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[IcyÆ’lame] Il misterioso caso della scomparsa misteriosa [2/5]


IcyFlame

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IL MISTERIOSO CASO DELLA SCOMPARSA MISTERIOSA


Tratto da una misteriosa storia vera


 


 


Alias cosa succede quando riporto quello che mi accade in real life.



Vi assicuro che quasi tutto quello che ho scritto qui mi è successo veramente. Alcuni dettagli li ho aggiunti io, ma ho sperimentato le pazzie che leggerete. In breve ho cercato di trovare ironia in tutto quello che mi è successo quel giorno.


Sarà  una FF breve, solo cinque parti e queste non saranno nemmeno troppo lunghe...


Buona fortuna. Cercate di sopravvivere.


 


 


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(Uh, che logo superpr0)


 


Parte 1- Tragedia


 


•••••••••••••••••••••••••••••••••••••••

Ieri doveva essere un giorno normale, dovevo seguire la mia routine, anche se sarebbe cambiata un po’.


Poche settimane fa la nostra bidella preferita, soprannominata Buona, perché, sapete, esistono varie categorie di bidelli, ci annunciò che saremmo andati a teatro per vedere la rappresentazione di “Un amico ritrovatoâ€. Credo che nessuno di noi avesse la minima idea di che cosa fosse, ma posso assicurare che più della metà  della classe si concentrava sul perdere quattro ore di scuola e dover sopportare solo religione.


Anche io, sinceramente. Potrei dire “non ditelo a nessuno†ma lo sto dicendo a tutti.


Lascio perdere tutte le prediche dei miei genitori che continuavano a dire che non studiavamo proprio, visto che più o meno ogni settimana uscivamo da qualche parte in quel periodo, altrimenti le mie dita non riuscirebbero a scrivere questa fantastica avventura.


Benissimo, ora che abbiamo finito con il flashback ritorniamo al presente, ovvero il momento della risoluzione di tutto il problema?


No, che state leggendo a fare? Andiamo con un altro flashback, quando mi rendo conto della tragedia. Poi nel corso della narrazione ci saranno anche altri flashback –o, per esaltare la nostra lingua e far felice la mia prof di italiano, analessi- ma questo non sarà  un racconto tipo Inception, non preoccupatevi.


 


Io e quattro miei amici, Maria, Matteo, Armando e Francesco, avevamo appena finito di vedere lo spettacolo e quindi decidemmo di andare a mangiare qualcosa in un bar.


Ci incamminammo per il Corso Da Vinci, una zona pedonale, dove si diresse tutta la scuola. Matteo propose di prendere un cornetto al Bar Blu, che era un posto dove andava sempre e dove, a detta sua, facevano i cornetti migliori di tutti.


Per lui migliore vuol dire più buono, più buono significa più grasso.


Armando continuava a sostenere, però, che in un vicolo ci fosse un particolare bar artigianale dove sfornavano ciambelle buonissime e cornetti non da meno.


-Perché non possiamo andare in un posto dove vado sempre?


-Beh, io vado sempre in quel vicolo! Quindi cosa dovremmo fare, separarci?


-Non siamo in un film horror.- intervenne Maria. –Potremmo farlo.


-La frase “non siamo in un film horror†la usano sempre nei film horror! Non è che siamo realmente in un film horror?- scherzò Francesco


-Per favore, stai zitto.


-Ok, ok.- Francesco alzò le mani.


Di tutta quella storia non m’importava proprio, dopotutto io non avevo soldi e non potevo mangiare niente. Mia madre m’intimava sempre che non dovevo mangiare troppo, altrimenti sarei diventato come Matteo. Lo soprannominiamo Muccopotamo, per la sua stazza.


Poi mia sorella è ingrassata e ora calcola solo lei. Io non voglio diventare troppo grasso, comunque.


-Perché non votiamo?- chiesi io.


-Potresti mangiare al Bar Blu dopo, Matteo, non credo che qualcuno ti fermi!- fece Armando


-Ehi, stai insinuando che potrei fare due colazioni?


-Esatto!


Matteo non disse niente per qualche secondo, poi gioì.


-Grande idea! Non ci avevo pensato! Andiamo al tuo strano bar!


Non rimanemmo sorpresi, a differenza di chi non lo conosceva. Probabilmente fare due colazioni per lui era normale.


 


Il corso è pieno di vicoli, è nel centro storico della città  e in questi si può nascondere di tutto: pizzerie, case, foto di famiglia e zoo.


Non li ho mai visti, ma un mio compagno di classe mi ha raccontato che lui ne ha esplorato uno un giorno.


Fatto sta che trovammo il bar in pochi secondi. Era in un posto che non avevo mai visto e c’era anche una piazzetta abbastanza grande di fronte a “Paste da Giuliaâ€.


Non aveva tavolini, quindi con suo grande dispiacere, Muccopotamo fu costretto a mangiare in piedi mentre io guardavo i quattro che s’ingozzavano. Armando si prese anche un mini cornetto e mi chiese anche se volevo qualcosa. Avrebbe pagato lui per me.


Dissi no anche se volevo dire di sì. Quanto volevo dire di sì.


Mentre tutti divoravano la loro colazione, Maria fece un’interessante nonché curiosa osservazione.


-Ehi, Giulio!


-Che vuoi? Offrirmi un gelato cinque gusti?


-No… ma… dov’è il tuo zaino?


Ah. Ah. Ah. Che domanda divertente che era.


Una volta avevo perso un giubbotto, una seconda avevo rischiato di perdere una felpa e avrò lasciato il telefono da qualche parte almeno dieci volte.


In queste situazioni il cuore inizia a batterti velocemente, molto velocemente e non sai che dire.


In realtà  io non sapevo nemmeno se l’avevo portato. Non riuscivo a pensarci. Lasciato a casa? A scuola? Nell’autobus? A teatro? A terra?


-Stai bene?- chiese Francesco –L’hai portato o no?


Io, già  tutto sudato, non sapevo che rispondere.


-Sì, io mi ricordo di sì! L’ha lasciato a teatro!- rise Maria.


E Matteo e Armando si unirono a lei.


-Io non mi ricordo, veramente!- esclamai.


Era proprio uno stress. Non per lo zaino in sé, ma per i libri che c’erano dentro. Non l’avevo svuotato, questo era certo, quindi c’erano almeno cinque libri.


Mi maledissi perché chi è così stupido da portarsi uno zaino con cinque libri quando te ne serve solo uno?


Io, ovviamente.


-Vai al teatro!- urlò Armando


-Ok, vado lì. Poi raggiungetemi.


Corsi dov’ero stato fino a un quarto d’ora prima, non sapendo se quello che cercavo fosse stato realmente lì.


 


Come potevo non essermi reso conto che avevo girato senza zaino per quindici minuti? Non sentivo una leggerezza naturale?


Sarà  che ero così abituato all’idea di portare lo zaino cinque giorni a settimana che la mia schiena si è abituata. Sono diventato il primo uomo di una nuova specie. L’homo sarcinae. (grazie mille traduttore italiano latino, non avevo idea di come si dicesse zaino. O la traduzione più giusta. Baci baci.)


Mia madre dice che chi non si adatta muore. Spero che questa abilità  mi consenta di vivere almeno qualche anno in più.


Mentre correvo, diminuendo la distanza tra me e il teatro, scorsi con lo sguardo quattro persone che non dovevo incontrare.


Gli zii.


Famiglia formata da marito, moglie e due gemelle. La vera rovina è la madre, che parla di tutto ciò che vede, sente, tocca, mangia e ascolta. Non doveva vedermi, altrimenti mi avrebbero trattenuto e qualcuno avrebbe potuto prendere la mia fedele cartella. Avrebbe continuato a borbottare anche se gli avessi avvisato che i miei libri erano in pericolo. Se non gliel’avessi detto sarebbe anche stato meglio. Chissà  cosa si sarebbe inventata… avrebbe potuto collegare la mia ricerca a quando lei perse la sua calza natalizia, a quando sua figlia si ruppe una gamba, oppure al nuovo film di Indiana Jones.


Per un attimo, pensai di dover fare delle manovre stealth degne di un videogioco di successo.


Io non sono bravo negli stealth. Perdo sempre.


Però, forse grazie al mio karma immacolato, una delle due gemelle disse di dover andare in bagno. Quindi i quattro si diressero al bagno del Bar Blu.


Sentivo cori di angeli cantare. Almeno qualcosa sarebbe andato bene.


Essendo riuscito a perdere solo pochi secondi, mi diressi coraggiosamente verso il luogo del mio desiderio. (E sono consapevole che l'avrò detto una decina di volte ormai.)


 


Nessun problema mi bloccò durante la strada e arrivai salvo al teatro -non molto sano però, avevo un fiatone...- che era adesso circondato da bambini delle elementari.


Parliamoci chiaro, non odio i bambini a differenza della metà  delle persone che conosco, ma mi guardavano in un modo che sembrava dire "Oh, e questo che ci fa qui?" oppure "Questo è il nostro posto, vai via!" senza contare le loro maestre che avevano sguardi da cani rabbiosi.


Penso che credessero che fossi più piccolo di 14 anni, forse dodici, ma non erano sicure. Se lo fossero state mi avrebbero sicuramente minacciato e rintracciato con i loro smartphone i miei genitori.


Superati tutti questi blocchi, aprii la porta che conduceva al teatro. In esso non c'era praticamente nessuno, sia ringraziato il cielo, non avrei potuto sopportare altre persone. L'unica cosa da fare, a questo punto, era entrare nella sala, vedere se c'era lo zaino e ritornare alla mia routine. Se ci fosse stato sarei stato tranquillo, se no sarei stato preoccupato. Ma, in fondo, non avevo idea di dove avrei potuto lasciarlo, poteva benissimo essere ancora a casa. 


Posso giurare che un bambino sembrava volermi fare uno sgambetto. Che malefico.


•••••••••••••••••••••••••••••••••••••••

 

Se volete, spoileratevi i titoli delle altre parti.




Parte 2- Un aiuto non voluto

In arrivo domenica 20 luglio...

 

Parte 3- Giro in città 

In arrivo domenica 27 luglio...

 

Parte 4- Ultime fermate

In arrivo lunedì 4 agosto...

 

Parte 5- Rivelazioni

In arrivo lunedì 11 agosto...


 

Attenzione I titoli sono provvisori, potrebbero cambiare e le pubblicazioni potrebbero subire sensibili variazioni. Non leggere al di sopra dei 124 anni.




 


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by secsi @Combo 

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Parte 2- Un aiuto non voluto

 

•••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••

Arrivato in sala, era rimasto solo un attore e una donna delle pulizie con i capelli rossi TINTI. Si vedeva chiaramente. Io, a differenza del 99,99% della popolazione mondiale ho capelli rossi naturali. Naturali. Io sono uguale alla stessa percentuale dei batteri che rimangono dopo un lavaggio con Amuchina.


L'attore mi vedeva, ma era troppo lontano per dirmi qualcosa, mentre la "cameriera", vedendomi vagare come un barbone, mi iniziò a fare qualche domanda.


-Scusa, circhi qualcusa?- con un chiaro accento dell'est europa.


Non vorrei essere razzista dicendo "est europa", ma non avevo idea di che nazionalità  potesse essere. Quindi accontentatevi.


-Non trovo il mio zaino.


-Sicuru di averlu purtatu? Duv'ira?


-Beh, sì.. più o meno. L'avevo lasciato qui, credo...- feci puntando una sedia.


Poi la toccai e mi venne uno Squarcio Dimensionale -o qualcosa del genere shhh-. 


Mi ricordai che lo zaino dietro la schiena mi dava fastidio e che quindi lo misi sotto alla sedia. Non sapevo se la mia mente mi giocava degli scherzi, ma di solito quando ricordo qualcosa, questa cosa è vera.


Mi abbassai e cercai sotto alla sedia, ma non c'era altro che polvere. E quanta polvere, tra l'altro. Che pessima signora delle pulizie.


Quindi decisi di fermarmi all'ingresso della sala per aspettare gli altri. Un minuto dopo arrivò Francesco, che mi aiutò a cercare meglio, ma niente.


L'est europea se ne uscì con una frase degna di citazione.


-Pirchì lu circhi? Issiri zainu, nun issiri carta.


Mi ci volle qualche secondo per capirlo, quindi lascio anche a voi il tempo per assimilarlo.


...


...


...


Fatto? Sì?


Se non l’avete afferrato, faceva il paragone tra lo zaino e una carta di credito. 


Ci credo che uno zaino non è una carta di credito, ma dentro ci sono i libri. E costano abbastanza.


Francesco non capì e glielo dovetti spiegare. Subito dopo, ci disse ancora qualcosa.


-Putiti spustarvi? Mi dati fastidiu... nun andati duvi divu puliri!- anche lei in stile cane rabbioso.


Ci spostammo ma ce lo disse un paio di volte ancora. La gente è strana. 


 


Uscimmo e arrivò Matteo. Cercai anche con lui, la signora delle pulizie disse le stesse identiche cose, non trovammo niente, andammo via dal teatro. 


Maria e Armando vennero da noi annunciando che se ne stavano per andare e anche Francesco dovette ritornare a casa sua cinque minuti dopo. 


Lo zaino non era a teatro anche se io ero sicuro che fosse lì. Ripercorrendo le mie passate esperienze, pensai all'idea di averlo dimenticato o sull'autobus o a scuola. Forse era pure a casa, ma ne dubitavo fortemente. 


-Mi sa che devi chiamare tua madre.


-Ma si arrabbierà ...


-E' l'unico modo! Forse l'hai lasciato da qualche parte! Se poi ti vede senza zaino chissà  cosa penserà !


Sapevo di dover chiamare quell'essere mutaforme chiamato mamma da alcuni e madre da altri, anche se non lo volevo fare. Fino a pochi mesi fa iniziavo i discorsi con brutte notizie con questa frase:


"Mamma... è successa una cosa brutta."


SEMPRE.


Poi mia madre si arrabbiava, quindi quel giorno decisi di non cominciare in quel modo, ma andare subito al sodo. 


Almeno volevo provarci.


-Ehm... sono andato a teatro e... ehm... poi non ho trovato lo zaino...


-E poi?- chiese mia madre iniziando ad arrabbiarsi.


-E non l'ho trovato.-


-Ma adesso ce l'hai?


-No, è per questo che ti ho chiamato...


-QUINDI HAI PERSO LO ZAINO!?


-Non esattamente, non l'ho propr-


-Sicuro di averlo lasciato a teatro?


-No, però mi sembra di averlo portato!


-NON VUOL DIRE NIENTE "MI SEMBRA", DEVI ESSERE SICURO!"


Dopo alcune urla, acconsentì di venire in mio aiuto con la sua auto. Eh, avete capito?


Aiuto, auto?


Sono simili! AHAAHHAAHAH


...Ok, possiamo andare avanti.


 


Matteo ritornò a casa un paio di minuti prima che mia madre arrivasse da me.


-Come fai a perdere lo zaino? CHI E' CHE PERDE UNO ZAINO!- iniziò appena scesa dalla macchina.


Io non ne avevo idea. Però era successo. Un'altra casella da colorare nelle "cose che non vorresti ti capitassero".


-Dov’è che sei stato?


-Beh, a casa, a scuola, nell’autobus e a teatro! Forse l’ho lasciato a casa!


-No, mi ricordo che sei uscito con quello… quindi sicuramente l’hai lasciato in giro! Hai controllato bene e dico BENE nel teatro?


Ho tentato di evidenziare il “bene†in tutti i modi possibili, ma lo disse con un tono così marcato e sottolineato che non potrò mai farvi sentire come mi sono sentito io.


-Sì, mamma… non c’è.


-E ALLORA COM’E’ POSSIBILE CHE TU L’ABBIA PORTATO?!


-Non lo so, ma io ricordo di averlo portato!


Effettivamente non avevo idea di quello che potesse essere successo al mio povero zaino.


Anche mia madre controllò nella sala, dove c’era ancora la signora delle pulizie, che puntualmente ripetè la sua bellissima frase sulle carte di credito, aggiungendo anche un sospetto con una nuova.


-Fursi qualcuno ha prisu lu zainu per fari unu schirzu a suu figliu!


Poteva essere possibile, Federico poteva esserne capace, ma non l’avrebbe mai fatto con così tanta gente. E poi me ne sarei accorto.


Le parole della pazza accanita della pulizia della sala del teatro maledetto però non mi dissero nient’altro. Non credo che rubare uno zaino fruttasse molto.


-Anche se fosse così- disse –L’abbiamo perso. Non abbiamo un microchip su quello zaino come nei film di spionaggio.


Era triste, molto triste. Ma era vero. Che peccato.


-E’ sicuro di non averlo visto?- continuò


-Cirtu, cirtu! Io non avir visto zainu!


Che accento orribile, dovevo andarmene.


Uscimmo per la quarta volta dal teatro. Ormai ero lì da un’ora e non avevamo ottenuto niente. Io ero depresso, mia madre approfittava del mio stato emotivo per essere furiosa.


Perché quando io sono triste, lei è sempre arrabbiata. Quando sono felice, è arrabbiata. Quando sono arrabbiato, è arrabbiata.


Non è certo una persona lunatica.


•••••••••••••••••••••••••••••••••••••••

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