Spesso quando si parla di remake si tende a focalizzarsi sull’aspetto grafico o contenutistico. La serie di Pokémon si discosta dalle altre anche su questo fronte, infatti il collezionismo è la ragione che sta dietro all’esistenza dei rifacimenti dei capitoli passati di questa serie. Durante il periodo della terza generazione è stato escogitato un sistema elaborato di videogiochi per poter permettere agli appassionati di completare il PokéDex Nazionale in modo da sopperire alla mancata possibilità di trasferire le creature dai giochi per il GameBoy Color a quelli dell’Advance. Si può discutere su come questa scelta fosse voluta ma ritengo plausibile la possibilità che i programmatori non fossero riusciti a trovare un modo per convertire il codice associato alle specie fittizie tra una console e l’altra, in un lasso limitato di tempo. Un fan sembra essere riuscito nell’impresa solo l’anno scorso, quasi vent’anni dopo l’uscita di Rubino e Zaffiro. Nonostante questa premessa, la coppia Rosso e Blu aveva davvero bisogno di una svecchiata, anche se erano usciti da meno di un decennio. I comandi del menù erano spartani, lo spazio limitato della borsa e del magazzino del Pc rendeva impossibile poter tenere tutti gli strumenti all’interno della partita, erano stati scoperti una quantità notevole di glitch che si incontravano andando solo poco al di fuori dei binari previsti dal gioco. Per non parlare del battle system sbilanciato che presentava meccaniche non funzionanti o che in seguito sono state rivisitate da zero perché erano troppo potenti. I colori erano quello che erano siccome il gioco è uscito in una console in bianco e nero ma anche quel poco che è stato aggiunto nell’edizione speciale Gialla sfigurava in confronto alla varietà presente nei seguiti più colorati. I remake intitolati Rosso Fuoco e Verde Foglia avevano tutto quello che c’era negli originali, eccetto la distribuzione dei Pokémon variata leggermente e l’assenza del minigioco segreto di Pikachu Surf della versione Gialla. In aggiunta questi rifacimenti possedevano dei contenuti aggiuntivi che ampliavano l’esperienza di gioco. Questi extra permettevano di dare un pizzico di novità a chi aveva già provato con mano il titolo vecchio, inoltre davano delle risposte ad alcune domande che la fanbase si faceva in quel periodo, trasformando il post-game in una sorta di capitolo intermedio fra le prime due generazioni.
I rifacimenti di Oro e Argento non erano necessari quanto quelli di Rosso e Blu: una buona parte di quello che era presente nella serie fin’ora derivava da lì e l’introduzione del Parco Amici in Diamante e Perla aveva risolto tutti i problemi relativi al collezionismo. In ogni modo la grafica di questi giochi presentava grandi margini di miglioramento, la nuova classificazione delle mosse fisiche e speciali aveva rivoluzionato il battle system e la regione di Kanto avrebbe avuto la possibilità di non essere più rappresentata in una maniera castrata per le limitazioni tecniche della memoria della cartuccia, dando finalmente l’impressione di avere due regioni complete da esplorare all’interno di un singolo gioco. Come nei remake precedenti, anche HeartGold e SoulSilver ha migliorato quasi tutti gli elementi già esistenti introducendone molti altri inediti. Inoltre queste iterazioni hanno inserito anche le novità esclusive di Cristallo che non andavano in collisione con quelle di Oro e Argento. Il problema del livellamento è stato attutito (soprattutto nella sezione di Kanto) ma non rimosso per non eliminare un elemento cardine che rendeva questa rivisitazione più fedele all’originale. Alcuni enigmi sono stati facilitati e la libertà di esplorazione della mappa è stata limitata leggermente per approfondire i leggendari di copertina e il loro legame con le Kimono Girls. Tutto questo amalgamare tra il vecchio e il nuovo, un rispetto per la fonte unito a un desiderio sincero di produrre qualcosa che mette d’accordo sia neofiti che veterani, porta una buona fetta di fan a considerare ancora questa coppia di giochi i migliori della serie.
La pratica dei remake, almeno nelle modalità con cui sono stati realizzati fin’ora, era sempre meno necessaria. Da allora il sistema di battaglia non ha subito sconvolgimenti rilevanti e l’unico miglioramento tangibile che si poteva ancora fare era il passaggio da una grafica bidimensionale a una tridimensionale. Nello stesso periodo in cui sono nate le rivisitazioni dei titoli più vecchi, le terze versioni sono diventate sempre più corpose a tal punto che Pokémon Smeraldo e soprattutto Platino possono essere definiti volgarmente dei mini-remake. Non solo, la coincidenza di questi periodi temporali mette in discussione la necessità di realizzare dei remake di giochi che avevano lo stesso stile dei vecchi remake. Da qui il rischio che questo modo di fare potesse diventare ridondante col passare degli anni, continuato per lo più come mezzo per ottenere un successo monetario sicuro più che come un’occasione per rivisitare un’opera con un certo standard. In base a queste premesse si sarebbe potuto prevedere una frattura di questo schema. Nonostante questo i remake di terza generazione sono stati dei buoni remake, non all’altezza delle aspettative stellari conferite dai suoi predecessori ma tutto sommato fedeli agli originali. L’assenza delle aggiunte e correzioni di Smeraldo e la semplificazione degli enigmi si è fatta sentire ma l’aggiunta dell’episodio Delta che richiama alla lontana la terza versione, ha avuto il coraggio di introdurre il concetto di multiverso all’interno della serie di Pokémon anche nel tentativo di contestualizzare la presenza delle megapietre e dei nuovi Pokémon all’interno di Rubino Omega e Zaffiro Alpha. Se solo più avanti questo spunto fosse stato sviluppato con criterio invece che alla rinfusa...
Qualche anno dopo sono usciti LGPE che all’interno di questo discorso sono un vero e proprio caso a parte. A partire dalla loro natura di secondo (!) remake dei giochi di prima generazione, pubblicati per cavalcare l’onda di Pokémon Go più che per seguire una direzione vera e propria. Questo si intravede nella quantità di scelte strane che sono state adottate per questi titoli: c’è stato l’inserimento sensato dei soli Pokémon di prima generazione ma non sono state inserite le loro evoluzioni cross-gen quando erano presenti le loro forme Alola, una semplificazione eccessiva delle meccaniche per un gioco diretto ai fan cresciuti durante la Pokémania che hanno decretato il successo di Go ma quella più bizzarra era la presenza di Rosso, Blu e Verde, non quelli dei giochi ma le loro controparti del manga! Una componente del franchise Pokémon che si può dire di nicchia rapportata a quella composta dai videogiochi o dall’anime (questa è stata l’unica volta in cui c’è stato un riferimento a Pokémon Adventures in un gioco della serie principale). Nonostante tutto quello che ho detto, Pokémon Let’s Go Pikachu ed Eevee sono ancora i giochi con la grafica migliore grazie al loro stile tutto sommato delizioso che ai miei occhi supera quello di Spada e Scudo e, in base ai pochi trailer visti, anche quello di Scarlatto e Violetto. Il che è strano a rifletterci su come dei titoli usciti successivamente sembrano più vecchi di quelli precedenti ma non divaghiamo ulteriormente.
I tanto attesi remake di quarta generazione Pokémon Diamante Lucente e Perla Splendente hanno mostrato alla comunità tutti i limiti di un modello ormai datato che è stato utilizzato fin’ora. E quando il procedimento standard per realizzare i remake necessita di un... remake allora c’è un problema serio alla base. Come ho accennato brevemente nei paragrafi precedenti, Pokémon Platino aveva già uno stile molto vicino a quello dei remake di Oro e Argento anche per via del fatto che era uscito un anno prima quindi già di suo non aveva bisogno di una revisione fatta in quella maniera. Per non parlare della ripetizione delle stesse mancanze presenti nei remake di terza generazione. Anche DLPS non aveva le aggiunte apportate in Platino, per di più era addirittura una copia 1:1 dei vecchi giochi con tanto di problemi derivati da un gioco trasposto senza tenere conto delle differenze tra una mappa 2D e una 3D. Solo dal post-Lega in poi erano inseriti alcuni contenuti provenienti dalla terza versione e alcuni easter egg interessanti. Dal rilascio dei concept art legati al remake traspare una grande amarezza, una sensazione spiacevole che scaturisce dalle potenzialità che questo titolo avrebbe potuto avere se le energie che sono state spese per realizzare il coraggioso Leggende Arceus fossero state utilizzate per rendere quei disegni una realtà col quale interagire.
Secondo me i remake possono ancora funzionare solo se gli sviluppatori sono in grado di cogliere le potenzialità date da un ambiente tridimensionale e da lì trovare un modo innovativo per convertire una mappa in griglia in un mondo più aperto di gioco, magari unito a un battle system che giochi con l’interazione degli elementi di gioco circostanti. Una fonte d’ispirazione può essere il filmato di presentazione di Pokémon Battle Revolution che prevedeva degli elementi mobili nello scenario che poi sono stati tagliati durante lo sviluppo per le limitate capacità tecniche del Nintendo Wii. Ho l’impressione però che il team di sviluppo sia ancora inesperto per fare un salto di qualità come questo, necessario per dare luce a una trasposizione adeguata. Vista la testardaggine di Game Freak a non voler collaborare con case più competenti e di sfornare giochi a ritmo annuale, in questo momento credo che a loro convenga lasciare da parte i remake per un po’ e di concentrarsi a rendere Leggende una serie stabile che accompagnerà i titoli della serie principale. Non sappiamo ancora se Pokémon Leggende Arceus rimarrà un gioco a sé stante o se sarà il primo capitolo di una sequela di videogiochi che diventeranno una presenza fissa ma sinceramente non vedo perché i creatori debbano lasciarsi sfuggire la possibilità di raffinare la formula di questo filone. I giochi Pokémon più recenti, nello specifico quelli a partire dalla quarta generazione, sono sempre stati infarciti di elementi di lore che poi gli ideatori hanno lasciato a loro stessi senza che venissero mai approfonditi. I Pokémon Leggende futuri possono essere un’occasione d’oro per riprendere quegli elementi che sono stati abbandonati per unirli in un contesto storico che abbia senso almeno all’interno della storia di quella regione, magari con meccaniche nuove e differenti fra un gioco e l’altro giustificate dalla varietà di ambientazioni tra il passato di una regione e l’altra. Per esempio Pokémon Nero e Bianco hanno dei rimandi a una storia millenaria dove Reshiram e Zekrom erano ancora uniti in un singolo Pokémon, da qui si potrebbe espanderla per collegarla alla trama dei capitoli di quinta generazione rendendolo una sorta di prequel della duologia. Siccome TPC e GF sono molto vicini a Nintendo, questa può essere un’occasione per la grande N di rilasciare BN e BN2 nello store del Nintendo Switch e addirittura inserire i codici per scaricarli gratuitamente all’interno della confezione del gioco Leggende ambientato nella versione antica di Unima per far avvicinare i neofiti a quei titoli proprio in mancanza di un loro remake (che non è necessario stando al discorso fatto fino ad adesso).