qualche giorno fa, quando la moglie di Babbo Natale li aveva trovati.


Le altre renne, dopo un iniziale periodo di diffidenza, avevano accettato la leadership del nuovo arrivato non appena avevano valutato quanto fosse di buon cuore e generoso, oltre che pronto a sacrificarsi per il bene degli altri. Lo stesso Muschio era rimasto molto colpito dall’atteggiamento di Rudolph, al punto che gli aveva lasciato senza esitazione l’onore di guidare la spedizione natalizia.


E così, volando fin sopra le nuvole, la slitta viaggiava spedita verso la sua prossima destinazione, pronta con i doni che aveva a bordo a rendere felici grandi e piccini, ed a contribuire a rendere il mondo un posto un po’ più magico dove vivere.


Tuttavia non bisogna mai dimenticare che i veri regali sono l’amore verso il prossimo e la generosità , che valgono molto più di un vestito firmato e di un cellulare, e che rendono il Natale il giorno meraviglioso che tutti noi conosciamo.


Ed Ole e la sua famiglia? Naturalmente non mi sono dimenticato di loro! Come vi avevo già  anticipato, questo sarebbe stato un Natale speciale per loro, e così è stato: hanno infatti ricevuto una nuova slitta fiammante, e pochi giorni dopo l’attività  di famiglia è riuscita finalmente ad uscire dalla crisi. Per l’occasione tutti i parenti vicini e lontani si sono riuniti e perfino Ole, che di solito stava in disparte, ha partecipato con gioia ai festeggiamenti, perché non c’è niente di meglio che passare il Natale con le persone che ami.


 


FINE


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Titolo: Chocolà t dans le veines

Io amo il cioccolato caldo.

Ne berrei a bizzeffe, fino a scoppiare.
Quel suo sapore tenero e dolciastro mi è sempre accanto quando qualcosa non va.
E anche quel giorno ne volevo uno.
In quel momento ci voleva proprio. Era uno di quei giorni nevosi, gelidi. Ma di quel gelo che ti spira nei vestiti, quello che ti arrossa le guance in un battito di ciglia. Ma, a dirla tutta, non era neanche tanto male. Mi piaceva. Ma sentivo il bisogno di avere, seppur per poco, un momento di tepore e tranquillità .
Ero lì che camminavo a volto coperto, la testa bassa per non prendere il vento in faccia, voltandomi di tanto in tanto per vedere i negozi. Mi accorsi di essere appena passato dinanzi al Bar all'angolo, quel bar rustico, ma adornato gioiosamente per le imminenti feste.
Mi fermai un attimo e feci mente locale. -Una cioccolata ci sta, dai- pensai. Mi tolsi il guanto destro e mi ficcai la mano in tasca. 4 Euro. Bastavano anche per una croccante mandorlato.
Girai i talloni, tornando indietro di quei pochi metri che mi distanziavano dall'uscio innevato del Bar. Già  pregustavo la calura che mi aspettava all'interno. Allungai la mano alla maniglia della porta, e la tirai.
Ma non si aprì.
Riprovai.
Ma non si aprì.
Riprovai più e più volte. Ma il risultato fu il medesimo.
-Eppure oggi non è festa. O no?- pensai.
E riprovai un'ultima volta, senza successo. -Ci rinuncio.- mi dissi sconsolato. E feci per andarmene.
O meglio, ci provai. Dopo due passi fuori dall'uscio, infatti, inciampai, cadendo a terra lungo di filato, sulla spessa coltre di neve sottostante. Pareva davvero una di quelle “giornate noâ€.
Infreddolito, mi ripulì in fretta la faccia dalla neve, poggiando lo sguardo in basso, sull'oggetto che mi aveva provocato la caduta. Sembrava un'insegna, o giù di lì. La raccolsi e mi rialzai, pulendola, in modo da leggerne il contenuto.
“Vado e torno.â€.
-“Vado e torno.â€? E che vuol dire?- mi chiesi. Ovviamente il cartello era caduto dalla porta del Bar, in quanto capì che portava la giustificazione del barista. Il Bar non era chiuso, quindi: il proprietario si era solo assentato per un po'. E vabbè. Poggiai l'insegna sul porticciolo e mi avviai a passo lento verso il Centro, continuando la mia passeggiata.
E' bello guardare le vetrine, in periodo festivo. Un tripudio di luci, colori, festoni. E soprattutto tanti, tantissimi pupazzi vestiti di rosso, raffiguranti il barbuto portadoni mondiale.
Eh, già .
Purtroppo però, nonostante la mia attenzione nello scrutare quei negozi scintillanti, feci caso solo dopo ad un elemento comune. Un elemento che accomunava tutte le botteghe che mi ero divertito a guardare. Un elemento ligneo, appeso su tutte le porte.
“Vado e tornoâ€.
Mi accorsi che quel cartello troneggiava ovunque. Non solo su negozi. Non solo su vetrine. Ma addirittura su case, scuole, stazioni. Ma cosa. Cosa voleva dire?
Ammetto che iniziavo a preoccuparmi. Non capivo cosa stava succedendo. Anche le strade, ora che ci facevo caso, erano senza un'anima.
Ero confuso, spaesato. Che fare?
Decisi di tornare a casa, con la speranza di trovare qualcuno a cui chiedere informazioni.
Tornai indietro. Allungai il passo, sempre più veloce, fino a correre. Sentivo i piedi affondare nella neve, ma non mi fermai. Continuai, fiatando affannosamente in una corsa ormai sfrenata e angosciante. Mi mancava poco, dovevo farcela nonostante il freddo, il quale mi parve più pungente di prima. Corsi più e più forte. E con un tonfo appoggiai i piedi sul pianerottolo di casa.
Accennai un sorriso sotto la sciarpa. Ce l'avevo fatta.
Presi frettolosamente le chiavi dalla tasca della giacca e feci per infilarle nella serratura.

Ma mi bloccai. Cosa? Non era possibile. Era un incubo. Un brutto sogno inutile.
Il cartello era lì, beffardo, a due dita da me. Pareva guardarmi, sghignazzare, vedendo la mia faccia disperatamente sorpresa.
“Vado e tornoâ€.
Trattenni le lacrime per un soffio. Non sapevo che fare. Ero solo. Solamente io lì.
Sbattei il pugno sulla porta, facendo cadere la neve dalla maniglia. Poi un altro e un altro ancora. Tanto che il cartello cedette, e mi cadde sugli scarponi da ghiaccio.
Ma di ciò non feci caso. Feci caso invece ad un secondo cartello. Un piccolo cartello scritto a mano con un pennarello, attaccato alla porta, che si trovava appena dietro a quello appena caduto.
Lessi.

“Sai che la nostra città  è molto legata alle festività  natalizie. Dobbiamo dare una mano anche noi per favorire ciò. C'è stato un incidente sul monte, vicino alla foce del fiume. Vieni a darci una mano.

P.S Hai lasciato a metà  il tuo cioccolato caldo, finiscilo prima di venire.
-Mammaâ€


In quel momento, il mondo, che mi era crollato addosso come un enorme macigno. Divenne leggero leggero, come un fiocco di neve.
L'indizio che cercavo. Tante paranoie per nulla. Ma va va.
Mi sentivo felicemente soddisfatto, sia per il fatto che non fossero tutti spariti, sia per il fatto che avessi una cioccolata calda da finire in casa.
In fretta e furia entrai, corsi in cucina e presi il manico della mia tazza, portandola alla bocca. E feci per bere.
Ma nulla. Non scendeva nemmeno una goccia di cioccolato fumante. Diedi due colpetti al retro della tazza, ma niente. Non cadde nulla.
-Mamma mi ha preso in giro?- mi chiesi confuso. Guardai all'interno nella tazza.
No, non mi aveva preso in giro. Il cioccolato c'era, ma si era solidificato sul fondo. E grazie che non scendeva. Peccato.
In teori avrei dovuto scrostarlo dalla tazza, ma non avevo tempo. Dovevo aiutare mia madre e gli altri sulla montagna. Non sapevo ancora a cosa, ma sarei dovuto andare ad aiutarli.
Quindi mi misi la tazza pregna di cioccolato nella grande tasca della giacca e uscì di nuovo, chiudendomi la porta alle spalle e avviandomi verso la alta montagna.
Il viaggio è durato molto, almeno due ore. Due ore di freddo, gelo, cadute e battiti di denti.
Presi il sentiero più corto, costeggiando gli alti abeti al confine. Per tradizione questi ultimi venivano sempre addobbati con candele e lucerne; ma quest'anno feci caso che avevano messo anche qualche campanello e alcuni lembi rossi di tessuto, di cui non capì l'utilità .
Tuttavia non era divertente affatto guardarli. Forse all'inizio. Ma dopo un'ora di camminata, gli addobbi erano scomparsi dagli alberi ormai da tempo, ed il paesaggio tardava a cambiare aspetto. Sempre e solo neve, neve e neve. E piante, ma sempre ricoperte di neve. Cercavo inutilmente di distrarmi dal gelo, guardando le cime degli alberi sulla via e confrontandole, cercando di capire quale fosse la più alta. Ma mi annoiai quasi subito e mi presi a pensare e riflettere su svariati argomenti.
Pensai che se fossi stato a casa sarei andato in automobile con mia madre, risparmiandomi la fatica della camminata. Pensai che, al mio ritorno, sarei andato a comprarmi una benedetta cioccolata al bar. Pensai a quanto ero stato stupido a farmi prendere dal panico sull'uscio di casa. Ma soprattutto azzardai ipotesi su che tipo di aiuto stavo per dare una volta alla foce.
Forse c'era stata una frana che aveva ostruito il fiume? Forse qualcuno si era disperso? O forse un animale si era fer...
-Ehi! Ehi, tu! Siamo qui!-
Mi voltai di scatto appena udì quel richiamo. Veniva da sopra una collinetta, dove vidi un uomo grosso, barbuto e dai capelli olivastri .Lo riconobbi: era un commerciante giù al paese.
Mi arrampicai di rincorsa su quella collina innevata, facendo attenzione a non cadere all'indietro. L'uomo mi afferrò stretto il polso e mi tirò su, forzutamente, facendomi atterrare dolcemente sulla cima. -Ce ne hai messo di tempo!- mi disse -Mancavi solo tu all'appello. Seguimi! Dobbiamo aiutare la renna.- E mi fece segno di andare con lui in una vicina radura coperta da rami zeppi di foglie e aghi.
-La renna?- ribattei curioso mentre seguivo i suoi lunghi passi. Forse dovevamo davvero soccorrere un animale ferito, come avevo supposto?
-Già - disse l'uomo da sotto la folta barba -Si è infortunata. Ed è nostro compito aiutarla. Dai, passa.-
E con il braccio scostava i i rami e gli aghi come fossero spiedi, aprendomi un varco per la distesa erbosa.
-Grazie- borbottai. E sgusciai fuori.
E solo fuori, fuori da quella fitta boscaglia mi resi conto di quante persone trottorellavano per quella immensa radura.
Gente affannata. Gente con fasce e bende. Gente con seghe e accette. Ma soprattutto gente che formava un capannello attorno a un qualcosa, che ipotizzai fosse la renna. Ma tutti avevano un sorrisetto sulle labbra. Non parevano tristi o cupi. Parevano sì stanchi, ma pieni di voglia di mettersi in gioco. Non so perchè di preciso, ma tutto ciò mi diede allegria, scacciando dalla mia mente e dal mio corpo la spossatezza.
Mi avvicinai al capannello di persone. Ero curioso di vedere cosa attirasse tutti.
Pur immaginando già  cosa fosse.
Pian piano che avanzavo feci poi caso ad un rilevante particolare. C'era un lungo albero, un abete, disteso a terra. Vidi aghi secchi dappertutto sulla neve, che si mischiavano a corteccia spezzata e rami morti. Feci anchevcaso che il fusto caduto era stato tagliato e segato di netto in alcuni punti. Ciò mostrava l'interno del tronco, che scoprì era perlopiù marcio o cavo, quindi inutile come ardente per i camini. Chissà  perchè lo avevano tagliato?
Beh, forse sarebbe stato meglio non porsi questa domanda.
In quanto mi resi conto tormentatamente pochi attimi dopo del perchè.
La vidi stesa a terra, in posizione innaturale, gli occhi nero pece che opprimevano lo sguardo.
Era altresì bellissima. Un'animale splendido, tanto regale quanto indifeso.
Il sole, quel poco spiraglio di sole che filtrava tra le nubi cariche di bianco, bastava a rendere il suo manto lucente, riflettendosi su ogni singola fibra della sua crine. Il velluto le ricopriva le corna, facendole setose, morbide. Le pupille oscure, buie, tristi, che roteavano prima da un lato e poi dall'altro, cercando attorno al capannello chissà  cosa o chi.
Scorsi campanello d'oro al collo, allacciato da una cordicella rossa, che si mimetizzava tra la folta crine della splendida renna.
L'animale più affascinante che io abbia mai visto.
Ma le sue condizioni non erano affascinanti affatto, anzi.
Guardandola bene, lo notai.
Un enorme squarcio le marcava la zampa posteriore. Un zampillante taglio, lacero.
Vidi trucioli di legna attorno ad esso, e un ceppo di fianco.
Non c'era molto da capire.
L'albero di prima, piombato a terra, aveva colpito la renna, ferendola. Già .
Tutti intorno a lei la stavano aiutando. Chi la nutriva, chi la fasciava, chi la massaggiava, chi la strofinava. E l'animale, seppur stremato, mi parve porre un occhiata sfuggente di apprezzamento ad ognuno di essi.
Poi mi vide.
Io ero ancora lì, dietro al gruppo.
Alzò la testa e mi fissò.
Intensamente.
Ed io fissai lei.
Non so per quanto ciò continuò.
So solo che più la guardavo e più mi sentivo qualcosa dentro. Non nel cuore. Era qualcosa di più profondo, qualcosa di innocente.
Innocente come il suo sguardo, che non si staccava dal mio volto.
Chissà  perchè. La sentivo vicina. Più vicina di chiunque, anche se era la prima volta che la vedevo.
Nessuno ci fece caso, erano troppo indaffarati per curarla.
Solo io e lei. Eravamo solo noi.
Poi rosso. Ovunque. D'un tratto.
Si espandeva dal centro. Sulla neve, sui vestiti, dappertutto.
E persi il suo sguardo, in quel bagliore rosso.
Mi portai le mani agli occhi. Quel forte rosso era accecante.
Vedevo quel colore infiltrarsi tra le fessure delle dita. Sempre di più, sempre più possentemente.
Fino a che non sentì qualcosa premermi la mano. Una, due, tre volte. Ma piano, come una carezza. Come se volesse chiamarmi.
Abbassai le mani, riaprendo gli occhi.
Il rosso c'era ancora, ma era più fievole, più dolce, più nitido.
E lo vidi. Vidi da dove proveniva.
Vidi che il musetto della renna era vicino, vicinissimo. Potevo sentirne il fiatare e vederne il vapore uscire dal naso.
Quel naso rosso.
Quel naso da cui scaturiva quell'ormai dolce bagliore.
E nel rosso vidi che continuava a fissarmi.
E cercò di alzarsi.
-No, ferma!- urlò qualcuno.
Ma la renna provò lo stesso. Goffamente puntò le gambe a terra, dando forza ai piccoli zoccoli.
E sembrava incredibile, ma mi si avvicinò.
O almeno, ci provò. Zoppicando lentamente, eccola arrivare.
La gente lì attorno tentava di bloccarla, ma era inutile.
Continuava ad ignorare tutti. Tutti tranne me.
Non ricordo bene cosa successe poi. Ricordo che le lacrime mi rigavano il viso.
Ma non ero triste, anzi. Ero commosso.
Mi ritrovai in un attimo l'animale tra le braccia, il muso ritto verso il mio volto, col suo naso ancora scintillante. Continuava a guardarmi.
Sembrava speranzoso, sembrava essersi dimenticato per un attimo del dolore.
E mi guardava.
E io piangevo.

Ora che mi era così vicina, mi sembrava affamata.
Non so davvero cosa o chi mi fece saltare in mente questa sensazione.
Ma senza pensarci, tirai fuori la mia tazza di cioccolato freddo dalla tasca.
Non sapevo proprio cosa mangiassero le renne. Forse le avrebbe potuto addirittura far male.
Ma lo feci, incurante delle possibili conseguenze. E gliela porsi davanti al muso.
L'animale la guardò. Annusò il cioccolato. Scrutò poi la tazza. E infine ripose il suo sguardo su di me ancora una volta.
-Forse non le piace- pensai. E continuai a fissarla un po' sconsolato.
Ma in un lampo mi sentì il braccio avere una forte spinta dalla tazza. La renna aveva affondato il muso nel mio cioccolato. E mangiava di gusto, per la mia soddisfazione.
-Buona, eh?- le sussurrai -Peccato non sia calda, sarebbe stata ancora migliore-

Beh, sapete?
Mi stupì molto quando vidi la ferita sparire dalla gamba di Rudolph. Mi stupì, in quanto scomparve d'un tratto, appena finì di rosicchiare il mio cioccolato.
Ma non feci in tempo neanche a parlare, che sentì un grido: -Ballerino, chiama Rudolph!-
Era un grido possente, ma dolce allo stesso tempo. Un grido gaio.
E sì.
Capì che il mio nuovo amico doveva andare.
Capì che ora era il suo turno per contribuire; contribuire al Natale.
Non fui triste quando lo vidi alzarsi in volo con Ballerino verso quella slitta.
Anzi, lo salutai con affetto. E lui fece lo stesso, facendo una piroetta in cielo.
E fui poi contento quando, tornato a casa, trovai una lettera rossa sullo zerbino, targata “North Poleâ€.

Ragazzo mio,
Volevo personalmente ringraziarti per l'aiuto preponderante che hai dato a Rudolph.
Hai un cuore d'oro, e questo ti fa onore.
Il tuo intuito è stato fondamentale, in quanto hai capito subito quale sia il medicinale universale per le creature magiche, nonostante io non ti abbia mai parlato di ciò: il Cioccolato.
Da questo ho capito che nelle tue vene scorre sangue da portadoni.
So che ci vediamo poco e me ne spiace.
Ma ora che so che sei quel che sei, sappi che verrò presto a trovarti.
E non sarò solo.
C'è una renna qui che scalpita per rivederti.

Tuo nonno, Kris Kringle

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