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Nessuno conosce la leggenda del cane sul sedile posteriore.
Nessuno.
Per forza: l'ho creata io, dal niente.Inizia tutto per caso, in una fredda serata invernale di alcuni anni fa, in un mercatino dell'usato nel quale cercavo... Non lo so cosa cercavo. Un'occasione. Uno spunto. Redenzione. Oggetti di valore. Exogini. Cose così.
Mi imbatto in questo grosso cane di peluche assolutamente realistico, peloso, nero e fulvo, messo sdraiato che sembra veramente un cagnolone steso ad aspettare.
Costa due soldi, è bellino.
Lo prendo.
Non voglio metterlo a prender polvere, così la sua sistemazione più logica appare il sedile posteriore della macchina. D'altra parte avevo in quel periodo una Volvo coupé e sui sedili dietro non ci saliva MAI nessuno. Mai. Peccato perché erano due poltrone comodissime.
Così quei sedili divennero la nuova casa del cagnolone, Freccia. Non c'è un motivo per il nome, anzi sì, così mi ricordo di mettere la freccia quando svolto.
Freccia è il compagno di viaggio che tutti vorrebbero: non rompe le palle, non chiede ogni cento metri quando arriviamo, non mangia, non beve, non deve fare pipì e pupù, lo puoi usare come cuscino, gli puoi parlare di qualsiasi cosa tanto non si scandalizza.
Poi, Freccia fa impazzire le donne. In tutti i sensi.
La prima volta che Francesca l'ha visto, la scena è stata grossomodo questa.
Apre la portiera, saluta, toglie la borsetta, fa per entrare, lo sguardo le cade sui sedili dietro. Caccia un urlo.
Scappa via.
"Che è?!" Mi agito pensando a un attacco di cimici o serpenti, o una specie ibrida tra le due.
"Ho paura dei caniiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii.....!" strilla allontanandosi nella notte che neanche Usain Bolt.
"Ma io non ho un cane." Poi realizzo. "Ah, già."
Giulia invece lo adorava. La prima volta che sono passato a prenderla la scena è stata grossomodo come segue.
Apre la portiera, saluta, toglie la borsetta, fa per entrare, lo sguardo le cade sui sedili dietro.
"Ma bellissimo!"
"Eh, modestamente," liscio il capello sfumato di fresco.
"Non tu: il cane."
Mi sento Lionel Messi contro la Juve.
"Ma io mica ho un cane." Poi realizzo. "Ah, già."
Lo adorava. Talmente tanto che ogni volta che la passavo a prendere doveva per forza salutare Freccia prima di me e comunque non ne ricordava mai il nome. Mai.
"E' come un componente della macchina."
"Ehm... Ruota?"
"Che nome è Ruota per un cane, cribbio?!"
"Io lo chiamerei un cane Ruota."
"Ma che cazz... Dai, è facile, si chiama - - - - - - - così mi ricordo di mettere la..."
"Cintura?"
"Ma quale fottuto essere umano chiamerebbe Cintura un cane, cribbio d'un cribbio??"
"Boh, a me non dispiace come nome."
Non tutti amavano Freccia, comunque. Leo, il mio collega un po' in là con gli anni, non lo poteva vedere. E non lo vedeva mai, letteralmente.
La scena tipo era questa.
"Ah, se vai al negozio," mi apostrofa, "Puoi portare questa roba che ne hanno bisogno?"
"Come no."
"Te la carico in macchina, allora."
"Yes, grazie, te la apro."
Mi distraggo mentre lui apre il bagagliaio, traffica, poi sento un tramestio e un porcone a centottanta decibel.
"Che è?" chiedo allarmato.
Lui si gira con gli occhi di fuori che neanche Noctowl, una mano sul cuore e la faccia verde. "Il tuo cane... il tuo fottuto cane..."
"Ma io mica ho un cane." Poi realizzo. "Ah, già."
"Nell'ombra... scuro... non si vede... il cuore, il cuore..."
Tutte le volte la stessa scena.
Ma Freccia ha anche fatto cose buone, in vita sua. Mi ha fatto conoscere Niky.
Niky lavora all'autolavaggio, lava le macchine, gli interni. E' una di quelle che ti restano in testa, ti ammaliano, tra occhi di ghiaccio, sorriso omicida e fisico perfetto.
Non ero mai riuscito a parlarci, ma Freccia fece il miracolo.
Era un giorno d'estate e avevo portato il Volvone a lavare, svuotato gli interni di tutti gli orpelli, solo che m'ero scordato il più grosso: Freccia sul sedile posteriore.
Fumo tranquillo, sbirciando di tanto in tanto Niky che mi rimette a nuovo gli interni della macchina, un'occhiatina al culo, cose del genere.
Di colpo esce dall'abitacolo con due occhi assassini che neanche Orochimaru. Mi sento trafiggere da mille aghi avvelenati e mi guardo intorno cercando di capire chi o cosa stia guardando con tale purissimo odio.
"Tuo cane," sibila con la sua vocetta stridula, "Io spaventata a morte!"
(Niky non è palesemente italiana, nda)
La mano mi si muove nel consueto gesto messianico.
"Ma io mica ho un... Ah, già."
Cerco freneticamente la cosa più stupida e illogica da dire ma Niky sorride di colpo e agita l'indice con fare consapevole. "Ah, tu molto birichino, tu fa scherzi a me, eh?"
"No, che scherzi, va lavato pure lui. Era bianco fino alla settimana scorsa."
Niky ride.
Risata fantastica.
Ci guardiamo con occhi cristallini.
Sento tintinnare i ninnoli dell'amore, anche se in realtà sono le mie chiavi che lei mi agita davanti al naso. "E ora fuori da piedi tu e tuo cane."
"Ma io mica... Sì, sì, ho capito."
Da allora è iniziata la nostra storia d'amore e oggi io e Niky siamo... niente, siamo sempre addetta dell'autolavaggio e cliente e lei non mi caca manco di striscio, ma questa storia era carina e ho voluto raccontarvela comunque.
Se non vi è piaciuta amen, a me e Freccia non ci fa un baffo.
Aloha!
+++
Per la cronaca, oggi Freccia non è più il mio compagno di viaggio. Ha patito la vendita della Volvo e con la nuova macchina non ci si trova, anche perché è una 5 porte e lui era abituato che i sedili dietro erano solo suoi.
Così ora sta sulla mia scrivania e mi assiste nel cazzeggio da tavolo.
Di tanto in tanto la signora delle pulizie mi guarda storto farfugliando cose sul cane che l'ha fatta spaventare e io puntualmente sento la mano muoversi da sola nel gesto di Messi.
"Ma io mica..."
Tanto poi realizzo sempre.
'Notte.
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La partita con Niky non è ancora conclusa, parola mia.
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