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Snorlax

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Durata del Contest: dal 24 novembre al 3 dicembre 2014 (ore 23:59)

Annuncio dei risultati del Contest: 17 dicembre 2014*

*A seconda del numero di partecipanti e del tempo impiegato per la valutazione, i risultati potrebbero essere pubblicati anticipatamente.

 

Benvenuti al Contest di scrittura ~ Fantasy Life, la nuova edizione del contest di scrittura dedicato al nuovo gioco di casa Nintendo!

 

Requisiti per partecipare

 

Per partecipare è necessario un account nella community di Pokémon Millennium.

Per maggiori informazioni su come registrarti nella Community di Pokémon Millennium clicca qui.

 

Regolamento

 

Che elaborato devo creare?

 

Il contest consiste nel creare un elaborato tutto avventuroso, che dovrà  essere scritto interamente in prima persona; Lo scrittore dovrà  scegliere due classi di personaggio ispirate a Fantasy Life in cui immedesimarsi: una di lotta (Mago, Mercenario, Paladino, Cacciatore) e l'altra come secondaria (Sarto, Alchimista, Fabbro, Taglialegna, Falegname, Pescatore, Minatore, Cuoco). Una volta scelte le due classi, lo scrittore dovrà  scrivere un elaborato d’avventura di cui sarà  protagonista. L’elaborato potrà  essere ambientato ovunque si voglia (il mondo di Fantasy Life, una regione del mondo Pokémon, la propria città  ecc). L’importante è inserire elementi fantastici al suo interno;

 

L'elaborato deve rispettare una certa tipologia o lunghezza?

 

L’elaborato potrà  rientrare in qualsiasi tipologia: racconto, poesia, lettera, saggio, diario, articolo di giornale o altro; non vi sono limiti sulla lunghezza dell’elaborato: lo scrittore potrà  sbizzarrirsi come gli pare per creare un racconto fantastico. Tuttavia, non potrà  essere scritta una FanFiction a puntate:l’elaborato dovrà  essere scritto interamente in un unico messaggio. È possibile suddividere il racconto in capitoli, l'importante è che sia un blocco unico.

 

Posso usare un vecchio elaborato o un elaborato scritto da altri?

 

L’elaborato dovrà  essere inedito: è vietato usare racconti scritti e pubblicati già  in precedenza su Pokémon Millennium o altrove;

È severamente copiare lavori altrui! Se lo scrittore sarà  sorpreso a rubare un elaborato verrà  squalificato dal Contest e dalle iniziative future;

 

Come partecipare 

 

Una volta scritto il proprio elaborato, sarà  sufficiente rispondere a questa discussione inserendo il proprio capolavoro e alcuni dettagli.

 

Lo schema da seguire è il seguente (clicca il pulsante spoiler!):

 

Nome dell’autore: inserire qui il proprio nickname!

Titolo: inserire qui il titolo del proprio elaborato!

Elaborato: inserire qui il proprio lavoro!

 

Una volta pubblicato, non sarà  possibile modificare il messaggio, pena: l’esclusione dal Contest.

 

Premi in palio

 

I premi in palio per questa competizione sono i seguenti:

 

  • Il primo classificato riceverà  in premio una copia del nuovo gioco Fantasy Life15 PokéPoints da utilizzare nella community di Pokémon Millennium e una targhetta;

 

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  • Il secondo classificato riceverà  10 PokéPoints da utilizzare nella community di Pokémon Millennium e una targhetta;
     
  • Il terzo classificato riceverà  5 PokéPoints da utilizzare nella community di Pokémon Millennium e una targhetta;
     
  • Il vincitore del premio originalità , assegnato allo scrittore che non ha scritto un lavoro da podio ma si è distinto per una particolare originalità  nello scrivere il proprio elaborato, vincerà  7 PokéPoints da utilizzare nella community di Pokémon Millennium e una targhetta;
     
  • Il vincitore del premio speciale, deciso dalla giuria speciale (composta dai tre vincitori del precedente contest) e dai Gold User, riceverà  8 PokéPoints da utilizzare nella community di Pokémon Millennium e una targhetta;
     
  • I vincitori del premio di consolazione, assegnato a coloro che sono andati vicini al podio, ma non ce l’hanno fatta a classificarsi tra i primi tre, riceveranno 1 PokéPoints da utilizzare nella community di Pokémon Millennium.

Giudici della competizione

 

I lavori saranno giudicati da Blue95, Snorlax97 e Edward. La giuria speciale è composta, invece, da Dany1889, Zebstrika94 e Lady Froslass, vincitori della passata edizione del contest di scrittura. A loro l’arduo compito di scegliere i 10 lavori migliori: in seguito, tra questi i Gold User sceglieranno il lavoro che riterranno migliore.

 

Domande e Assistenza

 

Per qualsiasi domanda, lo staff del Contest di Scrittura sarà  risposti a chiarire ogni dubbio. Contattaci attraverso questa discussione!

 

Vi invitiamo a rispondere a questa discussione solo per pubblicare i vostri lavori!

 

Fatte le dovute premesse, buon divertimento a tutti!

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Nome dell'autore:     .Chaos. 


Titolo dell'elaborato:       3 Quintilius 1045


Elaborato:     Eldas continua dormire e io come ogni mattina sono qui,nostalgico sulla cima di questo colle,a scrivere e a guardare l'alba dei due soli in questo cielo ormai grigio. Com'è bello il mondo; queste due enormi stelle arancio violacee e questo panorama riescono a distrarmi almeno un po, il terzo sole non si vede ancora,probabilmente è ancora troppo presto. Saranno gli ultimi giorni di sole,ormai Brunifoglia è vicina,la cenere inizia ad alzarsi,la visibilità  è ancora ottima ma l'aria inizia ad esser rarefatta e probabilmente da qui al Monte Corona la nebbia sarà  sempre più fitta. Sono ormai passati diversi mesi da quando siamo partiti eppure del Calice neanche l'ombra. Erum è molto malato e le miei magie non hanno effetto. Ormai sto perdendo le forze. Il continuo assalirci di queste creature chiamate dagli abitanti locali Pokemon è stancante,ma io ovviamente da buon mago vanitoso ho preferito portarmi dietro il sarto di corte Eldas e non magari Kidat o Arar certamente più utili. Va beh la colpa non è sua,però diciamocelo,produce dei mantelli meravigliosi. Vorresto non si regge più in piedi,il nostro equino è sfinito e il cibo scarseggia,i Magikarp non sono molto saporiti e di Baccarancia non possiamo andare avanti. Eldas si sta svegliando,cosa ci attenderà  oggi? Caro diario, speriamo di arrivare integri a destinazione e che Erum possa resistere,ancora qualche giorno e saremo di ritorno. Che Riwor sia con noi.


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Nome MarioPersiani123

Titolo LA BUFERA

Elaborato:

Settimo Giorno

Caro Diario,

Ormai è una settimana che sono bloccato nella tempesta, in me è sparito il significato gioioso della neve, ho paura che non sopravviverò un'altra settimana così.

Io e zab siamo usciti come ben sai il quindicesimo del kahewer, io per cacciare un bel cervo grassottello che vidi una sera al chiaro di luna, quello col manto grigiastro di cui ti ho parlato e lui per prendere un po di legna...

Siamo però stati attaccati da dei briganti e zab ogni minuto ripeteva freneticamente una preghiera mai udita prima,

Ormai mi ha lasciato da 4 giorni.

Ogni secondo che passa penso a mia moglie che mi prepara una bella zuppetta calda e ai miei due bimbi.

Phil, il maggiore avrebbe compiuto 6 anni oggi ma non sarò li con lui a festeggiare...

Spero di riabbracciarli presto anche se ormai muovo a stento li arti per il freddo...

La fame è ormai troppa per essere sopportata...

Non so se ce la farò ma vorrei concludere questa pagina così:

Buon compleanno amore mio

Papà  tornerà  presto

Ottavo giorno

Sento che è arrivata la mia ora

Sai hahahah ho trovato il cervo ma non era grigio ma blu ahahah non so se sono impazzito o no ma parlava con me sai?

Mi sussurrava cose...

Mi diceva che presto avrei rivisto i miei familiari e che li avrei riabbracciati, ha preso il mio arco tre i denti e ha brillato, ripeto ha brillato.

Non so se sopravviverò per raccontarlo ma è stato emozionante,

Mi ha anche detto il suo nome

XERNEAS

Lo ricorderò sempre...

Nono giorno

Amira,Phil,Yoda

E giunta la mia ora,

Rivedrò zeb adesso e cavalcherò XERNEAS aspettando il vostro arrivo

Addio

Vi amerò per sempr....

FINE

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Nome dell’autore:  PakonTheFloor


Titolo: Il miglior tesoro sono le emozioni


Elaborato:


Vi narrerò la storia di un paladino coraggioso,bello e valoroso,che per hobby fa il minatore,un cercatore di tesori. Il suo nome è Pak,che guardacaso è il sottoscritto. Coincidenze?Chi lo sa!


Vivevo nella terra di Swordia,in un’umile casetta vicino al vulcano Free Tella.Mi ero trasferito da poco e decisi,siccome non eravamo in guerra e non c’era nessuna principessa da salvare,di andare in cerca di pietre preziose. Preparai l’ìesplorkit,la spada infuocata,un paio di panini,presi il mio elmetto portafortuna e partì all’avventura. Ah,che emozioni,me lo ricordo come se fosse stato ieri,la stupenda voglia di scoprire e la gioia delle avventure che stai per vivere,un toccasana per il morale! Arrivai sulla bocca del vulcano e la vista di quel magma non era rassicurante. Notai una cosa parecchio interessante che catturò particolarmente la mia attenzione,della pietra muschiosa,messa lì,su quella parete,nel bel mezzo di comunissima roccia .Mi vennero in mente centinaia di domande,che mi spinsero all’esplorazione. Allora,deciso più che mai,attaccai un estremità  della corda presente nel mio kit ad un albero e mi calai giù. Le temperature si facevano sempre più alte,ma ero troppo determinato per rinunciare. Arrivato alla parte muschiosa iniziai a picconare,ma non accadeva niente. Capì subito che c’era qualcosa che non quadrava,come se ci fosse una barriera che proteggeva quella parte. Allora prontamente presi dal mio zaino un martello di piccole dimensioni. Insieme a questo presi anche un unguento magico che spalmai sulla parte metallica del martello. Quest’ultimo divenne cento volte più potente e in grado di spezzare incantesimi particolari,come le barriere magiche .E allora,con tutta la mia potenza,caricai il colpo e con una potentissima martellata distrussi sia la barriera magica sia la parete. aspettai che calasse il polverone e a questo punto la mia curiosità  salì alle stelle. C’erano delle rotaie!Questo voleva dire che c’erano state altre persone prima di me. E cosa ci facevano altre persone in un vulcano?O erano esploratori o persone in cerca di un nascondiglio per dei tesori .Considerai varie ipotesi,e arrivai alla conclusione che si trattava di persone che nascondevano tesori. Insomma,perché degli esploratori avrebbero dovuto costruire rotaie in un posto che non avrebbero mai più visto?Al contrario gli altri avrebbero dovuto rapidamente dirigersi verso il tesoro. Quindi senza ulteriore indugio decisi di sfruttare al meglio quei binari. Presi dal mio kit uno degli oggetti più utili mai esistiti al mondo. Un sacco che con l’ausilio della magia faceva comparire qualsiasi tipo di oggetto si desidera. Questo sacchetto mi era tornato utile in più occasioni,per esempio quando feci apparire un ariete per sfondare le porte della prigione di Alkar,ma di questo vi parerò in un’altra occasione. Feci materializzare un carrello da miniera,con dentro un sacchetto di popcorn per godermi al meglio il viaggio. Fortunatamente il carrello era già  sui binari,quindi lo spinsi e ci saltai dentro. Durante il viaggio approfittai del tempo libero per tracciare una piccola mappa molto approssimata,con dei punti di riferimento che notavo,magari utile per il ritorno. Però tutta la strada sulle rotaie sarebbe stato troppo facile e poco avventuroso. Quindi,per la gioia di un certo minatore,i binari terminarono e fui scaraventato a terra. Il carrello si dematerializzò e continuai a piedi. Poco dopo sentì dei passi molto pesanti,e alla mente mi riaffiorarono brutti ricordi di quando ero su SkyBlock. Per mia sfortuna si trattava di un gigante,ma non di un gigante qualsiasi,bensì di un alchimista,che preparava pozioni giganti,con effetti ancora più devastanti. Cercai di aggirarlo,ma stando al buio e avendo perso la vista,il suo udito era molto più sviluppato. Subito mi lanciò una fiaschetta magica,che respinsi con la mia spada. Il nemico restò stordito e con un potente affondo gli trapassai il cuore. Non avrei mai voluto farlo,ma non li perdonerò mai per quello che fecero alla principessa. Non mi guardai dietro e proseguì. Il cammino era molto arduo,ricco di trappole. Affrontai diverse orde di barbari,imboscate di Goblin,assalti di draghi,torri di arcieri e cannoni magici. Ero stremato,ma il tesoro era vicino,me lo diceva il mio spirito da minatore .Era arrivato il momento di usarla,la mia ultima pozione,quella che mi donava l’incorporeità . La bevvi senza pensarci due volte,mi alzai e iniziai a correre .Dopo tre minuti precisi passati a sfuggire alle numerose trappole mortali e schivare nemici l’effetto della pozione svanì,ma mi rimaneva solo un unico,grande e possente nemico,il domatore di draghi. Quest’ultimo cavalcava un normale drago,bensì un drago più forte degli altri,in grado di sfruttare il potere del ghiaccio,domato da un potentissimo stregone con mille anni di esperienza,che lanciava incantesimi con la sua ascia magica. Era proprio in quella tutto il suo potere,infatti senza quest’ultima non era in grado di controllare il drago e di lanciare incantesimi. Allora partì all’ attacco. Feci una finta a sinistra e  colpì l’ala destra del drago,mettendola fuori uso. Senza poterlo usare per volare,lo stregone lo abbandonò e salì su una torretta. Disse al drago di usare la fiammata di ghiaccio,ma io usai lo scudo istantaneo. Con dei riflessi da felino lo colpì alla testa e lo stordì.:<< Fuori uno!>> gridai ad alta voce,e partì alla carica della torretta. In un colpo la mandai in frantumi .Lo stregone mi lanciò un incantesimo che mi rimpicciolì. Ero in balia del panico,ma ne approfittai per passare inosservato. Mi avvicinai a lui,che mi cercava per infliggermi il colpo di grazia,gli arrivai sulla spalla e lì aspettai che l’effetto della magia finisse. Dopo due minuti e mezzo,l’incantesimo terminò. Diventai delle dimensioni giuste e feci perdere l’equilibrio allo stregone. Gli presi l’ascia e la spezzai in due. Subito il mago perse tutti i suoi poteri ed implorò pietà . lo lasciai andare e lui per riconoscenza mi diede una pozione che mi tolse tutta la stanchezza dal corpo .Quindi come rinato andai verso la sala del tesoro. Ma qui c’era un indovinello da risolvere. Su una tavoletta di pietra c’era scritto:


Se la porta vuoi aprire


La soluzione devi capire


Alle sette di mattina


Quanto canta la gallina?


subito pensai al fatto che le galline non cantassero alla mattina e quindi incisi il numero zero sotto l’enigma. Si sentì un rumore e la maestosa porta si aprì. I miei occhi si stupirono di tanta ricchezza. Mai tanto oro tornerà  più alla mia vista,pensai. Quindi scavai un cunicolo per portare il tesoro alla luce del sole. Compiuto il faticoso lavoro mi avvicinai all’oro,deciso a metterlo in un sacco,ma notai una cosa molto strana. Non riuscivo a prenderlo!Ci provai svariate volte,sempre con lo stesso risultato,fino a quando l’oro scomparve del tutto. Ancora incredulo tornai a casa e mi feci una bella dormita. La mattina tornai nella presunta sala del tesoro,naturalmente senza oro,e c’era una cosa che non vidi il giorno prima. Una lettera che diceva:


Caro avventuriero,complimenti per essere arrivato fin qui. Sono stato messo alla guardia di questo presunto tesoro,e possono esserci due ipotesi. Se mi hai ucciso non vedrai nessun tesoro e tornerai a mani vuote. Se invece mi hai risparmiato la vita,io ti avrò offerto una pozione .Bene,quella pozione oltre a togliere la stanchezza,crea anche un allucinazione,che ti ha mostrerà  enormi ricchezze in questa sala. In entrambi i casi mi sono divertito molto,nel lottare contro di te o nel vedere la tua reazione.


Lo stregone Dave.


Questa lettera destinata ai valorosi avventurieri serviva a farci capire molte cose,ossia a non essere avidi e assetati di ricchezza,ma la miglior ricchezza è quella del cuore,che varia da persona a persona. In quel caso il mio cuore era ricco di emozioni e di avventure,che alla fine si rivelarono il vero tesoro.


 


 


Mi sono impegnato tantissimo(ho lavorato tutta la notte fino al momento in cui ho pubblicato).Alcune parti potrebbero sembrare inutili,ma servono per chiarire alcune cose,esprimere pareri personali o descrivere brevemente luoghi,tutto questo per creare suspense.Spero sia di vostro gradimento,e che vi abbia strappato almeno una risata,o,magari che abbia riempito il vostro tempo mentre vi annoiavate(?).Vi prego,perdonate qualche virgola fuori posto o eventuali errori di battitura.Se vi è piaciuto,lasciate un mi piace!


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Nome dell’autore: Hypnos

Titolo: La casa

Elaborato: Capitolo 1 Wow !

Sapevo che quella casa sarebbe stata una fregatura . . . Sin dall'inizio . . .

Infatti é molto strano che una casa cosà­ bella sia stata messa in vendita ad un misero prezzo . Risale all'Ottocento , tutta in legno , con un bel colore cobalto che va sul verdino e delle finestre bianche che danno un tocco in più alla casa , si sviluppa su 3 piani e si affaccia su un dirupo a picco sul mare . Appena ero sceso dal taxi ero rimasto stupito dalla sua straordinaria bellezza , una vera e propria opera , sentivo il rumore delle onde infrangersi sulla parete rocciosa , l'agente immobiliare mi aveva fatto visitare ogni angolo della casa e non avevo esitato a comprarla .Ma ora me ne pento

Capitolo 2

Maledetto fattorino !

La mia prima notte dentro questa casa è stata orribile . . .

Avevo ordinato la pizza da un po' e appena avendo sentito suonare il campanello credevo che fosse il fattorino della pizzeria invece era un anziano signore senza la gamba destra , aveva detto di essere il mio vicino e allora io lo avevo fatto accomodare , appena mi ero voltato , una spada puntava sul mio naso , altro che anziano . . . all'improvviso avevo sentito un colpo fortissimo dietro la nuca , ma da qui in poi non ricordo più nulla . . .

Capitolo 3

Free

Dopo mi sono risvegliato steso sul pavimento , dell'anziano non c'era più ombra , avevo sentito dei rumori provenienti dall'esterno e allora mi alzai e scorrendo le tende grigie stavo ammirando il più terribile e maestoso fenomeno della natura , un uragano misto a lampi e pioggia venivano verso la casa , mi girai e iniziai a correre verso la porta per scappare da quell'imminente disastro . . . ovviamente e quasi ironicamente è inutile dire che quel vecchio si ripresentò alle mie spalle , all'improvviso sentii qualcosa trascinarmi , era l'uragano sempre più vicino alla casa , e allora esclamai :" chi diavolo sei vecchio di sto piffero ?!?! levati o moriremo entrambi ! "

la sua risposta ? nessuna . . .

incavolato lo spinsi e iniziai a correre verso la porta ma era troppo tardi , la casa iniziò a girare su se stessa , si stacco dal suolo e finì dritta in mare . . . Io invece mi catapultai fuori credendo di arrivare sano sul giardino della casa ma invece finii nell'occhio dell'uragano , ero disperato , giravo su me stesso , ma mi sentivo . . . libero . . .

Capitolo 4

Il Capitano

mi ritrovai in una specie di . . . cantina . . . sì ! Quella della mia nuova casa ! Salii le scale disorientato e confuso , se la era finita in mare come faceva ad essere intatta ? Sentivo il rumore delle onde e allora mi calmai , mi misi comodo sulla poltrona e presi un libro appoggiato sul comodino vicino , si chiamava 'Capitan Uncino' , la trama parlava di un uomo che comandava la ciurma più forte dell'Isola che non c'è , aveva tantissimi territori e possedimenti , ville e castelli in tutto il mondo , una in particolare casa lui amava anche se abitava su quell'isola magica piena di esseri fatati . . .

dopo avevo un urgente bisogno di andare al bagno , chiusi il libro e corsi sopra , dal bagno si vedeva il panorama . . . ma aspetta , NON C'È L'ALTRA SPONDA DEL MARE ! SI VEDE SOLO UNA DISTESA DI ACQUA !

Capitolo 5

Terra Capitano !

C'era solo mare . . . corsi verso la porta , ma aprendola non vidi il giardino , vidi solo acqua . Ma se la casa stava 'salpando' il mare come mai non affondava ?

Non soffiava nemmeno un po' di vento , ma la casa si muoveva , verso un pezzo di terra , sembrava un isola , la casa andava sempre più veloce , ad un certo punto si alzò dall'acqua e si posò su una scogliera simile a quella originaria , ma alle spalle c'era un fitto bosco di pino . Uscii subito e scappai terrorizzato , attraversai il bosco per metá , fin quando mi fermai a contemplare il meraviglioso paesaggio che mi si presentò davanti : unicorni , fate , folletti e gnomi erano impegnati nella loro vita fatata , alcuni erano minuscoli e semi-invisibili mentre altri grandi come gli unicorni ! erano stupendi ! ma non si spaventarono di me , forse erano abituati alla presenza umana , e se é così , vuol dire che altri uomini c'erano sull'isola !

Ultimo Capitolo

Abbatteteli !

ri-iniziai la corsa sperando di trovare qualcuno , sembrava che volavo , finito il bosco mi si presentó davanti una spiaggia , la sabbia era bianca , il mare cristallino , c'era una nave sulla costa , alcuni uomini approdarono sulla spiaggia e allora iniziai a correre stremato verso di loro , nessuno gesto fu più sbagliato di questo ! Mi puntarono la spada e dicendomi "Peter Pan ha perso un altro ragazzo ! Hihihihi" mi legarono e mi portarono sulla loro nave .

Mi portarono in una cabina , c'era solo un uomo affacciato alla finestra di questa stanza , appena si girò lo riconobbi subito , era quell'anziano !

"Buongiorno , benvenuto a bordo della nave del Capitano Uncino! Ricordo che tu possiedi qualcosa di mio , sei disposto a darmela ?"

"Di cosa parli vecchio !? "

Mi puntò la spada sul naso come nel nostro primo incontro."Insultami di nuovo e non sai nemmeno dove te la metterò questa spada! Dammi ciò che voglio e non ti ucciderò io"

Terrorizzato indietreggiai e credendo di sapere cosa voleva gli dissi

"okay! Te lo ridó, ora è tutto tuo"

"è stato così facile ? wow ! ora portatelo agli squali!"

"co-cosa ? ma mi avevi detto che non mi uccidevi !"

"ho detto che non ti uccidevo io , ma gli squali si"

Mi portarono fuori e mi spinsero sull'asta di legno , buttarono un po di pesce nel mare e all'improvviso tantissimi squali salirono per mangiarlo , avevo una paura immensa , all'improvviso vidi un ragazzo volare verso di me , era vestito tutto di verde , mi afferrò e mi salvò dalla mia imminente morte , Capitan Uncino esclamò "PETER PANNNN !!!!!! COME OSI ?!"

Bene , il nome di quel ragazzo era Peter quindi gli dissi

"Peter dove siamo ?"

"nell'isola che non c'è straniero!"

Quindi tutto era chiaro , ERAVAMO NEL LIBRO !

Ma restava la domanda di come ero finito lì !

Peter mi riportò sul dirupo della casa

" Ora ritorno dal capitano !! Alla prossima !"

Lo ringraziai ed entrai in casa , ma sentii dei passi ! chi era ?

Salii le scale , luogo da cui provenivano i rumori , trovai un vecchio , ERA IL CAPITANO ! Non sapevo come diavolo aveva fatto ma era lì , pronto ad uccidermi ! Lui esclamò

"Piccolo bamboccio ! Mi avevi detto che sarebbe stata mia !"

"ma cosa diavolo vuoi ?"

"La casa ragazzo , LA CASA!!"

Quindi era questa la casa amata da capitan Uncino . . .

"se mi lasci libero è tua!"

"okay ma tu dovrai sparire da quest'isola!"

All'improvviso sbucò Peter dalla finestra che con un colpo di spada uccise il capitano . . .

Rimasi allibito dal sangue freddo di quel ragazzo ma in quel momento volevo solo una cosa , RITORNARE A CASA !

Mi inginocchiai davanti a Pan e gli chiesi

"Peter per favore portami a casa !"

Non dissi altro che vidi un uragano venire verso la casa , peter disse

"detto fatto ragazzo ! Addio" e si portò il corpo senza vita del capitano.

La casa iniziò di nuovo ad alzarsi ma caddi e persi i sensi . . .

Il sole era alto e io mi rialzai dal pavimento stordito e stanco , vidi il libro accanto a me , lo presi e lo riposi nello scomparto della biblioteca , non sapevo se era stato un sogno o era successo , so solo che da questa casa me ne vado ! Detto questo ora sto chiudendo la porta e sto per dire alla casa addio !

Commento: Si lo so :( non è il top ma ci ho messo il cuore per scriverlo . Spero che vi piaccia ^^ ciaoo

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Nome dell'autore: Montblanc02


Titolo: Celebi ritornerà 


Elaborato:


Jotho, Azalina 1980


La vita si fa sempre più difficile qui ad Azalina.


La siccità  ha colpito il Bosco dei Lecci e il raccolto, fonte di vita per la nostra famiglia, non produce ormai più niente."Celebi ci ha abbandonato, ma sono sicura che tornerà " mi dice mia madre. Intanto sto derubando i passanti più ricchi sfruttando le mie abilità  da cacciatore. Non è giusto, lo so, ma non ho scelta: la vita della mia famiglia è importante. Con il cibo che prendo dai viaggiatori e qualche bacca ancora buona nel Bosco dei Lecci mia madre prepara da mangiare a me, lei e mio padre. Mangiamo poco ma chi si accontenta gode. Da qualche giorno sto iniziando a cucire dei vestiti per noi e credo di essere bravo, addirittura sono riuscito a venderne alcuni per 500 pokè l'uno. Con quei soldi mia madre ha comprato un talismano che si dica fosse soprannaturale, ma io non credevo lo fosse davvero almeno fino al giorno dopo... Stavamo andando al Santuario del Bosco dei Lecci per pregare a Celebi di rirornare. Sembrava tutto normale, almeno finchè mia madre non appoggio il talismano davanti al Santuario. Ad un certo punto attorno a noi gli alberi ricrescevano e il suolo si riempì di fiori e cespugli. L'aria si profumò di erbe aromatiche e di polline, le nuvole sullo scuro cielo si tolsero dando spazio al sole. "C-Cosa succede?!" esclamai mentre un raggio di luce verde scendeva sul tempio che divenne verdeggiante. Il raggio sparì e apparve una sagoma umanoide. Era lui. Era Celebi. Da allora il nostro villaggio si arricchì e divenne famoso nella regione per la sua semplicità  e la sua armonia...


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Nome dell'autore: Albyone (nel racconto mi chiamo Alberto)
Titolo: Il paladino e Cresselia
Elaborato:
Lettore,
ti voglio narrare una mia esperienza avvenuta molti anni fa ancora prima che ci insediassimo nella regione di Sinnoh. Allora ero un giovane paladino di alto rango, abile nell’uso della spada e dell’arco però ero anche abbastanza bravo a cucinare, grazie agli insegnamenti di mia madre. Un giorno delle navi da guerra delle popolazioni provenienti dalla regione in cui ci troviamo adesso attaccarono la nostra terra. Questo fu l’inizio della battaglia navale contro il Popolo di Sinnoh. Come tu già  sai, questa popolazione era molto crudele, ma così tanto che sembravano senza sentimenti. Al mio comando c’era una flotta di navi da guerra. Avevamo la vittoria in pugno, ma quella notte, quando i loro sacerdoti risvegliarono quei grandi mostri marini per noi fu la fine: essi distrussero tutte le nostre navi . Dopo essere andato alla deriva aggrappato a un relitto del vascello per un giorno intero mi ritrovai su una spiaggia di un’ isola misteriosa, ma non ebbi tempo per ragionare su dove mi trovassi perché a causa della stanchezza caddi in un sonno profondo. Sognai il mio amatissimo popolo che ancora non sapeva l’accaduto e l’esito della battaglia e che mi stava aspettando, stava aspettando il suo eroe. Poi sognai un uomo, vestito come un sacerdote del popolo del nord e dietro di lui una specie di ombra, come se fosse una creatura oscura: sentii una voce che mi diceva: “ IL POPOLO DI SINNOH È SOTTO IL CONTROLLO DI DARKRAI†e subito dopo mi svegliai. La prima cosa che mi chiesi fu dove mi trovassi ma non avendo cartine avrei dovuto aspettare la notte per osservare la posizione della stella polare e delle costellazioni sacre. Nel frattempo decisi di esplorare l’isola per trovare del cibo e dell’acqua dolce. Camminando ripensai ai fatti accaduti alla notte della battaglia, soprattutto a quei mostri acquatici: era buio, non notai molto dei loro particolari però ricordai che assomigliavano a dei grossi serpenti e che dalla bocca sputavano dei potenti getti d’acqua. Ripensai anche a quel sogno misterioso: di chi era quella voce?, e soprattutto chi è Darkrai? Però le mie riflessioni vennero interrotte quando riuscii a scorgere qualcosa di interessante: trovai dei frutti, un po’ strani ma saporiti. Dopo ore e ore raggiunsi una sorta di spazio aperto con al centro una sorgente. Finalmente avevo trovato dell’acqua per dissetarmi! Decisi di accamparmi lì per la notte. Infine, durante la notte, osservai il cielo e capii che mi trovavo molto lontano dalla mia patria. Pensai che per me fosse la fine. Passai ore a pensare alla mia gente, ai miei amici che non avrei mai rivisto e alla difficile situazione in cui li avevo lasciati. Mi preparai da mangiare con i frutti precedentemente raccolti e alla fine cedetti alla stanchezza e mi addormentai. Questa volta feci un sogno diverso: sognai di camminare lungo il sentiero che stavo percorrendo inizialmente. Poi giunsi a una caverna con un’entrata bloccata da una grossa pietra. Poi sentii una voce dire: “VIENI QUI E RISVEGLIAMI, IO SONO CRESSELIA!†E allora mi svegliai subito. Era già  mattina. Ripresi il viaggio lungo il sentiero: era davvero molto simile a quello che avevo visto in sogno. Proprio così, caro lettore, allora non sapevo cosa mi sarebbe accaduto seguendo il cammino, però proseguii. Cominciavo a pensare che non fosse una semplice coincidenza ma ben di più. Arrivai alla fine del percorso e, proprio come pensavo, trovai la caverna. Mi avvicinai e vidi appoggiata ad essa una grande pietra con incisa una scritta rovinata dal tempo:
QUI IMPRIGIONATO STA IL GUARDIANO.
SE LO VORRAI LIBERARE, IL SUO NOME DOVRAI PRONUNCIARE.
Allora mi ritornò alla mente la voce del sogno: “VIENI QUI E RISVEGLIAMI,IO SONO CRESSELIAâ€. E allora urlai il suo nome: “CRESSELIA! RISVEGLIATI CRESSELIA!†In quel momento si sentì un rumore proveniente dall’interno della caverna e il terreno cominciò a tremare. Sulla pietra si aprirono delle spaccature, dapprima piccole, poi sempre più profonde finché la pietra andò in frantumi liberando l’ingresso della caverna. Io fui scaraventato lontano dall’apertura. Quando riaprii gli occhi ero confuso e sentivo solo un dolore sordo alla spalla. Mi girava la testa e pensai che fosse giunta la fine. Allora vidì una creatura che emetteva un forte bagliore attorno a sé. Quindi mi parlò e mi disse: “ALBERTO, PALADINO. SEI TU COLUI CHE MI HA RISVEGLIATO?†e io, molto sorpreso ma anche intimorito gli risposi: “Si, sono io. Ma tu, chi sei?â€. In quel momento una forza rigeneratrice entrò nel mio corpo. Il dolore svanì e anche le mie ferite vennero guarite. Essa mi rispose: “ IO SONO CRESSELIA, SIMBOLO DELLA LUNA PIENA E PROTETTRICE DI TUTTE LE POPOLAZIONI DEL MONDO. NON E’ UN CASO CHE TU TI TROVA SU QUEST’ISOLA: QUANDO I GRANDI GYARADOS DISTRUSSERO LE TUE NAVI IO FECI IN MODO CHE TU E TUTTI GLI UOMINI SOTTO IL TUO COMANDO SI SALVASSERO. FECI ANCHE IN MODO CHE TU POTESSI ARRIVARE SULLA MIA ISOLA AL FINE DI POTERTI DICHIARARE CHI E’ DARKRAI E COME SCONFIGGERLO.†Allora io sconvolto gli dissi: “Chi è questo Darkrai di cui parli?â€. Allora Cresselia disse: “QUESTA E’ UNA STORIA PIUTTOSTO LUNGA. DARKRAI E’ UNA CREATURA MALVAGIA CHE SI IMPOSSESSA DELLA MENTE DEGLI ESSERI UMANI PER CONTROLLARLI A SUO PIACIMENTO. INIZIALMENTE VENNE ESILIATO IN UN’ISOLA CHIAMATA “ISOLA LUNANUOVA†SOTTO LA MIA SORVEGLIANZA MA UN GIORNO RIUSCI’ A SCAPPARE E MI RINCHIUSE NELLA SUA VECCHIA PRIGIONE. RICOMINCIO’ A CONTROLLARE GLI UOMINI DELLA REGIONE DI SINNOH E ADESSO IL SUO SCOPO E’ IMPOSSESSARSI DI TUTTI GLI UOMINI DEL MONDO. ECCO PERCHE’ GLI UOMINI CON CUI AVETE COMBATTUTO VI SEMBRAVANO COSI’ SPIETATI. IN PIU’ RIESCE ANCHE A CONTROLLARE I MOSTRI E GLI ANIMALI E HA USATO QUESTO SUO POTERE PER DISTRUGGERE LE VOSTRE NAVI. MA ADESSO CHE MI HAI RISVEGLIATO POSSO FINALMENTE RINCHIUDERLO NELL’ISOLA E SEGREGARLO LI’ PER SEMPREâ€. “Oh potente creatura, cosa farò io adesso? Non ho alcuna speranza di ritornare indietro. Sarei onorato di aiutarti con questa tua missione!†Allora Cresselia mi disse: “E’ STATO GRAZIE A TE CHE IO MI SONO RISVEGLIATO. PERCIO’ FARO’ IN MODO CHE TU POSSA RITORNARE NELLA TUA PATRIAâ€. E io risposi: “Ma come faremmo a proteggerci da questo popolo?†E allora lei disse: “ IL MIO POTERE E’ MOLTO SUPERIORE DI QUANTO TU POSSA IMMAGINARE. QUANDO TI RISVEGLIERAI AVRO’ GIA’ COMPIUTO LA MIA MISSIONE PERCHE’ IO SONO MOLTO PIU’ POTENTE DI DARKRAI. RIPOSATI PER ADESSO E QUANDO TI SVEGLIERAI NON FAR MENZIONE DI TUTTO QUELLO CHE HAI VISSUTO SU QUEST’ISOLA!â€. Allora caddì in un sonno profondo e mi risvegliai sul letto di casa mia, prorio il giorno della partenza contro il popolo di Sinnoh. Mi recai al porto ma delle navi da guerra non c’era traccia.
Già , caro lettore, nemmeno tu dovresti sapere queste cose. Narro di quest’avventura solamente perché anche le generazioni future possano sapere di questa grande creatura protettrice della regione di Sinnoh e perché non venga mai dimenticata per tutto ciò che ha fatto per noi.
Il tuo Alberto

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Nome dell’autore: Gandalf

Titolo: Appuntamento al "Porcello Ingrassato"
Elaborato: 

Oddio, la schiena! Certo che dormire sulla nuda terra non è proprio il massimo della comodità . Dovevo aspettarmelo, in fondo la vita del paladino non è sempre rose e fiori. Soprattutto se oltre a fare il paladino decidi di vagabondare per le terre selvagge come un lupo solitario. Suvvia, sarebbe potuta andare molto peggio… Avrei potuto svegliarmi appeso a testa in giù in qualche covo di luridi troll. E invece no, la pallida luce del Sole da Est, ancora non troppo alto dietro le creste delle Montagne Rocciose, è così piacevole…! Quando poi soffia quella brezza marina (o almeno credo sia marina…chi l’ha mai visto, il mare?), nonostante le pietre dure conficcate nella schiena dopo ore di quello che a stento si può chiamare “dormireâ€, viene da pensare che alla fin fine la vita è bella. Il clima è perfetto, nemmeno una nuvola, né caldo né freddo nonostante l’inverno sia alle porte. In ogni caso il mantello di pelle di drago è ripiegato con cura nella bisaccia, pronto ad essere tirato fuori, se necessario. Ma confido che non lo sarà . Comunque, meglio muoversi e raggiungere Lios, precisamente al "Porcello Ingrassato", la celebre taverna. Ho degli affari che mi riguardano là . E non posso permettermi di fare ulteriore ritardo.

Il Sentiero è ancora vicino, non mi sono allontanato molto per andare a dormire. E’ vero che da decenni è tutto tranquillo sul Sentiero, ma per non rischiare è sempre meglio non allontanarsi troppo. Del resto i Licantropi, sebbene quasi estinti, si annidano ancora da qualche parte queste terre. Ovviamente non mi spaventano, ma la sicurezza non è mai troppa! Comunque vi prego di scusarmi, non mi sono ancora presentato: mi chiamo Aidan, e sono un glorioso Paladino dell’Ovest. Mi occupo di salvar donzelle, sventare assalti dei banditi, evitare la distruzione di città  e…ahem, sì, ogni tanto, se capita salvo qualche gatto incosciente salito su un albero. Resto comunque il simbolo della giustizia e della gloria della mia gente. Eh? Come dite? Esagerato? Ma chi, io? Modesto come sono…! Comunque non stancatemi con le domande, ché già  camminare con quest’armatura addosso e gli “attrezzi del mestiere†nella sacca affaticherebbe il più valoroso tra i guerrieri. Lios non dista molto, due o tre leghe, e considerando una pausa per la colazione, una per la seconda colazione e una per il pranzo, se tolgo sette e riporto due… No, aspettate, non sono mai stato un drago con i calcoli. D'altronde anche gli eroi più valorosi hanno i loro punti deboli, eh! Comunque prima di sera sicuramente sarò arrivato. Il difficile ora sta nel superare la monotonia piatta di questa lunga strada che si estende in egual misura ad Est e a Ovest, dove sono diretto. Serpeggiando nella pianura senza avere, almeno a vista d'occhio, una fine in entrambe le direzioni. Ogni tanto qualche cespuglio o qualche sparuto gruppetto di tigli rompe la ripetitività  che sarebbe altrimenti devastante. Comunque, per passare il tempo credo che mi metterò a canticchiare qualcosa, perché no! “I migliori orchi della nostra vita†oppure “Il Drago Arzillo come fa?â€. No, aspetta, non è il momento per le canzoni. Cosa vedono i miei magnifici occhi? Incredibile! Sembra proprio un lavoro per Aidan, eroe dell’Ovest! Meglio sguainare la spada, non si può mai dire se quei tizi là  sulla strada abbiano intenzioni bellicose o no. E poi diciamocelo, marciare con la mano sull’elsa, ma ancora di più a spada sguarnita dà  tutto un altro tono! Ci sono due goblin e una giovane ragazza. La stanno spintonando! Li fermerò! Li avvicino e gli intimo di fermarsi. I due mi guardano piegando la testa come lucertole. Uno mi si fa incontro. Mamma mia, quanto è brutto! Si accosta a me e fa: “Oh, salve, bell’ometto! Ti sbagli! Non stiamo maltrattando nessuno! La ragazza, qui, ci deve dei soldi. Le abbiamo venduto il nostro set di stoviglie in puro acciaio delle Montagne Ferrose e siccome una le si è rotta subito vuole il rimborso.†Beh mi pare lecito, gli dico di darglielo, ma lui: "Eh, no! Sulla clausola del contratto in basso a destra è scritto in rune lunari che non si accettano restituzioni, e in caso di reclami a vuoto dobbiamo essere pagati noi! Dodici monete d’oro sonante, e pure cantante!â€. Il goblin conclude con un’orribile risatina acuta ma faccio finta di niente e sto al gioco, mi offro di pagare io e sebbene i due goblin dopo aver confabulato a lungo non sembrino convinti, accettano. Gli devo dare, ahimè, le mie ultime dodici monete. Svuoto la tasca, aiuto la donzella a rialzarsi da terra e le bacio la mano congedandomi. Subito dopo eccomi di nuovo in marcia sul Sentiero. Ora, caso vuole che mi metta la mano in tasca e trovi una delle monete. Gliene ho date solo undici…! Il mio enorme senso della moralità  mi obbliga a tornare indietro a dargliela. Così faccio marcia indietro, ma…i goblin stanno ridendo della grossa insieme alla giovane. Vuoi vedere che mi hanno ingannato? Che possano essere…! Corro verso di loro e pretendo indietro le mie monete. I tre si guardano e, per la miseria!, tirano fuori le mazze di legno più grandi che io abbia mai visto. Mi si precipitano addosso, evito un colpo, un altro e ancora uno! Poi contrattacco, ma accidenti… Li ho mancati e la spada si è conficcata nel tronco di un albero. Devo darmi una mossa! Tiro, tiro con tutta la forza…ci sssssiamo… Oh?! Chi ha spento la luce? Non vedo più niente!
Ahi, la schiena! Ahi, la testa! E' possibile? E' già  sera? Ho un bernoccolo in testa grande come il muso di una viverna, quei maledetti devono avermi colpito! Guardo intorno a me e ogni incubo si realizza. Mi hanno rubato la bisaccia con tutto quello che conteneva. Ma ciò che è peggio…mi hanno lasciato in mutande. No. Non ci credo. Ora si, inizio a sentire un po’ di freschetto. Strano che tutto questo sia capitato a un valorosissimo paladino come me. Sarà  stata una giornata storta. Comunque ho portato la pelle a casa. Meglio vivi e in mutande che all’altro mondo e vestiti di seta no? Meglio correre, è tardi. Comunque sono vicino alla meta.
Uff, dopo una sfiancante corsa per i campi eccoci qui alla fine. Lios! E’ un piccolo villaggio, ma qui mi sento a casa: ho viaggiato, ho visto il Mondo ed ho affrontato innumerevoli pericoli, ma la tranquillità  che c’è qui mi piace troppo.
Vecchietti seduti a destra e a manca lungo la via principale mi scrutano, come sempre, e accennano un saluto con la testa. Ho spesso l’impressione che una volta superati ridano di me. Ma no…sarà  un’impressione, non vedo perché dovrebbero, del resto mi vogliono bene tutti qui e mi stimano parecchio. Sono il più grande maestro nell’arte della forch…coff!, della spada! Ah, quasi dimenticavo…sono in mutande, ma sono pur sempre delle adorabili mutande a pois rossi. Questa gente non capisce proprio nulla! Tsk! Comunque ci siamo: terzo vicolo a sinistra, la taverna è là ! Oh, ma questo odore sembra proprio…dannazione! Che schifo! Willy Piantagrassa, l’oste, ha di nuovo lasciato in strada il pesce andato a male del giorno prima. Non cambierà  mai. L’insegna leggermente inclinata a sinistra mostra i segni del tempo, ma resta epica a modo suo, con quel maiale in piedi su due zampe. Mette allegria a dir poco! Invece il grande portone dell’osteria dipinto con un lillà  delicato proprio non mi piace, devo ricordare all’oste di ridipingere la porta di un colore un po’ più virile ed adatto agli ospiti che abitualmente saccheggiano, a suon di denaro in verità , le riserve di birra della taverna. Il lillà  mal si associa con le lunghe barbe bianche dei nani o i profondi occhi castani di qualche uomo venuto dalle terre remote. Comunque è meglio che entri… Oh! Rufus il nano è già  seduto a un tavolo con quelli che sembrano quattro boccali di birra vuoti davanti a lui. Vecchia canaglia! Piantagrassa, invece, è dietro il bancone e sta strillando a gran voce a qualche elfo che ha alzato troppo il gomito: nessuna novità . Gli elfi lo reggono proprio male, l’alcool!
Comunque mi ha visto e si sta avvicinando. “Ah, Aidan! - dice con la sua voce bassa e possente ma un po’ rauca - Finalmente sei qua! In ritardo, ma sei qua. Pensavo che ti avrei rivisto soltanto alla prossima reincarnazione! Ma che, sei in mutande? Va bene, vestiti al volo e fila al lavoro!â€. Gli dico di abbassare la voce, certe cose non dovrebbero essere dette a così alta voce… Come? Ah, sì, forse vi ho tenuta segreta una cosa, ma preferisco la sappiate da me piuttosto che dall’oste. Diciamo solo che, ecco, è difficile dirvelo ma io in realtà  sono… “Un paladino fallito, ecco cosa sei. Lo sappiamo tutti e due che ti sei comprato il diploma e che il massimo che hai fatto è salvare qualche gatto da un albero!†urla Willy. Oddio, ma che accidente avrà  da urlare, vuole mettermi in ridicolo davanti a tutti? “Se non ti avessi preso come cuoco, e lì devo ammettere che te la cavi, sicuramente saresti finito a lavare latrine in qualche città  degli orchi! Come quella volta che ti sei pavoneggiato davanti a Sophie, la più bella bionda del villaggio, dicendo che avevi recuperato il suo diadema dalle grinfie dei troll. Quando invece tutti sanno che te l’hanno ridato soltanto perché eri stato catturato mentre gozzovigliavi nel bosco ed hai cominciato a piagnucolare implorando pietà  e offrendogli i tuoi servigi!â€. Non ha tutti i torti, ma ehi!, io non piagnucolo mica! “Gli hai fatto da maggiordomo per un mese, cucinando, lavando, stirando e rendendo i loro bagni i più limpidi di tutta la regione, e siccome la figlia del capo si era innamorata di te sei riuscito a farti ridare il gioiello… ma soltanto baciando una troll, che schifo! Ah! Ah! Ah!â€. Ragazzi, era una troll molto provocante, e indossava un completino verde smeraldo. E a me piace il verde! “Ora fila in cucina, lava i piatti e poi sotto coi fornelli!â€. Ed eccolo che si allontana. Saluta un nano barcollante e torna al bancone. Okay, mi avete scoperto. Sono un cuoco. Cioè, sono anche un paladino, ma siccome sono incompreso dalla società  che mi circonda ho anche iniziato a fare il cuoco. Per arrotondare lo stipendio, eh, tutto qua. Se la vostra ragazza è in pericolo, il vostro granaio va a fuoco o avete un certo languorino non esitate a chiamare Aidan, cuoco sopraffino e paladino valoroso. Mi trovate al “Porcello Ingrassatoâ€, fatemi un fischio lì! Cercasi persone serie! No perditempo e non a orario pasti. Ora corro, se no Willy Piantagrassa mi taglia la testa. Alla prossima!



Ecco qui il mio lavoro! :) Mi sono divertito un sacco a scriverlo e se vi divertirete anche solo la metà  leggendolo, sarà  una grande cosa! Anche in questo caso, in bocca al lupo a tutti, che vinca il migliore! 
Buona lettura! :D
 

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Nome dell'autore: GiaxUp
Titolo: â€œL'arma che 3.000 anni fa ha distrutto i cuori di Kalosâ€
Elaborato:

Le mie membra sono stanche, vecchie, ma il cuore è felice di aver reso un grande servigio al mio paese, ed al suo grande re: AZ.
Kalos è in guerra.
Sono lontani i giorni della spensieratezza, com'è lontana l’infanzia felice del mio sovrano.
Ricordo ancora quando era un giovane combina guai, senza pensieri; senza il peso della corona sulla testa.
Ma adesso tutto è cambiato.
La guerra arde e le sue fiamme consumano ogni cosa al loro passaggio...
AZ è sempre più teso, tutti i Pokémon del regno sono stati chiamati a difendere la corona ed il suo amatissimo Floette è disperso da giorni, in mezzo al campo di battaglia. Questa sua ansia, però, non mi ha distolto dai miei studi alchemici che mi hanno condotto ad importantissime e rivoluzionarie scoperte! Ma ora… Cos'è questa commozione che giunge dall'esterno??
“Aiuto! Venite presto!â€
“Cosa è stato quel rumore? Chi è che sta chiamando aiuto!?†esclamò AZ preoccupato uscendo dal mio studio e correndo nel cortile del castello, temendo il peggio.
“Mio re, non si affretti così, rischierà  di…â€
Neanche il tempo di finire la frase, che AZ crollò al suolo, tendendo le braccia tremanti verso un corpicino straziato. La guardia reale, singhiozzando scuse e gemendo alla vista del dolore del sovrano, spiegò che avevano trovato il Pokémon riverso al suolo, ormai privo di vita…
AZ raccolse il corpicino dell'amato Floette dal suolo amaro, cupo in volto, e tornò al castello.

I giorni successivi alla notizia della morte dell'adorato Pokémon furono giornate di silenzio...
Il re non diceva nulla, era sempre assorto che a volte non riuscivo neanche io a capire cosa stesse pensando, AZ, che conosco perfettamente da quando è nato.
Dopo una notte insonne me lo trovai in grande stato di agitazione nel mio laboratorio, con in pugno un manipolo di fogli, formule, progetti folli. Una macchina capace di resuscitare il Pokemon da lui tanto amato, questo era il suo piano.
Cominciammo a recuperare attrezzi e materiali per costruire forsennatamente la macchina, ed ora che siamo a buon punto la sua agitazione non fa che aumentare.

Manca poco ormai, le ultime modifiche e tutto sarà  pronto ad essere testato. Una cosa però mi preoccupa: la fretta di AZ. È così ansioso di riavere indietro il suo adorato Pokémon che mi sta mettendo non poca pressione, aggiunta poi alla preoccupazione che ho per il suo comportamento.
Il progetto è ormai ultimato, manca solo un ultimo componente molto difficile da trovare, ma il mio re è nato sotto una buona stella e confido di trovarlo in tempi molto, molto brevi.
AZ continua ad agitarsi e nonostante io cerchi di tranquillizzarlo tutto risulta inutile. Dice di essere disperato, che deve trovare un modo per porre fine a questa guerra. Nei suoi occhi vedo una luce limpida, pura e sinistra.
Finalmente riuscimmo a far tornare in vita Floette e fu grande festa per tutti, al castello. Dopo una cena pantagruelica e dopo innumerevoli libagioni, mi ritirai per coricarmi, ed ancora, però, sentivo nell'aria un presagio pesante e funesto… e gli occhi duri di AZ, il sovrano, non erano stati addolciti dal ritorno dell’amico Pokémon…
La mattina seguente mi svegliai e dopo aver indossato i miei occhiali mi recai verso l'uscita della mia stanza..
Quando la mia attenzione fu catturata da un foglietto..
"Mi dispiace, Artemide… Ad un sovrano toccano spesso decisioni drastiche per un bene superiore, ed io non mi esimo."
Subito con tutta la fretta concessa al corpo di un vecchio mago corsi nel mio laboratorio e con grande stupore ciò che avevo immaginato era purtroppo accaduto: la macchina era scomparsa, ed insieme ad essa alcuni dei miei appunti erano stati strappati dal mio quaderno dove tengo nota di tutto. Cosa aveva in mente AZ? Cosa ha scoperto di così importante? Un tremendo boato, scuotendo le mura, mise fine ai miei dubbi e quando mi affacciai alla finestra del castello ottenni una visione reale del problema: AZ aveva trasformato la macchina in un'arma di distruzione di massa, dirigendola impietosamente contro entrambi gli schieramenti.
Fu a mio parere una mossa tanto avventata quanto stupida, perché compiere un atto così malvagio? Mi accorsi di una cosa, che ad AZ non sarebbe piaciuta di certo.. Infatti a quanto pare non ero l'unico ad essere rimasto disgustato dalle conseguenze della sua immoralità , Floette aveva negli occhi una tristezza incolmabile, una rassegnazione soffocante; senza pensarci due volte abbandonò il suo padrone, generando scompiglio fra la gente nel castello e grande dolore nel sovrano che aveva vinto la morte pur di riaverlo con se.

Ormai iniziavo ad essere vecchio, talmente vecchio da non riuscire più neanche a consigliare al meglio AZ. Ma era arrivato il momento che conoscesse la verità .
Lo chiamai nel mio laboratorio e mi trovò più vecchio e più stanco, informandosi cortesemente delle mie condizioni, iniziò ad ascoltare il mio discorso.
"Mio caro re, è arrivato il momento di salutarsi per un'ultima volta a quanto pare. La mia salute sta peggiorando ormai e sento che il mio tempo su questa terra così ingiusta sta per terminare. C'è una cosa molto importante che questo vecchio mago alchemico deve dirti, per poi abbandonarti per sempre. Prima di prendere parte alla costruzione della macchina, stavo lavorando ad un importante ricerca per trovare l'elisir della vita eterna. Finalmente posso dire di essere riuscito a trovare il tassello finale: la strana pietra rossa di cui parlano i miei appunti è solo un piccolo pezzetto di un grande insieme di elementi, che ho accuratamente inserito nella macchina. Cosa significa questo? Semplice, che la macchina è in grado non solo di riportare in vita un Pokémon, ma anche di renderlo immortale insieme al proprio allenatore! Perciò consideralo l’ultimo regalo di un folle per il suo sovrano: vai e ritrova il tuo amato Floette!"
Dopo avermi salutato e ringraziato per l'aiuto che gli avevo concesso, le nostre strade si divisero per sempre, e fu un addio amaro per entrambi... Spero tanto per lui che un giorno riesca a ricongiungersi con il suo amato Floette.
Spero invece per me di riuscire a trovare pace per la macchina orrenda che ho contribuito a creare...

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Nome dell’autore: Fender

Titolo: Leggenda di un umile fabbro
Elaborato:

 

Narrami, o Musa, dell'umile fabbro, che divenne paladino per entrare nella storia e divenire leggenda.

Di tutte le virtù, mancava solo di modestia; vi rivelo infatti, giovani e vegliardi, che l'eroe di cui si parla è il firmatario.

Pertanto accomodatevi, con gaudio vi racconterò la mia storia.

 

Si annoierebbero i giovani a sentir le semplici vicende di un povero fabbro. La loro mente sogna un eroe dall'armatura sfavillante, il loro spirito brama l'avventura. Dunque così sia, questa storia narra l'atto finale del mio lungo viaggio, l'epilogo del mito. 

Una volta fuori dalla Foresta dei Sogni Infranti, proseguii per le lande della Terra della Notte, con l'obiettivo di raggiungere la Torre Nera e sconfiggere il Tiranno, liberando dalla schiavitù, dalla guerra e dalla fame le nove terre che compongono il nostro Mondo, ma che probabilmente sono solo una goccia nel mare oscuro e inesplorato. Facendomi strada tra la vegetazione arbustiva, impugnando l'elsa della mia spada dalla lama nera ebano, capii presto di essere finito come in un labirinto di specchi. Il paesaggio, per quanto procedessi con passo celere, si ripeteva senza fine. L'unica variante in questo intrico erano i cadaveri di nobili cavalieri che, vinti dalla follia o colpiti mortalmente dagli Assassini, mordevano la polvere, senza però metter mai in dubbio la mia risolutezza. Proprio un sicario, che meglio di chiunque altro conosceva gli oscuri segreti di quella terra, mi assaltò improvvisamente, puntandomi contro un pugnale di pregevole fattura. Nonostante le mie abilità  di spadaccino, l'assassino sembrava conoscer bene le mie mosse, quasi pareva avermi studiato a lungo. Dopo avermi disarmato, agilmente si gettò su di me per concedermi il colpo di grazia. Il suo errore, fu credere di aver compiuto il lavoro prima del dovuto. L'istinto mi suggerì di utilizzare la polvere del terreno per negargli la vista, così facendo, seppur per poco, il suo attacco perse forza e decisione. Quell'istante mi fu sufficiente per impossessarmi del pugnale e concedergli il sonno eterno.

Sventata la minaccia, mi concentrai sull'enigma che avvolgeva la Terra della Notte e lo risolsi prima del tramonto. Impercettibilmente, il sentiero deviava verso est, creando a lungo andare, un circolo infinito. Per raggiungere la Torre Nera, situata al centro del cerchio immaginario che era la mappa nella mia testa, percorsi il raggio. Giunsi infine dove si sarebbe svolta la battaglia decisiva. A proteggere il Tiranno, comodo in cima alla Torre, vi erano un fiume che circumnavigava la fortezza, dieci livelli colmi di nemici e la creatura che più temevo: l'Idra. Il fiume del lamento emanava un'aura talmente negativa, nefasta e deleteria che ancora era possibile udire le grida strazianti di chi fosse stato ucciso e poi gettato in quello Stige. L'avviso arrivò forte e per un attimo il mio cuore sussultò, ma ripresi coraggio e attraversai il ponte che conduceva all'ingresso della Torre Nera. Con sorpresa, non trovai nessuno ad accogliermi. Cominciai a correre per la scalinata ma più procedevo e più sentivo mancarmi motivazioni, ambizioni e risolutezza. Ecco dunque l'asso della Torre: un incantesimo che colpisce l'animo. Presto mi trovai a terra, tremante, privo di speranza. Per la prima volti ebbi paura, provai l'unica fobia di ogni vero paladino: il fallimento. Gli anni scorsi in estenuanti addestramenti potevano diventare vani in un attimo davanti alla disarmante potenza dell'Idra. Fu in quel momento che all'orizzonte vidi, o forse mi convinsi di vedere, sorgere il Sole. Mi venne in mente la mia terra natia, la Terra del Fuoco. Affiorarono i ricordi del martello che batteva sul ferro incandescente delle armi, dei giorni trascorsi a ripromettermi che avrei liberato tutti, donando speranza. Tornai in piedi, involontariamente ghignai, raggiunsi il decimo livello. La vidi, ma non ebbi paura. Provai rabbia, ma decisi di non agire impulsivamente. Quella rabbia non doveva essere motivo di imprudenza ma di forza. Forza che mi permise di sconfiggere l'Idra assestando i colpi con estrema precisione.

Ciò che avevo superato precedentemente sulla scalinata fu molto più arduo da sconfiggere. Un corpo, per quanto mostruoso, lo puoi mettere a tacere, ma una paura può consumarti dall'interno, dilaniando la carne e consumando lo spirito. Trionfante giunsi in cima alla Torre, ad attendermi, in fondo alla sala, seduto sul suo trono di genocidi e menzogne, vi era il Tiranno. Si alzò e con voce autoritaria mi provocò, sfidandomi ad adempire al mio destino mettendo fine alla sua tirannia. Non me lo feci ripetere. Corsi verso di lui puntandogli contro la mia fedele lama e allo stesso tempo egli pronunciò diverse incomprensibili parole chiamate a produrre un incantesimo letale. Quando gli fui a pochi metri, il Tiranno scagliò il suo colpo. Non si accorse però, che la mia spada era adesso il pugnale dell'assassino che attentò alla mia vita e che lui stesso aveva mandato. Essendo fatti entrambi di materia oscura, il mio pugnale fendette la magia, colpendo al cuore il Tiranno e mettendo fine a tutto.

 

Ci sono uomini la cui determinazione consente loro di realizzare le loro ambizioni. Essi da uomini diventano eroi, in seguito miti e infine leggende. Alla gente del luogo, la mia storia, piace chiamarla "La leggenda di un umile fabbro".

 

 

Extra - Citazioni:

 

- "Narrami, o Musa...": Proemio dell'Odissea.

- Foresta dei Sogni Infranti: dal brano "Boulevard Of Broken Dreams" dei Green Day.

- "...mordevano la polvere...": dal brano "Another One Bites The Dust" dei Queen.

- Terra della Notte: "Cronache del Mondo Emerso" di Licia Troisi.

- Terra del Fuoco: "Cronache del Mondo Emerso" di Licia Troisi.

- Tiranno: "Cronache del Mondo Emerso" di Licia Troisi.

- Torre Nera: Serie di romanzi di Stephen King.

 

 

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Nome dell'autore: 


 


Il»G®inta«17


 


Titolo: 


 


Tutto sotto controllo, in quel di Castele. Diciamo.


 


Elaborato:


 


Gli effetti collaterali della forgia


 


«Piegare la schiena così è sbagliato, sai? Non lamentarti poi, quando perfino una Biancapecora ti picchierà  mentre ti fermerai a massaggiartela!»


«Fra tutte le farfalle… Proprio una parlante doveva seguirmi?!» rispondo a Franfalla in tono ironico, sebbene non mi sembri particolarmente divertita. Si preoccupa per me, in fondo, e non sarebbe carino infierire troppo. Ma dovrò pur distrarmi di tanto in tanto da questa forgia e dalla sua calura, no?


«Va bene, scusami, scusami! Ma smettila di volteggiarmi davanti, altrimenti ti soffio via col mantice.» La farfalla arresta finalmente le proprie movenze, evitando di infastidire le mie, di proposito. Per quanto possa sembrare inusuale ai non addetti ai lavori, non tutti i Paladini forgiano da soli le proprie armi… E come biasimarli!


Si suda di più nella Bottega Reale di Castele che nella più pesante delle armature di ferro. Roba che se ti fiondi a combattere poco dopo dei mostri, o scappano per la puzza di sudore, o ti invidiano perché la riconoscono superiore persino alla propria. Quindi ti attaccano con maggiore aggressività . O almeno è così che me lo spiego io.


«Mi passi la…» favello in direzione del lepidottero, ma mi fermo prima di concludere, accorgendomi della stupidaggine che stavo per dire. Franfalla, ancora offesa, neanche si volta in mia direzione. «Scusa, dimenticavo che non riusciresti a sollevare neanche un capello di Bold.»


«Ma Bold non ha capelli!»


«Appunto.»


La osservo volar via dalla finestra, visibilmente scocciata dalle mie simpatiche prese in giro, mentre ridacchio e mi asciugo il sudore dalla fronte col dorso della mano. Resto ad osservare il cielo sgombro da nubi per qualche attimo, prima di riconcentrarmi sul da farsi. Raggiungo la lama sbozzata preparata poco fa, così da sollevarla ed inserirla tra i carboni ardenti della forgia. Il mantice è già  piazzato di fronte ad essa, cosicché io possa rapidamente usufruirne qualora il fuoco non sia abbastanza vivo, soffiandovi all’interno.


Il signor Vulcano continua a deridere le mie abilità  di fabbro, solo perché non ho ancora tutta la sua esperienza… Peccato che Anna mi abbia fermato dal dirgli che la spada spezzata ieri contro i Lupi Rossi era proprio una vecchia opera di Vulcano! Chissà  che faccia avrebbe fatto, chissà  se avrebbe ridimensionato i propri borbottii sul mio operato. Mi sa di no. Ma così non ho rischiato di risultargli antipatico, non avendo poi altri su cui contare qualora mi servisse in futuro un’arma di fattura indiscussamente superiore…


Anna è più saggia di quanto sembri. Mia madre mi diceva sempre di frequentarla il più possibile, sebbene lei auspicasse fini leggermente… Diversi, diciamo. Io ed Anna? Hah! Che un Coyote mi faccia la cacca in testa, se ciò accadesse.


Scuoto leggermente il capo, col sorriso stampato sul volto, mentre torno in me e mi accorgo soltanto adesso di essermi seduto a fissare la rozza barra d’acciaio tra le fiamme. Mi sembra più accalorata di come dovrebbe essere… Quanto tempo è passato?!


Mi appresto a toglierla da lì, così da poggiarla sull’incudine e prepararmi a lavorarla. Ma devo ammettere che Anna ha un buon profumo. Ehm… La puzza di sudore non mi fa bene, no.


«Bando alle ciance!»


Col martello comincio a battere vigorosamente lo sbozzo incandescente, ripetendo il solito movimento del braccio destro che picchia dall’alto verso il basso, producendo il solito rumore del ferro sull’incudine. Ecco perché il mio braccio destro è più grande del sinistro. Ed ora che ci penso… Ecco perché puzza di più!


Modello l’arma affinché abbia un solo filo, una sola parte tagliente, per renderla il più affilata e resistente possibile. Così dimostrerò al signor Vulcano che, dove lui ha fallito anni addietro, io ho già  appreso a dovere! Reinserisco la lama nella forgia per bruciarla nuovamente, così da lavorarla ancora all’incudine. Il solito operato quotidiano. Non proprio, quotidiano. Beh, diciamo che una volta al mese qualche sprovveduto mi chiede di forgiargli un pugnale, dai.


Il tempo passa, ma il mio braccio allenato non sente stanchezza. Quella la sente il mio naso, che pur allenato, non dev’essere molto felice in questo momento. Ma la lama è oramai pronta, e benché sia la prima volta che creo una spada a filo singolo, il risultato sembra promettere bene. È ora della bonifica!


Immergo l’acciaio in acqua ed olio, temprando la spada per garantirle la resistenza necessaria ad innumerevoli battaglie. La mia opera ha acquisito la giusta durezza, ma al contempo è diventata fragile agli urti; il processo finale del rinvenimento è proprio ciò che occorre all’arma per eliminare tale difetto, e poter essere considerata tale a tutti gli effetti. La riporto quindi nel fuoco della forgia e, una volta scaldata il necessario, la inserisco nella miscela adatta a placarla e temprarla. Quando la tiro fuori, scruto la mia immagine riflessa nella lama stessa.


«Sì, forse dovrei radermi la barba» sentenzio da solo, notando che ha raggiunto livelli poco civili. Ma perché farlo oggi? Oggi è il giorno del mio capolavoro! Una volta inserito e stabilizzato l’acciaio nell’impugnatura, che avevo già  preparato per l’occasione, sollevo la mia nuova spada. La mia ventiquattresima spada. Dovrei iniziare a capirci qualcosa… Dovrei.


La luce esterna viene riflessa nell’arma mentre la scruto minuziosamente. L’incanalatura è a posto, il filo è più sottile del dorso e sembra parecchio tagliente, i Lupi Rossi non saranno più un problema. Mi sento felice ed abbastanza fiero di me, nonostante abbia cominciato ad abituarmi a questa sensazione di completezza dettata da ogni creazione portata a compimento. Punire i malvagi mi riempie d’orgoglio, ma forgiare armi mi rende felice in una maniera del tutto diversa; sento la pace e la pienezza fluirmi attraverso come solo una spada ben fatta riesce a farmi sentire. E la minestra di patate di Anna.


«Avanti, Gamesh! Sei sempre in ritardo.»


Parli del diavolo… La soave voce della bionda Maga raggiunge le mie orecchie sin dall’esterno della Bottega Reale, e faccio in tempo a veder sparire il suo candido viso dal vetro della finestra, che mi ritrovo la fanciulla dinanzi ad osservare galvanizzata la mia spada.


«Ma è magnifi…» comincia, gioiosa ed elettrizzata, per poi fermarsi. La sua fronte si corruccia e le sopracciglia si piegano verso il basso, tornando ad assumere la tetra espressione di un attimo prima che entrasse. «Prima di tutto, puzzi. Secondo… Hai dimenticato che oggi c’era la caccia alle Pantere Nere? Sei in ritardo di sette minuti e ventitré… Ventiquattro… Ventici…»


«Ho capito, ho capito!» ribatto, scuotendo appena il capo, ed avvicinandomi allo sgabello poco distante per prendere il fodero su di esso adagiato antecedentemente. Vi inserisco la mia nuova spada, che scivola perfettamente al suo interno.


«Avevo davvero intenzione di provarla! Giungi proprio al momento giusto.»


La guardo di sottecchi, assottigliando lo sguardo castano e dandole il profilo, con aria malvagia. La sua espressione si tramuta in qualcosa di dolce e buffo allo stesso tempo, preda del timore. Compie un passo indietro e solleva lentamente le mani, spaventata. Crede davvero che possa farle del male?


«…Intendevo contro le Pantere Nere, idiota di una Maga!» esclamo, scoppiando a ridere mentre lei sbuffa, ruota su sé stessa e si dirige fuori. Perché nessuno apprezza mai il mio umorismo?!


Inserisco il fodero nella cintola, pronto alla mia nuova avventura quotidiana. Una volta fuori mi lascio investire dalla luce solare e dalla piacevole brezza di una splendida giornata primaverile.


«Ho bisogno della mia armatura, bionda. Mi aspetti...»


«No, mi avvio. Sei già  in ritardo. Ci vediamo sul posto… Muoviti!»


«Pignola…» brontolo accigliato, avviandomi verso casa. In verità , più che indossare l’armatura mi premeva lavarmi le ascelle.


 


Un eroe senza macchia e senza bravura


 


Il tintinnare del fodero contro i lucidi gambali che indosso, mi riporta alla mente le mie prime avventure da Paladino. Ero un semplice Mercenario prima di allora, ma il Capitan Baffo mi mostrò quanto gli ideali di lealtà  e protezione dei deboli fossero importanti; decisi così di metter la mia vita al servizio di quella altrui. Non mi sono mai pentito di tale scelta, e condivido ancora adesso le teorie di Capitan Mustazio. Tranne quelle sui baffi.


Avanzo verso la zona sud di Castele, dove Anna dovrebbe attendermi. Molte persone mi sorridono quando le aggiro, alcune addirittura chinano il capo in segno di rispetto e di ringraziamento, presumibilmente più verso il mio ordine che verso di me. Non è poi difficile riconoscermi quale Paladino, data l’armatura ed il pesante scudo che porto stretto nella mancina. Sinistriero non è con me, ho preferito raggiungere la Maga a piedi piuttosto che usufruire del mio destriero; ma il mio passo è spedito, sebbene saluti di tanto in tanto qualche cittadino che riconosco.


«Ciao, Gwen!»


«Ser Gamesh!» mi risponde la Paladina, col viso appena arrossato, mentre mi supera verso la direzione opposta, essendo probabilmente di ronda. È una fanciulla un po’ impacciata, ma con molta voglia di apprendere; il mio primo incarico da Paladino fu al suo fianco, alla ricerca di un carico di mele per il signor Pomo, del Caffè Semedimela. Sconfissi i tre banditi che rubavano le “mele melavigliose†dall’albero, e fui davvero felice di aver riportato l’ordine e la giustizia in città . E le mele al barista. Quanto tempo è passato, ormai?


Varco i cancelli meridionali ed i miei occhi si posano finalmente sulla longilinea figura di Anna, vestita di viola e nero come di consueto, accostamento cromatico indubbiamente visibile da buona distanza. Essendo rivolta in mia direzione, solleva il braccio per indicare la propria presenza.


Â«È difficile non riconoscerti con quel ridicolo cappello, Anna!» sentenzio a gran voce, imbarazzandola agli occhi di Pontias e Nimeo, le due guardie al varco, che sento benissimo ridacchiare.


«Ti rendi conto che tu hai raffigurata una mela sul tuo scudo, sì?!» ribatte lei, accertandosi di farsi ben sentire con quella vocetta stridula. I due alle mie spalle ora ridono più forte.


Â«È per ricordarmi di mangiare. Sai, sono così impegnato a fare cose utili e produttive che…» comincio con tono ironico, una volta raggiunta la ragazza. I suoi capelli sono raccolti, diversamente dal nostro incontro alla forgia.


«E io sono la Principessa Laura, sì. Ora ti dai una mossa?» mi apostrofa lei, ma il suo sorriso mi fa capire che non sia realmente arrabbiata. Peccato, vorrà  dire che la mia nuova spada dovrà  aspettare ancora un po’ prima di entrare in azione!


«Mi faccia strada, Sua Maestà  la Principessa.»


Ci avviamo lungo il sentiero verso Pianerbose, mentre la bionda Maga resta in silenzio, leggermente più avanti rispetto a me. Il bastone nodoso che porta con sé è capace di fantastici incantesimi, che più volte gli ho visto far partire in direzione dei malcapitati. Ma non invidio l’abilità  di Anna, perché il mio senso di giustizia mi rende più forte di qualsiasi tomo magico. Proteggere chi mi procura carbone per la forgia, cibo per le mie forze, acciaio per la mia tempra, è per me motivo d’orgoglio e sicurezza. A proposito di acciaio… Perché quest’armatura è così pesante?


«Preparati, ci siamo!» esclama Anna, galvanizzata come sempre quando si tratta di dover bruciare dei cattivoni. Il piccolo branco di tre Pantere Nere si è spinto troppo oltre il proprio territorio due notti fa, arrivando a minacciare l’incolumità  dei mercanti che setacciano la periferia di Castele. Così il Capitan Mustazio, per noi Paladini il Capitan Baffo, mi ha ordinato di occuparmi della faccenda. Anna si è offerta di aiutarmi, avendo bisogno di campioni di pelo di quelle bestie per chissà  quale magica mistura.


Eccolo lì, il branco di fiere alla causa del disordine degli ultimi giorni! Estraggo la mia nuova spada, che produce un suono dissimile dalle precedenti a doppio filo; la impugno nella mano destra, tenendo la mancina alta dinanzi al petto per usufruire della protezione del mio scudo. Faccio in tempo a vedere il primo animale steso da Anna con un fulmine, che un altro mi aggredisce.


«Vediamo come te la cavi, mostro!»


Defletto gli artigli della Pantera, ma noto che è molto agile, probabilmente più di me a causa della mia armatura. Resto sulla difensiva, puntando a resistere ai suoi attacchi per stancarne il vigore, come Capitan Mustazio mi aveva insegnato agli inizi del mio praticantato. Ma la bestia sembra implacabile!


Salta in mia direzione, stavolta puntando al mio collo con le fauci spalancate.


«Scordatelo!»


Sollevo rapidamente lo scudo, spiaccicandone il viso contro l’acciaio dello stesso. L’animale resta intontito, e finalmente si scopre! Sollevo il mio braccio destro, pronto a finirlo con un fendente!


«…Aaaaargh!!!»


Un dolore lancinante mi colpisce la zona lombare, mentre abbasso il braccio che regge la spada, istintivamente. Mi chino su un ginocchio, con una smorfia di dolore in viso. Che mal di schiena! Come ho fatto a non accorgermene prima?!


Soltanto adesso apro gli occhi e mi accorgo di aver abbassato la guardia…


La Pantera Nera si sta scagliando contro di me… Sono scoperto!


Boom.


Sollevo la mano destra per riparare la vista dall’esplosione di luce poco distante dai miei occhi; una palla di fuoco ha colpito la fiera, mettendola fuori combattimento e, presumibilmente, salvandomi la vita.


«Devo ammetterlo, Principessa… Ti devo un favore.»


«Bene… Stai certo che me ne ricorderò. E tu ricordati di darmi più ascolto, quando armeggi nella bottega!»


Questa voce… Non è Anna.


È Franfalla!


Quella pestifera farfalla mi ha salvato il didietro! Faccio per risollevarmi, ma una nuova fitta mi costringe a piegare la schiena leggermente in avanti. L’armatura mi risulta più scomoda ed ingombrante del solito, ed è sensibilmente d’impiccio con questo mal di schiena. Non posso neanche grattarmi!


«Dolce farfallina, potresti massaggiarmi la schiena con l’impugnatura, mia adorata?» le domando in tono volutamente dolce, che suonerebbe falso ad un miglio di distanza, mentre le porgo la spada.


«Hai dimenticato? Io non riesco neanche a sollevare un capello di Bold!» Mi risponde, costringendomi quindi a star zitto per non far sì che la mia dignità  venga oltremodo violentata. Ha vinto lei su tutti i fronti, meglio ritirarsi per questa volta.


«Ma dov’eri finito, idiota?! Ho dovuto fare tutto da sola. Ah, ciao Franfalla!» favella Anna, evidentemente di ritorno e come sempre al momento più adatto per denigrarmi.


«Ciao! Il nostro eroe non mi ascolta mai, così si ritrova con un bel mal di schiena.»


«Ma non è…!»


«Ser Gamesh, il prode Paladino che difende Castele a colpi di… Reumatismi» mi canzona la bionda, scoppiando a ridere assieme alla complice. Una bella coppia divertente, non c’è che dire. Il giullare di corte sarebbe inutile al confronto, proprio. «Come mai non lo seguivi già , Franfalla? Ti sei scocciata anche tu di lui?»


«Mi ha trattato male, solo perché mi ero preoccupata per la sua schiena. Vuole giocare al piccolo Fabbro, ma non sa neanche assumere una corretta postura. Così l’ho lasciato da solo… Anche perché puzzava di sudore. A proposito… Con la spada è andata bene?»


«Certo, simpaticissimo insetto così piccolo da essere facilmente schiacciato. Sono un Fabbro d’alto livello io, di che ti meravigli?»


«Quindi, hai già  scelto il nome per il tuo impareggiabile capolavoro?»


No, non ho dato alcun nome alla mia spada. È consuetudine che un Fabbro di una certa fama dia il nome alle proprie creazioni, ma vista la fretta che mi aveva messo la Maga, ho completamente dimenticato di occuparmene. Ma non posso dirlo apertamente… Mi deriderebbero fino a quando Re Erik non decidesse di ballare nudo e in piedi sulla sella di un cavallo!


«Ci sono…» interviene Anna, con gli occhioni spalancati dalla gioia e dall’eccitazione. Comincio ad aver paura. «Si chiamerà â€¦ Axcellibur.»


«Ma è un nome perfetto! Rispecchia appieno le doti ascellari del nostro rinomato Fabbro.» conclude Franfalla per poi ridere nuovamente, coadiuvata dalla complice.


«Smettetela… E torniamo a Castele, devo fare rapporto al Capitano.»


Le due devono aver capito l’antifona, dato che le risate si attenuano rapidamente in sorrisetti silenziosi. La schiena mi fa male davvero e, per quanto mi costi ammetterlo, Franfalla aveva ragione. Non si finisce mai di imparare, in una professione. Non sono certo il miglior Fabbro di Reveria, ma se anche lo fossi probabilmente non smetterei di sorprendermi giorno per giorno. Spesso si presta troppa attenzione a ciò che si è intenti a fare, dimenticandosi di come lo si fa e di cosa sta risentendo di tale impegno, ciò che viene trascurato.


Dopo aver rinfoderato Axcellibur precedo la farfalla e la Maga, lungo il tragitto di ritorno che ci riporterà  a destinazione.


 


Un’ottima Annata


 


Le pareti circolari del Presidio dei Paladini riflettono la luce delle torce sulla tavola imbandita di tutto punto, mentre fuori il buio è ormai calato. Noto molti piatti vuoti e con pochi residui all’interno, segno che molti Paladini hanno usufruito della cena comune questa sera. O forse è solamente passato da queste parti Ser Pancesco.


Mentre supero quello scempio mi accorgo d’esser stato notato da Tad ed Ignazio, che si voltano col busto in mia direzione interrompendo il loro discorso, probabilmente avente a che fare con l’avvenente Paladina Ippolita. Applaudono svogliatamente… La voce del nostro operato deve aver già  raggiunto il Presidio. Nel farlo, Tad lascia cadere la bottiglia di vino che tratteneva nella sinistra, avendo ovviamente smesso di mantenerla per applaudire. Mi chiedo con che metro di valutazione il Capitan Baffo decida di chi circondarsi…


Ignazio lo guarda contrariato, ma anche lui sembra poco sveglio. Del resto non si è neanche accorto di avere gli stivali variopinti a causa del vino del compare, adesso. L’altro sciagurato si china a riprendere la bottiglia, che fortunatamente non si è rotta; se ci fosse il Capitano, però, gliel’avrebbe certamente rotta in testa lui. A proposito…


«Salve, ragazzi. Dov’è il Capitan Mustazio?»


«Gamesh! Fermati a bere con noi. Complimenti, abbiamo hic…»


«Idiota di un Tad! Lui intendeva dire che noi abbiamo hic…»


«Si vede che avete “hicâ€, sì. Quindi siete soli da molto, perché se ci fosse lui, più che “hic†avreste “arghâ€Â» sentenzio, senza cattiveria nel mio tono, ma sicuramente molto sarcasmo. Non è la prima volta che li becco nel mondo dei Paladini in sella ai pony arcobaleno, ma ho sempre chiuso un occhio con i superiori, visto che Tad ed Ignazio hanno fatto il tifo per me sin dal mio arruolamento. E poi sono così imbranati.


«Niente ramanzina, per favore» lamenta Ignazio, spingendo le mani in avanti con molta poca forza nelle braccia. Roba che se soffiassi lo manderei a tappeto.


«Esatto, ne abbiamo già  bevuta troppa» gli fa eco Tad, che sembra ridotto pure peggio.


«Quello è il vino, idiota.»


«Sì, ed è davvero un’ottima marca! Hai portato altra ramanzina, Gamesh?»


Non credo mi stiano davvero ascoltando, ma è raro non trovare Mustazio al Presidio, per cui devo necessariamente chiedere o perlomeno farmi comprendere.


«Ascoltate… Dov’è il Capitan Baffo? Devo fare rapporto di persona sulle Pantere Nere.»


«Non dovresti parlare del tuo rapporto personale con le Pantere Nere al Capit…» comincia Tad, ma Ignazio lo interrompe tappandogli la bocca con una mano, che si regge a stento tre secondi prima di ricadergli penzoloni lungo il fianco. Tirandolo in quella direzione di un paio di passi, peggio delle redini coi cavalli.


Â«È andato in piazza. Dei banditi hanno incendiato il bar di Pomo, dicono ci siano stati anche dei feriti» spiega Ignazio, nei suoi ultimi barlumi di lucidità . Il Caffè Semedimela è dove la mia avventura da Paladino è cominciata e per la prima volta ho sentito in me il piacere di fare del bene incondizionato, non dettato da una paga da Mercenario.


«E voi siete qui a bere? Siete due incoscienti» li rimprovero inevitabilmente, il nervosismo che sento farsi strada dentro me. I due abbassano lo sguardo all’unisono, e la loro baldanza scema in favore di rimorso e sensi di colpa, a giudicare dalle facce da cane bastonato. Â«È da solo?»


«Sì, ha detto che sarebbe andato da solo perché non voleva che…»


Li lascio ai loro comodi, voltando le spalle e non dando più ascolto ad altro, avviandomi all’uscita. La situazione descritta mi sembra alquanto problematica e, benché molto capace e coraggioso, non è detto che Mustazio riesca a vedersela da solo. Potrebbe aver bisogno di rinforzi in caso d’emergenza… E se fosse già  tardi?!


Mi precipito all’esterno, allungando le falcate, ma una volta fuori dal Padiglione…


Plup. Plup, plup, plup… Plup. Plup!


Vengo sommerso da una raffica di tappi di sughero.


Davanti a me ci sono quasi tutti i Paladini, ed Anna, Franfalla, il signor Pomo, il signor Vulcano e tante altre persone che nel corso della mia onesta carriera da Paladino e da Fabbro ho aiutato. Una… Festa?!


I Paladini sono tutti in fila, e al vedermi si portano la mano alla fronte in orizzontale tutti nello stesso istante, in segno di saluto verso un commilitone.


«Lunga vita a Ser Gamesh, esempio per il nostro ordine, spada della bontà  e scudo dei cittadini!» pronuncia una voce forte, la cui fonte si fa vedere soltanto adesso, rompendo presso il centro la fila di Paladini ed avvicinandosi a me. È il Capitan Baffo!


«A dire il vero, il merito spetta più ad Anna e Franfalla che…»


«Suvvia, giovanotto, non eccedere nella somma virtù della modestia» sentenzia il Paladino, che evidentemente non vuol saperne di sminuire le mie gesta. Come biasimarlo, dopo aver organizzato tutto questo andirivieni in mio onore!


Mentre tutti applaudono, illuminati dalle torce, mi chiedo giustappunto il perché di tanto disturbo da parte della gente di Castele. Quasi trasalisco nel sentire un contatto sulle mie spalle, e voltandomi ivi noto le braccia di Ignazio e Tad, che mi hanno raggiunto di soppiatto da dietro, ed ora si appoggiano a me. E pesano. E pesa anche il loro alito.


«Sorpresa riuscita, eh? Bravo, Fabbro, te lo sei meritato» afferma Ignazio con un sorriso sornione, mentre scuoto il capo lentamente, divertito.


«E voi avete meritato il vino, pare…» ribatto, con Tad che dall’altro lato ride beota, la testa appoggiata alla mia spalla. Faccio un passo avanti e finisce addosso ad Ignazio, sbilanciandosi e riuscendo a risparmiare solo per un pelo una brutta figura pubblica ad entrambi. Sempre che il loro stato psicofisico lo permetta!


Si fa avanti Franfalla, svolazzando euforica.


«Non te l’aspettavi, vero? Anna ed io abbiamo pensato a questa sorpresina… Come vedi la gente che voleva ringraziarti è tanta. Non sei poi così inutile, dai!»


«E invece lo è! Ma con la pratica diverrà  un buon mastro armaiolo. »


«La tua gentilezza è pari a quella con cui batti l’incudine, signor Vulcano…» affermo al grosso omone appena inseritosi nel discorso, che professionalmente stimo molto, almeno quanto il Capitan Baffo. Il quale sta ora allegramente bevendo in compagnia dei colleghi, a quanto vedono i miei occhi. Che abbia autorizzato lui quei due al Presidio a spassarsela da soli?! C’è da dire che hanno architettato tutto a dovere!


«Con la gentilezza non forgerai neanche uno stuzzicadenti di ferro, ragazzo mio» risponde Vulcano, dandosi tante arie da saggio ed esperto. Non che non lo sia, ma misteriosamente lo diventa di più quando ci sono in giro ragazze. Manco avesse ancora un’età  decente.


«E a cosa dovrebbe servirmi uno stuzzicadenti di ferro, di grazia?»


«Ah beh, ha la sua utilità , sai. Per esempio quella volta in cui, con mia moglie…» comincia l’armaiolo, ma prima che finisca vengo strattonato per il braccio da Anna, che mi porta via in disparte avendo probabilmente intuito dove stava per andare a parare il discorso. Grazie, Anna!


«Phew… Un mascalzone, quel Fabbro. Ora capisco da chi hai preso.»


«Se vuoi saperlo, passo quasi più tempo con te che con lui… Quindi rifai i tuoi calcoli.»


«Già , a tal proposito…»


Aggrotto la fronte, e prima ancora che possa spiegarmi tali parole, la ragazza compie un passo avanti ed unisce le sue labbra alle mie. Resto impietrito eppur attratto dalla morbidezza delle stesse, premutemi appena contro, e scruto le palpebre calate della giovane Maga mentre un leggero sorriso, inevitabile, si delinea sul mio volto.


«E questo era il mio regalo…» sussurra, rimanendomi ad un paio di centimetri dal volto, sorridente a sua volta. Poi si allontana, resta a guardarmi mentre indietreggia ed infine si volta, tornando ad aggregarsi agli altri.


Resto sul posto a guardarne la folta chioma raccolta in una lunga coda, stretta soltanto verso la punta. Anna… Chi l’avrebbe mai detto?


Ebbene, è così che va la mia vita. Sono un Mercenario che pensa soltanto ai Lyr, ma un giorno divento un Paladino che mette la salvaguardia della sua gente al primo posto. Chi sceglierò di essere, in futuro? Nulla è davvero impossibile, quando non manca la forza di volontà .


Imparare l’arte della spada e quella della forgia è un arduo sentiero, costernato di cadute e di ripide salite, spesso in rapida successione. Ma come ogni sentiero del genere, è proprio per tal motivo fra i pochi a valer la pena di essere intrapreso. E pur raggiunta una cima che tale non è mai davvero, non è detto che si sia abbastanza cresciuti anche sul piano personale!


Ma adesso, bando alle ciance…


È il momento di intraprendere il sentiero del vino!


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Nome dell’autore: Stein

Titolo: L'incredibile storia del capitano Kidd
Elaborato

“Mi chiamo Kidd e questa è la mia storia.
Ero il capitano di una nave pirata, la più temuta e potente tra tutte quelle in circolazione, l’avevamo chiamata Galaxy Dream. Mi ricordo ancora tutto quello che è successo quel giorno come se fosse ieri. In una calda giornata di Agosto dell’anno 1918 io e la mia ciurma avevamo appena finito di abbordare una nave di passaggio piena di diamanti e oro a non finire. L’unico ostacolo furono le guardie che fronteggiammo senza particolare sforzo. Nella divisa del comandate della nave trovai una strana mappa: mi ero incantato ad osservarla ogni particolare era curato nei minimi dettagli soprattutto il drago disegnato davanti all’ isola Morch: uno strano pezzo di terra in mezzo al mare a forma di teschio e segnato da una “Xâ€, doveva essere senz’altro l’isola del Tesoro. “Capitano Kidd qui abbiamo finito di caricare tutto possiamo tornare sulla nostra nave !†Quella chiamata mi riscosse, infilai la mappa nel giacchetto e feci per uscire dalla cabina quando il capitano di quella nave, che avevo legato e messo in un angolo mi rivolse un avvertimento: “ Non farlo, andrai incontro a morte certa !†Lo ignorai e tornai dalla mia ciurma.
 
“Manigoldi !!! Oggi è un grande giorno per noi !!  Vi informo che ho trovato qualcosa che ci renderà  i padroni incontrastati dei sette mari !! Saremo i primi a raggiungere l’isola Morch !!â€
“Ma capitano.. non possiamo… quell’isola non si può raggiungere. Solo la ciurma di Bartholomew ci riuscì per puro caso e .. non fece più ritorno.â€
“Bartholomew visse più di un secolo fa e non era neanche la metà  di quello che siamo noi oggi !! E soprattutto, loro, non avevano la Mappa !!â€
“Capitano .. sinceramente secondo me è un suicidio … “
“Trafalgar non ho chiesto il tuo parere. Noi andremo laggiù e visto e considerato la poca distanza dall’obbiettivo come si può notare sulla mappa , lo faremo sta notte !â€
Trafalgar era il vicecapitano, l’uomo più saggio sulla mia nave … avrei dovuto dargli ascolto. Sin da quando eravamo piccoli ci fidavamo l’uno dell’altro. Quando la nostra attività  di pesca smise di concederci il minimo indispensabile per sopravvivere fummo costretti a vivere al porto, procurandoci da mangiare pescando. La pesca ormai era diventata più pericolosa che conveniente.. i pirati dominavano i mari, fino a quel giorno… Quel giorno che Trafalgar propose di diventare due mercenari del mare:  due pirati. Da quel momento tutto cambio; Noi eravamo nati per essere dei pirati.
 
Tutto era Pronto; eravamo appenta entrati nei mari leggendari dell’arcipelago di Morch dei quali solo le leggende parlavano .. nessuno aveva mai fatto ritorno. Di quei mari c’erano molte storie che parlavano di sirene, mostri marini tempeste di proporzioni ineguagliabili.. ma inizialmente queste rimanevamo per me soltanto leggende perché non ci furono difficoltà  ad intravedere l’isola. Inoltre sembrava la più semplice da raggiungere poiché era l’ultima che si incontrava proseguendo a ore 12 circondata da tutte le altre dell’arcipelago.
 
“Terraaaa!!!!†a quella parola tutto l’equipaggio esultò e festeggiammo tutti sorseggiando del rum. Quel momento di festa non durò molto perchè purtroppo l’orrore stava per cominciare.
Il cielo sulle nostre teste si fece scuro e in men che non si dica ci ritrovammo al centro di una tempesta .
La pioggia e la nebbia rendevano impossibile intravedere un’isola in cui rifugiarsi e le onde titaniche mettevano a dura prova la nostra Galaxy Dream. Tutto l’equipaggio era allo stremo delle forze.
Cercai Trafalgar con le forze che mi rimanevano per fargli curare le ferite degli uomini che non erano caduti in mare quando lo vidi e rabbrividii. Una melodia dolce e sensuale raggiunse le mie orecchie e feci appena in tempo a tapparle.. le Sirene !! Trafalgar si stava sporgendo verso una di loro ammaliato dal loro canto e dalla loro bellezza non potei fare niente per salvarlo. Ero rimasto solo, tutto il mio equipaggio.. erano morti tutti . Io sarei affondato con la mia nave come fa un vero capitano.. non avevo più niente da perdere la disperazione mi aveva assalito e volevo far la finita.. ripensai all’avvertimento di quel capitano e della mia ciurma .. che sciocco che ero stato a non ascoltarli era un’impresa impossibile.
 
Fu a quel punto che lo vidi o almeno ..penso di averlo visto. Un’onda gigantesca assunse la forma di un drago la pioggia faceva solo intravedere le ali era completamente fatto di acqua ma era vero ! Un drago ! Una creatura mitologica e leggendaria. Le sirene erano già  state avvistate in altri mari non era la prima volta ero preparato al loro incontro ma.. i Draghi.. nessuno ne aveva mai visto uno ero il primo pirata della storia ad averlo visto e adesso posso dire a porterlo raccontare !
Rimasi a guardarlo meravigliato e terrorizzato allo stesso tempo per pochi secondi perché quel drago d’acqua si infranse contro di me e la mia nave e poi fu buio.
 
Al mio risveglio mi ritrovai sull’isola che tanto avevo voluto raggiungere. Solo.
Non c’erano segni di vita e neanche del tesoro.. cercai in tutta l’isola più e più volte senza risultati.
Ormai sono vecchio e morirò da solo, qui, su quest’isola poiché nessuno riuscirà  mai a trovarmi senza la mappa andata perduta durante l’attacco del drago tempesta; volevo solo raccontarvi la mia storia ed essere ricordato come il più grande pirata di tutti i tempi poichè non morii nel tentativo di raggiungere l’isola di Morch.â€
 
Finito il messaggio, il capitano Kidd lo chiuse nella sua bottiglia di rum vuota e lo buttò in mare speranzoso che, un giorno, qualcuno lo trovasse e raccontasse la sua storia alle nuove generazioni.

 

curiosità  dall'autore

Ho pensato a questa storia guardando la seguente immagine

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Quando guardo belle immagini mi piace sempre inventare una storia su di essere e spero che questa sia piaciuta anche a voi

 

ps: ho modificato il messaggio perchè per sbaglio avevo inserito nello spoiler anche la storia due volte xD e volevo mettere solo l'immagine e ho letto ora che non era possibile modificare il messaggio una volta postato xD. Vabbè se non si può fare uno strappo alla regola per sta volta altrimenti mi dispiace xD spero vi piaccia la storia e parteciperò anche al prossimo contest di scrittura xD

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Nome dell'autore: Gabry†

Titolo: Il Tempio dell'Angelo.

Elaborato:

-...Sappiamo cosa andiamo a fare, vero?-

-Sì!- e mi sorrise con quegli occhioni azzurri.

-E sappiamo anche in che guaio ci stiamo mettendo, vero?-

-Ceeerto!- e riprese a sorridermi.

-E sai anche...COME USCIRNE?-

-Ehm...Assolutamente no!-

In quel momento stavo rimpiangendo tutte le scelte che avevo fatto fino a quel momento: come quella di lasciare la mia tranquilla vita da alchimista e imparare a fare magie, diventare una maga e partire alla scoperta del Tempio con Aika-chan, la mia migliore ed unica amica conosciuta a scuola di magia. E adesso che, finalmente, eravamo appena entrate nel Tempio dell'Angelo, lui ci fissava con due occhi rossi colmi di rabbia. Perché avevo fatto tutto questo? Ecco...Era cominciato tutto in quella che una volta era la città  di Evopoli, adesso non lo era più, dopo quella tempesta in cui la regione di Sinnoh era stata cambiata dalla lotta fra Dialga, Palkia e Giratina: con i loro poteri l'avevano distorta rendendola irriconoscibile, ne avevano cambiato il tempo, ormai nessun giorno era uguale all'altro: la notte poteva durare anche per una settimana...Se la si poteva chiamare così. E il perché della lotta, mi avevano domandato in molti. Non perché io fossi importante, ma perché dopo quello che successe cominciai a studiare tutto quello che accadeva e a documentarmi, così da potergli rispondere. Era successo ben 16 anni prima, e poteva sembrare una cosa strana ma...Era stata "colpa" di Arceus: 16 anni fa, mentre la regione di Sinnoh era in pieno sviluppo economico, tutti erano entusiasti delle nuove scoperte della scienza, e Arceus veniva a farci visita per vedere come stessero andando quegli anni bellissimi. Fu così che un giorno mentre era in visita, conobbe una fanciulla giovane e bella, dai lunghi capelli neri e dai modi attraenti. Faceva la ricercatrice e Arceus stranamente se ne innamorò. Prese a farle visita ogni giorno e dopo poco tempo dal loro amore, non si sa come, nacque un bambino. Quando la storia fu ufficiale, vennero a saperlo anche Dialga, Palkia e Giratina: tutti e tre volevano diventare guardiani e custodi del piccolo, che era umano solo per metà : aveva due magnifiche ali bianche, nere e dorate, poteri spettacolari, e in quanto figlio di Arceus, una grande bellezza. I tre draghi, però, non riuscendo a decidere chi tra loro dovesse diventare il guardiano del bambino cominciarono una grande lotta, con cui sconvolsero Sinnoh. Arceus, indignato decise di tenersi la "sposa" e il figlio e di insegnargli da solo a usare i suoi poteri e le sue ali. Così, eresse il famoso Tempio dell'Angelo sulla Vetta Lancia e non concesse al figlio di lasciare quel luogo. Ora quel bambino era diventato un ragazzo, e si diceva che fosse tanto bello quanto crudele e sadico, provava odio nei confronti di tutti quelli che vedeva fuori dalla sua prigione.

-Quel ragazzo ha bisogno di uscire dal Tempio!-

-Certo! Deve uscire, vedere il mondo, trovare degli amici...E l'amore! Ahahaha!-

Queste erano le chiacchiere che sentivo su di lui dalle donne del mercato. E visto che, dopotutto, anche io ero chiusa nella mia "prigione" visto che sono un'alchimista asociale che stava sempre chiusa nel suo laboratorio, dove i miei unici amici erano oggetti senza vita. Quindi potevo capire benissimo come doveva sentirsi quel giovane. Ed ecco perché avevo deciso di imparare l'arte della magia e di andare con Aika-chan, la mia unica amica, a scalare il monte Corona e raggiungere il Tempio dell'Angelo. Ma torniamo al presente.

-Cosa volete? Andatevene prima che perda la pazienza.- Aveva tuonato il ragazzo mentre volava verso di noi.

-Semplice! Vogliamo...- ma le chiusi la bocca prima che potesse peggiorare le cose.

-Uhm?- fece il ragazzo alato con tono seccato.

-Noi siamo qui perché...- ma le richiusi la bocca e questa volta sbagliai, perché feci alterare il giovane, e non poco.

-Adesso mi avete SCOCCIATO!-

E prese a lanciarci colpi violentissimi distruggendo le colonne che tenevano eretto il Tempio dell'Angelo.

-Corriamo! Presto!- urlai.

Mentre cercavamo di metterci in salvo non ci accorgemmo che il tempio stava letteralmente cadendo a pezzi. Vidi il soffitto cedere, cadere in macerie, il Tempio più non era, si stava trasformando in rovine. Il ragazzo era completamente fuori di sé e non riusciva a calmare la sua rabbia, quella rabbia così terribile che lo spingeva a continuare a lanciare dardi. Io e Aika, eravamo terrorizzate e io non ci speravo più. Stavo per morire? STAVO PER LASCIARCI LE PENNE?

Un masso mi colpì e caddi. Il giovane si avvicinò a me e mi guardò con aria soddisfatta.

-...-

-...Tu-tutto bene, amica?-

Una risata perfida ruppe quella scena.

-Ahahaha, ma cosa pensavate di poter fare, illuse?-

-...N-noi...-

-ZITTA AIKA!- urlai, stanca di tutto ciò.

Il ragazzo mi guardò con aria seria.

-Noi siamo venute qui, da te- dissi alzandomi -perché sei solo.-

-Oh...- E spalancò gli occhi color rubino.

-Siamo venute, anzi, sono venuta, è stata una mia idea, e sai perché? Perché sei solo, non hai amici, e sei diventato cattivo con tutti solo perché...È semplice. Tu sei arrabbiato perché soffri, soffri tanto questa solitudine ingiusta e l'unico modo di sfogarsi per uno come te è uccidere chi ti capita a tiro.-

Ma in quel momento il Tempio crollò, io e Aika-chan ci mettemmo in salvo con una bolla magica di protezione. Vidi il Tempio dell'Angelo cadere davanti ai miei occhi, e mi inginocchiai disperata, alla ricerca di quel ragazzo. Era morto?

-Guarda Gabry!- urlò Aika rompendo il silenzio e indicando il giovane.

Lo aiutammo ad alzarsi, ma ad un tratto i suoi occhi si riempirono di lacrime e mi abbracciò.

-Io non...IO NON SONO COSÌ! ERO ARRABBIATO È VERO...MA IL FATTO È CHE...-

-Lo sappiamo.- sorrise Aika-chan.

-Via, via...- gli dissi amorevole, mentre gli fasciavo le ali ferite.

-...Dovete perdonarmi, io sono un mostro,è anche colpa mia se ho una brutta reputazione, ma adesso...- E il suo volto s'illuminò -Adesso, è tutto finito. Il tempio è distrutto. Voglio venire con voi, anche io voglio vivere avventure.-

Anche il viso di Aika s'illuminò.

-Ah!- e sorrise.

-Ma certo! Ma ora lasciati pulire il sangue. Hai bisogno anche di riposarti.-

-Io non so come ringraziarti, e poi...Ecco, mi dispiace tanto per...Vedi quello che è...-

-Stai tranquillo, e lasciatelo dire, ti avrei fatto da ancella felicissima, sei uno schianto.-

E tornammo a casa.

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Lettera a un Amico


 


elaborato di Sakura-chwan


 



Heirin, amico mio. È passato molto tempo dall’ultima volta che ho preso carta e penna. Probabilmente non scrivo due righe dai tempi dell’Accademia Magica. Ti ricordi? Le risate, gli scherzi, le lezioni per apprendere la magia… eppure ce l’abbiamo fatta. Anche due falegnami come noi sono riusciti a diventare maghi.


Da quando te ne sei andato a causa della malattia, non passa giorno in cui io non pensi al nostro passato e all’amicizia che ci lega e che ci legherà  per sempre. Non potrò mai dimenticarmi del giorno in cui, quando compimmo quindici anni, ci regalammo a vicenda il nostro primo lavoro in legno. Tu mi donasti una spada dai lineamenti ben definiti, io una statuina intagliata nel legno, a forma di civetta, il tuo animale preferito. In quell'occasione, giurammo che avremmo sempre custodito questi doni, in quanto simbolo della nostra profonda amicizia. Ti confesso che non mi sarei mai aspettato che la tua prima opera sarebbe stata una spada, ma forse avrei dovuto intuirlo: sapevi bene della mia passione per le armi. Infatti io ho sempre avuto un corpo massiccio grazie ai miei duri allenamenti fisici, a differenza di te, che eri fragile e cagionevole di salute.


 


Prima della tua scomparsa, la nostra era una vita tranquilla e spensierata. La gente del villaggio era consapevole del possibile risveglio dei cinque Tirannodraghi, ma non aveva mai preso seriamente questa eventualità , e io come loro. Ma tu no, Heirin, e me ne accorsi solo più avanti. Hai sempre cercato di mettermi in guardia, dicendo che il loro risveglio poteva essere imminente. Ma cosa facevo, io? Ti ripetevo in continuazione: “Tranquillo, Rin, i mostri sono ancora dormienti e lo resteranno per molto tempo. Il cristallo magico in cui sono imprigionati è impossibile da infrangere. Va tutto a meraviglia, non vedi? La mattina ci svegliamo, mangiamo, andiamo a lavorare, cacciamo le bestie magiche e ci dilettiamo nell’arte del legno. Com’è possibile che qualcosa vada per il verso sbagliato?â€.


 


Sono stato un idiota, Heirin. Un totale idiota. Non ho mai preso seriamente le tue parole o le tue intuizioni. Iniziai a capire che ciò che dicevi aveva un fondo di verità  solo dopo quella giornata piovosa del 28 novembre, quando il Curatore mi diede la notizia più brutta della mia vita. Scoprii che eri in fin di vita nel tuo letto, e che la malattia, che ti consumava ormai da sei mesi, stava per avere la meglio su di te una volta per tutte.


Raggiunsi il tuo letto e ti vidi, pallido in volto e con le guance scavate. Avvicinai la mia mano tremolante alla tua, e mi accorsi che era fredda. La prima frase che uscì dalla mia bocca fu uno stupido “come stai?â€. Conoscevo la risposta a quella domanda, ma tuttora mi chiedo perché te la posi. “Va tutto bene, amico mio. Vedrai che andrà  tutto beneâ€, ti dissi. Sulle tue labbra si delineò un flebile sorriso; quindi spostasti lo sguardo dalla spada di legno che tenevo sempre con me alla civetta sul tuo comodino, e sussurrasti una frase a malapena percettibile: “Porta anche questa con te. Il momento è ormai prossimoâ€.  Ti guardai, immobile. Le sensazioni di quell’istante non erano descrivibili a parole, e non lo sono nemmeno ora.  In un primo momento pensai che tu ti riferissi alla vita che ti stava per abbandonare, e mi sentii ancora più inutile poiché non ero riuscito a rassicurarti con le mie parole e la mia vicinanza. Quindi vidi i tuoi occhi velarsi, e realizzai che il mio migliore amico se ne era andato per sempre.


 


Passò qualche mese, e anche io iniziai a percepire che c’era qualcosa che non andava nel cristallo magico: la sua aura, una volta limpida e luminosa, ora appariva torbida, contaminata. Compresi che, qualunque maledizione si fosse impadronita del cristallo, oramai lo aveva consumato quasi completamente. All'improvviso tutto mi fu chiaro: tu, che eri sempre stato un mago migliore di me, avevi notato già  da tempo la contaminazione del sigillo cristallino, ma io non ti avevo mai dato ascolto. Capii dunque che, per riparare al mio errore e per onorare la tua memoria, spettava a me e a me solo risolvere la situazione. Strinsi la presa sul ciondolo che avevo ricavato dalla civetta che mi avevi donato in punto di morte, memore delle tue parole, e mi diressi alla Gola dei Draghi Dormienti. 


 


Giunto a destinazione, vidi subito che le condizioni del cristallo erano disperate: il suo colore, da azzurro chiaro, era passato a un viola impuro. Al suo interno, i cinque Tirannodraghi sembravano godere di questa contaminazione. Ormai del tutto svegli, ma ancora immobilizzati dalla forza residua del cristallo, aspettavano solo che quest'ultimo cedesse completamente per potersi liberare. Erano uguali a come ce li descrivevano gli anziani: più alti dei leggendari giganti delle montagne, con enormi fauci, denti grossi quanto una capanna, e ali scure come una notte senza stelle. Il globo nero incastonato nella loro testa, fonte della loro magia, emanava tetri bagliori; vicini a esso, i loro occhi crudeli parevano iniettati di sangue.


Vinto il terrore iniziale, mi avvicinai al cristallo per esaminarlo più da vicino e tentare di fermare la maledizione. Provai a pronunciare un incantesimo, ponendo le mani sul sigillo, ma con orrore mi accorsi che non aveva effetto: anzi, come animata da vita propria, la maledizione aggredì il mio braccio sinistro, contaminandolo. Lo so, Heirin, agii d'impulso: tu non l'avresti fatto. Vedendo la macchia nera che mi aveva lasciato la maledizione nel punto in cui era entrata in contatto con il mio braccio, improvvisamente mi ricordai che era del tutto simile a quelle che ti aveva procurato la malattia sconosciuta. Ma non ebbi tempo di pensarci ulteriormente: un rumore di passi alle mie spalle attirò la mia attenzione, e mi voltai. Immagina la mia sorpresa quando, avvolto in un manto nero, mi ritrovai di fronte il viso conosciuto del vecchio mastro Doron, colui che, fin da quando eravamo bambini, ci aveva insegnato l'arte della falegnameria, e che era sempre stato come un padre per noi. Non avevamo sue notizie da quando, sette anni fa, era sparito senza lasciare traccia. Pensavamo che fosse morto.


 


Mille domande mi affollavano la testa: come mai mastro Doron si trovava in quel posto? Cosa c'entrava con la maledizione? Mi sforzai di mantenere il controllo e svuotai la mente come ci avevano insegnato all'Accademia Magica. Subito molti particolari inziarono a stonare nel volto del vecchio maestro: il colorito spento della sua pelle, il suo sguardo truce e i suoi occhi scarlatti. La persona di fronte a me non era il Doron che conoscevamo. I miei sospetti furono confermati quando egli iniziò a parlare, con una voce cavernosa che sembrava provenire dalle profondità  dell'Inferno. Rivolgendosi a me, disse: “Sapevo che ti saresti presentato; nei ricordi di questo umano che ho posseduto ho visto molto bene la tua impulsività . Scommetto che sei venuto qui anche per trovare risposte sulla morte del tuo amico, vero? Che grande dimostrazione di amicizia! Peccato che i tuoi sforzi si riveleranno inutili: con un’abilità  magica così mediocre, mi libererò di te in un batter d’occhio. Durante la mia lunga esistenza, ho affrontato e vinto avversari molto più forti di te, ultimo dei quali proprio il tuo amicoâ€. A quel punto gli chiesi: “Chi sei, e cosa hai a che fare con Heirin?â€. La sua risposta fu preceduta da una lunga e profonda risata: “Di norma non rivelo il mio nome a coloro che sto per annientare, ma per questa volta farò un'eccezione. Il mio nome è Aeshma, e sono un demone che si impossessa dei corpi degli umani. È da quattrocento anni che, passando di corpo in corpo, cerco di sciogliere il sigillo su questi Tirannodraghi, e ormai ho quasi raggiunto il mio obiettivo. Per quanto riguarda il tuo amico, invece, è stato lui, sei mesi fa, a introdursi qui per intralciare il mio piano, e ne ha pagato le conseguenze: la maledizione, la stessa che ora ti sta consumando il braccio, se l'è portato via. Ma non disperare; presto lo raggiungerai, e inoltre avrai l'onore di essere il primo pasto dei miei nuovi servitoriâ€. Così dicendo, schioccò le dita, e il cristallo alle mie spalle si ruppe. I Tirannodraghi, finalmente liberi, squarciarono l'aria con i loro ruggiti feroci, e iniziarono a dirigersi verso di me. Compresi immediatamente che erano sotto il controllo di quella creatura che, dal canto suo, con la magia plasmò un trono nella roccia e vi si sedette con fare compiaciuto, per osservare più comodamente lo spettacolo.


 


I draghi non persero tempo e passarono subito all'attacco: cinque lunghe fiammate mi sfiorarono, e solo grazie alla mia prontezza di riflessi riuscii a scansarle. In quell'occasione, però, notai che le fiamme dei mostri erano più deboli di quanto mi aspettassi, forse a causa della loro lunga prigionia all'interno del cristallo. Cercai di richiamare dentro di me la magia, ma con orrore mi accorsi che non accadeva nulla: era di sicuro colpa della maledizione sul mio braccio sinistro, che bloccava il potere dentro di me. Pensai disperatamente a una soluzione ma, a parte la spada di legno, non avevo armi da poter usare. In quel momento, mi venne in mente l'unica soluzione possibile: corsi incontro al Tirannodrago più vicino, tentando un attacco frontale.


 


Aeshma emise una risata sadica quando vide il drago mordermi con le sue fauci, troncandomi di netto il braccio sinistro fino alla spalla. Ancora non mi spiego come io abbia fatto a resistere a quel dolore lancinante, so solo che appena il mio braccio venne reciso sentii la magia scorrere nuovamente in me. Ricorsi dunque all'incantesimo che più mi sembrava adatto all'occasione: il Pilastro di Terra. Colonne di roccia uscite dal terreno trafissero i due Tirannodraghi più vicini a me, perforando la loro membrana alare e inchiodandoli alle pareti della cava. I due mostri ruggirono di dolore. Tuttavia, questo unico incantesimo aveva consumato già  quasi del tutto la mia riserva magica, così mi accasciai a terra, ansante. Dal moncherino del braccio, il sangue, che aveva già  formato una piccola pozza ai miei piedi, non accennava a fermarsi. La testa mi girava vertiginosamente a causa dell'eccessiva quantità  di sangue che avevo perso.


 


Gli altri tre Tirannodraghi, avendo assistito alla misera fine dei loro compagni, si librarono in alto e iniziarono a volare in cerchio attorno a me, come avvoltoi che pregustano il pasto. A un tratto, tutti e tre vomitarono fiamme verso il punto in cui mi trovavo. Impiegai tutta la mia magia rimasta per erigere una barriera magica, ma, nel momento in cui le fiamme vi impattarono contro, realizzai che non avrebbe resistito per più di un minuto.


 


Sentivo la fine vicina, Heirin, e se una parte di me voleva disperatamente aggrapparsi anche all'ultima speranza data dal muro magico che ancora reggeva, un'altra agognava invece ad arrendersi, a smettere di combattere per la vita e a lasciarsi inghiottire da quel caldo abbraccio di morte. Desideravo abbandonarmi a quell'oblio, per dimenticare il fatto che ancora una volta non ero riuscito a fare nulla, che non ero nemmeno stato in grado di vendicare il mio migliore amico.


 


Quando tutto sembrava perduto, però, il ciondolo della civetta che avevo al collo iniziò a brillare, così come la mia spada. Solo allora mi accorsi che il ciondolo era carico di magia, e che la spada stava reagendo a quest'ultimo. Tutto mi fu chiaro: le tue parole in punto di morte, il tuo sguardo rivolto verso la mia spada e la civetta, e il modo per sconfiggere i nemici che avevo di fronte. Sentii una nuova forza scorrere in me. L'emorragia al braccio si fermò. Mi alzai in piedi, sguainai la spada, ormai non più di legno, ma trasparente come il più puro dei cristalli. In quel momento il muro magico che avevo eretto si infranse, ma le fiamme non mi toccarono: era troppo alta la concentrazione magica della spada. Sollevai l’arma e gridai il nome dell'incantesimo: “Sigillo della Risonanza, Nova!â€. Una luce bianca illuminò a giorno la cava e travolse i cinque Tirannodraghi, imprigionandoli di nuovo in un cristallo, dal quale non si sarebbero mai più liberati. Abbassai quindi la lama cristallina, e i draghi sigillati si frantumarono insieme alla loro prigione, svanendo senza lasciare traccia.


 


Mi voltai a guardare Aeshma: ancora seduto sul trono di roccia, aveva dipinta in volto un'espressione di odio misto a stupore. “Come hai osato? Come hai potuto?†disse, alzandosi e venendo verso di me. “Il mio piano... il piano che stavo progettando da quattrocento anni...†mentre avanzava, un globo di fuoco nero gli apparve nella mano, “COME HAI OSATO?!â€. Scagliò il globo contro di me, ma io riuscii a defletterlo con la spada. L'espressione sul volto del demone mutò ancora, trasformandosi in disperazione. Pensai che doveva essere la stessa espressione che avevo io quando i draghi stavano per incenerirmi, e osservai la creatura davanti a me, che ora appariva così indifesa, e per un attimo mi chiesi se valesse davvero la pena ucciderla. Tuttavia, subito dopo ripensai a tutto il male che aveva fatto, a tutte le persone che aveva fatto soffrire per perseguire il suo scopo malvagio, tra cui il vecchio Doron e te, Heirin, amico mio: in quel momento capii che non potevo perdonarlo. Attingendo al potere della spada, mutai la sua forma in una lancia e la scagliai contro il demone. Sentii un dolore al petto e mi sforzai di non pensare che il corpo che la lancia aveva appena trapassato era quello del mio maestro. Il demone, sconfitto dalla magia del cristallo, abbandonò il corpo di Doron, dissolvendosi nel nulla. Alla fine di tutto, credo di aver pianto, un pianto di sollievo per la vittoria conseguita, ma allo stesso tempo di dolore per tutto quello che la battaglia appena conclusa aveva significato per me. Dopodiché, stremato, persi i sensi.


 


Mi risvegliai a casa mia. Non so quanto tempo fosse passato dalla battaglia, ma la ferita sul mio braccio era stata fasciata, e vicino al mio capezzale erano poggiate la spada di legno e la civetta. Mi alzai in piedi, ancora un po' confuso, e presi carta e penna. Per qualche ragione, mi sentivo in dovere di scriverti questa lettera. Credo che non mi spiegherò mai chi o che cosa mi abbia riportato a casa.


Perciò, Heirin, amico mio, ovunque tu ti trovi ora, spero che queste mie parole ti raggiungano. Veglia su di me da lassù; io, dal canto mio, continuerò a portare sempre con me la spada e la civetta, perché sono i simboli dell'indissolubile amicizia che ci lega.


 


Con affetto,


                                                                            Stein.



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Nome dell’autore: Freak


Titolo: Ah che bello l'andar all'avventura!


Elaborato: 


Oh che bello, lieto è questo giorno, il giorno in cui finalmente potrò all'avventura andar. Ma una scelta ardua mi tocca far, cosa più mi aggrada tra la magia usar, le bestie cacciar ed il combatter. Ma a questa scelta la risposta è che usar la magia, più mi allieta del cacciar e del combatter. Allorché questa scelta fatto ho, mi diletterò nella magia adoperar. Ma non per sempre la magia userò, quando di esser mago stanco sarò, nell'alchimia mi cimenterò e bravo diventerò. E così finisce la mia breve poesia, in cui regnano magia e alchimia.


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Nome dell’autore: Pucci

Titolo: "Il gusto oltre la vita"

Elaborato:

Gnocchi di carne al maiale, gulash suppe, minestra di scalogni e formaggio, zuppa di cipolle: tutte cose che forse non avrei mai più cucinato per il resto della mia vita.
   Era strano pensare a come, ad un passo dalla morte, l'unica ed inevitabile squisitezza che la mia mente andasse cercando fosse il cibo. Non erano le donne, che superficialmente cadevano ai piedi di tutti i paladini come me, che avrei desiderato rincontrare nell'aldilà . Non erano i vecchi e cari amici. Nemmeno era la mia patria, che servivo fedelmente da vent'anni.
   No, tutto ciò che sognavo era solo di risvegliarmi per dare ordini ai miei sottoposti nelle cucine reali, quelle stupende cucine piene di finestre dalle quali, nei momenti di pausa, potevo osservare il porto, luogo in cui concludevo affari importanti con i pescherecci, comprando intere casse di pesce a prezzi ridicoli.
   Le donne sì le avevo sempre attirate con il mio nome da paladino, ma ciò che le conquistava veramente, e che dunque faceva sì che esse scivolassero completamente avvolte dalla passione sotto le mie lenzuola, era il mio modo di cucinare. Così i miei piatti li gustavo per mezzo delle loro lingue esperte, e il sapore che conquistava tutte, conquistava anche me per mezzo dell'assaporazione del loro palato.
   I miei amici, che invece non desideravo rincontrare dopo la mia morte, erano stati proprio coloro che mi avevano trascinato in quella situazione terribile, lontano dal mio mestiere di cuoco, lontano dalla mia confortevole città , in nome della mia rinomata capacità  alle armi.
   Ero un paladino, e semplicemente non potevo rifiutare di partire. Che figura ci avrei fatto con Katrina, Rosalie, Elizabeth e Aurora, se mi fossi rifiutato di andare a caccia di streghe? Del parere del re poco mi importava. Quell'uomo era un buonannulla, bonaccione, incapace di regnare. Fu dispiaciuto tanto quanto le mie amanti della mia partenza, poiché quello che gli toccò mangiare nelle settimane successive al salpaggio della mia nave, furono ciò che posso tranquillamente definire delle vere schifezze.
   Ma colui che se la passò veramente male fui io. Una volta giunti all'isola in cui si trovava la strega Zaphanura, infatti, mi fu risparmiata la vita unicamente per assistere alla morte dei miei compagni arrostiti e poi mangiati dalla terribile donna.
   Non appena avevamo messo piede sulla terra ferma, eravamo caduti nelle trappole nascoste nel terreno. Invidiai molto i soldati che morirono subito, trafitti dalla lancia di Zaphanura, che forse per incuterci ancora più timore indossava una maschera di legno decorata. Quegli uomini furono scartati e gettati in mare, e mentre osservavo i loro cadaveri essere portati al largo, non sapevo ancora quanta fortuna avessero avuto.
   Quelli che la strega, invece, considerò buoni da mangiare, furono bruciati vivi, e poi divorati. Io sapevo che sarei stato l'ultimo.
   Non potevamo muoverci dalla buca del terreno, non avevamo cibo né acqua, e il terrore ci stava sopraffacendo. Qualcuno tentò di togliersi la vita invano, qualcun altro ci riuscì. La puzza di morto e degli escrementi, che cercavamo di espellere il meno possibile, diventò insopportabile, quando rimasero vivi solo dieci di noi.
   Un giorno la strega si rivolse a me. Pensai che fosse giunto il mio turno di essere divorato, e dissi le mie ultime preghiere, ma Zaphanura si limitò a dirmi:
   "Tu sei un bell'uomo, pertanto ti lascerò per ultimo".
   A differenza di quel che si può pensare, non fui affatto sollevato da quella frase. Anzi, mi sentii ancora di più sotto l'attenzione della terribile donna, e fui ancora più spaventato. Mi ero preparato a morire. Volevo morire. Nell'aldilà  perlomeno avrei cucinato ancora.
   Tuttavia, rimasi vivo ancora a lungo, molto più di quanto mi aspettassi da me stesso.
   Quando morì anche l'ultimo uomo, il mio caro amico Geoffrey, con il quale piansi, prima che fosse afferrato e ucciso dalla strega, io fui liberato.
   Quando, privo di forze, riuscii ad uscire dal buco maleodorante in cui ero stato per giorni interi, vidi due cose.
   Alla mia destra c'era Zaphanura, seduta tranquillamente su una roccia, sulla quale mi sarei volentieri scagliato, per ucciderla a mani nude, vendicando tutto ciò che aveva fatto ai miei compagni e a me. Tuttavia, alla mia sinistra, vi era steso a terra una tovaglia ricolma di cibo.
   Pane, uva, formaggio, carne di cinghiale, acqua e vino mi aspettavano da una parte, mentre dall'altra la vendetta. Piansi e chiesi perdono ai miei compagni morti, quando spinto dall'istinto di sopravvivenza mi fiondai sul banchetto. Meritavo che fosse avvelenato. Meritavo di morire nel peggiore dei modi, ma così non fu. Forse fu per la fame di giorni di digiuno, ma trovai tutto squisito. Prima avrei mangiato, poi avrei ucciso la strega, e forse mi sarei suicidato per aver tradito i miei compagni col cibo.
   Quando finii di mangiare, però, la strega si tolse la maschera e sotto vidi il più bel volto di donna che avessi mai visto. Superava di gran lunga tutte le mie amanti, per quanto belle fossero.
   Dovevo ucciderla, ma era una dea. Era giusto che un paladino uccidesse una dea? Sarebbe stata inoltre un'azione possibile?
   Prima che potessi muovere un solo passo verso di lei, ella lasciò cadere la veste, mostrando di possedere un corpo perfetto. Il nettare della vita, dell'eros, erano presenti in quelle forme. Il più grande desiderio di ogni uomo era racchiuso in quel corpo.
   Zaphanura si lisciò i capelli corvini con una mano, e poi, con una rapidità  sovrumana si avvinghiò   a me, baciandomi con passione. Io ricambiai. Il contatto con lei mi fece dimenticare della rabbia che provavo nei suoi confronti, quasi pensassi che una creatura tanto divina non avesse potuto commettere quella strage di uomini.
   Ad un certo punto, però, ella interruppe il piacere mordendomi la lingua, e staccandomela di netto.
   Ecco la giusta punizione per essere stato troppo goloso nella vita. Non avrei mai più sentito i gusti. Ora sì che valeva la pena di morire.
   Zaphanura si alzò di scatto mentre mi rotolavo per terra dolorante, e sputò la mia lingua per terra.
   "Torna al tuo regno e dì al tuo re" disse la strega. "Che l'uomo che prova a zittire una donna rimarrà  senza voce. Descrivigli cosa ho fatto ai tuoi compagni, e che non provi più a mandare i suoi soldati nella mia isola!".
   Detto questo, sparì nel nulla.
   Avevo tradito i miei compagni e la mia patria, e ora avevo perso ciò che avevo di più caro.
   Sanguinante, mi trascinai verso quel che rimaneva della mia lingua strappata, che ora giaceva a terra. La presi con entrambe le mani e me la infilai in bocca. Si diceva che nell'aldilà  il corpo arrivasse tale e quale a come era morto, e io desideravo ancora cucinare nell'altra vita, per assaporare di nuovo il cibo. Così, mi stesi a terra e mi lasciai morire.
 

 

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Il mio nome è Lorry. Ho 18 anni. Siamo sei fratelli nella mia famiglia: Io sono il più piccolo. Nostro padre morì quando avevo 2 anni. Purtroppo non lo conobbi abbastanza, ma dai ciò che mi dicono i miei fratelli era un grand’uomo che tagliuzzava gli alberi come un gran taglialberi. Sì, come mio padre, e i miei fratelli, sono un taglialegna. Nella nostra società  siamo coloro che forniscono il materiale per produrre calore e alimentare la maggior parte delle cose in città  come i camini o i forni. Fin da piccolo, il mio più grande desiderio è diventare un Paladino!


Da qualche anno, la città  è caduta in mano ad un uomo losco. Il suo nome è Lucius. Lucius, ricco uomo d’affari e abile nelle armi, prese il comando del villaggio con la forza, inviando le sue truppe armate. Non avendo alcun tipo di arma non potevamo ribellarsi. Nel suo egoismo trascura i bisogni dei cittadini, sfruttandoli fino allo stremo delle forze. Siamo stanchi di questa situazione e ho deciso di intraprendere un viaggio affinché trovi la Spada del Sole e, con la sua potenza, liberi il mio villaggio da questo malvagio.


 


FLASHBACK: Formazione Paladino



 


Il mio più grande sogno è diventare il Paladino più importante della storia. Avendo 16 anni non sarà  facile per me ambientarmi, visto che sono circondato da persone molto più grandi di me. Grazie ad un Test, passato con il massimo dei voti, sono risultato idoneo a questa classe in cui l’età  media è di 22 anni! Nonostante ciò, sono pronto a superare tutte le difficoltà .

Oggi è il primo giorno, mi siedo al primo banco. Nella prima lezione neanche vengono effettuate presentazioni, si passa subito alla teoria. “La spada va impugnata saldamente dal manico nella mano destra, se si è destri, sinistra se si è mancini. Il tipo di attacco preso in esame in questa lezione è il fendente. Esso parte dall’altro e si conclude in avanti, contro il nemico. Lo scudo, invece, nel pugno sinistro o, chiaramente destro se mancini. Inizialmente lo troverete scomodo, ma esso non solo è strumento fondamentale per la difesa e la sopravvivenza, ma può anche diventare un’arma. Volete un esempio?†Ed ecco che il professore, dall’aspetto goffo e impacciato, mi chiama alla cattedra. Senza mostrar un minimo di esitazione mi alzo e mi dirigo verso di lui. Mi porge una spada, io la impugno, essendo destro, nella mano destra. Lui tiene lo scudo. “Attaccami con un fendenteâ€, mi dice. Non avevo mai maneggiato una spada. Feci partire il fendente (o come meglio credevo si facesse) e lui si difese con lo scudo. “Ottimo fendente! Ora di nuovo...â€. Riattacco il maestro ma questa volta, con lo scudo, mi sbalza l’attacco (tecnica definita ‘parry’) e contrattacca con lo stesso scudo, mandando a vuoto il colpo per non ferirmi. “Bene, eccovi la dimostrazione. Sfruttate a pieno ciò che avete tra le mani, gli ambienti e il clima a vostro favore e riuscirete a vincere!†Così conclude la lezione. Nell’ora successiva ho ‘Combattimento’. Non si svolge all’interno di un’aula bensì all’esterno, in una zona dedicata appositamente ad esso. Sono presenti pupazzi per gli attacchi, cerchi con i punti per il tiro con l’arco e molti altri attrezzi. Il nuovo insegnante, muscolo e possente, con tono fragoroso come un tuono esclama: “Prendete le spade di legno, le trovate vicino le armature e le spade di ferro. Oggi, come prima lezione, dovrete imparare ad usare la spada correttamente. Formate delle coppie!†Mi avvicino ad un altro ragazzo, più grande di me, avrà  circa vent’anni. “Scegliete chi attacca. Questo dovrà  sferrare un fendente contro l’avversario che invece dovrà  parare il colpo. Successivamente passeremo ai parry.†Decidemmo che io mi sarei difeso, l’altro avrebbe attaccato. Quando giunse il suo fendente non riuscì a pararmi in tempo e la spada mi colpì in faccia. Che dolore! L’insegnante sopraggiunse e mi disse: “Sei molto giovane, dovrai impegnarti altrettanto per superare il Test finale che dovrai affrontare alla fine dell’anno per diventar Paladiniâ€. Terminata la lezione, tornai a casa e mi misi ad intagliare una spada di legno per allenarmi anche fuori scuola.


Venne il fatidico giorno del test. Era passato un anno di duri allenamenti e soddisfazioni ma ora era il momento più importante. Ero molto nervoso. La prova da affrontare si svolgeva in un’arena e consisteva nello sconfiggere un piccolo di drago catturandolo senza ferirlo. Possedevo uno scudo che proteggeva dal fuoco, un laccio con il quale eventualmente chiudere le fauci del drago e la rete per catturarlo. La prova iniziò. Notai subito l’atteggiamento scontroso del drago. Appena iniziai a muovermi scagliò roventi fiamme, le quali superai grazie allo scudo. Non appena mi avvicinai sferrò una zampata che riuscii a schivare con una rotolata. Ero troppo lontano per lanciar la rete e catturarlo, dovevo avvicinarmi. Iniziai a studiare l’arena. C’erano una fila di rocce, facilmente scalabili e una che spiccava fra tutte. Decisi di salire su di essa per controllare i movimenti del drago. Corsi dietro le rocce, che le fiamme del drago colpirono. Scalata quella più alta, raggiunsi la cima. Il drago, osservandomi stupito per il poco tempo con il quale raggiunsi la vetta, si avvicinò con il muso per lanciar le sue fiamme. Appena la distanza fu sufficiente, saltai sul suo muso. Con la corda chiusi le sue fauci e quando cadde a terra, lo imprigionai con la rete. Venni premiato con la lode e ottenni riconoscimenti per la velocità  dell’esecuzione, il coraggio e la bravura. L’esaminatore del Test mi fece i complimenti.



 


Avventura!!



Finalmente la mia avventura poteva iniziare. Per sconfiggere Lucius dovevo trovare una la “Lama del Soleâ€. Forgiata dal fabbro del dio Sole, nel quale incanalò parte dei suoi poteri, la spade conferiva una potenza incredibile. Era situata nelle fredde terre di ghiaccio all’interno di un castello. Salutati tutti i miei fratelli e mia madre, mi diressi lì.


Durante il giorno il freddo si sopportava, ma stava per calare la notte e dovevo ancora trovare del cibo. Scovai due tronchi d’albero di corteccia diversa. Grazie alla mia dote di falegname li distinsi e usai il legno più idoneo per creare calore. L’altro tipo lo utilizzai per costruire una tenda. Mentre poggiavo il telone per coprire la struttura, sopraggiunsero dei lupi. Presi la mia spada. I lupi erano 4 e mi circondarono in poco tempo. Attaccarono simultaneamente. Schivando i loro morsi conficcai la spada in uno di loro che gemette. Di colpo, i 3 lupi rimanenti se la diedero a gambe. Cucinai la carne del lupo e la mangiai.


Nei giorni seguente, fortunatamente, il tempo andò via via migliorando. Ero giunto al castello. Era immenso, le porte mastodontiche sicuramente si sarebbero aperte grazie ad un marchingegno. All’entrata c’erano due guardie. Mi improvvisai un mendicante e chiesi se potevano farmi entrare. Le guardie senza dare un accenno di bontà  d’animo risposero che non potevano. Domandai cosa ci fosse dentro il castello, ma questi non proferirono parola. Capì che l’unico modo per entrare era da una delle due finestre sulle pareti della struttura, probabilmente unico punto dal quale entrava luce solare. Mi arrampicai dal lato opposto dell’entrata, in modo tale che le guardie non mi avessero visto. Usai le zanne di una tigre dai denti a sciabola, uccisa giorni addietro. Raggiunta la finestra, la ruppi ed entrai. Era una stanzetta nella quale era presente un letto e molti libri. Uscii dalla stanza e davanti a me trovai una lunga scalinata a chiocciola. Senza indugiare, scesi. La scala terminava al centro di un ampio salone, ma anche qui, non c’era traccia di una persona. Cercai di capire dove fosse nascosta la spada, ma, voltandomi, la vidi davanti i miei occhi. Era all’interno di un vetro, come se fosse lì per esposizione. Mi avvicinai con discrezione e cautela. Tolsi il vetro e portai la mano in vicinanza all’elsa della spada. Quando tentai di sollevarla non ci riuscì. Era strano, non sembrava affatto pesante, doveva esserci qualche magia. D’un tratto arrivò un uomo. In fretta e furia risistemai il vetro e mi nascosi. Era anziano, aveva una barba molto lunga, fino alle caviglie. Raggiunta la spada, mai pensai potesse sollevarla, e invece… senza alcuna esitazione o forza riuscì ad impugnarla e rotearla. “Vorresti imparare ad usarla, non è vero?†Rabbrividii. “Esci fuori, fatti vedere!â€. Impugnata la spada e lo scudo, mi alzai. “Salve, io sono Lorry, son venuto qui per prendere la spada, tornare nel mio paese e scacciare il potente imperatore che da anni minaccia la nostra popolazione. Posso sapere il suo nome?â€. “Il mio nome non le interessa, è palese. Le sue ambizioni sono nobili, ma il suo cuore? Per maneggiare questa spada non serve forza fisica, ma forza d’animo, concentrazione, coraggio. Tutte caratteristiche fondamentali per il re dei Paladini. Posso insegnarle a maneggiarla, se vuole…â€. “Cosa vorrebbe in cambio?â€. “Nulla. A condizione che farai ciò che mi hai appena detto e ti limiterai a questoâ€. “D’accordo, il mio desiderio è quello di liberare la mia terra dal male.â€


Passarono mesi di duro lavoro ma finalmente riuscì a maneggiare la spada come dovuto. “Ora sei pronto†disse l’anziano signore, del quale ancora non sapevo il nome. “Puoi ripartire.â€. “Grazie infinite, Maestro, ma la prego, mi riveli il suo nome†dissi. “Non e così, ripartii per casa. Viaggiando per giorni raggiunsi la mia terra natale. Salutai i miei fratelli, che mi comunicarono la morte di mia madre. Colmo d’ira per la perdita, mi diressi verso il castello di Lucius. Senza timore uccisi i dieci soldati a guardia della porta, presi le chiavi dal taschino insanguinato di una di loro ed entrai. Altre dieci guardie, bene. Ignare mi corsero contro cercando di uccidermi, ma non poterono nulla contro me e la mia spada. Raggiunsi la cima del castello, trovai Lucius seduto sul trono, le braccia stese sui braccioli, corona sul capo, scettro in mano. Si alzò ed estrasse la propria spada. Sembrava colma di potere ma diverso dalla Spada del Sole. La mia brillava di una luce chiara intensa, la sua sembrava intrisa di oscurità . Senza proferire parola, iniziammo il combattimento. Lucius sferrò una serie di colpi che riuscii a parare, poi tocco a me, lui però li schivò tutti. Ad ogni colpo le due lame liberavano energia di luce e di tenebre. Il maestro mi insegnò la tecnica più potente da utilizzare con quella spada. Mai la praticai, neanche con lui, conoscevo solo l’esecuzione. Si chiamava “One hearth, one swordâ€. Utilizzare quell’attacco avrebbe portato quasi sicuramente alla morte ma permetteva di liberare tutto il potere della spada. Solo il “prescelto†sarebbe sopravvissuto. Lucius iniziava a prendere il sopravvento, io mi stancavo sempre più mentre la sua forza aumentava.


Era il momento. Non mi importava sacrificare la vita. Volevo liberare il mio paese, nel quale ero nato. Nel quale avevo perso il padre. Nel quale ero cresciuto con i miei fratelli e mia madre, ora persa anche quella. Nel quale ero diventato Paladino e per il quale sono partito per trovare questa spada. Quando mi allontanai il dovuto per non essere attaccato da Lucius, conficcai la lama nel cuore. Non provai dolore, come mi preannunciò l’anziano, solo un gran senso di libertà , forse mi stavo avvicinando alla morte… Al mio risveglio mi ritrovai sotto delle macerie. Vidi i miei fratelli che mi riesumarono dai resti. Lucius era morto, il villaggio era salvo e ora tutto poteva essere ricostruito. <3



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Nome dell’autore: NoelFurokawa


Titolo: Sacrificio


 


Elaborato:


 



 


Prologo


 


“Mia cara e dolce fanciulla!†la voce della vecchietta si è rotta. Intorno a lei aleggiano strani fumi, come d’incensi. La signora è minuta e piangendo si fa ancora più piccola, come se volesse sparire.  Anch’io vorrei fare lo stesso. Vorrei fuggire, scappare via, ma non mi è concesso. Sono la persona che salverà  il mondo, ma a che prezzo? Non sono pronta a pagarlo.


“Noel … So che sarà  difficile, ma sei l’unica speranza che il mondo ha! Sei l’ultima spiaggia!†l’anziana signora m’intenerisce. Il mondo ha riposto male le sue speranze.


“Non posso! Non posso sacrificarmi! E poi per fare cosa? Per salvare il mondo? Questa è una responsabilità  troppo grande!†la mia voce è scossa dalla rabbia e dalla paura e, nel silenzio che segue, la signora mi guarda con occhi tristi e sconsolati.


“Se questa è la tua scelta, va bene! Sappi che la profezia si avvererà ! Accadranno cose che il mondo non potrà  affrontare! L’unico modo che hai per salvare tutti noi è creare la pozione della salvezza! La formula la sai, dato che ti ho istruito a dovere! Nessun altro mago può farlo! Solo tu poiché hai sia un cuore puro sia abilità  di alchimista che nessuno ha mai avuto! E ora vai fuggi! Sappi solo che il mondo alla fine avrà  bisogno di te e non potrai tirarti indietro!â€


 


Sacrificio


 


Sono passati diversi mesi da quando ho iniziato la mia ricerca. L’anziana signora aveva ragione. Il mondo sta declinando. Guerre, carestie ed epidemie stanno lacerando la nostra Terra. Il sudore delle mani rende la mia scalata ancora più faticosa. Il vento ulula alle mie spalle, muove il mio mantello e fende il mio viso con crudeltà . Non mi arrendo. La cima del Picco Khyon sovrasta le nuvole, ma dovrei essere vicina alla meta. Il panorama da qui su è imponente. Riesco a vedere boschi lussureggianti, montagne, pianure e in lontananza, sulla destra, un oceano azzurro come il cielo. Questa parte della Terra non è stata mai esplorata. Sono la prima maga ad aver raggiunto questo angolo remoto del nostro pianeta. Il mio bastone magico m’impedisce dei movimenti più sicuri, ma preferisco averlo a portata di mano. Continuo la mia scalata, il sudore m’imperla la fronte e il mio respiro si condensa in nuvole candide.


 


Finalmente ho raggiunto la meta. Respiro a fatica. Mi guardo intorno e, anche se la neve rende tutto omogeneo e immacolato, riesco a trovare il tempio. M’incammino verso la costruzione. I battiti del mio cuore aumentano vertiginosamente. Le mie emozioni si comprimono in un unico grande agglomerato pronto a esplodere da un momento all’altro. La curiosità  mi divora come una bestia famelica che, assetata di sangue, azzanna la sua preda. Le porte del tempio sono protette da un incantesimo. Non posso arrendermi ad un passo dalla meta. Convoglio tutti i miei poteri nella pietra azzurra che sovrasta il mio bastone magico. Intorno a me brilla un cerchio azzurro con antichi disegni, simboli d’incantesimi magici. Richiamo il mio potere e la neve inizia a sciogliersi confluendo intorno al cerchio. Creo una colonna d’acqua e la indirizzo verso la porta. Il sigillo si spezza e l’incantesimo, che protegge le porte, svanisce.  Mentre mi avvicino all’entrata inizio a ripensare a tutto il viaggio che ho fatto per arrivare fino a qui. Una lacrima solca il mio viso mentre la mia mano spinge la porta.


 


Uno spettrale bagliore violaceo mi accoglie nella sala. Sulle pareti vi sono delle fiaccole. Fiamme viola illuminano tutta la stanza. Davanti a me c’è una scalinata. Da qui riesco a scorgere la porta che si trova al piano superiore. Mentre mi sposto verso gli scalini noto che sulle pareti vi sono dei bassorilievi. Guardandoli meglio capisco che illustrano la profezia. Inizio a osservarli e noto che alla fine, all’interno di uno di questi bassorilievi, ci sono anch’io. Tocco la mia figura e inizio a piangere. Forse non sono ancora pronta a questo grande passo. Arrivata fino a qui, non posso più tirami indietro. Raggiungo la scalinata e inizio a salire i gradini. Le gambe vacillano sotto il mio peso. Sono agitata. La porta non ha incantesimi, è aperta. Varco la soglia.


 


La luce è accecante. Sono di nuovo all’aperto. La neve è scomparsa e sembra di essere in un giorno soleggiato di primavera. Una brezza leggera mi accarezza il viso e il sole mi riscalda con i suoi raggi tiepidi. La luce si rifrange su un ruscello. I miei occhi si devono ancora abituare al riverbero. Sento degli uccellini cinguettare e sono serena. Ora riesco a vedere meglio e scorgo l’albero enorme che domina l’area. Mi trovo in un giardino zen. L’albero, al centro del giardino, è una pianta che non è mai stata catalogata. Per l’alchimia i frutti che crescono su quel vegetale sono tra gli ingredienti più rari. Finalmente ho trovato anche l’ultimo ingrediente.


 


Ho aspettato mezzanotte. L’incantesimo che voglio lanciare questa notte richiede molta energia. Inoltre, devo stare particolarmente attenta, una sola parola sbagliata e tutti gli ingredienti saranno persi per sempre. Non posso rischiare. Devo essere concentrata. Inizio a incanalare i raggi della luna nel mio bastone magico.


“Selynios, Eos, Helyon! Sonys den ckyelon tantareunil lyn patrobula dekku vylatie!†le parole magiche fuoriescono dalla mia bocca e, dopo essere scomparse nell’aria, riappaiono sottoforma d’incantesimo. La pietra azzurra incastonata sul mio bastone ha assorbito i raggi lunari. Ora li devo trasformare in siero. “Selynios, dalmatia kyronibola! Atectorimna ylantia gaviantore!†la mia voce è chiara e limpida come le stelle che risplendono nella volta celeste sopra di me. Finalmente ho tutti gli ingredienti, non mi resta che unirli. Mi avvicino all’albero e colgo uno dei suoi meravigliosi frutti.  Mentre osservo, con attenzione, i movimenti del cielo notturno raccolgo la mia energia creando un cerchio magico. Inizio a unire gli ingredienti.


 


Dopo diverse ore riesco a ottenere la pozione. Il liquido è di colore celeste con lievi sfumature lilla. Ricorda molto l’aurora boreale. Rimango incastrata in alcuni pensieri e dopo essermi fatta coraggio, bevo la pozione.


 


Epilogo


 


Mi sono sacrificata.


I miei sogni si sono spezzati.


Niente felicità , niente amore, ma soprattutto niente vita.


 


Sono morta.


Ma come mai continuo a pensare?


Come mai riesco a parlare e scrivere?


 


La risposta mi ritorna alla mente come le onde del mare ritornano ad esso.


La mia anima è nell’albero che nessuno è mai riuscito a classificare.


L’albero della vita e della morte.


 


Il mondo è salvo.


Questo lo so.


La morte mi ha reso onnisciente.


 


La Terra è viva.


Ma io?


Che cosa ho ottenuto?


 


Forse nulla.


O forse tutto.


Il mio cuore è per metà  nero e per metà  bianco.


 


Ho amato la mia vita.


Rifarei tutto, ancora una volta.


Mi sacrificherei ancora.


 


Ora che ne sarà  della mia vita?


Che ne sarà  della mia morte?


Continueranno, insieme.


 


Sì.


Perché la vita ingloba la morte.


E la morte fa parte della vita.


 


Quindi ora?


Cosà  farò?


 


Ora vivrò la morte, come un fiore che rinasce dopo l’inverno.


 



 


Ci tengo a dire che le parole in grassetto e in corsivo nell'epilogo sono fatte per dare maggiore risalto.


(Mi sono ispirato alle frasi di Kingdom Hearts che appaiono e scompaiono LOL)


 


Nulla ^^


Spero che il mio racconto vi piaccia e buona fortuna a tutti ♥


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Nome dell'Autore: Sasuke-kun


Titolo: Lungo la Via della Redenzione


Elaborato:


 



Sono qua, seduto su una collina della landa di Likarn; osservo il calar del giorno e ripenso alla mia vita. Posso solo narrarvi un cumulo di scelte sbagliate e occasioni perse di cui, ahimé, ricordo ogni momento. Mi presento, sono Torman, un mercenario. Mio padre era uno di quei giovani nobili di buona famiglia, insopportabilmente coccolati dal destino, avviati verso il più insolente avvenire. Di mia madre, invece, posso dirvi poco o nulla: perse la vita durante il mio parto e nessuno mi parlò mai di lei.


 


Oggi ho scelto di raccontare il mio viaggio nella terra di Zerth, una landa tetra e malinconica dimenticata dagli dei. Non fu uno dei soliti incarichi dove mi veniva richiesta l'esecuzione di qualche nobile che aveva fatto infuriare la persona sbagliata, bensì di ritrovare una pietra che all'avvenire della notte poteva rendere immortali. Non riuscii mai a capire perché le persone desiderassero la vita eterna. Vivere ogni giorno vedendo le anime dei propri cari andarsene con il conseguente amaro della vita che ti rimane dentro, è una punizione divina che molti si vorrebbero autoinfliggere.


 


Mi alzai all'alba, consapevole che il mio destino era passato dalle mie mani a quelle del fato: il mio viaggio alla ricerca della pietra era iniziato. Appena partito a cavallo, mi diressi verso il bosco più vicino per cercare un fiume in cui pescare. Mi misi all’opera all'alba, rilassato e ignaro di quello che sarebbe successo poco dopo. Durante la pesca venni assalito ferocemente da una tribù del posto, ma non ebbi scelta: il mio viaggio doveva proseguire. Tirai fuori la mia amata spada forgiata con il metallo più resistente al mondo e decapitai l'intera tribù saccheggiando quel poco che trovai. La sera mi rintanai in una grotta per sopperire all'avvento del freddo invernale.


La mattina seguente ripresi il mio viaggio lungo una stretta via che conduceva al portone di confine. Una volta superato, vidi in lontananza la terra dei giganti, un posto magnifico dove passai la mia gioventù ad allenarmi e a imparare l'arte della spada. Una volta arrivato, mi sentivo a casa: una sensazione che non provavo da molto tempo. Mi accolse Hurk, colui che mi ha cresciuto e addestrato come se fossi suo figlio, una persona a cui devo tutto. Il villaggio era sempre accogliente e ospitale, anche se la fauna che lo circondava non era più rigogliosa come una volta. Passai la notte a bere e a combattere come i vecchi tempi, consapevole che questi momenti di felicità  e allegria difficilmente avrei potuto riviverli.


 


Il giorno seguente partii subito per quella che era la mia meta. Giunto alla landa, mi flagellai di pensieri. Durante i miei passati incarichi percepivo come una sensazione di quello che stavo per vivere, ma questa volta fu diverso: giunto al di fuori delle mura della fortezza, riuscivo quasi a toccare con mano la disperazione e l'oscurità  che avvolgevano quel posto. Mi accolsero cinquanta uomini e dovetti accettare senza molta scelta l'invito del padrone della fortezza. Durante il tragitto, notai la tristezza di quel luogo, e in quel momento qualcosa dentro di me si smosse: presi la decisione di porre fine alla tirannia di questo posto. Tirai fuori la spada per quella che fu la mia ultima battaglia e uccisi a sangue freddo almeno una trentina di uomini. Una volta varcato il portone per la sala principale, mi sentii come all'Inferno, dove ogni mio peccato tornava per vendicarsi, e fu lì che lo vidi. Il leggendario Cerbero. Fu una lotta feroce dalla quale uscii martoriato, uno scontro doloroso e faticoso. Ma in quel momento il dolore che provavo non era comparabile alla sofferenza delle persone che abitavano nella fortezza, persone alle quali era stata negata la libertà  di affrontare una sfida così infausta ma gratificante come era la vita. Giunto nella stanza del padrone, nessuna parola fu necessaria. Incrociammo gli sguardi, mi donò la pietra dell’immortalità  e mi disse che avrebbe dimenticato tutto se la avessi presa e me ne fossi andato senza mai più far ritorno. Non voletti credere alla sue parole fredde e senza pietà , e lo trafissi al petto con la spada, ma senza accorgermene lui fece lo stesso.


Mi ritrovai disteso al suolo: sapevo che la mia vita di uccisioni e saccheggiamenti non poteva essere assolta per un unico gesto benevolo, ma almeno prima della fine avevo avuto l'onore di apprezzare un atto di umanità  verso il prossimo, privilegio che non mi fu mai concesso.


 


Qualche ora dopo mi ritrovai disteso nel letto del curatore di Likarn. Ero vivo, e decisi che avrei passato quel che mi rimaneva da vivere alla ricerca della redenzione per i miei peccati.


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Nome dell'Autore: RaffaShippuden

Titolo: Il momento decisivo

Elaborato:

 

 


Per qualche secondo fissai con ansia il portone d’ingresso del palazzo. Era da lì che la malvagia Duchessa gestiva i suoi loschi traffici e il suo esercito, formato dalle creature più orrende e spietate di tutto il Regno di Tristal.


Ricordai in pochi attimi tutte le avventure vissute per arrivare fin lì. Tutte le battaglie, i luoghi visitati, le persone conosciute, i compagni caduti troppo presto e quelli che mi avevano abbandonato. Alcuni troppo deboli, altri forse sempre più demotivati.
Mi tornò alla mente anche il periodo di addestramento, in gioventù, agli ordini del grande Mago dell’Est. Le prove, le notti insonni a studiare, la pratica che non sempre dava i risultati sperati. Ma nonostante tutto ce l’avevo fatta, avevo padroneggiato la magia del fuoco, ed ero sicuro che niente mi avrebbe fermato. Ma in fondo sapevo che non era così.
Tuttavia, il pensiero più grande andò a lei, la mia amata, compagna di mille battaglie, colei con la quale avevo vissuto a lungo. La persona più importante della mia vita, con cui avevo imparato le basi della magia e avevo affinato le mie tecniche di pesca. Ma che adesso non era più con me.
Mi diressi al palazzo della Duchessa con l’obiettivo di sconfiggerla e di liberare il mondo dal male, ma sapevo che il motivo era un altro: era stato il mio egoismo a spingermi fin lì, salvare il mondo era solo una conseguenza. Fu in quel  momento che capii: i miei compagni avevano già  compreso tutto, sia quelli caduti in battaglia che quelli che avevano disertato.
Ma adesso ero lì, solo, pronto a scrivere l’epilogo della mia triste storia. Non sapevo se ne sarei uscito vincitore, se quel posto sarebbe stata la mia tomba, né come avrei affrontato il mio nemico, se ne avessi avuto la forza. Ma sapevo che il mio destino era quello e l’avrei affrontato con tutto me stesso.
Imbracciai il mio bastone incantato ricoperto di pietre alchemiche, l’arma che più volte mi aveva salvato la vita. La mia mano lo teneva con una presa forte, come mai prima.
Il portone iniziò ad aprirsi, come se lei sapesse del mio arrivo. Avanzai, consapevole del fatto che avrei rivisto la mia amata, corrotta dal male, e che uno di noi due sarebbe morto poco dopo.

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Nome dell'autore: ~•Stephanos•~


 


Titolo: Rivoluzione


 


Elaborato:


 


Finalmente il momento sta per giungere, il momento in cui le cose cambieranno. E a dettar legge sarò io! Dopo tutti questi anni passati a dannare tra la disperazione e il terrore di poter morire... Morire così all'improvviso, per un capriccio di alcuni poveri stolti che per secoli hanno gettato l'intero popolo nel torpore del dolore e della paura. Violenza, sangue, repressione e corruzione hanno lacerato e segnato intere generazioni, cresciute prive di speranza e di fantasia. Si la fantasia. È stata proprio lei a salvarmi... A darmi le doti necessarie per diventare un gran mago. Già  un mago, una "parola" che solo a pronunciarla ti procurava un viaggio di sola andata per il mondo degli spiriti. Quanti ne ho visti morire... Con i miei occhi. Uccisi brutalmente per mano dei soldati solo perché praticavano la magia. Vedevo il fuoco ardere gli occhi dei soldati, l'oscurità  avvolgere le loro spade e il vento gelido della morte guidare le loro braccia, che in modo deciso creavano squarci di sangue… Sangue di persone innocenti che imbrattava le strade, e lungo quella scia di rosso porpora dall'odore forte di morte, la gente "comune" ne faceva una festa esultando rumorosamente per la scomparsa di un altro demonio. Le loro menti sono state ormai plagiate. Ma io... Io riuscirò a liberarli da queste catene […]. Padre, ora riesco finalmente a capire il significato delle parole che eri solito dirmi: “Figliolo ricorda che per cambiare veramente le cose c’è bisogno di una rivoluzioneâ€. Mi sono aggrappato a queste tue parole riuscendo così ad attuare in me la vera rivoluzione. Proprio io che ero contro ad ogni forma di violenza, un codardo che abbandonò il Paese per la paura di essere ucciso dai soldati, un debole incapace di vendicare la morte del proprio padre… Ho trascorso questi ultimi 5 anni nella più totale solitudine, rimuginando a tutti i tuoi insegnamenti e potenziando le mie doti magiche. Non avrei mai immaginato che l’unione tra alchimia e magia potesse dar vita a qualcosa di semplicemente efficace e distruttivo. Esse mi hanno dato la forza di attuare la mia rivoluzione… Così sono ritornato in città  con l’obiettivo di cambiare una volta per tutte le cose. Ma per farlo avrei dovuto uccidere... La cosa mi ha spaventato non molto tanto che stavo pensando di lasciar perdere tutto e ritornare al mio rifugio in montagna. Ma poi, quando ho visto i volti disperati della gente, la fame segnare le strade del paese, ho ripensato a quel sangue innocente che ogni giorno veniva versato per terra... A quella notte quando i soldati irruppero in casa nostra accusandoti di praticare riti alchemici occulti… Così ho deciso che era arrivato il momento di far qualcosa. Mentre il cielo diventava a poco a poco scuro e cupo, sono entrato nelle mura del castello. Ho addormentato con un incantesimo i soldati che erano di guardia all’entrata del palazzo reale e ho evocato una nebbia oscura su tutto il Paese in modo che la gente si preparasse a quello che sarebbe successo di lì a poco. Deciso, mi sono avviato nella dimora del sovrano, sbarazzandomi di tutti i soldati che ho incontrato. Mi sono ritrovato faccia a faccia con i membri reali, stanziati nella sala del trono. Così, come loro che si sono serviti della morte, la quale si è portata via decine e decine di persone colpevoli di possedere dei doni soprannaturali, io mi sono servito altrettanto di essa, che spietata e fredda ha strappato con un sol colpo di falce le anime di questi esseri che per anni hanno esercitato repressione nel loro regno. Poi, quasi come in un urlo liberatorio, tuoni e fulmini hanno iniziato a risuonare nel cielo ormai sempre più scuro, nonostante sia ancora pieno giorno […].


 


Penso che tutto questo frastuono abbia terrorizzato gli abitanti del Paese. Riesco a sentire le loro urla di paura. Sarà  meglio avvisare la gente di quello che è successo.


 


“Popolo di Aurea oggi inizia una nuova era per noi! Un’era in cui potremo vivere liberi! Liberi di tornare alla nostre pratiche quotidiane! Liberi di esprimere i nostri pensieri! Liberi di accrescere la nostra cultura e formazione! Ma soprattutto liberi di praticare la magia! Con il vecchio regno abbiamo vissuto momenti di puro terrore, in cui avere una malattia era considerata una forma di stregoneria, in cui non era possibile soddisfare la nostra sete di conoscenza, dove ogni giorno dovevamo piangere i nostri morti e pregare al tempo stesso per quelli vivi. Ma ora siamo liberi da tutto questo! Per cui oggi celebriamo questo giorno come il giorno della rivoluzione in cui diamo il benvenuto a un nuovo regno. Un regno di pace! E per guidarlo ho bisogno di tutti voi! Siete come me?...â€


 


[…] Sembra che il popolo si sia calmato alla mie parole. Padre, grazie per essermi stato vicino per tutto questo tempo. Ora inizia una nuova era… Un’era di prosperità  e di pace.


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Nome dell’autore: Erika2208


Titolo: I cristalli di Avalon


 


Elaborato



Guardo fuori dalla finestra; è tardissimo, non ho fatto nemmeno colazione; il sole è già  alto nel cielo e illumina il prato di casa mia; da qui vedo la dimora di mio padre e sembra che lui non sia più in casa. 


Mi sono dimenticata che devo prendere il cristallo, prima di andare alla bottega.


La mia casa non è grande, ci sono solo due stanze, ma riesco sempre a perdere le cose.


Comincio a cercare il cristallo dappertutto; mi sposto dalla cucina alla camera da letto. Non ci sono. Sposto le coperte, apro i cassetti, sposto i vestiti. Niente. Dove il avrò messi?.


Il panico mi assale e il ritardo diventa colossale. Cerco di pensare, ma proprio non ricordo. Papà  avrà  già  aperto la bottega e sarà  arrabbiato.


Decido di uscire e casomai tornerò a cercarle con più calma. Derek capirà .


 


Amo la mia città  natale Avalon, è un piccolo paesino pacifico, che corre lungo una sottile striscia di terra circondata dal mare; a nord, ci sono le miniere di cristallo, mentre a sud si trovano estese foreste verdeggianti. 


E’ abitata da umili lavoratori e, ognuno, ha il suo ruolo nella comunità . 


La particolarità  di questo luogo è che nel sottosuolo ci sono dei cristalli magici. Alcuni sono bianchi come il latte, mentre altri sono composti da colori brillanti; quelli bianchi sono vuoti e privi di magia; grazie alle mie abilità , infondo la magia nei cristalli vuoti, per incastonarli successivamente sulle armi.


Quelle colorate, di rara reperibilità , amplificano la potenza delle armi, ed io posso solo espandere questo potere.


 


Corro ed entro spedita nella bottega.


“L’incudine tonante†è molto famosa in città  per la serietà  e la passione con cui mio padre porta avanti l’attività .


Infatti è dietro il bancone, che batte il suo martello modellando con la sua solita maestria un’ascia molto pesante.


Con il viso contratto in una smorfia alza il sopracciglio e mi dice secco che sono in ritardo, mi ricorda che non ho ancora finito la spada di Sir Xander. 


Rispondo che lo so e mi metto subito al lavoro. 


Invece me ne sono completamente scordata e per di più doveva ritirarla quella mattina! Vado velocemente a recuperarla nel ripostiglio delle armi.


La spada è lucente, lunga e la lama riflette una timida luce azzurrina.


Durante la lavorazione, sull’elsa, mio padre ha lasciato un foro per permettermi di incastonare un cristallo.


Prendo il gioiello dallo scrigno posto sul bancone e lo guardo. L’ho completato la sera prima, emette bagliori rossi e infuocati. Starà  benissimo. 


 


C’è voluta un po’ di pazienza, ma alla fine il lavoro è riuscito.


L’ora di pranzo si avvicina.


Mi appresto a portare gli ultimi ritocchi alla spada e sono molto concentrata. 


Sento sbattere la porta e alzo lo sguardo. E’ Derek. Entra correndo, in viso è paonazzo e tutto sudato. So che mi aspetta una bella ramanzina.


Mi chiede se ho analizzato il cristallo che ha trovato per caso la sera prima, curiosando dentro lo scrigno nelle cantine di casa sua.


Io rispondo che ho avuto tanto lavoro da fare. La delusione sul suo viso è percepibile. Sto mentendo. 


La sera prima ero stata due ore sul letto a fissare quel cristallo verde smeraldo; mi ricordo che l’avevo fatto scivolare in mezzo alle dita come fossi ipnotizzata; era diverso dagli altri, non ne avevo mai visto uno così. Aveva una forma rotonda, liscia e regolare ed emanava una luce fioca.


Più mi sforzo di ricordare e più non so cosa ho fatto dopo.


Mi verrà  in mente. Cerco di distrarlo, cambio discorso e chiedo come sta Sofia, sua sorella.


Mi dice che è partita ieri per la foresta e che era entusiasta di cominciare l’ addestramento, anche se era consapevole che sarebbe stato duro; come portafortuna aveva portato con sé l’altro cristallo rinvenuto nello scrigno.


Lui e sua sorella sono due spadaccini, e la spada di Sofia è stata la prima che ho forgiato in bottega, con l’aiuto di mio padre; un vero orgoglio per me e forse uno dei lavori più belli.


E’ fatta d’acciaio, freddo e lucido come il ghiaccio, con tre gemme incastonate al centro della lama, in fila una dietro l’altra, la prima di ghiaccio, la seconda di fuoco e la terza di luce.


Un portento quella spada!


 


Entra qualcuno e la porta emette il solito stridulo rumore. Guardo oltre Derek e mi accorgo che è entrato Sir Xander, vestito di tutto punto, magrissimo e scavato in viso come sempre.


I suoi lunghi baffi arancioni ciondolano sul petto, vedo che cerca di sgranare i suoi piccoli occhi nascosti dietro degli spessi occhiali d’ottone.


Mi metto come di scatto sull’attenti e prendo velocemente la spada, gliela porgo mostrandomi orgogliosa.


Dice che ho fatto un buon lavoro e gentilmente me la sfila dalle mani. La osserva, prima da vicino, poi la fa roteare in alto, e brandendola, perde l’equilibrio. 


Mi scappa una risatina soffocata. Lui si ricompone, mi guarda un po’ torvo, e si dirige da mio padre a pagare. Penso che sia un bene per tutti noi che la spada sia destinata a suo figlio.


Derek mi dice che quel tipo è proprio strano. Annuisco.


 


Esco dalla bottega e mi dirigo verso casa per cercare quel cristallo; entro e trovo Pit, il mio micio grigio, che gioca allegro con il suo gomitolo rosso sul pavimento. 


Che caos! Se voglio trovarlo, devo prima sistemare. Rifaccio il letto e ripongo i vestiti nell’armadio, mi chino sotto il letto per raccogliere un calzino ed ecco che lo vedo, laggiù infondo.


Mi sporgo e lo prendo in mano; tutto si fa più chiaro e mi torna in mente cos’era successo la sera prima.


Avevo avuto una visione. Avevo visto Sofia che soffriva, soffriva tantissimo. Mi ricordo che ero rimasta scioccata. E poi, c’era qualcosa di confuso, come se dietro di lei ci fosse qualcuno, ma non ero riuscita a capire.


Ricordo che la paura mi aveva paralizzata, e tenendo in mano quel cristallo, avevo vissuto di nuovo quelle terribili emozioni.


Decido di cercare Derek per avvertirlo che sua sorella è in pericolo. 


Apro la porta di casa e me lo ritrovo davanti e racconto tutto quello che ho scoperto.


Decidiamo di partire per cercarla.


 


Prendo la bisaccia, delle provviste, recupero il mio bastone magico e dico a mio padre che partiamo.


Non abbiamo la minima idea di quanto ci vorrà  per trovare Sofia, ho la sensazione che dobbiamo sbrigarci, ma non so qual’è la direzione giusta da seguire.


Cominciamo a camminare svelti in direzione della foresta, cerco di ripercorrere i passi di Sofia.


Proseguiamo lungo un ripido e tortuoso sentiero. Mi guardo nervosamente attorno, consapevole del fatto che tra poche ore sarà  notte e dovremo cercare un riparo.


Nella mano sinistra ho il cristallo che ha trovato Derek, lo guardo; mi accorgo che emette una luce diversa rispetto a prima: è come se al suo interno ci fosse il battito di un cuore.


Forse il cristallo mi può indicare la via per trovare Sofia.


 


La notte è arrivata in fretta e ci siamo accampati in un luogo tranquillo. Derek va a cercare della legna e qualcosa con cui cenare.


Prendo il mio bastone e cerco di accendere il fuoco, ma sbaglio l’incantesimo.


Come al solito! Perché l’incantesimo non riesce mai al primo tentativo?


Gli unici che conosco me li ha insegnati mia madre, prima di morire.


Lei era una maga completa, sempre pronta a mettere in gioco la sua vita per dare conforto e aiutare gli altri.


Ci riprovo, mi concentro. Alle volte preferisco fare il fabbro!


Finalmente un piccolo fuocherello si accende davanti ai miei occhi. 


Derek è alle mie spalle, posa un po’ di legna alla base del fuoco, ed ecco che comincia a prendere vita; ci sediamo a guardarlo, la legna scoppietta vivacemente ed il rosso all’interno del fuoco è intenso e brillante. 


Derek si avvicina, e mi porge delle bacche che ha trovato.


Le mangio di gusto, ringraziandolo.


Ripenso alle terribili immagini della visione.


Derek mi guarda dritta negli occhi. Sono sicura che riesce a percepire la mia preoccupazione. Mi dice di dormire, di stare tranquilla che la troveremo.


Mi appoggia la mano sulla guancia e la fa scivolare delicatamente lungo tutto il viso.


Arrossisco, ma cerco di non darlo a vedere, mi sdraio e appoggio la testa sulla bisaccia.


Il cuore palpita forte, Derek non mi ha mai lasciato indifferente, anche se ho tentato di tenere le distanze, per concentrare meglio le energie su ciò che volevo diventare; 


Comunque, dormire sarà  difficile!


 


Apro gli occhi e noto che il sole è già  sorto; la brezza pungente del mattino mi fa rabbrividire un po’. 


Osservo Derek dormire, mi dispiace svegliarlo, ma dobbiamo proprio andare; lo  scuoto leggermente, e con la voce più dolce possibile gli dico che è il momento di riprendere il cammino; apre gli occhi piano piano e semplicemente annuisce.


Ci dirigiamo verso il centro della foresta. Volgo lo sguardo verso l’alto, tutto è coperto dalle fronde degli alberi, non passa neanche un piccolo spiraglio di luce ed è difficile avanzare, rischiamo di cadere o di perderci.


Prendo il bastone e compio un piccolo incantesimo per illuminare il cammino.


Va un po’ meglio e aumentiamo il passo, ci ritroviamo su una collinetta; per fortuna conosco il posto e riesco ad orientarmi.


Proseguiamo e sono sicura che là , dove il tragitto inizia a scendere, c’è una stradina  laterale che conduce fuori dalla foresta.


Il cristallo verde comincia a brillare intensamente, emettendo dei raggi di luce intensi.


Osservo la situazione e noto qualcosa che non va, qualcosa che non ho mai visto prima: un piccolo tempio in mezzo alla foresta. 


Mi avvicino dubbiosa e Derek esprime le mie stesse perplessità .


Sono certa che quel tempio li non c’era, decido di indagare ed entro.


L’interno è molto diverso da come me lo immaginavo. 


Il pavimento è composto da assi di legno ben levigate, le pareti sono bianche, non ci sono colori e la stanza è vuota.


Guardo con più attenzione e mi accorgo che ci sono due statue simili poste davanti ad una porta di legno scorrevole.


Le osservo, rappresentano delle figure insolite: una è scolpita in avorio e l’altra in ebano. Gli esseri sono a quattro zampe, hanno la testa stretta e sottile, dalla quale partono due lunghe orecchie piegate leggermente su sé stesse, hanno un corpo snello e asciutto, mentre dal dorso si estendono due piccole ali frastagliate; il pelo del corpo sembra ondeggiare leggiadramente.


L’interno della statua di destra emette raggi di luce, mentre la statua di sinistra  racchiude una forza oscura.


Continuo ad ammirarle.


 


Decido di attraversare la porta di legno e mi ritrovo in un locale completamente buio.


Non si vede niente, facciamo qualche passo. Prontamente prendo il bastone e illumino la stanza.


Riesco finalmente a vedere e mi sorprendo quando scorgo davanti a me la figura di Sofia.


Corro ad abbracciarla, le parlo, ma lei stranamente resta immobile e non mi risponde. Capisco che è diversa dal solito, non mi guarda neanche negli occhi.


Dice solo che dobbiamo compiacere Odhran.


Non capisco chi è questo Odhran, ma la povera Sofia ha uno sguardo vacuo, perso nel vuoto.


Sfodera la spada e noto che la gemma della luce non c’è più, ma al suo posto c’è una gemma violacea che emette piccole scintille dorate.


Provo a disarmarla, ma lei, come se all’improvviso fosse rinsavita, mi scansa con un balzo felino e punta l’arma verso di me.


Prendo il bastone e guardo Derek, anche lui è pronto a combattere.


Concentro tutte le energie in un punto davanti a me, produco un semplice incantesimo, che genera un vortice d’acqua; Sofia perde l’equilibrio e cade.


Mi giro e cerco Derek, lo vedo correre verso la sorella inerme, e velocemente recupera la spada.


Sofia si rialza e ripete che dobbiamo ubbidire a Odhran.


Capisco che qualcosa la sta ipnotizzando.


Penso agli incantesimi di mia madre e mi ricordo che me ne aveva insegnato uno di rivelazione, ma è complicato da fare, e per giunta non l’ho mai provato.


Chiedo a Derek di distrarla; lui annuisce, prende la spada della sorella e la lancia in un angolo, scruta Sofia per capire quale sarà  la sua prossima mossa.


Mi inginocchio, tengo il bastone tra le mani, guardo fisso davanti a me, e cerco d’immaginare un fascio di luce.


Mi concentro, oscuro tutto il resto, cerco di tenere viva solo la figura di Sofia.


Lei si lancia all’attacco di Derek, e cerca di colpirlo con un pugno al volto, lui lo schiva con grande prontezza.


Sofia non si perde d’animo e continua; Derek non vuole colpirla e si limita a evitare gli attacchi.


Riesco a compiere l’incanto: tutt’intorno si propaga una luce intensa che rivela la creatura violacea che avevo visto all’entrata della stanza. Derek e Sofia restano immobili. Rimaniamo solo io e la creatura.


 


Mi faccio avanti, fissandolo intensamente negli occhi.


Ha il viso contratto in una smorfia di profondo disgusto.


Dice che è arrabbiato con gli uomini, perché sono scaltri e pensano solo a sé stessi; tuona che non può tollerare tanta crudeltà  e che renderà  schiava l’umanità .


Chiedo cosa gli fosse successo di tanto grave da fargli pensare quelle cose. Risponde che vuole vendicare la loro lunga prigionia.


Dice che una maga malvagia li aveva raggirati per impossessarsi del loro potere, e con la scusa di proteggerli, aveva deciso di renderli inermi imprigionandoli nei cristalli.


Afferma che lui è riuscito a liberarsi solo grazie all’immenso odio che prova per la razza umana.


Rifletto. 


Cosa potevo fare per lui? Potevo aiutarlo?


Gli dico di non essere così severo, e che in fondo, in ogni persona c’è del buono, ma che spesso le circostanze cambiano le persone.


Lui ride seccato, dice che una volta la pensava come me.


Dalla mia bisaccia vengono dei rumori strani. Mi guardo attorno, ma tutto è ancora immobile .


Prendo la bisaccia e la apro; il cristallo verde incredibilmente inizia a fluttuare nell’aria, si posa dolcemente davanti ad Odhran ed emette uno strano sibilo.


Odhran mi dice che ho condotto a lui Cerys, sua sorella portatrice della luce; è felice di rivederla, ma dice che non ci sono speranze di riportarla alla sua forma originale, perché lei non riuscirà  mai a provare un sentimento di odio tanto profondo che possa spezzare l'incantesimo; aggiunge che per lui è la fine di tutto, e che quindi proseguirà  con il suo piano di distruzione.


 


Senza aggiungere altro, l’essenza sprigionata dal suo corpo inizia ad avvolgere ogni cosa. Tutto è buio ed anche il mio bastone non emette più alcuna luce.


Ho tanta paura e non so che fare.


Comincio a piangere disperata e lo supplico di fermarsi, ma lui è irremovibile. 


Mi tremano le gambe e cado sul pavimento. Le lacrime, non smettono di rigare il mio viso; mi viene in mente mio padre, mia madre, Sofia e Derek.


Derek. 


Penso a tutte le volte che avrei voluto fare qualcosa con lui, penso a tutte le volte che avrei voluto dirgli i miei sentimenti, e penso a tutte quelle volte che non ho fatto queste cose. Penso ai momenti perduti, per la mia stupidità .


Rimpiango tutto.


Il mio cuore sembra esplodere dal dolore, non riesco più a controllare i miei sentimenti.


Chiudo gli occhi.


 


Sento una voce soave, di una creatura femminile.


E’ come se un’arpa suonasse la sua armoniosa melodia nella mia testa.


E’ Cerys e rivolgendosi ad entrambi racconta la storia di come sono diventati cristalli.


 


Narra che una maga aveva cercato di proteggerli da un regnate malvagio che voleva impossessarsi dei loro poteri.


La maga aveva deciso di trasformarli temporaneamente in cristalli, per evitare che l’uomo li trovasse.


Mentre Odhran si era fatto accecare dall’odio perché credeva di essere stato ingannato, lei era riuscita a stabilire un contatto spirituale con la maga; sapeva che aveva sacrificato la sua vita per sconfiggere il regnante e salvarli.


La sua morte, purtroppo, aveva reso definitivo l’incantesimo.


Sono rimasti così per lungo tempo fino a che un uomo li aveva trovati e li aveva condotti alla città  di Avalon.


Mi ringrazia, dice che solo il grande amore che provo per i miei cari le ha dato la forza necessaria di rompere l’incanto che la segregava.


Odhran si avvicina a sua sorella ed entrambi si voltano verso di me, sorridendo.


Vedo che pian piano il manto di Odhran cambia colore, dal viola diventa tutto dorato, come quello di sua sorella. 


Cerys viene verso di me, dal suo petto esce un libro molto luminoso. 


Me lo porge e spiega che si tratta di un tomo di incantesimi che la maga diede a loro in custodia, prima di trasformarli, raccomandandosi di donarlo un giorno ad una persona pura di cuore che avrebbe saputo usarlo per fare del bene.


Mi rivela che la maga che li aveva salvati era mia madre.


Sono sorpresa ed orgogliosa di scoprire che mia madre ha dato la vita per salvare quella di qualcun altro.


Si allontana da me, aggiunge solo che entrambi ora sono in pace e che spera di rivedermi presto.


Tutto svanisce nel nulla.


 


Derek e Sofia sono in piedi davanti a me, non ricordano nulla. 


Racconto loro quello che è successo; Sofia mi ringrazia di averla liberata. 


Guardiamo tutti la spada di Sofia, e mi accorgo che la gemma della luce è tornata al suo posto.


Lei la ripone nel fodero e inizia a raccontare quello che le è accaduto.


Ricorda che stava camminando nella foresta, quando il cristallo viola che teneva in mano si era trasformato in una creatura strana. Rammentava solo delle sensazioni di dolore e di odio.


Sofia sorride, mi abbraccia forte e dà  un bacio a Derek.


Dice che deve proseguire per arrivare al luogo dell’addestramento, quindi si congeda.


Io e Derek ci dirigiamo verso Avalon.


Tengo ancora stretto il tomo di mia madre, e mi accorgo che racchiude un potere immenso. Non esiste per me un dono più grande. Lo ripongo con cura nella bisaccia.


Grazie a questo cimelio riuscirò a perfezionare le tecniche di magia; cercherò di assomigliare di più a mia madre, e prendendola come esempio, metterò a disposizione le mie capacità  per aiutare le persone in difficoltà .


 


Mi avvicino a Derek e lo prendo per mano; non ho più paura di farmi coinvolgere dai sentimenti, penso che gli racconterò tutto quello che provo per lui, senza più trattenermi e senza più rimpianti.


Non ho più paura di lasciarmi andare, perché ogni momento se non vissuto è perso.


Da ora vivrò la mia vita a pieno, ogni giorno.



 


Mi piacerebbe tantissimo ricevere qualche commento anche via Pm per sapere se vi è piaciuto e per conoscere le vostre impressioni.


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Nome dell’autore: BloodyRose258


Titolo: "Un sogno nella realtà "


Elaborato:


 


-Capitolo #0 : Prologo


 



M’aspettava un’altra lunga serata di lavoro, nella cucina del vecchio Bloonard. Non che la cosa mi dispiacesse! Fortunatamente prestare servizio come cuoca nella sua “taverna di famiglia†era divertente, nonostante vi fossero spesso serate piene di ospiti e, quindi, un conseguente corri corri generale. Preparare pietanze è stata sempre una mia grande passione, sin da che ne ho memoria. La maggior parte della mia abilità  ai fornelli la devo a mia madre, che si diletta a preparare robe sempre gustose da servire a tavola a pranzo o a cena. Mi mancava mia madre.. ricordavo vagamente il suo viso, talmente tanto era stato il tempo che ci aveva viste separate. Chi sono io? Una semplice ragazza comparsa dal nulla, vi direbbero gli abitanti di Ashkald. E’ stato Bloonard a trovarmi, stesa sul manto d’erba poco fuori dal regno, zuppa d’acqua e infreddolita dal vento. Quell’uomo è stato gentile con me, anche se io non ho potuto essere sincera con lui. Ero spaventata, smarrita.. sentivo il cuore tamburellarmi nel petto con veemenza e le lacrime salirmi agli occhi prepotentemente. Facevo di tutto per non darlo a vedere, e tentavo di convincermi io stessa delle parole che dicevo per rispondere alle sue domande. Cercavo di essere credibile ai suoi occhi, e forse gli feci così pena nel mio tentativo di non esternare il panico che provavo da indurlo a credermi sul serio e a non pormi più domande sul mio passato. <<Mi basta sapere che stai bene, e anche se non ricordi nulla di quello che è successo non devi fartene una colpa. La memoria ti tornerà  gradualmente e adesso è tempo di pensare al futuro! E su questo posso darti una mano io, non mi sento di lasciarti sola.>> mi disse, spronandomi a non fossilizzarmi sulla paura di quel posto a me sconosciuto, lontana da parenti e amici. Quella stessa sera parlammo del più e del meno, di cose ovvie per lui e meno ovvie per me: scoprii d’esser stata catapultata in un mondo fantastico, nel dominio d’un regno che aveva conquistato duramente l’indipendenza e che era in rapida crescita economica. Come sono arrivata in questo posto non so dirvelo, mi ci sono risvegliata dentro.. ma senz’altro questo è più di un sogno. Sono passati anni, anni in cui ho quasi dimenticato chi ero nella mia vita al di fuori del regno. Anni passati ad apprendere nuovamente l’arte del tiro con l’arco e ad affinare le mie capacità  culinarie in relazione alle strane belve di cui si cibano in questo posto. Già  dopo i primi giorni d’esperienza non mi sentivo più “Simonaâ€, quella giovane donna in lotta contro se stessa. Adesso, a chiunque chiderete la mia identità , vi sarà  risposto “quella è Rose, la cacciatrice più abile di Ashkald!â€.


 


-Capitolo #1: Una complessa formula alchemica


L’inverno era passato da poco e i camini delle case erano ancora accesi durante i pomeriggi. Come di consueto prima della serata lavorativa come capo cuoca nella taverna, stavo sorseggiando una fumante bevanda ottenuta dall’infusione di una composizione di erbe che le dava un gusto simile alla camomilla, pensando distrattamente al mio passato e al mio futuro. Fra le mie gambe v’era un libro aperto che narrava la storia di quel posto, un libro che cercavo di studiare approfonditamente per capire meglio come comportarmi e come meglio ambientarmi. Già , ambientarmi: nonostante tutti gli anni passati mi sentivo ancora un pesce fuor d’acqua in quel posto. Mi piaceva la piega avventurosa che aveva preso la mia vita e pensare al passato mi faceva convincere del fatto che quel mondo, il regno di Ashkald, era un posto migliore per vivere e costruirsi una vita decente. Lavoravo, guadagnavo, avevo amici e le persone mi volevano bene. Non era come il mondo reale, dove la bontà  spesso è sinonimo d’interesse..  in quel luogo c’era veramente la bontà  d’animo e molte persone non chiedevano nulla se non aiutarti. D’improvviso sentii la porta d’ingresso sbattere e Lerad, un ragazzo dai lunghi capelli biondo scuro e intelligenti occhi verde oliva, s’avvicinava a grandi falcate verso di me con in mano un tomo. Il mio coinquilino era un’esperto mago e un ottimo alchimista, quindi non era strano vederlo circondato dai libri e dalle ampolle.. anch’io spesso mi dilettavo a leggere qualcosa sulla magia, pur non essendo capace di usarla. Sognare non è mai costato nulla, dopotutto. <<Rose, l’ho trovata!>> mi disse eccitato, sventolando la pergamena richiusa in aria per farmela notare. <<Ho trovato la formula adatta per curarla!>>. Si riferiva a Shy’rin, la principessa del regno di Ashkald. Era stato buffo venire a conoscenza del suo amore segreto per quella ragazzina, poiché lui divenne paonazzo e anche piuttosto balbuziente nell’espormi l’accaduto. Mi ero già  accorta dei loro sguardi complici, che parevano donare una carezza sulla pelle ed esprimere un desiderio che probabilmente avrebbero dovuto tenere segreto per il resto della loro vita. Oltretutto, venni a sapere che la principessa era malata e che non esisteva una cura adatta per guarirla.. dunque le rimaneva poco da vivere. <<Sei sicuro che possa funzionare? E’ già  stata sperimentata su qualcuno questa pozione?>> gli chiesi un po’ preoccupata, poggiando la tazza su di un piano e prendendo la pergamente fra le mani per poterla strotolare fra le dita. <<Ho effettuato una ricerca a riguardo, intrufolandomi nella biblioteca reale di nascosto.. si, Rose, nessuno mi ha visto o si è accorto di nulla, non fare quella faccia..>> s’interruppe, vedendomi sbiancare per la notizia <<..ad ogni modo, è già  stata testata e i risultati sono stati positivi. Ma la tecnica per poterla creare è complessa e gli ingredienti non sono facili da reperire, soprattutto quell’erba, la “Suliss-aleâ€.. sembra abbia un grande potenziale curativo e che sia molto rara..>> Continuò a spiegarmi, mentre lo vedevo andare su e giù per la stanza, probabilmente intento a riflettere sul da farsi. <<So che sarà  dura, ma devo provarci! E’ l’unica soluzione per poterla aiutare.. mi darai una mano, Rose? Mi aiuterai a trovare gli ingredienti?>> Mi chiese alla fine, guardandomi negli occhi come a pregarmi d’aiutarlo in quest’impresa più grande di lui. Guardai ancora una volta la pergamena, sospirai preoccupata, ma alla fine accettai l’offerta. Non potevo lasciarlo da solo, dopo che lui aveva fatto tanto per me. Eravamo amici e gli volevo un gran bene, non avrei potuto negargli il mio sostegno. <<D’accordo, domani si parte!>>


 


-Capitolo #2: La Caverna delle Anime Sospese


Come stabilito, partimmo il giorno dopo. Avevamo preparato ogni cosa la sera prima e predisposto un piano d’azione. Mentr’ancora Lerad studiava la cartina geografica, segnando le aree in cui avremmo potuto reperire i cinque ingredienti necessari alla realizzazione della formula alchemica, io m’occupavo di preparare dei pasti da consumare a sacco. Non potevamo permetterci di perdere molto tempo, anche perché non potevo lasciare il lavoro alla taverna.. quindi stabilimmo che in massimo due/tre giorni avremmo dovuto ottenere tutto il necessario, altrimenti avremmo rimandato ancora la raccolta dei rimanenti ingredienti con conseguenze ovvie. <<Ok, se siamo fortunati e se i miei calcoli sono esatti.. in due giorni dovremmo ottenere tutti gli ingredienti, si.>> proruppe infine, chiudendo la mappa e prendendo il suo bastone e il suo libro di formule magiche. Feci altrettanto anch’io, legando la faretra dietro la schiena, insieme al sacco delle pietanze, e imbracciando l’arco che avevo sistemato poco tempo prima. Dunque partimmo, col cuore in fibrillazione e l’adrenalina in corpo per la nuova avventura che si prospettava davanti ai nostri occhi. Lerad era speranzoso, e s’impegnava tantissimo nello scrutare la mappa e i dintorni dell’area dove avrebbe dovuto trovare uno degli ingredienti. Principalmente questi erano nettare, estratti.. non facili da reperire, soprattutto perché facilmente confondibili in natura. Trovammo piuttosto in fretta i primi tre ingredienti, e il quarto l’acciuffammo con un po’ di difficoltà  dato che un mostro alato aveva intenzione di saziarsi della nostra carne giovane e appena nutrita. <<Mai più dopo pranzo..>> gli dissi sarcastica, quando con un colpo di fortuna colpii la creatura al cuore e la feci ruzzolare a terra priva di vita. Lerad rise di gusto, nonostante fosse inciampato e avesse perso prim’ancora che la battaglia iniziasse il libro delle sue formule magiche. Il quinto ingrediente fu difficile da rintracciare. <<Secondo i miei calcoli, la “Suliss-ale†dovrebbe crescere nella foresta a nord-est di Ashkald.. speriamo di trovarne qualche esemplare..>> mi confessò, dividendo con me la sua preoccupazione di un viaggio inutile. La foresta in questione pareva incantata, talmente bello risultava ai miei occhi lo spettacolo verdeggiante illuminato dai fasci di luce. Era splendida.. un posto come quello per me era il paradiso, anche se ho sempre odiato gli insetti e gli animali striscianti. La Suliss-ale avrebbe dovuto apparire come una pianta simile a quella di un giglio bianco, e le sue foglie avrebbero dovuto avere proprietà  curative d’inestimabile beneficio. Girammo a zonzo per molto tempo, nel silenzio della natura.. poi Lerad esplose di gioia nel vedere il nostro obiettivo stagliarsi luminoso lungo il nostro cammino. <<Rose, guarda! L’abbiamo trovata!>> mi disse, cominciando a correre verso l’erba. <<Lerad, aspetta! Non correre!>> gli gridai contro, spaventata dall’eventualità  che un mostro potesse attaccarlo e sorprenderlo. La mia intuizione non sembrò molto lontana dalla realtà , poiché un’essere dall’aspetto inconsistente e il corpo di una donna si materializzò davanti al mio compagno e cercò di colpirlo. Rapida afferrai il mio arco e incoccai una freccia, sparandola diritta nella mano che avrebbe dovuto far del male a Lerad ma che, invece, divenne motivo di dolore per il nemico. <<Presto, va via di li!>> gli gridai, costringendolo a correre in mia direzione e scappare. Corsi per non so quanto tempo, senza una destinazione precisa, col cuore in gola e il fiato corto. Era tardi e la notte stava per fare capolino, quindi decidemmo di fermarci in una caverna li vicina.


 



<<Non siamo stati poi molto fortunati.. come faremo adesso ad avvicinarci alla “Suliss-aleâ€? Quel mostro ha sussurrato.. mi ha sussurrato di non toccare nulla e di sparire.. credo che non riusciremo a prenderla..>>, mi disse mesto, mentre attizzavo il fuoco e razionavo le porzioni di cibo che già  cominciavano a scarseggiare. <<Non abbatterti, troveremo un modo. Però la prossima volta non lasciarti prendere dall’euforia, perché tu ci lasci probabile la pelle e io ti seguo con un bell’infarto>>, gli risposi suscitando in lui un risolino divertito. A turno decidemmo di fare la guardia per la notte e a me sarebbe toccato il secondo turno, dalle ultime ore della notte alle prime luci dell’alba. Nel mio turno, mentre Lerad dormiva beato coperto dalla sua mantella, mi sentii sola e provai una sorta di repulsione verso quella vita come mi accadeva nella mia vita precedente. Mi mancavano le persone che avevo amato, e non potei fare altro che pensare a loro per tutta la notte.. ma qualcosa mi sorprese: una voce, calda e familiare, risuonò nella mia mente. <<Non sei sola..>> Trasalii, impugnando l’arco e incoccando la freccia puntandola verso un punto non ben definito. <<Chi sei..? Dove ti nascondi?>> <<Sono qui, insieme a te..>> <<Non ti vedo.>> <<Non è necessario che tu mi veda, basta che tu possa sentirmi li con te.>> Mi rasserenai, nonostante tutto. Abbassai l’arco e m’azzardai a chiedere.. <<Tu conosci questa foresta, non è vero? Sapresti dirmi come possiamo avvicinarci alla “Suliss-aleâ€? C’è un mostro che la protegge e la mia freccia l’ha solo trapassato, lasciandolo praticamente indenne..>> <<Solo una potente magia può proteggerti da quell’essere, utilizza questa formula e potrai ottenere quell’erba..>> Suggerì, facendo magicamente apparire un foglio con su scritto una formula magica. Euforica e grata per quella sorpresa, svegliai Lerad scuotendolo con decisione. <<Lerad, devi svegliarti! Studia questa formula e otterremo la “Suliss-aleâ€!>>


 


-Capitolo #3: L'ultimo ingrediente


Naturalmente ci dirigemmo subito nel folto della foresta, seppur a tentoni. Non ricordavamo l’esatta strada e la mappa, benché utile, non poteva di certo indicarci l’esatta posizione dell’erba medicinale da noi bramata. Lerad aveva studiato molto bene la formula magica che quella strana eco m’aveva donato, ma non aveva avuto modo di provarla sul piano tecnico. <<Lo sai che questa formula, per quanto convincente, potrebbe benissimo essere una burla vero? E poi, chi è che te l’ha data?!>> mi chiese scettico il mio compagno, inarcando un sopracciglio <<Te l’ho detto un milione di volte, Lerad.. l’ho trovata accartocciata all’interno della caverna. Non abbiamo garanzie, ma potrebbe essere utile nella battaglia. Se questa magia funziona, tu potrai tenere occupata la strana ninfa e io potrò prendere la Suliss-ale. Dobbiamo provarci, altrimenti dovremo rimandare ancora.. siamo già  un giorno in ritardo sulla tabella di marcia e sono certa che Bloonard mi ucciderà ..>> gli dissi in preda alla disperazione più totale, al pensiero di cosa potevo aspettarmi dal mio unico datore di lavoro. Il biondastro rise di gusto a quella piccola scenetta da me intrepretata, eppure sentivo un estremo disagio mentre sorridevo in accompagnamento. Avevo dato ascolto a una voce, che poteva benissimo essere fasulla. Non c’era nessuna sicurezza in quello che ci apprestavamo a fare, ma volli crederci fino in fondo. Sarebbe bastata anche una distrazione, giusto il tempo di raccogliere il prezioso ingrediente e scappare a gambe levate verso casa. <<Spero che la tua formula funzioni.. prima otterrò tutti gli ingredienti, prima potrò lavorare sulla formula alchemica.>> La posta in palio era alta per Lerad, che avrebbe avuto almeno un’occasione per poter salvare la donna di cui s’era innamorato. Dalla determinazione scaturita dal suo sguardo potei leggere ben oltre i suoi desideri: non voleva strafare, e non aspirava certo a divenire lo sposo della principessa Shy’rin con quella trovata. Nel mio cuore sapevo che quello del mio amico Lerad era un gesto pieno d’amore, ma fine a se stesso. Almeno avrebbe potuto vederla felice, qualsiasi fosse la vita che le si prospettava davanti dopo la guarigione. Dopo varie peripezie nel setacciare la foresta, ecco di nuovo la bellissima pianta della Suliss-ale che pareva rispendere di luce propria sotto il fascio di luce solare che l’avvolgeva. Del nemico non c’era l’ombra. <<Dobbiamo attirarlo allo scoperto, io vado avanti e cerco di prendere l’erba.. appena vedi movimento scaglia la magia, e speriamo in bene..>> suggerii a bassa voce a Lerad, che annuì per confermarmi d’aver recepito il messaggio. Lesta e silenziosa avanzai verso l’obiettivo e quando fui presso di esso mi chinai per staccarne qualche foglia abbondante. Mi tremavano le mani, oltre alle gambe.. avevo una paura folle che quel fantasma di donna mi prendesse. Quando le mie dita sfiorarono le foglie, sentii il gelo alle mie spalle e sussultai. La voce di Lerad si fece chiara, recitando la formula appena donata, e la magia si scagliò non sulla ninfa traslucida ma su di me. Un’invisibile scudo m’abbracciò, proteggendomi dall’attacco maldestro della padrona della foresta e di corsa strappai quel che bastava per la formula alchemica di cui avevamo bisogno. Quindi corsi, inseguita dal nemico infuriato mentre Lerad correva nella mia stessa direzione ma a distanza, recitando formule e scagliando magie che, grazie al cielo, rallentarono l’avanzata della ninfa e ci diedero un discreto vantaggio su di lei.



Gli alberi diventavano sempre più radi e una volta fuori dalla foresta l’inseguimento della ninfa, scoperta oramai dal suo dominio, s’arrestò. Avevo il fiatone, e m’accasciai al suolo. Lerad era esausto. Biascicò giusto qualche passo verso di me e si lasciò andare al mio fianco ansante. La magia l’aveva consumato. <<Non ho mai avuto così paura in vita mia..>> confessai al mio compagno, che mi strinse la mano in un moto di condivisione. <<Non pensarci più, ce l’abbiamo fatta! Non ti ringrazierò mai abbastanza di aver trovato quella formula..>> <<Non farlo.. è stato solo un colpo di fortuna..>> Minimizzai, col sorriso sulle labbra. <<Cerca di recuperare in fretta, dobbiamo tornare a casa..>> <<Si, solo un attimo e partiamo..>>


Una decina di minuti dopo, ci alzammo a fatica da terra e ci dirigemmo verso casa. La strada non era stata poi così faticosa, ma di certo avevamo bisogno di una serata di sano riposo e, ovviamente, avrei dovuto trovare una scusa convincente per quietare quel burbero di Bloonard. Già  me l’immaginavo, a chiedermi con cipiglio severo dove fossi andata a finire prima di assegnarmi del lavoro extra come punizione per il mio comportamento “scorrettoâ€. Il giorno seguente, Lerad si mise subito all’opera e la nostra stanza divenne un laboratorio chimico. C’erano ampolle, miscelatori, tomi e pergamene sparsi ovunque. Sbuffai per il disordine e m’avviai verso la taverna per scusarmi con Bloonard, ma stranamente questa era chiusa. Non sapevo dove abitava, dato che solitamente era lì dentro giorno e notte.. dunque decisi d’avventurarmi verso la caverna, almeno avrei ringraziato anche la misteriosa voce maschile che ci aveva aiutati. Nei miei sogni mi parve di sentirla ancora, e nel mio cuore sentivo che questa doveva appartenere a qualcuno d’importante. Il viaggio da li alla grotta, fortunatamente, prese poco più di mezza giornata e, una volta dentro, mi schiarii la voce. Mi sentivo impacciata. <<E-ehi.. ciao.. non so se sei ancora qui, volevo.. ecco.. si, volevo ringraziarti per l’aiuto. Adesso Lerad potrà  sviluppare quel siero e dare una speranza di vita alla persona che ama.. è una cosa splendida..>> Mi fermai, convinta di non dover andare troppo oltre nell’esprimermi con uno sconosciuto di cui non conoscevo nemmeno il volto. <<..quindi grazie ancora.>> Tagliai corto, voltandomi per uscire di gran carriera.. ma la voce mi sorprese con una domanda che poco c’entrava con quello ch’era successo. <<Cosa c’è che non va?>> A quelle parole, mi sembrò d’esser stata trapassata da una freccia avvelenata. Incosapevolmente, una lacrima mi solcò il viso e il mio cuore prese a battere più lentamente e con maggiore intensità . <<..mi mancano le persone che amo..>> biascicai, insicura se parlarne o sopprimere quelle sensazioni negative che s’alternavano. <<Ricordati, tu sei l’artefice del tuo destino.. quindi dovrai scegliere, se restare o andare da quelle persone che il tuo cuore sembra chiamare a gran voce. Non devi rispondermi adesso..>> mi zittì, mentre facevo per aprire la bocca e darle fiato <<..le decisioni affrettate non portano mai a nulla di buono e potrebbero distruggere quanto di bello hai creato fino a questo momento. >>


 


-Capitolo #4: Sospesa fra due mondi


I giorni erano passati molto in fretta e la formula era pronta per essere somministrata alla giovane fanciulla ch’aveva rapito il cuore di Lerad. Avevo appena finito di pulire ogni centimetro della taverna di Bloonard, per punizione alla mia assenza ingiustificata, ed ero stanchissima quando tornai a casa e mi buttai sul letto. Il mio compagno biondastro era euforico come non mai, e non stava nella pelle. <<Stasera gliela consegnerò, alla festa che si terrà  nella piazza principale! Sarà  il mio regalo per lei. Tu ci verrai, vero Rose? Mi farai da supporto?>> <<..mmmh>> emisi dal cuscino, non avendo nemmeno la forza di pensare a una festa danzante.



M’addormentai poco dopo e mi risvegliai giusto in tempo per vestirmi e andare alla festa insieme a Lerad. Avevo avuto modo di pensare alle parole della misteriosa voce e di ponderare una scelta che andasse bene per me, e questa scelta m’aveva portato ad accettare quella vita. L’avventura, benché paurosa per certi versi, l’avevo sempre sognata e anche lì avevo degli amici su cui contare.. persone che mi apprezzavano per quella che ero, nonostante non vi fosse un documento o un evento che attestasse la mia nascita in quel meraviglioso mondo che era il regno di Ashkald. Avevo pure un lavoro e avevo appreso molte cose, e oltretutto non ero costretta a portare gli occhiali poiché dal giorno in cui fui trovata da Bloonard la mia vista era tornata perfettamente sana. Convinta di quella scelta, indossai il mio vestito verde petrolio con balze e ricami raffinati, confezionatomi dalla moglie di Bloonard per l’occasione, e m’acconciai i capelli. Anche quelli erano ricresciuti col tempo, e la cosa mi faceva piacere perché avevano raggiunto la lunghezza che gradivo. Ogni cosa mi diceva di rimanere, di accompagnare Lerad e di vivere insieme a lui il resto della mia vita, ma quando varcai la soglia di casa per dirigermi in piazza insieme al mio compagno qualcosa mi bloccò. <<Tutto bene, Rose? Ti senti male?>> mi chiese preoccupato Lerad, sorreggendomi come se stessi per cadere. <<S-si.. è solo la stanchezza di oggi. P-potresti andare avanti? Ti raggiungo subito..>> gli dissi e lui, con un certo sospetto, mi squadrò da testa a piedi. Poi sospirò, e mi diede un bacio sulla fronte. <<Non fare tardi, misteriosa fanciulla.>> Sorrisi a quel dolce appellativo, quindi Lerad s’avviò e io entrai in casa. Sospirai, presi carta e penna e, intingendo l’ultima nell’inchiostro, scrissi. Scrissi una lettera, una lettera di spiegazioni per Lerad. Volevo raccontargli tutto, della mia vita precedente, della persona che amavo, dei miei genitori e del mio vero nome. Volevo raccontargli dell’altro mondo, del mondo da cui provenivo.. però le parole stentavano ad uscire e quindi cancellai con un segno l’intera lettera. Avrei dovuto dirglielo a voce, poiché una lettera era troppo riduttiva per quello che avrei dovuto raccontargli. Colta dal desiderio d’un consiglio, uscii di casa e attraversai le vie affollate fino all’uscita del regno, per dirigermi alla caverna.


<<H-ho bisogno..anf..di un c-consiglio..>> gridai a fatica una volta dentro, speranzosa che la voce mi potesse nuovamente accogliere e confortare, ma non vi fu risposta. Dove prima sentivo la presenza rassicurante d’una entità  benevola, adesso sentivo soltanto il vuoto del nulla. Tremai, mentre gli occhi incominciavano a bruciarmi. M’addentrai un po’ di più, sino a raggiungere una scintillante luce bianca. Mi coprii gli occhi e cercai di mettere a fuoco, ma invano. Curiosa m’avvicinai e feci per toccare quella luce.


 


Mi svegliai a terra, a casa mia, dolorante e confusa, con mia madre che mi teneva alte le gambe e l’uomo che amavo che mi stringeva la mano e mi toccava in viso per farmi rinsavire. Alle loro domande su come stavo non riuscivo a rispondere, sentivo ancora le orecchie fischiare e la vista sfarfallava rendendo il tutto surreale. Quando mio padre salì le scale portando un bicchiere d’acqua e zucchero, piano mi aiutarono a sedermi e me lo fecero bere senza fami muovere da terra. Il sapore dolciastro mi convinse che quello non era un sogno, ma la realtà .. quella realtà  che avevo rifiutato e, contemporaneamente, accolto. Mi scivolò una lacrima, prontamente bloccata dalla carezza del mio lui. Lo guardai un attimo, sorrisi, e lo abbracciai stretto. <<Che stretta, sembra che non mi vedi da anni!>> mi disse scherzando, non sapendo che quegli anni, per me, erano passati davvero.


Il mondo di Ashkald aveva chiuso i battenti per me, e non avrei più potuto raggiungerlo. L’unica cosa che posso fare adesso e ricordarlo con nostalgia, e scrivere per farvelo conoscere e amare come io l’ho amato. Chissà  come se la starà  cavando Lerad, senza la sua misteriosa cacciatrice.





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Nome dell’autore: T_Terry_T


Titolo: Ora devo sfogarmi


 


Elaborato:



Buonasera.


O buongiorno. O quello che è.


A chi importa? Tanto spazio e tempo sono relativi. E io ho attraversato entrambi già  un paio di volte.


Uhm? Cos’è quella faccia? Si, sono proprio io. E si, sto parlando. Incredibile, eh?


No! Non è affatto incredibile! Sono nato mancino, mica muto! Certo che so parlare! È che finora ero stato in grado di essere chiaro senza aver bisogno del linguaggio verbale.


Ma oggi devo usarlo perché nessun altro mezzo di comunicazione è stato in grado di porre rimedio a questo problema, in tutti questi anni.


Cosa c’è adesso? Non avete mai visto qualcuno arrabbiato?


Oh! Non avete mai visto me arrabbiato. Capisco…capisco…


Beh. Immagino che, di tutte le mie versioni, io sia quella che è uscita fuori con meno calma e pazienza di tutti.


Si, lo so, è piuttosto complicato da metabolizzare. Ogni volta che mi incontrate sono io, ma ogni volta cambio in aspetto ed età , quindi in realtà  non sono effettivamente io. Vi ho già  detto che spazio e tempo sono relativi, si? E che esistono diverse dimensioni spazio-temporali?


No, per favore, non chiedetemi i dettagli. Fra i tanti "me" a me noti non c’è un astrofisico che possa spiegarvi come funzionino le cose. So solo che basta poco per stravolgere due dimensioni apparentemente uguali.


Riesco a sconfiggere il malvagio di turno in un certo regno? Ottimo lavoro! Ti sei meritato la riconoscenza di tutti e forse un bacio dalla principessa. Urrà !


Il malvagio ha la meglio? Addio terra fatta di sogni e felicità  e benvenuto post-apocalisse fatto di ossa e spiriti vaganti.


Che poi: cambiano tempi, luoghi, persone e situazioni... ma sono sempre io l’unico imbecille dotato di spada e scudo che può fare qualcosa? Possibile che non esista una – e ripeto – una dimensione in cui ci sono io e qualcun altro che vuole gli onori e oneri di salvare il proprio mondo?


Una volta ero riuscito a trovarmi un lavoro diverso dal paladino ammazza-mostri... ero apprendista nella bottega di un fabbro. Un rompiscatole che passava più il tempo a sgridarmi che a lavorare, ma ehi! – la paga non era male e potevo pure dormire fino all'ora che preferivo.


Uhm. Ora che ci penso, nessuno mi vieta di aprire un'attività  tutta mia. Dovrei ancora ricordare come si lavora il ferro nella fucina senza bruciarmi la veste…


Ma non divaghiamo! Ero convinto di averla sfangata, e invece no! Appare il cattivo che vuole diventare il cattivo più cattivo mai esistito e io, solo perché stavo consegnando una spada ad un cliente, divento di colpo il salvatore della patria. Di nuovo. Che diamine! Non era nemmeno mia quella spada!!


Pensate che sia finita qui? Certo che no! Sapete che è successo nel frattempo che io cercavo di capire cosa diamine dovessi fare?


MI HANNO OCCUPATO CASA!! Cioè… vi rendete conto?!??


*sigh*


Ma sapete una cosa? In realtà  non è questo a imbestialirmi.


Non ho problemi a continuare con questi viaggi assurdi, fatti per trovare cose o persone per i motivi più disparati. Non ho problemi ad affrontare ulteriori mostri in scontri nei quali rischio sempre di rimetterci le penne, tanta è la loro voglia di appendermi al muro come trofeo di caccia.


Lo faccio da quasi trent’anni e potrei farlo ancora per altrettanti. Davvero.


Quello che mi fa arrabbiare così tanto è tutt’altro.


Per voi sarà  una sciocchezza, una distrazione di poco conto fatta da chi non se ne intende di queste cose... ma per me è di fondamentale importanza.


Un eroe non può sentirsi veramente eroe se il suo nome non viene ricordato nella maniera corretta.


Per cui… vi prego… vi supplico in ginocchio… per il bene della mia salute e del mio ego…


…potreste smetterla di chiamarmi Zelda?



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Guest KyokoChan

Nome dell’autore: NozomiDream.


Titolo: L'ora della vendetta.


Elaborato:


 


-Ricapitoliamo. Appena vedi i pipistrelli con una chiazza blu, li devi attaccare con un solo colpo di spada. Quelli neri sono più difficili da sconfiggere e devi...- Quante volte avevo già  sentito queste parole. Almeno cinque volte al giorno, perché mio fratello ci teneva al suo popolo. Aveva promesso di fare fuori finalmente la causa della futura sconfitta che avrebbe determinato la fine del regno: le due sorelle demoni. Nulla era più perfido o diabolico di quelle due, avevano già  arrecato troppi danni a tutta la città  ed era ora di farla finita. Kei era deciso ad affrontarle, potevo aspettarmelo dal mio fratellone coraggioso. Solo che anche io ero coinvolta in questa faccenda e dovevo aiutarlo nella lotta fra Shi e Mayu. Quella era però l'ultima volta in cui avrei sentito quelle lunghe frasi su cosa dovevo fare. Il giorno della vendetta era arrivato. Arrivati in quel castello, grande come una montagna e largo come sette templi, ci preparammo per la battaglia. -Mei, cerca di stare attenta a come ti muovi, questo castello nasconde sicuramente delle trappole.- Mi disse lui. Io annuii e preparai la spada, con il robusto manico dorato. Camminai lentamente, guardandomi attorno. C'erano numerose pietre preziose che ornavano i muri. -Kei-kun...- Dissi con una voce tremula. -Quelle pietre...è possibile che siano trap...- Non feci in tempo a finire la frase che da uno Zaffiro uscì una raffica di pipistrelli a chiazza blu. -LA SPADA!- Mi urlò Kei. La afferrai e la agitai goffamente, riuscendo ad uccidere la maggior parte dei pipistrelli, al resto ci pensò mio fratello. -Dicevi?- Mi chiese poi. Io scossi la testa e feci una risatina. -Mi sono servite le tue lezioni. Grazie fratellon...-  Neanche qua riuscii a terminare la mia frase che dalle varie pietre uscirono strane risate, acute e stridule. In seguito ci furono tre secondi di silenzio, dopodiché, un'altro po' di pipistrelli che ci giravano attorno. -LUMINOUS!- Urlò all'improvviso Kei. Una luce si concentrò sulle varie pietre e si riflesse nelle grandi macchie dei pipistrelli che scomparvero subito dopo. Però, appena tutti i pipistrelli furono scomparsi, si sentì ancora una risata, questa volta molto grave. Si sentì l'eco per ben due minuti e intanto alcune parti del castello iniziarono a crollare. Grandi mattoni neri, che per poco non mi uccidevano. -Devi stare attenta, te l'ho detto! Tu non mi ascolti mai, forza vieni via.- Mi rimproverò Kei. Mi rannuvolai. Fare felice mio fratello era un'impresa per me, o così mi sembrava. Lo seguii, ero costretta, dato che mi stringeva forte il braccio e mi strattonava quando rallentavo. Dopo almeno cinque minuti di corsa arrivammo in un'altra stanza, dove c'era un grosso drago. Era blu, con i riflessi azzurro ghiaccio. Non sputava fuoco, aveva un alito di ghiaccio. Cercò di congelarci ma mio fratello gli dava colpi di spada. Quando il drago iniziò ad arrabbiarsi presi la mia spada e gliela porsi. -Ma sei matta?!- Mi chiese mio fratello spaventato. Lo rassicurai. -Il drago può aiutarci.- Gli dissi. Come per magia gli misi una mano sopra la testa e lo accarezzai. Lui mi aveva accettato. Gli dissi di venire con noi. Non so se l'abbia fatto come risposta alla mia domanda o perché ormai si era affezionato a me, però ci seguii. Kei mi guardò con aria stupita e poi mi sorrise. Ricambiai il sorriso e continuai a camminare verso un'altra stanza, dove si trovava un trono. -Sarà  per caso questa la stanza delle due sorelle?- Chiesi a Kei. Lui mi annuii, anche se era un po' incerto, dato che insieme a quel "si" ho notato delle spallucce. -Bravi ragazzi, siete riusciti a sfuggire a tutte le nostre trappole.- Disse una voce. -Ci avete pure addomesticato il drago. Ma che gentili, grazie!- Disse un'altra vocina. Dal trono spuntarono due ali, una nera e una viola. -Se siete venute per noi...- -...avete fatto tanta strada per niente!- Dissero le due voci una dopo l'altra. Subito dopo sputarono le due demoni. -Shi e Mayu!- Esclamai stupita. -Fate marcia indietro, lo sapete anche voi, che ormai quel vecchio regno, spetta solo a noi!- -Qui siete arrivati con forza e coraggio, ma resterete intrappolati, purtroppo fino a Maggio! Dissero. -Perché proprio fino a Maggio?- Chiesi io, mentre con la coda dell'occhio vidi che Kei mi guardava male. -Era per fare rima, non mi veniva niente!- Disse Mayu un po' irritata. Mi girai verso mio fratello e mi spaventai nel vedere che stava per esplodere. -BASTA! Siamo venuti per farvi fuori, non per chiacchierare!- Urlò prendendo la spada e salendo sopra il trono per arrivare più in alto. Shi si spostò per un pelo:- Farci fuori? Questo lo dite voi!- Esclamò prendendo uno strano scettro con un pipistrello nero in cima. -Black Heart!- Gridò, mentre dei cuori con ali di pipistrello di attaccarono. Uno riuscì a colpirmi, privandomi della spada. -Cavolo, la spada!- Urlai, cercando di recuperarla. Mayu fu più veloce di me e oltre a rubarmi la spada mi diede un bel colpo d'ali. -Grazie!- Mi disse tutta contenta. Anche lei tirò fuori uno scettro, il suo era viola però, con un pipistrello del medesimo colore. Kei mi guardò malissimo e diede un colpo di spada a Mayu, provocandole una grande ferita all'ala sinistra. Lei lasciò andare la spada dal dolore, così Kei la prese al volo e se la infilò nella cintura: Tu non meriti di prenderla, anzi, hai già  fatto troppo.- Così riprese il combattimento. Io ero stanca di essere trattata come una bambina, undici anni per lui erano pochi, non avrei avuto le stesse possibilità  che aveva lui nella vittoria, certo, ma potevo fare la mia parte. Non importa se aveva sei anni in più, volevo aiutarlo a tutti i costi. Come? Ancora non lo sapevo, non avevo la spada e non ero a conoscenza di incantesimi. L'unica cosa che potevo fare era distrarle a parole. -Ehi, bello il tuo vestito, dove l'hai preso?- Chiesi a Shi. -Non sono stupida, so che vuoi distrarci per facilitare il lavoro a tuo fratello!- Mi rispose. Fortunatamente, sua sorella non era così intelligente:-Ti ha fatto un complimento, almeno potevi dire grazie!- Shi la guardò male e le disse:-Mayu, apri gli occhi, vogliono ingannarci!- Mayu la fissò negli occhi. -No cara, devi dirle grazie, odio le antipatiche!- Shi la prese per la maglietta e le ridacchiò in faccia. -Allora dovresti odiarti!- Così iniziò il litigio fra sorelle. Kei mi guardò strano, forse era stupito che fossi riuscita a tenerle a bada? No, si stava chiedendo perché non avevo usato il drago. In effetti non ci avevo pensato. Il drago era fermo, quasi addormentato, non gliene importava molto della cosa. In ogni caso, Kei riuscì a ferire le due demoni. Shi e Mayu caddero a terra e dai loro scettri uscirono due spiriti. -Le abbiamo uccise?- Chiesi. Mio fratello scosse la testa. -Questi spiriti indicano la fine di una battaglia. Noi l'abbiamo vinta...si anche grazie a te.- Mi disse, sorridendomi. Io ero felicissima. Non resistetti: lo abbracciai forte, finalmente ero riuscita a renderlo felice. Tornammo a casa entusiasti, anche con il drago, che ci era servito, da portafortuna. Venimmo accolti come degli eroi, eravamo riusciti a fare qualcosa di utile per il popolo. Si, anche grazie a me.


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