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Alemat

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Tutti i messaggi di Alemat

  1. Per chi fosse interessato ho messo in vendita sul mio profilo a prezzo di acquisto nello store (1.36 PP) Edit: venduto
  2. Buon Compleanno! Riolu_Augurigif2c510f03a67cf0ffac9155c4c24e45fe.gif

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    1. Lotta

      Lotta

      Grazie! Riolu saltellante di auguri =:chespin_love::chespin_love::chespin_love:

       

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  3. Ottimo lavoro, come sempre!
  4. I videogiochi possono essere considerati arte? Per rispondere a questa domanda bisogna innanzitutto chiarire cosa si intende per arte. Tuttavia, dare una definizione precisa di questo concetto è un compito arduo che è oggetto di dibattito anche tra esperti ben più qualificati di me ad esprimersi sull'argomento. Per me, l'arte è il risultato di una attività creativa da parte dell'uomo finalizzata a trasmettere messaggi e/o emozioni ed è essa stessa anche il linguaggio attraverso il quale tali sensazioni vengono comunicate. E il videogioco, a mio parere, rientra ampiamente all'interno di questa definizione. Esso è in grado di emozionare il giocatore in maniera non meno nobile di come faccia un libro con il lettore o un quadro con il suo osservatore. Dalle sue origini ai giorni nostri il videogioco si è notevolmente evoluto ed è innegabile ormai che sia diventato qualcosa di molto più elevato di un prodotto destinato unicamente all'intrattenimento. Come il cinema, il videogioco è il risultato della combinazione di diversi elementi artistici quali la musica, il teatro, la fotografia, il disegno e così via. L'amalgamazione di tutte queste componenti contribuisce alla bontà dell'opera finale e queste non possono prescindere l'una dall'altra. E il cinema, d'altronde, è ormai stato riconosciuto universalmente come la settima delle arti umane. Tuttavia proprio questa somiglianza con il cinema rappresenta una delle tesi a cui si appellano maggiormente i detrattori del videogioco inteso come arte. In sostanza, i videogames tenderebbero a scimmiottare in maniera eccessiva il cinema e non avrebbero elementi esclusivi e propri in grado di differenziarlo dalle arti che lo compongono e di conferirgli una dignità di "genere" artistico a sé stante. Per cui è possibile dire che un gioco è bello o è un capolavoro perché esteticamente si presenta in maniera spettacolare o perché ha una colonna sonora pazzesca, ma sono elementi che potremmo tranquillamente valutare in un film di animazione in computer grafica e non rappresentano qualcosa di unico ed associabile soltanto ai giochi. Allora l'elemento che eleva il videogioco ad arte va ricercato in un'altra componente, che è quella che lo caratterizza maggiormente: l'interattività tra il giocatore e l'opera videoludica. Il giocatore, a differenza dello spettatore o dell'osservatore di un quadro, è parte integrante dell'opera a cui partecipa. L'opera esiste anche senza di lui, ma è solo con il contributo del giocatore che raggiunge il suo completamento. Esistono anche altre forme artistiche in cui opera e "fruitore" interagiscono, ma con il videogioco questa interazione si manifesta nella sua massima espressione. È il giocatore con le sue scelte a mandare avanti la storia che l'autore vuole raccontare e ad influenzarla direttamente, portando spesso a riflettere sulle conseguenze delle proprie azioni e su temi che vanno ben oltre la sola attività ludica. Il coinvolgimento emotivo che trasmette un videogioco al giocatore è per definizione molto più diretto rispetto ad altre forme d'arte. Una stessa storia o una stessa emozione, comunicata con un mezzo diverso potrebbe non arrivare con la stessa forza comunicativa a colui che ne fruisce. L'esempio che voglio portarvi per spiegare questo è il videogioco Undertale. Cercherò di non fare spoiler sul gioco perché sarebbe un delitto, ma i punti di forza di questo titolo sono la sua storia, i suoi personaggi e soprattutto il modo con cui questi si rapportano non con l'avatar impersonato dal giocatore, ma con la persona che sta dietro al controller della console o alla tastiera del pc. Il protagonista è costretto a fare fin da subito una scelta insolita nel mondo dei videogiochi e tutto ciò che accade da quel momento in poi nel gioco sarà la conseguenza di ciò che egli ha deciso. Il giocatore per tutta la durata del gameplay sarà in dubbio sulla bontà della propria decisione fino a raggiungere il culmine nelle fasi in cui, senza rivelare nulla, il confine tra il gioco e il mondo reale si riduce al minimo, provocando nel giocatore lo sgomento e la sensazione di aver causato dei danni irreparabili non solo all'interno del gioco, ma anche per se stesso. Chi ha giocato il titolo avrà sicuramente capito ciò a cui mi sto riferendo e per il modo in cui queste emozioni vengono instillate del giocatore difficilmente la storia di Undertale può avere la stessa potenza emotiva se raccontata tramite un film o un libro. Ci si potrà avvicinare, potrà essere altrettanto godibile, ma non sarà mai la stessa cosa. Questo perché il linguaggio attraverso cui è stata concepita e poi trasmessa quella sensazione è unico e questo linguaggio è quello caratteristico del videogioco. E di esempi di emozioni che possono essere veicolate con incredibile forza tramite il videogioco se ne possono fare tantissimi altri. Penso alla sensazione di piccolezza nei confronti della natura selvaggia che un gioco come The Legend of Zelda: Breath of the Wild comunica al giocatore, molto più forte rispetto a quella che può trasmettere un quadro della corrente del Romanticismo. Questo perché il giocatore si trova letteralmente immerso e catapultato all'interno di un enorme mondo selvaggio senza alcun ricordo di ciò che è accaduto in passato, non si limita solo ad osservarlo a distanza e in un certo senso non è protetto da esso. Ma il gioco va oltre, vuole aiutare il giocatore ad orientarsi con libertà in questo mondo sconfinato, fornendogli sin dall'inizio tutti gli strumenti per dominare la natura selvaggia. Sarà compito del giocatore capire come utilizzare al meglio questi strumenti e capire cosa è successo al mondo, superando lo sgomento iniziale di fronte al sublime panorama ed esplorando in lungo e in largo tutto il territorio. E gli sviluppatori, per aiutare i giocatori a seguire questo percorso mentale, hanno disseminato il mondo di gioco di segreti e ricompense per premiarli e assecondare la loro sete di scoperta. Hanno voluto dire al giocatore che se vuole, può fare tutto ciò che è in suo potere e ne trarrà beneficio. Non penso che un film, in cui lo spettatore è passivo, possa trasmettere le medesime sensazioni consentendo al fruitore solo di osservare il tutto, stesso dicasi per un quadro. E con lo sviluppo dei titoli in VR queste sensazioni non possono che diventare ancora più dirette. Potrei proseguire a lungo parlando di come i videogiochi possano essere anche strumento di denuncia sociale non diversamente da come fa la letteratura o di come possano esprimere la complessità della psiche umana... non basterebbe un libro per raccontare tutti gli esempi presenti sia tra i grandi titoli, ma soprattutto all'interno del mercato Indie. Il videogioco è dunque una forma d'arte, ma da molti esperti del settore non viene ancora considerata tale. Questo per due motivi secondo me. Il primo è che il videogioco nasce soprattutto come prodotto industriale e quindi finalizzato al profitto e in particolare nasce come destinato ai bambini. Ma questa è una cosa che lascia il tempo che trova, visto che non tutti i singoli prodotti associabili ad altre espressioni artistiche possono essere considerati arte. Non tutti i film sono opere artistiche, alcuni di essi vengono prodotti solo per essere venduti alle masse. Allo stesso modo non tutti i videogiochi vogliono trasmettere qualcosa agli utenti. Ma non è per questo motivo che si deve declassare l'intera categoria videoludica. E inoltre il concetto che i videogiochi siano solo per bambini è ormai stato ampiamente superato. Il secondo motivo è che molti artisti e correnti artistiche vengono spesso poco compresi nel periodo in cui si sviluppano, a causa dell'atavica paura dell'essere umano verso tutto ciò che è nuovo. Infatti, nella storia dell'arte, tantissimi artisti sono stati apprezzati solamente dopo la loro morte e il cinema stesso all'inizio non veniva considerato arte. Cosa si può fare per superare questi pregiudizi? Purtroppo l'arte è qualcosa che rientra molto nel campo del pensiero soggettivo e soltanto nel momento in cui qualcosa viene considerato dalla collettività del genere umano degno di essere denominato arte, allora esso diventa ufficialmente arte. Il videogioco è solo agli albori della sua esistenza e ancora oggi ci sono alcune fasce di età più anziane che non hanno mai avuto contatti con questo mezzo. Ma sono convinto che è solo questione di tempo e che tra non molti anni, quando il concetto di videogioco sarà ampiamente diffuso tra futuri giovani e futuri anziani, recuperare un vecchio titolo videoludico sarà considerata un'attività culturale di pari valore e dignità rispetto a leggere un grande classico della letteratura o guardare un film cult della storia del cinema.
  5. La diffusione dei giochi Indie ha avuto e sta avendo sicuramente un impatto tangibile all'interno del mercato videoludico, sempre più caratterizzato da una certa uniformazione dei giochi tripla A al genere a cui appartengono. Questo perché gli sviluppatori dei giochi più importanti, essendo legati ad aziende che devono obbedire agli andamenti del mercato e alle logiche industriali, sono spesso costretti ad andare sul sicuro, sfruttando meccaniche e strutture di gioco ormai consolidate, lasciando poco spazio a novità di gameplay davvero eclatanti al fine di proporre al pubblico un videogioco che possa essere subito compreso. Ovviamente ci sono le dovute eccezioni anche tra le grandi aziende, ma è un dato di fatto che moltissimi titoli appartenenti allo stesso genere si assomigliano sempre di più. E in questo contesto spiccano i giochi prodotti da sviluppatori indipendenti, i quali possono muoversi con più libertà all'interno del panorama videoludico, non dovendo sottostare alle necessità di nessun grande nome. Gli sviluppatori indie per questi motivi riescono a proporre giochi con scelte di gameplay e di narrativa davvero innovative, con un proprio stile facilmente riconoscibile e in molti casi iconico. Ma soprattutto, grazie anche alla diffusione del digitale, non devono preoccuparsi di tutti gli aspetti legati alla distribuzione del gioco, il che comporta un notevole risparmio di risorse economiche che si riflette soprattutto sul prezzo di queste produzioni, decisamente molto più accessibili rispetto a titoli più importanti, ma non per questo necessariamente meno longevi o meno divertenti. Ed è proprio questo il modo in cui gli Indie si impongono sul mercato, portando idee innovative che riescono davvero a smuovere un ormai stagnato e saturo panorama videoludico, il tutto ad un costo economico per il giocatore. Tuttavia costituiscono una fetta di mercato non dico di nicchia, ma comunque secondaria. Una fetta che viene esplorata maggiormente dagli amanti dei videogiochi a 360⁰ e un po' meno dai videogiocatori casual, soprattutto a causa di una pubblicità inferiore rispetto ai tripla A, per ovvie ragioni economiche. Ma un bel gioco riesce sempre a trovare la strada per emergere e non di rado ricevono pubblicità anche gratuita da parte dei content creator che hanno apprezzato il titolo e cercano di farlo conoscere alle proprie community. Ovviamente il mercato degli indie è molto più complesso di questo, io ho cercato di semplificare il discorso sulla base della mia scarsa conoscenza in materia. È ovvio che anche tra gli sviluppatori indipendenti proliferano giochi dal contenuto povero o poco originale e a volte scegliere di investire i propri soldi in un titolo indie è un rischio. Ma il rischio è una componente che caratterizza anche l'acquisto di giochi frutto di grosse produzioni, soprattutto se fanno parte di un genere al quale ci affacciamo per la prima volta e che potremmo non apprezzare appieno. E buttare dei soldi, tanti o pochi che siano, credo non faccia piacere a nessuno. Se solo ci fosse un sistema che permettesse a fronte di un abbonamento periodico, di poter giocare liberamente sia a titoli che sicuramente mi piacciono, ma anche di poter provare senza troppi rischi economici altri giochi dei quali non sono a priori altrettanto convinto... o esiste già? Con questa premessa mi collego dunque a quello che è il secondo tema da affrontare, un altro dei figli della diffusione del digitale all'interno dei videogiochi, ma con ambizioni decisamente superiori. Il Cloud Gaming, se contestualizzato all'interno di quello che è diventato il mercato dell'intrattenimento multimediale negli ultimi anni, rappresenta probabilmente la naturale evoluzione del mondo dei videogiochi. Il concetto di Cloud Gaming è indubbiamente interessante e propone all'utente di "liberarsi" della necessità di possedere una console permettendogli di giocare ai titoli che preferisce su qualsiasi dispositivo in grado di riprodurre contenuti in streaming. Il collo di bottiglia per l'utente non è rappresentato più dalla potenza della propria console o PC, ma è legato al possesso di una connessione internet potente. Servizi di questo tipo negli ultimi tempi si stanno diffondendo molto, anche a causa della crisi dei semiconduttori che ha fatto lievitare i costi di produzione delle console di ultima generazione e ne ha ridotto la disponibilità. Questi servizi offrono generalmente agli utenti la possibilità di giocare illimitatamente per la durata della sottoscrizione ad un catalogo di giochi (che può essere soggetto ad integrazioni e modifiche nel tempo) oltre alla possibilità di acquistare singolarmente questi titoli e altri non inclusi, anche quelli appena lanciati. Un ampio parco di titoli per chi vuole provare esperienze diverse senza rischiare troppo con il portafogli. È chiaro che la bontà di questi servizi da parte dei provider dipende da due fattori. Il primo è il catalogo di giochi messo a disposizione, così come la possibilità di poter giocare anche a titoli appena usciti. Il secondo è la qualità delle proprie strutture e dei propri server, che deve essere in grado di gestire le richieste di un grandissimo numero di giocatori in tempi brevissimi. Microsoft pare essere l'unica azienda al momento che ha saputo soddisfare entrambe le condizioni proponendo anche un servizio allettante. Mentre Google, nonostante un'infrastruttura invidiabile e diffusa capillarmente, non è riuscita fare altrettanto a causa di un offerta contenutistica che non ha saputo fare centro per diversi motivi. A mio parere, il Cloud Gaming rappresenta senza dubbio il futuro dei videogame. Ora siamo ancora in una fase embrionale dello sviluppo di questa modalità di intrattenimento e le offerte contenutistiche sicuramente varieranno e miglioreranno. Tuttavia ci sono alcune criticità legate al concetto stesso di gioco in streaming. Innanzitutto, la necessità di una connessione internet potente e stabile. Una connessione debole o non adatta non solo inficierebbe la qualità dello streaming, ma provocherebbe anche ritardi nella ricezione degli input altrettanto fastidio e che rovinano completamente l'esperienza di gioco. Purtroppo non ho provato di persona questi servizi e mi baso su ciò che mi è stato raccontato. Oggi è sicuramente più facile che in passato dotarsi sia a casa che fuori di un collegamento alla rete ultraveloce. Ma il digital divide è una piaga che caratterizza in particolare il nostro paese e allontanandosi dalle grandi città la qualità dei servizi di rete cala spesso in maniera piuttosto evidente. Questo è un aspetto su cui sia l'utente che il provider del servizio di Cloud Gaming possono fare ben poco e che necessita piuttosto di interventi statali. A causa di queste incertezze legate alla velocità di risposta, è chiaro che per i giocatori multiplayer incalliti il gioco in streaming rappresenterà difficilmente un'opzione valida. O almeno in questa fase iniziale in cui le cose devono ancora stabilizzarsi. Mentre per un giocatore casual che ama sperimentare, servizi di questo tipo saranno sicuramente più attraenti. In secondo luogo un'altra criticità è legata al possesso stesso di un titolo. Ma questo è un aspetto negativo più generico e legato al concetto stesso di gioco digitale. Le concessioni delle licenze dei diversi titoli all'interno dei cataloghi non sono eterne e i cataloghi stessi sono soggetti a modifiche nel tempo. Ciò può portare alla situazione in cui un utente paga per un servizio dal quale viene rimosso il suo titolo preferito, una situazione decisamente non piacevole. Inoltre in caso di chiusura del servizio all'utente finale non resterà più nulla. E questo non farà piacere sicuramente ai "romantici del videogioco", ossia coloro i quali sono legati al possesso fisico di console e titoli, a cui associano numerosi ricordi e sensazioni, cose che un prodotto digitale o un servizio non potranno mai replicare. La tecnologia fa passi da gigante e sono sicuro che i fornitori di servizi di giochi in cloud riusciranno nel tempo a risolvere molte delle problematiche che caratterizzano il modello attuale (come quelle relative al multiplayer) e che questa modalità di gioco si imporrà nel futuro tra le masse. Ma allo stesso tempo non credo rimpiazzerà completamente il mercato dei videogiochi fisici e delle console, che continueranno a riempire le collezioni dei più appassionati. Giochi Indie e Cloud Gaming sono due concetti molto diversi tra loro, ma che corrono entrambi nella stessa direzione: quella di far evolvere lo standard attuale del mercato e di esplorare nuove opportunità di vivere e concepire il videogame. Ma qualsiasi sia la modalità con cui si fruisce del videogioco o il tipo di videogioco, l'importante è che non venga mai snaturato quello che il vero fine dei videogame: divertire il giocatore.
  6. Nome utente: Alemat Donazione: 2.00
  7. Nome utente: Alemat Donazione: 2.00
  8. Buon compleanno! Riolu_Augurigif2c510f03a67cf0ffac9155c4c24e45fe.gif

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    1. AngeloConan

      AngeloConan

      Grazie!!!

  9. Memino per chi segue gli aggiornamenti di sintesi di @Kiryu89
  10. Buon compleanno! Riolu_Augurigif2c510f03a67cf0ffac9155c4c24e45fe.gif

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    1. Stills

      Stills

      Grazie!!:cuore:

  11. Avrei voluto provare anche io a farla, ma onestamente sono rimasto fisso a guardare il suo design... Perché mi ha spaventato per la difficoltà, ovvio u.u Hai fatto un ottimo lavoro, come tutti i tuoi overworld d'altronde
  12. Nome utente: Alemat Donazione: 2.00
  13. I remake dei giochi di Pokémon sono ormai una costante della serie, soprattutto per chi come me si è affacciato al mondo dei mostriciattoli tascabili soltanto a partire dall'era del GBA. Tuttavia, gli ultimi remake dei giochi di quarta generazione hanno fatto sorgere più di un dubbio a diversi fan relativamente alla necessità di proseguire sulla strada ormai battuta da anni da parte di GF. Se ci stiamo ponendo questa domanda ora, è sicuramente a causa delle numerose critiche che hanno coinvolto soprattutto questi giochi e in parte anche i titoli della serie Let's Go, sebbene tenderei a considerarli parte di una manovra commerciale differente e con altri obiettivi. Andrò allora ad esaminare quali aspetti secondo me dovrebbero caratterizzare un buon remake della serie Pokémon e nel contempo proverò a capire cos'è che non ha funzionato nelle ultime produzioni dei mostriciattoli tascabili. Partiamo allora dall'aspetto probabilmente più scontato, ossia la grafica. Un remake deve essere innanzitutto un rifacimento dal punto di vista grafico. Deve svecchiare l'impianto originale, rendendolo più in linea con quelli che sono i canoni della generazione videoludica o della console su cui viene rilasciato. Nella serie Pokémon, i remake sono sempre stati costruiti sul motore grafico del gioco della serie principale che li ha immediatamente preceduti. Questo non è accaduto con però con LGPE e BDSP per un semplice motivo: la serie a partire da SM ha iniziato ad acquisire uno stile grafico con proporzioni più realistiche e mappe non più in griglia. È chiaro che per mantenere quanto più possibile l'esperienza simile ai giochi originali, le mappe non potevano essere completamente ridisegnate secondo lo stile attuale. E la cosa avrebbe comunque richiesto un tempo di sviluppo decisamente superiore e non in linea con quelle che sono state probabilmente le esigenze di TPCI. Dal punto di vista tecnico non sono stati nemmeno giochi fatti male se confrontati con gli altri giochi Pokémon usciti per Switch (al netto di pasticci con le hitbox), ma le critiche principali sono state soprattutto relative allo stile grafico adottato. Io però sono del parere che gli sviluppatori abbiano avuto le mani abbastanza legate da questo punto di vista. Personalmente, per i remake futuri (sempre se ci sarà necessità e voglia di proseguire su questa strada) preferirei che abbandonassero lo stile chibi di BDSP per adottare uno stile più simile a quello di Let's Go che riesce ad fornire una soluzione di compromesso tra realismo e preservazione delle storiche mappe in griglia. Almeno finché non si arriverà a fare dei remake dei giochi di settima generazione, che hanno già proporzioni grafiche completamente diverse e più facilemente gestibili in futuro. Mi piacerebbe ovviamente che le mappe venissero completamente rifatte e sarebbe l'ideale per presentarsi come un prodotto davvero nuovo al pubblico, ma non mi illudo perché le motivazioni che ci sono dietro a queste scelte di design sono molto note. Il secondo aspetto importante, secondo me, è il fatto che un remake deve essere un gioco che, per quanto rispettoso del materiale originale (aspetto che devo necessariamente dare per scontato, altrimenti non avrebbe proprio senso parlare di remake), deve anche distaccarsi dall'originale e guadagnarsi una dignità di un gioco a sé stante. All'annuncio di BDSP, la domanda che si sono fatti tutti i fan che avevano già giocato i titoli originali è stata: "Perché dovrei comprare questo gioco? Che esperienza aggiuntiva mi dà rispetto ai giochi originali?" Da questo punto di vista, devo dire che BDSP sono stati abbastanza deludenti per me. Attenzione, non mi riferisco al fatto che la trama sia la copia carbone di quella dei titoli originali, ma che non siano presenti extra o attività secondarie nuove rispetto ai titoli del 2006. Faccio degli esempi prendendo in considerazione i precedenti remake. Rossofuoco e Verdefoglia hanno praticamente la stessa trama di Rosso e Verde, ma hanno visto l'inserimento di un'intera miniregione nuova da esplorare nel postgame, ossia il Settipelago, con diverse sottotrame e minigiochi. Anche HGSS hanno una storia identica agli originali, ma si è saputo integrare al loro interno elementi sia inediti, sia presenti in altri giochi della serie. Mi riferisco al Parco Lotta, alla meccanica dei Pokémon che ti seguono e soprattutto il Pokéathlon, un'attività secondaria che è stata il vero punto di forza del remake e che mi fa affermare con forza che rigiocando i giochi originali non potrei mai provare la stessa esperienza. In ORAS invece si è puntato a mantenere tutte le features secondarie degli originali (in particolare Gare e Basi segrete) tuttavia ignorando le aggiunte di Smeraldo. Ma a fare da contraltare a questa mancanza è stato inserito un intero arco narrativo inedito nel postgame che vale da solo il prezzo del gioco. Per BDSP non posso affermare le stesse cose. Le attività secondarie dei giochi originali ci sono, ma sono state decisamente alterate. Le gare Pokémon ad esempio sono completamente diverse dagli originali e sono state ridotte ad una singola prova rispetto alle 3 prove di DP. Il minigioco dei sotterranei invece resta divertente solo perché era molto divertente già in origine, ma ha subito dei tagli che in un gioco che dichiara la sua estrema fedeltà agli originali fatico a comprendere. Mi riferisco all'assenza del gioco del rubabandiera e di tutto il sistema di trappole ad esso associato e all'arredamento delle basi segrete (ridotte ora ad un deposito di statue). Non solo non c'è stata un'integrazione di nuove attività extra, ma si è avuto quindi addirittura un taglio di quelle già presenti e non si è fatto tesoro delle aggiunte di Platino che avrebbero indubbiamente impreziosito il gameplay. Per cui è auspicabile che in un buon remake siano presenti numerose aggiunte che arricchiscano l'esperienza di gioco originale, rendendola unica. Passiamo oltre parlando di trama e personaggi. Come ho già espresso poc'anzi la trama non necessita di essere stravolta per rendere un remake bello. Però alcuni personaggi potrebbero essere esplorati meglio o magari anche subire un redesign completo, visto che molti dei pg dei primi giochi Pokémon avevano un aspetto piuttosto anonimo. Si possono inserire sottotrame che mettono in relazione personaggi che nei giochi originali non si erano incontrati (come Argento e Giovanni in HGSS) o introdurre addirittura personaggi nuovi che espandano la lore dell'universo Pokémon (come Lyris in ORAS). O magari possono essere realizzate delle cutscenes che contribuiscono a dare importanza ad un determinato evento di gioco, cosa non molto presente prima dell'era 3D per ragioni tecniche (ma comunque presente, penso all'evocazione di Lugia e Ho-Oh, all'evento di Arceus e al viaggio nel tempo) ma che costituisce uno dei punti caratteristici di ORAS e che ho apprezzato molto anche in LGPE in alcune scene. In BDSP le poche scene mostrate non costituiscono un contenuto aggiuntivo, essendo praticamente identiche a quelle originali, ma mettono solo in luce i difetti dello stile artistico scelto per i titoli. Ultimo, ma non ultimo, i remake non devono costituire un passo indietro per la serie e devono integrare al loro interno le novità di gameplay e i miglioramenti della quality of life che sono stati conquistati durante tutti gli anni di sviluppo della serie e che renderebbero difficile se non traumatico passare da un'esperienza moderna ad una eccessivamente figlia di altri tempi. In questo bisogna ammettere che BDSP si adegua ai tempi senza però introdurre novità degne di nota, sebbene non siano state loro richieste. A valle di tutto questo qualcuno potrebbe obiettare che BDSP probabilmente non necessitava di tutti quegli accorgimenti che hanno ricevuto gli altri remake poiché possedeva una base decisamente più forte e probabilmente ancora giocabile oggi così com'era in passato. Insomma, che il gioco è invecchiato bene nonostante tutto. Allora io mi chiedo: era necessario fare questo remake e soprattutto venderlo a prezzo pieno? Sarebbe stato più opportuno fare un semplice porting o una remaster? Sono domande che bisogna necessariamente porsi, dato che i prossimi remake saranno ispirati ai titoli che hanno rappresentato il punto più alto della saga finora e potrebbero scatenare una rottura con la fanbase storica ancora più forte. Alla fine qual è la vera utilità di un remake Pokémon per il giocatore? Vivere un esperienza che ha mancato in passato o riviverla con uno sguardo più maturo? Collezionare Pokémon che non sono presenti nei giochi delle nuove generazioni? A mio parere, sono fattori che possono essere tranquillamente soddisfatti tramite un porting compatibile con Pokémon Home, al netto della perdita di buona parte della quality of life di cui parlavo sopra. Un remake deve ergersi al di sopra della sua versione passata e sostituirla. Un remake che non riesce a fare questo e contribuisce a rievocare con nostalgia quello che è stato e non potrà più essere, non è un buon remake. Ciò quindi che GF o qualsiasi altro sviluppatore dovrà fare se e quando svilupperà un futuro remake Pokémon è quello di non pensare solo a chi i giochi originali non li ha giocati, ma di chiedersi cosa fare per far apprezzare il gioco anche a chi conosce già tutto. Tagliare contenuto per quanto possa essere difficile da riadattare non è comunque gradito, ma se controbilanciato con novità degne di nota, con elementi che facciano dire al giocatore "questo remake non è come gli originali, è meglio!" allora l'intera operazione recupererà il senso che l'ha portata ad avere successo in passato e contribuirà a fornire un'ulteriore tangibile fonte di guadagno per TPCI, meritata stavolta.
  14. Nome utente: Alemat Donazione: 2.00
  15. Grazieee! :Stelline:

    Come mai questo pensiero? :)

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    1. Macca

      Macca

      Ah bo, si vede che mi andava così.

  16. Non mi considero un esperto di cinema e di serie TV e non ho nemmeno visionato un buon numero di prodotti ispirati ai videogiochi. Ma proverò comunque a discutere dell'argomento sulla base della mia scarsa esperienza. È chiaro che i videogiochi rappresentino un enorme pozzo di idee da cui attingere per il mondo del cinema. Soprattutto nelle ultime generazioni videoludiche in cui si cerca di dare sempre più un taglio cinematografico alle cutscenes e ai dialoghi di gioco, mentre agli albori della storia dei videogiochi questi erano prevalentemente puro gameplay con poca componente narrativa. Altro aspetto che ritengo possa aver favorito questa "fusione" tra i due media nell'ultimo periodo rispetto a tanti anni fa, è il fatto che la fascia di pubblico interessata ai videogiochi si è indubbiamente allargata. Un tempo i videogiochi venivano utilizzati da un pubblico solitamente giovane o molto giovane. Oggi la fascia di età è più eterogenea, visto che ai giovani di una volta, ormai diventati adulti, si sono unite le nuove generazioni. Un prodotto cinematografico ispirato ai videogiochi allora può avere un riscontro decisamente migliore oggi rispetto agli anni novanta. Ed è questo il motivo secondo me che ha portato allo sviluppo di questa tendenza negli ultimi periodi. Tuttavia, il videogame è un medium che coinvolge in maniera attiva e completa il proprio fruitore. Vivendo in prima persona le vicende narrate nel gioco, il videogiocatore diventa molto esigente e vorrebbe rivivere la stessa identica esperienza una volta relegato al ruolo di spettatore. Ma è chiaro che tutto questo non è sempre possibile, anche perché spesso le saghe videoludiche vengono sviluppate nel corso di decenni da autori diversi ed è difficile che sia stata mantenuta coerenza narrativa tra le opere (cosa che a volte viene sacrificata in favore di un gameplay divertente) e che il prodotto trasposto così com'è funzioni su un mezzo differente. In realtà l'obiettivo principale delle produzioni ispirate ai videogiochi non è tanto quello di spingere la fanbase già assestata a presentarsi in sala. Ciò a cui si punta maggiormente è l'allargamento del proprio pubblico, raggiungendo tramite il cinema o servizi di streaming di serie TV una fascia di persone diverse che possono apprezzare il prodotto e magari interessarsi al videogioco originale. Questo è ciò che è accaduto grazie alla serie ispirata al videogioco "Cyberpunk 2077" e il numero di nuovi giocatori che si sono uniti all'avventura risulta molto sorprendente considerando il lancio travagliato del titolo. Tuttavia, non è nemmeno possibile ignorare completamente i fan appassionati con la classica giustificazione del "tanto verranno comunque al cinema", perché nell'era dei social determinate cose vengono difficilmente perdonate e dimenticate. Il riferimento al primo design di Sonic nella sua trasposizione sul grande schermo non è casuale, ma paradossalmente è stato proprio quello uno dei motori che ha catalizzato l'interesse verso il film. Una grande pubblicità non voluta, o forse, ragionando con un po' di malizia, premeditata... ma non è questa la sede in cui discutere di questo argomento. Allora, quali caratteristiche dovrebbe avere secondo me un buon prodotto ispirato ai videogiochi? Innanzitutto il film deve rievocare nello spettatore/giocatore sensazioni molto vicine a quelle provate nei videogiochi. In questo modo il giocatore si sentirà meno spaesato dal suo cambio di ruolo nella vicenda e allo stesso tempo lo spettatore che non è affine al mondo del videogioco potrà apprezzare più facilmente l'opera originale qualora volesse interessarsi. È importante però anche far capire allo spettatore/giocatore che nonostante i cambiamenti (a volte anche notevoli) rispetto all'opera originale, i produttori del film non hanno ignorato affatto il materiale di partenza. Inserire quindi easter egg e riferimenti comprensibili solo ai fan navigati è la maniera migliore, a mio parere, di fare una coccola agli appassionati che hanno deciso di dare fiducia al nuovo prodotto (così come il non stravolgimento dei design originali dei personaggi). Queste sono state nello specifico le sensazioni che ho provato quando ho visto al cinema il film "Uncharted", saga di cui sono fan storico. Sebbene le scelte di trama e di sviluppo di alcuni personaggi fossero in realtà lontani da quello che hanno raccontato i creatori della Naughty Dog, il film ha saputo comunicarmi la stessa atmosfera di avventura e mistero dei videogiochi, così come le scene stealth e di combattimento avevano inquadrature che richiamavano alcuni momenti di gameplay. Per non parlare della colonna sonora, quasi scoppiavo in lacrime quando è partito il "Nate's theme". Da fan della serie, mi sono sentito molto a mio agio al cinema, ma tutti questi riferimenti erano stati inseriti in maniera tale da non rovinare l'esperienza a chi del brand non sapeva nulla. Mantenere la stessa atmosfera dei giochi è soprattutto la chiave per la trasposizione di quelle produzioni videoludiche che non nascono per raccontare una storia. Penso al recente trailer del tanto atteso film animato su Super Mario nel quale credo un po' tutti siamo rimasti straniti nel vedere i personaggi esprimersi in maniera così umana in contrasto con i videogiochi. Ma forse è una cosa a cui bisogna fare solo l'abitudine e che costituisce un'ulteriore prova a sostegno del fatto che un gioco non può essere trasposto sempre così com'è, dato che i personaggi così come ci sono stati mostrati per anni da Nintendo sarebbero stati poco adatti per un film. Ciò però passa quasi in secondo piano di fronte a ciò che è stato mostrato, perché anche in soli due minuti di trailer è possibile ammirare un'ambientazione incantevole e un profondo rispetto del materiale originale, per quanto probabilmente la storia che si vuole raccontare sarà inedita. Cosa che invece non è accaduta nel primo film live action di Super Mario uscito nel '93 e che ne ha decretato l'insuccesso. Inoltre un film, avendo tra i suoi fini principali quello di allargare il proprio pubblico, deve essere potenzialmente apprezzabile da una platea molto grande e chi non conosce la serie di base non deve sentirsi spaesato di fronte ad un universo a lui ignoto. Questa è stata a mio parere la chiave del successo di "Detective Pikachu", un film ambientato in una città dove gli aspetti preponderanti dei giochi Pokémon (ossia collezionismo e lotte) sono vietati e non ci si perde in troppi tecnicismi di sorta, risultando così comprensibile a tutti. Inoltre la qualità visiva delle creature, che era l'aspetto che più preoccupava i fan, è stato uno dei punti di forza del film. Da ciò si deduce, quindi, che l'ultimo aspetto che non deve mancare in una pellicola ispirata ai videogiochi è ovviamente la qualità del prodotto. Un film brutto resta pur sempre un film brutto, anche se il cast è eccellente e se l'ispirazione di base è un prodotto nobile. In conclusione, questo sarà un fenomeno duraturo secondo me? La strada da percorrere è sicuramente difficile e più complessa di quanto fatto ad esempio dai Marvel Studios per la realizzazione dell'MCU, in cui si passava dai fumetti ai film che sono due media in cui il fruitore è in entrambi spettatore. Ma gli esempi di qualità finora ci sono stati, ciò vuol dire che la cosa si può fare e che, data l'enorme quantità di materiale a cui ispirirarsi presente in tutti i cataloghi di videogiochi, questo trend continuerà ancora a lungo. E da videogiocatore mi auguro proprio che sarà così.
  17. Yuki volevo prendere altri 10 pokemon Ecco la lista 1 Abra 1 Eevee 1 Porygon 1 Gible 2 Tepig 2 Deino 1 Fletchling 1 Stufful
  18. Ha la mascherina tipo procione in faccia, la adoro Chiamalo Coctotot per fare un nome terribilmente cacofonico in contrasto con il suo dolce fischio Scherzo, non riesco nemmeno a leggerlo Coctotot
  19. Bellissime, adoro in particolare quella di Espurr sebbene il pokemon in sè mi inquieta
  20. Per le ragioni che ormai sono chiare a tutti, ossia che TPCI spinge per avere un nuovo videogioco della serie principale ogni anno, la campagna marketing per un nuovo gioco non supera mai questo orizzonte temporale. Motivo per cui, gli enormi momenti di silenzio che i fan hanno denunciato li ritengo abbastanza esagerati, visto che altre case di produzione lasciano passare anche molti anni dall'annuncio dello sviluppo di un titolo a quello del primo trailer vero e proprio, con numerosi rinvii. Questo accade anche in ambito Nintendo, dove mi vengono subito in mente i casi di Bayonetta 3 e Metroid Prime 4. E non di rado alcuni progetti sono stati poi cancellati o trasformati in altro. In un orizzonte temporale così "ridotto" bisogna gestire attentamente le tempistiche ed è facile passare da scarsità a sovrabbondanza di informazioni. Ma soprattutto, alla prima si può porre rimedio fino a poco prima dell'uscita del gioco. La motivazione che la gente non sa se preordinare o meno un titolo non regge tanto, visto che nel 2022 è un'operazione che si può fare comodamente da casa in qualsiasi momento, anche pochi giorni prima del suo rilascio ufficiale. Al contrario una campagna troppo ricca di informazioni, come è stata quella per i giochi di settima generazione, può rovinare interamente l'esperienza al futuro acquirente. Ed è esattamente ciò che ho provato io giocando a Pokémon Luna prima e ad UltraLuna poi. Ho avuto la sensazione di giocare ad un titolo del quale già conoscevo tutto, di cui mi sarei aspettato di conoscere cose in più durante il gameplay restandone poi deluso. O magari ritrovando nei giochi qualcosa in meno rispetto a quanto suggerito dai trailer (vero Ultramegalopoli?). Per cui ben venga una diffusione minore delle informazioni. Io sono uno a cui le cose piace scoprirle giocando o parlando con altri giocatori dopo l'uscita del gioco. L'importante è che mi venga mostrato precisamente quali sono le caratteristiche del gameplay o, nel caso di Pokémon, cosa lo differenzia dai giochi precedenti, lasciando scoprire le informazioni relative a trama, personaggi e nuove creature al giocatore. Certo è innegabile che ci sia stata una pausa un po' lunga dopo il primo annuncio, ma sicuramente la campagna marketing è stata condizionata dall'eccessiva fuga di informazioni e di leaks che poi si sono rivelati veritieri. Probabilmente gran parte del malcontento viene da coloro i quali hanno seguito i leaks e hanno atteso con ansia che una determinata informazione venisse annunciata anche ufficialmente. Non conoscendo però il contenuto di queste info trapelate e quali siano state confermate o meno, dato che me ne sono tenuto alla larga per tutto questo tempo, non posso provare in alcun modo questa mia affermazione, che resta pertanto solo una forte sensazione strettamente personale. Per cui ribadisco la mia soddisfazione per le tempistiche che hanno caratterizzato la fase di promozione di Pokémon Scarlatto e Violetto, al netto dei dubbi relativi al gameplay che però non sono il fulcro del tema proposto. Quindi per me è tutto bello? Non esattamente... Annunciare un titolo con un breve filmato che mostra un po' quello che sarà il mondo di gioco e poi prendere una pausa di qualche mese è anche un modo per prendersi del tempo per lavorare sul versante tecnico del gioco. Ricordo il primo trailer di presentazione per LPA mostrava delle prestazioni grafiche a dir poco imbarazzanti, soprattutto dal punto di vista della fluidità, ma nei successivi trailer, nonché nel gioco completo, sono stati fatti delle migliorie in tal senso, nonostante il gioco mantenga un comparto grafico decisamente sotto tono, per non essere troppo critici. Purtroppo, per Scarlatto e Violetto, questa cosa pare non essere accaduta. Anzi, gli ultimi trailer hanno soltanto messo in ulteriore evidenza i limiti tecnici non solo del gioco in sé, ma dell'intera macchina comunicativa di TPCI. Sinceramente è difficile capire come è stato possibile pubblicare un trailer dove vengono narrate cose che a schermo non si vedono (e aggiungo: non si vedranno mai nemmeno nei titoli completi) oppure trailer con editing pessimi come le versioni occidentali dei video pubblicati la settimana scorsa. Spesso abbiamo accusato Game Freak di essere pigra su molti aspetti del gioco, ma la verità è che su molte cose ha le mani legate proprio da TPCI, che dimostra ancora una volta di puntare unicamente al profitto (cosa che da un punto di vista aziendale è sacrosanta, ma ogni tanto dei miglioramenti qualitativi tangibili non guasterebbero) risparmiando sui costi in qualsiasi ambito non necessario. Sono sicuramente consapevoli del fatto che almeno 12 milioni di giocatori acquisteranno i giochi, ma probabilmente sono anche consci che difficilmente i loro trailer promozionali riusciranno ad attirare un pubblico che non è affezionato al brand. Mentre per i giocatori "adulti" scontenti che decidono di allontanarsi non si farebbero troppi problemi, dato che possono essere facilmente rimpiazzati con un pubblico di bambini meno interessati agli aspetti comunicativi e più attirati dal design di una nuova creatura e dalla possibilità di coccolare il proprio Pikachu o di fargli il bagnetto. In azienda la ragione ce l'ha sempre ciò che porta profitto. E il profitto è sicuramente ciò che non manca a TPCI. Ciò che manca è la capacità di ammettere a sé stessi di avere scarse capacità in diversi ambiti e nell'interfacciarsi con il proprio pubblico di persone, per fortuna, intelligenti che probabilmente non è quello con cui l'azienda crede di avere a che fare. Gli errori che sono stati fatti dal punto di vista della comunicazione nell'ultimo periodo sono evidenti e difficili da ignorare, quindi la speranza è che TPCI sappia fare tesoro di questi avvenimenti e recuperare la fiducia e la credibilità nei confronti degli utenti più affezionati.
  21. Buon anniversario di gallery 🥳 Ovvio che continuerà a piacermi quello che fai u.u, hai dei bambini bellissimi XD Mi dispiace solo di averti conosciuto in una fase molto avanzata del tuo percorso e di aver quindi perso tutta la crescita in tempo reale
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