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Contest Scrittura -Speciale Horror-


-PeterPan-

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Premetto che tutti gli errori del forum di oggi mi hanno fatto cancellare commenti e discussioni. u.u


Quindi scusate se creo la discussione solo ora...


 


Questa discussione è riservata a postare i propri elaborati del Contest di scrittura.


 


Le traccie e tutte le informazioni le trovate qui> http://www.pokemonmillennium.net/forum/topic/72485-halloween-che-la-festa-abbia-inizio-tante-attivit%C3%A0-per-farvi-divertire/


 


 


Dovrete rispettare questo modulo:


 



 *Traccia scelta*


*Titolo*


*Lavoro*


 


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E ci trovammo di fronte ad insolita e cupa casa apparentemente abbandonata...


La casa stregata


31 Ottobre 1960


-Essendo due bambini il giorno di Halloween, bussammo. Nessuna risposta, ma la porta si aprì con uno scricchiolio. Entrando dentro, abbiamo notato uno strano appendiabiti: era fatto di legno, ma in certi punti era circondato da pelliccia simile a foglie, e aveva solo due braccia. Sulla testa c'era un grosso occhio rosso e una bocca malevola. L'"appendiabiti" attaccò. Era un Pokémon: un Trevenant. Provammo a scappare, ma la porta era chiusa. Dietro di noi, Trevenant avanzava, con la bocca spalancata ruggiva forte. In preda al panico, gli lanciai delle caramelle in bocca. Il Pokémon le masticò e se ne andò via. Ma la casa senza Trevenant aveva ancora la porta sigillata e gli scricchiolii, i canti e gli urli pervadevano la casa. Salite le scale larghe ma quasi distrutte. C'era una grande porta. Entrammo, qualcuno rideva all'interno. Dei piccoli Noibat erano stati attaccati da un Banette e da un Gengar, che ridevano, puntando gli attcchi sui cuccioli. Gli lanciai delle caramelle, ma i Pokémon Spettro non le volevano. Tuttavia, arrivò Noivern.Un possente Pokémon pipistrello di Tipo Volante/Drago. Ruggendo, scacciò gli assalitori, e se ne andò con i suoi due piccoli sulla schiena. I Joltik erano dappertutto. C'era anche un Galvantula. Arrivammo ad un'altra stanza. Ci sono Banette e Gengar che stanno manegginado delle pietre, e Banette si era messo un Bracciale in testa e una pietra tra le mani. Curiosi di vedere cosa succedesse, non ci siamo accorti del Pokémon dietro di noi. Era un Froslass, di tipo Ghiaccio/Spettro. Non voleva le caramelle, così usammo i Pokémon che papà  ci aveva prestato: Misdreavus, Lampent e Rotom. La lotta cominciò, e non finì finché Froslass non andò KO, ma pure Misdreavus lo era. Intanto, Banette e Gengar avevano cambiato forma. Gengar era tutto bianco, con un cerchio giallo sulla testa, le zampe con un'aura viola, come la coda, sembravano attaccate al terreno. Banette aveve le zip sul bacino e sulle braccia, ma erano aperte ed esibivano il panno viola al suo interno. Che speranze avevamo? Sono troppo forti, ma non ci arrendiamo senza combattere. -Lampent, Marchatura!- dissi, e miasorella:-Rotom, Palla Ombra!- I Pokémon nemici furono a malapena graffiati dagli attacchi. Nulla di grave, avevano subito pochi danni. Avevamo perso le speranze quando... -Papà !- Gridammo senza fiato. Papà  era arrivato con i suoi Chandelure e Arcanine. Tutti i Pokémon insieme sconfissero i nemici, che tornarono normali.  


E questa è la storia del mio primo "Dolcetto o Scherzetto?". E ora siamo qui, in quella stessa casa sul Sentiero Romantopoli, mentre io ti racconto un avvenimento di 54 anni fa. Spero la storia ti sia piaciuta, nipotino!- finisce di raccontare il vecchio della Casa Stregata, come tutti lo chiamano. Ora ha finito di raccontare la vera storia della Casa Stregata, invece che la solita storiella finta degli uomini senza volto. Per quanto riguarda i Pokémon della casa, soltanto i Noibat e Noivern sono rimasti. Gli altri sono andati in un'antica dimora dispersa nei boschi a Sinnoh. Le pietre sono rimaste, l'anziano signore ha scoperto che sono Megapietre e che Gengar aveva quel colore perché era cromatico. Aveva fatto demolire gran parte della  casa, i Joltik e Galvantula si erano dispersi a Kalos. Sua sorella ora girava alla ricerca di un presunto Pokémon leggendario che sa manovrare Fuoco e Acqua, e lui non sa se lei prima o poi tornerà .


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*Traccia Scelta*


Quell'incubo (o quegli incubi) divenne(/ro) realtà 


 


*Titolo*


Il fantasma del rimorso.


 


*Lavoro*


Quella notte, una pesante pioggia cozzava contro gli spessi vetri della camera di Atsuko. Non si riusciva a sentire nessun’altro suono, nessuna voce.. soltanto il picchiettare insistente e il gorgogliare dei tuoni lontani parevano scandire il tempo che passava, in concomitanza al ritmico ticchettare dell’orologio appeso alla parete della camera. Accoccolata sotto le pesanti coperte che corredavano il letto, la giovane allenatrice aveva trovato la sua tranquillità  e il calore del cuscino sul viso la stava dolcemente trasportando fra le tenere braccia di Morfeo. Il piccolo era lì con lei, arrotolato nell’incurvatura delle sue gambe.


L'imprevedibile e quantomai sospetto rumore del chiavistello della porta d'ingresso fece destare il piccolo, che, già  spaventato dal clima spettrale che s'era creato in quell’uggiosa notte, rimase immobile con quei suoi piccoli occhietti gialli puntati verso la porta socchiusa della camera della sua Atsuko. Fece per drizzare le orecchie e cercò di ascoltare e comprendere cosa stesse succedendo, sempre più in preda al panico. Setiva chiaramente il sinistro cigolare della porta, così come il cadenzato rumore di passi felpati farsi largo nella sua fervida immaginazione. Quand'infine questa strana accozzaglia di suoni parve cessare, la porta della stanza sulla quale teneva fermo lo sguardo fu distrutta e un'ombra minacciosa s'allungo fino a raggiungerli. La giovane Atsuko parve svegliarsi di soprassalto, gridò spaventata e tutto intorno si tinse di rosso cremisi.


 


- Shinx, che cos'hai?!


 


Tremava violentemente, come colto da alcuni preoccupanti spasmi. Sapeva per certa che il suo piccolo stava dormendo e che, con molta probabilità , stava avendo un tremendo incubo, ma quegli improvvisi attacchi parevano essere sempre più frequenti e la cosa non poteva che preoccuparla. Dopotutto, come avrebbe potuto aiutarlo se la sua sofferenza era generata da un qualcosa che infestava la sua mente? Per questo aveva deciso di tenerlo con lei, fuori dalla sua pokéball. Shinx era un trovatello, e sicuramente aveva sofferto abbastanza prima d’essere trovato e accudito da Atsuko. Che fosse quello il motivo dei suoi ripetuti incubi? Preoccupata, continuò a smuoverlo senza però essere brusca e il piccolo Shinx aprì finalmente gli occhi. Emise un versetto frustrato, ma la padrona fece per accarezzarlo con dolcezza nell’attaccatura delle orecchie e sotto il mento.


 


- Tranquillo, è stato solo un brutto sogno.. non è successo nulla!


 


Cercò di rasserenarlo, e il piccolo parve effettivamente calmarsi e ricambiare l'affetto della sua allenatrice. A quel punto, le giornate avrebbero dovuto trascorrere nella serenità  della routine quotidiana.. soltanto che, come spesso accadeva dopo quegli episodi onirici, Shinx diventava sempre più esasperante nei confronti degli altri. Nessuno poteva oltrepassare la porta di casa che il suo corpo si riempiva di scintille minacciose e il suo ringhio ammoniva severamente i nuovi giunti. La dolce Atsuko cercava sempre di mediare e calmare le acque, e soltanto dopo un paio di tentativi ci riusciva. Quella situazione stava divendo esasperante, ma non poteva prendersela con il suo piccolo. Lo capiva.. era protettivo nei suoi confronti tanto quanto le era lei nei suoi, e sicuramente più irrequieto del solito ogni volta che soffriva di quegli incubi. Molte volte aveva desiderato che Shinx avesse il dono della parola per capire cosa l'affliggeva e aiutarlo in maniera più concreta ed efficace, ma quello che il suo piccolo incontrava nella mente ogni volta che chiudeva gli occhi sarebbe rimasto per sempre un mistero per lei.


 


Dopo l’ennesima giornata movimentata, passata a pulire la casa e a passeggiare per le bancarelle del mercatino locale, era finalmente giunta l'ora del riposo. Spensierata, Atsuko s'accoccolò sotto le coperte e Shinx s'arrotolò vicino a lei. Quella sera avrebbero dormito come due sassi, ma qualcosa si smosse a notte inoltrata svegliandoli entrambi. Il primo fu il piccolo Shinx, che tremante aveva spalancato gli occhi per guardare verso la porta oltre la quale aveva sentito il rumore dei passi che gli ricordavano tremendamente i suoni nei suoi incubi e, a seguire, Atsuko si alzò dal letto piano.


 


- Non è niente Shinx. Resta qui, torno subito..


 


Gli sussurrò, prendendo un oggetto contundente e muovendo cauta qualche passo verso la porta.. ma quando ne fu abbastanza vicina da poterne afferrare la maniglia l'ombra di un uomo s'allungò sino a coprire del tutto la visuale e l'urlo di Atsuko s'espanse per tutto il vicinato. Il piccolo Shinx emise un verso stridulo, spaventato. Prendendo coraggio saltò giù dal letto e  caricò lo sconosciuto, ma non ottenne altro che un colpo violento che lo sbalzò indietro e lo lasciò dolorante al suolo. L’uomo sfoderò un coltello dalla tasca posteriore e tutto nella stanza si tinse di rosso, prim’ancora che qualche vicino irrompesse in casa con la polizia locale, mettendo in fuga lo strano figuro. Era successo.. era successo proprio come aveva visto accadere centinaia di volte. Il piccolo Shinx guaì disperato, mentre la sua padrona veniva caricata su una barella e portata di gran carriera in ospedale.


 


Erano passati parecchi anni da quella faccenda, e il piccolo Shinx era divenuto un magnifico esemplare di Luxray. Fiero, combattivo, scattante. Aveva sempre la sua padrona al suo fianco, affettuosa e protettiva.. ma qualcosa era cambiato per sempre. Il suo nome non suonava più come prima, la sua immagine era diversa.. persino la sua voce non era la stessa. Durante la notte dormiva ancora fuori dalla sua pokéball, e tutte le notti, nel sonno, si lamentava tristemente. Tutte le notti la sua dolce Atsuko veniva a trovarlo nei suoi sogni, e gli diceva:


 


- Non piangere, piccolo Shinx.. io sarò sempre qui con te.


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E ci trovammo di fronte ad un' insolita e cupa casa apparentemente abbandonata. ..

titolo: Legno

Lavoro: .....e correvo ansimante, seguito dalle ombre.

Avevo perso il mio migliore amico, ma il terrore mi aveva bloccato la mente, e continuavo a camminare tra le mura della casa infinita.

Quanto fummo stupidi, Ale ed io, ad entrare in quella casa in mezzo alle rovine della vecchia città , così strana, illuminata da luci sinistre e vuote.

Fu la nostra prova di coraggio: Ale il primo, ed io con lui all'ingresso di legno marcio.

Perdemmo parte del nostro coraggio appena sentimmo urla disgraziate di gente disperata.

Ale disse che età  il vento, e noi, pieni di paura e coraggio, camminammo tra le stanze.

Le pareti sembravano trasudare sangue nero, e ci opprimevano con la loro oscurità . Tutto cambiò quando giungemmo ad una sala piena di specchi. Quando ci specchiavamo non vedevamo i nostri visi, ma quelli di gente mai vista, vecchi, bambini, uomini e donne.

Poi, un urlo, e di scatto mi girai per vedere Ale stretto tra centinaia di nere, adunche mani che lo spingevano verso la parete. La parete si allargò come una bocca famelica, e Ale, avvinghiato dalle mani, sparì dentro la casa. Un urlo agghiacciante, il suo, ed io rinvenni dal mio torpore per la paura. Cominciai a fuggire, sapendo di essere inseguito dalle ombre e dalle mani che uscivano da ogni parte, mura, terra, porte, finestre.... finalmente vidi l'ingresso per la salvezza, ma alla soglia, caddi.

mi sentivo spingere verso il pavimento, preso dalle mani sotto di me. Il terrore mi faceva urlare, ma la mia voce diventava sempre più fioca: mi irrigidivo, preso da un'immobilità  anormale. La pelle si induriva, percossa da mille rughe.

La mia guancia si fuse col pavimento, ed io, diventato ormai insensibile, divenni parte del pavimento, parte della casa. Il braccio destro sporgeva verso l'esterno, le dita come radico strette al terreno. Chi entrava nella casa era perduto: non appena calpestava il pavimento, l'urlo di Gian, il pavimento di carne e legno, era il più forte di tutti, avvertimento del destino.

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Traccia scelta: "Quell'incubo (o quegli incubi) divenne(/ro) realtà "

Titolo: "La nottata stregata"

Lavoro: 
La notte di Halloween e una casa abbandonata,

una serata divertente, ma arrivò una chiamata,
una voce tenebrosa cominciò a sussurrare:
“Scappate, prima che vi vengo a sotterrareâ€.
Ansia e agitazione si diffusero nella stanza,
tutti da essa cominciarono a prender distanza,
ma rimase lì l’impavido ragazzino,
non aveva paura del presunto assassino.
Rimase lì, e lo cominciò a cercare,
in lungo e in largo, senza mai tremare.
Girò senza risultati dal bagno alla cucina,
arrivato allo sgabuzzino un’ombra si avvicina;
vestita di nero con una grande falce sulle spalle
il ragazzino terrorizzato capì che non erano solo balle,
tento di fuggire con scarso risultato,
la morte lo seguiva, ormai era circondato,
il suo incubo peggiore, l’aveva già  sognato,
era una premonizione, incubo sottovalutato.
Si avvicina la morte che sta per colpire,
il ragazzino piange e lei comincia a capire…
Gli porge la mano e gli asciuga il viso,
“non si scherza con la morte, ti avrei uccisoâ€,
il ragazzino la guarda e mostra un sorriso,
“volevo solo giocare con te, nell’incubo l’ho decisoâ€.
Vagano per il paese la morte e il ragazzo,
terrorizzano la gente, da palazzo a palazzo,
una notte tenebrosa stava arrivando,
il coraggio vien premiato, e non stava sognando,
la notte tenebrosa era diventata festa,
la morte abbraccia il ragazzino e scompare nella tempesta,
una nuova amicizia era appena nata,
affronta le tue paure, questa notte va festeggiata.

 

 

 

-ZarRomanov
 

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Traccia scelta: E ci trovammo di fronte ad insolita e cupa casa apparentemente abbandonata
 
Titolo: La Casa degli Spettri
 
Lavoro
 
 


Era stata di Ezra l'idea della casa infestata. All'inizio non era sembrata una brutta idea, anzi. Ma come potevamo sapere ciò che ci avrebbe aspettato?
 
Le luci delle giostre sciabolavano nel cielo scuro, le stelle completamente eclissate dalla patina di elettricità  che circondava il Luna Park. 
L'odore dolciastro delle leccornie caramellate si mischiava a quello dell'unto dei panini mentre io ed Ezra ci facevamo strada tra la folla, lo zucchero filato in mano e il peluche di Espurr sotto braccio.
"Devo ammettere che non mi aspettavo avessi una così buona mira", sogghignai, strappando un pezzo di zucchero filato.
Ezra faceva finta di non sentirmi, apparentemente concentrato sulla giostra di Altaria su cui alcuni bambini strillavano eccitati, ma il Lampent che aleggiava sopra la sua spalla destra fece per togliermi il peluche da sotto il braccio.
Non riuscii a trattenere una risata, e anche Ezra alla fine sorrise.
"E va bene, e va bene, sei bravissimo!" , mi arresi.
"Sai che ho un debole per i pokémon spettro", disse, dando un morso alla sua banana caramellata.
"Ma gli psico non li posso proprio tollerare". 
Eravamo arrivati ai piedi della grande ruota panoramica, ricoperta di pokéball ammiccanti.
"Che ti avranno fatto mai i pokémon di tipo psico?", chiesi, sfoderando gli occhioni di espurr da sotto il mio braccio e mettendoglieli sotto il naso.
"Assolutamente nulla! Ma non mi piacciono. Ecco perché è tuo."
"Ma che gentile! Tra me ed Espurr è già  nato l'amore, sii invidioso" lo canzonai con una linguaccia.
"Oh sì, sono gelosissimo!" scherzò lui. "Vuoi fare un giro sulla ruota?"
"Naa , una noia mortale. Non che ci sia un granché da fare qui alla fin fine.", sospirai, gettando lo stecchetto dello zucchero filato nella pattumiera.
Anche Lampent diede il suo consenso, esprimendosi in un "laaampeeent" eloquente.
La folla attorno alla ruota panoramica aumentava, mentre ci guardavamo attorno annoiati.
Fino a quando Ezra parve illuminarsi e mi prese per mano: "seguimi, per di qua!"
Ezra mi trascinò per quella che mi parve un'eternità  tra la folla, i miei lunghi capelli che frustavano l'aria, calpestai vari piedi e chiesi scusa, mi presi un palloncino rosa in faccia, finché alla fine arrivammo in una zona stranamente deserta, tranne per due tipi vestiti da Seviper in un angolo.
Davanti a noi una costruzione in piedi per miracolo, su cui lampeggiava fiocamente la scritta "Casa degli Spettri" nella quasi totale oscurità .
"Sei serio?", domandai, e Lampent mi si avvicina piano piano, come per appoggiarmi, ma gli occhi di Ezra lampeggiarono. "Spettri?" cercai di nascondere il timore nella mia voce, e a quel punto Lampent si nascose completamente dietro di me.
Ezra si avvicinò alla voragine nera che costituiva l'ingresso.
"Che c'è, Nina? Non avrai mica paura dei fantasmi, vero?" , mi sfidò, con un ghigno beffardo.
A quel punto non potevo tirarmi indietro. E poi, cosa poteva aspettarci di male? Dopotutto, quella era un'attrazione del Luna Park.
Feci due passi avanti. "Lampent? Coraggio, andiamo."
E fu così che facemmo il primo passo nella bocca dell'inferno.
 
All'inizio non fu così male.
Cunicoli bui, luci psichedeliche, vapore e gas in quantità  tali da bastare per soffocarci, fantocci che saltavano fuori all'ultimo secondo per farci venire i capelli bianchi.
Ma quando finalmente imboccammo quella che pareva l'uscita, ci trovammo in tutt'altro scenario.
Nell'oscurità  assoluta campeggiava un'immensa villa diroccata. Potevamo scorgerne il profilo a malapena, ma ne avvertivamo la presenza.
"E questa cos'è?", chiese Ezra. 
Sorrisi, nel scoprire che anche nella sua voce finalmente c'era della paura. Ma durò solo per un attimo, perché ne conclusi che se era così allora forse dovevo iniziare veramente a preoccuparmi.
"Non lo so, Ezra, ma non mi sembra ci siano altre uscite. Temo che dovremo entrarci per forza.
In questo maledetto buio non si vede un accidenti, anche se ci fosse una via di uscita non riusciremo a trovarla".
Ezra mi si avvicinò e mi prese per mano. "Meglio avviarsi allora. Sarà  certamente un'altra attrazione del Luna Park, ma stiamo vicini."
Strinsi forte a me il peluche di Espurr e ancor di più la mano di Ezra, e imboccammo i gradini che ci avrebbero condotto al nostro peggior incubo.
 
"Umbreon, ci serve il tuo aiuto!", lasciai andare la mano di Ezra per far intervenire il mio amico. 
Improvvisamente, grazie ai cerchi sul manto di Umbreon, l'ambiente attorno a noi si rischiarò.
Un intrico di corridoi umidi e maleodoranti che non finiva mai, ecco in che cosa c'eravamo cacciati: in un labirinto.
Trascinavamo i piedi, eravamo ormai sfiniti e in preda allo sconforto. Il silenzio attorno a noi sembrava volerci farci impazzire, fino a quando, alla fine dell'ennesimo corridoio, sbucammo in uno spazio più grande, di cui però non riuscivamo a percepire l'ampiezza; la luce di Umbreon non riusciva ad illuminarlo del tutto.
"E adesso?" .
"Non lo so Nina. E' da ore che vaghiamo alla cieca. Non riusciamo a trovare la minima traccia di una via di fuga da questo posto."
Ci lasciammo cadere, stremati, al centro della stanza. Richiamammo Umbreon e Lampent, anch'essi esausti, per farli riposare.
Il buio calò su di noi, e fu allora che cominciarono i lamenti.
 
Tremavamo nell'oscurità , stretti l'uno all'altra, chiedendoci quando l'incubo sarebbe finito.
Non seppi mai per quanto tempo mantenemmo quella posizione, i lamenti, a volte lontani, a volte vicini, che ci facevano sobbalzare.
Finché non arrivò Lui, e temetti veramente che sarebbe stata la nostra fine.
 
Avvertimmo la sua presenza prima di riuscire a vederlo.
Oscurità , malvagità  pura. Poi vedemmo gli occhi. Rossi, iridescenti. Infine la sua risata.
"Ben arrivati, ospiti miei". La sua voce, il male, non c'era altra parola per descriverla, ci scosse fino alle ossa, fino all'anima.
"Questa casa in cui siete sfortunatamente incappati esige un tributo. Mi duole informarvi che non esiste nessuno che ne sia uscito vivo. Perciò, signori, rassegnatevi, poiché è qui che morirete."
A quel punto scoppiò di nuovo nella sua tetra risata e cominciò ad avvicinarsi. Era pronto a prenderci, a ghermirci nella sue grinfie. E noi eravamo pronti a morire.
 
Fu a quel punto che apparve. Portò con sé la luce e riuscimmo ad ammirarlo in tutta la sua grandezza.
Occupava gran parte  del salone (che scoprimmo immenso) e arrivava fino al soffitto.
Aveva due enormi ali spalancate fatte di tenebra, e la testa costituita da un lungo diamante dorato, sfavillante nell'oscurità . Gli occhi erano due braci infuocate, identiche a quelle del suo avversario, esattamente di fronte a lui.
Perché lui era arrivato qui per proteggerci: non so come, ma ne eravamo consapevoli.
Sbatté le sue immense ali e il suo avversario, l'essere dal nero mantello, quasi vacillò.
"TU!", esplose, con quella voce graffiante che ci strappava l'anima.
Fu a quel punto che il gigante dalle ali nere girò la lunga testa dorata verso di noi e sentimmo la sua voce possente nelle nostre teste: "NON RIUSCIRO' A TENERLO OCCUPATO PER MOLTO. SCAPPATE. TROVERETE L'USCITA NELLA LUCE."
Ezra non sembrò ritrovare le forze: mi prese per mano e mi tirò, ma io mi rigirai a guardare il gigante. Non volevo lasciarlo lì.
Non sapevo spiegarmene il motivo ma avevo paura per lui. Avevo paura che quell'essere d'ombra gli facesse del male. Esitai.
"ANDATE!" L'avvertimento mi riecheggiò nella testa, e a quel punto non ebbi altra scelta che seguire Ezra.
Ma facemmo in tempo a sentire di nuovo quella risata. E le voci ricominciarono a seguirci, questa volta molto più vicine. 
 
Correvamo per i corridoi, Umbreon e Lampent in testa, le voci sempre più vicine.
Più veloci, più veloci, più veloci. Le mura dei corridoi ci sfrecciavano accanto, sempre uguali, tutte uguali.
Eravamo stremati. Più lenti, sempre più lenti.
Inciampai e caddi.
Sopra di me, frotte di pokémon. Un ammasso di nero, viola, blu. Chiusi gli occhi.
E poi udii un rumore che conoscevo. Una volta, due, tre, quattro, cinque. Umbreon e Lampent che si schieravano di fronte a me, per proteggermi. Assieme a Golurk, Jellicent, Spiritomb e Drifblim.
Poi Ezra fu di colpo di fianco a me, mi tirò in piedi e mi spinse indietro.
Con un gesto si portò la mano al polso, ma non vedevo... Ah, eccolo! E con una luce abbagliante Gengar si trasformò nella sua megaevoluzione e tutti insieme attaccarono verso la massa di pokémon che ci accerchiava. 
 
Erano troppi. I pokémon di Ezra stavano dando prova di grande forza e coraggio e sconfiggevano un avversario dietro l'altro. Ma dove ne cadeva uno ce n'era subito un altro pronto a rimpiazzarlo.
Erano semplicemente più numerosi.
Non avevamo speranze.
Ma mentre i nostri pokémon lottavano fino allo stremo per proteggerci, pronti a sacrificarsi per l'amore che provavano nei nostri confronti, apparve una luce.
In mezzo alla confusione del corridoio, non era altro che un barlume.
La sua voce riecheggiò ancora nella mia testa. "Troverete l'uscita nella luce", aveva detto.
Improvvisamente, la luce cominciò a spostarsi e ad allontanarsi. 
"EZRA!" Urlai. "Richiama i tuoi pokémon!" 
Sopra il frastuono, Ezra riuscì a udire la mia voce, e si voltò verso di me. Gli indicai la luce, e lui annuì.
Richiamò i suoi pokémon e in un lampo fu al mio fianco, e poi di corsa verso la luce, che sfrecciava, speravamo, guidandoci, attraverso il labirinto.
 
Quando la luce svanì ci schiantammo al suolo. L'impatto mi riverberò lungo le ossa. E poi il nulla.
Aprii gli occhi. Luce. Vera luce. La luce del sole.
Mi schermai gli occhi con una mano e mi tirai su a sedere.
Giacevamo in una pozza di fango.
Al mio lato un sudicio Ezra  si stava risvegliando.
"Buongiorno" lo salutai, con un sorriso. 
Lui si tirò su a sedere. "I nostri guai sono finiti?" chiese con voce impastata, strofinandosi la testa.
"Sembrerebbe di sì. Anche se c'è qualcosa di strano."
"Cos'altro ci potrebbe essere.." ma non finì la frase, perché si accorse, finalmente, di dove ci trovavamo.
Davanti a noi un'insegna cadente -la stessa che avevamo attraversato la sera prima quando era in condizioni migliori- dichiarava "Luna Park". Al di là  di essa, il nulla, solo un'estesa landa di fango.
"Che cosa significa?!" esclamò. "Che ci siamo immaginati tutto quanto?"
"E chi lo può dire?", risposi, con un sorriso.
A un metro da noi ci fissava, tutto inzaccherato, il peluche di Espurr.

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Traccia scelta : E ci trovammo di fronte ad un' insolita e cupa casa apparentemente abbandonata…

Titolo : Il labirinto del MegaGengar

Lavoro : La notte di halloween, può sembrare una come tante altre, ma no nella spettrale cittadina di Lavandonia.
Uno strano fatto accadeva ogni anno il 31 ottobre, una casa misteriosa appariva in una foresta vicina, una casa molto grande, buia e spettrale, mai nessuno aveva avuto il coraggio di entrarci, si sentivano storie di persone che ci erano entrate ma erano sempre state smentite.
Quella notte però andò diversamente, un ragazzo di 16 anni di nome Jasper aveva deciso di entrare in quella casa con il suo amico Nicholas, sempre di 16 anni.
Era da molto tempo che si stavano organizzando e con la scusa di dover andare ad una festa, quella sera decisero di entrare.
Si addentrarono nel bosco e come ogni anno la casa era già  li ad aspettarli.
– sei sicuro di volerlo fare Jasper? – chiese l’amico.
– si! – esclamò il ragazzo, – questa casa appare ogni anno da prima che potessi ricordare, sono troppo curioso –
– allora andiamo –.
I due amici si fecero coraggio, girarono la maniglia ed entrarono.
Inaspettatamente la casa era ben arredata e molto pulita, certo, i mobili erano abbastanza vecchi ma trattati con cura, i ragazzi accesero le loro torce ed iniziarono l’esplorazione.
Non passò molto prima che una strana voce malinconica iniziò a parlare, ­– finalmente, i primi visitatori dopo anni, vi do il benvenuto nel labirinto del MegaGengar, dato il fatto che siete entrati in questa casa deduco che accetterete volentieri la mia sfida, dovrete trovare i quattro Gastly nascosti nel mio labirinto entro la mezzanotte –.
– Jasper e Nicholas rimasero pietrificati, da dove veniva quella voce, sembrava propagarsi in tutta la casa, cercarono di correre verso la porta ma sbatterono su un muro.
– fate attenzione, questa casa è diventata un labirinto dall’interno, e soltanto trovando i quattro Gastly potrete arrivare all’uscita, ma attenti, all’interno del labirinto si trova una MegaGengar, molto pericoloso, vi dico solo, trovate i quattro Gastly prima che lui trovi voi –
Jasper si fece coraggio e parlò – io non capisco, tu chi sei e perché non ci lasci andare, la nostra era solo curiosità  non entreremo più in questa casa –
– avete un’ora e ventuno minuti a partire da questo momento, a vostra disposizione ci sono solo le vostre torce, ah dimenticavo, in caso non riusciste a trovare i Gastly entro mezzanotte voi scomparirete insieme a questa casa, buona fortuna –
Jasper e Nicholas rimasero scioccati per qualche minuto, e cercarono di tornare indietro ed uscire, ma senza saperlo si erano già  addentrati nel labirinto buio, illuminato solo dalle loro torce.
Dopo un lungo discorso decisero che la cosa migliore da fare era tentare di trovare tutti i Gastly ed iniziarono a correre per le lunghe vie intersecate di quel buio labirinto.
Il tempo continuava a scorrere, ormai erano le 23.25 e ancora nessuna traccia dei Gastly, ma fortunatamente nemmeno del MegaGengar, a quel punto Jasper fu costretto a chiedere all’amico di dividersi, sapeva benissimo che non era la scelta migliore da fare e che da soli avrebbero avuto ancora più paura, ma era l’unico modo, mancava poco più di mezz’ora.
Proprio mentre si stavano per dividere sentirono un rumore venire verso di loro e improvvisamente videro un Gastly fluttuare velocemente verso di loro, e una volta arrivato diventare polvere.
– penso che ne abbiamo appena trovato uno, appena ci ha visti è scomparso, bene, ce ne mancano tre, buona fortuna Nicholas –, detto questo i due amici si separarono e non passò molto prima di trovare due Gastly, uno per ognuno.
Mancavano 3 minuti alla mezzanotte, Jasper e Nicholas riuscirono a rincontrarsi e capirono che ne mancava solo uno, e gli erano rimasi solo tre minuti, decisero di proseguire insieme.
Improvvisamente sentirono un rumore, sorrisero, forse quell’incubo era finalmente finito, il rumore si avvicinò sempre di più, e ne buio i due ragazzi scorsero  due occhi, poi se ne aprì un terzo giallo e intravidero il bianco dei suoi denti, il sorriso più pauroso che avevano mai visto, gli si gelò il sangue, era il MegaGengar.
Si avvicinò velocemente a loro e preparò una palla ombra, i ragazzi scapparono nella direzione opposta ma il loro inseguitore era molto più veloce, si trovarono d’avanti ad un incrocio e videro l’ultimo Gastly passare proprio da li, allora girarono a destra e cercarono di prenderlo, sempre inseguiti dal MegaGengar che aveva già  iniziato a scagliare le sue potentissime palla ombra, durante la corsa sentirono una specie di campanella, e si avvio un timer, era il segnale che mancava un minuto, ogni rintocco era come una pugnalata nel cuore, Jasper inciampò mentre Nicholas con le sue ultime forze fece un salto e afferrò Gastly che diventò subito polvere, in quello stesso momento il MegaGengar alle loro spalle scomparve e d’avanti a loro si materializzò una porta, tirarono la maniglia e si ritrovarono nel bosco, proprio d’avanti al portone di ingresso della casa misteriosa, solo che alle loro spalle non videro più niente, senza pensarci due volte corsero via diretti a Lavandonia.

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Chiedo scusa per eventualissimi e sicuri errori all'interno del testo, ma l'ho scritto veramente di tutta fretta e furia


 


 *Traccia scelta* "Ormai è un anno dalla sua scomparsa. Pensai di averla/o persa per sempre e invece... "


*Titolo* Nell'aria; nel mio cuore


*Lavoro*


 


 


 


 


La sedia cigolava ed egli emetteva versi sconsolati scavando nei suoi pensieri, unici rumori udibili all’interno di quella grande casa.


L’uomo di età  quasi anziana non aveva ancora dimenticato la moglie, sparita da ormai un anno, e sapeva già  avrebbe portato il suo ricordo per l’eternità . Non riusciva a smetter di pensare a lei, e nei rari momenti di pace che trovava la sua mente egli si sentiva vuoto, senza un reale scopo di vita.


Viveva in quella casa da poco più di un anno: Vi si era trasferito con la moglie per celebrare il loro matrimonio, e decise di far le cose in grande, acquistando un enorme luogo nel quale vivere, una piccola villa, si potrebbe dire.


Purtroppo, dopo troppo poco tempo, la sua adorata scomparve. Un giorno uscì di casa e non tornò mai più. Egli, disperato, fece di tutto per trovarla; si rassegnò, e solitario rimase nella grande dimora in attesa del giorno nel quale avrebbe rivisto la sua adorata.


Aveva dei capelli rossi molto luminosi, rammentava: Le sue ciocche illuminavano la casa insieme alle prime luci dell’alba nella mattina, ed anche senza trucco o piastra ella appariva ai suoi occhi come la donna più bella del mondo. Si vestiva sempre con colori vivi ed allegri: Non seguiva mode, non portava scarpe alte e scomode; riusciva a mantenere la sua immensa bellezza distinguendosi da tutte le altre donne.


L’uomo non era al suo livello, ma non era così male; si amavano. Guardandolo come era ridotto quella sera, però, non si direbbe... Il tempo passato in solitudine ha portato alla rovina sia lui che la dimora. Egli è ormai gobbo, con i capelli totalmente bianchi e la barba lunga: Non osava più curarsi di sé stesso, voleva solo rivedere l’amata.


La casa, in preda alla malinconia, ha quasi cambiato il suo colore, ed ha visto visitarla pokémon di tipo spettro in tempi più recenti. Essi non fanno per arrecare disturbo all’uomo, ma ogni tanto egli ha iniziato a vedere all’interno della casa la sua bambina, quella che non ha mai avuto, quella che ha sempre immaginato e che tutt’ora sente camminare al piano superiore. Ogni tanto sospetta sia un’illusione dei pokémon spettro, per poi ripensare che deve essere assolutamente lei...


 


L’uomo era sul punto di addormentarsi, ma quella sera non era solo: Cigolii, rumori diversi dal solito si sentivano. Sentì il rumore inconfondibile di quel malandato frigorifero che si apriva, e decise di alzarsi, un po’ barcollante ma senza paura, e di vedere cosa stesse succedendo: Non c’era nessuno. La sua speranza che fosse la moglie tornata vi era stata, egli ripensò alla cura maniacale con la quale preparava colazioni, pranzi e cene perfette.


Neanche il tempo di sedersi e sentì il fono nel bagno accendersi, e ciò era strano. Inseguì il suono melodioso di quello strumento ormai vecchio e non più usato, ma lì vi era solo il ricordo dei capelli spendenti della sua amata.


Il rumore passò all’esterno, e sentì chiaramente la baraonda del tosaerba in azione: Era vero che ormai l’erba lì davanti era diventata altissima... Se la sua adorata fosse tornata si sarebbe subito messa in azione per curare il prato e farlo divenire bellissimo.


Scese appena le scale che il fracasso terminò, e sentì il forno, usato da lui abbastanza raramente, in azione. Era quasi stufo di tutti questi rumori continuativi... Eppure, il rumore proveniente dal fornetto lo riportava all’abilità  culinaria della moglie perduta, ed a quel punto ebbe più di un flashback nella sua mente. Corse, con tutte le sua forze, fino al fornetto, non trovandovi altro che una fievole luce rossa che subito svanì.


 


Non poteva essere uno scherzo, non doveva esserlo. Sentiva che lei doveva essere lì, da qualche parte... O forse no, non era lì, ma sarebbe tornata, prima o poi.


Sentiva ancora rumori strani, ma questi provenivano dal suo cuore. Si sentiva più vicino a lei che mai, ed iniziò a piangere pensando al vuoto che vi era dentro di lui. Il suo corpo sembrava staccarsi da terra, ed il suo spirito diveniva predominante... La brama di rivedere la moglie perduta lo pervase interamente.


 


Egli, più etereo che mai, decise infine: Sarebbe rimasto in quella dimora per sempre. Avrebbe aspettato, aspettato in eterno... Sino al giorno nel quale sarebbe riuscito a vedere finalmente il volto dell’amata ancora una volta.


 

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