Pokémonmaster98 Inviato 27 dicembre, 2015 Condividi Inviato 27 dicembre, 2015 Riunirò qui tutti i racconti che ho scritto (tra cui anche quelli per i contest) man mano che li troverò visto che non riesco a rintracciarne alcuni sparsi in qualche cartella o pubblicati non so dove. Alcuni di questi scritti precedentemente li lascerò così come sono stati precedentemente pubblicati, mentre ad altri farò delle modifiche più o meno estese. Buona lettura Vita o morte (contest di aprile 2014) (prequel su Il Signore degli anelli) Spoiler Nella Contea era il 22 Invernume dell’anno 2980 della Terza Era quando Frodo, mentre giocava con Meriadoc detto Merry e Peregrino detto Pipino, vide lungo la sponda del fiume una chiatta capovolgersi e disintegrarsi portando la morte alle due persone che vi navigavano sopra. Frodo, assistendo impotente a tale scena, corse verso la riva quando vide riemergere a galla due corpi ormai esanimi. Due corpi che conosceva bene, quello della madre e quello del padre. I due corpi, privati ingiustamente della loro vita, galleggiavano beffardamente davanti allo sguardo disperato di uno hobbit dodicenne senza ancora la peluria sui piedi. Il giovane vide il corpo della madre spinto lentamente verso la riva dalle onde, mentre quello del padre rimanere accanto ai resti di quella chiatta portatrice di morte. Il cadavere materno toccò la riva dove vivevano alcune pianticelle e fu subito affiancato da un corpo pallido ancora vivo. Uno hobbit scosso, che non si capacitava ancora di ciò che era successo e di cosa sarebbe derivato da questo malaugurato evento. Una lacrima cadde dal giovane viso puerile atterrando delicatamente sul volto tanto diverso ma anche tanto simile della madre. Poi un’altra ancora toccò il viso spento con gli occhi ancora aperti, che guardavano il cielo dicendo: perché proprio a me? Lo sguardo di quel piccolo hobbit appena dodicenne chiedeva con insistenza la stessa cosa: perché proprio a me? Cosa aveva fatto di male lui, un giovane e semplice hobbit che non era mai andato in cerca di strane avventure, che aveva sempre aiutato i genitori e che gli aveva sempre ubbidito, per meritarsi tutto questo? E quel sorriso dipinto su quel volto morto lo prendeva in giro, lo derideva. Così impari cos’è la morte dei cari, diceva. Frodo ne era a sua volta consapevole, ma stentava ancora a capacitarsi di quanto successo. Ci doveva essere una soluzione per curarla, sì, ci doveva essere. Si alzò di scatto correndo verso il boschetto a pochi metri di distanza, e si mise a cercare alcune di quelle erbe che la madre gli aveva insegnato a distinguere. Ma quali prendere? Indeciso e agitato dalla situazione prese diversi tipi di piante, tra cui quelle per rimanere sveglio e quelle per accelerare il battito cardiaco dato il pallore del corpo materno. Tornò a distendersi accanto al corpo freddo senza notare che l’altro suo genitore stava per essere trasportato lontano da lui, via lungo le piccole cascatelle del Brandivino. Si guardò intorno in cerca di un aiuto da parte degli amici nonché cugini, ma notò che di loro non vi era più alcuna traccia. Lasciato solo con una madre e un padre svenuto, pensava lui, anche se già sapeva, dentro di sé, qual era la triste sorte che lo attendeva. Ad altri più potenti di lui forse era concesso alterare il corso della natura, ma di certo non ad un semplice e giovane hobbit. Hobittino mio, lo chiamavano i genitori. Cominciò a spezzare in piccole parti le foglie raccolte pochi minuti prima e spalmò il liquidò che ne fuoriusciva sulla lingua della madre che però non dava segni di volersi svegliare. Dannazione, pensava lui. Sarà una vacanza tranquilla e felice con tutti noi insieme, gli avevano detto loro. Aspettò alcuni minuti stringendo entrambe le mani della madre e portandole vicino al suo piccolo cuore hobbit, cercando di passare quel poco calore possibile all’ormai gelato corpo della madre. I suoi occhi erano velati e cercavano ancora di mettere a fuoco quel cielo limpido sopra di lei, senza però riuscirci. Si era spento il collegamento, quel collegamento che nessuno può riaccendere semplicemente premendo un bottone. Se gli chiudo gli occhi riposerà meglio, si disse. E così fece. Stette ancora accanto al corpo esanime della madre tenendole strette strette le mani e cominciando a cantare una canzoncina che lei gli aveva insegnato quando lui aveva solo sei anni. Cantò dei campi coltivati della Contea, di quelle vaste piantagioni fertili. Cantò di quei piccoli laghetti in cui ci si poteva specchiare, di come quegli specchi d’acqua emanavano una perfetta copia di sé stessi. Cantò degli alberi, del cielo e degli animali che li popolano. Di quella piccola volpe salvata quella mattina di Solfeggiante con una zampa rotta, di come l’avevano guarita e nutrita. Cantò delle nuvole che raccontano tante, infinite storie. Cantò dei giorni felici, della sua nascita, di come tutto questo avesse cambiato la vita dei suoi genitori. Sei il nostro bellissimo frutto, gli dicevano. Trascorse un’ora così, cantando. Inneggiando quel mondo perfetto, quel mondo perduto. Era bello evadere dal presente, non doverci pensare. Ben presto però dovette tornare alla realtà. Uno spasimo, e poi ancora un altro. Dalla bocca del corpo materno uscì dell’acqua. Eccola, si sta riprendendo, pensava lui. Frodo avvicinò la sua testa al volto della madre e le diede un bacio sulla fronte. Svegliati mamma, svegliati!, le diceva, cercando di farsi forza per credere che una speranza ci fosse ancora. Sì, c’è sempre una speranza. Aspettò ancora, attendendo un altro spasimo o la dolce voce che gli diceva: vieni qui, piccolo mio, è tutto finito. Adesso ci sono io, non preoccuparti. Si girò, alzandosi a guardare verso il fiume, e si accorse di non riuscire più a scorgere il corpo del padre né i resti dell’imbarcazione. Dove sei, papà, dove sei, urlava al vento, dove sei? Frustato per la scomparsa del padre e per quella degli amici, si sedette nuovamente accanto al corpo della madre, stringendo le sue piccole braccia attorno alla piccola vita della madre come faceva sempre quando dormivano assieme. Era bello dormire vicini e abbracciati, Frodo lo ricordava bene. Ogni volta che aveva un incubo correva nella camera dei genitori che lo accoglievano nel loro grande e caldo letto, stringendolo entrambi forte per rassicurarlo che loro erano con lui. Loro sono sempre con me, pensava, sono sempre con me anche quando io sono lontano da loro. Sono qui, qui dentro, diceva toccandosi il petto proprio dove si trovava il suo cuore. Il tuo piccolo e dolce cuoricino, gli diceva la nonna Mirabella Tuc. Stava chiudendo gli occhi addormentandosi quando la madre emise un altro spasimo. Frodo si voltò immediatamente verso di lei e vide che questa volta non usciva acqua dalla sua bocca. Sangue, usciva sangue. Alla fine realizzò, una volta per tutte. No, non è possibile, non può essere vero, urlava colpendo l’ormai cadavere con le piccole mani da Hobbit. Urlava piangendo quelle poche lacrime rimastegli senza interrompersi, infrangendo nella sua mente giovane la speranza di vita, capendo che era la fine di tutto ciò che conosceva. Si alzò ormai stanco di quel vivere che non aveva più alcun senso, deciso a mettere fine anche lui a quella che tutti descrivevano come la cosa più bella che ci fosse al mondo. Menzogne, ecco cosa sono, pensava, solo stupide menzogne raccontate a quegli stupidi che ci credono. Afferrò una tavola di quella barca portatrice di morte che galleggiava poco distante dalla riva ed estrasse un pezzo di metallo appuntito, tagliandosi le mani e riempendo le dita di tagli. Poco importa, si diceva, ben presto questo dolore insopportabile avrà fine. Si chinò sul corpo della madre un’ultima volta, dandole l’ultimo bacio sulla guancia, l’ultimo bacio della sua breve vita. Impugnò fermamente quello che sarebbe diventato lo strumento della sua morte di lì a pochi minuti e si diresse verso quella piccola rapide lontana due miglia. Si mise in piedi accanto alla riva, decidendo se buttarsi giù e lasciare il lavoro all’impetuosità delle acque o se porre egli stesso fine alla sua sofferenza. Optò per la seconda, la caduta nell’acqua avrebbe poi pensato a portare via la sua anima e a continuare a farla navigare lungo il fiume, fino ad arrivare al mare e a giungere oltre oceano, a Valinor, nelle aule dove sono ospitate le ormai defunte anime dei mortali destinate ben presto a scomparire. Afferrò il metallo con entrambi le mani portandolo all’altezza del petto. Un colpo solo, ben assestato, si disse, un colpo solo e tutto sarà finito. Li rivedrò presto, mamma e papà, li rivedrò presto. Era pronto. Il colpo di grazia, l’unico spreco di energia su quella terra che per lui ormai non valeva più niente. Addio erba, addio acqua, addio animali. Addio Contea, addio hobbit, addio nonna. Io vado, raggiungo i miei genitori. Raggiungo la mamma e il papà. Frodo sentì un urlo lontano che gli intimava di fermarsi, ma non gli diede ascolto. Mosse le braccia, e il metallo perforò la sua gracile pelle. Sentì perdere le forze, gli si annebbiò la vista. Le ginocchia non lo sorressero più, si vide precipitare verso il fondo, verso il fiume. Quel fiume, il fiume Brandivino che gli aveva portato via i genitori e che ora stava per prendersi anche lui. La ferita che aveva lacerato la carne aveva sfiorato di poco il cuore, colpendolo poco sopra l’organo vitale. Ma fu abbastanza. Vide nero e cadde giù, giù verso il fiume. Addio vita, disse la sua mente, ma lui non la sentì. Era finita per lui ormai. Era finita. Addio vita. Frodo cadde in acqua e il suo leggero corpo cominciò ad essere trasportato lentamente dalla corrente. Quel fiume che aveva reclamato la vita della madre e del padre ora reclamava anche la sua. Un fiume malvagio, a volte, il Brandivino. Galleggiò sull’acqua l’esile corpo dall’aspetto cadaverico, con un pezzo di metallo conficcato in corpo che lo privava della vita e di quella insensata voglia di vivere. Addio era stato il suo ultimo messaggio al mondo. Una semplice e breve parola, ma carica di significato. Addio. I minuti che seguirono furono molto confusi, ma un uomo accorso spaventato dalle grida di Merry e Pipino che erano andati in cerca di aiuto si tuffò in quelle fredde acque fluviali e nuotò verso il giovane hobbit, portandolo a riva. La vita stava abbandonando Frodo, e il salvatore doveva agire in fretta o il giovane non si sarebbe salvato. Estrasse il pezzo di metallo dal corpo e passò sopra la ferita alcune sostanze rilasciate dalle erbe curative che portava con sé, stringendo poi il petto del ragazzo con una fascia leggera in modo che non perdesse altro sangue senza sapere che, quella ferita apparentemente guarita, alcuni anni dopo sarebbe stata riaperta da un’arma impregnata di un’oscura magia. Frodo fu portato al villaggio vicino e curato, e una volta rimessosi in sesto dovette affrontare la dura verità della morte dei genitori, ma non fu mai lasciato poichè la nonna e gli altri parenti lo presero in custodia aiutandolo a superare la dolorosa perdita. Fu così che il giovane hobbit dodicenne dovette imparare sulla propria pelle cosa significasse vivere la morte e fu così che scappò alla morte, fino a crescere e ad essere adottato da Bilbo Baggins e sino a vivere quella grande avventura in seguito alla quale fu chiamato salvatore della Terra di Mezzo. Una nuova speranza (GU writing contest luglio 2014) (prequel sulla saga Le cronache del ghiaccio e del fuoco) Spoiler Il Quartiere delle Pulci era molto affollato quella notte e nessuno si accorse di quella figura avvolta da un mantello che si muoveva tra le strade in cerca di qualcosa. I bordelli emanavano pesanti odori di vino percepiti anche all’esterno, e le strade erano piene di ubriachi. La situazione era alquanto normale per una notte tra quelle vie, ma la figura avanzava velocemente perdendosi nell’intricato quartiere e deviando nei minuscoli vicoli di quella città. Una corrente d’aria le tolse il cappuccio, rivelando una ragazza dai capelli scuri e lunghi fino alle spalle. La giovane continuava a camminare controllando gli spazi intorno a lei, come per evitare di essere seguita. Girò nella stradina alla sua sinistra continuando a pensare all’incarico affidatole. Abbastanza semplice, ma fondamentale per l’esito di quella guerra in corso a Westeros. Se non avesse portato a termine il suo compito, la pretesa al trono del rivoltoso Robert Baratheon sarebbe potuta essere messa in pericolo. Svoltò a destra dopo aver passato altri due incroci, comparando quel dedalo di strade a quello della città da cui proveniva. Braavos, una città completamente diversa da Approdo del Re, sotto alcuni aspetti era molto simile alla capitale dei Sette Regni. Quel retaggio stradale le riportava in mente la distribuzione dei numerosi ponti che collegavano le varie isolette della città libera, talmente tanti che pochi ne ricordavano con precisione il numero esatto. Ogni isola, anche la più piccola, era collegata ad altre da svariati ponti di dimensioni e strutture diverse, e il grande acquedotto che passava per la città raggiungeva con le sue diramazioni anche i più piccoli scogli abitati. La ragazza non avrebbe mai voluto imbarcarsi in quella missione pericolosa, ma era scampata alla morte grazie all’aiuto di un uomo e doveva una vita al Dio dai Mille Volti. La sua vita era stata allontanata dalla chiamata della Morte, ma ora un’altra vita le doveva essere donata in cambio di quella risparmiata. Era la regola, la regola del suo ordine. E per esaudire il desiderio di quell’uomo che l’aveva salvata aveva dovuto salpare per il mare e arrivare ad Approdo del Re, a Westeros. Era stato un lungo viaggio, e tutto per offrire una vita al dio della Morte. Imboccò una viuzza alla destra in cui i rifiuti dominavano incontrastati ed entrò in una casa vecchia e pericolante. Sfondò la porta e si guardò intorno, cercando di vedere qualcosa nell’oscurità dove si trovava. Sentì dei rumori provenire poco lontano da lei da una stanza attigua e, facendosi guidare dai deboli scricchiolii di un’asse del pavimento, si spostò nell’altra sala nel momento stesso in cui veniva accesa una candela. La luce era ancora fioca, ma abbastanza chiara da permettere di distinguere una figura alta lì vicino e un letto poco distante su cui una figura con un abbondante seno era seduta, irrigidita dalla paura. La luce notturna che filtrava dalla finestra insieme a quella della candela delinearono poco chiaramente i lineamenti delle tre persone. L’assassina capì subito di aver trovato colui che cercava: corrispondeva perfettamente alla descrizione che gli era stata fatta. Aveva i capelli dorati tagliati molto corti, quasi invisibili, che però sarebbero riusciti a far brillare il cranio in una giornata assolata. Il naso piccolo e schiacciato e le folte sopracciglia mettevano in risalto quegli occhi viola tipici della casata Targaryen. Non c’era dubbio, era quello l’uomo, l’oggetto della sua lunga ricerca attraverso i due continenti. Le voci che dicevano che esistesse al mondo un figlio illegittimo di Jaehaerys II, fratellastro del Re Aerys, erano vere. Una volta che l’esercito del re fosse stato sconfitto dall’unione dei Baratheon, degli Stark, degli Arryn e dei Tully e gli eredi al trono giustiziati, l’unico che avrebbe potuto cercare di aspirare al trono essendo legato alla discendenza dei Targaryen era quel biondino trentenne. Una delle tante possibili minacce che probabilmente non avrebbero mai potuto interferire con la salita al trono di Robert Baratheon, ma che era meglio eliminare prematuramente. La ragazza estrasse una sottile daga dal mantello e con un affondo veloce lacerò la pelle dell’uomo affondandogli l’acciaio nel cuore. Rimosse la lama e guardò quella vita spezzarsi dopo pochi attimi. Valar Morghulis. La giovane, dopo aver sussurrato quelle parole, si allontanò dal cadavere, rivolgendo un’occhiata alla donna che era rimasta ferma immobile su quel letto, valutando se ucciderla o meno. Decise di risparmiarla, l’unico vero dio aveva già avuto quanto gli spettava. Non c’era bisogno di dover stroncare un’altra vita. S’incamminò verso l’uscita ripulendo la daga su una tenda vicino la finestra e riponendola in una tasca del mantello e, scostando una ciocca di capelli dal viso, uscì dalla stanza. -Perché? - La donna sul letto si era alzata e si stagliava dietro di lei, alta pochi pollici più della ragazza. -Perché l’hai fatto, non ti aveva fatto nulla di male. - -Una vita è stata tolta al Dio dai Mille Volti e colui che l’ha salvata ha deciso che la vita di quest’uomo dovesse essere concessa al dio come rimpiazzo. Ho solo eseguito la sua volontà donando alla Morte una vita al posto della mia. - La giovane si voltò per guardare in viso la donna, nuda come il giorno in cui era venuta al mondo, e dal portamento capì che aveva venduto il suo corpo a quell’uomo. -Era un buon uomo, non ha mai fatto nulla di male. - Rischiarata dalla fioca luce della candela la venditrice continuava a tremare, pensando di poter fare la stessa fine dell’uomo con cui aveva già giaciuto decine di volte. Ci siamo conosciuti da piccoli, entrambi figli bastardi che non hanno mai conosciuto i loro padri. Era un innocente, un povero figlio di nessuno che stava vivendo la sua vita come meglio poteva. - -Il suo sangue è di stirpe reale, questo disse l’uomo che pronunciò il nome di Rodden Waters a questa donna di nome Flamiya. - La ragazza aprì la porta e cominciò a scendere i gradini. -Il dio della Morte ora ha avuto la sua parte. Questa donna di nome Flamiya gli ha concesso ciò che è suo di diritto. - La giovane uscì dalla stretta via in cui era entrata continuando a perdersi nei meandri del Quartiere delle Pulci. Trovò un piccolo magazzino vuoto e vi entrò dentro, poi si passò una mano sul volto. Gli occhi celesti divennero castani, il naso più grande e i lineamenti del volto più giovanili rispetto a prima. Un’ora dopo oltrepassò la Porta del Fango sorvegliata da alcuni giovani soldati della Guardia Cittadina. Le cappe dorate sembravano stanche e non la degnarono di uno sguardo. Flamiya andò verso le banchine del porto cominciando a cercare una barca braavosiana. Il sole stava sorgendo dal mare fornendole la luce, il mare tranquillo era come una pianura d’erba. Aveva poco tempo, le barche sarebbero salpate presto sfruttando la marea. Individuò una barca di Braavos due banchine più avanti di dove si trovava e, mentre camminava, cercò la moneta di ferro. Invece del soldo la sua mano si ritrovò a stringere la daga incrostata da quel poco sangue che non era stato tolto dalla tenda. La ragazza si fermò accarezzando l’elsa. Ripensò a tutte le morti che aveva portato a tante persone, ripudiando di colpo ciò che aveva fatto. Estrasse l’arma e la scagliò nel mare con una rapidità che molti avrebbero invidiato, seguita poco dopo dalla moneta di ferro e dalle altre piccole armi di cui era munita Flamiya. Fece un respiro profondo, eliminando dalla sua mente i volti dei cadaveri delle persone che aveva ucciso. Decise che quello sarebbe stato il suo passato, non si sarebbe più resa partecipe di alcun assassinio. Avrebbe cambiato vita, cercando di farsi una famiglia. Sì, le piaceva quel pensiero. Si girò rivolgendo la schiena alla distesa d’acqua e tornò indietro, uscendo poi dalla città. Prese un cavallo e si allontanò in fretta da Approdo del Re, evitando le cappe dorate e le loro pretese. Percorse un tratto della Strada del Re per poi uscirne e dirigersi ad ovest, verso quella che sarebbe stata una nuova vita. Si voltò indietro e le sembrò di vedere in lontananza un esercito dirigersi verso la capitale dei Sette Regni, gli stendardi color porpora e oro. Forse ben presto il regno di Aerys II Targaryen sarebbe finito. Nel suo viaggio aveva sentito molte storie su quel re, definito folle per aver bruciato vivi alcuni dei suoi consiglieri. Flamiya si lasciò alle spalle la città e tutte le sue preoccupazioni, continuando a percorrere la campagna pensando al futuro, a una nuova casa e ad un marito. E a dei bambini, dei piccoli, dolci bambini. Era un nuovo sogno, ben diverso da tutto ciò a cui aveva pensato prima. Il sole ormai alto illuminava quel campo verde e alcuni piccoli laghi riflettevano la luce solare come degli specchi. Le sembrò di scorgere anche dei piccoli arcobaleni. Gli arcobaleni simbolo di speranza, di una rinascita dopo la tempesta. Sarebbe andata lontano e avrebbe vissuto la sua vita, così come l’avrebbero fatto tutti gli altri esseri umani, senza dover pensare di continuo alla morte. Tutti dovevano poter vivere, non per servire un dio ma loro stessi. Valar Dohaeris. Link al commento Condividi su altre piattaforme Più opzioni di condivisione...
Jambojet. Inviato 29 dicembre, 2015 Condividi Inviato 29 dicembre, 2015 Il primo racconto è quello che mi è piaciuto di meno L'ho trovato pletorico, ripetitivo nei concetti e nei pensieri che erano più o meno gli stessi, dici sempre le stesse cose Infatti non mi ha trasmesso niente di che, non mi è arrivata la sofferenza di frodo e non sentivo il patos che si dovrebbe sentire leggendo di un momento tanto importante Gli errori non li ho guardati, ma ce ne sono Nel secondo ci sono un po' di errori "Affidatogli" non sarebbe meglio "affidatole" essendo donna? "Sarebbe potuta essere messa" va con "avrebbe" "Una volta che l'esercito del re sarebbe stato sconfitto" è "fosse stato sconfitto" "Le barche avrebbero salpato" direi "sarebbero salpate" Qui non mi è piaciuta l'evoluzione improvvisa del personaggio, poco studiata e messa un po' a caso In generale la forma non mi piace molto, in certi punti è imprecisa, stessa cosa per la punteggiatura Attento poi alle ripetizioni Spero che pubblicherai racconti più interessanti perché, sarà che non segue queste due saghe, ma non mi hanno preso molto, poi non è che siano tanto originali o dicano qualcosa dell'autore Link al commento Condividi su altre piattaforme Più opzioni di condivisione...
Pokémonmaster98 Inviato 29 dicembre, 2015 Autore Condividi Inviato 29 dicembre, 2015 33 minuti fa, Jambojet. ha scritto: Il primo racconto è quello che mi è piaciuto di meno L'ho trovato pletorico, ripetitivo nei concetti e nei pensieri che erano più o meno gli stessi, dici sempre le stesse cose Infatti non mi ha trasmesso niente di che, non mi è arrivata la sofferenza di frodo e non sentivo il patos che si dovrebbe sentire leggendo di un momento tanto importante Gli errori non li ho guardati, ma ce ne sono Nel secondo ci sono un po' di errori "Affidatogli" non sarebbe meglio "affidatole" essendo donna? "Sarebbe potuta essere messa" va con "avrebbe" "Una volta che l'esercito del re sarebbe stato sconfitto" è "fosse stato sconfitto" "Le barche avrebbero salpato" direi "sarebbero salpate" Qui non mi è piaciuta l'evoluzione improvvisa del personaggio, poco studiata e messa un po' a caso In generale la forma non mi piace molto, in certi punti è imprecisa, stessa cosa per la punteggiatura Attento poi alle ripetizioni Spero che pubblicherai racconti più interessanti perché, sarà che non segue queste due saghe, ma non mi hanno preso molto, poi non è che siano tanto originali o dicano qualcosa dell'autore Grazie per aver commentato. Per quanto riguarda gli errori grazie per la segnalazione, ieri ho riletto i due racconti velocemente prima di pubblicarli ma, a quanto pare, mi sono fissato troppo sulla correzione più generale. A dir la verità non ho minimamente fatto attenzione alla grammatica, e questo mi delude molto, anche perchè alcuni pezzi praticamente non li ho riletti bene o li ho proprio saltati. Provvederò quanto prima a ricontrollare e aggiustare tutto. Per quanto riguarda il primo racconto, come alla fine succede quasi sempre quando devo scrivere qualcosa, lo scrissi di fretta, e non essendo io molto bravo nel trasmettere le mie emozioni, è abbastanza normale che sia quello il risultato, anche considerando che non scrivo abitualmente (quasi mai, in effetti). Alcuni testi (questi compresi) dovrei modificarli quasi del tutto e riadattarli a una diversa forma di scrittura e di pensiero, ma il lavoro finale sarebbe molto lungo in quanto li dovrei riscrivere quasi tutti dall'inizio e per questo motivo per il momento ho deciso di lasciarli così come sono stati pubblicati al loro tempo limitandomi a piccole modifiche. Grazie ancora per il tuo commento, mi metto subito al lavoro per aggiustare, almeno formalmente, i due sopra. Link al commento Condividi su altre piattaforme Più opzioni di condivisione...
Jambojet. Inviato 29 dicembre, 2015 Condividi Inviato 29 dicembre, 2015 Piuttosto che leggere questi testi modificati mi piacerebbe leggere qualcos'altro di tuo totalmente originale, svincolato dalle restrizioni di un contest Se fossi capace commenterei le poesie -.-" Link al commento Condividi su altre piattaforme Più opzioni di condivisione...
Pokémonmaster98 Inviato 29 dicembre, 2015 Autore Condividi Inviato 29 dicembre, 2015 34 minuti fa, Jambojet. ha scritto: Piuttosto che leggere questi testi modificati mi piacerebbe leggere qualcos'altro di tuo totalmente originale, svincolato dalle restrizioni di un contest Se fossi capace commenterei le poesie -.-" Di cose mie non legate ai contest ho trovato soltanto due piccoli pezzi (poche righe) che però dovevano essere continuati e sviluppati. Avevo scritto altri due racconti che non erano conclusi ma vicini alla fine, l'unico problema che non riesco a trovarli. Li devo aver cancellati o salvati in qualche cartella/hard disk/pen drive che però non trovo. Per quando riguarda le poesie, se mai vorrai commentarle, le troverai sempre lì Ho modificato parzialmente i due racconti e dovrei aver corretto gli errori, nel pomeriggio devo aggiungere un pezzo al secondo. Link al commento Condividi su altre piattaforme Più opzioni di condivisione...
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