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[Traduzione] Dangerous Secrets - The Story of Iduna and Agnarr [CONCLUSO]


Snow.Queen

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Capitolo Ventiquattro

 

Agnarr

 

 

 

 

 

HAI IDEA DEL PANICO CHE HAI CAUSATO, Agnarr?” Domandò Lord Peterssen quando tornammo, esausti e stremati dalla nostra avventura, a tarda notte. Uno dei soldati ci aveva visti arrivare sul ponte e ci aveva trascinato entrambi al castello, sotto stretto ordine del reggente. “Sai quanti uomini hanno sprecato la loro giornata in cerca del tuo corpo, pensando che ti avremo trovato morto in un fosso da qualche parte? Non puoi semplicemente allontanarti in quel modo senza dire nulla a nessuno!”

          Sono crollato sulla mia sedia nella sala del consiglio, desiderando che il pavimento si aprisse e mi inghiottisse per intero mentre Iduna fu testimone della più grande ramanzina che ricevetti in vita mia.

          Una che meritavo completamente.

          “Senti, io—”

          “Ti avviso, non interrompermi in questo momento, Agnarr.” La voce di Peterssen non era mai stata così minacciosa—e delusa—di come lo fosse in questo momento.

          La mia bocca si chiuse. Aveva tutto il diritto di essere arrabbiato. Era già abbastanza grave che avessi lasciato il castello senza le guardie. Ma poi, mentre eravamo via, ci sono stati diversi attacchi violenti nelle colline vicine, tutti diretti contro i soldati supplementari che Peterssen aveva dispiegato per cercarci... per cercarmi. Mentre nessuno era stato ucciso, diversi uomini e donne erano stati curati per molte ferite. E quando furono interrogati, tutti raccontarono la stessa storia: strani uomini sono arrivati dal nulla, tutti che indossavano maschere raffiguranti il sole.

          Tutti minacciando il principe di Arendelle.

          Quando non mi hanno trovato, il castello ha pensato al peggio. Il consiglio aveva anche iniziato a pensare ad un nuovo piano di successione, per sicurezza.

          Per tutto il tempo che sono stato fuori a bighellonare con Iduna.

          “Non siamo andati molto lontano,” protestai, cercando in modo colpevole di giustificare le mie azioni. Ma non c’erano giustificazioni. Non importava quanto fossi infelice, non importava quanto avessi bisogno di evadere. Avevo infranto il protocollo. Avevo messo le persone in pericolo e avevo creato un’emergenza che aveva consumato le risorse del castello. Ero stato stupido e sconsiderato.

          Immagino quello che mio padre avrebbe detto se fosse ancora qui.

          “Non importa,” rispose Peterssen. “Gli attacchi sono successi tutti nelle colline vicine. E se questi uomini ti avessero trovato, tutto solo, senza protezione?”

          “Ehm… Iduna mi avrebbe protetto?” dissi, tentando debolmente uno scherzo per disinnescare la situazione.

          Pessima idea.

          Peterssen si passò una mano tra i capelli, frustrato con me. “Questo non è un gioco, Agnarr!” urlò. “Questi non solo pecore viola o spiriti immaginari. I nostri soldati sono stati attaccati da nemici della corona. Le persone si sono fatte male. I nostri cittadini sono terrorizzati. Ci sono state persino voci nel villaggio che i Northuldra siano tornati per vendicarsi.”

          “Questo è ridicolo!” Iduna, che fino a quel momento era rimasta in silenzio, scoppiò. Ma Peterssen non doveva essere dissuaso.

          “Lo è? Le maschere che indossavano raffiguravano il sole. I Northuldra sono il popolo del sole. Non ci vuole molto per fare una connessione.”

          “I Northuldra non indossano maschere del genere!” protestò Iduna. Sembrava nel panico. “E comunque, sono persone pacifiche. Non attaccherebbero mai qualcuno se non provocate!”

          Il volto di Peterssen è diventato minaccioso. “Basta, Iduna. Dico sul serio.”

          Lei lo osservò, come se volesse strappargli un arto alla volta. Mi allungai e le afferrai la mano, cercando di tranquillizzarla. Ma lei l’ha spinta via. Il suo intero corpo iniziava a tremare; era chiaramente allarmata all’idea che i Northuldra tornassero per prendersi la vendetta contro la gente di Arendelle—e il principe che non avrebbe mai dovuto scappare via quel giorno.

          “Calmati, Iduna!” cercai di rassicurarla. “Va tutto bene. Siamo al sicuro. Non permetteremo loro di prendere te o prendere me, o chiunque altro.”

          Ha posato il suo sguardo su di me, l’orrore nei suoi occhi. “Aspetta. Tu non credi siano stati loro, vero?” Gracchiò. “Non è possibile…”

          Peterssen si schiarì la gola. “Ovviamente non sappiamo chi ci sia dietro gli attacchi. Possiamo solo fare delle ipotesi. Ma detto questo, gli attacchi sono avvenuti—e sono state fatte minacce al principe.”           Mi diede uno sguardo duro. “Fino a quando non capiremo cosa sta succedendo, ho bisogno che tu stia nel castello. Chiuderemo i cancelli, sbarreremo le finestre. Sarai sempre sotto la protezione e la sorveglianza di una guardia completa.”

          Volevo protestare. Ma sapevo che quando Peterssen aveva quello sguardo nei suoi occhi, non si poteva discutere con lui, ed avevo causato abbastanza guai per una vita intera.

          Ma non potevo restare rinchiuso nel castello come un prigioniero.

          Almeno, non da solo.

          “Va bene,” dissi. “Rimarrò qui. Purché Iduna possa unirsi a noi.”

          “Cosa?” chiese sorpresa Iduna.

          Peterssen scosse la testa. “Iduna ha la propria casa.”

          “Già. Fuori dalle mura del castello. Dove mi hai letteralmente detto che non è sicuro.”

          “Non è sicuro per te, Vostra Maestà. Gli aggressori ti hanno minacciato personalmente. Non c’è motivo di supporre che Iduna potrebbe essere un bersaglio.”

          “Agnarr,” iniziò Iduna. La sua voce era severa. “Va tutto bene. Starò bene. Comunque, ho del lavoro da fare. I mulini a vento, ricordi? Ho delle persone che dipendono da me. Non posso rintanarmi qui e abbandonarli.”

          “Sì, ma se—”

          “Starò bene.” Questa volta lo disse a denti stretti, chiaramente infastidita. Questo solitamente mi avrebbe fatto indietreggiare immediatamente, ma ignorai il mio istinto migliore e continuai ad insistere.

          “Non puoi saperlo,” dissi arrabbiato. Perché era così testarda?

          “Agnarr—”

          Non ce la facevo più. “Iduna, ti ordino di rimanere nel castello. Per la tua sicurezza. Fino a quando la minaccia non sparirà.”

          “Scusami?” La sua faccia divenne viola. “Non puoi farlo!”

          “Sono il principe ereditario di Arendelle, quindi tecnicamente, posso,” urlai in risposta.

          L’attimo dopo che quelle parole uscirono dalla mia bocca le rimpiansi. Ero stato stupido, sgradevole, crudele. Verso di lei, verso tutte le persone.

          Lei mi guardava come se volesse colpirmi sulla bocca con un pugno.

          Peterssen scelse quel momento per intromettersi. “Principe Agnarr. Una parola, per favore?”

          Lasciai uscire un sospiro frustrato. “Bene.” Mi girai verso Iduna. “Ma non abbiamo finito di parlare.”

          “Oh, sì, abbiamo finito,” disse con una breve risata completamente priva di allegria. “Abbiamo proprio finito.”

          E con questo, si è spinta indietro sulla sua sedia e se n'è andata infuriata. L’ho inseguita, ma Peterssen mi ha afferrato il braccio.

          “Andiamo,” disse. “Lasciala andare. Puoi scusarti per essere stato una testa di legno più tardi. Adesso, tu ed io dobbiamo parlare. Faccia a faccia.”

          Riluttante, lo seguii nella biblioteca. Peterssen mi fece cenno di sedermi su una poltrona di pelle vicino. Mi sono accasciato, strofinandomi la faccia con le mani. Quando alzai di nuovo lo sguardo, lui si era seduto di fronte a me e si era appoggiato in avanti, con i gomiti sulle ginocchia.

          “Agnarr. Dobbiamo parlare di Iduna.”

          “Quindi sei d'accordo, allora. Dovrebbe rimanere nel castello fino a quando la minaccia non sarà passata,” dissi, sorpreso, ma felice che fosse dalla mia parte.

          Ma non fece altro che sospirare e scuotere la testa. Improvvisamente, sembrava molto vecchio. “Ascolta, so che sono quello che ha portato Iduna al castello la prima volta. Mi sentivo in colpa per la sua situazione—aver perso i genitori e tutto il resto. Ed ho pensato che fosse una buona cosa per te avere qualcuno della tua stessa età nel castello.”

          Ho annuito con impazienza. “Lo era. Lo è. Iduna è la migliore, per questo abbiamo bisogno che resti qui.”

          “Iduna è la migliore,” concordò Peterssen. “E noi tutti le vogliamo bene, Agnarr. Davvero. Ma…”

          “Ma cosa?” chiesi, iniziando a diventare esasperato.

          “Ma sto iniziando a preoccuparmi che tu le voglia bene in un… modo diverso da tutti noi.”

          Ho sentito il mio viso arrossire. Non perché fossi imbarazzato dai miei sentimenti per Iduna. Semmai, era diventato quasi impossibile non gridarli dai tetti. Ma allo stesso tempo, non ero stupido. Sapevo quello che il consiglio avrebbe pensato se fossero venuti a conoscenza della nostra relazione. A loro è piaciuta molto, come mia amica. Ma ai loro occhi non era una principessa. Nessuna futura regina.

          La mia espressione disse a Peterssen tutto quello che aveva bisogno di sapere. Annuì ma non parlò. Per diversi minuti l’unico suono nella biblioteca era il ticchettio di un vecchio orologio. Poi si alzò dalla sedia. Si diresse fuori sul balcone ed osservò il villaggio al di sotto.

          “Forse se fosse un'altra epoca,” pensò. “Forse se le cose non fossero così instabili. Forse se tuo padre non fosse stato ucciso. Se i soldati non fossero stati attaccati da uomini in maschera.”

          “Questo non ha niente a che fare con Iduna!”

          “Tuttavia ha tutto a che fare con te.” Peterssen ora sembrava triste. “Arendelle ha perso il suo re in una notte. Ho cercato di essere il miglior reggente possibile, ma le cose sono diventate instabili. I cittadini sono a disagio di nuovo. Lo saranno ancora di più ora, dopo gli attacchi. E di questi tempi, guardano alla corona per alleviare le loro paure.”

          Si girò dal balcone per incontrare il mio sguardo. “Significa che devi essere il re che loro hanno bisogno che tu sia. E gran parte di questo riguarda il matrimonio con un'altra forte famiglia reale. Formare un’alleanza che possa aiutare a proteggere Arendelle negli anni a venire.”

          Ho chinato la testa, il cuore mi è crollato in ginocchio. Lo stomaco mi sentivo come se avessi inghiottito del piombo.

          Ma questo non cambiava quello che provavo per Iduna. La mia bellissima, intelligente, divertente migliore amica.

          Come avrei potuto sposare qualcun’altra? Qualcuna che era destinata ad essere inferiore a Iduna in ogni modo possibile. E una volta sposato, cosa sarebbe successo alla nostra amicizia? Sembrava improbabile che avremmo passato del tempo insieme una volta che avessi avuto una moglie, almeno da solo. Non sarebbe stato appropriato.

          Se solo fossi nato contadino. Un figlio di un soldato, forse. Se solo Mattias fosse stato mio padre invece di quello che ho avuto attualmente. Avrebbe adorato Iduna. Specialmente la sua incredibile risata. Mi ricordava lui. Chiusi gli occhi, immaginando loro due insieme.

          Ed improvvisamente ho compreso il dolore di mia madre. Perché aveva abbandonato quello che aveva. Intrappolata in un matrimonio senza amore con mio padre. Forse anche lei, aveva amato qualcuno là fuori nel mondo una volta, qualcuno che il cuore le diceva essere quello giusto quando tutti gli altri le dicevano che era sbagliato.

          Forse ha dovuto lasciarlo indietro quando è arrivata ad Arendelle per diventare la nostra regina.

          Peterssen mi stava osservando, uno sguardo triste sul suo viso. Triste e… se non lo conoscessi bene, avrei detto anche colpevole. Cosa stava nascondendo? Gemetti. Proprio quello di cui avevo bisogno—altri segreti. “Cosa non mi stai dicendo?” domandai, finalmente in grado di chiedere per le risposte che aspettavo da tempo.

          “Agnarr—” Ma in quel momento il capitano delle guardie arrivò, il viso era pallido.

          “C’è stato un altro attacco!” riportò. “Un cittadino questa volta, dentro ad Arendelle. Stava lasciando il suo negozio quando è successo. Un uomo con la maschera del sole è uscito fuori ed ha iniziato a picchiarlo. È a malapena riuscito a difendersi, e l’uomo è corso via.” Fece una pausa, poi aggiunse. “Ha detto di essere abbastanza sicuro che fosse un Northuldra.”

Peterssen fece uscire un ringhio sommesso. “E immagino che si andato a giro, raccontando a tutti questa storia?”

          “Non ne ha avuto bisogno. Tutti si sono già riuniti in piazza per sentirlo parlare. Sono spaventati a morte. Stanno parlando di formare una milizia. Dicono che se la corona non li protegge, si proteggeranno da soli.”

          “Questo deve finire!” esplose Peterssen. Lasciò andare la ringhiera del balcone e ha attraversato la biblioteca fino alla guardia. Per qualche momento, hanno conferito così a bassa voce che non riuscivo a sentire. Poi Peterssen si girò verso di me.

          “Agnarr, è passato il tempo di andare a parlare alla tua gente. Devi promettere loro che prenderai provvedimenti. Che farai tutto quello che è in tuo potere per tenerli al sicuro.

          Annuii rigidamente. “Dimmi solo dove e quando.”

          Le spalle di Peterssen si rilassarono. Parlò di nuovo alla guardia. “Dì a tutti che il principe parlerà alle persone tra dieci minuti. Assicurati che ascoltino.”

          La guardia salutò, poi scomparì dalla porta, seguita da Peterssen. Mi avventurai verso le finestre della biblioteca e guardai verso le strade sottostanti. I cittadini di Arendelle stavano fremendo con ansia. Sembravano tutti spaventati.

          Peterssen non si sbagliava. Avevano bisogno di un leader. Avevano bisogno di un re.

          Solo non ero più sicuro di voler essere io.

          “Celarlo, domarlo,” sussurrai a me stesso. Era la sola cosa rimasta da fare.

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Capitolo Venticinque

 

Iduna

 

 

 

 

 

E VISSERO TUTTI FELICI E CONTENTI!”

          Chiusi il libro, sorridendo ai bambini che sedevano su un tappeto colorato nella calda e accogliente biblioteca di Arendelle. Ce n'erano solo una manciata oggi, anche se di solito almeno una dozzina venivano al mio racconto settimanale dopo che la scuola era finita. Immaginai che il resto dei loro genitori li aveva tenuti a casa, troppo spaventati di uscire per le strade di Arendelle dopo tutte le recenti violenze.

          Era passata una settimana dal primo attacco, ma gli atti apparentemente casuali erano proseguiti con una frequenza allarmante. La gente di Arendelle viveva nella paure—non sapendo cosa ci fosse dietro l’angolo. Il castello aveva chiuso i cancelli. A nessuno era permesso entrare o uscire fino a quando non avessero determinato cosa stesse succedendo. I soldati hanno aumentato le loro pattuglie, ma non sembravano fare nulla di buono. Gli attacchi continuavano. E nessuno sapeva chi ci fosse dietro.

          Erano tempi spaventosi.

          Ma ho mantenuto una faccia coraggiosa, continuando ad incontrarmi con gli agricoltori per aiutarli con i loro mulini a vento. Dicevano sempre quanto fossi coraggiosa, una donna che viaggia da sola in tempi di tali disordini. Ma la paura non avrebbe alimentato i loro mulini, non avrebbe pompato la loro acqua. Non avrebbe sfamato i loro bambini.

          Ho anche tenuto il passo con il tempo della storia. Sapevo che era qualcosa che i bambini—soprattutto gli orfaninon vedevano l'ora di fare ogni settimana. Le loro vite erano state capovolte. Volevo dare loro qualcosa di felice e sicuro da apprezzare.

          Sorrisi al mio piccolo gruppo. “Qualche domanda?” chiesi, mettendo il libro sulle ginocchia.

          Un bambino di circa sette anni alzò la mano. “Gli uomini mascherati cattivi verranno ad ucciderci tutti?”

          Sospirai. Intendevo domande riguardo la storia che avevo appena finito. Ma sapevo che era difficile concentrarsi sulle favole in questo momento, quando la vita reale era diventata così spaventosa.

          “Ma certo che no,” gli assicurai. “Non saranno nemmeno in grado di avvicinarsi. Non quando ci sono soldati così meravigliosi e coraggiosi che pattugliano le strade di Arendelle. Sono intelligenti e forti e ci terranno al sicuro.”

          Una bambina di circa quattro anni alzò la mano. “Ho paura, Signorina Iduna,” disse, poi si infilò il pollice in bocca.

          “Va bene aver paura,” la rassicurai. “Sai, a volte ho paura anche io.”

          I bambini mi fissarono, ad occhi così spalancati che quasi mi veniva da ridere. Per loro, io ero un adulto. E gli adulti non dovevano avere paura.

          Se solo sapessero.

          “Sapete cosa faccio quando ho paura?” chiesi, posando il libro al mio fianco. “Canto.” gli sorrisi. “Qualcuno vuole cantare con me adesso?”

          Tutti lo volevano, naturalmente, e così ho insegnato loro una stupida canzone sulle renne e le carote e un maiale davvero testardo. Alla fine, stavano tutti ridendo istericamente e nessuno sembrava più spaventato.

          “Okay,” Dissi, alzandomi in piedi. “Spero di vedervi la prossima settimana!”

          Si sono allontanati, parlando tra di loro. Alcuni stavano ancora cantando. Li osservai andare via, sentendo un calore nel mio cuore.

          “Sei così buona con loro,” si complimentò con le la Signora Reedy, la bibliotecaria, che si stava avvicinando a me. “Sono fortunati ad averti.”

          “Io sono fortunata ad avere loro,” le assicurai. “Loro mi fanno sempre sorridere.”

          “La nostra Iduna, cosa faremmo senza di te?” dichiarò la Signora Reedy, attirandomi per un abbraccio. “Sei un vero dono per Arendelle. Una principessa del popolo!”

          L'ho derisa, anche se il suo commento mi ha ferito un po' più di quanto volessi ammettere. Non che lei se ne rendesse conto, ovviamente. “Oh sì! Una vera principessa,” scherzai, “in stivali macchiati di fango.”

          Dopo che ci siamo salutate, mi sono diretta fuori dalla biblioteca. Il mio piano era di cucinare il pane per alcune delle signore e degli uomini più anziani della città che erano troppo malati o troppo preoccupati per andare al mercato. Stavo ancora imparando a cucinare, ora che avevo la mia cucina. Ed alcuni dei miei risultati erano stati… discutibili. Ma comunque, c’era qualcosa in tutto questo che faceva sempre in modo che la mia mente inquieta di riposasse. L’atto di misurare ogni ingrediente in modo così preciso e creare qualcosa di completamente nuovo in qualche modo mi faceva sentire a mio agio.

          Mi faceva dimenticare, per un attimo, anche di Agnarr.

          Non lo avevo più visto dalla notte in cui avevano chiuso i cancelli del castello, la notte del severo promemoria di Peterssen e la nostra lite. Era stato portato su un palco di fortuna nella piazza del paese, circondato da un numero ridicolo di guardie e vestito con la sua uniforme militare ufficiale di Arendelle. Ho lasciato il castello dopo la nostra discussione, infuriata per il modo in cui aveva agito con superiorità e prepotenza e guardato da lontano tra la folla mentre faceva un grande discorso sul lavoro per sradicare il nemico e tenere Arendelle al sicuro. Era la sua priorità numero uno.

          E dovevo ammettere che sembrava e parlava come un vero sovrano.

          Mi mancava più di quanto volessi ammettere, ma ero ancora sconvolta riguardo la nostra ultima conversazione, quando quando si era bevuto l'idea che i gentili e pacifici Northuldra potessero essere responsabili di questi attacchi. Avevo pensato che fosse diverso, l’unico che credeva, come me, che c’era molto di più nella storia di quel giorno alla diga. Ma si è scoperto che quando la pressione si faceva sentire, era come tutti gli altri, lasciando che la paura e i pettegolezzi lo guidassero.

          Sospirai, prendendo la mia chiave per aprile la porta del mio piccolo rifugio. È stato meglio così, dissi a me stessa. Io ed Agnarr comunque non avremmo avuto un futuro. Tutto quello che avevamo condiviso non era stato niente più di un bellissimo sogno.

          Ed era tempo che mi svegliassi ed affrontassi la realtà.

 

_______

 

 

Avevo appena tirato fuori dal forno la mia ultima pagnotta di pane fresco caldo e fumante quando ho sentito bussare alla mia porta. Fui sorpresa di vedere Peterssen dall’altra parte. Fui sorpresa di vedere Lord Peterssen dall’altra parte. Da quello che avevo saputo, non lasciava più molto spesso il castello, specialmente adesso, con i cancelli chiusi. Ma era da solo, senza nessuna guardia, che aspettava alla porta d’ingresso.

          L'ho fatto entrare velocemente.

          “Mi dispiace di essere arrivato senza preavviso, disse, togliendosi il cappello, e poggiandolo sul tavolo. Notai che i suoi capelli avevano iniziato a diradarsi. E potevo vedere ombre di tensione sul suo viso.

          “Non è un problema,” gli assicurai. “Volete del tè?

          Non era la domanda che avrei voluto fargli, naturalmente. Volevo chiedergli se si erano organizzati per capire chi c'era dietro gli attacchi. E volevo chiedergli di Agnarr. Come se la stava cavando?

          Gli mancavo?

          Peterssen scosse la testa. “No, ti ringrazio,” disse. L'ho sorpreso mentre guardava verso la porta. “Ascolta, ho bisogno di dirti qualcosa di importante. Posso parlare francamente?”

          La paura mi attraversò alle sue parole, ma ho mantenuto il mio livello di tono. “Sì, certamente,” dissi.

          “In un tentativo di scoprire la fonte dei recenti attacchi il consiglio ha chiesto l’aiuto di uno specialista. Il suo nome è Sorenson ed è uno scienziato di un certo livello. Afferma di aver creato un test infallibile per scoprire le menzogne. Il consiglio ha in mente di usarlo su ogni cittadino di Arendelle per scoprire cosa possono sapere riguardo gli uomini con la maschera del sole.” Sembrava pentito. “Faranno domande. Tante domande. Esamineranno le storie di tutti.”

          Lo fissai con orrore. “Tutti?” sussurrai, realizzando cosa potesse significare. “Anche… la vostra?”

          “No. Io no. E probabilmente anche Agnarr sarà risparmiato. Tu, comunque…” Si allontanò, dandomi uno sguardo consapevole.

          Non doveva andare avanti per farmi capire il significato. “Io non ho fatto nulla di male,” protestai, il mio cuore batteva nel mio petto. “Ero solo una bambina quando tutto è successo.”

          “Questo lo so, naturalmente. Ma le persone del villaggio sono su tutte le furie. La loro paura passa per le strade. È irrazionale, ma reale. E pericolosa. Se venissero a sapere che la corona ha dato asilo ad una Northuldra per gli ultimi cinque anni… se sapessero che il loro futuro re è innamorato di una di loro…”

          Lo fissai sorpresa. Avevamo fatto di tutto per essere prudenti. “Lord Peterssen—io—

          Mi ha fatto un cenno con la mano, con l'aria stanca. “Non sono cieco, va bene? So di te e di Agnarr. Potrei averlo saputo prima che lo sapeste voi stessi. Il vostro segreto è scritto sulle vostre facce. Negli sguardi che vi scambiate a vicenda quando pensate che nessuno vi stia guardando.” Sospirò profondamente. “Non avrei mai dovuto portarti al castello. È stata una follia! Volevo solo aiutarti. E dare al principe una possibilità di avere un vero amico. Se avessi avuto il minimo sentore di quello che sarebbe successo…” Si guardò le mani. “Era ovvio, ovviamente. Ed ora…”

          Il mio cuore batteva contro la gabbia toracica. Ogni battito sembrava come un pugno. “Cosa dovrei fare?” chiesi, la mia voce rauca. “Dovrei lasciare il villaggio?”

          “No. Le guardie fanno così tante domande alla gente che entra ed esce dal villaggio che se te ne andassi adesso, susciteresti solo sospetti. Ma se rimani, non posso garantirti che non verrai chiamata per un interrogatorio. Farò del mio meglio per proteggerti. Sei la migliore amica del principe. Oltre ogni sospetto. Costi quel che costi. Ma se iniziassero ad indagare, potrebbero iniziare a capire le inconsistenze nella tua storia.” Si affrettò a pronunciare la frase successiva, come se gli facesse male dire le parole ad alta voce. “E se scoprissero chi sei veramente? Beh, temo che non ci sarebbe molto che io possa fare.”

          Alzai il mento con sfida. “Beh, forse è arrivato il momento che la verità venga a galla comunque. Non mi vergogno di chi sono. Da dove vengo. Forse è il momento di essere sincera. Lasciare che mi giudichino come vogliono.”

          “Questo è molto nobile,” disse Peterssen con un sorriso ironico, quasi come se si aspettasse che questa fosse la mia risposta. “E in altre circostanze, concorderei che sarebbe il piano migliore. Sfortunatamente, in questo caso, non sei l'unica a rischiare di perdere tutto. Non gli ci vorrebbe molto per capire il mio coinvolgimento nella questione. Mi spoglierebbero del mio titolo. E possibilmente inizierebbero anche una sfida alla pretesa al trono di Agnarr. Come può governare efficacemente un regno, gli chiederanno, se è innamorato del suo nemico numero uno?”

          “Ma questo è ridicolo,” ho detto. “I Northuldra non sono i nemici! Non ho mai visto uno di loro durante tutta la mia permanenza qui! Chiunque ci sia dietro a questi attacchi sta fingendo di essere loro. Io ed Agnarr visitiamo la nebbia due volte all’anno. Sono ancora intrappolati!”

          “Questo lo so bene tanto quanto te,” mi assicurò Peterssen. “Ma non fa nessuna differenza. La paura li farà agire senza ragione. E se Agnarr sarà giudicato inadatto a governare, il regno cadrà in un ulteriore caos. Non ci sarebbe un chiaro erede al trono. E senza di me, non ci sarebbe nessuno che si farebbe avanti per comandare. I regni vicini vedrebbero certamente aprirsi un’opportunità. Le Isole del Sud, per esempio, hanno sempre invidiato la nostra posizione nell’Arenfjord. Il Regno di Vassar è un valido partner commerciale, ma non esiterebbe a trarne vantaggio se ne vedesse l’opportunità.”

          Chiusi gli occhi. “Non voglio sentire altro,” dissi. Potevo accettare la responsabilità per il mio destino, ma era ingiusto mettere l’intero futuro del regno di Arendelle sulle mie spalle. “Non avrei mai dovuto acconsentire a tutto questo. Avresti dovuto lasciarmi in quell’orfanotrofio. O ancora meglio, arrestarmi il primo giorno e considerarmi una traditrice.”

          “No.” l’espressione di Peterssen era fiera. “Mi rifiuto di rimpiangere la mia decisione di salvare una bambina innocente. Sei stata un meraviglioso dono per questo regno. Una risorsa, non un pericolo. Il lavoro che hai svolto con gli agricoltori e i loro mulini? Iduna, non potrei essere più orgoglioso della giovane donna che sei diventata. È solo… desidererei che le cose fossero diverse, ecco tutto.”

          Si alzò in piedi. “Devo andare. Ho un incontro con il consiglio per discutere di questo test di rilevamento delle bugie che vogliono usare. Farò quello che posso per difenderti, come ho sempre fatto. Ma devi stare in guardia. Se ci tieni ad Agnarr come penso che tu ci tenga, non dire nulla. Non fidarti di nessuno. La sua sicurezza è nelle tue mani.”

          Uscì, i suoi passi pesanti e lenti. Lo osservai andarsene, sentendo le lacrime che mi scendevano sulle guance. Non mi preoccupai nemmeno di asciugarle. Cosa dovevo fare? Mi ero quasi intrappolata in una situazione impossibile. Una situazione che non avrebbe distrutto solo me, ma probabilmente l’intero regno di Arendelle.

          Per non parlare dello stesso Agnarr.

          Sospirai, sentendo il peso del mondo sulle mie spalle. Tornai in cucina per stendere dei canovacci sopra le pagnotte di pane fresco quando sentii bussare di nuovo alla porta. Peterssen era tornato? O forse erano le guardie con il loro test delle bugie?

          Camminai verso la porta, facendo un respiro tremolante. Chiunque fosse, potevo farcela, mi dissi. In qualche modo. In qualche maniera…

          Aprii la porta.

          Agnarr era in piedi dall’altra parte.

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Capitolo Ventisei

 

Iduna

 

 

 

 

 

AGNARR È ENTRATO IN CASA MIA. “DOBBIAMO parlare,” disse.

          Sono andata a chiudere frettolosamente la porta dietro di lui. “Non dovresti essere al castello?” chiesi, irritata per il suo tono imperiale mista al sollievo di rivederlo. Era vestito in modo insolito, con una camicia nera a tinta unita e pantaloni abbinati. Un grande cappello era stato tirato basso sopra i suoi occhi. Non esattamente il suo solito abbigliamento regale. “E comunque, cosa diamine stai indossando?”

          “Mi sono travestito, ovviamente.”

          “Ovviamente,” ripetei, una punta di sarcasmo nel mio tono. Sapevo che avrei dovuto dirgli di andare via. Si stava mettendo in pericolo venendo qui. Per non parlare del fatto che ero ancora arrabbiata per il nostro litigio—le sue supposizioni sui Northuldra, la sua spavalderia. Ma per quanto sapessi che avrei dovuto spingerlo fuori dalla porta, scoprii di non averne la forza. Era troppo bello vederlo. Mi mancava così tanto che mi faceva male. E il dolore che si era sedimentato nel mio stomaco ora era terribile e meraviglioso allo stesso tempo.

          “Cosa succede?” chiese Agnarr, avvicinandosi a me, i suoi occhi verdi brillavano con preoccupazione. “Stai piangendo?”

          “No!” Ho risposto mentre un singhiozzo mi sfuggiva dalla gola. Mi diede uno sguardo scettico. “Okay, va bene. Forse un poco.” Ero stanca. Molto stanca.

          Agnarr annuì. “Questo è colpa mia,” disse. “Mi dispiace tanto non essere potuto venire prima. Volevo farlo. Lo sai questo, vero?” Osservò la mia faccia per una conferma.

          Annuii. “Certo.”

          “Comunque, mi dispiace di essere stato un tale mascalzone al castello. Non avrei mai dovuto ordinarti di restare. Tu sei la tua persona, Iduna. Lo sei sempre stata. È una delle innumerevoli qualità che adoro di te. È stato sbagliato da parte mia mettere da parte tutto questo per il mio interesse personale.” Mi diede uno sguardo supplichevole. “Ero spaventato. La gente è stata picchiata a mio nome.”

          “Dai malvagi Northuldra,” Non potei fare a meno di mormorare.

          Agnarr si fermò, guardandomi attentamente. “Attualmente, non credo siano stati loro.”

          Alzai lo sguardo, sorpresa. “Non credi? Ma hai detto—”

          Ondeggiò la mano. “Lo so. Ero nel panico. Sono saltato alle conclusioni. Ma ora che ho avuto il tempo per pensarci, non ha senso. È proprio come gli spiriti maligni. La gente ha bisogno di qualcuno da incolpare. Ma non ci sono prove che dimostrano che siano stati loro. Ho fatto qualche ricerca anche in biblioteca. Questi assalitori usano spade. E niente di quello che ho letto ha affermato che i Northuldra abbiano spade. Ed i loro vestiti! Non so se te lo ricordi, ma i Northuldra si vestono simili ai raccoglitori di ghiaccio. Gli assalitori indossano camice con bottoni sopra.” Ha passato una mano tra i suoi capelli corti. “Non ha senso.”

          Il sollievo mi invase alle sue parole. Volevo avvolgere le braccia attorno a lui. Il fatto che non si fosse arreso alla paura. Il fatto che avesse fatto delle ricerche e fosse giunto alla sua personale conclusione basandosi su prove concrete piuttosto che sulla paura o sulla fantasia.

          Sarebbe diventato un grande re.

          “Chi pensi che sia, allora,” chiesi cautamente, “se non i Northuldra?”

          “Non lo so,” rispose. “Potrebbe essere un altro regno che vuole indebolirci. Potrebbe essere qualcuno qui all’interno che vuole sfidare il mio diritto al trono. O perfino qualcuno a cui non piaccio per ragioni personali.” Sorrideva in modo strano. “Anche se a chi sano di mente non piacerei, vero?”

          “Mi sei mancato,” ammisi. “Ed apprezzo le scuse. Dispiace anche a me.” Gli ho regalato un sorriso dirompente. “In verità, probabilmente sarebbe stato più sicuro per me rimanere al castello. Sono stata testarda.”

          Si morse il labbro inferiore. “Quindi, mi perdoni?”

          “Ti perdono. E verrò a stare con te al castello. Se mi vuoi ancora.”

          La faccia di Agnarr si illuminò e improvvisamente mi sono sentita un po' in colpa per il mio secondo fine.

          Se fossi nel castello, il ventre della proverbiale bestia, sarei più probabilmente risparmiata da queste interviste che rilevano le menzogne e da tutte le ricadute che ne deriverebbero. Potevo nascondermi in piena vista.

          “Davvero? Sei sicura?” chiese, la speranza si diffondeva sul suo viso. “Non devi…”

          “Lo so.” deglutii. Sembrava così felice, il che rendeva quello che avevo da dire ancora più difficile. Ma doveva essere detto, per quanto doloroso fosse. Le precedenti parole di Peterssen avevano portato a questo punto.

          “Verrò,” ripetei. “Ma ho una condizione.”

          Agnarr sorrise ampiamente. La sua voce prese un tono gioviale. “Cosa c'è, bella fanciulla? Che sia metà del mio regno, sarà tuo!” dichiarò a gran voce, afferrandomi la mano e baciandola con riverenza.           “In realtà, tutto il il mio regno, se lo desideri! Semplicemente dì una parola.”

          Con sforzo, sono riuscita a tirare via la mano. Mi schiarii la gola. “Dobbiamo smetterla, Agnarr. Qualunque cosa sia.”

          Il sorriso scomparve dalle sue labbra. “Cosa? Di cosa stai parlando?”

          “Questa cosa—tra me e te. Non può continuare. Dobbiamo smetterla. Oggi.”

          O rischi di perdere più di quanto tu possa immaginare…

          Sembrava terrorizzato. “Non puoi essere seria, Iduna—”

          “Lo sono. Ci siamo spinti troppo oltre con tutta questa storia. È stato divertente, ma deve finire.”

          Divertente. La parola sembrava come segatura sulla mia lingua. Era stato molto più che divertente. Era stato tutto. Era stata la vita stessa. E l’ultima cosa che volevo era di liquidarlo in modo così disinvolto.

          “Sei il principe, Agnarr,” dissi, proseguendo. “Devi sposare una principessa. Non avremmo mai dovuto iniziare tutto questo. E più andiamo in fondo, più difficile sarà uscirne. Più sarà doloroso.”

          “Non mi ami?”

          Ho chinato la testa. Una parte di me voleva mentire, dire che non l’avevo mai amato, che era tutto un gioco. Spingerlo via, ferirlo così profondamente che sarebbe rimasto alla larga.

          Ma non potevo farlo. Perché lo amavo. Lo amavo più di qualsiasi altra cosa al mondo.

          “Certo che sì, Agnarr,” dissi con voce dolce. “Ti amo con tutta me stessa. Ma devo anche essere realistica. Non potremo mai stare insieme. Il regno non lo accetterà.”

          “Facciamo saltare il regno.”

          “Non dici sul serio. Tu adori la tua gente. E loro hanno bisogno di te. Specialmente adesso. Non possiamo essere egoisti.”

          Lui chiuse gli occhi, cercando chiaramente di riprendere il controllo delle sue emozioni. Potevo sentire il ritornello che risuonava chiaro nella sua testa come se lo stesse gridando a squarciagola. Celarlo, domarlo. Odiavo quel suo mantra. Ma in questo momento, era l’unico modo.

          Aprì gli occhi. Il suo volto ha assunto un'espressione di determinazione. “Bene. Accetto le tue condizioni per adesso. Ma non sono d’accordo che il nostro amore sia senza speranza. Il nostro amore è potente. Può muovere i ghiacciai. Non lo lascerò semplicemente appassire e morire. Troverò un modo per far sì che il consiglio lo accetti. Perché questo funzioni tra di noi.”

          Poi mi afferrò, premendo le sue labbra contro le mie, stringendo il mio viso con le sue mani forti. Un bacio duro e disperato. Per un momento, considererai l’opzione di allontanarmi—ma alla fine, scoprii di non poterlo fare.

          Perché questo poteva essere il nostro ultimo bacio per molto tempo.

          Forse per sempre.

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Capitolo Ventisette

 

Iduna

 

 

 

 

 

SEI BELLISSIMA, MIA CARA! COME UNA VERA signora del castello!”

          Gerda ha battuto le mani in eccitazione mentre uscivo da dietro il paravento. Sentii le mie guance arrossire mentre avanzavo davanti allo specchio a tutto campo e ho intravisto il mio riflesso nel vetro. L'abito che il custode del castello aveva scelto per me era di un blu intenso che si abbinava ai miei occhi. Mi si stringeva in vita e poi mi cadeva ai piedi in ampie fasce di seta morbida e ricca. Era il vestito più bello che avessi mai indossato, e non potevo fare a meno di chiedermi cosa avrebbe pensato Agnarr quando lo avrebbe visto.

          Non che importasse più.

          Mi trovavo al castello da due settimane ormai, anche se sembrava un’eternità. Anche se era una struttura immensa, in qualche modo non importava dove decidessi di andare, mi imbattevo sempre in Agnarr. E mentre cercavamo di essere amichevoli l'uno con l'altro, c'era un imbarazzo insopportabile che cresceva tra di noi. Il modo in cui mi guardava con quegli occhi feriti. Il modo in cui mi sforzavo di voltarmi, anche se tutto quello che volevo era lanciarmi tra le sue braccia e non lasciarlo andare più.

          Ma non sarebbe successo. Non poteva succedere, specialmente non dopo stasera. Il regno stava organizzando un enorme ballo per festeggiare l’arrivo della Principessa Runa e di suo padre, Re Nicholas del regno di Vassar. Avevo paura di questa visita da quando Agnarr mi ha parlato per la prima volta di Runa, e avevo escogitato ogni sorta di scusa per non andare al ballo. Una cosa era sapere che finalmente si sarebbero incontrati, un'altra era vederlo con i miei occhi.

          Ma alla fine, ho deciso di andare. Per dimostrare a me stessa che potevo. Che ero forte abbastanza da superarlo.

          “Stai bene, tesoro?” chiese Gerda, osservandomi con preoccupazione. Realizzai, in ritardo, che mi ero lasciata sfuggire delle lacrime, che scendevano dagli occhi. Avevo pianto molto ultimamente, nascosta nella mia piccola camera degli ospiti in fondo al castello. Per aver perso non solo il mio vero amore, ma anche il mio migliore amico.

          Non credevo che facesse tanto male.

          “Sto bene,” dissi, asciugando con decisione le mie lacrime. “Sono solo sopraffatta… il vestito… grazie.” Ho iniziato a spingere le spalle per toglierlo. Ma Gerda mi fermò, con uno sguardo severo negli occhi. La osservai mentre camminava verso la porta e girava la chiave nella serratura, facendomi cenno di sedermi. Ho brontolato interiormente. Avrei dovuto capire che Gerda mi conosceva troppo bene per credere che avrei pianto per un vestito, non importava quanto bello fosse.

          “Mia cara ragazza,” disse, tornando indietro verso di me e conducendomi sul letto. “Sono stata la custode del castello per anni. Non c'è molto che non veda.” Mi diede uno sguardo comprensivo. “Tu ed Agnarr. Avete litigato?”

          Scossi la testa, fissando le mie ginocchia. “Non esattamente.”

          “Ma vi state evitando a vicenda.” Potevo sentire gli occhi di Gerda su di me. “Questo ha qualcosa a che fare con l’arrivo dei nostri ospiti?”

          La mia testa di voltò nella sua direzione prima che potessi fermarla. Mi fece un sorrisi gentile. “Non sono cieca, tesoro,” disse, allungandosi per avvolgere le mie mani nelle sue. “So cosa sta succedendo tra voi due.”

          Il mio cuore batteva con paura. “Per favore, non dire nulla!” La pregai. “È finita, comunque. Non stiamo più insieme.”

          Gerda mi ha guardato con pietà. “Mi dispiace di sentire questo, cara. Facevamo tutti il tifo per te. Facevate proprio una bella coppia. Ed eri così perfetta per il nostro Agnarr.”

          Le lacrime mi riempirono di nuovo gli occhi. Questa volta non mi preoccupai di fermarle. “Anche lui era perfetto per me,” ammisi. “Ma non avrebbe mai funzionato. Deve sposare una principessa. Ed io non sono certamente una principessa,” aggiunsi con enfasi.

          Il volto di Gerda si accigliò. “Ah, giusto. Di nuovo quel marciume. Non posso credere che il consiglio si attenga ancora a queste sciocchezze. Dopo che ha funzionato così bene per Runeard e Rita.”

          Inclinai la testa. “Rita?”

          “La madre di Agnarr,” disse Gerda con un sorriso malinconico. “Era un’anima dolce. Così intelligente, creativa. Quando rideva, non potevi fare a meno di ridere con lei,” I suoi occhi sembravano distanti mente ricordava. “Ma mentre gli anni passavano, la sua risata iniziò a scomparire. Era così triste. Le mancava tanto casa sua. Ma Runeard non lo ha mai capito,” aggiunse. “Cercava di dargli tutto, ma lei non voleva nulla. Nulla ad eccezione della sola cosa che non avrebbe mai voluto. La libertà.”

          “Perché nessuno non ha mai parlato di lei?” chiesi.

          La faccia di Gerda si rabbuiò. “Runeard lo proibì. Quando scappò via, ha messo sotto chiave tutte le sue cose. Sbarrato la porta della sua stanza. A nessuno era permesso pronunciare il suo nome, pena l’esilio.”

          “È terribile,” dissi. “Povero Agnarr. È già terribile che abbia perso sua madre. Ma negare anche tutti i suoi ricordi…”

          Gerda si alzò in piedi e camminò verso un piccolo armadio. Lo aprì, e poi tirò fuori una cassa di legno. Osservai, curiosa, mentre la portava verso di me. La sua voce si abbassò.

          “Sono riuscito a salvare una cosa,” confidò. “Non credo che Runeard lo sapesse.”

          Osservai, senza fiato, mentre sollevava il coperchio della cassa. All’interno c’era un pinguino di peluche con un grande occhio a bottone, che indossa una mantellina azzurra.

          “Rita lo ha fatto per Agnarr,” spiegò Gerda. “Quando era un bambino. Lo ha chiamato Sir JörgenBjörgen. Faceva sempre sorridere Agnarr.” I suoi occhi si incresparono agli angoli.

          Il calore mi scorreva dentro, mentre immaginavo Agnarr da piccolo, che giocava sul pavimento con il suo pinguino, con la madre che gli sorrideva. Mi chiesi se Agnarr se lo ricordasse.

          “Dovresti darglielo,” dissi. “E raccontagli di sua madre. Alla fine lo merita.”

          “È vero,” concordò Gerda, guardando improvvisamente di nuovo lontano. “È tempo che sappia ogni cosa. E forse…”

          “Forse cosa?”

          Mi diede uno sguardo duro. “Forse sapere cosa è successo ai suoi genitori gli impedirà di fare lo stesso errore.”

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Capitolo Ventotto

 

Agnarr

 

 

 

 

 

VI PRESENTO NICHOLAS, RE DI VASSAR, e sua figlia, la Principessa Runa.”

          La stanza scoppiò in un applauso mente un uomo alto, con spalle larghe, vestito con un'uniforme militare altamente decorata, è entrato nella Sala Grande, che era mascherata da sala da ballo per la serata. Era mano nella mano con una ragazza minuta della mia età circa, che indossava un vistoso abito viola profondo viola scuro, ornato di pizzo e rifinito con un fiocco in tinta sul petto. Aveva occhi verdi scintillanti e un gran disordine di capelli biondi chiari, accatastati ad arte sopra la testa. Era bella, aggraziata, entrava nella sala da ballo con la stessa comodità con cui qualcuno si avvicinava al tavolo della cucina: come se fosse nata per farlo.

          A differenza di… alcuni ospiti.

          Ho reagito con una risata quando ho visto Iduna dall'altra parte della stanza. Stava cercando di prendere di nascosto un pezzo di cioccolato dal tavolo dei dolci. Se l'è infilato in bocca, cercando di masticarlo senza che nessuno se ne accorgesse, ma deve averlo ingoiato troppo in fretta, perché iniziò a tossire in modo rumoroso e sputacchiante, facendo sì che diversi ospiti si girassero e le dessero sguardi confusi.

          Era così bella quella sera, indossava un abito del blu più intenso che si abbinava perfettamente ai suoi occhi e cadeva a terra come un'increspatura d'acqua dal vapore cristallino. Niente gioielli, niente pizzi o ricami di fantasia per la mia Iduna. Era un semplice uccello azzurro in un campo di pavoni saltellanti. Eppure era la creatura più bella su cui avessi mai posato gli occhi.

          Le ultime due settimane sono state tortuose. Iduna aveva fatto come aveva promesso, si trasferì in una camera da letto di riserva in un'ala libera del castello—il più lontano possibile da me senza uscire dalla finestra. Ed era stata risoluta, determinata a mantenere la nostra relazione platonica. Potevamo essere amici, non amanti. Ora, però, la nostra amicizia si sentiva tesa, la nostra precedente disinvoltura intorno all'altro, sostituita da una goffaggine troppo prudente, come se temessimo che uno di noi due potesse andare in frantumi e rompersi se dicevamo la cosa sbagliata.

          Ma abbiamo comunque continuato con la farsa, perché era quello che voleva. O almeno, era quello che aveva detto di volere. Ma in rari giorni, quando non si rendeva conto che la stavo osservando, a volte riuscivo a cogliere un altro sguardo, nel profondo dei suoi occhi blu. Un peso segreto, una tristezza che non riusciva a nascondere. E sapevo in quei momenti che lei mi amava ancora tanto quanto io amavo lei. Quell'essere separati le lacerava l'anima tanto quanto lacerava la mia.

          “Vostra Maestà?”

          Sono rimasto sorpreso quando mi sono reso conto che la principessa—Runa—si era fatta strada verso di me e mi stava tendendo la mano. L'ho presa maldestramente, portandola alle labbra come era consuetudine, baciandone il retro. Ha fatto un inchino davanti a me. In cambio le ho dato un inchino rigido.

          “Oh! Vedo che voi due siete già diventati inseparabili! Urlò suo padre, unendosi a noi. Mise una mano sulla sua schiena e la spinse un po’ più vicina a me. “Perché, Principe Agnarr, sembra che voi riusciate a malapena a trattenervi dal chiedere a mia figlia di ballare!” aggiunse, facendomi l’occhiolino.

          Oh. Giusto. Mi schiarii la gola, volendo dare un'occhiata a Iduna, ma sapendo che non potevo. Avevo promesso a Peterssen che mi sarei comportato al meglio quella sera. “Ti andrebbe... di ballare?” chiesi a Runa.

          “Mio principe, non c’è niente al mondo che mi piacerebbe fare di più,” rispose educatamente, le sue guance si colorarono un po’, la sua voce dolce e chiara come una campana.

          Il re mi ha dato un forte colpo sulla schiena, tanto che sono quasi inciampato in avanti. “Bene allora! Non c'è tempo come il presente! Vai sulla pista da ballo!”

          Ho resistito all'impulso di alzare gli occhi al cielo. Invece, ho preso la piccola e fredda mano di Runa nella mia e l'ho portata fuori, dove gli altri stavano ballando. Potevo sentire la metà degli occhi della stanza su di me mentre si rannicchiava tra le mie braccia e iniziava a oscillare. La banda ha preso nota e si è lanciata in un bellissimo valzer. Ma le mie gambe sembravano di legno mentre eseguivo meccanicamente i passi. Ho avuto un flashback di quando ho imparato questo particolare valzer—con Iduna, quando eravamo bambini, come parte delle nostre lezioni settimanali. Ed era a lei che pensavo adesso. Soprattutto nel momento in cui mi aveva accidentalmente calpestato il piede così forte che mi ero procurato un livido.

          Avevamo riso di cuore e il nostro insegnante di danza si era arreso in un impeto di irritazione, dicendoci che sarebbe tornato quando saremmo stati pronti a prendere la cosa sul serio. Una volta da soli, avevamo iniziato a creare nuovi balli—balli migliori. Ognuno più stupido del precedente. C’era la danza del pollo, la danza del pavone rampante, e la mia preferita, la danza de ‘la renna che doveva pisciare di brutto ma che è stata trascinata in una sala da ballo di lusso’. Iduna se n'era venuta fuori con questo, naturalmente, e io avevo riso così tanto che il mio stomaco ha finito per farmi più male dell'alluce contuso.

          Iduna. Ho dato un'occhiata al buffet. Ma lei non c'era più. Ho scansionato la stanza, agitato. Era corsa fuori trovando troppo difficile guardarmi tra le braccia di qualcun altra? Le avevo detto che non volevo fare questa cosa stasera. Ma lei aveva insistito, dicendomi che sarebbe stata bene. Che era la cosa migliore. Avrei dovuto almeno incontrare la ragazza, darle una possibilità. “Chi lo sa, forse sarà davvero carina” aveva detto Iduna. “Come minimo sarà una compagna di ballo migliore di me.”

          Improvvisamente la notai, che danzava dall’altra parte della sala da ballo con un compagno che io riconobbi avere pochi anni in più di lei. Un figlio di un nobile a caso che conoscevo a malapena. Lei stava conducendo la danza, facendolo roteare come se lui fosse la dama e lei fosse l’uomo. Lui rideva di cuore e i suoi occhi brillavano di malizia.

          Improvvisamente capii quello che stavano facendo. Era la danze de ‘ la renna che doveva pisciare di brutto ma che è stata trascinata in una sala da ballo di lusso’! La nostra danza!

          L’aveva insegnata ad un estraneo. Il mio stomaco si riempì di piombo.

          “Beh, è certamente una danza interessante.”

          Spaventato, mi girai verso la mia compagna di ballo. Runa mi aveva visto osservare Iduna e il giovane uomo e aveva male interpretato la mia espressione di desiderio come una di disprezzo. Aprii la bocca, volendo dirle che Iduna poteva ballare in cerchio intorno a chiunque qui—ed era un crimine, all'improvviso, volersi divertire?

          Ma alla fine, annuii e basta e sorrisi sottilmente. Dovevo essere educato.

          Celarlo, domarlo…

          La sua espressione vacillava. “C’è… qualcosa che non va, Vostra Maestà?”

          “No,” Deglutii. “Non è nulla. È solo…” La mia mente turbinava per una scusa accettabile. “Tutti ci stanno osservando.” Dissi infine a voce bassa.

          Si guardò intorno, i suoi occhi verdi scintillavano. “Sembra che abbia ragione,” sussurrò maliziosamente. “Forse allora dovremmo dare loro uno spettacolo!”

          Come al momento giusto, la band ha intonato una melodia vivace. Ho fatto girare Runa intorno, cercando di interpretare il buon partner. La sua gonna vorticava allegramente e la sua bocca si sollevò in un sorriso felice mentre mi avvicinavo per farla girare, abbassarla e poi tirarla indietro. Era la ballerina perfetta, i suoi passi erano belli e in equilibrio, non un capello fuori posto.

          Non avrebbe mai pestato i piedi a nessuno, non avrebbe mai ballato come una renna che deve fare pipì.

          “Adiamo a bere qualcosa?” le chiesi non appena la canzone finì. Ogni scusa per scendere dalla pista da ballo.

          “Sarebbe fantastico, Vostra Maestà.”

          “Non devi chiamarmi così,” le dissi, mentre ci dirigevamo al buffet. “Agnarr andrà bene.”

          “Oh, mi dispiace,” disse, arrossendo leggermente. “Agnarr. Puoi chiamarmi Runa.”

          “Runa,” ripetei, poi le sorrisi. “Andiamo a prendere quel drink.”

          Abbiamo trovato Lord Peterssen e Re Nicholas al tavolo, che riempivano i loro bicchieri. Quando ci videro insieme, si sono illuminati in coppia.

          “Ah, Principe Agnarr. Principessa Runa,” ci salutò Peterssen. “Com’è stato il vostro ballo?”

          “È stato fantastico, signore,” disse Runa prima che io potessi parlare. “Avete una sala da ballo così bella qui ad Arendelle. E anche un castello così bello. Mette in vergogna la nostra piccola casa padronale.”

          “Castelli! Bah! Ma dovreste vedere le nostre baracche militari,” interruppe suo padre, sembrando un po’ irritato. “Molto più utili di qualche stupida sala da ballo. Senza offesa, naturalmente.”

          C'era durezza nella sua voce. Ero abbastanza sicuro che avesse intenzioni offensive. Ma concordai comunque educatamente. Il principe perfettamente in equilibrio.

          “Beh, stiamo ancora lavorando per costruire il nostro supporto militare,” rispose Peterssen. “Abbiamo perso tanti buoni soldati nella Battaglia della Diga.”

          “Ah, sì! Che sfortunato evento!” tuonò il re. Fece un grande spettacolo guardandosi intorno nella sala da ballo prima di parlare di nuovo, questa volta a voce bassa. “Comunque, ho sentito delle voci sul fatto che avete subito diversi episodi di violenza in città di recente.” Scosse la testa, come se fosse davvero disturbato da questo fatto. “Infatti, mi è stato anche detto che fino ad oggi avete fatto chiudere i cancelli del castello per proteggere il vostro povero giovane principe.” Mi diede uno sguardo dispiaciuto, ma i suoi occhi erano affamati di informazioni.

          Peterssen si irrigidì. “Abbiamo preso precauzioni, sì. Ma sono fiducioso che abbiamo tutto sotto controllo.”

          Certo che sì,” concordò il re. “Ma poi—chi vuole vivere nel timore della propria vita? Dovete estirpare i traditori e stroncare questa violenza sul nascere. Altrimenti il vostro regno sarà prossimo alla presa di potere.”

          “Ce la caviamo benissimo,” Mi sono introdotto bruscamente, iniziando ad arrabbiarmi un po'. Avevamo passato un brutto periodo, sicuramente, come ogni regno di tanto in tanto. Ma eravamo lontani dall’essere vulnerabili.

          Non è così?

          “Come ho detto prima, siamo orgogliosi del nostro eccellente esercito,” aggiunse il re. “E se i nostri regni dovessero unirsi, beh, interverremmo certamente quando la nostra nuova famiglia ha bisogno di noi.” Ha dato a me, poi a Runa un'occhiata di cortesia. L'immagine della discrezione, sicuramente.

          Stavo aspettando che Peterssen controbattesse, ma invece, mi sorprese annuendo.

          “Sono d’accordo,” disse. “I nostri due regni si completerebbero a vicenda. Voi avete l'esercito. Noi abbiamo il porto. E senza minacce alle nostre rotte commerciali, entrambi i regni prospererebbero.”

          “E questi due farebbero dei bei bambini,” ridacchiò il re. “Eh, Peterssen?”

          Ho quasi sputato il mio drink. Avevo bisogno di andarmene da qui.

          Fu allora che notai Iduna, che si trovava alla fontana di cioccolata calda, che riempiva la sua ciotola con un mestolo. O, più precisamente, mancando completamente la ciotola e ricoprendo il suo braccio di cioccolato mentre ci osservava con sconcerto, avendo chiaramente sentito tutto. I nostri occhi si incrociarono e ho cercato di mandarle uno sguardo impaurito, come se fossimo entrambi d'accordo sul fatto che si trattasse di una farsa, ma lei non ha ricambiato il sorriso. Mi ha fatto un cenno con la massima cortesiacome quello che si fa a un perfetto sconosciutoe poi ha alzato il mento in alto.

          Fu allora che si accorse che il suo braccio stava ricevendo una spruzzata di cioccolato. Sistemò il mestolo dentro alla fontana come se l'avesse bruciata, schizzando accidentalmente diverse signore che si trovavano nelle vicinanze. Rimasero a bocca aperta per lo sgomento mentre grandi macchie marroni di cioccolato punteggiavano i loro abiti eleganti. Iduna le fissò, terrorizzata, poi lasciò la stanza, gocciolando una scia di cioccolato liquido nella sua strada. Le signore battevano la lingua, scandalizzate. Molti degli uomini hanno iniziato a ridere.

          “Che diavolo succede?” iniziò Runa. Ma mi ero già liberato dalla presa del suo braccio.

          “Scusami,” dissi. “Ho bisogno di… Voglio dire, io… Torno subito!”

          “Agnarr!” dietro il tono gioviale di Peterssen, c'era l'acciaio. “Dove stai andando?”

          Non risposi. Invece, corsi fuori dalla Sala Grande, seguendo la scia di cioccolato.

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Capitolo Ventinove

 

Iduna

 

 

 

 

 

NON ERA FACILE ARRAMPICARSI SU UN ALBERO CON UN ABITO da ballo.

          Ma comunque, questo era colpa mia, ho pensato mentre annodavo il vestito per liberare le gambe, poi mi sono dondolata sull'albero, per nascondermi nella fitta chioma di foglie. Ero io che avevo accettato di indossare un abito da ballo, anche se su sollecitazione di Gerda. Di partecipare a un ballo a cui non avevo alcun obbligo di partecipare.

          Chiusi i miei occhi, cercando di rallentare il cuore che correva. Sapevo che vedere Agnarr andare avanti sarebbe stato difficile, ma mi ero detta che mi avrebbe fatto bene. Era anche iniziato così bene, reclutando uno degli altri ospiti per ballare con me mentre Agnarr intratteneva la principessa. Mi sentivo forte e fiduciosa sulla pista da ballo, costringendomi a divertirmi e dimostrando a me stessa che potevo separarmi da luisuperare tutto questo.

          Ma poi ho visto meglio la ragazza in questione. La bella, aggraziata, perfetta ragazza che sembrava esattamente come dovrebbe essere una principessa—almeno secondo qualsiasi libro di racconti Arendelliano. Regale, corretta, delicata. Scommetto che non si era mai arrampicata su un albero in vita sua! E il modo in cui danzava! Era fluida, senza sforzo, riuscendo in qualche modo ad essere allo stesso tempo rilassata e precisa nei movimenti.

          Ma comunque, ero riuscita a mantenere la calma fino a quando non ho sentito per caso quel re parlare di bambini. I futuri bambini di Runa e Agnarr. Ed improvvisamente la mia mente tornò indietro ai troll che parlavano delle nostre figlie. Non mi ero resa conto di quanto mi ero aggrappata a quell'idea fino a quel momento. L'idea di due bambine perfette. Mie e di Agnarr.

          Ma non sarebbero state mie. Sarebbero state sue.

          Era troppo.

          Ora eccomi qui, ricoperta di cioccolato appiccicoso, dopo essermi messa in imbarazzo davanti a una folla di arendelliani dell'alta borghesia, nascosta su un albero, mentre l'amore della mia vita era dentro, a ballare tutta la notte con la sua principessa perfetta. Certo, io ero stata quella che gli aveva detto di farlo. Ma non avevo capito quanto sarebbe stato difficile per me quando l'avesse fatto.

          Cosa avrei fatto? Questo andava oltre la tortura. E sarebbe solo peggiorato. Agnarr potrebbe sposare Runa. Oppure avrebbe potuto intrattenere una dozzina di ragazze a una dozzina di balli prima di prendere la sua decisione. Ma alla fine avrebbe dovuto scegliere qualcuno.

          E non potevo essere io.

          “Vorrei non averti mai incontrato,” sussurrai, la rabbia che cresceva dentro di me, la mia sola difesa contro la mia angoscia e paura. “Vorrei essere rimasta intrappolata nella nebbia come tutti gli altri.”

          Poi arrivarono le lacrime. Grandi, pesanti lacrime, seguite presto da forti singhiozzi soffocati. Un brutto pianto, non il delicato pianto della principessa Runa quando qualcosa non andava a modo suo. Ma cosa mai non era andato per a modo suo? Questo era quello vero, un vero e proprio pianto, con il naso chiuso, le facce macchiate, gli occhi gonfi. Il mio cuore era stato spezzato in un milione di pezzi, poi steso sulla pista da ballo per essere calpestato più e più volte.

          “Eccoti qui!”

          Abbassai lo sguardo, sorpresa. Agnarr aveva infilato la testa tra le foglie, e i suoi occhi si posavano su di me. Qualche momento dopo, si è spinto contro l'albero, strisciando fino a dove ero seduta io. Cercai di nascondere la mia faccia lacrimosa, ma non è servito a nulla. Raggiunse la sua tasca e tirò fuori un fazzoletto di seta. Mi soffiai rumorosamente il naso, rinunciando alle apparenze. Ero orribile e arrogante e ricoperta di cioccolato. Ma questo era quello che ero.

          “Iduna, perché stai piangendo?” chiese Agnarr, sbirciandomi nella tetra oscurità. “Cosa posso fare per tirarti su di morale?” Un sorriso malvagio si sparse sul suo viso. “Magari un altro po' di cioccolato?” Mi ha dato un colpetto sulla spalla con la sua.

          Sorrisi mio malgrado e tendevo il braccio coperto di dolce. “Credo di averne avuto abbastanza di cioccolata. Visto che stasera ci ho praticamente fatto il bagno.”

          Mi sorrise dolcemente, poi mi prese la mano, trascinando il dito lungo il mio braccio. Ho cercato di non rabbrividire alla deliziosa sensazione del suo tocco leggero sulla mia pelle. Era passato troppo tempo da quando avevo sentito le sue mani sul mio corpo, e non mi ero reso conto di quanto mi mancassero. Ho guardato, senza fiato, mentre portava lentamente il dito alla bocca, facendo un grande spettacolo di leccare via il cioccolato.

          “Delizioso,” sussurrò, i suoi occhi non hanno mai lasciato i miei. Ed improvvisamente avevo la sensazione che non stesse più parlando del cioccolato.

          “Non farlo,” protestai, ma mi sembrò debole, anche a me. “Non posso.”

          I suoi occhi divennero molto seri. “Mi dispiace,” disse. “Oh, Iduna, non hai idea di quanto sono dispiaciuto.”

          “Non hai nulla di cui dispiacerti, Vostra Maestà.”

          “Questo non è vero e tu lo sai! E non chiamarmi così. Non è giusto che arrivi da te. Non avrei dovuto lasciarglielo fare. Avrei dovuto rifiutare di andare al ballo. Di incontrare quella ragazza. Di ballare con lei.”

          “Era una ballerina adorabile.”

          “A chi importa? Potrebbe essere la ballerina migliore al mondo. Lei non è te.”

          Smisi di respirare alla fierezza nella sua voce. Lo sguardo sul suo volto. La disperazione nei suoi occhi. Mi avrebbe spezzato. Qui, adesso, nel nostro albero preferito. Ma peggio ancora, se continuassimo a farlo, spezzerei anche lui.

          No. Dovevo essere forte.

          “Fermati, per favore,” implorai. “Non posso. Non possiamo. Lo sai che non possiamo.”

          Lui mi afferrò le mani, stringendole così forte che avevo quasi paura che mi avrebbe spezzato le ossa. “Possiamo.” sussurrò. “Dobbiamo farlo. Non posso stare senza di te, Iduna.”

          “Devi farlo, Agnarr. È per il bene del regno. Lo sai questo. Non possiamo essere egoisti. La tua gente ha bisogno di un re e di una regina.”

          “Non importa a nessuno di cosa ho bisogno io?” chiese con voce calma.

          Non avevo risposte. Invece, osservai mentre frugava nella sua borsa e realizzava uno strano pezzo di legno mezzo intagliato che assomigliava a un cucchiaio. Mi accigliai, confusa.

          Mi diede uno sguardo serio. “È un cucchiaio dell’amore,” disse. “O… lo sarà, comunque.”

          Oh.

          Cercai di respirare, ma si è rivelato quasi impossibile far entrare aria nei polmoni. Un cucchiaio dell’amore. Sapevo cosa erano. Avevo visto il pescivendolo darne uno al macellaio. Il cucchiaio dell'amore era un regalo tradizionale Arendelliano per chi voleva unirsi in matrimonio.

          “È per te,” disse quasi sussurrando. “Può essere solo per te.”

          Era troppo. Lo sguardo disperato e pieno di speranza nei suoi occhi sarebbe stato la mia rovina. Perché non lo vedi? Avrei voluto urlargli. Perché non capisci che questo non può succedere?

          Perché tu gli hai mentito fin dall’inizio, mi ha ricordato una voce amara dentro di me. Lui non ha idea di chi tu sia veramente.

          Potevo dirglielo ora. Ma nel profondo del mio cuore sapevo che non sarebbe cambiato nulla. Non gli sarebbe importato che avessi mantenuto un segreto. Non gli sarebbe importato che provenissi da un altro posto, anche dal presunto nemico di Arendelle. Che non ero la Iduna che pensava di conoscere e di amare.

          Perché mi amava. La vera me. Tutta me stessa.

          E con quell’amore avrebbe distrutto un regno. Causato guerre. Distruzione. Morte.

          No. Non potrei essere così egoista. Non lo sarei mai.

          Ho drizzato le spalle. Sollevato il mento. Ho forzato uno sguardo freddo sul mio viso.

          Celare, domare.

          Lui era forte. Ma io dovevo essere più forte. Forte abbastanza per mettere fine a tutto questo. “Agnarr, devi smetterla. Adesso.” La durezza che ho sentito nella mia voce era devastante perfino per me. Ma vedere la sua faccia…

          “Iduna, andiamo!” Ha cercato di raggiungermi, ma io mi sono allontanata. Solo pochi centimetri, eppure è stata la mossa più difficile che abbia mai dovuto fare.

          “Dovresti tornare alla festa.” La mia voce era ghiaccio. “Dovresti scusarti con quella povera ragazza.”

          “Ma—”

          “Ascoltami, Agnarr. Non possiamo stare insieme ed essere solo amici. Questo mi è diventato chiaro dopo stasera.” Ho ammorbidito un po' la voce per dare il colpo successivo. “Quindi ho deciso che domani lascerò Arendelle, e tu non mi vedrai mai più.” Le lacrime non versate pulsavano dietro le mie palpebre, ma le ho respinte. “È per il meglio.”

          Fece cadere il cucchiaio. Si è schiantato contro i rami dell'albero mentre cadeva, finendo per colpire il terreno con un sussurro. Un piccolo rumore. Ma mi risuonò nelle orecchie come un tuono. E qualcosa dentro di me sembrava come se fosse morto per sempre

          Agnarr aprì la bocca per parlare. Ma non ho mai avuto l’opportunità di sentire le sue parole. Perché in quel momento ci fu un fragoroso rimbombo in lontananza. Seguito da un lampo di luce bianca.

          Ci guardammo a vicenda, confusi. Poi siamo tornati indietro verso il castello.

          E vedemmo il fumo.

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Capitolo Trenta

 

Agnarr

 

 

 

 

 

C’ERA CAOS DAPPERTUTTO QUANDO siamo tornati di corsa all'interno del castello. Ospiti ben vestiti, rannicchiati insieme nella Sala Grande, che parlavano a voce alta. Fu difficile, all’inizio, capire cosa fosse successo. Ho sentito odore di fumo ma non ho visto il fuoco.

          “Eccoti qui!” Peterssen ed un gruppo di guardie ci circondarono. Il reggente mi abbracciò ferocemente. “Pensavamo che ti avessero preso!”

          “Chi? Cosa è successo?” chiesi.

          Re Nicholas rispose, sembrando abbastanza scosso. “C’è stata un’esplosione nella Sala Grande.”

          “Un’esplosione?”

          “Al tavolo dei dolci. È stato un miracolo che nessuno si sia ferito. A quanto pare qualcuno ha rovesciato della cioccolata sul pavimento prima, così tutti sono rimasti lontani dalla zona fino a quando non è stato possibile ripulirla.”

          Al mio fianco, Iduna fece un piccolo squittio.

          “Ho fatto appostare degli uomini all'esterno,” aggiunse Re Nicholas. “Mi hanno informato che hanno visto una figura solitaria, vestita di nero e con una maschera da sole, che fugge dal castello, proprio prima dell'esplosione. Hanno cercato di seguirlo, ma lui è scomparso nell'ombra. Quasi per magia.”

          Mi sono accigliato, la mia mente correva. Altri attacchi. Questo molto più sfacciato degli altri. Il colpevole si era intrufolato nel castello. Forse travestito da uno degli ospiti. O forse era uno degli ospiti.

          “Non preoccupatevi, Vostra Grazia,” aggiunse Re Nicholas, osservando lo sguardo sul mio volto. “Ho assegnato degli uomini ai posti intorno al vostro castello. Altri stanno perlustrando ogni stanza in cerca di ulteriori dispositivi incendiari. Non ci fermeremo finché non saremo sicuri che il vostro regno sia al sicuro.”

          Sapevo che la cosa giusta da fare era esprimere entusiasmo per gli sforzi del re, ma non potevo trovare le parole. Tutto quello a cui potevo pensare era che poteva esserci qualcuno tra di noi in questo momento che era un traditore del regno.

          “Grazie,” Peterssen intervenne dolcemente, lanciandomi uno sguardo acuto. “È molto generoso da parte vostra.” Si girò verso di me. “Agnarr, perché non vai a controllare come sta Runa?” disse a bruciapelo. “Sembrava un po' scossa dall'improvvisa svolta degli eventi. L'ho portata in soggiorno per passare un po' di tempo in tranquillità.” Si rivolse ad Iduna. “Perché non vai a vedere come potresti aiutare all'interno della Sala Grande?” Il suo tono fermo non dava spazio a scelte.

          Con riluttanza, lasciai Iduna al suo compito, salendo le scale verso il soggiorno. Avremmo dovuto occuparci di tutto ciò che era accaduto tra noi in seguito; la gente avevano bisogno prima del nostro aiuto. Il giorno dopo sarei andato da Peterssen a esporre il mio caso. Dirgli tutte le ragioni per cui avevo bisogno di sposare Iduna. E se non avesse voluto Iduna come mia regina? Beh, forse io non volevo essere re.

          “Vostra Maestà!” urlò Runa, alzandosi dal suo posto a sedere mentre entravo nel soggiorno. “State bene!”

          “Sì. Sto bene. Ero… fuori dal castello quando è successo,” Ho finito debolmente. “E, uh… voi come state? Va tutto bene?”

          “Beh, ad essere onesta, sono ancora un po’ scossa,” ammise. “Mi trovavo abbastanza vicina ai dolci. Per fortuna mio padre mi ha chiamato per un ballo poco prima che accadesse.”

          “Wow,” dissi, un po' sconcertato. Ero stato così distratto da tutto il resto, che fino a questo momento non avevo pensato a questo. E se fosse stata ferita—o uccisa? Per quanto non volessi sposarla, certamente non avrei voluto che si facesse male.

          Ma qualcun altro? Qualcuno che non voleva che lei sposasse me? Le mie sopracciglia si aggrottarono. La maggior parte degli attacchi finora erano stati condotti contro Arendelle. E ora avevano cercato di fare del male alla ragazza che voleva essere la mia sposa. Chi mi ha odiato tanto da arrivare a questo? E quante altre persone sarebbero a rischio se non si facesse qualcosa?

          Mi sono reso conto che Runa mi stava ancora fissando, un'espressione incerta sul suo volto. “Mi dispiace,” dissi mestamente, avvicinandomi a lei. “Non vi stiamo davvero dando la migliore prima impressione del nostro regno, vero? Te lo assicuro, di solito è molto più tranquillo. Quasi noioso, ad essere onesti.”

          Forse tutto questo sarebbe una benedizione sotto mentite spoglie. Sarebbe troppo spaventata per restare. Chi vorrebbe essere la regina di un paese così pericoloso? Tra i recenti attentati e ora l'esplosione... e pensare una volta che eravamo preoccupati per le pecore viola.

          “Non preoccupatevi,” disse, mostrandomi un timido sorriso. “Mi piace quello che ho visto di Arendelle finora. Tutto ciò di cui ha bisogno è un po' di... disciplina. Come dice mio padre, dovete solo dare l'esempio. Una volta che la gente vede cosa succede quando si sfida la corona, tende a non sfidarla più.”

          “Immagino,” dissi esitante, anche se l'approccio mi è sembrato un po' spietato. Arendelle era sempre stato un regno pacifico. Non volevo vederlo trasformarsi un uno stato militare. Ci doveva essere un altro modo.

          Runa mi mise una mano sul braccio. “Posso parlare francamente?”

          “Uh, sì. Ma certo.” Qualcosa dentro di me tremò, e non in senso buono.

          Le sue spalle sembravano rilassarsi. “Sentite, so che è difficile, okay?” disse. “Voglio solo che sappiate che anche per me è difficile.”

          “Cosa?” ero confuso. “Intendete dire… l’esplosione?”

          Scosse la testa. “No,” disse. “Non sto parlando dell’esplosione.” Si girò per un momento, fissando il retro della stanza, come per pensare. Poi si girò nuovamente verso di me, la sua espressione risoluta.           “Agnarr, so che può essere intimidatorio incontrare qualcuno di nuovo, soprattutto con una posta in gioco così alta. Avevo paura a venire qui. Per incontrare il futuro re della potente Arendelle. Temevo che vi sareste rivelato un mostro!” aggiunse con un piccolo sorriso.

          Sentii le mie guance arrossire. “Anche io ero nervoso riguardo l’incontrarvi,” confessai.

          “È del tutto naturale,” concordò. “Ma voglio che voi sappiate che non sono più preoccupata,” continuò. “Posso dire che non siete un mostro. Siete gentile, intelligente. Vi preoccupate della vostra gente.           Credetemi, ho fatto il giro di vari regni. Non posso dire lo stesso di tutti gli uomini in posizioni di potere.”

          “Lo apprezzo,” dissi, non sapendo dove stava andando a parare, e ancora più incerto volevo rimanere nei paraggi per scoprirlo.

          Lei si alzò, girandomi delicatamente il mento in modo che fossi di nuovo di fronte a lei. I suoi occhi verdi incontrarono i miei. Non c'era alcun dubbio in essi. Nessuna paura. Nessuna confusione. Sapeva quello che voleva. E non si vergognava di chiederlo.

          “Dimenticatevi di loro,” disse fermamente. “Voi ed io—possiamo farlo a modo nostro. Alle nostre condizioni.”

          Poi, con mio stupore, si alzò sulle dita dei piedi, premendo le sue labbra contro le mie. Erano morbide e calde mentre si aggiravano sulla mia bocca, convincendomi a baciarla. Per dimostrarle che ero d'accordo. Che avremmo potuto trovare un modo per far funzionare tutto questo insieme.

          Ma non potevo farlo. Le sue labbra erano carnose e duttili, ma erano le labbra di un’estranea. Non c’era passione dietro il gesto di Runa—il bacio non è stato dato in amore, ma per dovere e onore. Stava facendo quello per cui era stata cresciuta. Entrare nel ruolo per cui è nata.

          Ma io non volevo più giocare.

          E anche se forse un giorno avremo potuto imparare ad amarci l'un l'altro—o almeno a vivere in un rapporto di rispetto—c'era sempre la possibilità di non riuscirci. La possibilità di finire come mia madre—così triste da non riuscire a respirare, intrappolata in una vita che non avrebbe mai voluto vivere.

          Ma io avevo una cosa che mia madre non aveva. Una migliore amica. Un vero amore. Qualcuno per cui lottare. Qualcuno per cui rischiare tutto.

          Iduna.

          Mi sono allontanato da Runa, indietreggiando dalle sue braccia. “Mi dispiace,” dissi. “Non posso. È solo che… non posso.”

          “Perché no?” chiese, sembrando mortificata. “Sarei una brava moglie, Agnarr. Vi sarei fedele. Sarei una brava madre per i tuoi bambini.”

          “Credo a tutto questo,” dissi. “Ci credo davvero. Ma io non potrei essere un buon marito per voi. Non quando sono innamorato di qualcun’altra.” Era un territorio pericoloso: una parola di Runa, e Re Nicholas potrebbe essere tentato di ritirare tutto l'aiuto che aveva appena offerto, e anche di più. Ho agito con attenzione. “Vi meritate molto di più, Runa. Vi meritate un uomo che vi ami con tutto il suo cuore. Che vi sposi perché non sopporta l’idea di alzarsi la mattina senza di voi al suo fianco—non per qualche ridicola idea che sia un bene per i regni.” Sospirai. “Le alleanze si possono formare in altri modi. Relazioni, commercio, tutto ciò che può essere elaborato. Ma in fin dei conti, ciò che conta davvero è che voi siate felice. Che siate amata. Che si tratti del principe più ricco o del figlio del macellaio.”

          Runa mi fissò per un momento. Potevo praticamente vedere gli ingranaggi che giravano nella sua testa. Per qualche istante, mi chiesi se mi avrebbe schiaffeggiato. Ma invece, un sorriso lento e riconoscente iniziò a comparire sul suo volto.

          Si allungò e mi abbracciò forte. “Spero che questa ragazza sappia quanto è fortunata ad avere qualcuno come voi,” mi sussurrò all’orecchio. “E spero che un giorno sarò anch’io tanto fortunata.”

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Capitolo Trentuno

 

Iduna

 

 

 

 

 

SONO CORSA NELLA STANZA SEGRETA NELLA biblioteca, sbattendo la porta dietro di me. Appoggiandomi alle mensole di pietra, ho fatto un respiro tremolante. Potevo sentire le lacrime che mi scendevano sulle guance, ma non mi preoccupai di cacciarle via.

          Agnarr e Runa, tutti soli, nel soggiorno.

          Che si baciavano.

          Prima ero sgattaiolata fuori dalla Sala Grande, superando Peterssen per andare a controllare Agnarr. Mi ero detta che era solo per assicurarmi che stesse bene. Ma se dovevo essere sincera con me stessa, ero preoccupata che lui e Runa fossero soli insieme, a discapito delle mie coraggiose parole sull’albero.

          Come si è scoperto, le mie preoccupazioni si sono rivelate fondate.

          Chiusi gli occhi e vidi la delicata mano di Runa che serpeggiava dietro il collo di Agnarr, tirandolo vicino. Le sue mani forti alla sua vita.

          La bile mi salì alla gola.

          “Questo è quello che volevi,” mi sono ricordata. “Sta solo facendo quello che gli avevi detto di fare. Ha cercato di chiederti di sposarlo. E tu lo hai rifiutato prima ancora che riuscisse a far uscire le parole. Gli hai detto che te ne stavi andando. Che cosa avrebbe dovuto fare?

          Ma nessuna di queste logiche potrebbe reprimere il dolore che brucia nella mia anima. Testimone del prossimo passo di Agnarr. Lasciandomi indietro per sempre.

          E così in fretta, anche. Mi pregava letteralmente di restare—mi aveva scolpito un cucchiaio dell'amore, per l'amor del cielo—quando l'esplosione ha colpito. E nemmeno venti minuti dopo, era già passato ad un'altra.

          Ho allungato la mano nel corpetto del mio abito e ho tirato fuori il cucchiaio intagliato a metà. Ho fatto scorrere le dita lungo i bordi ancora ruvidi. All'insaputa di Agnarr, l'avevo raccolto da terra mentre correvamo all'interno del castello. Forse dovrei lasciarglielo qui. Forse potrebbe finirlo e presentarlo a Runa.

          La sconforto è sorto dentro di me. Che cosa avrei fatto? Avevo detto ad Agnarr che me ne andavo, ma dove sarei potuta andare? La mia vita era qui, ad Arendelle. E anche se fossi riuscita a trovare un altro rifugio sicuro, sapevo che i ricordi mi avrebbero seguito come fantasmi inquieti. Dovunque sarei andata, Agnarr sarebbe rimasto lì, nel mio cuore.

          La rabbia è cresciuta dentro di me, allontanando la mia paura. Ho preso a calci una sedia vicina, riuscendo solo a farmi male al piede. Ho digrignato i denti, saltando su e giù per il dolore qualche volta, riuscendo a far cadere una pila di fogli.

          Tipico della maldestra Iduna. Scommetto che Runa non aveva mai rovesciato niente accidentalmente in vita sua.

          Quando mi abbassai per riprenderli, ho trovato una mappa che si trovava in cima alla pila.

          E non una mappa qualsiasi. La mappa della montagna dei troll.

          La fissavo, il mio cuore batteva mentre un pensiero cominciava a risuonare nella mia mente. Potrebbe essere questa la risposta che cercavo? L'unico modo sicuro per assolvermi dal mio dolore?

          I troll avevano cancellato i ricordi della raccoglitrice di ghiaccio, per darle la pace. E anche i ricordi della madre di Agnarr.

          Avrebbero potuto fare lo stesso per me?

          Un filo di speranza mi attraversava. Era possibile? I troll potevano davvero aiutarmi a dimenticare il mio amore per il principe? Se fosse così, sarei potuta restare ad Arendelle, continuare a lavorare con gli agricoltori. Magari fare nuove amicizie.

          Forse anche trovare qualcuno di nuovo.

          Una parte di me odiava l’idea. Una parte di me voleva mantenere gelosamente il tempo trascorso con Agnarr, doloroso che fosse. Ma l’altra parte di me, la più sensibile, mi diceva che fino a quando il dolore non se ne fosse andato, non sarei mai stata in grado di andare avanti con la mia vita. Ed io avevo ancora molto da vivere. Così tanto da fare.

          I ricordi sarebbero scomparsi alla fine. Vorrei solo… accelerare un po’ il processo.

          Afferrai la mappa e l’arrotolai tra le mani. Il mio intero corpo stava tremando mentre sgattaiolavo di nuovo da dietro la libreria, lasciando indietro la stanza segreta. La prossima volta che sarei stata qui, non me ne sarei ricordata.

          E il dolore sarebbe sparito per sempre.

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Capitolo Trentadue

 

Agnarr

 

 

 

 

 

NESSUN SEGNO DI LEI?”

          Kai chiuse le porte della mia camera dietro di lui, scuotendo la testa. “Mi dispiace, signorino. Ho controllato l’intero castello. La Signorina Iduna non è qui.”

          Mi accigliai, volendo sbattere il pugno contro il muro. Dov’era andata? Sono tornato nella Sala Grande subito dopo la mia separazione con Runa, ma Iduna non si vedeva da nessuna parte. Ho domandato a tutte le guardie, ma nella confusione dell’incidente al ballo, nessuno l’aveva vista andare via.

          Aveva tenuto fede alla sua minaccia di lasciare Arendelle?

          La disperazione cresceva dentro di me. Mi sedetti sulla sedia accanto al letto, strofinandomi il viso con le mani.

          “State bene, sire?” chiese Kai, la sua voce sembrava turbata. “Siete preoccupato per lei? Volete che mandi delle guardie a cercarla?”

          Scossi lentamente la testa. “Non disturbarti. Se n’è andata. Probabilmente non tornerà mai più.”

          “Sarebbe un vero peccato, sire.” Kai strinse le labbra. “Qui tutti vogliamo bene alla Signorina Iduna. Ha portato così tanta vita in questo castello.”

          “Già, non la biasimo per essersene andata,” mormorai. “Anche se speravo che almeno venisse a salutarmi.”

          Kai si avvicinò e mise la mano calda sulla mia spalla. “Agnarr—” iniziò, ma fu interrotto da un colpo alla porta.

          Per un momento ho avuto la strana idea che potesse essere Iduna, tornata indietro per dire che non avrebbe mai potuto lasciarmi—che mi amava troppo per stare separati. Ma invece, era Gerda che mise la testa dentro. “Vostra Maestà gradisce un po’ di zuppa?” Entrò e mise un vassoio sul tavolo. Poi guardò Kai e poi me.

          “Va tutto bene?” chiese.

          “Iduna è scomparsa,” le disse Kai quando non le risposi io. “Il principe è… preoccupato.”

          “Pensate che sia in pericolo?” chiese Gerda, la sua faccia divenne pallida.

          “No!” urlai. “Solo non voleva stare con me!”

          “Gerda si avvicinò a me in un attimo, tirandomi in uno stretto abbraccio come faceva di solito quando ero piccolo. “Questo non è vero,” disse fermamente. “So per certo che Iduna ti ama.”

          “Lo vedrebbe anche in cieco,” aggiunse Kai con un sorriso.

          Ho lottato per uscire dall'abbraccio. “Non capite. Stavo quasi per chiederle di sposarmi. Ho intagliato un cucchiaio dell’amore per lei e tutto quanto! Ma lei ha detto che si suppone che io debba sposare una principessa! Come Runa.” Le mie mani si trasformarono in pugni. “Sono così stanco delle persone che mi dicono cosa devo fare. Chi dovrei sposare. A volte vorrei poter rinunciare del tutto alla mia corona. Così potrei sposare la persona che amo.”

          Gerda si scambiò un’occhiata con Kai. “Ma potete,” mi disse, la sua voce bassa e prudente. “Non intendo dire che dovete rinunciare al vostro diritto di nascita,” chiarì subito. “Ma sposare la persona che amate? Alla fine è una vostra scelta.”

          Mi accigliai alle sue parole. “Non capite. Il consiglio ha detto—”

          Kai ondeggiò in modo sprezzante la sua mano. “Al consiglio piace dire molte cose. Ma non c’è nulla nei libri di legge di Arendelle che dice che voi dobbiate sposare qualcuno di sangue reale.”

          Lo fissai sconvolto. “Come lo sapete questo?”

          Sorrisi colpevoli comparvero sui loro volti. “Abbiamo fatto alcune ricerche,” confessò Gerda. “quando abbiamo visto che voi due soffrivate così tanto a causa di quel ridicolo consiglio che cercava di costringervi a un matrimonio che non volevate, a una ragazza che era completamente sbagliata per voi.”

          “Abbiamo passato ore nella biblioteca,” aggiunse Kai. “Cercato in tutti i libri che potevamo trovare sull’argomento.”

          “E non abbiamo trovato nulla!” esclamò Gerda, sbattendo allegramente le mani insieme. “Non c’è nessuna legge di Arendelle—né ora ne mai—che dice che il principe debba sposare qualcuno di un’altra famiglia reale.”

          “Dite davvero?” chiesi, stupito dalla notizia e più che sorpreso che Gerda e Kai si fossero spinti a tanto per me. Non avevo idea che ci tenessero così tanto. Che per tutto questo tempo avevano fatto il tifo per Iduna e per me in disparte.

          Kai sorrise. “Al consiglio potrebbe non piacere. Ma voi, in quanto loro sovrano, avete l’ultima parola. Potete sposare chiunque vogliate. Una principessa, un’orfana—la scelta è vostra.”

          “Penso che quella scelta sia già stata fatta,” aggiunse Gerda con un sorriso scherzoso.

          Ho sentito un groppo in gola. “Vi ringrazio,” dissi sinceramente.

          Gerda mi ha dato uno sguardo tenero. “Agnarr, entrambi teniamo molto a voi.” fece un respiro profondo. “E non vogliamo vedervi finire come vostra madre. Questa sarebbe la cosa peggiore al mondo.”

          Mia madre. Annuii lentamente, ripensando alla storia dei troll. Ero stato così vicino al fatto che accadesse la stessa cosa a me.

          Se non fosse per Iduna…

          Gerda frugò nella sua borsa e tirò fuori un piccolo pinguino imbottito con un mantello blu e un occhio a bottone. Per un istante, non lo riconobbi. Poi, lentamente, un caldo ricordo tornò in superficie.

          “Sir JörgenBjörgen!” urlai, prendendolo dalle sue mani e fissandolo. “Mi ero dimenticato di lui! Dov’è stato per tutti questi anni?”

          “Vostro padre ha imballato ogni cosa che gli ricordasse di vostra madre dopo la sua scomparsa. E noi non avevamo idea di dove le avesse messe. Aveva anche proibito a chiunque di parlare di lei,” spiegò Gerda. “Ma ho conservato questo—perché era il vostro preferito. Mi dispiace di avervelo tenuto nascosto per tutti questi anni. Ma è giunto il momento di restituirvelo.”

          Le lacrime mi hanno annebbiato gli occhi quando ho guardato il pupazzo di peluche malandato, le lacrime ora si riversano dentro di me come se fosse scoppiata una diga. Tutti quegli anni le avevo tenute rinchiuse dopo essere stato disonorato da mio padre per aver pianto quando mia madre se n’era andata.

          Ma ora ricordavo.

          Il modo in cui si metteva a terra e giocava con me, anche se era indecoroso per una regina.

          Il modo in cui mi faceva il solletico fino a quando non potevo smettere di ridere.

          I grandi giochi di nascondino attraverso il castello.

          Ricordi felici del nostro tempo insieme. Prima che tutto si fermasse.

          Cosa avrebbe pensato se mi avesse visto ora, al crocevia della stessa decisione che una volta era stata costretta a prendere? Non avrebbe voluto che sposassi una principessa per il bene del regno.           Avrebbe voluto che sposassi Iduna.

          Perché amavo Iduna. Iduna mi rendeva felice. Iduna mi rendeva completo.

          Con Iduna sarei stato un uomo migliore. Un re migliore.

          Ed adesso niente mi ostacolava.

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Capitolo Trentatré

 

Iduna

 

 

 

 

 

SERIAMENTE, POTREBBE FARE PIÙ FREDDO?” mormorai mentre arrancavo nella neve che cadeva, la mappa era ancora stretta nella mia mano. Era stato quasi mite quando sono sgattaiolato fuori dal castello di Arendelle attraverso il passaggio segreto quella mattina presto. Sapevo che stavo correndo un rischio, ma ero corsa a casa per farmi qualche ora di sonno, cambiarmi i vestiti e prendere qualche provvista. E con la svolta peggiore che il tempo aveva preso, ero contenta di averlo fatto. Il vento ululava tra gli alberi e la neve cadeva a mucchi. All'inizio era solo una spolverata, ma ora era profonda almeno trenta centimetri. Senza alcun segno di interruzione.

          Sapevo che probabilmente sarei dovuta tornare indietro. Tornare al villaggio e aspettare. Ma ero in missione. E avevo paure che se avessi ceduto adesso, non avrei più trovato il coraggio di provarci di nuovo.

          Continuai, attraverso quella che ora sembrava una bufera di neve molto intensa. Ancora peggio, io ero a piedi. L’ultima volta che siamo venuti qui, io ed Agnarr avevamo cavalcato su per i sentieri ripidi e tortuosi. Ma non avevo osato chiedere a nessuno di prestarmene uno, temendo che avrebbe fatto sorgere troppe domande, e non volevo rischiare di essere sorpresa a prenderne in prestito uno senza permesso.

          “Argh!”

          Sono inciampata su una roccia che era completamente nascosta dalla neve. Agitandomi, ho cercato di mantenere l'equilibrio, ma ho finito per cadere di faccia in un grande cumulo. Mi misi in piedi, cercando di pulire via la neve, ma i fiocchi erano pesanti, bagnati, aggrappati al collo e al mantello e mi inzuppavano fino all'osso.

          Tremai, iniziando a spaventarmi. Questa bufera non era un gioco, ed anche con le mie abilità all’aria aperta, non potevo competere con il suo potere. Guardando indietro da dove sono venuta, mi sono resa conto di aver già viaggiato troppo per tornare indietro. Infatti, il Castello di Arendelle era così lontano a questo punto che sembrava quasi un giocattolo. Le navi nel porto del fiordo erano delle dimensioni di una formica. Ce la farei a tornare giù per la collina in queste gelide condizioni?

          Battei i denti. Guardando le mie mani, mi sono reso conto che avevano una strana sfumatura blu. Il vento mi frustava il mantello, facendolo schioccare contro le gambe così forte da farmi male.

          Avevo bisogno di trovare un riparo—e veloce. O non ce la farei a superare la giornata.

          Ho preso fiato, i miei istinti di Northuldra si insinuarono mentre scrutavo il versante della montagna in cerca di un riparo. Potrei provare a costruirne uno con gli alberi caduti, ma ci vorrebbe troppo tempo. Quello di cui avevo davvero bisogno era una piccola caverna o almeno un affioramento di qualche tipo per proteggermi dal vento e dalla neve.

          Nient'altro che il candore mi circondava.

          Il mio cuore batteva con paura. Cosa ci stavo facendo qui? Tutta sola, non avendo detto a nessuno dove stessi andando. Se fossi morta qua fuori, cosa che sembrava più che probabile al momento, nessuno avrebbe mai trovato il mio corpo. Sarebbe stato impossibile prima della primavera. E i lupi si sarebbero presi cura di me prima di allora.

          Una volta che qualcuno avesse notato che me n’ero andata, avrebbero probabilmente pensato che avessi abbandonato il regno. O forse si sarebbero chiesti se uno di quegli assalitori mascherati mi avesse rapito. In ogni caso, non avrei più avuto notizie.

          Cosa avrebbe pensato Agnarr quando si sarebbe accorto che non c’ero più? Gli avevo detto che me ne sarei andata e non sarei tornata più. Ma lui aveva perso così tante persone nella sua vita… odiavo l’idea di lui che soffriva per la perdita di un qualcun altro.

          Il vento sferzò con una grande raffica, facendomi quasi cadere all'indietro con la sua forza. Mi aggrappai a un albero vicino come sostegno, abbracciandolo con tutte le mie forze fino a quando la raffica si affievolì. Sentivo le lacrime uscire dagli occhi solo per trasformarsi involontariamente in minuscole particelle di ghiaccio sulle guance.

          In un ultimo impulso, alzai la voce in una canzone. Questo era quello che avevo detto ai bambini che facevo quando ero spaventata dopo tutto, e non riuscivo a ricordare di aver mai avuto tanta paura, tranne forse il giorno della celebrazione della diga, quando gli spiriti si sono arrabbiati. Ma anche quel giorno avevo cantato, chiamando Zefiro al mio fianco per aiutarmi. Zefiro mi aveva sempre aiutato quando ero piccola, per uscire da qualsiasi guaio in cui mi sia cacciata.

          Naturalmente, non avevo visto Zefiro per anni; per quello che ne sapevo, lo spirito era rimasto intrappolato nella nebbia come tutti gli altri.

          Ma qualcosa dentro di me mi diceva di provare.

          Ah ah ah ah…” chiamai, mettendo le mani alla bocca. Ma il vento mi ha strappato avidamente le note dalla bocca non appena le ho cantate. Rubandole e portandole via.

          Ah ah ah ah.

          Eppure, ho cantato lo stesso. Che scelta avevo? Cos’altro potevo fare?

          Ah ah ah ah.

          Sono crollata nella neve, incapace di muovermi. Mi è venuta una grande stanchezza. Forse potrei riposare qui. Solo per un momento…

          Ho chiuso gli occhi e ho lasciato entrare l'oscurità.

          Ah ah ah ah…

          Cos’è stato?

          I miei occhi si sono aperti all’improvviso suono. Mi sono alzata in piedi, debole e confusa. Mi sono guardata intorno, notando all'improvviso uno strano vortice a pochi metri di distanza. Le foglie stavano danzando sopra la neve. Da dove provenivano? Gli alberi erano spogli e il terreno era ricoperto di neve.

          Mi sfregai gli occhi, pensando all’inizio che potesse essere un’allucinazione. Ma no, le foglie stavano ancora danzando quando ho sollevato le mani. Ho aperto la bocca, una speranza insensata che cresceva nel mio petto.

          “Zefiro?” sussurrai.

          Le foglie volarono via, su per la montagna. Si fermarono un attimo, volteggiando in cerchio, come se aspettassero che io le seguissi, prima di andare avanti.

          Con uno scatto di adrenalina, ho iniziato a salire. Non sapevo se fosse davvero Zefiro o solo un'illusione provocata dal freddo. Ma un attimo dopo mi sono imbattuto in una piccola grotta rocciosa scavata nella collina. Il mio cuore si è sollevato.

          Mi sono precipitato nella grotta, mi sono nascosto sotto l'entrata bassa. La tempesta ululava con rabbia fuori, ma dentro la grotta era asciutta. Ho tirato un respiro tremolante, ancora tremante e bagnata fradicio, ma era meglio che stare là fuori. Se fossi intelligente, potrei avere una possibilità.

          Forzando i miei arti irrigiditi su mani e ginocchia, ho cercato nella grotta per il legno. Tirando fuori la pietra focaia dalla tasca, ho cercato freneticamente di accendere un fuoco, vicino all'ingresso per garantire una corretta ventilazione. Ho mancato i primi tentativi, le mie mani troppo gelate per colpire adeguatamente le pietre insieme. La mia disperazione crebbe.

          Poi mi venne un’idea. Guardai verso l’ingresso della caverna. “Bruni?” ho chiamato dolcemente lo Spirito del Fuoco. Se Zefiro aveva trovato la sua strada fino a qui, forse anche Bruni poteva farlo. “Mi servirebbe un piccolo aiuto.”

          Non avevo chiesto nulla agli spiriti per anni. Avevo cercato di fare tutto da sola. E avevo avuto successo per la maggior parte del tempo. Per anni ero rimasta in piedi sulle mie gambe. Ho fatto a modo mio. Ma, mi sono resa conto, non era vergognoso chiedere aiuto quando ne avevi veramente bisogno.

          E ne avevo bisogno quel giorno.

          Ho colpito la pietra focaia ancora una volta. Questa volta sono riuscito a fare una scintilla. Non sapevo se fosse stato per mano mia o se Bruni fosse intervenuto, ma le foglie hanno preso la scintilla, infiammandosi. Ci ho soffiato sopra dolcemente fino a quando quelle fiamme si sono propagate al legno.

          Tenevo le mani sul piccolo fuoco con gratitudine, riscaldandole fino a quando la mia pelle si sentiva come se fosse coperta di piccole punture di spillo, segno che il freddo si stava ritirando.

          Le mie palpebre sembravano pesanti, e non ho più faticato a tenere gli occhi aperti, perché avevo un ultimo pensiero: forse, solo forse, dopo tutto sarei sopravvissuta a questo giorno.

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Capitolo Trentaquattro

 

Iduna

 

 

 

 

 

SONO UNA NEONATA.

          Mio padre mi culla tra le sue braccia nella nostra piccola tenda. Mia madre è vicina, sento l'odore del suo caldo profumo terreno. Sta finendo con cura di lavorare a maglia uno scialle color mirtillo mentre canticchia la familiare ninna nanna di Ahtohallan. Mi darà questo scialle quando avrà finito.

          Cambierà per sempre il corso della mia vita.

          L’entrata della nostra tenda si aprì. Un anziano del villaggio è entrato dentro e si è seduto con i miei genitori. Era vecchio, il più anziano della nostra famiglia, aveva vissuto a lungo e sembrava aver visto molte cose. Mio padre gli sorrise e lo ha accolto con rispetto. L’anziano annuì solennemente e mise una mano sulla mia fronte. Le sue dita erano ruvide, callose, ma gentili.

          “Potrai essere piccola,” disse con una voce profonda. “ma sei già una di noi. Una bambina benedetta dal sole. E come tale, gli spiriti saranno sempre con te. Ti proteggeranno. Ti terranno al sicuro.”

          Mia madre e mio padre si scambiarono caldi sorrisi.

          “Ma dovrai fare la tua parte,” aggiunse. “per essere degna del dono degli spiriti. Rispettare la terra su cui camminiamo. Ascoltare la natura e seguire il suo richiamo. Cercare la pace ogni volta che è possibile. Amare anche quando potrebbe essere più facile odiare.”

          Poi sorrise, i suoi occhi azzurri e acquosi che si increspano agli angoli. “Ma per il momento, piccolina, tutto quello che devi fare è essere te stessa. La tua adorabile persona.” aggiunse, facendo l’occhiolino a mia madre. I miei genitori si illuminarono con orgoglio.

          L’anziano salutò, uscendo dalla capanna. Mia madre appoggiò i suoi ferri. Lo scialle che l’aveva impegnata per settimane era finalmente terminato. Si avvicinò sempre più a me e a mio padre, rannicchiandosi contro di noi. Prese lo scialle che ha riempito d'amore ad ogni punto e lo avvolse con cura intorno al mio corpo fino a quando non mi sono sentita calda, comoda e sicura.

          “La mia dolce bambina,” mormorò, accarezzandomi delicatamente il naso con il dito. Mi faceva un po' di solletico, ma mi ha fatto anche venire sonno. “Possano gli spiriti proteggerti sempre. E che tu possa crescere per fare grandi cose.”

 

_______

 

 

Sono una bambina piccola. Non più di cinque anni.

          Sono rannicchiata nella tenda della mia famiglia, ora terrorizzata e sola, nascosta sotto lo stesso scialle color mirtillo che mia madre mi fece quando ero neonata. Mia madre e mio padre mi hanno detto do restare qui, nascosta, mentre loro guidavano gli aspiranti invasori dal nostro accampamento. Sarebbero tornati, l'hanno promesso.

          Non sono più tornati.

          La luce si riversa all'improvviso dall'esterno. Mi rifugio nella paura, cercando di rimpicciolirmi il più possibile sotto la copertura dello scialle, mentre uno sconosciuto entra nella tenda. Si guarda intorno, i suoi occhi che scrutavano. Non ho potuto fare a meno di emettere un piccolo squittio di terrore mentre si avvicinava.

          Lei si fermò al suono. Mi sono rannicchiata nella paura mentre lei si abbassava, sollevava lo scialle e mi scopriva nascosto sotto. Sussultò sorpresa; poi il suo viso si ammorbidì. Si inginocchiò e mi strinse tra le braccia. Dovrei essere spaventata, ma il suo tocco era gentile, dolce. Profumava un po’ come mia madre.

          “Dolce piccola bambina,” sussurrò, “sei qui tutta da sola?”

          Lasciai uscire un piccolo singhiozzo. Il primo. Ho osato da quando i miei genitori sono scomparsi. “Mi hanno detto di nascondermi,” spiegai con voce traballante, mettendo lo scialle attorno a me e stringendolo stretto. “Hanno detto che uomini cattivi stavano arrivando. Ma che sarei stata al sicuro.”

          “Sei al sicuro,” mi assicurò.

          Mi portò fuori dalla tenda. Altre persone erano all’esterno, a gironzolare. Erano tutti vestiti come la mia famiglia—ma erano degli estranei per me. Comunque, sembravano gentili. La mia paura iniziava a sparire.

          “Era nascosta nella tenda,” spiegò la donna quando si girarono verso di me. “Penso che sia la sola sopravvissuta.”

          La paura mi stringeva ancora una volta il cuore con le dita ghiacciate. “Dov’è mia madre?” piansi. “Dov’è mio padre? Voglio vederli—adesso!”

          La donna mi fece scendere gentilmente a terra, poi si inginocchiò davanti a me. Prese le mie mani nelle sue. Le sue mani erano ruvida, indurita, ma il suo tocco era in qualche modo morbido. “Mi dispiace,” disse, sembrando veramente sconvolta. “Ho paura che non torneranno.”

          La fissai con orrore. “No!” scossi la testa. “Ti stai sbagliando! Mia madre non mi abbandonerebbe mai! Ha promesso che non mi avrebbe mai lasciata.” Mi sono stretta lo scialle intorno al mio corpo. Ancora profumava di lei. Sembrava ancora lei.

          “Certe volte facciamo delle promesse che non possiamo mantenere,” disse lentamente a donna. “Ma non avere paura. Non sei da sola, piccolina. Potresti aver perso la tua famiglia oggi, ma ne hai trovata una nuova.”

          “Come?”

          I Northuldra sono formati da vari gruppi, ma alla fine, siamo una sola famiglia. Un popolo sotto il sole.” Mi sorrise. “Qual è il tuo nome?”

 

_______

 

 

Ho circa nove anni. Sto girovagando attorno al nostro campo, mi faccio strada tra le capanne mentre Zefiro si insinua dietro di me, facendomi il solletico sotto le braccia. Strillo, scoppio a ridacchiare.

          Vai a prendertela con qualcuno della tua taglia!” Rimproverai giocosamente lo Spirito del Vento.

          Zefiro obbedì, travolgendo, a prendere in giro una giovane donna mentre cucinava vicino al fuoco. Quando lo ha scacciato, si e diretto verso un uomo più anziano, rubando la carota che stava per dare da mangiare alle sua renna. Poi è passato sotto Yelana, che era impegnata a lavorare a maglia uno scialle. Lo Spirito del Vento ha rubato il progetto quasi finito dalle sue mani e gliel’ha sistemato sulla testa. Ha iniziato a rimproverare lo spirito ad alta voce, ma potevo dire che non era davvero arrabbiata.

          Il mio cuore si gonfiava a guardarli tutti. La mia famiglia. Forse non quella in cui sono nata, ma quella a cui ora tiene il mio cuore. Mi mancavano ancora mia madre e mio padre, ma il dolore si è attenuato nel tempo fino a diventare un lento malessere.

          Possano gli spiriti proteggerti,” Ricordo che mia madre diceva ogni sera mentre mi rimboccava le coperte. “Che tu possa crescere per fare grandi cose.”

          Non so se avrei fatto grandi cose. Ma avevo fatto queste cose. Mi sono creata una nuova vita, ho trovato una nuova famiglia da chiamare la mia. Non di sangue questa volta, ma di amore, amicizia e rispetto. Stringo lo scialle che mia madre mi ha fatto vicino al petto. Penso che sarebbe orgogliosa di me se mi vedesse adesso. Penso che sarebbe felice che io abbia trovato una nuova pace.

          Zefiro volteggiava di nuovo intorno a me, lanciandomi in aria. Questa volta non l’ho rimproverato e mandato via. Invece, ho lasciato che mi portasse in alto nel cielo, poi ho guardato in basso verso la mia famiglia. Il mio cuore era leggero.

          Ero a casa.

 

_______

 

 

La scena pacifica del villaggio andava in frantumi. La foresta era esplosa nella violenza. Vento, fuoco, fumo. Il terreno si deformava sotto i miei piedi.

          Ho dodici anni. Agnarr ne ha quattordici. Ed è disteso sul terreno, sanguinante.

          Lo fissai, sentendo il conflitto crescere dentro di me. Dovrei lasciarlo qui. Tornare dalla mia famiglia. Più a lungo restavo, più rischiavo di non essere in grado di tornare. Il fuoco era feroce. Potrei finire in trappola.

          Mi girai per andarmene. Ma non prima di guardare di nuovo il suo volto. Pallido, angosciato, occhi che sbattevano. Un soffice lamento sfuggì dalle sue labbra. Stava chiaramente soffrendo. E nessuno era attorno per aiutare.

          Solo io.

          Le parole di mia madre mi risuonavano nuovamente in testa. “Che tu possa crescere per fare grandi cose.”

          Non so se questa era una grande cosa. Poteva essere una cosa stupida. Una cosa terribile. La cosa peggiore che potessi fare.

          Ma poi mi ricordati di come mi ero sentita in quella tenda, il giorno in cui la mia famiglia fu uccisa. Di quanto fossi spaventata. Sola. Se non fossi stata trovata, non sarei sopravvissuta.

          Trovata da qualcuno che non mi conosceva. Ma mi aveva comunque salvato.

          Come io avrei salvato questo ragazzo.

          Chiamai Zefiro. Lo Spirito del Vento arrivò, prendendo me e Agnarr, cullandoci dolcemente nel suo ventilato abbraccio. Mentre ci portava via, volevo solo assicurarmi che arrivi sano e salvo dalla sua gente.

          Non so se avrei fatto grandi cose.

          Ma avrei fatto questa cosa.

          Sperando che fosse abbastanza.

 

 

_______

 

 

Mi svegliai nella grotta più tardi quella sera. La tempesta era scomparsa e il sole al tramonto dipingeva i suoi ultimi quadri prima di immergersi sotto l'orizzonte. Mi sono seduta intontita, esaminandomi per vedere se c'erano ferite. Ma gli spiriti mi avevano protetto.

          E forse mi hanno parlato, attraverso i miei strani sogni.

          Ho riflettuto sui sogni mentre facevo il punto su ciò che mi circondava, ho notato il cumulo di cenere che era stato il mio fuoco ardente, ho riconosciuto la fame che ardeva nel profondo della mia pancia. Qualcosa dentro di me mi diceva che dovevo prestare attenzione a quello che avevo visto. Che questi frammenti del passato di tanto tempo fa potrebbero essere dei pezzi di un puzzle destinati a connettersi per aiutarmi a determinare il mio futuro.

          La mia mente è tornata al compito dell'anziano del villaggio quando ero solo un neonato. Cercare la pace, quando possibile. DI amare quando sarebbe stato più facile odiare.

          Pensai ad Agnarr che giaceva sul terreno della foresta. Io, che chiamavo Zefiro.

          Un semplice atto d’amore, abbastanza potente da cambiare il destino del mondo.

          Che tu possa crescere per fare grandi cose.

          “Iduna!”

          Alzai lo sguardo, sorpresa dalla voce improvvisa. Con mio stupore, non ero più da sola.

          I troll di montagna che stavo cercando.

          Mi avevano trovato.

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Capitolo Trentacinque

 

Iduna

 

 

 

 

 

BULDA SI PRECIPITÒ DA ME, CONTROLLANDOMI attentamente in cerca di qualsiasi ferita. Gran Papà mi guardava solennemente. “Ti sei svegliata,” disse.

          Mi sono stropicciata la faccia, confusa. “Cosa ci fate qui? Come mi avete trovata?”

          “Noi troll abbiamo i nostri metodi.”

          “Va tutto bene, cara?” chiese Bulda, afferrandomi il braccio e annusandolo. “È troppo freddo per un umano per stare qua fuori, anche se stai in una caverna. Dov’è tuo marito, il caro Agnarr? Sa che sei qua fuori?”

          “Avete già delle figlie?” aggiunse la femmina troll più giovane.

          Il mio cuore soffrì alle loro parole. Marito, figlie…

          “Lui non è mio marito, e non ci saranno delle figlie,” li corressi stancamente. “Agnarr sta per sposare la principessa di un altro regno. Lei avrà le sue figlie, non io.”

          “Ma la visione diceva—”

          “Immagino che la visione si sbagliasse. Agnarr deve sposare una principessa.” Camminai verso una roccia vicina e spazzai via la neve per sistemarmi sulla sua inesorabile superficie. “Ed io non sono una principessa.”

          “Bah!” disse sdegnata Bulda. “Ma cos'è una principessa? Qualche stupido titolo inventato alla nascita? Perché il loro trisavolo era bravo con la spada? Reale o comune, il tuo sangue è rosso. E non ha nulla a che fare con la capacità di aiutare la propria gente.”

          “Sì, beh, andatelo a dire al consiglio di Arendelle,” mormorai. “Sono molto convinti che Agnarr si sposerà per il bene del regno.”

          “E tu non pensi di essere un bene per il regno?” pressò Bulda.

          Aprii la bocca per discutere l’argomento, poi la chiusi. Pensai ai miei anni ad Arendelle. Inventando le pale rotanti sui mulini per aiutare gli agricoltori con la loro produzione e a nutrire meglio le loro famiglie. Leggere per i bambini. Cucinare per gli anziani. Non erano i grandi atti di un re o di una regina, ma avevano comunque il potenziale per cambiare la vita. Per riunire le persone. Per tenerli al sicuro e curati. Amati. Rispettati.

          Ma non era abbastanza.

          Scossi tristemente la testa. “Vogliono creare un’alleanza tra due nazioni.”

          “E il vostro matrimonio non farebbe questo?” si intromise improvvisamente Gran Papà. Mi diede uno sguardo sapiente. “So da dove provieni, Iduna. E so di quello che hai fatto per salvare Agnarr. Un atto d’amore, salvare la vita di un nemico. Non credi che gli spiriti pensino lo stesso?”

          Lo fissai, incapace di parlare. Non aveva torto. Avevo salvato Agnarr in un atto d’amore—ancora prima di innamorarmi di lui. In quel momento nella foresta, non c’era nessun Northuldra, nessuna Arendelle—solo due persone che avevano bisogno di unirsi.

          Formare un'alleanza tutta nostra.

          E anche se gli spiriti quel giorno erano arrabbiati, infuriando nella foresta, Zefiro aveva ancora ritenuto opportuno aiutarmi a salvare la vita di Agnarr. Questo doveva pur significare qualcosa, no?

          “Comunque, questo può non essere scritto nelle Luci del Nord o tutto il resto,” aggiunse Bulda. “ma il ragazzo senza dubbio ti ama. Anche se è un po’ fissato. Quei baffi! Cos’ha intenzione di fare con quei baffi cresciuti a metà?”

          Sorrisi. Non potevo farci nulla.

          Gli occhi di Gran Papà si fissarono su di me. Erano dolci e sapienti. “Iduna, non sottovalutarti. Tu sei una degli abitanti del popolo del sole. Sei più che degna di un principe Arendelliano.” Sorrise, i suoi occhi si sono increspati agli angoli. “Tu gli hai salvato la vita. Hai vinto il suo cuore. E ora tutto quello che ti resta da fare e prendere la sua mano.”

          Le lacrime mi scesero sulle guance mentre osservavo i troll. “È divertente,” dissi. “Sono venuta fin qui per chiedervi di aiutarmi a dimenticare. Invece, mi avete aiutato a ricordare.” Ho tirato un sospiro di sollievo. “Vi ringrazio.”

          “Il piacere è tutto nostro,” mi rassicurò Gran Papà. “Ora vai, Iduna. Torna ad Arendelle. E dimenticati del consiglio. Agnarr è l’unico che conta alla fine.”

          “E fai crescere i baffi a quel ragazzo!” aggiunse Bulda. “Digli che Bulda ha detto che sarà molto affascinante con quelli!”

          E con ciò, i troll tornarono in forma di roccia e salirono la collina per tornare alla Valle delle Rocce Viventi. Li osservai andare via, sentendo il calore che cresceva dentro di me, a scapito del tempo gelido all’esterno. Era una felicità quasi vertiginosa che riuscivo a malapena a contenere.

          Per tanto tempo ho vissuto nella paura. Non sicura di chi fossi. Ma ora avevo capito che quello che realmente importava era chi potevo essere.

          E c’era solo un modo per sconfiggere quella paura per sempre.

          Non avevamo bisogno di un esercito per portare la pace ad Arendelle. Avevamo solo bisogno dell’amore.

          E cosa poteva essere più forte del mio amore per Agnarr?

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Capitolo Trentasei

 

Iduna

 

 

 

 

 

SONO PRATICAMENTE CORSA GIÙ PER LA MONTAGNA, l'euforia dentro di me che mi attanagliava attraverso il mio corpo, spingendomi in avanti. Giù per il sentiero, verso le quote più basse, dove la neve si era già sciolta, tranne che per piccoli cumuli casuali. Era difficile credere che ero quasi congelata a morte durante la mia salita.

          Quando mi sono avvicinato alla città, ho guardato oltre la collina, sorridendo ai mulini a vento che giravano contenti nella brezza mattutina. Ce n’erano tanti adesso: ogni fattoria aveva voluto il proprio. E la produzione di grano era aumentata così tanto quest'anno, che siamo stati in grado di inviarne un po' per nave nei regni vicini che non sono stati così fortunati.

          “Iduna!” mi chiamò un contadino, salutandomi. Risposi, un sentimento di gioia mi attraversava.

          “Salve, Signor Hansen!” lo salutai. “Come va?”

          “A meraviglia!” dichiarò. “La mia fattoria non ha mai prodotto così tanto. E ora che non dipendiamo dai cavalli per fare tutto il lavoro pesante del mulino, abbiamo iniziato ad allevarli. Presto avremo una nuova scuderia di puledri, pronta per essere venduta.”

          Mentre parlava, un piccolo puledro bianco sfrecciava attraverso il campo su gambe affusolate. Ho riso mentre si precipitava verso di me, poi si è fermato davanti a me, strofinando il naso contro la mia mano. Frugai nella mia borsa, tirando fuori una carota. Fortunatamente, stavo viaggiando preparata.

          “Ecco qui, piccolo,” dissi, accarezzandolo dolcemente. Mentre masticava il dolcetto, alzai lo sguardo verso il contadino. “Qual è il suo nome?”

          “Lo abbiamo chiamato Havski,” rispose il contadino. “Significa bello.”

          “È certamente un bel cavallo,” concordai. “Quando sarà pronto per essere venduto, potrebbe venire prima da me? Non ho mai avuto un cavallo. Forse sarebbe il momento.”

          “Iduna, lo potrai avere per niente!” esclamo il signor Hansen. “Dopo tutto quello che hai fatto per noi, questo è il minimo che io possa fare.”

          Sorrisi, la felicità mi pervadeva. “Grazie,” dissi. Mi inginocchiai di fronte al puledro, che stava già annusando la mia borsa per un’altra carota. “Ci vediamo presto, Kjekk,” sussurrai. “E te lo prometto, avrai tutte le carote che potrai mangiare.”

          Mi alzai e scesi giù per la collina verso Arendelle, sentendomi orgogliosa e contenta. Come avevano detto i troll, cosa era una principessa, dopotutto? Qualcuna che era nata fortunata. Ma io mi ero fatta la mia fortuna nel corso degli anni. Questo doveva pur contare qualcosa, no?

          Agnarr non voleva sposare Runa. Lo ha fatto capire chiaramente. Stava solo cercando di fare quello che era giusto, quello che si aspettavano da lui come re. Ora dovevo solo dimostrare che anche noi potevamo stare bene insieme. Solo in un modo inaspettato. Non sarebbe stato facile convincere il consiglio. Ma tra noi due, il nostro amore aveva il potere di muovere le montagne. Sicuramente potremmo spostare anche qualche mente dalla nostra parte.

          E Re Nicholas e sua figlia potevano tornarsene da dove erano venuti.

          A proposito di Re Nicholas… mi fermai, realizzando che non ero lontana dall’accampamento di Vassar proprio fuori dal villaggio, padiglioni colorati che punteggiano la radura, con le bandiere del loro paese che sventolano dall'alto. Sapevo che Re Nicholas aveva rifiutato l’offerta di Peterssen di stare dentro le mura della città, dicendo che i soldati erano abituati all’aria fresca, non ai confini della vita di città. Al momento, il posto sembrava mezzo abbandonato; molti degli uomini erano probabilmente fuori in pattuglia, mantenendo Arendelle al sicuro da nuovi attacchi.

          Mi accigliai. Quello era l'unico aspetto negativo di tutto questo. Agnarr avrebbe dovuto rifiutare pubblicamente Runa se avesse voluto sposarmi. Questo sarebbe stato un insulto per Re Nicholas. Ritirerebbe le sue pattuglie? Questo porterebbe a un'escalation di attacchi? Metterebbe in pericolo la vita delle persone? Eravamo stati così fortunati che Vassar era arrivato in città con il loro esercito proprio mentre le cose si mettevano male…

          Fortunati. O…

          Mi accigliai, un pensiero improvviso e inquietante che mi pizzicava in fondo al cervello. Ho dato un'occhiata al campo, con gli occhi socchiusi su uno stendibiancheria appena fuori dal perimetro, pieno di mantelli di Vassar, appesi fuori ad asciugare… così come avevo trovato i mantelli al campo di Arendelle quel funesto giorno nella Foresta Incantata.

          Scossi la testa. No. Questo era da pazzi. Assolutamente folle. E probabilmente anche pericoloso.

          Ma poi…

          Ho sistemato la mascella, in punta di piedi verso lo stendibiancheria.

          “Per Arendelle,” sussurrai a me stessa.

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Capitolo Trentasette

 

Agnarr

 

 

 

 

 

VOSTRA MAESTÀ, IL POPOLO VI aspetta. Non siete nemmeno vestito?” Schioccò Kai con disapprovazione. “È quasi mezzogiorno!”

          Sbuffai, tirando le coperte sopra alla mia testa, desiderando che se ne andasse. L’ultima cosa che volevo quel giorno era affrontare il consiglio, così come i cittadini di Arendelle alla sessione settimanale dei petizionisti. Per non parlare del fatto che dovevo guardare la faccia compiaciuta di Re Nicholas e fargli provare di nuovo a rifilarmi sua figlia.

          Anche da quando ho saputo da Kai e Gerda che non c’erano leggi ufficiali che mi imponevano di sposare una principessa, stavo ancora cercando di trovare un modo per far tornare Runa e suo padre a casa. Una volta che fossero andati via, potrei farmi valere per Iduna. Sarebbe stato difficile, visto che non avevo idea di dove fosse andata Iduna.

          Nessuno l’aveva vista dalla notte dell’esplosione. A rendere le cose peggiori, Re Nicholas non avrebbe colto l'indizio di tornare a casa. Semmai, aveva scavato anche più in profondità dalla notte del ballo, assegnando ai suoi soldati il compito di pattugliare le strade e di sorvegliare il castello. E Peterssen lo aveva lasciato fare, perché significava che Arendelle sarebbe stata al sicuro. Questa era la priorità numero uno, gli piaceva ricordarmi.

          In altre parole, l’amore della mia vita avrebbe dovuto aspettare.

          “Vostra Maestà—”

          “Sono sveglio! Sono sveglio!” brontolai, forzandomi a scendere dal letto. Kai mi aiutò con con il mio vestito verde, poi mi ha aiutato ad appiattire i capelli da letto. Di solito protestavo che potevo farlo da solo, ma oggi non avevo le forse di discutere.

          “Vostra Maestà sembra fuori luogo,” ha osservato Kai con disinvoltura, sebbene i suoi occhi avessero uno sguardo consapevole. Mi accompagnò allo specchio e mi fece sedere su uno sgabello di fronte ad esso, mentre lavorava con una spazzola sui miei capelli.

          Sospirai. “Arendelle è diventata quasi una prigione, grazie a Re Nicholas. Sai che ha anche cancellato il suono annuale della campana di Natale?”

          “Sì, mi è dispiaciuto saperlo. Mi è sempre piaciuta quella tradizione,” concordò educatamente Kai, tamponando l'appiccicume sui miei capelli per lisciare quelli indisciplinati. “Ma se si tratta della sicurezza di Arendelle, suppongo sia per il meglio.”

          “Suppongo di sì,” mormorai, stanco di sentire questa frase. Non era che non m’importava di mantenere Arendelle al sicuro. Mi stava a cuore. Era solo qualcosa sul modo in cui Re Nicholas aveva impostato tutto…

          Improvvisamente, Gerda irruppe nella stanza così bruscamente che io sobbalzai e a Kai cadde la spazzola.

          “Guarda un po’, Gerda!” brontolò. “Devi davvero imparare a bussare prima di—”

          “È tornata!” interruppe Gerda, un’enorme sorriso sul suo volto.

          Mi alzai, colpendo lo sgabello. “Chi?” chiesi, non osando quasi respirare. Ma anche se avevo fatto la domanda, sapevo che c’era solamente una persona la cui ricomparsa poteva rendere Gerda così emozionata.

          I suoi occhi brillavano con felicità. “La Signorina Iduna,” disse, mettendosi le mani sul petto. “È qui. Nella Sala Grande. La Prima Sala Grande. Non la Seconda Sala Grande. L’ho vista aspettare insieme agli altri petizionisti.”

          Il mio cuore sobbalzò. Kai si abbassò per prendere il pettine, ma l’ho salutato con la mano. “I miei capelli stanno bene,” gli dissi. “Devo andare!”

          Scattai verso la porta. Quando la raggiunsi, mi girai, catturando Kai e Gerda che si scambiavano sguardi affettuosi. Il mio cuore si è un po' sciolto alla vista. Grazie a loro, potrei davvero avere una possibilità di essere felice. La mia gola si strinse.

          “Grazie,” dissi semplicemente, anche se avrei voluto dire molto di più.

          Gerda mi cacciò via con le mani. “Siete ancora qui?” brontolò. “Andate a prendere la vostra ragazza!”

          “E questa volta,” aggiunse Kai con un sorriso tutto denti, “non lasciatela scappare più.”

 

 

_______

 

 

Scattai dalla mia camera da letto e corsi giù per il corridoio, scendendo le scale, verso la Sala Grande, dove si sarebbe tenuto l’incontro. Quando arrivai, c’era già la fila fuori dalla porta. Non c'è da stupirsi, immagino, visto i recenti attacchi. Mi chiesi quanti di loro sapessero dell’esplosione nella sala da ballo. Le notizie viaggiavano veloci nel nostro regno.

          “Quei mostri!” diceva una donna corta e magra con un abito grigio ricamato a Re Nicholas mentre mi dirigevo verso la parte anteriore della stanza, cercando di scrutarla per intravedere Iduna. La donna ha dato un un cavolo mezzo mangiato reggente. “Non c'è un minimo a cui non si abbasseranno? Sono venuti a casa mia! Hanno mangiato metà del mio orto!”

          “Terribile!” dichiarò Re Nicholas. Aveva evidentemente trovato un bel posticino comodo proprio accanto a Peterssen, e sua figlia Runa era al suo fianco, obbediente come sempre. “Ma non mi sorprende. I Northuldra sono semplicemente noti per rubare le verdure!”

          “Come lo sono i conigli,” interferì Peterssen, sembrando stanco. “Avete visto i Northuldra fare questo, per caso, Signorina Nillson?”

          “Beh, no!” disse. “Ma è naturale che siano stati loro! Sono dappertutto. Ho molta paura di chiudere gli occhi la notte per paura di essere ucciso nel sonno!”

          “E le mie pecore ora sono rosa!” aggiunse Aksel, il pastore, dal retro della stanza. Teneva in mano un agnello colorato. “Rosa, vi dico! Finirà mai questa brutalità?”

          Gunnar avanzò, incrociando le braccia al petto. “Dimentichiamoci delle pecore e delle verdure. Il resto di noi vuole sapere dell’esplosione,” disse. “Cosa state facendo per questi attacchi? Come li fermerete? Se la monarchia non è in grado di tenere al sicuro il proprio castello, come possiamo aspettarci che protegga il suo popolo?”

          Un fragore di accordo si è diffuso tra la folla. Tutti cominciarono a parlare insieme. Ho sorpreso re Nicola a fare un piccolo sorriso alla sua guardia. Sembrava che si stesse divertendo troppo per uno che si era preso la briga di inviare il suo esercito intorno al castello per la nostra protezione.

          Sono salito sul palco, girandomi per affrontare la folla. “Silenzio!” domandai a voce alta. “Non voglio questo caos nella mia corte! Se non riuscite ad essere rispettosi, allora potete andarvene tutti.”

          La folla brontolava un po', ma si era calmata. Peterssen mi diede uno sguardo incoraggiante. Mi schiarii la gola e poi continuai. “Adesso, qualcuno di voi ha visto un individuo o un gruppo commettere questi crimini?” chiesi, scrutando ancora la stanza in cerca di Iduna. Dov’era? “Qualcuno ha davvero idea di chi potrebbe esserci dietro?” Alzai la mano per fermarli prima che potessero parlare. “Sto parlando di fatti. In prima persona. Non voglio ascoltare storie di mostri nascosti sotto ai letti del bambini. Siamo migliori di questo.”

          Aspettai. Tutti si stavano guardando con disagio a vicenda. Ma nessuno si fece avanti. Fino a quando una voce solitaria arrivò dal fondo della stanza.

          “Io sì.”

          Tutti avevano uno sguardo di sorpresa—me compreso—mentre Iduna si faceva finalmente avanti dalla folla. Stava indossando un semplice abito di lana, con metà dei suoi bellissimi capelli lucenti in una treccia, mentre il resto mentre il resto le scendeva a cascata lungo la schiena. Iduna si fece strada verso il davanti della stanza e si fermò davanti al palco. Stava trasportando un sacco, di cui ha proceduto a scaricare il contenuto sul tavolo. Con mia sorpresa, ne uscirono chiodi, pezzi di metallo, e quello che sembrava fertilizzante.

          “Qual è il significato di tutto questo?” disse Re Nicholas. “Questo è un castello di alto prestigio, giovane ragazza! Non la vostra discarica!”

          “Avete chiesto prove di attività criminale,” spiegò. “Ho trovato rifornimento usati per fabbricare dispositivi esplosivi. Probabilmente dello stesso tipo di quelli usati nel castello la sera del ballo.”

          Re Nicholas si accigliò, sembrando improvvisamente a disagio. “Cosa vi ho detto?” si girò verso la folla. “Questo è il motivo per cui avete bisogno di un potente esercito per proteggere Arendelle! I Northuldra non si fermeranno davanti a nulla per distruggere il vostro stile di vita!”

          Gli occhi di Iduna si fermarono sulla faccia del re. C’era una fierezza nel suo sguardo che io conoscevo fin troppo bene. Cosa aveva in mente?

          “Non ho detto che provengono dai Northuldra,” disse.

          “Ma chi altro potrebbe essere stato?” urlò Re Nicholas. “Tutti sappiamo che i Northuldra attaccano la vostra gente da tempo ormai!”

          “L’hanno fatto, però?” chiese Iduna, la sua voce era calma. “O potrebbe essere stato qualcun altro?” Alzò un sopracciglio vero il re. “Qualcuno con un’interesse personale verso Arendelle e il suo bisogno di un esercito per proteggerla, forse?” Il suo tono era neutrale, ma i suoi occhi brillavano.

          “Cosa intendi, Iduna?” domandò Peterssen.

          Iduna si girò verso di me. “Vostra Maestà, ho trovato questi nelle tende dei soldati di Vassar,” disse. “Insieme a queste.” Ha allungato di nuovo la mano nel sacco e tirò fuori diverse maschere con il simbolo del sole dall'aspetto troppo familiare.

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Capitolo Trentotto

 

Agnarr

 

 

 

 

 

LA FOLLA HA SUSSULTATO. TUTTI HANNO INIZIATO a parlare insieme. Re Nicholas ha abbassato lo sguardo verso le maschere, poi lo ha alzato verso Iduna, la sua faccia rossa e i suoi occhi furiosi.

          “Che cos’è questo?” rispose. “Cosa state cercando di dire? Chi è questa ragazza, comunque? Una contadina? Forse lei stessa è una Northuldra! Cercando di spostare la colpa dalla sua gente alla nostra!”

          “Silenzio!” esplosi, avanzando al fianco di Iduna. Allungai la mano ed afferrai la sua nella mia, stringendola stretta. Fu allora che capii che stava tremando. Questo le aveva preso tutto il suo coraggio, aprendosi al rischio in questo modo.

          Ma lo aveva fatto. E forse ci aveva salvato tutti nel processo.

          “Non parlerà alla Signorina Iduna in questo modo,” dichiarai. “E lei sarà preso in custodia fino a quando non saremo in grado di determinare la verità. Lord Peterssen, per favore, chiami Sorenson con il suo test della verità. Avremo bisogno dei suoi servizi.”

          “Non ce ne sarà bisogno.”

          Improvvisamente, Runa avanzò. La sua faccia era pallida e la sua voce tremolante, ma la sua postura era rigida e determinata. “Non avrete bisogno di interrogare,” disse a bassa voce. “Perché posso dirvelo per certo: quello che ha detto la Signorina Iduna è la verità.”

          Un altro sussulto arrivò dalla folla. La faccia del re diventò viola. “Cosa stai dicendo, Runa?” domandò. “Chiaramente mia figlia non sta bene al momento e—”

          “Non ho più intenzione di mentire per voi, Padre,” disse Runa. “Questo è opera vostra, non mia. Non vi siete fidato abbastanza di me per conquistare il principe con i miei meriti. Dovevate avere un'assicurazione—per far apparire Arendelle debole in modo da poter apparire forte. Pronti a intervenire e ad aiutare. Peccato che era da voi che avevano bisogno di protezione da sempre.” Guardò verso di me, i suoi occhi addolorati. “Chiedo scusa, Agnarr. Non avrei dovuto assecondarlo. Ma poi, ho incontrato uomini così terribili nei miei giri di corteggiamento dei principi. Uomini avidi, alla disperata ricerca di potere. Pensavo che fosse il modo normale di fare le cose per raggiungere i propri scopi.” Sospirò. “Ma poi ho incontrato voi. Ed eravate una persona veramente buona. E ho pensato—sperato che forse avrebbe potuto funzionare tra noi. Che questo atto di mio padreper quanto malvagiopotesse avere un esito positivo.” Abbassò la testa. “Ma ora so che non è così. Vi meritate di essere felice. Di sposarvi per amore. Come farò io.”

          La faccia di Re Nicholas si contorse in rabbia. “Ma come, traditrice!” Si è lanciato verso sua figlia. Ma le guardie di Arendelle gli si sono buttate addosso, bloccandogli rapidamente il cammino.

          “Portatelo via,” ordinai.

          Le guardie iniziarono a trascinarlo verso l’uscita mentre le persone di Arendelle gli fischiava e sibilava.

          “Avete bisogno di me!” urlò, cercando di combattere le guardie, senza alcun risultato. “State facendo un grosso errore!”

          Errore o meno, Re Nicholas se ne andò presto.

          Mi girai verso Runa, che si trovava ancora lì, spalle basse, a testa alta. Una vera principessa fino alla fine. Quando notò che la stavo osservando, mi fece un sorriso triste.

          “Potete farmi portare via anche a me,” disse. “Non mi opporrò.”

          Le guardie restanti iniziarono a muoversi nella sua direzione. Ma io avanzai. “No,” dissi. “Runa, non voglio che voi paghiate per i crimini di vostro padre. Vi siete opposta a lui e mi avete detto la verità. Siete libera di tornare a casa. Una volta che le cose si saranno calmate, incontriamoci di nuovo.” Abbassai la mia voce in modo che solo lei mi sentisse. “Non come pretendenti questa volta, ma come regnanti dei nostri rispettivi regni. Sicuramente possiamo giungere a un accordo commerciale reciprocosenza intorbidire le acque con l'intera faccenda del matrimonio.”

          Runa mi sorrise. “Sono sicura che possiamo trovare una soluzione.”

          E con questo, si diresse fuori dalla sala del trono. La guardai andarsene, ripensando a mia madre. Speriamo che ora, senza suo padre, Runa possa trovare la sua felicità. Il suo vero amore.

          Mi girai verso gli abitanti di Arendelle, che stavano osservando la scena che si stava svolgendo con totale stupore e fascino. Sapevo che lo avrebbe saputo tutta la città non appena avessero lasciato il castello.

          “Vi ringrazio per la vostra pazienza,” dissi. “Continueremo a lavorare su questo nuovo... sviluppo. Ma credo si possa dire che non dovremo più preoccuparci degli uomini con la maschera del sole.”

          “E per quanto riguarda le pecore rosa?” domando Aksel, tenendo in mano il suo agnello.

          Ho grugnito. “Rimandiamo il tutto alla prossima settimana, va bene?”

          “Oppure…” Iduna si intromise improvvisamente, un bagliore malvagio nei suoi occhi azzurri, “potremmo iniziare tutti ad indossare scialli rosa? Voglio dire, chi dei presenti vorrebbe un bellissimo scialle rosa brillante?”

          Le mani di quasi tutte le donne nella stanza si sono alzate in una sola volta. Gli occhi di Aksel si illuminarono. “Scialli rosa siano!” urlò. “Anche viola! Inizierò immediatamente a prendere le ordinazioni.”

          La folla lo circondò, parlando tutti insieme.

          Iduna sorrise trionfante.

          La osservai, con il cuore in gola. Non era stata lontana a lungo, ma mi era mancata con tutto il mio essere. E non c'era modo che la lasciassi andare mai più.

          “Dovremo parlare,” sussurrai.

          Annuì. “Dovremo.”

          “Biblioteca o albero?”

          “Albero.” Sorrise maliziosamente, come se avesse qualcos’altro in mente. Il mio cuore perse un battito.

          “Adesso?”

          Diede un’occhiata a Peterssen, che ci stava osservando a pochi metri di distanza. “No,” disse. “C’è bisogno di te qui. Finisci e vieni a cercarmi stasera. Alle otto in punto.” Ha sfiorato brevemente la sua mano con la mia mentre usciva dalla porta. “Non fare tardi.”

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Capitolo Trentanove

 

Agnarr

 

 

 

 

 

PRINCIPE AGNARR!”

          La voce di Iduna risuonò proprio quando sentii gli orologi suonare alle otto in punto. Sono entrato nel cortile, verso il nostro albero preferito. Era stata una lunga giornata, piena di riunioni conciliari dove tutti cercavano di capire cosa fare con il disonorato Re Nicholas. Ma in fondo alla mia mente non riuscivo a smettere di pensare a Iduna. Mi avrebbe dato la seconda possibilità per cui avevo pregato?

          Mi sono fermato brevemente, facendo un passo indietro.

          Non era sull’albero.

          Invece, si trovava sulla nostra panchina.

          Accompagnata da due… renne?

          Mentre guardavo, sbalordito, la renna a terra alla sua destra premeva lo zoccolo su una piccola scatola di legno, liberando uno sciame di farfalle viola. Allo stesso tempo, la renna a terra alla sua sinistra rilasciò una nuvola di quei piccoli semi di elicottero, che volteggiavano nell'aria come fumo marrone. Iduna alzò il mento, in piedi a testa alta e orgogliosa, mentre si rivolgeva a me con voce chiara.

          “Principe Agnarr di Arendelle, mio tenero, bellissimo, impavido amore…” Le farfalle le sciamavano intorno, creandole un'aureola intorno alla testa. I suoi occhi incontrarono i miei. “Vuoi sposarmi?” disse con voce dolce.

          La fissai sbalordito. Iduna sorrise timidamente, un sorriso le sfuggì dalle labbra. Scese dalla panchina e si avvicinò a me, frugando nella sua borsa e tirando fuori qualcosa di piccolo. Mi ci volle qualche secondo per capire cosa fosse.

          Il cucchiaio dell’amore. Quello che pensavo di aver perso per sempre.

          “Lo hai finito,” sussurrai.

          “Sì,” si illuminò. “Anche se ho avuto un piccolo aiuto. Chi lo sapeva che Olina era un maestro falegname e un’ottima cuoca?”

          Corsi verso di lei e la presi tra le mie braccia. Le renne ci circondarono, sbuffando e annusando, ma le ho cacciate via, avvicinandola a me, fino a quando la sua faccia non era a pochi centimetri dalla mia. Lei mi guardò con quei suoi enormi occhi azzurri. Occhi in cui potevo perdermi.

          E ritrovare anche me stesso.

          “Ti amo,” sussurrai.

          “Ti amo anche io,” rispose, e suoi occhi brulicanti di affetto. Poi aggiunse. “Ascolta, Agnarr, ci ho pensato molto. Hai sempre avuto ragione. Noi ci amiamo. Alla fine è tutto quello che conta. Possiamo andare dal consiglio per far valere le nostre ragioni. O andare anche dal popolo. Cosa potrà mai dire Peterssen se tutti ad Arendelle saranno con noi? Sono loro che contano, giusto? Non solo il consiglio.” Mi sorrise coraggiosamente. “Hai detto che valeva la pena lottare per il nostro amore. Beh, io sono pronta per lottare. Voglio che tu mi sposi.”

          Alzai la mano, sfiorando la sua morbida guancia con le dita. “Ed io posso sicuramente sposarti—non è necessaria una lotta con il consiglio,” le dissi.

          “Cosa?” I suoi occhi si annebbiarono di confusione. “Non capisco.”

          “Non ci crederai, ma si è scoperto che non c’è nessuna legge ufficiale in tutti i libri di legge di Arendelle che dice che io debba sposare una reale.” Ho sorriso in modo ampio. “Puoi ringraziare Kai e Gerda per questo.”

          “Davvero?” I suoi occhi si spalancarono. “Non c’è una legge?”

          La mia mano le si è avvolta intorno al collo. “Nessuna,” sussurrai.

          Le nostre labbra si sono incontrate. Le mie mani le caddero sui fianchi e la tirarono contro di me. Potevo sentire ogni curva del suo corpo mentre la sua bocca si muoveva affamata contro la mia. Mi allontanai per un momento per appoggiare la mia fronte contro la sua. “Sei sicura che questo è quello che vuoi?” le chiesi a bassa voce. “Hai visto com'è la mia vita—ed ancora non sono nemmeno re.”

          “Lo so,” disse solennemente. “E non mi aspetto che sia facile. Non fraintendermi; c’è una parte di me che vorrebbe chiederti di scappare via con me. Di vivere una semplice vita da contadini in un terreno. Ma Arendelle ha bisogno di te tanto quanto ne ho bisogno io. Quindi mi va bene condividere.”

          “Io credo che Arendelle abbia bisogno di te,” la corressi con una risata. “Ma credo che anche a me vada bene condividere. Sei la persona più straordinaria che abbia mai conosciuto,” sussurrai. “Smetterai mai di sorprendermi?”

          I suoi occhi blu brillavano. “Sembra improbabile, Vostra Maestà.”

          “Sono contento di sentirlo, mia regina.”

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Capitolo Quaranta

 

Iduna

 

 

 

 

 

IDUNA? POSSO PARLARTI PER UN momento?”

          La voce di Peterssen ha interrotto il felice stordimento in cui mi trovavo mentre guardavo i giardini reali che si coloravano nella luce calante del crepuscolo. Agnarr era stato allontanato da un altro gruppo di benemeriti, e io mi ero crogiolata nel bagliore del nostro amore e di tutto ciò che era successo negli ultimi due giorni per cementarlo.

          Quando Agnarr aveva esposto le sue ragioni al consiglio il giorno successivo alla mia proposta, non si sono opposti molto. Credo che si siano sentiti in imbarazzo per la pubblicità dello sporco corteggiamento con Runa e il suo intrigante padre. E quando poco dopo abbiamo annunciato il nostro fidanzamento agli abitanti di Arendelle, essi sono rimasti entusiasti dell'idea.

          “Il castello può avere la testa nella sabbia,” dichiarò Halima mentre Agnarr ed io condividevamo la buona notizia davanti a una tazza di tè all’Hudson Heart. “Ma abbiamo tutti prestato attenzione. E non mi viene in mente nessuno che sarebbe meglio per il nostro principe—e per la nostra gente—della nostra dolce, talentuosa Iduna. Mattias sarebbe stato così orgoglioso se fosse qui.” Agnarr si illuminò con orgoglio.

          Mattias avrebbe potuto esserlo. Ma lo sguardo sul volto di Peterssen mi diceva che il sentimento non era universale.

          Lo seguii in un'alcova tranquilla, una piccola sensazione di disagio che mi rosicchiava lo stomaco. Quando eravamo fuori portata d'orecchio, si girò per guardarmi, uno sguardo triste sul suo volto. “Sono felice che tu e il principe vi siate trovati,” iniziò Peterssen. “Lo sono davvero. E so che sarete una coppia meravigliosa. Sarai una regina meravigliosa. Ma, Iduna, se andrai fino in fondo, devo avvisarti: è più importante che mai che tu mantenga il tuo passato segreto—almeno per adesso.”

          “Ma perché?” chiesi, addolorata. Avevo intenzione di confessare tutto ad Agnarr più tardi quella sera, quando saremmo stati solo noi due. Volevo andare avanti con lui senza più segreti tra noi, solo trasparenza e verità.

          Peterssen sembrava turbato. “Hai appena implicato il re di Vassar in atti violenti contro Arendelle, mentre in pratica rivendicavi i Northuldra. Se la gente venisse a sapere che sei segretamente una Northuldra, non pensi che si potrebbe chiedere se tu e Runa avete lavorato insieme e complottato per piazzare le prove nelle tende di Vassar per scagionare il tuo popolo e conquistare il principe per te stessa?”

          Lo fissai, sconvolta dalle sue parole. Sapevo che quello che diceva aveva senso. Ma perché avrei dovuto tenerlo nascosto anche ad Agnarr? Sicuramente lui non sarebbe giunto alle stesse conclusioni.

          “Agnarr mi ama,” insistetti. “Manterrebbe il mio segreto.”

          “Ne sei sicura?” chiese cautamente Peterssen. “Perché non ho mai conosciuto nessuno che odiasse i segreti quanto il nostro principe. E se la verità venisse fuori—sia per bocca sua, in un tentativo maldestro di difendere il tuo onore, o con altri mezzi—sarebbe disastroso per il suo ruolo. Se la gente venisse a sapere che ti ha sposato di sua volontà, sapendo che eri la figlia del nemico di Arendelle, potrebbe costargli il trono. Meglio che lui non sappia. Poi se qualcosa deve succedere, potrebbe usare la sua ignoranza come uno scudo.”

          “Vassar è sparito,” continuò. “Ma ce ne sono tanti altri che osservano attentamente in cerca di un’opportunità da cogliere per ottenere una via commerciale così ricca. Per scoprire debolezze, piantare semi di scontento e paura. Abbiamo bisogni di un re forte. Se ti importa di Arendelle, devi mantenere il silenzio—ancora un po’ più a lungo.”

          Ah, sì. Eccolo lì, il dovere verso il paese che ora era un mio obbligo tanto quanto quello di Agnarr. Non avrei dovuto mantenere il segreto per me stessa, o per la salvezza della relazione mia e di Agnarr.

          Sarebbe stato per Arendelle.

          Ed anche per i Northuldra.

          Come regina avrei avuto il potere di proteggere i Northuldra, di mettere finalmente a tacere le voci della loro presunta magia e i loro misfatti una volta per tutte. E le la nebbia fosse sparita, la mia famiglia e gli altri potevano uscirne protetti, le loro terre al sicuro.

          La mia voce poteva sembrare silenziosa. Ma sarebbe stata forte, persistente, e persuasiva. Sarebbe stata potente.

          “Iduna! Vieni quaggiù!”

          Girai la testa, i miei occhi fermi su Agnarr, che mi stava facendo cenno di tornare dai nostri sostenitori. La Signorina Blodget si trovava accanto a lui, tenendo il più grosso pezzo di cioccolato che avessi mai visto e sorridendo felicemente. Gli diedi un piccolo sorriso e salutai, poi mi girai verso Peterssen.

          “Molto bene,” dissi, alzando il mento mentre stavo combattendo per mantenere il tono fermo della mia voce, senza tremare. “Farò come mi avete chiesto. Almeno per il momento. Ma un giorno racconterò la mia storia. Agnarr conoscerà l’intera verità.”

          E con ciò, tornai alle celebrazioni, non aspettando una sua risposta. Spalle basse, testa mantenuta alta. Una futura regina Arendelliana in perfetto equilibrio.

          Celarlo, domarlo. Non mostrarlo.

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Capitolo Quarantuno

 

Iduna

Sei mesi dopo

 

 

 

 

MI SONO GUARDATA ALLO SPECCHIO MENTRE Gerda mi apponeva in testa la corona nuziale d'argento ingioiellata. Non ero ancora una regina, naturalmente, ma la tradizione matrimoniale di Arendelle mi ha fatto sentire come se lo fossi, insieme a questo ampio abito d'argento che mi si stringeva in vita, e che poi si è gonfiato intorno a me come una nuvola.

          Io, Iduna, orfana Northuldra. Presto sarò la regina di Arendelle.

          Era il contenuto di quelle fiabe che avevo letto nei libri che gli Arendelliani avevano portato alla diga. Ora prendeva vita.

          Chi lo avrebbe mai immaginato?

          “Sei pronta, mia cara?” chiese Gerda, i suoi occhi scintillavano. “Penso sia il momento.”

          Ho fatto un respiro, il cuore mi batteva forte, mentre Gerda mi portava alla cappella all'interno del castello. Il posto era gremito, ma invece di invitare i dignitari dei regni vicini, avevamo riempito il vasto spazio con tutti gli abitanti di Arendelle. Hanno applaudito quando entrai nella stanza e sentii le mie guance accaldarsi in un rossore.

          La musica si è intensificata. Ho iniziato a percorrere la navata. Mentre camminavo, ho visto Agnarr in piedi alla fine, vestito con la sua uniforme militare formale di Arendelle con spalline d'oro e medaglie luccicanti. Finalmente si era fatto crescere i baffi, il che lo rendeva particolarmente elegante. Bulda sarebbe così orgogliosa.

          Ma non era il suo outfit o i suoi nuovi peli sul viso che mi hanno fatto battere il cuore all'impazzata. Era il sorriso nervoso sulla sua faccia.

          “Beh, ciao,” sussurrai mentre avanzavo al suo fianco.

          “Ciao a te,” rispose sussurrando. “Sei… incredibile, Iduna.”

          Mi illuminai. “Anche tu ti sei ripulito per bene.”

          Arrossì, porgendo il suo braccio. “Sei pronta?” chiese dolcemente.

          Il mio cuore si è gonfiato con lo sguardo che ho visto nei suoi occhi.

          Nessun dubbio. Nessuna paura.

          Solo amore.

          “Pronta,” dichiarai.

 

 

_______

 

 

Il ricevimento si è tenuto per le strade di Arendelle, I musicisti hanno suonato allegre melodie e abbiamo ballato ogni ballo sotto il sole, tra cui ‘la renna che doveva pisciare di brutto ma che è stata trascinata in una sala da ballo di lusso’—che si era rivelato essere il preferito dalla folla. Abbiamo banchettato con una serie infinita di prelibatezze, tra cui un tradizionale kransekake nuziale—una torre di pane dolce condita con formaggio, panna e sciroppo. Come tocco speciale, la Signorina Blodget aveva aggiunto due piccole statuine sulla cima della torre—che rappresentavano Agnarr e me. Erano fatte di cioccolato solido.

          Non riuscivamo a smettere di sorridere, i nostri sorrisi di gioia scompaiono solo per lo spazio di un bacio. Eravamo così ridicolmente felici di stare finalmente insieme, all'aperto, senza paura di essere scoperti. Dopo anni di sguardi rubati e momenti segreti, non dovevamo più nascondere il nostro amore.

          “Sei così bella,” mi disse Agnarr per forse la cinquantesima volta da quando il ricevimento era iniziato, prendendomi tra le braccia per un altro ballo. Potevo sentire la folla che ci guardava deliziata, ma io mantenni i miei occhi sul mio principe… mio marito.

          “Credo che tu l'abbia già detto,” scherzai.

          “Sei stanca di sentirtelo dire?”

          “Non del tutto, Vostra Maestà.”

          “Bene. Perché ho intenzione di ripeterlo ogni giorno della tua vita da questo momento in poi… Vostra Maestà,” aggiunse, i suoi occhi brillavano.

          Sospirai. “Hai davvero intenzione di iniziarmi a chiamare in questo modo?”

          “Assolutamente,” dichiarò. “Se non altro per vendicarmi di te per tutte le volte che mi hai Vostra Maestatizzato nel corso degli anni.”

          Sospirai con finto sgomento. “Grande. Ho creato un mostro.”

          “No,” i suoi occhi si addolcirono. “Hai creato un re.”

          Si allungò, prendendomi il viso tra le mani, incontrando i miei occhi con quello sguardo verde di cui non mi stancherei mai in un milione di anni. “Non avrei mai potuto farlo senza di te, Iduna.” sussurrò. “E voglio che continui a farne parte. Ora sarai la regina di Arendelle. E voglio che governi con me. Allo stesso modo. Fianco a fianco.”

          “Ti amo,” sussurrai, sentendomi un poco sopraffatta dalle sue parole. Io, una moglie, una regina. Mi stavo preparando a questo momento da molto tempo, ma mi sembrava ancora così assurdo che fosse finalmente arrivato.

          Poi Olina si affacciò verso di noi, battendo le mani vivacemente. “Cosa state aspettando Vostre Maestà?” chiese con uno scintillio negli occhi. “È il momento per il kransekake!”

Sorrisi timidamente ad Agnarr, ricordando come il cuoco mi aveva spiegato la tradizione matrimoniale Arendelliana. Insieme, avremmo sollevato l'anello superiore del kransekake e, da quanti anelli inferiori si fossero sollevati con esso, avremmo potuto prevedere quanti figli avremmo avuto insieme.

          “Sei pronta?” chiese Agnarr, facendomi l’occhiolino.

          Sorrisi, sentendomi improvvisamente nervosa. “Credo di sì?”

          Insieme ci abbassammo e sollevammo lentamente l'anello superiore della torta mentre praticamente tutta Arendelle guardava, trattenendo il respiro.

          L’anello superiore si alzò. Due anelli inferiori salirono con esso. La folla esplose in cori ed applausi. Olina sbatteva le mani e saltellava su e giù. Kai e Gerda si abbracciarono a vicenda entusiasticamente.           Credo di aver visto delle lacrime negli occhi di Gerda.

          “Due anelli!” dichiarò Olina. “Questo vuol dire due figli reali benedetti!”

          Mi girai verso Agnarr, “Wow,” dissi a bassa voce, esplicitamente per lui. “Immagino che Gran Papà avesse ragione.”

          Concordò, sembrando già un papà orgoglioso. “Due bambini,” disse la sua voce mutava in stupore.

          “Due figlie,” lo corressi con un sorriso.

          E in qualche modo, in quel momento, sapevo che si sarebbe avverato.

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Capitolo Quarantadue

 

Iduna

Tre Anni dopo

 

 

 

 

ED ORA, SIGNORE E SIGNORI, VI presento la vostra nuova principessa, Elsa di Arendelle!”

          Il fragore della folla sottostante era quasi assordante quando sono uscita sul balcone, cullando tra le braccia tra le braccia mia figlia appena nata, la sua piccola forma avvolta in una morbida camicia da notte blu che si abbinava ai suoi occhi azzurri e cristallini. Sapevo che la gente era impaziente di conoscerla quasi quanto lo ero stata io.

          Agnarr mi stava accanto, posandomi una mano sulla parte bassa della schiena. Mi guardò, un sorriso adorante sul suo viso. “Sei pronta, amore mio?” mi chiese.

          Annuii, allungando le braccia e passando Elsa ad Agnarr. Lui ha tentennato un attimo—ci stavamo ancora abituando entrambi a maneggiare un pacco così piccolopoi l'ha presa tra le sue braccia, tenendola in posizione per farla vedere alla folla.

          Lunga vita alla principessa!” gridò Gunnar, il fioraio. Tutti ridevano ed applaudivano. Infatti erano così rumorosi ed emozionati che dovevano aver fatto spaventare la piccola Elsa, la quale iniziò a piangere a squarciagola, agitando i suoi piccoli pugni con sgomento. L'ho subito ripresa da Agnarr, sorpresa di scoprire che per qualche motivo la sua pelle era improvvisamente ghiacciata. Il mio cuore si agitava di preoccupazione. Si stava ammalando?

          “La riporto dentro.”

          Agnarr annuì e mi diede un bacio sulla fronte prima di voltarsi verso la folla. Ha battuto le mani. “Prego, servitevi pure cibo e bevande. Ce n'è per tutti. Musicisti, ci dareste una melodia?”

          La banda ha iniziato a cantare una canzone allegra mentre la folla si è precipitata verso le postazioni di cibo e bevande. Alcuni iniziarono a ballare. Tutti chiacchieravano ancora eccitati per la bella bambina. La sua dolce mamma. Il suo papà amorevole. La famiglia reale perfetta per Arendelle.

          Ma ho soppresso tutto il rumore, concentrandomi sulla necessità di avvolgere Elsa nel mio scialle. Stava ancora piagnucolando, quasi inconsolabile. Non sapendo cosa fare, la misi delicatamente di nuovo nella culla, facendo roteare la sua piccola giostrina nel tentativo di distrarla. Gerda l'aveva fatta per lei e presentava le più adorabili stelle dipinte di bianco che volteggiavano in cerchio quando giravano.

          Gli occhi di Elsa cominciarono a seguire il movimento delle stelle rotanti. Per un attimo, le ha guardate come ipnotizzata, i suoi singhiozzi si sono fortunatamente placati. Lasciai uscire un sospiro di sollievo. Ma quando la giostrina iniziò a rallentare, si è irritata di nuovo, il suo viso minuscolo si è gonfiato di rabbia. L'ho guardata, divertita, mentre si alzava come per cercare di afferrare la giostrina e girarla da sola.

          Invece, con mio grande stupore, una striscia di quello che sembrava ghiaccio uscì dalle sue dita, facendo saltare la giostrina dritta in aria.

          Ma che diavolo?

          La giostrina iniziò a girare di nuovo, ma ora sembrava essere incrostata di ghiaccio. Mi allungai con le dita tremanti per toccarla. Abbastanza sicura, era fredda come il ghiaccio.

          Elsa sorrise, di nuovo felice. La fissai, il mio battito accelerò. Lo aveva davvero fatto? Far uscire ghiaccio dalle sue dita? Ma questo era impossibile.

          A meno che…

          Magia.

          “Come stanno le mie ragazze?” chiese Agnarr, lasciando il balcone per venire accanto a me. Si fermò quando notò lo sguardo di paura che doveva essere scritto sul mio volto. “Cosa c’è?” chiese. “Sta bene?”

          Deglutii. “Osserva,” dissi, allungandomi per fermare la giostrina. Trattenni il respiro, aspettando di vedere se lo avrebbe fatto di nuovo.

          Elsa fissava la giostrina, il naso stropicciato dalla frustrazione. Mentre noi due osservavamo, allungò il dito e indicò. Un'altra raffica di ghiaccio schizzò in aria e la giostrina ha ricominciato a girare.

          Alzai lo sguardo verso Agnarr. I suoi occhi erano spalancati. “Com’è possibile?” sussurrò.

          “Non lo so,” risposi impotente. Ed era vero. Certo, lei era per metà Northuldra, come me, ma al contrario delle credenze popolari, non possedevamo nessun tipo di magia.

          Solo che Elsa in qualche modo la possedeva.

          Agnarr stava in piedi come se fosse congelato. Praticamente riuscivo a vedere i pensieri che gli giravano nel cervello. Anche dopo tutto questo tempo, aveva ancora paura della magia a causa dell'influenza del padre?

          La frustrazione crebbe dentro di me. Presi Elsa dalla sua culla tra le mie braccia. Poi sono andata da Agnarr, tendendola verso di lui.

          “Guardala, Agnarr,” dissi, la mia voce non lasciava spazio a discussioni. “Lei è nostra figlia. L'abbiamo creata noi, tu ed io. Qualunque sia il suo potere, è nato dall'amore. Il che lo rende un dono, non una maledizione.”

          Mentre il mio cuore batteva all’impazzata nel mio petto, Agnarr non disse nulla. Poi abbassò lo sguardo verso Elsa. Potevo vedere che tutto il suo corpo stava tremando. “Io lo so questo,” replicò dolcemente. “Davvero. Ma la gente là fuori. Cosa diranno se verranno a conoscenza del suo potere? Non gli è stato insegnato da te, come a me, che non dobbiamo avere paura di ciò che non conosciamo. Non dovremmo avere paura della magia.”

          Diranno che è fantastica,” risposi con la voce più ferma che riuscivo a mostrare. “E forse lei li aiuterà a superare le loro paure.” Sospirai. “Agnarr, la paura è stato il vero nemico di Arendelle per tutto questo tempo. E forse—solo forse—se vedessero la loro bella principessina usare la sua magia per il bene, potrebbero finalmente smettere di avere paura.”

          Per un momento, Agnarr non disse nulla. Poi ha allungato lentamente la mano, ancora instabile, spazzolando delicatamente la ciocca di capelli biondo platino di Elsa sulla sua testa. Lei guardò suo padre con grandi occhi azzurri e gli sorrise dolcemente.

          La faccia di Agnarr si contrasse. Me l'ha portata via e l'ha cullata. Elsa si accoccolò contro il suo petto, tubando contenta mentre Agnarr le accarezzava dolcemente la testa.

          Il mio cuore si sciolse mentre li osservavo. Forse sarebbe andato tutto per il meglio, dopotutto.

          Poi Agnarr alzò lo sguardo verso di me, la sua espressione solenne. “Ascolta,” disse. “Dobbiamo essere intelligenti adesso. E cauti. Fino a quando non capiremo cosa sta succedendo, e la portata di questi poteri, dobbiamo mantenere il silenzio. Per la sicurezza di Elsa.”

          Annuii lentamente, il mio cuore sprofondava di nuovo. Sapevo che aveva ragione. Ed avrei fatto di tutto per mantenere nostra figlia al sicuro.

          Ma come potevo sopportare di mantenere ancora un altro segreto?

          Specialmente uno grande come questo?

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Capitolo Quarantatré

 

Iduna

Otto Anni dopo

 

 

 

 

E ALLA FINE TUTTI SI SPOSANO!”

         Agnarr mi ha lanciato un sorriso divertito, poi si è schiarito la gola, facendo conoscere la nostra presenza alle bambine, che stavano giocando per terra in camicia da notte prima di andare a letto. Si è spinto più in là nella stanza.

         “A cosa giocate?” chiese, osservando il piccolo cumulo di neve e le statuette di ghiaccio che Elsa, di otto anni, aveva preparato per il loro gioco. Anna pregava sempre la sorella maggiore di inventare piste di pattinaggio su ghiaccio e pupazzi di neve e altre forme di intrattenimento ghiacciato per il suo divertimentoa volte con una certa perseveranza, come poteva essere una bambina di cinque anni. Ma a suo credito, Elsa è sempre stata gentile. Non c'era niente che le piacesse di più che far sorridere la sorellina.

         Glielo lasciavamo fare solo al chiuso, naturalmente. Nella sicurezza delle mura del castello, nei giorni in cui non avevamo visitatori. Anche dopo otto anni, Agnarr teneva fede alla convinzione che avremmo dovuto tenere segreti i suoi potericosa che capivo, anche se mi rendeva un po' triste. Odiavo l’idea che Elsa sarebbe cresciuta pensando che il suo meraviglioso dono fosse qualcosa da tenere nascosto. Sapevo fin troppo bene come ci si sentiva a non poter essere se stessi.

         Almeno lei aveva la completa adorazione di sua sorella.

         “Foresta Incantata!” gridò Anna, rispondendo alla domanda del padre con la sua solita esuberanza. Anche se Anna non aveva una magia come quella di Elsa, la sua natura speciale si è manifestata nella sua sconfinata energia, nella sua insaziabile curiosità e nell'amore genuino per tutte le cose divertenti. Nel frattempo, Elsa era sempre stata una bambina prudente e attenta, a volte quasi guardinga. Mi ricordava l'uomo che era diventato suo padre, mentre Anna era più simile alla bambina che ero io.

         Differenti come l’Estate e l’Inverno—ma più vicine che mai.

         “Non assomiglia alla foresta incantata che ho visto io,” le prese in giro Agnarr, sedendosi sul letto. Immediatamente, ha avuto la loro attenzione.

         “Hai visto una foresta incantata?” chiese Anna, alzando lo sguardo meravigliata.

         Mi accigliai, qualcosa si agitava dentro di me. Agnarr adorava raccontare alle bambine le storie della buonanotte. Ma non ero sicura che fosse saggio andare a fondo di questa storia. Erano ancora così piccole. Specialmente la piccola Anna.

         “Ne sei proprio sicuro?” chiesi ad Agnarr, mostrandogli uno sguardo preoccupato.

         Mi ha fatto un leggero cenno con la testa. “È tempo che sappiano.”

         Sospirai. Suppongo avesse ragione. Era una parte della storia di Arendelle, per quanto sia stata dolorosa per me. L’avrebbero conosciuta un giorno, da qualcuno. Tanto vale che fosse da parte del loro padre, che era stato effettivamente lì per vederlo in prima persona.

         Beh, una parte di essa, comunque.

         Io e le bambine ci siamo sedute sul letto. Anna si chinò verso la sorella, sussurrandole qualcosa all'orecchio. Tipico dell'attenzione di Anna: probabilmente si era già dimenticata della foresta.

         Agnarr alzò un sopracciglio. “Se sapranno ascoltare in silenzio.”

         Ho soffocato una risata mentre entrambe hanno subito chiuso la bocca.

         “Lontano lontano,” iniziò. “nell’estremo nord…”

         E così iniziò a raccontare la storia, la sua voce da narratore è dolce ma drammatica mentre entrambe le bambine ascoltavano con attenzione, con gli occhi spalancati. Mi sono appoggiato al letto, chiudendo gli occhi, cercando di rimanere concentrato sulle sue parole. Ma presto una tempesta troppo familiare cominciò a muoversi dentro di me, risvegliando in me ricordi lontani, quasi dimenticati, di quel giorno fatidico.

         Erano passati anni da quando Agnarr ed io parlavamo della foresta. Ancora di più da quando abbiamo viaggiato fino alla nebbia stessa per controllarla. Ora eravamo impegnati a governare un regno, a fare da genitori a due bambine. Mandavamo comunque una pattuglia verso la nebbia ogni sei mesi, ma tornavano sempre con le stesse notizie.

         La nebbia c’era ancora.

         Concentrai di nuovo la mia attenzione sulla storia, realizzando che Agnarr aveva quasi terminato.

         “E qualcuno mi salvò,” spiegò. “Mi dissero che gli spiriti poi svanirono e una nebbia fitta avvolse la foresta, bloccando alcuni dentro ed altri fuori.” Guardò solennemente le bambine. “E quella notte tornai a casa re di Arendelle.”

         Sorrisi un po’ all’iperbole, ricordando tutti gli anni in cui era stato principe ereditario, non ancora incoronato, facendo roteare gli occhi in ogni riunione del consiglio e correndo verso il nostro albero ogni volta che ne aveva l'occasione. Ma quella non sarebbe stata una bella storia.

         “Oh, Papà!” sospirò Anna. “Che storia epica! Chiunque ti abbia salvato, io lo adoro!” Mi cadde in grembo in un drammatico svenimento. Non potei fare a meno di fare un piccolo sorriso. Se solo lei sapesse…

         Il mio sorriso sparì mentre Agnarr rispose seriamente. “Vorrei tanto sapere chi fosse.”

         Se solo lui sapesse…

         Il mio cuore soffriva. Tutti questi anni sono passati tra noi. Un matrimonio amorevole, due belle bambine, un regno pacifico. E non avevo ancora trovato il momento giusto per dirgli tutto, ancora vincolata dalla notte in cui Peterssen mi aveva costretta a mantenere il mio segreto.

         Ho preso una decisione. Forse stasera. Dopo aver fatto addormentare le bambine.

         “Dove sono finiti gli spiriti? Cosa c’è nella foresta adesso?” disse Elsa, sembrando preoccupata. Sospirai. Sapevo che questa storia le avrebbe turbate. Erano ancora così piccole.

         “Non lo so. La nebbia c’è ancora. Nessuno può entrare. E nessuno ne è più uscito,” rispose Agnarr.

         “Perciò siamo al sicuro,” aggiunsi, dandogli uno sguardo severo.

         “Sì,” disse. “Ma la foresta potrebbe risvegliarsi. E noi dobbiamo essere preparati. Qualunque pericolo possa portare.”

         “E ciò detto, diamo la buonanotte a vostro padre?” interruppi, appoggiando una mano gentile sul braccio di Agnarr—anche se a questo punto volevo cacciarlo dal letto. Perché ha pensato che far agitare le sue figlie prima di andare a letto con le sue storie fosse sempre una buona idea?

         “Oh, ma io ho tante altre domande!” protestò Anna.

         “Conservale per un’altra sera, Anna.” scherzò Agnarr, tirandole il dito del piede. Si alzò e si diresse verso la porta, lasciandomi da sola con le bambine. Sospirai. Era il momento di limitare i danni, se volevo che quella notte dormissero.

         “Tu sai che non ho tutta questa pazienza!” disse Anna, rimproverando suo padre. Poi si girò verso di me. “Perché i Northuldra ci hanno attaccati, scusa? Perché attaccare chi ti porta dei doni?”

         “Tu credi che la foresta si risveglierà?” aggiunse Elsa, sembrando ancora preoccupata.

         “Solo Ahtohallan lo sa,” mormorai prima di rendermene conto.

         “Ah-to-a-cosa?” chiese Anna, i suoi grandi occhi che si spalancavano.

         Mi sono un po' spaventata. L'avevo detto ad alta voce? E qui non volevo che Agnarr raccontasse la sua storia. Stavo davvero per raccontargli la mia?

         “Quando ero piccola,” dissi lentamente, insicura su quale fosse il modo migliore per iniziare, “mia madre mi cantava una canzone su un fiume speciale, Ahtohallan, che si diceva avesse tutte le risposte sul passato e su ciò di cui siamo parte.”

         “Whoa!” disse Anna.

         “Ce la canteresti?” chiese Elsa.

         Il mio respiro si è bloccato. Potevo?

         Ma poi le guardai, i loro dolci volti, i loro grandi occhi. Anna curiosa, Elsa un po' più riservata. E qualcosa dentro di me cedette, per la prima volta dopo molti anni. Forse ora era il momento. Non per l’intera storia—non ancora. Ma forse per una canzone. Dopotutto, era parte di quello che erano, anche se non lo sapevano. E forse le avrebbe tranquillizzate in qualche modo. Mi aveva sempre tranquillizzato quando ero piccola.

         “Certo,” dissi, riunendole tra le mie braccia. “Accoccolatevi, più vicine,” le ho invitate, come come facevo con il loro padre molti anni prima.

         Come era solita dirmi mia madre.

         E poi iniziai a cantare.

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Capitolo Quarantaquattro

 

Agnarr

 

 

 

 

 

WOW, SONO ANNI CHE NON VENIAMO QUI!”

         Ho soffocato uno starnuto mentre entravo nella biblioteca segreta ormai polverosa, i ricordi mi inondavano mentre mi guardavo intorno, tutto ancora al suo posto. Ripensai a tutte le ore che io ed Iduna avevamo passato qui, nascondendoci dal mondo. Mentre la guardavo ora, chiudendo la porta alle mie spalle, un impulso improvviso crebbe in me. L'ho afferrata e l'ho fatta oscillare, baciandola forte sulla bocca.

         Lei ha ricambiato il bacio, ridendo. “Wow. Questo posto fa davvero per te,” scherzò.

         Tu fai davvero per me,” la corressi, sorridendole maliziosamente. L'ho baciata di nuovo, profondamente, il mio corpo si è riscaldato al suo tocco. Anche dopo tutti questi anni, Iduna mi faceva battere il cuore come quando ero un ragazzino.

         “Faresti meglio a stare attento,” disse, allontanandosi gentilmente da me. “Dopo quella storia che hai raccontato? Le bambine staranno sicuramente sveglie tutta la notte, preoccupate per i mostri nella nebbia. Scommetto che le troveremo entrambe nel nostro letto quando torneremo.”

         Ho gemuto. “Troppo?”

         Epicamente eccessivo,” replicò, imitando le parole di Anna. Si sedette su una sedie vicina, sfregandosi il volto con le mani. “Ma comunque, immagino avrebbero dovuto scoprirlo, un giorno o l'altro.”

         “Sì,” concordai. “Hanno bisogno di conoscere la verità, anche quando è spiacevole. Non voglio che crescano come ho fatto io. Con tutti quei segreti.”

         Notai il sorriso giocoso scomparire dal volto di Iduna mentre impallidiva visibilmente. Ho inclinato la testa in domanda. “Va tutto bene?” Iduna scuoteva la testa, gli occhi azzurri che le lacrimavano.

         “Cosa è successo?” chiesi, abbassandomi per prendere le sue mani nelle mie.

         “Agnarr. C’è una cosa che—”

         Madre! Padre!

         Il grido acuto ruggì per tutta la stanza, come se provenisse da fuori. Uno stridore forte, isterico. Iduna è diventata bianchissima.

         “Elsa!” sussurrò.

         Ci siamo precipitati fuori dalla stanza, seguendo il suono della sua voce. Ci siamo diretti oltre la camera da letto ormai vuota della bambine, giù per le scale, verso la Sala Grande. Sentivo singhiozzi provenire da dietro le porte chiuse e il mio cuore fu preso dal panico. Cosa ci facevano quaggiù? Dovevano essere a letto! Ho spalancato le porte, poi mi sono fermato brevemente, inorridito per quello che ho visto.

         Montagne di neve, cumuli alti. Le pareti brulicanti di ghiaccio.

         Elsa che culla la sorella tra le braccia.

         No!

         Il cuore mi balzò nel petto. “Elsa!” urlai. “Che cosa hai fatto? Non lo domini più!”

         Nel momento in cui pronunciai quelle parole, me ne pentii. Specialmente quando notai lo sguardo terrorizzato sul volto della mia figlia più grande.

         “È stato un incidente!” si lamentò Elsa, guardando sua sorella. “Mi dispiace, Anna.”

         Iduna si inginocchiò, prendendo Anna da Elsa e portandola tra le sue braccia. Anna giaceva così immobile. Respirava almeno? Iduna mi guardò, con gli occhi spalancati e spaventati. “È fredda come il ghiaccio,” sussurrò.

         Ho fatto tutto ciò che era in mio potere per rimanere composto, anche se tutto ciò che volevo fare era cadere a pezzi. Questo era troppo. E se fosse successo qualcosa alla mia Anna... la mia dolce, sciocca Anna…

         Scossi la testa. Questi pensieri non erano d’aiuto. In questo momento la mia famiglia aveva bisogno di me. Dovevo essere forte, per loro.

         Mi bloccai, un’idea improvvisa mi passò per la mente. I troll. Gran Papà. Aveva dimostrato di saper usare la magia. Poteva in qualche modo aiutare Anna? E se fosse così, avremmo fatto in tempo?

         Non avevamo scelta se non provarci.

         “So dove dobbiamo andare,” dissi. “Porta le bambine alla scuderia. Fategli sellare due cavalli. Ci vediamo lì.”

         Le lacrime scendevano sulle guance di Iduna. “Va bene. Ma fa’ in fretta…”

         Mi alzai in piedi. Iduna sollevò Anna, cullandola come una bambina. Elsa stava ancora piangendo, aggrappata alla gonna di sua madre. Ho dato loro un'ultima occhiata e poi sono corso dritto in biblioteca, tornando nella stanza segreta.

         Dove avevo nascosto la mappa.

         Con le mani tremanti, Ho raggiunto uno scaffale alto, ho tirato giù il vecchio libro di storia popolare e l'ho sfogliato fino a quando ho trovato la mappa, nascosta. L'ho spianata sul tavolo, rinfrescando il percorso nella mia mente. Poi l'ho infilata nella mia borsa e sono corso a incontrare le mie ragazze alla scuderia.

Siamo usciti nella notte. Iduna era pallida e silenziosa e cullava tra le sue braccia Anna ancora immobile. Elsa era con me sul mio cavallo, singhiozzando con gli occhi. Continuava a guardare sua sorella con ansia. Il mio cuore soffriva per il dolore che vedevo sul suo viso.

         “Mi dispiace davvero, Papà,” piagnucolò. “Mi dispiace davvero tanto!”

         “Non è colpa tua,” dissi debolmente. “Mi dispiace di aver urlato. Ero spaventato, ecco tutto.”

         “Sono spaventata anche io,”

         Mi allungai per toccare la spalla di Elsa, cercando di confortarla. Ma lei si è allontanata da me. Un singhiozzo le uscì dalla gola. “Per favore no! Non voglio fare del male anche a te.”

         Il dolore mi ha attraversato il cuore per l'angoscia che ho visto sul suo volto. Per quanto fossi arrabbiato, la mia rabbia non è mai stata diretta verso mia figlia. Non era colpa sua. Era una brava bambina.          Adorava sua sorella. Non le avrebbe mai fatto del male volontariamente.

         “Non preoccuparti,” dissi, cercando di rendere la mia voce rassicurante. “Vi sto portando da qualcuno che può aiutare. Sistemeremo questa cosa. Lo prometto. Anna starà bene.”

         Ma anche mentre dicevo queste parole, mi chiedevo. Andrà mai più tutto per il meglio?

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Capitolo Quarantacinque

 

Agnarr

Più Tardi Quella Notte

 

 

 

 

 

COSA DEVO FARE, PAPÀ? E SE NON RIESCO A controllarlo?”

         “Shhh, piccola,” sussurrai, mettendo Elsa nel suo letto, tirando la coperta sopra il suo corpo tremolante. Iduna stava facendo la stessa identica cosa con Anna qualche stanza più avanti. Anche se Anna non si era ancora svegliata, respirava più facilmente, e la sua pelle era ancora una volta arrossata di calore. L’unico strascico rimasto dell’incidente sembrava essere una strana striscia bianca nei suoi capelli castani. Qualcosa che probabilmente avrebbe mantenuto, dissero i troll. Ma non era pericoloso.

         Se la sarebbe cavata.

         Questa volta.

         “Cerca di dormire,” dissi. “Ne riparleremo domattina. Elaboreremo un piano.”

         “Anna starà bene?” piagnucolò Elsa.

         “Certo,” la rassicurai. “Ed anche tu.” Ho forzato le parole oltre il groppo in gola, sperando che se le avessi dette con sufficiente convinzione, avrei potuto convincermi anche io della loro verità.

         La sua faccia si corrugò. “Vorrei non avere la magia!”

         Le sfiorai la fronte. “Lo so,” le dissi dolcemente. “Sfortunatamente, non possiamo semplicemente cancellare chi siamo. Ma, tesoro, non sei da sola in tutto questo. Ci lavoreremo insieme, come famiglia, per aiutarti a tenere sotto controllo il tuo potere. Costi quel che costi. Tu sei forte. Tu sei una principessa di Arendelle, dopotutto.”

         Annuì risolutamente con la sua testolina. Mi alzai in piedi e cominciai ad andare verso la porta.

         “Papà!” mi chiamò.

         Mi fermai. “Sì, Elsa?”

         “Per favore! Non voglio stare da sola!”

         Per un momento sono rimasto lì, senza sapere cosa fare. Poi mi venne in mente un pensiero improvviso. Mi girai verso mia figlia. “Aspetta,” dissi. “Torno subito.”

         Lasciai la sua stanza e corsi giù per il corridoio fino alle mie stanze. Ho raggiunto il retro dell'armadio e ho tirato fuori una cassa di legno. Dopo averla aperta, ho raggiunto e scartato il piccolo oggetto che avevo messo in cima.

         Poi tornai nella stanza di Elsa.

         “Salve!” dissi, rendendo la mia voce il più sciocca possibile. “Mi permetta di presentarmi! Sono Sir JörgenBjörgen. E sono un pinguino protettore!” Ho agitato il piccolo peluche davanti a me, come se stesse dondolando nella sua direzione.

         Elsa fissava il pinguino. “Piacere di conoscerti… JörgenBjörgen?” disse, la sua voce non più di un sussurro. Ma ho potuto vedere l'interesse infantile suscitato nei suoi occhi azzurri e mi ha dato speranza.

         “È Sir JörgenBjörgen per voi, signorina!” la corressi con arroganza. “Sono un membro reale della guardia di Arendelle. Una volta mi fu affidato l'incarico di tenere vostro padre al sicuro. Ma ora, sono stato riassegnato a voi! Il che mi entusiasma molto, perché adoro il ghiaccio!” Aggiunsi.

         Ho lanciato il pinguino nella sua direzione. Lo prese tra le braccia e lo abbracciò al petto. “Grazie, Sir JörgenBjörgen,” disse dolcemente, strofinando il suo pelo. “Ora non dovrò stare da sola.”

         Mi sono avvicinato alla porta. “Cerca di dormire un po’,” dissi di nuovo. “Parleremo ancora in mattinata.”

         Chiusi la porta delicatamente dietro di me, trovando Iduna nel corridoio. Mi mostrò un sorriso triste. “È stata una buona idea,” disse. “Darle il tuo animaletto di pezza.”

         “Sir JörgenBjörgen mi ha fatto superare momenti difficili,” ammisi. “Speriamo che possa aiutare anche Elsa.”

         Le spalle di Iduna sono crollate. Con l'adrenalina della sera che si affievolisce, la stanchezza si fa sentire. L'ho tirata tra le braccia e l'ho tenuta stretta. Sentivo il suo battito cardiaco contro il mio petto mentre si accoccolava nell'incavo della mia spalla.

         “Pensi che stiamo facendo la cosa giusta?” sussurrò. “Separarle in questo modo? Voglio dire, sono sorelle! Sono così unite.”

         “Il che è parte del problema,” dissi. “Da quello che abbiamo visto, la gioia sembra far emergere i poteri di Elsa tanto quanto la paura. Il che rende pericoloso per noi tenerle insieme. Almeno per ora."          Rabbrividivo, ripensando al viso pallido di Anna. Il suo corpicino, così freddo. Se l'avessimo persa…

         Ho sentito il cenno reclutante di Iduna. Non era quello che voleva, ma sapeva che era meglio così.

         “Non sarà per sempre,” dissi, cercando di calmarla. “Lavorerò con Elsa tutti i giorni. Troveremo un modo per farle controllare il suo potere. Una volta fatto, non ci sarà più motivo di tenerle separate.”

         Iduna si allontanò dal mio abbraccio, facendo incontrare i miei occhi con i suoi. “E Arendelle? Dicevi sul serio quando hai detto a Gran Papà di chiudere i cancelli? Di chiudere fuori anche le persone?”

         Mi sono agitato alla nota di accusa che ho sentito nella sua voce. Ma dovevo fare ciò che era meglio per Elsa, ciò che l'avrebbe tenuta al sicuro. “Solo temporaneamente,” le assicurai. “Per proteggere Elsa. Sai come la gente di Arendelle reagisce alla magia. Se venissero a sapere cosa ha fatto la sua magia ad Anna, penserebbero che sia un mostro. Non possiamo permettere che accada. Dobbiamo proteggere Elsa ed il suo diritto al trono. A meno che non ti venga in mente un altro modo…”

         Ha abbassato la testa. Sapevo che non le piaceva, ma non vedeva alternative. Dovevamo proteggere la nostra famiglia. Le nostre bambine.

         “Ti amo,” sussurrò.

         “Ti amo anche io,” Ho mormorato, strofinandole i capelli con la mia mano. “E so che questo è difficile. Probabilmente la cosa più difficile che abbiamo mai dovuto affrontare. Ma te lo prometto, riusciremo a superare tutto questo—insieme.”

         E fino ad allora?

         Celare, domare.

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Capitolo Quarantasei

 

Iduna

Dieci anni dopo

 

 

 

 

NO! NO! NO!”

         Il grido angosciato di Elsa risuonò nella sala. Avevo il cuore in gola, corsi alla sua porta e la aprii dopo essermi assicurata che non ci fosse nessuno nei paraggi. Mi sono intrufolata, poi ho chiuso rapidamente la porta e l'ho chiusa a chiave prima di girarmi verso mia figlia. L'intera stanza era gelida e ho reagito con un brivido. Di solito indossavo il cappotto per farle visita. Ma lei sembrava così sconvolta che non sapevo se avrebbe potuto aspettare.

         “Elsa,” la chiamai dolcemente, non volendola spaventare. Perdeva il controllo quando era spaventata. Ed era allora che le cose peggioravano. Finché riuscivamo a tenerla calma e tranquilla, a volte riusciva a ritrovare la sua compostezza.

         Si è voltata verso di me, con le lacrime gelide che le crostano le ciglia. Il dolore che la circondava era insopportabile.

         “Tesoro,” supplicai, avvicinandomi a lei.

         Sollevò una mano tremante. “No!” urlò. “Per favore, non avvicinarti! Non voglio farti del male!” Ho potuto vedere i ghiaccioli che si formavano sulla punta delle sue dita e ho fatto un passo frettoloso all'indietro, anche se mi uccideva farlo. Era mia figlia!

         Ma era diventata anche qualcos'altro. Qualcosa di così potente che mi ha spaventato a morte.

         Ripensai alle parole di Gran Papà.

         Il tuo potere crescerà con te, aveva avvertito. Devi imparare a controllarlo.

         Da allora, Agnarr aveva cercato di aiutarla a farlo—controllare le sue emozioni, controllare la sua magia.

         Celarlo, domarlo. Non mostrarlo.

         Non aveva funzionato. Infatti, le cose erano solo peggiorate.

         Era come se il castello fosse stato messo sotto una maledizione da libro di racconti: Anna che girovagava per i corridoi come un fantasma, non capendo perché sua sorella la rifiutasse, i suoi ricordi della magia della sorella, e della notte in cui era stata ferita, cancellati. Elsa, troppo spaventata per lasciare la sua stanza. Cercavo di convincerla a uscire a fare una passeggiata o a cenare con la famiglia. Sicuramente poteva farcela! I suoi poteri si manifestavano solo quando le sue emozioni erano forti. Potremmo mantenere la calma. Tranquillo. Sarebbe al sicuro. Anna sarebbe stata al sicuro.

         Ma aveva sempre rifiutato. Troppo spaventata di poter far di nuovo del male a sua sorella. Anche dopo tutti questi anni, vedevo ancora il senso di colpa per quello che aveva fatto ad Anna nei suoi occhi. Mi distruggeva ogni volta.

         Per quanto riguarda Agnarr, si era ritirato nel suo lavoro, gettandosi negli affari di stato e facendo incessanti riunioni. Mi sembrava di non vederlo quasi più in questi giorni, se non di notte, quando finalmente si coricava nel letto, così esausto che a malapena parlava prima di addormentarsi. Quando gli ho fatto pressione, mi ha assicurato che andava tutto bene. Era solo occupato. Ma potevo vedere il tormento nel profondo dei suoi occhi. Sapeva, nel profondo, che il suo piano non aveva funzionato, non avrebbe mai funzionato. E la nostra famiglia, la nostra felicità, veniva fatta a pezzi, giorno dopo giorno.

         Ho passato la maggior parte delle mie giornate nella stanza segreta della biblioteca. Ma invece di dipingere stelle sul soffitto, o condividere sogni e speranze, ero ora immersa nelle ricerche, traducendo vecchi libri e pergamene. Prendendo appunti, cercando di mettere insieme gli indizi.

         “Perché?” chiesi agli spiriti, in preda alla frustrazione dopo una traduzione particolarmente burbera di un vecchio libro di letteratura folcloristica. “Perché le avete fatto questo? Perché deve soffrire così? Se questo è un dono, lasciateglielo usare! E se fosse una maledizione, allora toglietegliela!”

         Ma gli spiriti non risposero. Perché erano ancora rinchiusi dietro la nebbia.

         “Mamma,” piagnucolava ora Elsa, la sua voce mi riportava al presente. Ma quando cercai di avvicinarmi, lei indietreggiò, fino a quando non è stata a filo contro il muro, con il ghiaccio che avanzava su per i lati. Mi sono ricordata, purtroppo, di come si faceva coccolare da bambina, permettendomi di cantarle una canzone per farla addormentare. Mi chiedevo se in questi giorni avesse dormito almeno un po'.

         “Va tutto bene, tesoro,” le dissi, sforzandomi di fermarmi sui miei passi. “Non mi avvicinerò se questo è quello che vuoi.”

         Il suo viso si contorse in agonia. “Celarlo, domarlo,” la sentii sussurrare. “Non mostrarlo.” Il mio cuore si spezzò.

         “So che è quello che ti ha detto tuo padre,” le dissi lentamente. “E forse aiuta, per un po' di tempo. Ma schiacciare le proprie emozioni non può funzionare per così tanto tempo. Prima di sentirti come una polveriera. Pronta ad esplodere.”

         Sono rabbrividita all'idea dell'imminente esplosione, che a questo punto sembrava inevitabile. Sarebbe potuta essere devastante non solo per lei, ma forse per l’intero regno. Per questo l'abbiamo tenuta qui, nascosta, cercavo di ricordarmi. Ma tutta la razionalità del mondo non riusciva a reprimere il senso di colpa. Era crudele tenerla qui in questa stanza angusta. Il tipo di cose che i cattivi facevano nei libri di storia—non gli eroi.

         “Elsa, ti prego,” supplicai. “Puoi farcela. So che puoi. Devi solo provarci di più.”

         “Ci sto provando, Madre! Ho provato a fare di tutto e non fa che peggiorare. Non so quanto ancora potrò sopportare!” I suoi singhiozzi riecheggiavano nella stanza gelida. “Non voglio fare del male a nessuno. Non a te, non a Papà. Nemmeno… Anna.”

         Sembrava come una bambola rotta. Un guscio della persona che sarebbe dovuta essere. Tutti questi anni, avevamo cercato di proteggerla. Abbiamo provato a tenerla al sicuro. Invece, avevamo distrutto la sua anima. Questa bella, selvaggia, magica ragazza non dovrebbe essere intrappolata in una gabbia di nostra creazione. Dovrebbe essere libera di spiegare le sue ali e volare come il vento.

         Come gli stessi spiriti…

         Era destinato a durare per sempre?

         Solo Ahtohallan lo sa.

         Ahtohallan. L’unico spirito ancora là fuori. Da qualche parte. Se solo ci fosse stato un modo per trovarlo.

         “Ti capisco, tesoro,” dissi alla fine. “Solo… resisti ancora un po’, va bene? La mia ragazza coraggiosa.” La mia voce si ruppe sull’ultima parte e sentii una lacrima scendermi dall’occhio, scivolando lentamente sulla mia guancia. Elsa la vide, ed improvvisamente avanzò, riducendo la distanza tra di noi. La osservai, senza fiato, mentre allungava la mano tremante e tolse la lacrima dalla mia guancia. Questa congelò sul suo dito—un cristallo prefetto intrappolato nel tempo. Poi l'ha lanciato via, guardandomi con i suoi grandi, profondi, dolorosi occhi.

         “Ti voglio bene, Mamma,” disse lentamente. “E mi fido di te. So che mi aiuterai.”

         Annuii rigidamente, volendo abbracciarla, avvicinarla e stringerla forte. Non lasciarla andare più. Ma un tale gesto potrebbe farmi fare del male. E sapevo che se questo fosse successo—anche se non intenzionalmente—l’avrebbe distrutta.

         Feci un fugace sorriso e un cenno di saluto, anche se dentro mi sentivo morire. “Tornerò,” le assicurai. “Presto.”

         Sbloccai la porta e la attraversai, tornando al calore del castello.

         Verso la biblioteca. Questa volta non me ne sarei andata fino a quando non avessi scoperto qualcosa.

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Capitolo Quarantasette

 

Iduna

 

 

 

 

 

HO BISOGNO DI PARLARTI.”

         Sono entrata nello studio di Agnarr, senza preoccuparmi di bussare. Agnarr alzò lo sguardo da dietro la grande scrivania di quercia, dove stava esaminando le sue carte. “Può aspettare?” chiese, sembrando un po’ stressato, il che in questi giorni non era niente di nuovo.

         “No.” Scossi la testa, l'eccitazione mi scorreva dentro, mista a un bel po' di paura. “Non può.”

         A suo merito, ha posato le sue carte, poi si è alzato in piedi per affrontarmi. “Cosa c’è?”

         “Non qui,” dissi. “Incontriamoci nella biblioteca segreta.”

         Sono uscita di corsa dallo studio e sono andata in fondo al corridoio, senza aspettare la sua risposta. Praticamente vivevo nella biblioteca segreta da settimane, mi preoccupavo a malapena di mangiare o di dormire, non mi importava di fare il bagno. Probabilmente a questo punto sembravo un fantasma del castello. Kai e Gerda mi chiedevano continuamente se stavo bene. Incoraggiandomi a riposare un po'. A mangiare.

         Ma non potevo. Non fino a quando non avessi trovato quello che stavo cercando.

         Ed ora, forse, ce l’avevo fatta.

         Forse.

         Ed ora dovevo condividerlo con Agnarr.

         Dovevo condividere ogni cosa.

         Non dovrebbe essere così terrificante parlare apertamente con mio marito. Ma era passato troppo tempo. C'erano troppi segreti. Ed ero pienamente consapevole del fatto che la confessione potrebbe finalmente far crollare definitivamente il castello di carte che avevamo costruito per anni.

         Ma non avevo scelta. La vita di Elsa dipendeva da questo.

         Entrai nella biblioteca, ricordando ancora quel primo giorno nel castello, quando Agnarr me la mostrò con orgoglio. Ho ricordato la mia sorpresa mentre alzavo lo sguardo dal pavimento al soffitto sulle file apparentemente infinite di libri della mia vita; la maggior parte delle storie di Northuldra derivava da canzoni e racconti orali. Era stato uno shock, a quei tempi, vedere così tante cose scritte.

         Ma ora sono passata davanti agli scaffali, quasi non me ne sono accorta mentre mi dirigevo direttamente sul retro della stanza, dove si trovava la statua del Nokk d'Acqua, a guardia della nostra camera segreta. Con un movimento rapido e pratico, ho attivato la porta, che si è aperta con un forte scricchiolio. Entrai, con Agnarr alle mie spalle. Era imbarazzantemente disordinata— risultato dei miei studi disperati—e ho percorso la stanza in modo nervoso, seduta un attimo prima, in piedi l'attimo dopo.

         Dopo questa conversazione, tutto sarebbe cambiato. Per sempre. E non ero sicura di essere pronta.

         Agnarr mi ha raggiunto dopo aver chiuso la porta del passaggio dietro di lui. Ripensai a tutto il tempo che abbiamo passato qui quando eravamo giovani, nascondendo il nostro amore al mondo. Tutta la mia vita era stata solo una serie di segreti, ognuno più pericoloso dell'altro? È per questo che ora siamo stati maledetti da un segreto così terribile che stava distruggendo la vita stessa di mia figlia?

         È un dono, non una maledizione, mi rimproverai. Ma stava diventando difficile crederci ogni giorno. Ogni volta che osservavo il volto tormentato di Elsa.

         Celarlo, domarlo…

         No. Avevamo chiuso con quello. Deglutii, girandomi verso Agnarr.

         “C’è una cosa che devo dirti,” dissi, sorpresa di come suonava sicura la mia voce. “Qualcosa sul mio passato.”

         Agnarr si avvicinò, afferrando le mie mani e appoggiandole al suo petto. I suoi occhi incontrarono i miei. Erano tormentati ma concentrati.

         “Ti ascolto,” disse dolcemente.

         Era più di quanto potessi sopportare. Le lacrime scendevano sulle mie guance come pioggia. Agnarr mi ha tirato tra le sue braccia, accarezzandomi la schiena con le mani. Mani gentili e forti come lo erano sempre state. Ho quasi ceduto proprio lì, mi sono quasi sciolta nel suo abbraccio e ho spinto giù la verità per un altro giorno.

         Ma alla fine, mi sono allontanata, asciugando con rabbia le lacrime. Non potevo arrendermi adesso. Dovevo andare avanti. Per Elsa. La mia dolce Elsa. E anche per Anna. Le mie due figlie. Dovevo essere forte per loro.

         Alla fine dovevo dire la verità.

         Solo che non sapevo da dove iniziare. Come potrei iniziare a spiegare? Ma poi un singolo attimo è tornato alla mia coscienza, sbocciando nel mio cuore. La prima scintilla che era cresciuta in questo inferno.

         “Quel… giorno nella foresta,” cercai di dire. “La battaglia della diga.”

         “Sì?”

         “La persona che ti ha salvato. Ero… io.”

         I suoi occhi si spalancarono. Potevo sentire le sue mani tremare contro il mio corpo, ma rimase a testa alta e immobile, stringendo solo la sua presa, non volendo lasciarmi andare.

         “Eri tu?” sussurrò, ma potevo vedere il riconoscimento iniziare a sorgere nei suoi occhi. “Eri tu,” disse di nuovo, questa volta con tono sicuro.

         Annuii, le emozioni che mi attraversano erano troppo forti e veloci da catalogare. “Io,” continuai. “E il mio amico Zefiro, lo Spirito del Vento.”

         Mi fissò, per un attimo, non comprendendo. “Spirito del Vento? Ma…”

         Ha fatto cadere le mani sui fianchi. La paura mi ha attanagliato il cuore mentre lo scrutavo in faccia.

         Non si tornava indietro.

         “Sono una Northuldra,” dissi. “Sono rimasta intrappolata all’esterno della nebbia perché ti ho salvato la vita. Sono stata trovata ad Arendelle e Peterssen si è sentito in colpa per me e mi ha protetto, dicendo che i miei genitori Arendelliani erano morti nella battaglia. In verità, i miei genitori erano già morti.” Mi sentivo le guance come se andassero a fuoco mentre inciampavo.

         Agnarr barcollò all'indietro. Ma dovevo dire tutto, se c'era la possibilità di salvare Elsa.

         “Mi dispiace,” dissi semplicemente. “So che le persone ti hanno tenuto nascosto dei segreti per tutta la vita. E l’ultima cosa che volevo fare era essere una di loro. Volevo dirtelo, Agnarr—davvero tanto. Stavo per dirtelo dopo la proposta. Ma quella sera, Peterssen mi ha detto di mantenere il mio segreto, per il bene di Arendelle. Mi è stato detto che sarei stata responsabile della caduta di Arendelle se la gente avesse saputo la verità. E anche della tua fine.” La mia voce si ruppe. “Mi è stato detto che avresti potuto perdere tutto—la tua corona e perfino la tua vita—se avessi rivelato il mio segreto. E anche quando l'ha detto, sapevo che era vero.”

         “Cosa?” la faccia di Agnarr cambiò. “Ma non è giusto! Eri solo una bambina! Costringerti a mantenere il segreto su chi sei? Farti pensare che la tua verità avrebbe potuto distruggere un regno?”

         La sua rabbia per conto mio mi ha fatto venire le lacrime agli occhi. La sua volontà di dare la colpa agli altrinon a me. Ma anche se Peterssen mi aveva davvero costretto a mantenere il mio segreto al sicuro, alla fine è stata una mia scelta di rimanere in silenzio. Non per vergogna di chi ero.

         Ma per paura.

         La paura è il solo e vero nemico.

         E ci faceva ancora male.

         “Ho fatto quello che pensavo andasse fatto,” dissi. “Me ne pento adesso, ma non posso cambiarlo. Credo che Peterssen, nonostante tutti i suoi difetti, cercasse di proteggere Arendelle, nell'unico modo che conosceva.” Ho fatto una risata amara. “E chi poteva biasimarlo? È praticamente il motto del castello, giusto? ‘Celarlo, domarlo’?” Mi fermai, incontrando i suoi occhi con i miei. “E prima che tu possa giudicare Peterssen, non siamo stati noi stessi a chiedere lo stesso a Elsa? Chiederle di nascondere chi è veramente?”

         La faccia di Agnarr è diventata bianchissima. Sono rimasta lì, aspettando che digerisse questa verità. Sapevo che era duraperché lui, come Peterssen, voleva solo fare la cosa giusta.

         Ma a volte anche le migliori intenzioni possono portare a conclusioni disastrose.

         “Per tutta la mia vita mi è stato detto di nascondermi,” dissi dopo una pausa. “Non voglio che Elsa debba crescere facendo lo stesso.”

         Agnarr si morse il labbro inferiore. “Tu hai… dei poteri magici?” chiese lentamente. “È per questo che… Elsa…?”

         “No.” ho scosso decisa la testa. “Come il resto dei Northuldra, io vivevo in armonia con gli spiriti ed usavo i loro doni. Ma non ho magia che scorre nelle mie vene. Non l’ho mai avuta. Eppure…” mi bloccai, non sapendo come continuare.

         Ha allungato la mano, sfiorandomi la guancia con le dita delicate. “Eppure?” chiese. Così calmo, così tranquillo, considerando la tempesta che avevo scatenato con la mia verità. Doveva urlare dall’interno. Ma in qualche modo, non sembrava arrabbiato. E non perché si stava trattenendo; oramai riconoscevo quello sguardo. Ma piuttosto perché non era arrabbiato. Era solo triste. E nemmeno triste per se stesso.

         Ma triste per me. Per tutti quegli anni in cui ho sofferto in silenzio.

         Triste anche per Elsa.

         Continuai, sentendomi improvvisamente coraggiosa. “Credo che Elsa sia un dono degli spiriti,” gli dissi. “Una figlia di sangue Arendelliano e Northuldra. Un’unione dei nostri popoli, nata dall’amore invece della paura. Io credo che Elsa sia nata con i suoi poteri per una ragione.”

         Per un lungo momento, Agnarr rimase immobile. Poi annuì lentamente. Si vedeva che faceva fatica ad accettarlo. Era troppo, davvero troppo per poterlo affrontare tutto in una volta, dopo tanti anni che lo tenevano all'oscuro di tutto. Ho provato ad immaginare se i ruoli fossero invertiti, come mi sarei sentita io se avessi saputo che tutto quello che mi aveva detto fosse stato una bugia. Non era un pensiero rassicurante.

         Traendo un respiro, ho osato far scivolare le mie mani di nuovo nelle sue.

         “Ascolta, Agnarr, devi saperlo. Anche se posso aver nascosto da dove provengo, non ho mai nascosto chi sono. La bambina con cui sei cresciuto, la donna che hai sposato? Sono sempre io. La vera me. Ed il mio amore per te? Anche quello è sempre stato reale. Ti amo più di ogni altra cosa al mondo, e ti amerò sempre.” La mia voce sussultò. “Anche se capirò se tu volessi—”

         Le sue mani si strinsero attorno alle mie. “Anche io ti amo,” disse deciso, senza ombra di dubbio. “E non c’è più bisogno di nascondere più niente. Da nessuno—mai più.” Mi guardò, un'espressione sul suo viso così seria che mi fece pensare al ragazzo che era una volta. “E lo diremo anche alle ragazze. Penseranno che sia fantastico. Forse potresti perfino insegnarci alcune delle tradizioni dei Northuldra. Le vostre canzoni, le vostre storie.” Si fermò, uno sguardo di realizzazione gli scorreva sul viso. “La tua folle proposta di matrimonio con le renne,” aggiunse, come se lo avesse appena capito. “Era…?”

         La mia bocca si spalancò in un timido sorriso. “Lo era,” confermai. “Dopotutto, tu avevi il cucchiaio dell’amore Arendelliano. Se fossimo stati davvero uniti, avrei voluto includere anche qualcosa delle tradizioni della mia famiglia. Per quanto ridicolo possa essere quel particolare,” aggiunsi con una piccola risata.

         “Io credo che la parola che tu stai cercando sia ‘incredibile,’” mi corresse, guardandomi con così tanto amore da togliermi il fiato. Mi tirò in un abbraccio e mi strinse forte. Lacrime di forte sollievo mi scendono lungo le guance mentre cullavo la testa nel suo petto solido, ascoltando il battito del suo cuore. Forte, costante. Proprio come lo stesso Agnarr.

         qualche momento, rimanemmo lì, avvolti l'uno nelle braccia dell'altro nella minuscola stanza segreta appena fuori dalla biblioteca. Quante volte siamo già stati qui? Quanti baci erano stati condivisi?          Dichiarazioni d'amore fatte? Ma questa volta era diverso. Perché lui conosceva la verità. E tutto il senso di colpa e la paura che avevo spinto giù nel profondo era finalmente sparito.

         Per la prima volta in vita mia, ero libera.

         Ma dovevamo ancora parlare di Elsa.

         Agnarr si schiarì la gola. “Hai detto che pensi che Elsa sia un dono degli spiriti,” disse lentamente. “Ed hai anche detto che dato che tu sei una Northuldra, conosci gli spiriti. Potresti… forse… chiedergli di lei? Forse loro potrebbero sapere quello che dobbiamo fare per aiutarla?”

         Ho praticamente sussultato. In tutta l'emozione di dirglielo, avevo quasi dimenticato perché avevo iniziato a farlo.

         “Gli spiriti sono ancora intrappolati nella nebbia,” spiegai. “Almeno per quanto ne so. Non sono stata in grado di parlare con loro per anni. Ho pensato che una volta sarebbero arrivati, quando ero fuori nella bufera di neve il giorno in cui ho lasciato Arendelle. Ma dev’essere stata un’allucinazione. Da allora li ho chiamati ogni giorno e non sono più tornati.”

         “Capisco,” disse Agnarr, il suo volto cinereo, la speranza svanita.

         Ho preso fiato. “Comunque, c’è ancora… qualcosa… che potrebbe essere là fuori. Che potrebbe essere in grado di darci le risposte che cerchiamo.”

         La sua testa si inclinò in domanda.

         “Ahtohallan,” spiegai. “Mia madre era solita cantarmi una canzone a riguardo quando ero piccola. È una canzone Northuldra riguardo uno spirito—la madre di tutti gli altri spiriti—che conosce ogni cosa riguardo il passato. Un fiume di ricordi. Ho sempre pensato che se solo riuscissi a trovarla, potrebbe fornire delle risposte su Elsa e su ciò di cui facciamo parte.”

         “Beh, allora andiamo a trovare Ahtohallan,” dichiarò Agnarr, la sua voce fiera. Ho sempre amato quando decideva un piano d'azione. Si impegnava pienamente e immediatamente, indipendentemente dalle sfide.

         Ho allungato la mano e ho tirato giù la vecchia mappa sbiadita dal tavolo. “Penso di esserci già riuscita,” dissi lentamente. “Ecco perché sono stata qui ogni giorno. Interrogandomi su tutte queste mappe. La canzone dice ‘Dove il vento del Nord incontra il mare,’ ma non sono mai riuscita a trovare un fiume che corrispondesse alla descrizione. Fino ad ora.”

         Misi il dito sopra un blocco scuro sulla cima della mappa.

         “Ahtohallan,” dichiarai.

         “Ma non è un fiume.”

         “No.” i miei occhi si illuminarono mentre alzavo lo sguardo verso di lui. “È un ghiacciaio. I ghiacciai sono fiumi di ghiaccio.”

         “Ahtohallan è… ghiacciato?” chiese, con gli occhi spalancati.

         Ho scrollato le spalle. “È l’unica cosa che ha senso.”

         Abbassò lo sguardo verso la mappa. Riuscivo praticamente a vedere gli ingranaggi che giravano nella sua testa. Poi alzò lo sguardo verso di me. “E tu pensi che se andassimo laggiù, da questo spirito, sarebbe in grado di fornirci le risposte riguardo Elsa?”

         “Credo di sì,” dissi, la mia voce non più di un sussurro. “Vale la pena tentare, no?”

         “Sì,” disse. Ed ero sollevata di non sentire una briciola di dubbio nella sua voce. “Andrei fino in capo al mondo per aiutarla.”

         Le mie spalle crollarono con sollievo. La speranza cresceva nel mio petto.

         Agnarr arrotolò la mappa. “Ci recheremo lì, non appena sarà possibile organizzare il viaggio.” Mi mostrò un sorriso esitante. “Un’ultima avventura. Tu ed io.”

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Capitolo Quarantotto

 

Iduna

 

 

 

 

 

DOVETE PROPRIO ANDARE?”

         Le cose si erano mosse rapidamente dalla notte in cui avevo detto ad Agnarr la verità nella nostra stanza segreta. La nostra storia era semplice: avremmo fatto un viaggio di due settimane, per assistere al matrimonio di una principessa lontana per la via del Mare del Sud. Ci saremmo fidati solo del capitano della nave e del suo ridottissimo equipaggio con la veritàe anche allora, solo dopo che fossimo salpati.

         Nessuno voleva che partissimo, naturalmente, i mari sono notoriamente pericolosi in questo periodo dell'anno. Ma nessuno era più irremovibile di Elsa su questo.

         “Andrà tutto per il meglio, Elsa,” le disse Agnarr con simpatia. Sapevo che stava cercando di accrescere la sua fiducia, ma alla fine è sembrato un po' paternalistico. Potevo vedere il suo mento traballare. Le sue labbra tremare. Riuscivo praticamente a sentire i pensieri che gli passavano per la testa.

         Celare, domare.

         Ignorando il pericolo delle emozioni di mia figlia, la presi in un forte abbraccio. “Torneremo presto,” le promisi. “Noterai a malapena che ce ne siamo andati.”

         E se tutto va bene, non dovrai mai più nascondere i tuoi sentimenti.

         Era rigida tra le mie braccia, e quando l'ho lasciata, sembrava a un pelo dallo sciogliersi in lacrime. Il mio cuore si spezzò e all'improvviso fu tutto quello che potevo fare per non tirarmi indietro, implorare di rimanere a casa. Mandare Agnarr da solo nella nostra ricerca, così non dovrò lasciare la mia bambina. Elsa non aveva nessuno tranne noi, nemmeno sua sorella. Sarebbe stata veramente sola.

         Ma dovevo rimanere forte. Avevamo bisogno di risposte. E questo era l’unico modo per trovarle.

         Per aiutare Elsa una volta per tutte.

         “Andiamo,” disse fermamente Agnarr, mettendo una mano sulla schiena e portandomi via. Sono andata con lui, raggiungendo quasi la porta d'ingresso prima di voltarmi di nuovo per un ultimo sguardo.

         Elsa era lì da sola. Le sue spalle spinte all'indietro. La testa alta. Cercava disperatamente di essere coraggiosa. Ed improvvisamente la mia mente tornò a quel giorno in cui sono arrivata la prima volta ad Arendelle molto tempo fa. Anch'io ero rimasta lì, all'ingresso dell'orfanotrofio, da sola in un mondo nuovo, pieno solo di estranei. Ricordo ancora quanto desiderassi rinunciare in quel momento. Sbriciolarmi, crollare e lasciar perdere tutto. Invece sono riuscita a tenere la testa alta. A costringermi ad andare avanti, anche quando tutto sembrava perduto.

         E l'avevo fatto. Avevo costruito una vita qui ad Arendelle. Avevo trovato degli amici. Mi ero costruito una famiglia con il mio vero amore. Una vita bellissima, fiorita dalle ceneri. Non è sempre stato facile, ma non l’avrei cambiata per niente al mondo.

         Ed anche Elsa avrebbe trovato la sua strada, mi sono detta mentre il groppo si formava di nuovo nella mia gola. Nonostante tutto il suo dolore, era più forte di chiunque altro conoscessi. Molto più forte di quanto non fossi mai stata. E qualunque cosa fosse accaduta, avrebbe trovato un modo per andare avanti. Per forgiare un percorso verso l'ignoto.

         Un po' di tempo dopo eravamo al porto, attraversando la passerella e salendo a bordo della nave. Tutto in me gridava di voltarsi, di tornare di corsa al sicuro del castello, alle mie figlie.

         Ma questa era l’unica possibilità di Elsa. Dovevo essere coraggiosa. Dovevo farlo. Per lei.

         Speravo solo che non fosse tutto inutile.

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