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  1. Cosa c'è di nuovo in questo PokéClub
  2. Grazie, ne sono contento! Anche perché non essendo uno scrittore ho sempre il dubbio sulla scorrevolezza del testo
  3. La storia di Nintendo (parte 1) Dalle origini al SNES 1889 Le Origini Era il 23 settembre 1889 quando l’imprenditore Fusajiro Yamauchi fondò l’azienda Nintendo. La Nintendo d’allora era completamente diversa da quella che vediamo oggi, differendo innanzitutto dal nome: difatti nei suoi primi anni di vita venne chiamata Yamanouchi Nintendo e successivamente Nintendo Kappai. Sul significato del nome ci sono due teorie differenti: comunemente gli viene appropriato il significato di “lasciare la sorte al cielo” e verrebbe associato alla principale attività che svolgeva Nintendo all’epoca, ovvero il gioco di carte. Ciò vorrebbe lasciar intendere che l’idea del presidente fosse quella di lasciare alla sorte, o agli Dei, la possibilità di decidere il destino di ognuno. Ma non esistono documenti storici che attestino l’ufficialità di tale ipotesi. Altri pensano che Nintendo volesse essere inteso come Tempio della libera hanafuda, o Società dell’hanafuda autorizzata. L’hanafuda era infatti il più grosso vanto della casa giapponese. Si trattava di un gioco di carte, rigorosamente create a mano, con cui si potevano organizzare partite per il semplice divertimento, ma anche per il gioco d’azzardo. Questo creò qualche piccolo problema d’immagine ai danni di Nintendo, in quanto anche alcuni membri della Yakuza fecero circolare le carte tra le loro sale da gioco, in un periodo in cui il gioco d’azzardo era una pratica assolutamente proibita. Yamauchi nonostante ciò, riuscì ad ottenere il permesso di produrre e distribuire le proprie hanafuda ed iniziò ben presto ad acquisire grande popolarità. Si può notare già da questi primi fattori, che Nintendo si affacciava ad un pubblico ben diverso da quello che ci potremmo immaginare vedendola adesso. Yamauchi non era interessato al settore dei giochi né tantomeno al mondo dell’intrattenimento, lui era un puro e semplice imprenditore dedito agli affari, e con questa mentalità, attraverso i guadagni di questi primi anni dell’azienda, aprì un nuovo e più ampio negozio di carte ad Osaka. Egli non aveva alcun figlio a cui lasciare la propria creazione in eredità, ma come da tradizione giapponese comune, aveva adottato il genero Sekiryo Kaneda. Destino volle che nemmeno Kaneda aveva avuto figli maschi, perciò come fece Yamauchi, lasciò ereditare l’azienda al genero. Questo era Shikanojo Yamauchi (così fu ribattezzato, riprendendo il cognome di Fusajiro) che in realtà non divenne mai ufficialmente presidente di Nintendo, poiché l’azienda venne rilevata dal figlio, Hiroshi Yamauchi. Questi erano soltanto i primi passi, ma il vero grande successo di Nintendo, avvenne nel 1959 a seguito di un accordo con Walt Disney, che licenziò le carte di Yamauchi, plastificandole e facendole approdare ad un pubblico enormemente più vasto. 1996 L’era dei giocattoli Come si sa, ogni gioco ha un suo periodo di vita, e questo spesso è molto breve, le tendenze cambiano e ci si deve adattare di conseguenza. L’azienda ha dovuto sperimentare prodotti nuovi, e ciò ha comportato l’inizio di una nuova era per Nintendo. Un giorno lavorativo che sembrava essere esattamente come tutti gli altri portò invece ad una folgorante illuminazione. Yamauchi si trovava nei pressi dei magazzini di una delle sue fabbriche quando notò qualcosa di curioso: un suo dipendente, Gunpei Yokoi, tecnico della manutenzione, si stava dilettando con uno strano braccio a molla estensibile, per soddisfare il proprio divertimento. Yamauchi vedendolo e trovando l’idea geniale, ordinò immediatamente di sviluppare un prodotto simile entro il periodo natalizio e spostò Yokoi dalla manutenzione, per destinarlo ad un posto a capo dello sviluppo di quell’attrezzo. Yokoi aveva un pensiero fondamentale, ovvero che i giocattoli non dovessero richiedere necessariamente una tecnologia all’avanguardia, ma che fossero più importanti i concetti alla base del suo utilizzo. Affermò che “il modo di Nintendo di adattare la tecnologia non è quello di cercare lo stato dell’arte ma di utilizzare la tecnologia matura che può essere prodotta ad un basso costo”. L’invenzione di Yokoi fu lanciata sul mercato con il nome di Ultra Hand, ed ebbe enorme successo. Insieme ad esso vennero rilasciati successivamente dei puzzle, una macchina da lancio di baseball chiamata Ultra Machine, e perfino un Love Tester. 1972-1977 L’approdo nel mondo videoludico In questi anni iniziavano ad andare di moda giocattoli più complessi, con tecnologie sempre più avanzate e meno rudimentali. Tutto questo sfociò con l’avvento nel mercato dei primi videogiochi. Nintendo fino a questo momento aveva continuato a limitarsi all’ideazione di giocattoli più tradizionali. Fu Mangavox, a coinvolgere per la prima volta Nintendo nell’ambito videoludico. L’azienda stava cercando di sviluppare un accessorio da associare al suo cabinato Mangavox Odyssey. In particolare dovevano produrre una serie di pistole elettroniche, tra cui la Shooting Gallery . A tale scopo fu scelta l’azieda di Yamauchi per stringere una pioneristica alleanza. La scelta ricadde su Nintendo poiché considerata come il miglior partner possibile, considerando che tali oggetti erano simili ai giocattoli meccanici che stava producendo in quegli anni. Dopo questa prima esperienza, Nintendo iniziò a sviluppare altre macchine leggere per la scena arcade e si trovò improvvisamente ad affacciarsi su un nuovo mercato tutto da scoprire. Nintendo riuscì perciò ad avere un discreto successo in questo nuovo settore, ed iniziò a portare avanti l’idea di sviluppare videogiochi in modo sempre più indipendente. Molto importante da questo punto di vista fu l’intesa con Mitsubishi Electric. L’azienda propose a Nintendo una produzione congiunta del Color TV Game Machine: una console casalinga, la prima targata Nintendo, che grazie all’acquisto della licenza di Mangavox, poteva offrire esperienze di gioco in stile Pong. Nel 1977 fu quindi pubblicato il Color TV Game 6 ed il Color TV Game 15, le versioni differivano dal numero di giochi che erano inclusi nel dispositivo. La macchina conteneva varianti di Light Tennis, tra cui giochi di tennis e pallavolo, giocabili sia in modalità singola che in doppia. Il primo vero e proprio videogioco arcade targato esclusivamente Nintendo fu però l’EVR Race, un cabinato racing arcade, nel 1975. Negli anni successivi ci sarà invece la definitiva affermazione: seguiranno successi di caratura nazionale come i cabinati Radar Scope e mondiale come Donkey Kong. 1980 Game & Watch e Donkey Kong Si racconta che nel 1979, durante uno dei suoi tanti viaggi di lavoro, Gunpei Yokoi (l’inventore del braccio estensibile), si trovò ad osservare un uomo intento a giocherellare con la sua calcolatrice LCD premendovi freneticamente i pulsantini. Fu in quel momento che iniziò ad elaborare il pensiero di poter rendere le macchine da gioco più comode e immediate, rispetto agli enormi cabinati presenti all’epoca, miniaturizzandole, per poter permettere di ammazzare il tempo alla prima occasione utile. Nacquero così i Game & Watch, la serie di giochi elettronici che potevano essere considerate delle primitive console portatili. I Game & Watch potevano contenere, a seconda della versione, diversi giochi tra cui Chef, Manhole, Greenhouse ma anche le versioni portatili dei più celebri The Legend of Zelda, Donkey Kong e Super Mario Bros. I giochi sono basati su una CPU a 4 bit e girano su un piccolo schermo LCD. Nell’ottica di questa portatilità, Yokoi progettò quello che poi diventerà il moderno D-pad a croce, che vedrà la luce per la prima volta con Donkey Kong. Nel 1980 Nintendo aveva però un nuovo obbiettivo, ovvero quello di oltrepassare i confini nazionali ed espandersi verso il Nord America. Vi provò cercando di esportare negli USA il suo Radar Scope, ma questo primo tentativo si rivelò un enorme insuccesso. L’azienda si era ritrovata con un grandissimo numero di Radar invenduti e rimasti in magazzino, ed Hiroshi Yamauchi dovette pensare ad un modo per non perdere il materiale e convertirli in qualcosa di nuovo. Incaricò un giovane designer industriale, tale Shigeru Miyamoto, che lavorava per Nintendo da qualche anno, di provvedere a trovare un modo per reinventarli. A quel tempo Nintendo stava cercando di ottenere la licenza per realizzare un gioco basato su Popeye, ma quando il tentativo fallì, Myiamoto utilizzò comunque le idee alla base dei personaggi traendone ispirazione per crearne di nuovi. Egli aveva pensato a numerosi personaggi diversi, ma alla fine optò per un bizzarro triangolo amoroso tra un gorilla, un falegname ed una ragazza, scimmiottando ciò che accade con Popeye, Bruto e Olivia. È evidente che anche il film di King Kong ha avuto parecchia influenza nella realizzazione del concept di Donkey Kong, colui che avrebbe anche dato nome al gioco, poiché ritenuto il personaggio più forte dei tre. Il nome “Donkey” gli è stato attribuito per dare un tono più leggero all’opera e perché il gorilla doveva trasmettere un senso di testardaggine, proprio come un asino. Il personaggio umano era stato chiamato in origine “Jumpman” per la sua familiarità di gameplay con i giochi in stile Pac-man, ma fu in seguito cambiato in “Mario” per via della curiosa somiglianza con Mario Segale, imprenditore da cui Nintendo aveva preso in affitto un magazzino per utilizzarlo come propria sede operativa in America. A Miyamoto mancavano ancora le capacità e soprattutto l’esperienza per riuscire a programmare il gioco in solitaria, si avvalse quindi dell’aiuto di diversi tecnici per vedere se le sue idee per il nuovo platform fossero di possibile realizzazione. Inutile dire che l’operazione ebbe un clamoroso successo. 1983 Famicon e mercato USA Nel 1983 Nintendo ha rilasciato in Giappone il suo nuovo sistema: il Famicom (da Family Computer). Questo era il primo tentativo di applicare su console il sistema di gioco basato sulle cartucce, in cui erano compressi i file dei titoli. Un’apposita cartuccia permetteva alla console di eseguire giochi memorizzati su floppy disk. L’idea ebbe un primo momento favorevole, salvo poi incorrere nelle lamentele di diversi giocatori che riscontrarono blocchi durante l’utilizzo di determinate cartucce. L’errore era dovuto ad un chip mal funzionante all’interno del Famicon, e tutte le console in commercio dovettero essere ritirate, il che significò una perdita di circa mezzo milione di dollari per Nintendo. Nonostante l’enorme imprevisto, l’azienda non aveva affatto rinunciato alla messa in commercio della sua creazione, e volle rilanciare il Famicon anche nel mercato Statunitense, pur consapevole di non avere ancora avuto grandi esperienze in quell’area. Nel periodo in questione l’America stava subendo una fortissima recessione per quanto riguardava le vendite di videogiochi, ed il crollo del mercato videoludico aveva portato conseguenze importanti, mettendo al lastrico diverse aziende come Atari. Tale difficoltà è stata attribuita a diversi fattori, tra cui la sovrabbondanza di console nel mercato, un numero di videogiochi sempre più alto e di minor qualità e l’interesse calante del pubblico che si stava spostando verso il mondo dei personal computer. Furono due aziende giapponesi a sfruttare questa situazione per volgerla a loro favore: Nintendo e Sega, che diventeranno le uniche vere rivali di questi primi anni ottanta. Nintendo per differenziarsi dalle produzioni che circolavano all’epoca, e che erano considerate tra le più scarse di sempre, volle imprimere il proprio marchio di qualità sui suoi prodotti e sul Famicom stesso, in modo da garantirne al pubblico un’alta qualità assicurata. In America venne pubblicato uno spin off di Donkey Kong, dal titolo Mario Bros. Venne modificato l’aspetto di Jumpman che per via dei colori dei vestiti troppo sgargianti, passò dall’essere un falegname, ad un idraulico e venne rinominato Mario. Miyamoto diede vita anche un secondo personaggio, Luigi, il quale doveva essere fratello di Mario ed accompagnarlo nella sua avventura. In questo gioco furono utilizzati dei tubi come escamotage per consentire ai nemici di entrare ed uscire dallo schermo di gioco in modo da evitare che si affollassero contemporaneamente ed inficiassero sulla corretta visuale del giocatore. Per consegnare al pubblico una gamma di titoli provenienti dalle terze parti con una qualità di base garantita, Nintendo of America decise di limitare il numero di produzioni derivate da sviluppatori esterni ad un massimo di cinque titoli annui. Konami fu però la prima casa ad infrangere questa regola ed a scontrarsi con le idee della grande N, ed una volta ottenuto il permesso di progettare su cartucce per il Famicom, avrebbe eluso tale imposizione. Questo fu un primo momento che descrive il complesso rapporto che Nintendo ha storicamente avuto con le terze parti, e che continuerà ad avere, con alti e bassi, nel proseguo degli anni. 1989 Game Boy e SNES Considerato il grande successo riscontrato dalla serie Game & Watch tra il grande pubblico, Yokoi volle cavalcare l’onda dell’entusiasmo e pubblicare un suo diretto discendente, il Game Boy, con Tetris come gioco di accompagnamento. Tetris all’epoca era un titolo molto popolare, poiché semplice e perché poteva essere giocato ovunque, facendo velocemente presa su adulti e bambini. Yokoi sapeva che per continuare a coltivare la passione delle persone avrebbe dovuto pensare ad un sistema piccolo, leggero, economico ed ergonomico. Avrebbe dovuto disporre inoltre di una libreria ben più importante rispetto al Game & Watch, che sotto questo aspetto era molto limitato. Seguendo questo tracciato, la linea Game Boy avrebbe assunto un ruolo fondamentale nel mercato, nonostante disponesse di una veste grafica inferiore rispetto alle console casalinghe e alla mancanza di colori nel display. Il nome stesso “Game Boy”, ideato da Shigesato Itoi, dava la giusta impressione del suo concetto base, ovvero che dovesse essere considerato come un piccolo compagno delle più potenti console Nintendo. Il Game Boy era alimentato a batterie stilo e dotato di un piccolo schermo a cristalli liquidi. I controlli erano strutturati sulla base di una croce direzionale, con la presenza di due pulsanti “A e B” sulla destra e dei tasti "Select" e "Start". I giochi giravano su piccole cartucce, adatte ad un facile trasporto. L’era SNES ed i primi scontri con SEGA Sempre nel 1989, Nintendo rilasciò in Nord America il Super Nintendo Entertainment System, una versione ridisegnata del Super Famicom. Entrambe le versioni furono lanciate sul mercato con pochi giochi all’attivo, ma negli anni a venire si sarebbero susseguiti titoli accolti con fervore dalla stragrande maggioranza dei fan. Come il suo predecessore, SNES puntò soprattutto sulle sue elevate specifiche tecniche e presentava un controller migliorato rispetto al NES, con bordi più arrotondati e quattro pulsanti aggiuntivi che andarono a stabilire uno standard che sarà seguito anche dai controller più moderni. In questo periodo la già presente rivalità tra Nintendo e SEGA vide il suo apice, sfociando in quella che è stata descritta come una delle più grosse guerre di console della storia. SEGA all’epoca era vista come l’azienda più alla moda, perché si rivolgeva ad un pubblico più adulto ed aggressivo, le sue pubblicità attaccavano in modo forte e decisamente poco velato la concorrenza. Celebre è infatti la pubblicità del Genesis che recitava la frase “Genesis does what Nintendon’t!”. Nintendo continuava ad essere considerata una console “per famiglie”, tuttavia ottenne un buon vantaggio nelle prime relazioni pubbliche, accaparrandosi i permessi di Capcom per procedere alla conversione del classico Street Fighter II per SNES. In Giappone il Famicom avrebbe presto preso il controllo del mercato, ma negli Stati Uniti, SEGA ottenne i maggiori risultati, puntando soprattutto su una forte campagna marketing e sulle figure iconiche come la sua mascotte Sonic. Il rapporto con le terze parti di Nintendo continuò ad essere tutt’altro che rose e fiori. Durante l’era SNES, Nintendo esigeva mantenere il controllo esclusivo dei giochi rilasciati sul suo hardware. La società doveva controllare ed approvare ogni singolo gioco. Ogni sviluppatore terzo, oltre a poter rilasciare soltanto fino a cinque giochi l’anno, non poteva portarli su altre console prima che fossero passati due anni dalla pubblicazione. Infine le cartucce su cui elaborare i file dovevano essere fornite esclusivamente da Nintendo stessa. Tutto ciò portava enormi svantaggi ai team di terze parti, ma la concorrenza con SEGA avrebbe presto posto fine a questa scomoda pratica. Fonti Wikipedia - Nintendo.it - Everyeye.it - Fastweb.it
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