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[Contest di scrittura] Input contest!


Frablue

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Nickname dell'autore: Kin'Grovyle;


Titolo: Un cuore arcaico;


Elaborato:


 


“L’antico potere si è risvegliato dopo millenni, ed ora è pronto a scatenare la sua furia...â€, queste erano le parole che echeggiavano turbolente nella sua mente. Saliva le scale con un passo lento e furtivo, una piccolissima parte di lui aveva paura che qualcuno lo notasse e scoprisse chi fosse: In realtà  lì nei dintorni non vi era nessuno. Loro, i suoi compagni, non si ponevano domande su dove egli passasse le notti, qualcuno di Loro era persino convinto egli dormisse nelle profondità  dell’oceano; invece, Essi, i passanti, non lo vedevano nell’aspetto che sfoggiava comunemente. La sera ritirava da un posto segreto vestiti di copertura e li poneva sopra i propri, dirigendosi al più squallido degli hotel di porto Alghepoli, un posto poco degno di nota e perfetto per i suoi scopi.


Aprì la porta della sua stanza, forse era finalmente al sicuro, salvo dagli occhi di tutti. Si tolse i vestiti di copertura, i quali gli arrecavano un insopportabile calore, e continuò la sua lotta interna: “Come si permettono? Prima quella banda di scienziati, ed ora anche degli inutili ragazzini!â€, sbuffava.


 


Ha passato gran parte della sua vita a lavorare al suo progetto, e non avrebbe permesso a degli elementi così irrilevanti di rovinare tutto: La sfera rossa avrebbe risvegliato l’antico pokémon dormiente, ed insieme ad esso ed alla sua forza primitiva, anche il richiamo del mare: Quel mare colmo di male ed odio che porta con sé tutto, indipendentemente dalla sua forma o natura, e lo trascina con sé, nonostante bontà  e bene alterino il suo vero colore inquinandolo e snaturandolo. Voleva vedere l’odio ed il mare travolgere qualsiasi cosa, senza lasciare più alcun posto alla terra, poiché l’essenza stessa dell’Esistenza è pregna di male; basta un movimento di mano per far cadere un enorme castello di carte, basta un rapido taglio a porre fine ad una vita durata decenni e colma di guerre, amori e storie concluse in sé... Egli poi sapeva bene che quando una madre è portata davanti alla scelta di mantener da sola un bambino o abbandonarlo non potrà  mai scegliere la prima opzione senza esitare: Poiché un solo gesto è bastato, molti anni fa, a porre fine ad un futuro di indecisioni, insicurezze e difficoltà  e, con loro, ha portato anche fine alla speranza nel futuro di un bambino... Il quale ancora credeva nell’esistenza di felicità  sulla terra.


Egli odiava... Odiava profondamente ed in maniera inesorabile questa vita di odio, la quale non meritava nientemeno che altro odio.


 


“Loro… Sono solo degli ìmbecilli!â€, pensava, riferendosi ai suoi unici compagni di viaggio, “Il misterioso potere della Creatura...  L’archeoevoluzione... Sono seriamente convinti sia un semplice processo naturale scaturito dalla sfera rossa? ...Falso. Il motivo per il quale la leggendaria bestia Kyogre assume tutto questo potere durante la sua trasformazione, capace di coprire l’intero globo di sola acqua marina nella sua forma più pura, è l’odio:â€, interruppe per un secondo i suoi pensieri, sospirò vanamente. Riprese, “L’odio è il sentimento che più si avvicina all’essenza del male, ed il male è ciò di più antico e naturale che appartiene all’Esistenza, a ciò che sfocia nell’Umanità . È per questo che sarò io a risvegliare non solo la maligna Bestia, ma anche il suo pieno e celato potere.â€.


Nonostante stesse solo elaborando i pensieri che ramingavano in ogni meandro della sua testa, egli quasi tremava di rabbia, aveva voglia di prendere a pugni qualcosa: Voleva vincere; voleva dare un senso alla sua esistenza da povera vittima del Male.


 


Egli non ne poteva più. Spense le luci e gettò il suo corpo distrutto dai pensieri e dallo stress nel letto.


Appena i suoi occhi furono chiusi, egli si sentì sulla superficie del mare: Il letto gli parve muoversi come l’acqua marina, e per un attimo fu già  il creatore di un mondo posseduto dal mare. Forse Loro, i seguaci dell’ineguagliabile capo del team Idro, avevano ragione a credere che dormisse nelle profondità  dell’oceano, perché egli si trovava ora nell’oceano di pensieri e sentimenti che nasce dalla mente umana; un oceano che, nel caso delle persone succubi del Male, cresce di appagamento nel momento in cui esso viene nutrito da altro Male. Chi più di questo cuore arcaico, pregno di odio, male, dolore e solitudine, meritava veramente di essere il creatore di un mondo governato da ciò che di più naturale vi è nell’Esistenza?


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Nickname dell'autore: T_Terry_T


Titolo: Il potere dell'uomo


Elaborato:


“L'antico potere si è risvegliato, dopo millenni, ed ora è pronto a scatenare la sua furia!â€


 


Furono queste le ultime parole di Mark Thompson, prima della sua esecuzione.


 


Fino a quel giorno non mi ero mai fatto troppe domande. Avevo accettato le regole stabilite negli albori della comunità  come dogmi inviolabili.


 


Nelle scuole ci avevano insegnato che solo una parola è in grado di rappresentare al meglio la nostra società : perfezione. E dopo aver passato buona parte della mia vita a studiare storia umana, ero arrivato a credere che fosse effettivamente così.


 


Siamo estremamente avanzati per conoscenze e tecnologie, ma le nostre menti più illuminate ci avrebbero aiutato a progredire ancora. Abbiamo imparato a sfruttare il nostro pianeta nella giusta misura, così che la Terra possa vivere per altri miliardi di anni, crescendoci e sfamandoci come una madre amorevole fa con i suoi figli. Guerre, malattie, problemi ambientali… tutte cose di cui parlano i testi antichi, ma che noi non abbiamo mai dovuto affrontare.


 


Tutti i malesseri che avevano portato alla distruzione dei nostri antenati e delle loro società  arcaiche, erano stati definitivamente sconfitti dall'arrivo della nostra.


 


Come è stato possibile? Merito di un giusto uso della forza umana. Noi uomini nasciamo, viviamo e moriamo come ogni essere vivente, ma non siamo fatti d’istinto come gli animali, bensì di potenziale. Potenziale che solo la nostra società  è in grado di tirar fuori, perché possa essere usata al meglio.


 


Nascere, vivere sfruttando al massimo le proprio capacità , morire. Ecco qual è la nostra vita ora.


 


Come tutti gli altri infanti prima di me, sono nato da una coppia di riproduttori, un uomo e una donna assegnati al mantenimento della specie perché molto fertili. E analogamente a quanto successo loro, il mio DNA è stato analizzato dieci minuti dopo il mio primo vagito, come da protocollo. Una sola cellula e subito fu chiaro a tutti chi ero, quanto sarei stato alto, quali alimenti avrei gradito e quali sgradito, quanto lunga sarebbe stata la mia vita e, soprattutto, a cosa sarei stato assegnato per il resto dei miei giorni.


 


Si: l’analisi di una sola minuscola cellula è in grado di stabilire il nostro vero potenziale. Una cosa tanto invisibile... eppure è lei a decidere il tuo destino.


 


Nel mio caso, la cellula cutanea che i medici prelevarono dall’alluce destro stabilì che sarei diventato un uomo mediocre. Il mio cervello era buono, troppo buono perché venissi indirizzato ad un lavoro basato sulla mera attività  fisica, ma nemmeno così brillante da concedermi un posto fra i grandi studiosi. Così il consiglio per l’assegnazione dei lavori aveva scelto una via di mezzo: “archivista di testi antichi con il compito di comporre trattati per la cultura collettivaâ€. Insomma, un miscuglio fra uno storico, un insegnante e uno scrittore. Un lavoro che, eseguito senza sgarri alle regole, mi avrebbe permesso di avere vitto, alloggio e cure mediche per il resto della mia vita.


 


Ma cambiò tutto.


 


Il giorno in cui Thompson venne giustiziato avevo vissuto 17 dei miei 102 anni previsti. Cinque li avevo trascorsi da infante, cinque furono destinati agli studi dell’obbligo, altri cinque alla specializzazione e gli ultimi due al mio lavoro definitivo. Procedura standard, la stessa per tutti, qualunque fosse l’assegnazione.


 


Thompson, nei fatti, era mio vicino di casa. Eravamo archivisti nella stessa università , dunque vivevamo nello stesso complesso di alloggi, insieme a tutti gli altri archivisti. Tuttavia non ebbi mai modo di conoscerlo, né di parlargli. Non so quali testi gli erano stati assegnati, ma di certo non erano quelli riguardanti Greci, Romani e le altre popolazioni dell’epoca, argomenti di studio mio e dei sei colleghi con cui lavoravo. Già  questo era sufficiente per azzerare i contatti: diverso il campo di studio, diverso il settore che si frequenta, diverse le persone con cui interagisci.


 


Se avessi saputo in anticipo le sue intenzioni, avrei sicuramente cercato di parlargli almeno una volta. Probabilmente in molti quella mattina, colleghi o meno che fossero, avrebbero voluto fare lo stesso, per evitare che accadesse quanto effettivamente successo. Io mi sarei accontentato di capirlo un po’ meglio.


 


Per quanto perfetta, nella nostra società  non mancano elementi di disordine. Abbiamo i peccaminosi di fumo, alcool o droga, i cosiddetti “distruttori del potenzialeâ€. Abbiamo i disertori del lavoro. Per loro è sufficiente una strigliata da parte delle forze dell’ordine o un periodo di recupero in strutture dedicate per rimetterli in riga e reintegrali, ma il crimine di Thompson era stato troppo grave.


 


Condanna a morte. Quando era stata l’ultima volta che era stata utilizzata tale pena? Nemmeno gli anziani più longevi, vissuti per oltre 200 anni, erano in grado di rispondere. Per questo la gente che accorse alla sua esecuzione fu così numerosa: era un evento unico, che sarebbe passato alla storia.


 


La piazza era gremita da centinaia, forse migliaia di persone, di sesso, età  ed etnia delle più svariate. Io, in quanto membro dell’università , ebbi il privilegio di poter assistere dall’alto di una delle balconate aggettanti sulla piazza, evitando la ressa. Il tutto si sarebbe svolto sopra un enorme palco, montato durante la notte sulla gradinata del rettorato insieme ad un’infinita quantità  di telecamere, che avrebbero garantito la diretta nazionale per chi era rimasto a casa.


 


Thompson, l’attrazione principale, era esposto al grande pubblico su un grosso marchingegno a forma di ruota, sulla quale era stato issato un paio di ore prima. Escluso l’ingegnere progettista e il boia, nessuno sapeva come funzionasse, né come sarebbe avvenuta l’esecuzione della pena capitale, dato che il giudice si era riservato il diritto di decidere la modalità  in separata sede, senza rivelarlo pubblicamente. Tuttavia era impossibile non fare il paragone con l’Uomo Vitruviano di Leonardo, dato il modo in cui il giovane era stato legato, bloccandone braccia, gambe, torso e testa ai raggi di quella complessa e misteriosa ruota.


 


Thompson aveva l’aria esausta, ma sembrava che la posizione rigida nella quale era costretto e i lacci che lo tenevano appeso gli impedivano anche di svenire dal dolore. Doveva essere già  morto da un paio di ore, ma era richiesta la presenza di tutti i ministri a capo del governo nazionale per procedere, compreso quello per l’agricoltura e l’allevamento, ancora assente. Arrivò due ore dopo l’orario previsto, facendosi largo a fatica tra la folla per raggiungere il palco. Una volta salito, si scusò con tutti i presenti, giustificandosi che era stato trattenuto fuori città  per un comizio molto importante, e prese poi posto accanto ai suoi colleghi. A quel punto, il ministro di giustizia fece cenno di procedere con l’esecuzione.


 


Come primo atto ufficiale fu richiesto il silenzio generale. Quando tutti tacquero, il banditore,  scelto a caso fra gli alti gradi della polizia di stato, si fece avanti e iniziò a parlare al microfono. Partì con un lungo elogio della patria, della società  e dei ministri lì presenti, così come richiesto in occasione delle manifestazioni pubbliche. Poi passò alla presentazione del condannato.


 


“Mark Thompson,†disse, alzando la testa per guardarlo “di anni 19, nato il 10 ottobre nell’anno 10 del Quinto Millennio in quel di York Terza. Sei stato sottoposto a regolare processo presso il Tribunale Nazionale. Il crimine che ti è stato imputato è l’omicidio di Duncan Blackwool, ministro dell’istruzione e della cultura, la cui morte è avvenuta il giorno 3 febbraio scorso.†Si rivolse poi al pubblico della piazza. “Il Ministro, giunto per una visita ufficiale presso l’Università  di Storia di York Terza, è stato vittima di un attentato in pieno giorno e in presenza di una dozzina di testimoni, che hanno visto Thompson colpire il ministro con una pugnalata dritta al cuore. Il ministro è spirato pochi minuti dopo l’atroce atto, nonostante i tentativi dei soccorritori, giungi tempestivamente sul posto, che volevano ovviamente evitare il decesso.â€Un lieve brusio di levò tra i presenti, ma l’ufficiale continuò. “Data l’evidente colpevolezza dell’imputato e la gravità  dell’atto, al quale si aggiungono le aggravanti di terrorismo e sovversione politica, il giudice si è visto costretto a condannare l’imputato a morte. Tale scelta, che non vede precedenti nella nostra società , sempre perfetta e da sempre benevola nei confronti dei cittadini che hanno errato, è stata giustificata dalla pericolosità  del soggetto stesso. Come il giudice stesso ha spiegato, non è in alcun modo possibile garantire che attraverso la rieducazione egli possa reintegrarsi nuovamente nella nostra società . Il condannato, infatti, costituisce una minaccia troppo grande per la sicurezza dei cittadini, pertanto l’unica possibile soluzione è l’eliminazione del pericolo alla radice. L’esecuzione della pena avverrà  ora, 11 febbraio dell’anno 29 del Quinto Millennio, in presenza di tutti i ministri del nostro Paese, nello stesso luogo in cui Mark Thompson ha brutalmente assassinato la sua vittima…â€


 


Il discorso era lungi dall’essere completo, ma l’ufficiale fu costretto ad interrompersi. Thompson, che fino a poco prima sembrava troppo debole per una qualunque reazione, aveva improvvisamente cominciato a ridere. Prima piano, poi sempre più forte, fino a coprire la voce amplificata dal microfono. Pensai subito ad una crisi nervosa.


 


“Ma si!†urlò Thompson, ancora ridendo “Uccidetemi pure! Non ho alcuna intenzione di vivere in una società  dove non mi lascia la libertà  di agire secondo i miei desideri!â€


 


Continuò a ridere. Era una risata folle e spaventosa. Andò avanti per parecchio, al punto da perdere completamente il fiato, momento in cui la risata si trasformò in una tosse sofferente.


 


“Società  perfetta?†riprese, con un filo di voce, ma il silenzio che si era creato era tale che fu comunque possibile udirlo. “Come può essere perfetta una società  che vede i suoi membri soltanto come strumenti per la realizzazione di un lavoro? Dicono che lo fanno per sfruttare al meglio il nostro potenziale.†rise di nuovo, ma stavolta era una risata amara “Incredibile come siano riusciti a farcelo credere per tutti questi anni.â€


 


La folla ricominciò a vociare. I ministri sbiancarono. Thompson continuò a parlare.


 


“Ci hanno insegnato per anni che il potere di un uomo sta nel suo potenziale, che la forza di un individuo sta nell’essere in grado di compiere un certo lavoro meglio di altri. Il ragionamento è corretto, non lo metto in dubbio... ma allora com’è possibile che nel passato siano esistiti uomini che, nonostante sembrassero incapaci in quel campo, sono comunque riusciti a compiere grandi cose? Avrebbero dovuto fallire, giusto?â€


 


Il brusio tra la folla continuava. La maggioranza era confusa, ma c’era anche qualcuno che annuiva. I ministri iniziarono a guardarsi fra loro, sempre più inquieti.


 


“Beh, non fallirono perché erano spinti da un'altra forza. Una forza che rende l’uomo capace di superare il proprio potenziale!â€


 


Superare il proprio potenziale? Pura eresia, pensai. Eppure ne volevo sapere di più. In molti volevamo saperne di più.


 


“E quale sarebbe questa forza?†chiese, gridando, un uomo in mezzo alla folla.


 


Thompson ricominciò a ridere, ma non come prima. Sembrava… felice.


 


â€œÈ la volontà , mio amico! La volontà ! Il desiderio di eccellere in qualcosa perché si desidera farlo, e non perché è ciò che gli è stato detto di fare!†rise ancora “Guardatemi! I medici mi hanno diagnosticato un disturbo che mi avrebbe impedito di relazionarmi normalmente con le persone, eppure adesso sto parlando con tutti voi! Nessuno mi ha detto di farlo, ma ho voluto farlo, superando il limite legato a questo mio impedimento genetico. Ecco il potere della volontà !â€


 


La sua risata, intanto, continuava. Ma non appena pensai che sarebbe durata in eterno, ecco che iniziò a scemare, e con essa la felicità  di Thompson. Più la risata diminuiva, più lui si rabbuiava. “Voi però non potrete mai provare quello che ho provato adesso, questo senso di libertà  che ho tanto desiderato e che ho finalmente trovato, nonostante io sia prigioniero quassù, su questo abominio di titanio e metallo.†Alzò la voce “Non potrete mai provarla, se non vi ribellate a questa società ! Non è perfetta! È malata! Malata dei propri interessi! Una società  che stabilisce il nostro futuro non appena veniamo al mondo, quando il nostro unico pensiero è quello di rientrare nel caldo e accogliente ventre materno!â€


 


Riprese a urlare: “Perché farlo immediatamente? Perché non aspettare che diventiamo grandi abbastanza per intendere quello che sta accadendo? Semplice: perché altrimenti saremmo in grado di contrastare la loro decisione. E così facendo nessuno si accorge che la scelta è stata dettata non tanto dal nostro potenziale, ma dalle necessità  di sopravvivenza della società . La storia del potenziale è la balla più grossa dei nostri tempi! Non pensano a noi quando ci assegnano ad un lavoro che ci terrà  schiavi per il resto dei nostri giorni, ma alla società  stessa, perché non crolli. La nostra non è una società  perfetta. Anzi, è la peggiore che sia stata creata da quando esiste l’uomo! Dovrebbe pensare al bene dei suoi membri, ma pensa solo al mantenimento di se stessa!â€


 


“Ma quei tempi sono finiti. Una settimana fa ho ucciso uno dei suoi vassalli, dopo di me arriveranno gli altri ad uccidere i rimanenti. La nostra società  crollerà  e ne sorgerà  una nuova. Forse non sarà  eterna, anzi: sicuramente ne verrà  soppiantata da un’altra, in futuro, perché è così che vuole la Storia. Ma sarà  più gusta, perché sarà  la libertà  d’azione a funzionare da base.â€


 


“Mai più schiavi del potenziale! Solo discepoli della volontà , il vero potere dell’uomo! Il potere che questa società  ha represso in ognuno di noi, per tutto questo tempo. Uomini! Da oggi inizia una nuova epoca! È il ritorno della volontà ! L'antico potere si è risvegliato, dopo millenni, ed ora è pronto a scatenare la sua furia!â€


 


La folla pendeva dalle labbra di Thompson. Erano rapiti dalle sue parole e dalle sue promesse. La società  che descriveva, che lasciava totale libertà  d’azione, spaventava e allo stesso tempo affascinava molti. Anche le telecamere erano rivolte a lui, soltanto a lui, e nessuna di essa registrò il movimento improvviso del ministro di giustizia che, abbandonato il proprio posto, era corso verso il boia, scansandolo e attivando lui stesso la macchina d’esecuzione.


 


La ruota si aprì, trascinando con sé gli arti e la testa di Thompson, che si staccarono dal torso in una pioggia di carne e sangue. La folla iniziò ad urlare per l’orrore. Le prime file si ritrassero, chi per sottrarsi alla vista, chi per evitare di insudiciarsi i vestiti. Sul palco, il ministro dell’agricoltura e dell’allevamento diede le spalle alla piazza e vomitò. La diretta televisiva fu interrotta immediatamente, ma comunque troppo tardi.


 


L’unico a non provare nulla fu proprio Thompson. Probabilmente non ebbe nemmeno il tempo materiale per rendersi conto di essere morto. La sua testa, come i resti smembrati del suo corpo, rimase appesa alla ruota, ora divisa in cinque spicchi. Troneggiava sopra i presenti, quasi dovesse essere adorata come la reliquia di un santo. Ma gli occhi avevano assunto una sguardo consapevole, mentre la bocca era semiaperta in una misto di soddisfazione e vittoria.


 


Non aveva avuto il tempo di reagire, ma aveva capito di esser riuscito nello scopo: mettere in dubbio la tanto odiata società , prima che il governo potesse zittirlo.


 


Sono passati sei mesi dall’esecuzione. Due giorni fa è morto un altro ministro. Un colpo di cecchino alla testa. Nessun testimone. Stavolta il governo non ha nessun ribelle da giustiziare, nel vano tentativo di sedare la rivolta.


 


E nemmeno lo avranno quando cadrà  il prossimo ministro.


 


Voglio vivere tutti i miei 102 anni e vedere la nuova società  sorgere.


 


La chiacchierata con Thompson può aspettare.


 


WARNING! Scena forse un po' forte sul finale e testo estremamente lungo.


Se siete persone molto sensibili o se non sopportate i racconti chilometrici non aprite lo spoiler!


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Nickname dell’autore: Monochromatic

Titolo: L'uomo della pozzanghera

Elaborato: 

 

“L'antico potere si è risvegliato, dopo millenni, ed ora è pronto a scatenare la sua furia!â€

Queste erano le uniche parole che l’essere che stava per rinascere riusciva a percepire perfettamente.

Una melma nerastra, un fetido scarto dell’umanità , si stava levando dal terreno umido e pian piano iniziava ad assumere sembianze simili a quelle di un essere vivente.

La melma era perfettamente cosciente durante la sua metamorfosi: ella sentiva, ella osservava, ella sapeva, sapeva che quegli esseri vuoti la stavano aspettando…

Attorno a lei percepiva un mondo cupo ed amorfo, qualcosa di simile a lei e che per questo le apparteneva. Mentre cresceva e prendeva forma anche i suoi pensieri seguivano il medesimo sviluppo: quelle immagini che pochi secondi fa le avevano attraversato la mente senza essere riconosciute adesso avevano un nome e venivano impiegate in frasi complesse. La melma si sviluppava ed inghiottiva tutto ciò con cui veniva a contatto.

Quell’essere non aveva bisogno di essere plasmato come un comune pezzo d’argilla. Era superiore, sia all’argilla che al plasmatore. Ella in quel momento sentiva il bisogno di gridare a quella folla di esseri inferiori la sua grandezza, nutriva la brama di assoggettarli, di perfezionarli e di istruirli affinché potessero adempiere ai suoi ordini.

Quella melma non era più una semplice miscela di sostanze, non era più del fango da levare dalla suola delle scarpe, non era più qualcosa che poteva essere calpestato! Adesso era un vivente, una macchina pensante pronta ad assoggettare quelli che prima l'avevano snobbata.

La luce delle fiaccole puntò su quel mostro grottesco in procinto di divenire un uomo: aveva ormai decuplicato le proprie dimensioni e formato una sorta di bozzolo viscido.

“L'antico potere si è risvegliato, dopo millenni, ed ora è pronto a scatenare la sua furia!â€

Gli uomini annuirono e tutti insieme gettarono le torce addosso al bozzolo che venne divorato dalle fiamme.

 

***

 

Qualcuno si aggirava tra le tenebre. Si muoveva pigramente tra una lapide e l’altra portando con sé una lanterna per far luce.

Era impossibile dire se quella fosse una notte senza Luna o se quest’ultima fosse semplicemente coperta dalla coltre di nubi che da qualche tempo si era trovata a dimorare da quelle parti. Alla figura non sembrava importare, ella era semplicemente alla ricerca di qualcosa, forse qualcosa al suo interno o forse solamente un oggetto.

Il viso della figura era illuminato dalla lanterna, alle sue spalle invece vi era solamente buio, un po’ come i due volti del satellite. In un certo senso la figura e la Luna erano simili tra loro… Chissà  se anche il pallido satellite non fosse alla ricerca di qualcosa, se fosse incuriosito dalla sua amica Terra al punto da orbitarle intorno tutta la vita… Ma la figura non pensava a ciò, ella avanzava solamente per il sentiero scosceso, lo sguardo fisso sulla lanterna. Il suo era un passo calmo, non aveva fretta di arrivare.

Passò un arco di tempo imprecisato, ma, finalmente, all’alba finì di cercare:

- E’ arrivato?

- E’ arrivato.

 

***

 

Stava osservando una bambina avente un impermeabile giallo ed un paio di galosce del medesimo colore giocare sotto la pioggia.

Non gli piaceva essere così vicino agli umani, ma quell’essere lo incuriosiva a tal punto da farlo avvicinare ogni giorno sempre più.

Per lui era strano vedere gli uomini giocare con il fango, metterlo in una di quelle teglie di alluminio usa-e-getta e far finta che fosse una torta al cioccolato. Egli era nato dal fango e fango era stato, ma mai gli era capitata una cosa simile, né nella sua vita da fango né nei venticinque anni che aveva passato da “uomoâ€. Era sconvolto.

Si sedette su una panchina facendo finta di leggere un quotidiano per non dare nell’occhio, sapeva di quanto fossero protettivi gli umani verso i loro piccoli, d’altronde erano pur sempre dei semplici animali.

Il parco era vuoto, non vi era nessun altro all’infuori di loro e del genitore della piccola, un umano donna piuttosto giovane. Non sembrava essersi accorta che egli le stava osservando da tempo.

Tranquillo si lasciò quindi trascinare dai propri pensieri, intento ad analizzare ogni singola mossa di quei mostri di carne, spinto dal desiderio di capire il motivo del loro atteggiamento.

Non un uomo, non una bestia, ma un mucchio di terra putrida era lì, deciso a sprecare un po’ del proprio tempo per allargare i propri orizzonti, fino a qualche giorno prima decisamente troppo ristretti. La sua era mera curiosità , nient’altro.

- Cosa state facendo? – riconobbe immediatamente quella voce: uno dei suoi servitori, più nei dettagli uno di quelli che gli aveva permesso di elevarsi a vivente. Era un uomo anziano e la sua voce suonava bassa e roca.

- Osservo. – rispose. Al contrario di quella dell’uomo la sua voce era quasi del tutto atona. – Avete fatto ciò che vi ho chiesto?


***
 

Vi erano cinque corpi appesi alla parete con dei grossi chiodi. Le vittime avevano evidenti segni di tortura e l’espressione terrorizzata. Seppur la luce fosse fioca in quella stanza, si potevano ben distinguere intere zone di muro coperte da chiazze di sangue e disseminate di chiodi.

La melma fece un gesto di sufficienza e continuando a guardare i corpi si rivolse all’uomo del parco: - Quanti ne mancano? – chiese.

- Non lo so con esattezza. - Il ragazzo si girò, stizzito, e con un rapido scatto lo prese e lo spinse brutalmente al muro, lasciandolo sporco di fango.

- Ohh… -

- Se ti chiedo una cosa voglia che tu mi risponda, subito.

- Suvvia, - un rumore di passi rimbombò per la stanza – ti abbiamo creato affinché tu distruggessi, non per perdere tempo in simili questioni. Se avessimo voluto un perditempo non avremmo usato il potere contenuto in quella reliquia per dare vita ad una melma. Dovresti essere grato ed obbedire, in quanto ti abbiamo tolto dal tuo stato di inferiorità .

Una donna anziana gli si avvicinò con in mano una lanterna. La luce emessa da questa rendeva ben visibile il volto del ragazzo: i lineamenti morbidi e l’incarnato pallido come la luce lunare erano le prime cose che saltavano agli occhi in quel momento. I capelli erano biondicci, ricordavano il colore della paglia, ed abbastanza mossi. La cosa più maestosa di quel volto, però, non erano né la carnagione incredibilmente pallida e né tantomeno quei capelli che incorniciavano il suo viso ovale, ma bensì gli occhi: occhi marroni talmente scuri da poter cadere al loro interno e viaggiare tra i pensieri del ragazzo di fango, occhi scuri e penetranti, occhi in cui la donna riconosceva la melma nerastra da cui era venuto fuori.

- Madre, - la sua voce era decisa e si poteva sentire una nota di rabbia nelle sue parole – io potrò anche essere stato del semplice fango, ma voi siete delle creature sciocche.

- Sciocche? Non siamo stati noi ad uccidere i membri del nostro stesso gruppo e non siamo noi quelli che cercano di rintracciare i disertori per appenderli ad un muro come quadri. Sei tu, melma. – gli puntò il dito contro – Noi abbiamo lavorato per anni al nostro scopo, abbiamo iniziato ere prima che tu diventassi un uomo, e te sei stato scelto per adempiere la nostra missione, ma non ne sei in grado, riesci a focalizzarti solamente sulle tue piccole vendette personali. Melma eri e melma rimani.

Il ragazzo scosse la testa. – No. – era arrabbiato, sentiva dentro di sé il bisogno di sfogarsi, ma non poteva – Io ti odio, odio tutti voi umani, ma non ti ucciderò. Ho bisogno di te, ma quando giungerò ad un epilogo per i miei piani, allora potrò finalmente spezzarti in due e gettare i tuoi resti in quel fango che odi tanto.

 

***

 

Ancora una volta si trovava nel parco, seduto sulla panchina.

Questa volta non pensava alla bambina, ma a sé: cos’era veramente? Il lungo discorso con quella donna, a cui spesso attribuiva la nomea di “madreâ€, si era concluso dopo più di un’ora il giorno prima. Ella gli aveva ricordato per bene la sua condizione antecedente alla loro venuta, gli aveva ripetuto più e più volte il motivo per cui egli era stato scelto, con le sue parole gli aveva impresso nella mente il come era stato possibile renderlo “umanoâ€.

Adesso egli non riusciva a pensare ad altro.

La mente gli scoppiava, sentiva rimbombare in essa la litania cantata dai membri della setta al momento della sua rinascita, in particolare ricordava una determinata frase: “L'antico potere si è risvegliato, dopo millenni, ed ora è pronto a scatenare la sua furia!â€. Era sempre stato ossessionato da quella frase.

Non aveva mai capito a quale potere si riferissero,  prima di ieri sera. Sentendosi ripetere in maniera così aggressiva quel momento, e non avendo parole adatte per rispondere, aveva deciso di stare in silenzio e di riflettere su ciò. Alla fine, dopo ore, aveva finalmente collegato, più precisamente gli venne in mente dopo che la donna lo ripeté per la seconda volta:

 

“L’origine del nostre gruppo è datata ad un tempo imprecisato e molto probabilmente lontano più di un millennio dai giorni odierni.
Nascemmo come gruppo religioso, difatti avevamo lo scopo di conservare un’importante reliquia, il Cuore, affinché questa, con il suono del suo battito, potesse far ritrovare la retta via ad i viandanti.

E’ logico che il Cuore fosse molto ambito ed oggetto dei desideri delle oscure creature che popolavano il sottosuolo, in quanto impediva che gli animi delle persone fossero corrotti dai loro inganni.

Un giorno, però, una di queste riuscì a penetrare all’interno del nostro gruppo ed a corrompere la reliquia: a contatto con la creatura difatti il Cuore mutò il proprio colore e divenne nero, ma non cessò di battere, piuttosto quel che prima era un insieme di suoni armoniosi divenne una sorta di requiem che, così mi raccontarono, costringeva chiunque lo ascoltasse a prostrarsi a terra.

Il demone dopo l’accaduto scomparve, ma il gruppo fu accusato di aver tradito i suoi principi e per questo fu perseguitato. Fortunatamente un insieme di superstiti riuscì a scappare portando con sé il Cuore, ma questi… Il Cuore non produceva più quel requiem tanto potente, infatti maggiore era il tempo trascorso minore l’intensità  con cui veniva prodotto l’insieme di suoni.

I membri del gruppo passarono millenni a capire come invertire il processo, finché noi, venticinque anni orsono, giungemmo ad una conclusione: il Cuore necessitava di un corpo.

Questa reliquia “corrotta†fu generata dal tocco di un essere del sottosuolo, perciò credemmo che il candidato migliore fosse qualcuno che avesse a che fare con la terra…. Ma come fare? L’idea di scegliere un uomo morto non era molto allettante, perciò alla fine votammo e fosti scelto tu, del semplice ed ubbidiente fango.â€

 

Egli non era mai riuscito a comprendere una cosa così semplice, il potere del Cuore all’interno di sé, prima di quella sera. Si sentiva stupido ed inutile. Probabilmente aveva ragione sua madre, egli doveva fare ciò che la setta chiedeva, ciò che il Cuore chiedeva.

“E’ veramente questo il mio futuro? Solamente ed irrimediabilmente questo?†pensò “Che io adesso sprechi il mio tempo facendo altro, alla fine sarò comunque costretto a compiere il mio destino.†si massaggiò le tempie ed iniziò a respirare spasmodicamente “Ho il controllo di me?â€

- Signore! – una vocina stridula. La melma rinsavì di colpo, girandosi a destra e a sinistra in cerca della fonte della voce - Sono qui!

Si girò e vide alla sue spalle un esserino giallo. No, non proprio tutto giallo… Era vero? Restò imperterrito a guardare la bimba delle torte di fango. Anch’ella lo guardava. Stava sorridendo e portava in mano una piccola teglia argentea.

“Cose c’è nella teglia?†si chiese nonostante dentro di sé conoscesse piuttosto bene la risposta.

“Fango†si disse dopo circa due minuti.

- E’ per me? – la bimba gli porse la “torta†ed egli tremante allungò una mano per prenderla.
In un primo momento si chiese se tutto ciò fosse vero, se quella non fosse un’allucinazione dovuta al troppo pensare. La bimba era lì, in piedi, e stava aspettando che facesse finta di mangiare il suo regalo.

Egli prima di “prendere†un pezzo squadrò bene la torta: all’apparenza viscida, di un colore a metà  tra il nero ed il marrone, con alcune bollicine e persino una formica impantanata in un angolo.

Era stupenda.

Prese il “pezzo†e lo portò alla bocca, facendo finta di mangiarlo, poi guardando la bimba disse: - Grazie. Mi piacciono le tue torte.

Lei gli sorrise e corse a sederglisi accanto sulla panchina. – Ti vedo sempre, - un tuffo al cuore. La bimba lo aveva notato. – sei sempre seduto qui a leggere il giornale. – indicò la panchina –Oggi non c’è il giornale! – lo disse come se avesse dovuto spiegare qualcosa a qualcuno moltissime volte – Perché oggi non hai il giornale? Oggi non stai bene?

La melma guardava la bimba negli occhi: erano di un colore intenso, deciso; nelle sue pupille si poteva scorgere la curiosità  che provava vedendo l’uomo senza il giornale, la sua attenzione per le piccole cose…

- No, oggi non sto molto bene.

- Mamma dice che quando una persona non sta bene dovrebbe stare a casa a riposare! – Alla melma quello suonava tanto come un rimprovero, ma non si arrabbiò, piuttosto sorrise.

- Tua madre ha ragione, ma, vedi, non sto male fisicamente. – la bimba sollevò un sopracciglio in segno di scetticismo – Lo so, lo so, alle tue orecchie suona strano. – piantò lo sguardo a terra – Comunque sia, venire qui mi fa stare meglio, mi piace il parco, per questo non sono a casa.

- Perché ti piace tanto?

- Perché è il luogo dal quale provengo. -  sentì una morsa allo stomaco. Non conosceva quella bambina se non di vista ed adesso le stava parlando, si stava addirittura confidando con lei. Probabilmente non era la cosa migliore da fare, lo sentiva, ma in venticinque anni si era tenuto tutto dentro e, seppur melma, non poteva continuare su quella strada, non dopo aver visto la pura innocenza negli occhi di quella bimba - La vedi quella pozzanghera laggiù? – la bimba annuì, confusa – Quella era la mia “casaâ€, prima.

- Quindi tu vivevi in una pozzanghera? – il suo sguardo calò sulla torta di fango che aveva posato accanto a lei – Come il fango!

- Sì, esatto, come il fango.

- Io invece vengo qui per fare torte. Prima avevamo un giardino e giocavo lì, ma adesso io e mamma ci siamo trasferite e non c’è più un posto per fare torte con la terra. Ah, io mi chiamo Greta, e tu come ti chiami?

Egli restò interdetto per un attimo, non si aspettava una domanda del genere. A lui non era mai importato di qualcosa di frivolo come un nome, ma evidentemente per gli umani non era così. – Io in realtà  non ho un nome… - rispose, imbarazzato. Era la prima volta che gli capitava di provare una sensazione simile, probabilmente in un altro momento l’avrebbe associata a debolezza, ma adesso non ne era così sicuro.

- Posso dartene uno io!

- Vuoi darmi un nome? - francamente non sapeva se prendersela perché trattato alla stregua di un animale o piuttosto ringraziarla, in quanto unica ad essersi interessata a lui nonostante non lo conoscesse nemmeno.

Ella annuì e si mise in piedi, pensando ad un nome che le piacesse e che non fosse eccessivamente strano. Mentre pensava lanciava rapide occhiatine al viso del ragazzo, poi tornava a fissare un punto mentre si sfregava le manine.

- Ho trovato!

- GRETA! – la piccola sobbalzò – Cosa stai facendo?! Chi è quest’uomo?! – era arrivata una donna, furente. Il fango sapeva chi era: la madre della bambina.

- Mamma! – si lagnò – Io e l’uomo del parco stavamo facendo amicizia! – la donna lo guardò con astio, se non fosse stato fango probabilmente sarebbe rimasto fulminato dalla sua occhiataccia.

- Vieni subito via Greta! Non voglio che parli con qualcuno che non conosco. – la prese delicatamente per un braccio e quella, amareggiata, non disse nulla all’infuori di un “A domani, Vincentâ€.

Egli rimase a guardare le due figure allontanarsi, con in mano la torta datagli da Greta.


***
 

La luce di una lanterna illuminava la stanza rivelando così le sfumature rossastre dovute al sangue.
Delle persone osservavano una determinata porzione di parete. Parlottavano tra di loro, a bassa voce, quasi temessero di essere sentite.

Una delle persone, una figura leggermente ingobbita, camminava per la stanza blaterando in tono perentorio di come il mondo stesse sgretolandosi sotto i loro occhi. Gli altri stavano a guardare, intervenendo ogni tanto per esprimere la propria opinione, nonostante queste non fossero un granché differenti da quella della figura.

Le persone nella stanza, fatta eccezione per quella che camminava, sembravano un unico gigantesco essere: quando si muoveva uno si muovevano anche gli altri, appena parlava uno rispondevano anche gli altri. L’altra figura invece era totalmente diversa, estremamente autoritaria, e gli altri, consci di ciò, non provavano nemmeno a superare quel baratro che li separava.

- E’ veramente possibile che sia accaduto? – la figura si bloccò, stizzita.

- Sì, ve lo abbiamo detto, noi abbiamo visto.

- Sì, ve lo abbiamo detto, noi abbiamo visto.

- Sì, ve lo abbiamo detto, noi abbiamo visto.

Quella risposta echeggiava nella stanza come l’eco prodotto dal ruggito di una creatura sovrumana, sembrava di essere in un luogo vasto e non in una semplice stanza…

- Trovate quel luogo e portate qui la fonte di quest’azione oltraggiosa.-

… E la figura ingobbita era il mostro.


***
 

“Vivere distruggere creare assoggettare fango torta terra pozzanghera pioggia prato brecciolini lampione nuvole erba stanza parete sangue morte desolazione paura creazione qualcosaâ€

La sua mente era colma di pensieri, le preoccupazioni lo tenevano imprigionato.

Erano passati alcuni giorni dall’incontro con la bambina delle torte di fango. Egli si era recato al parco ogni giorno nella speranza di reicontrarla, ma invano.

Quel pomeriggio, dopo che la madre la portò via, rimase tutta la notte accanto alla panchina, a rimuginare sul perché quella piccola umana avesse provato interesse per lui anche dopo che le fu, implicitamente, detto che non stava parlando con una persona vera e propria. Non si era spaventata, tantomeno aveva manifestato altre emozioni, si era limitata a continuare il proprio discorso.

La melma poi, catturata dall’esserino, si era lasciata andare e, incurante, non aveva esitato molto ad aprirsi a lei.

Forse per la rabbia, forse perché in quel momento si sentiva solo, forse perché la bimba si era dimostrata comprensiva nonostante la giovane età , o forse solamente perché non considerava la bimba un essere pericoloso, si sentì libero di conversare e di mettere un attimo da parte il suo astio verso gli uomini.

In quel periodo il ragazzo di fango passò delle notti agitate e dei giorni tristi; l’intero scorrere del tempo gli sembrava ancor più superfluo di quanto non fosse già  prima.

I ricordi ed il malessere che questi gli provocavano non giovavano ad i suoi interessi; l’essere debole, l’essere oggetto della volontà  altrui com’era stato qualche giorno addietro, a causa di sua madre prima e della madre della bimba poi, lo facevano sprofondare in uno stato di ansia, in un baratro di tristezza talmente profondo che andava perdendosi nei meandri della terra, tra il fango che lo componeva. Era stato negli ultimi tempi che aveva iniziato a pensare alle proprie condizioni, difatti da quando l’aveva vista in mezzo a tutte quelle fiere aveva iniziato a comportarsi diversamente: aveva avviato un lento processo che stava pian piano mutando la sua natura, un processo che lo rendeva fiacco, un qualcosa che, in un certo senso, lo avvicinava agli uomini che da qualche giorno a questa parte aveva osservato in silenzio e che, inaspettatamente, aveva imparato ad apprezzare.

A causa di quel processo sentiva qualcosa dentro di lui agitarsi e contorcersi come un animale in fin di vita, eppure nonostante l’evidenza della situazione continuava a provare a passarci sopra, sicuro che prima o poi quella spiacevole sensazione sarebbe passata.

Probabilmente a quel processo si andavano addizionando anche dei cambiamenti fisici all’interno del suo corpo: da un po’ di tempo si era trovato a “perdere†fango, similmente ad un contenitore che bucato perde il proprio contenuto. Il fango da egli perso, però, non era esattamente simile a quello che ogni tanto lasciava in giro, piuttosto ricordava del petrolio.

“E’ stata lei a far breccia dentro di me? Ferendomi a tal punto da farmi perdere liquidi vitali?†si chiedeva cercando invano una risposta che potesse soddisfarlo.

Passò altro tempo, ma egli non aveva ancora trovato una spiegazione a quel fenomeno finché, un’uggiosa giornata autunnale, la spiegazione venne a fargli visita, ignorando del tutto le sacre regole dell’ospitalità : la spiegazione difatti entrò dirompente dalla porta, schiodandolo dalla sua stanza con delle frasi secche e concise e poi, appena il fango uscì dalla propria dimora, lo strattonò brutalmente verso una determinata stanza della casa.


***
 

Quello a cui stava assistendo lo lasciò pietrificato.

Durante gli anni passati da uomo non gli era mai capitato che qualcuno facesse qualcosa senza il suo permesso, tantomeno una cosa simile. Si stava chiedendo se anche loro non stessero cambiando, o se, forse, questo fosse dovuto proprio al cambiamento al suo interno.

Esterrefatto osservava la parete.

Non osava fare un passo avanti, aveva tutti i muscoli irrigiditi. Gli occhi gli bruciavano, così come la gola, infiammata. Aveva il battito cardiaco lievemente accelerato e respirava con un po’ di fatica.

Normalmente si sarebbe girato, avrebbe chiesto una spiegazione ed infine avrebbe deciso come agire. Ma adesso quella routine non era del benché minimo aiuto.

- Perché? – chiese continuando a fissare quell’oscenità . Aveva la voce un poco spezzata.

- Andava fatto. – la donna con la lanterna era dietro di lui. – Sei malato.

- Sto bene.

- No. – la donna si frappose tra la melma e la parete – Sei sempre stato malato, ma adesso le tue condizioni stanno peggiorando. – congiunse le mani in preghiera – Oh, se solo avessimo capito prima… Ora sta iniziando ad essere troppo tardi. - egli sapeva a cosa la donna si riferiva: ella parlava del loro scopo - Avremmo dovuto capirlo prima.

- E con ciò? – una nota acidula nella sua voce lasciava intendere che si trovava in disappunto con la donna – Adesso è così che rimediate? E’ COSI’?! – aveva afferrato di scatto la lanterna della donna e l’aveva buttata a terra, lasciando così al fuoco la possibilità  di inghiottire l’edificio.

- Sei uno stolto! – urlò la donna – Nonostante il potere donatoti hai permesso ad un essere di calpestarti, quasi che fossi ancora del lurido fango! A quest’ora avresti dovuto ergerti sugli uomini, intonando con la tua voce il requiem del Cuore! E guarda, sì, guarda! – gli diede uno schiaffo e la melma indietreggiò di un paio di passi.

Alle sue spalle si era formata una folla di uomini vestiti con lunghe tuniche rossastre. Alcuni erano intenti a domare le fiamme, altri guardavano il ragazzo e la donna, altri ancora si erano portati alle spalle di quest’ultima. L’uomo di fango era circondato da uomini, come la prima volta, come quando era venuto al mondo.

Quel ricordo era ancora nitido nella sua mente: i canti degli umani, il fuoco delle torce, il sangue attorno a lui, il fango sul suo corpo e quella frase, quella frase che tanto odiava e che risuonava all’interno del suo cervello coprendo il requiem proveniente dal Cuore.

“L'antico potere si è risvegliato, dopo millenni, ed ora è pronto a scatenare la sua furia!â€

Ricordava che una volta in piedi guardò ad uno ad uno i volti degli adepti, poi si mosse verso di loro ed iniziò ad ucciderli.

Non sceglieva con criterio, chiunque si trovasse sul suo cammino veniva inevitabilmente soffocato dal fango viscido che lasciava sul loro corpo dopo averli colpiti. Solo una persona non scappava ed assisteva, imperterrita.

Rammentava di essersi placato alla vista della donna con la lanterna, l’unica non intimorita al cospetto del mostro. Vi erano altri alle sue spalle, quegli stessi altri che adesso erano lì in quella stanza, ma a differenza della donna tremavano ed il fango avvertiva la loro paura.

Ebbe un breve dialogo con la donna, dopodiché accettò di seguirla e di stabilirsi nell’edificio dov’erano adesso.

La donna aveva promesso che gli avrebbero permesso di dominare la loro patetica specie. L’unica cosa che volevano in cambio era il permesso di servirlo, nient’altro. Egli aveva accettato, convinto di trarne vantaggio. Non desiderava altro che imporre il proprio volere su quelle creature inferiori, ma prima decise che fosse meglio cercare coloro che quella notte riuscirono a scappare al massacro, coloro che adesso non erano né decomposti e né in quella stanza.

Solamente adesso quell’aggregazione di scarti si rendeva conto di quanto quella donna fosse subdola e di come lo avesse gabbato.

Solamente adesso quella creatura melmosa si rendeva conto di aver perso tempo stando appresso a quegli uomini.

Solamente adesso quel mezzo essere si rendeva conto di stare subendo un’ulteriore metamorfosi.

Solamente adesso quel ragazzo si rendeva conto che quella trasformazione accadeva interiormente.

E se n’era accorto dopo averlo negato per giorni.

- Il liquido nero che perdo… E’ il Cuore che stinge?

La donna annuì. – Il Cuore sta morendo, qualcosa è riuscito a far ripartire il processo che si era arrestato quando lo impiantammo al tuo interno. – sospirò – Il tuo comportamento sta accelerando il processo, ti stai uccidendo da solo. – indicò la parete – Tu hai bisogno di dolore. Il Cuore si nutre della negatività  emessa dall’animo umano. Tu devi uccidere per tornare in forze. E’ ora che tu metta da parte quella ridicola vendetta personale e che tu dia il via al nostro piano.

Il ragazzo aveva lo sguardo fisso verso la madre, ma non stava esattamente guardando lei, i suoi occhi erano intenti a fissare la parete sulla quale era appeso un cadavere: era il corpo di una giovane donna, di un qualcuno che conosceva di vista. Non gli importava granché di quel morto, difatti sebbene lo stesse osservando tutta la sua attenzione era rivolta a ciò che stava ancora stringendo tra le dita: un piccolo impermeabile giallo.

- E’ vero, - annunciò – io ho bisogno di morte.

- Bene. – la donna lo superò, ma egli la bloccò.

- Ho bisogno della vostra morte. – la nota di allarme emessa dagli uomini risuonava come delle campane a festa – Ne ho bisogno per vivere madre… Per vivere libero.


***
 

Correva il più velocemente possibile verso la via indicatogli dalla donna.

Si era allontanato dall’edificio bruciante senza rancore, solo con del risentimento per non averlo fatto tempo prima. La donna era rimasta sola quando Vincent l’aveva presa per il collo ed aveva iniziato a stringere. Si era spenta velocemente, prima della venuta di quella sera senza Luna…

“Lasciami, putridume!†fu l’ultima cosa che gli disse. Aveva provato ad ingannarlo nuovamente dicendogli tante belle cose e lo aveva addirittura ammonito ricordandogli che avrebbe sprecato tempo e che sarebbe stato solamente un male se fosse andato alla sua attuale metà  perché la bimba ormai sarebbe già  passata a miglior vita.

“Fandonie†pensava mentre correva.

Il suo appartamento era oltre il parco, pertanto si vide costretto ad attraversarlo. Maree di piccoli ricordi cercarono di sommergerlo mentre correva sui brecciolini, superava la panchina ed il lampione, saltava la pozzanghera nuovamente riempita dalla pioggia. Egli in quel momento non poteva fermarsi ad interagire con ogni singolo filo d’erba, a parlare con gli alberi di quanto fosse bella la sua casa. Egli doveva sbrigarsi.

Vedeva l’abitazione della bimba, era sempre più vicina.

Vi entrò passando per il portone semi-distrutto, corse per le scale superando la folla di curiosi che si era formata e finalmente dietro un agente di polizia vide un paio di galosce gialle.

Vedendolo zuppo di sangue cercarono di bloccarlo, ma il ragazzo era incurante dei richiami, insensibile alle minacce ed al dolore fisico. Voleva solamente raggiungere la barella sulla quale era adagiata Greta.

Non seppe come, non seppe il perché, ma i presenti, sentendolo urlare disperatamente, si ritirarono in un angolo della stanza, seduti in terra. Gli passò per la testa il Cuore, ma fu solo un’impressione… Quell’oggetto era probabilmente speciale, ma egli non credeva ci fosse una qualche creatura del sottosuolo, bensì aveva imparato che erano loro, gli umani, a cambiare la reliquia ed a donargli il suo potere ed adesso Vincent, il neo-umano, pretendeva di parlare con Greta, perciò l’oggetto aveva fatto sì che i poliziotti si allontanassero, permettendo a quell’essere così travagliato di ambire al proprio spiraglio di salvezza.

- Vincent… - la voce della bimba era un soffio di vento – Vincent, anche oggi sei triste?

- Sì. – sentiva qualcosa scorrere su una guancia. Che fosse pioggia? – E’ colpa mia se è accaduto questo.

- No. – gli strinse la mano con le poche forze che le restavano – Tu non sei cattivo Vincent, tu hai mangiato la mia torta ed ai cattivi non piacciono le torte.

- Greta… Io… - strinse la piccola lasciando una lieve macchietta marrone sulla barella.

- No! – un piccolo urlo, le ultime forze della piccola - Non importa se sei del fango o sei una persona, tu devi essere te stesso! – prese con un dito un po’ di fango lasciato da Vincent e gli disegnò una faccina sorridente sulla guancia, sorridendo a sua volta – Un giorno giocheremo insieme a fare delle torte di fango. – Vincent sentì calare qualcosa di umido anche sull’altra guancia – Ti voglio tanto bene.

- Anche io.

La bimba, sorridente, chiuse i suoi regali occhi color fango ed in quel momento, solamente per un attimo, Vincent catturò nei suoi occhi il tanto agognato motivo per cui si erano rivolti la parola: ai bambini non interessa chi tu sia o cosa tu faccia, ai bambini interessa essere felici, perché per i bambini non ci sono differenze.


***
 

“C’è chi dice che talvolta, nei parchi, si senta un battito caldo ed armonioso. Molte persone lo associano ad allucinazioni causate da stress, ma i bambini sostengono che ad emetterlo sia una figura, sicuramente immaginaria, chiamata “L’uomo della pozzangheraâ€, che si dice viva nei dintorni delle stesse e che giochi con i bambini a fare torte con il terriccio umido.

A quanto pare alcuni ragazzini intervistati hanno raccontato che è alla ricerca di qualcosa, o di qualcuno, ma fino ad adesso nessun…â€

 

Il giornale venne chiuso di scatto. Un bambino era impalato davanti alla panchina. Aveva una teglia argentea in mano.

- Vieni a giocare?

- Arrivo subito.

La figura che stava leggendo il giornale alzò gli occhi, si levò dalla panchina e, mentre l’ultimo lembo dei suoi vestiti veniva staccato dal legno umido, una lieve macchia marroncina ne prese il posto.

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Nickname: Hydramence59

Titolo: Le forze della natura...

Elaborato:

L'antico potere si è risvegliato, dopo millenni, ed ora è pronto a scatenare la sua furia!

Una calma giornata, soleggiata, ma con un temporale a qualche chilometro. Quel posto era strano. Era un'antica città , costruita Milioni di anni prima, ed era l'unico posto al mondo in cui umani e Pokémon preistorici collaboravano. Una solita giornata. I Carracosta Express portavano le persone sulla propria schiena, gli Archeopostini portavano le lettere. In una casa su un altissimo albero, Dracon e il suo piccolo Tyrunt dormivano tranquilli. «ROOOOOOOOARRRRRRRRGGHHHHHHHH!!» un potente ruggito li fece subito saltare in piedi. Ma Dracon non era spaventato. Si avvicinò alla scala, accarezzando il naso di Tyrantrum, il Pokémon di famiglia. Era solito fare così per ottenere le attenzioni del suo padrone mentre dormiva. Tyrunt si alzò, sbadigliando. Poi salì sulla testa di Tyrantrum e saltò alla stanza di sotto. Mangiò le sue bacche preferite e cominciò a giocare con il suo osso. Intanto, alla cucina, Amaura aiutava la madre di Dracon a preparare tutto, mentre Aurora, la Aurorus di famiglia metteva i piatti sul tavolo. Dracon si vestì, fece colazione e schizzò fuori. Tyrunt lo seguì subito. Qualsiasi persona sarebbe rimasta a bocca aperta, ma tutta la città  era abituata a palme pullulanti di Aerodactyl e Archeops, a fiumi con Kabuto che sguazzavano e Omanyte che esaminavano il fondale, e a Amaura e Aurorus che mangiavano fili d'erba, a Tyrunt che inseguivano Cranidos, Carracosta che portavano le persone e tutti, solo Pokémon fossili. Al centro della città , c'era un enorme ammasso di pelle dura come la roccia rossa. La testa del Pokémon addormentato era grande quanto un Rampardos, e presentava una mascella grande quanto un Tyrunt. Ma pure a Groudon in mezzo alla città , loro erano abituati. Ma non erano abituati a ciò che stava per accadere. Il sole perenne scomparve, lasciando il posto a nuvoloni neri che fecero cadere un diluvio, e tanti fulmini squarciavano il cielo. Carracosta e gli altri Pokémon d'acqua furono lanciati via dall'Idropompa del Pokémon d'acqua più potente, Kyogre. «Oh, no!» gridò Dracon. Tyrunt si scagliò su Kyogre con Codadrago. Ma Kyogre lo lanciò via semplicemente con una testata. Tyrunt usò Dragobolide. Kyogre fu colpito da molte meteore arancioni, ma ciò lo fece infuriare di più. Brillò d'azzurro, e crebbe all'istante. Si era Archeoevoluto. Lanciò un'Idropompa contro Groudon, che fu scagliato via, contro una montagna. Aprì gli occhi, e anche lui diventò un Archeopokémon. Il sole spazzò via le nuvole, Groudon lanciò un Solarraggio che colpì Kyogre, che tornò normale e se ne andò. E fu così che Groudon salvò la sua città .

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Nickname dell’autore: jack24
Titolo: Le origini dei team
Elaborato:
“L’antico potere si è risvegliato, dopo millenni, ed ora è pronto a scatenare la sua furia!â€
Furono queste le parole di Celebi, leggendario abitante del Bosco di Lecci, nella regione di Johto. Era rivolto a due ragazzi di circa vent’anni che si chiamavano Max e Ivan, si conoscevano fin da bambini ed erano così amici che giravano sempre insieme. Vivevano con le loro famiglie ad Azalina, una cittadina a sud della regione, famosa per i tantissimi slowpoke che vivevano insieme agli umani. Un giorno la normale tranquillità  del luogo venne interrotta da violente scosse di terremoto e onde altissime che sommersero tutta la costa. Questa situazione andò avanti per molte settimane, peggiorando sempre di più e diffondendosi in tutta la regione. Un giorno i due ragazzi, curiosi, decisero di andare a vedere com’era la situazione nelle città  vicine e passando per bosco incontrarono il Pokémon Celebi che gli disse quella frase. All’inizio non capirono di cosa si trattasse, era la prima volta che vedevano un Pokémon parlare, ma soprattutto era la prima volta che incontravano un Pokémon cosi raro. I ragazzi non ebbero il tempo di rispondere che una luce accecante li avvolse e puf! Scomparirono. Si ritrovarono in una vasta pianura, il cielo era nerissimo ed il rumore dei tuoni era talmente forte e persistente da imprimersi nelle loro menti. Vagarono un po’, spaesati. Erano lievemente affranti, andavano avanti chiedendosi se quel luogo fosse reale e, nel caso la risposta fosse sì, se si trovassero ancora a Johto. Quando stavano per crollare a terra Celebi apparse nuovamente davanti a loro: - Vi ho riportati a milioni di anni fa, al momento in cui i Pokémon leggendari Groudon e Kyogre si risvegliarono dalle viscere della terra e dalla pressione dei fondali marini, creando i continenti e riempiendo i mari. I due ragazzi si scambiarono un’occhiata strana. – Non capisco, perché lo hai fatto? - chiese Max. - Vedete, quando i due Pokémon si risvegliarono venne sprigionato un potere immenso. Successivamente, però, iniziarono a scontrarsi per la supremazia della Terra e Rayquaza dovette intervenire: riuscì a fermarli facendoli cadere in un sonno lungo millenni. Durante questa lunga “pausa†il loro potere venne soppresso e continuò ad aumentare. Ormai è arrivato al massimo e gli effetti iniziano a vedersi nel vostro tempo. Andrà  sempre peggio, la Terra verrà  distrutta! Voi dovete impedirlo distruggendo la Sfera Rossa e la Sfera Blu formatesi insieme ai Pokémon, così da impedire a Rayquaza di tenerli addormentati. - Aspetta, non capisco, perché noi? – chiese Ivan. - Tutto avviene per una ragione, voi eravate le persone più adatte, fidatevi. – All’improvviso Celebi scomparve lasciano i ragazzi con tantissimi dubbi. Fiduciosi che stessero facendo la cosa giusta, si incamminarono in quella che era la regione di Hoenn appena creata. Si verificavano scosse di terremoto frequenti, i tuoni ed i lampi deturpavano perennemente la valle rendendo complicato l’addentrarsi nella regione. Max e Ivan camminarono per molto tempo fino ad arrivare in prossimità  di un enorme vulcano, quello dove in futuro sorgerà  Ceneride. Accanto al vulcano c’era un lago enorme, non si vedeva nemmeno l’altra riva. - Dove pensi siano le sfere? – domandò Max. - So che vengono custodite sul Monte Pira, ma l’uomo ancora non esiste e non so proprio dove possano essere – rispose Ivan. All’improvviso vennero accecati da due luci di diverso colore, Max da una luce rosso fuoco, mentre Ivan da una blu acqua. Si avvicinarono e rimasero sorpresi nel vedere le due sfere, che ad un tratto si erano messe a scintillare. Non passò molto prima che il perché del bagliore venne spiegato: Groudon uscì dal cratere del vulcano e Kyogre saltò fuori dal suo lago. Max e Ivan rimasero sbalorditi nel vederli in una forma lievemente diversa da come venivano rappresentati solitamente. Gli diedero il soprannome di “Archeoevoluzioniâ€. Erano una forma mai vista prima d’ora. Probabilmente stava per iniziare lo scontro, il famoso scontro di cui avevano sentito parlare solo nei libri di storia antica. I ragazzi presero in mano le rispettive sfere ma non avevano idea di come distruggerle. Max notò un sasso abbastanza grande, fece fatica a sollevarlo e lo mise davanti alla sfera. – Quando io alzerò il masso tu devi mettere subito sotto le due sfere, dobbiamo almeno provarci prima che arrivi Ray… - Max venne interrotto da un Iper raggio che si schiantò proprio vicino a loro: era Rayquaza, deciso più che mai ad impedire ai ragazzi di portare a termine la loro missione. Il Pokemon stava arrivando a grande velocità  verso di loro, dovevano pensare ed in fretta. Ad Ivan venne in mente un piano: sarebbero saliti con le sfere sopra Rayquaza e quando sarebbero stati sufficientemente alti le avrebbero lasciate cadere così da frantumarsi. Anche se difficilmente, riuscirono a salire su Rayquaza, ma dato che il Pokémon si muoveva ad una velocità  cosi alta caddero dopo pochi secondi. Ivan cadde al centro del lago, mentre Max sempre in acqua ma molto più vicino alla costa ed al vulcano. Groudon fissò Max, la sua furia si placò, la stessa cosa avvenne per Kyogre vedendo Ivan. Fu una cosa di qualche secondo. Immagini, proiettate davanti a loro: videro Ceneride, videro Kyogre a Groudon nella forma che conoscevano, che combattevano. C’erano anche due uomini somiglianti a loro, ma più grandi. Vi era anche un ragazzino con i capelli bianchi ed una fascia verde in testa, era insieme al famoso campione Adriano e ad un altro uomo vestito di nero. Una volta finito il flash nuovamente una luce avvolse Max e Ivan che fecero appena in tempo a vedere Rayquaza addormentare Groudon e Kyogre. I ragazzi si ritrovarono nuovamente nel Bosco di Lecci. Nella regione di Johto la situazione era cambiata, nel loro tempo tutto era tornato alla normalità  e i ragazzi non ne capivano il perché. - Se Rayquaza ha addormentato Groudon e Kyogre e le sfere non sono state distrutte non abbiamo cambiato il futuro, allora perché i cataclismi si sono fermati? - si disse Max, intento a capire il reale senso di quel che era accaduto. - Penso che centri con quello che abbiamo visto, forse vedendo quelle immagini lo abbiamo già  cambiato il futuro, forse grazie a quelle immagini faremo qualcosa tra qualche anno che ha impedito ai cataclismi naturali di svilupparsi nei giorni nostri. - Non ci sto capendo nulla! In quello che abbiamo visto Groudon e Kyogre erano svegli, ma noi eravamo grandi, sempre se fossimo veramente noi, quindi penso ci abbiano fatto vedere quello che succederà . Tu non credi? - Probabile, forse il nostro scopo è quello di risvegliare Groudon e Kyogre ai giorni nostri, così da far defluire il potere accumulato per milioni di anni. Diciamo che ci è stato dato un altro po’ di tempo, forse quando ci hanno fissati hanno capito che saremo stati noi a svegliarli. - Ed è per questo che Celebi ha scelto noi? - Se io dovrò risvegliare Groudon e tu Kyogre sai che non potremmo più essere amici, Ivan. Ivan non sembrava essere contento, aveva un’espressione mogia sul volto. - Evidentemente non è così che doveva andare. Ricordi Celebi? Tutto accade per una ragione. Se è così, mi mancherai amico mio. - Qualsiasi cosa accada ricordati sempre di questo giorno. - Soprattutto ricordiamoci la vita che facevamo e le nostre famiglie, perché credo che non le rivedremo mai più. – I due ragazzi si strinsero la mano e sorrisero. Una piccola figura li osservava dal ramo di un albero, pensando a ciò che era successo ai ragazzi e ciò che gli succederà : “Il giorno dopo prenderanno il treno a Fiordoropoli che li porterà  a Zafferanopoli nella regione di Kanto, da lì, arrivati ad Aranciopoli, la M/N Acqua li porterà  fino alla regione di Hoenn. Una volta ad Alghepoli i due ragazzi si separeranno e non si rivedranno per anni. E’ proprio in quel periodo che Max fonderà  il team magma mentre Ivan fonderà  il team Idro. Quello che succederà  in futuro, già  si sa…â€

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Nickname dell’autore: ~ Vector

 

Titolo: Le fiamme della vendetta

 

Elaborato

 

Parte 1- La rinascita

“L'antico potere si è risvegliato, dopo millenni, ed ora è pronto a scatenare la sua furia!†. Nella regione di Sinnoh vi sono varie leggende. Una fra tutte spicca per fantasia e importanza. Si narra che ,non molti anni or sono, un malvagio team cercò di impossessarsi del potere del tempo e dello spazio e che solo l’intervento di un giovane allenatore impedì la catastrofe. Poche persone confidano nella bontà  veritiera di questa storia. Una di esse è uscita proprio da poco dal carcere,nel quale finì per motivi non ancora chiariti. Una di esse si chiama Cyrus. Entrato nel penitenziario venti anni or sono,sembra sia stato proprio lui a mettere in circolo questa leggenda. Tutti coloro che furono suoi compagni di cella giurano che egli sia un tipo strano,e di averlo sentito lavorare e parlare misteriosamente durante la notte.  Appena uscito di prigione egli intraprese un lungo viaggio per la regione,alla ricerca di tre misteriose persone.  E a quanto raccontano i fatti le trovò.

 

Parte 2- Il potere risvegliato

“Capo†,esclamò Giovia, “ciò che è stato da lei richiesto è appena stato consegnato al primo pianoâ€. In realtà  nemmeno lei sapeva cosa fosse appena arrivato in sede. L’unico che ne era a conoscenza era Cyrus.  Una cosa certa è che doveva trattarsi di qualcosa di davvero ben nascosto nel pacco,in quanto tutte le attività  del team erano controllate dalla Polizia Internazionale. “Ottimoâ€,rispose il capo, “vado a ritirarloâ€. E da quel momento parlare o anche solo vedere Cyrus divenne estremamente complicato. Egli se ne stava sempre chiuso in laboratorio a lavorare a chissà  quale progetto,del quale solo Saturno era entrato a conoscenza. Gli eventi si susseguirono tranquilli per mesi,senza che accadesse nulla di particolare,ma improvvisamente arrivò il giorno che gli altri comandanti aspettavano. Il giorno in cui Cyrus spiegò loro il suo piano,facendoli rimanere sbigottiti. Essi avevano creduto fosse un secondo tentativo di ciò che avevano già  provato in passato,ma quello che il capo aveva escogitato andava oltre la loro immaginazione e comprensione. Egli voleva infatti sfruttare un misterioso processo,del quale era entrato a conoscenza, chiamato Archeoevoluzione, per ottenere un nuovo potere dai leggendari del tempo e dello spazio,il quale gli avrebbe consentito di respingere ogni forma di opposizione da parte di qualsiasi essere vivente. Ed era proprio qui che entravano in gioco i misteriosi pacchi arrivati tempo fa. In essi erano contenute due piccole sfere, nelle quali Cyrus era riuscito ad iniettare piccole molecole contenti il dna di dialga e palkia,oltre ad altri componenti misteriosi che avrebbero dovuto innescare l’Archeoevoluzione. Una volta messi a conoscenza tutti i comandanti del piano elaborato essi furono congedati e Cyrus rimase solo. Mille pensieri gli vorticavano nella testa,ma uno fra tutti si faceva largo. Esso riguardava come avrebbe fatto ad evocare dialga e palkia. Catturare nuovamente il trio dei laghi era la miglior ipotesi,ma avrebbe costituito un considerevole rischio per la riuscita senza interferenze dell’operazione. La risposta a questo interrogativo gliela fornì il suo stesso laboratorio. In esso infatti egli trovò fortunosamente dei microcristalli appartenenti alla prima rossocatena realizzata e partendo da essi riuscì a realizzarne una seconda. A questo punto l’operazione procedette come la prima volta e una volta raggiunta la Vetta Lancia egli riuscì ad risvegliare con successo i Pokemon leggendari. Completato questo passo,utilizzando le due sfere ,egli costrinse i Pokemon a sottomettersi alla sua volontà ,portandoli all’Archeoevoluzione. Gli interventi che da quel momento effettuarono la Polizia Internazionale e i Pokemon di tutta la regione furono inutili. Questa volta Cyrus aveva infatti centrato l’obiettivo. Era riuscito a risvegliare un potere tanto antico quanto potente e ora nessun allenatore o Pokemon scuro sarebbe riuscito a mettergli i bastoni tra le ruote..

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Nikname dell'autore :


 


Boh


 


Titolo :


L'inizio della rivalsa


 


 


ELABORATO


 


“-L'antico potere si è risvegliato, dopo millenni, ed ora è pronto a scatenare la sua furia!-


Mi svegliai di colpo. Ancora quel sogno. Andai in bagno e subito dopo mi riinfilai sotto le coperte. Guardai l’orologio : le 4:00 di notte. Provai a riaddormentarmi, ma quelle parole mi rimbombavano nella testa e più cercavo di lasciarle perdere, più non riuscivo a pensare ad altro ed il silenzio dentro la mia camera si faceva sempre più assordante. Dopo strazianti ed interminabili minuti decisi di uscire a prendere una boccata d’aria. Mi alzai, mi infilai le scarpe e presi una mela dalla dispensa, dopodiché, silenziosamente mi diressi verso l’uscita sul retro che portava all’immenso lago di Jimbe : l’unico motivo per cui la mia città  era nota al mondo. Mi sedetti sulla riva immergendo le gambe nell’acqua sino alle ginocchia e iniziai a… aspetta un momento, non mi sono ancora presentata! Che maleducata! Il mio nome è Nala, sono una mezzosangue nata e cresciuta a Bamboo, un piccolo adorabile villaggio, che fa parte della nazione dell’acqua del settimo degli otto mondi : Oras. Andiamo per tappe. Forse qualcuno di voi non lo sa, ma in questa galassia esistono otto mondi abitati da creature dotate di intelletto. Il mio, Oras, era abitato dai Fenir, creature dall’ aspetto elfico, ma senza affinità  con la magia. Su Oras , ai tempi, era in corso una guerra. Le due coalizioni erano rispettivamente Fenir e Pokemon. A dire il vero non tutti i Pokemon si ribellarono, la maggior parte dei Pokemon ‘randagi’, assieme ai leggendari, stanchi delle disastrose conseguenze che la urbanizzazione dei Fenir stava avendo sul clima del mio vecchio pianeta, dichiararono apertamente guerra al mio popolo, che per tenergli testa, si servì invece di Pokemon addestrati al combattimento. Altri ancora, come me, erano nel mezzo e fingevano di tifare per una delle due parti anche se l’unica cosa che davvero desideravano era la pace. Comunque! Dove eravamo rimasti? Ah sì, il lago. Mi sedetti sulla riva del lago e alzai la testa per guardare il cielo. Da lisi vedeva la terra… A quei tempi desideravo tanto vivere sulla terra. Mia madre me ne parlava sempre e io puntualmente perdevo ore ad ascoltare i suoi racconti davanti al camino, con la testa sulla sua spalla, come una bambina anche se avevo 17 anni.â€


“Mi scusi signorina? Tutto molto interessante, ma non ho capito bene cosa c’entra quel sogno. Potrebbe spiegarmelo?â€


“Certo piccola mia, ci stavo giusto per arrivare. Allora, il sogno, o meglio, quel sogno, si ripeteva a quei tempi per me per la seconda notte consecutiva. Lo ricordo bene. Avvenne tutto a causa di un ragazzo due giorni prima della svolta. Era mattina e io mi apprestavo a tornare a casa dopo aver fatto la spesa. Sul tragitto del ritorno però mi imbattei in un non indifferente numero di viandanti che si erano fermati e radunati attorno ad un albero fino a formare unabel gruppetto. Incuriosita, mi feci spazio e quando arrivai nell’occhio della folla rimasi sorpresa da ciò che vidi: ai piedi del possente tronco dell’enorme quercia vi era un diciottenne in camicie bianco con occhiali rotondi. Era molto snello e alto sul metro e 80’. Capelli neri tirati all’indietro in un codino che lasciavano scoperta una fronte vittima di migliaia di brufoli. Vi giuro, erano così tanti che ci si poteva giocare ad unisci i puntini. Stava blaterando a proposito di una archeo cosa che non ho ben capito, ma se c’è una cosa che ricordo bene, sono sicuramente le sue ultime frasi prima di scappare dall’imbarazzo procuratogli dalle prese in giro della gente che rideva e gli lanciava addosso le pigne : -Credetemi! Non sto mentendo! Dobbiamo prepararci! Sta per avvenire qualcosa di terribile! L'antico potere si è risvegliato, dopo millenni, ed ora è pronto a scatenare la sua furia!-. Queste furono le sue esatte parole. Non approfondiamo oltre! Procediamo col resto del racconto. Allora… Rimasi fuori al lago per un po’, giusto il tempo necessario per rassicurarmi e tornare a dormire. Subito dopo, tornai dentro, mi riinfilai sotto le coperte e feci un sonno sereno. La mattina dopo mi alzai con fatica e dopo la colazione sentii una voce provenire dalla mia camera : -Nalaaaa! Forza, è tardi! Te ne sei forse dimenticata? Oggi e il giorno della prova- Mi fermai di colpo e la tazza che avevo in mano cadde fragorosamente per terra riducendosi in frantumi. Abbassai lo sguardo e il sorriso che avevo stampato in faccia morì di colpo. Mi ero dimenticata della cosa forse più importante che mi succedeva da quando sono nata. Quel giorno, io, Nala, avrei affrontato la prova d’ingresso per entrare a far parte dell’esercito della nazione dell’acqua. Ero triste, sconcertata, affaticata, debole, distrutta, infelice, angosciata, stremata, uccisa psicologicamente. Entrare nell’esercito era l’ultima cosa che avrei voluto, avrei preferito morire piuttosto che andare in guerra. Vidi mia madre entrare in cucina, prendermi la mano e trascinarmi in camera mia. Non opposi resistenza. Mi fece sdraiare sul letto, si sedette affianco a me e mi guardò negli occhi : -Ehi, non devi aver paura. Andrà  tutto bene, non preoccuparti.- mi disse. Chiusi gli occhi. – Non c’è bisogno di aver timore- mi dissi –il campo è qui vicino, potrò venire a trovare la mia famiglia quando voglio e poi… i Fenir sono sempre usciti vittoriosi dalle battaglie, in più non combatterò neanche in prima linea : non rischio la vita-. –Su dai, alzati e vatti a vestire, ti ho preparato la tuta- mentre lo diceva mi appoggiava l’abito sulle ginocchia. Senza dire niente, lo presi e andai a cambiarmi. Per la testa mi passò per un attimo l’idea di fallire la prova, ma non sarebbe stato per niente confortante per mio padre, comandante dell’esercito, vedere che sua figlia, addestrata e cresciuta da lui, aveva fallito in quella semplice sfida, istituita all’unico scopo di far pensare ai nuovi guerrieri che solo i migliori potessero unirsi nella lotta contro i Pokemon, cosa deltutto falsa, dato che ormai reclutavano anche minorenni. –E…E…Ecco. F…F…Finito- Balbettai asciugandomi le lacrime. Era da tanto che non piangevo. Uscii e mi guardai allo specchio : Ero magra, ma non per questo gracile, anzi, poche ragazze avevano un fisico atletico e muscoloso come il mio. Ero stata forgiata al combattimento sin dalla nascita, anche se odiavo qualsiasi forma di violenza. Capelli turchesi e liscissimi scendevano sin lungo i fianchi ai quali erano agganciate le mie armi: due lame corte di cristallo marino. Il cristallo marino era il materiale più duro e resistente mai stato scoperto sul mio pianeta. Era addirittura stato usato per intrappolare Kyogre, il Pokemon del lago, in una prigione sottomarina. Continuai a fissarmi : avevo il volto tempestato di lentiggini, carnagione chiara, quasi bianca, naso piccolo e tendente verso l’alto e grandi occhi viola al fianco dei quali spuntavano due orecchie a punta. –Nala, hai finito?- era mia madre. –Certo arrivo- Risposi e mi incamminai verso la porta. Mia madre mi stava aspettando con la valigia, visto che, quella notte, avrei dormito al campo dell’accademia, purchè quest ultima fosse proprio difronte casa mia. Presi il bagaglio ed uscii di casa. Il sole inondava la piazza e la brezza mattutina faceva ondeggiare i fili d’erba contro le imponenti e massiccie colonne dell’accademia : un edificio rosso e dorato, enorme, pieno di scritte e ornamenti arzigogolati. Entrai. Ci fu da aspettare un po’, ma alla fine riusci ad affrontare la prova : nulla di più semplice,  la superai senza difficoltà  alcuna. Il pomeriggio passai un po’ di tempo a sistemare la mia nuova camera e il restante lo dedicai al letto : non ero dell’umore giusto per fare qualunque altra cosa. Arrivò la sera, ma non riuscivo a dormire, così andai al solito posto : il lago. Non era mai successo prima di quella volta, eppure stare lì non mi faceva star meglio : pensavo alla guerra, la stessa guerra che faceva rientrare ogni volta mio padre stanco e ferito, la stessa guerra che aveva mietuto milioni di vittime, la stessa guerra che spezzava i legami familiari, la stessa guerra che metteva termine alle amicizie, la stessa guerra che opprimeva il mio mondo, la stessa guerra che io presto avrei dovuto affrontare. Avevo tutto : una bella famiglia, un bel villaggio, una condizione economica gradevole, molti amici e poi… un attimo dopo tutto mi era stato tolto, lasciandomi con l’unica convinzione che non potesse accadermi nulla di peggio. E invece, quella stessa notte, in quello stesso momento, si fece freddo, buio, e iniziò il temporale. E non sapevo se quelle che scendevano sulle mie guancie fossero goccie o lacrime. Allora accadde : la svolta. Il lago si illuminò di colpo, la terra iniziò a tremare e la pioggia si fece più forte. Non ebbi il tempò di alzarmi che lo vidi : era enorme. Era Kyogre. Anzi, era molto più grande del semplice Kyogre e sulla sua pelle primeggiavano placche fluorescenti. Non riuscivo a muovermi, le gambe non rispondevano più agli ordini del cervello e la mastodontica creatura si muoveva indisturbata dinanzi agli occhi della sottoscritta. Allora ripensai a quelle parole - L'antico potere si è risvegliato, dopo millenni, ed ora è pronto a scatenare la sua furia!-. –Questo è il giorno- mi dissi – L’ora è giunta. La rivalsa dei Pokemon sugli umani è appena iniziata!-

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Nickname: NoelFurokawa


Titolo: L'antro del drago


Elaborato:


 



 


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- L'antico potere si è risvegliato, dopo millenni, ed ora è pronto a scatenare la sua furia! - disse la figura incappucciata prima di essere avvolta in una nuvola rossa.


 


Noel era sdraiata a terra, incosciente ed esanime. Le labbra erano violacee e la sua pelle era di un bianco spettrale; la ragazza sembrava morta. Il respiro si condensava in nuvole bianche; nella caverna faceva freddo.


Una spada giaceva accanto a lei. Era forgiata in ferro e sull'impugnatura era incastonato un diamante azzurro. Il tempo aveva perso ogni consistenza; gli attimi sembravano ore.


 


Finalmente la ragazza aprì gli occhi. La vista era offuscata, doveva aver perso i sensi. Le immagini erano confuse e la stanza sembrava girarle intorno.


La creatura che le apparve dinanzi era inverosimile. Un drago le sbarrava l'unica via di fuga. I baffi argentei ricadevano sul suolo della grotta e le ali da pipistrello sbattevano l'una contro l'altra.


 


Noel era in un vicolo cieco. Si alzò. Il terreno sembrava oscillare sotto i suoi piedi. La ragazza iniziò a indietreggiare fino a che le sue spalle furono attaccate alla parete rocciosa e l'acqua, che fuoriusciva dalle rocce, le iniziò a bagnare la schiena. Paura e adrenalina iniziarono a scorrerle nel sangue, mentre l'orribile mostro la fissava. Lo sguardo di Noel si specchiava in quello della bestia. La ragazza era paralizzata. Che cosa poteva fare?


 


- Stolta! Non mi puoi fermare! IO SONO INVINCIBILE! - La voce del drago ruppe il silenzio e in quel momento Noel capì. La figura incappucciata si era trasformata in quella creatura orrenda.


- Sei tu lo stolto se credi di essere invincibile! - urlò mentre con uno scatto improvviso brandì la spada e tagliò una zampa del drago. La creatura ruggì dal dolore e rovinò a terra mentre Noel correva verso l'uscita della grotta.


 


Il riverbero della luce, causato dal riflesso del sole sul mare, rendeva impossibile la visuale. Una volta che la ragazza si fu abituata alla luce, iniziò a guardarsi intorno. La piccola grotta rocciosa era scavata in uno scoglio al centro dell'oceano. Il vento sferzava la cresta delle onde diffondendo nell'aria un aroma marino. Intorno alla caverna non c'era nulla, solo l'orizzonte; una linea che marcava il confine tra acqua e cielo. La distesa d'acqua salata era una tavola piatta; le onde erano leggere e calme e lo sciabordio era dolce e delicato.


 


Mentre Noel escogitava un modo per andarsene da quel luogo remoto, un getto di fuoco fuoriuscì dalla grotta colpendo di striscio la ragazza che urlò in preda al dolore.


Senza pensarci la ragazza si tuffò in mare, provando un lieve sollievo, e iniziò a nuotare. La spada e la ferita rendevano i movimenti impacciati e lenti, ma dopo alcuni minuti Noel riacquistò la vitalità  di sempre. Si sentiva invincibile, come se tutta la forza dell'oceano scorresse dentro di lei.


- Hey! Salamandra obesa! Chi é lo stolto? - disse la ragazza mentre veniva sparata in aria da un getto d'acqua; anche lei possedeva un potere speciale. Sguainò la spada e, atterrando, la conficcò nella schiena del drago. L'essere ululò dal dolore e cercò di staccarsi Noel dal dorso, senza risultati.


- Sei spacciato! Non puoi nulla contro il mio potere! Arrenditi e avrai la vita, combatti e la morte giungerà  come la lama di una ghigliottina! – disse la ragazza affondando la spada nel dorso del mostro. Dalla ferita sgorgò un fiume di sangue che impregnò le mani di Noel e le sporcò gli abiti e il viso.


- Io combatterò! E per tua informazione parli troppo ragazzina!- La voce del drago scosse la terra, e con un rapido movimento lanciò Noel contro la parete rocciosa.


La ragazza ansimò. La botta le aveva svuotato i polmoni e ora annaspava in cerca d'aria, mentre la creatura si avvicinava minacciosa. Dalla fronte le colava un fiotto di sangue che le arrivava in bocca. Il sapore del liquido rosso le riempì la gola. La vista si annebbiò e le immagini si confusero nuovamente. Era finita.


- Addio Noel Furokawa! - disse la creatura mentre apriva le fauci davanti alla ragazza.


 


Noel chiuse gli occhi.


 


Sentiva la bava appiccicosa e i denti aguzzi del drago sulla sua pelle. Poi improvvisamente non sentì più nulla. Aspettò diversi minuti. La ragazza credette di essere morta.


 


Poi riaprì gli occhi.


 


La ragazza si svegliò nel suo letto. Tutto quello che aveva vissuto non era altro che un sogno. La ragazza tirò un sospiro di sollievo ed iniziò la giornata.


 


Possibile che i sogni sembrino sempre così reali?


 



 


Ok!


Spero che la storia vi piaccia ♥


Vi dico che il mio intento è quello di strappare un WOW ai lettori, se non ci fossi riuscito, mi scuso per la figuraccia LOL


Eeeeee niente, spero di non fare schifo e di portare a casa un'altra piccola vittoria ♥


 


Da giudice speciale via auguro un Good Luck ♥


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Nickname dell’autore: Hydreigon106


Titolo: ArcheoRisveglio


Elaborato:



L'antico potere si è risvegliato, dopo millenni, ed ora è pronto a scatenare la sua furia! – Riuscii a scorgere una specie di occhio incandescente tra la fitta nebbia che mi avvolgeva. Non sapevo dove mi trovavo, né sapevo perché ero lì. Ad un tratto la nebbia che mi circondava si dissolse. Mi ritrovai ai piedi di un baratro, un enorme strapiombo senza fondo. Caddi.


A quell’ ora sarei già  dovuto essere morto, spiaccicato nelle viscere della Terra, ma non fu così. Vidi il buio. Poi, la luce. Quel posto era scomparso ed ora mi trovavo nel  vuoto, nel nulla più assoluto.


Mi svegliai di soprassalto. Ero in camera mia, sudato, il cuore che mi batteva forte in gola. Osservavo il mio cuscino e il mio letto completamente fradici , umidi per la sudata. Il sole penetrava , appena, tra le tende che coprivano le finestre, facendomi cadere un fioco raggio di luce sulla guancia. Davanti a me c’era la mia scrivania, in disordine come sempre, tempestata di libri, vestiti, matite ,penne e oggetti  vari. A stento riuscivo a scorgere il computer in quel disordine. Mi guardai intorno sempre più confuso: quell’ incubo mi aveva letteralmente traumatizzato. Bastava guardarmi per capirlo: i miei capelli neri, dalla paura si attizzarono e diventarono di un grigio scuro; il mio corpo era bagnato come se mi fossi appena fatto un bagno freddo di un paio d’ore alle terme; i miei occhi da un vivace azzurro, si spensero, diventando di un pallido grigio freddo. Qualcuno bussò alla porta. Sobbalzai, come se fossi voluto arrivare al soffitto per  fuggire da un enorme bestia feroce pronta a farmi a pezzettini. Strinsi la coperta tra le mani, cercando di farmi coraggio mentre il mio corpo iniziava a tremare fino a paralizzarmi. Terrore. Era questo ciò che provavo.


Lievemente la porta della mia camera si spalancò: vidi una sagoma nera, senza volto , senza espressione, che avanzava verso di me. “Un mostro!†– pensai.


-  Svegliati tesoro, è ora di fare colazione! Se non ti sbrighi, le frittelle si raffredderanno! – disse una voce apparentemente candida e morbida mentre qualcosa mi accarezzava la faccia.


Era mia madre. Bella come sempre. Appena entrò, l’unico raggio di luce che filtrò dalla finestra si posò su di lei: spiccarono i suoi capelli lisci e biondi come una miscela di olio e latte, e il suo viso, così candido che emanava conforto in ogni momento, infondendomi coraggio coi suoi grandi occhi blu come un’onda di mare in tempesta. Ero il suo unico figlio, vivevo da solo con lei. Era sempre stata una persona gioiosa e sorridente, non si arrabbiava mai con me, restava sempre dolce e gentile, tuttavia il suo sguardo iniziava a incupirsi quando osservava una foto che si trovava in salotto. Era una foto dei miei genitori, ma da un lato era tagliata a metà , mostrando solo la figura di mia madre e nascondendo quella di mio padre come se qualcuno non avesse voluto far sapere chi fosse davvero quell’ uomo che io, non avevo mai conosciuto.


 


Scesi le scale. Andai in bagno a rinfrescarmi il viso per coprire lo spavento: la mia faccia era orribile, sembrava appena uscita da una serata di film horror e pop-corn.


Feci colazione. La mamma sapeva cucinare benissimo, adoravo ogni cosa che preparava per me, ma quella mattina non ebbi molta fame e mi soffermai per lo più a bere soltanto un bicchiere di latte caldo.


Mi tranquillizzai un po’. L’incubo che avevo fatto mi aveva davvero ,come dire, fatto prendere uno spavento talmente grande che se non mi fossi svegliato sarei potuto morire di paura. Nessun sogno mi aveva terrorizzato così prima d’ora. Nessuno. Ma questo appariva diverso dagli altri: più realistico, più terrificante e per di più sembrava che qualcuno stesse cercando di comunicare con me, qualcuno a cui ero molto legato. Lo sentivo, lo percepivo.


La mattinata passò in fretta.


Andai con mia madre a fare la spesa, per poi tornare a casa ad ora di pranzo. Mangiai alette di pollo, patatine fritte, il tutto abbellito con una foglia di insalata. Bevvi un bicchiere di Coca, tagliuzzai l’uva in due parti, la mangiai e mi andai a sdraiare sul divano.


Gli occhi si iniziarono a fare pesanti, le palpebre iniziarono a diventare come mattoni. Mi addormentai.


L'antico potere si è risvegliato, dopo millenni, ed ora è pronto a scatenare la sua furia! – Scorsi una specie di occhio acquatico, immerso nel mare: era diverso dall’ occhio intriso di magma del mio precedente incubo. Ripetevano entrambi sempre la stessa frase. Ero di nuovo nella nebbia, avvolto solo dal bianco e da un occhio acquatico che mi scrutava attentamente, come se stesse cercando qualcosa nel profondo del mio corpo. O, forse, stava scrutando la parte di me da divorare per prima: c’era una vasta scelta, sicuramente, anche se ero piuttosto mingherlino e quindi se fosse stata una bestia feroce, la mia carne non l’avrebbe di certo sfamata.


La nebbia si dissolse. Un baratro, di nuovo uno strapiombo enorme. Caddi. No. Qualcosa mi afferrò la mano nel momento in cui stavo per cadere. Era un uomo. Un grande uomo muscoloso, col viso intriso di emozioni e un’espressione di commozione negli occhi che da neri  diventarono grigi. Aveva un paio di baffetti al di sotto del naso e indossava una bandana blu, con sopra inciso uno strano simbolo simile alla lettere Omega greca, e un completo nero con la camicia sbottonata per i primi tre bottoni.


Quella specie di occhio che mi osservava era scomparso. Ora eravamo da soli. Io e quell’ uomo.


Improvvisamente la presa sulla mia mano si allentò. Qualcosa, o meglio qualcuno, aveva colpito il mio salvatore. La figura, armata di un bastone, indossava una giacca di colore rosso che gli arrivava ai piedi, pantaloni neri e  scarpe nere. Il suo viso era ambizioso, assetato di potere. I suoi capelli rossi, sembravano irremovibili , neanche una lieve brezza di vento li avrebbe smossi: erano corti e gli arrivavano fino al collo. Aveva un viso pallido, come se fosse appena resuscitato dal mondo dei morti: pareva quasi un fantasma. Sulla sua giacca era ricamato il simbolo di una montagna marrone che veniva oltrepassata dalle linee rosse del vestito.


-  Oh Maxi caro, sei stato grande! – rispose una voce ridacchiante dietro di lui. Era la voce di una ragazzina. Non ebbi il tempo di osservarla, ero troppo concentrato a mantenere la presa per non cadere nel vuoto. Avevo avuto fortuna: da quando quell’ uomo era svenuto per il colpo ricevuto, aveva lasciato la mia mano: ero mantenuto a un piccolo arbusto spuntato tra le rocce dello strapiombo.


Stavo per mollare la presa. Una figura femminile mi si avvicinò: indossava un vestitino rosso che   terminava con una specie di gonnellina, degli stivali rossi di gomma, dei guanti con delle rifiniture di metallo dorato e un cappuccio ,sempre rosso, che terminava all’ estremità  con due corna gialle.


I suoi capelli color lilla erano avvolti nel cappuccio. Terminavano ai lati come due spunzoni affilati. Strinse la lingua fra i denti, facendola spuntare leggermente fuori, come se avesse voluto farmi la linguaccia: - Ciao, ciao ragazzino. Fai buon viaggio! – Il suo piede armato di stivale mi calpestò la testa. Persi la presa. L’arbusto si spezzò.


In fondo al baratro, questa volta, si trovavano una pozza di lava incandescente. Il magma, emanava un’immensa quantità  di calore: sarei stato polverizzato dalla lava e dalle temperature bollenti.


-  Ah, che bella fine! – pensai mentre cadevo a duecento miglia orari. Il mio corpo iniziava a bruciare. Dentro di me ardeva un enorme fuoco.


Osservai, ancora una volta, il fondo del dirupo: in quel momento era difficile osservare ciò che mi stava attorno.


Notai che non c’erano solo magma e lava, nel fondo del burrone, ma anche acqua e vapore: le pozze di acqua e magma che dividevano in parti uguali il fondo dello strapiombo, si condensavano ogni volta che acqua, e lava si scontravano, essi si fondevano condensandosi in una sola, unica e grande nuvola di vapore.


Ero comunque spacciato. Non ci sarebbe stata differenza, se fossi caduto nel magma mi sarei polverizzato , se fossi caduto in acqua sarei  potuto affogare.


Logicamente, sarei stato troppo fortunato se fossi caduto nella metà  acquatica del baratro.


Mi aspettava una cosa ben peggiore: il centro.


Non sapevo se aspettarmi di morire carbonizzato e poi raffreddato con l’acqua, stavolta, e, diventare una specie di spiedino umano bruciacchiato, o che sarebbe accaduto qualche altro miracolo.


Caddi al centro, dove acqua e magma si fondevano in una nuvola di vapore.


Ed ecco l’imprevisto. Tutto scomparve. Ciò che mi circondava si ritorse più volte per poi rimpicciolirsi e diventare una piccola stella. Il nulla.


- Progetto “A.G†pronto, signore! I risultati a breve. – disse una voce in piena agitazione, come se avesse appena fatto la più grande scoperta del mondo.


- Progetto “A.K†pronto! Le prossime ricerche saranno effettuate a breve. Abbiamo visto il progetto “K†aggirarsi nei fondali. – pronunciò un’altra voce, agitata come la precedente.


- Progetto “G†avvistato. – Urlò una voce – Truppe al rapporto! Indossate le uniforme e partite alla ricerca.


- La Sfera, signore. Il progetto “B.A.K†è quasi terminato. – disse un’ altra voce, squillante come un campanello.


- Ricerche! Campi! Allerta! Parola Chiave! – una voce femminile pronunciava queste parole come se fossero la soluzione a tutti i suoi problemi.


Numerose voci cominciarono a rimbombarmi nella mente, sbattevano da un lato all’ altro.


Avevo un mal di testa pazzesco.


Poi il silenzio.


Le voci cessarono di parlare: finalmente un po’ di pace.


- Salvezza. – ripeté una voce tagliente come il filo di un rasoio, che veniva raschiato su una roccia. – Tu sei la nostra salvezza. Nessuno di noi vuole servire altri. Dirigiti nel luogo che riflette in sé il tramonto, e dove l’acqua diventa rossa al calar del sole, dietro una distesa blu.


- Tu sei l’unico che può farlo! Distogli da entrambi il loro desiderio di vendetta, contro chi una volta li ha derisi. Distogli da loro, la voglia di ricominciare a far del male senza rendersene conto – un’altra voce, diversa dalla precedente ripeté queste parole.


-  Sbrigati, non c’è più tempo! – esclamarono entrambe le voci, di cui non si conoscevano i due proprietari.


Mi svegliai. Il sole stava per tramontare. Si stava facendo buio.


Un attimo. Che cosa mi era stato detto nel sonno? Il luogo dove l’acqua diventa rossa al calar del sole, e dove questo si riflette in una grande distesa di blu?


Panico. Terrore. Ma non c’era tempo per restare lì a riflettere sull’ accaduto. Mi era stato comunicato qualcosa, qualcosa di importante che avrebbe potuto segnare la storia.


Riflettei un attimo, il sudore sgocciolava dalla mia fronte.


Il mare!


Al tramonto si tingeva di rosso grazie al riflesso del sole, in più rifletteva i raggi solari sull’ acqua in ogni momento della giornata, proprio come uno specchio.


Era quella la soluzione.


Di corsa indossai la mia bisaccia gialla di cuoio, vi infilai due merendine, dei panini, due bottiglie d’acqua e una lattina di Coca-Cola.


Mia madre era ancora appollaiata sul letto a schiacciare un pisolino, non avevo tempo per salutarla, gli avrei raccontato tutto al mio ritorno.


Scesi in cortile, presi la bici: una Mountain Bike rossa fiammante con rifiniture azzurre, semplicemente fantastica.


Pedalai più forte che mai e mi diressi nell’ unico luogo in città  in cui si poteva scorgere il mare: la spiaggia.


Una distesa di sabbia bianca, pulita, fantastica. Le onde del mare si infrangevano violentemente  contro la scogliera, modellando con la loro forza i massi che la costituivano.


Il sole, a quell’ ora, aveva tinto il cielo di varie sfumature rosee che emanavano calma e calore.


-  Tutto come previsto. – pensai


Il mare cominciò ad agitarsi. Una maestosa e violenta onda si infranse contro la scogliera, frantumando i massi che la componevano in mille pezzi.


Un’onda ancora più grande e violenta si schiantò contro di me, trascinandomi in mare.


La bellezza dell’acqua, che sembrava tempestata di diamanti a quell’ ora, era inimmaginabile.


Uno spettacolo fantastico.


Peccato che io stessi per annegare.


Le onde, sempre più violente, mi trascinarono sempre più giù .


Non riuscivo più a trattenere il respiro, avevo bisogno di aria.


Sentii qualcosa tirarmi. Ossigeno.


Mi svegliai su un lettino.


Non sapevo dove mi trovavo.


Un uomo, lo stesso uomo che inizialmente mi aveva salvato in sogno, con completo nero e bandana, mi aiutò ad alzarmi.


Ero molto confuso.


L’uomo mi portò in una stanza buia e cupa, isolata dal resto del suo “veicolo acquaticoâ€.


- Osserva! – disse.


C’era una porta-finestra, chiusa ,impossibile da aprire, ma da cui era possibile scorgere qualcosa: ero nelle profondità  marine, e stavo in qualche modo osservando un fondale.


Davanti a me c’erano enormi massi deformati, alghe dai colori più vivaci, forse di specie sconosciute, coralli che formavano veri e propri archi intrecciandosi nei modi più bizzarri.


Fantastico! – pensai.


Il perfetto sconosciuto che mi aveva salvato la vita, mi invitò a seguirlo.


Andammo fuori, la porta d’ingresso si spalancò.


Un baratro si aprì nelle profondità  marine, era diviso in parti uguali da lava, e acqua che in un punto          centrale si fondevano condensandosi in un’unica e singola nuvola di vapore.


-  Max! – disse lui con voce sprezzante, stringendosi  i  pugni.


Una figura maschile dai capelli rossi comparve davanti ai nostri occhi – Oh! Che piacere, vedo che hai conosciuto questo bel  giovanotto qui. – era la stessa persona che aveva colpito con un bastone colui che mi aveva salvato.


Non capivo come potevamo, tutti e tre, respirare normalmente ed evitare di essere schiacciati dalla pressione marina. Mi sembrava di essere sulla terraferma, non a bordo di una fortezza acquatica.


Eh sì, un enorme castello fatto d’acciaio era ciò che trasportava l’uomo con la bandana e il suo “equipaggioâ€, disperso nei diversi corridoi e nelle diverse stanze del luogo.


Entrambi si avvicinarono alla voragine.


-  Entrate! – disse una voce, cercando di persuadere i due che si avvicinavano sempre più al baratro acquatico.


Avrei voluto dire :“No non lo fate!â€, ma non ne ebbi il tempo.


Due gigantesche mani, una di lava e una d’acqua spuntarono dallo strapiombo, imprigionando i due uomini nella loro morsa e trascinandoli giù nelle profondità  marine.


Una luce abbagliante illuminò il tutto: quelle persone non erano morte.


Una mano afferrò una roccia, sentivo dei passi, una scalata veloce, energica, come se a qualcuno avessero appena cambiato le batterie.


Un uomo riuscì a risalire. Indossava una bandana celeste con un simbolo simile alla lettera Omega, uno stemma. Aveva due baffi, seguiti poi da una barba nera. I suoi occhi erano neri come il petrolio. Al lato dei suoi occhi c’erano due tagli grandi e larghi gli davano un’espressione intrisa di vendetta, come se avesse voluto vendicarsi di qualcuno che aveva macchiato il suo orgoglio. La sua tuta da argonauta, tinta da diverse sfumature di blu, terminava con una specie di mantello tagliuzzato alla fine. Una collana che gli arrivava fino alla vita, a forma di tridente contrastava il tutto insieme alla pietra incastonatagli al centro.


Mi venne spontaneo – Pa…pa…padre!? – dissi con una voce intrisa di spavento e di terrore.


“L'antico potere si è risvegliato, dopo millenni, ed ora è pronto a scatenare la sua furia!â€. Capii cosa intendessero dire quelle parole. Quella persona che avevo appena riconosciuto come padre, aveva subito una specie di “Risveglioâ€.  Anche quel Max, il suo acerrimo nemico, aveva subito qualche cambiamento.


Indossava un maglioncino del colore della cenere vulcanica, un pantalone rosso spento che gli arrivava fino alle ginocchia allacciato alla vita con una cinta dorata; un lungo giaccone porpora con sopra ricamati i simboli di due montagne, o meglio, di due vulcani, uno per ogni lato della giacca che terminava ad ogni lato con delle rifiniture nere.


Stivali di gomma dello stesso colore della giacca, e, un paio d’occhiali in cui era stata incastonata una pietra.


Gli occhiali gli rendevano il volto serioso, come se fosse sempre immerso nei suoi pensieri: Max sembrava una statua vivente, col suo sguardo gelido e il suo volto irremovibile emanava sconforto in ogni momento.


I suoi capelli rossi, si erano leggermente allungati e gli era stata data una sistematina rispetto all’ ultima volta in cui mi erano sembrati leggermente più arruffati e spettinati.


-  ArcheoRisveglio.  - sentii una voce nella mia testa.


Le cose si complicavano. Ero in preda al panico. Sentivo di dover fare qualcosa. Come avrei potuto dare una svolta alla situazione?



 


Mi scuso per la lunghezza del testo,ma avevo e ho avuto tanto da dire!


Detto questo,spero che vi piaccia! ;)


Buona fortuna a tutti! ;)


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


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Nickname dell’autore: #monochrome

Titolo: Alyson.

Elaborato:

“L'antico potere si è risvegliato, dopo millenni, ed ora è pronto a scatenare la sua furia!â€
*…*
*…*
*…*

Mi fa male la testa, pulsa terribilmente. Vorrei aprire gli occhi ma non ci riesco, sono confusa e non percepisco bene cosa c’è intorno a me. Sento delle voci in lontananza, il mio corpo si fa più leggero come se stesse levitando, o forse qualcuno mi sta sollevando da terra.
Non so quanto tempo passa, mi rilasso solo quando la mia schiena entra a contatto con una superficie morbida.  Solo ora riesco a sentire di nuovo il mio corpo, inizio a muovere le dita delle mani e ad allungare le gambe, finché finalmente apro gli occhi. Prima lentamente, li schiudo appena, poi li spalanco del tutto e sul mio viso si forma un’espressione spaurita.
“Ti senti bene?â€
 È un uomo dai capelli argentati a parlarmi, ma io invece di rispondere indietreggio sul letto dove mi hanno portata, spaventata da questo sconosciuto.
“Non avere paura, ti ho trovata svenuta fuori dal mio laboratorio e ti ho portata dentroâ€
Questa volta è un uomo più robusto dell’altro a parlarmi, l’espressione bonaria sul suo viso riesce a tranquillizzarmi abbastanza.
“Io sono il Professore Birch e lui è il mio amico Rocco Petri. Tu come ti chiami?â€
Decisamente è molto più d’aiuto il suo sorriso e il modo gentile che ha di parlare, invece dell’espressione più dura e la posizione a braccia conserte di Rocco. Mi alzo con la schiena e mi giro, per rimanere seduta sul bordo del letto. Questi piccoli movimenti bastano per farmi girare un po’ la testa, un punto in particolare mi fa più male del resto.
Cerco nella mia mente una risposta alla domanda del Professore, ma mi rendo conto di non trovare nulla. C’è il vuoto assoluto qui dentro. Abbasso lo sguardo al pavimento, boccheggio alla ricerca di qualche ricordo che possa aiutarmi.
“Io non lo soâ€
Ammetto con tono colpevole. Non guardo i loro volti ma posso immaginare delle espressioni stupite o forse deluse, io lo sono anche di più.
“Non ricordo nullaâ€
Emetto un sospiro desolato, vorrei muovermi ma non conosco questo posto, o anche se fosse probabilmente non me lo ricorderei.
“Perdere la memoria può capitare se si subiscono dei traumi. Perché non riposi ancora un po’ qui mentre noi andiamo a prenderti qualcosa da mangiare?â€
Sollevo lo sguardo incontrando gli occhi scuri del Professore, che continua a sorridermi con gentilezza. Io annuisco, dopo di che torno stesa su un fianco in posizione fetale. In effetti ora sento la fame, forse rimettendomi in sesto mi tornerà  la memoria. Avrò subito davvero un trauma?
Poggio meglio la testa sul cuscino e sento qualcosa di duro premere, porto subito una mano tra i miei capelli lisci e sfilo da essi un oggetto molto resistente al contatto di un color verde smeraldo. Lo guardo con ammirazione, poiché è davvero bello, dal colore alla forma a mezza luna. Sembra quasi brillare di luce propria, mi piacerebbe solo sapere cosa sia.
Sospiro nuovamente, già  stanca di quella situazione, ed appena chiudo gli occhi la testa si riempie di mille pensieri, soprattutto domande su me stessa. Mi sforzo per darmi almeno qualche risposta, ma per fortuna la stanchezza ha la meglio e cado in un sonno profondo.

**
“Una parte della visione di Tell e Pat ora si è realizzata dunqueâ€
Il Professore Birch ragiona tra se e se, ma parla ad alta voce per far sapere i propri pensieri anche all’amico che gli cammina a fianco.
Rocco annuisce, servendosi un bicchiere d’acqua nella cucina del laboratorio. Sul suo volto ci sono chiari segni di preoccupazione, perché Tell e Pat hanno avuto ragione senza sbagliare di una virgola; e manca ancora una parte della loro predizione.
“L’hai vista? Tra i suoi capelliâ€
È ancora il professore a parlare, ma questa volta lo sta guardando negli occhi quindi si aspetta una risposta.
“La squama del drago più potente che risiede a Hoenn, come avrei potuto non notarlaâ€
Un cucciolo di Beldum si avvicina ai due uomini levitando in aria, cerca di richiamare l’attenzione di Rocco, ma è il Professore ad accorgersi prima della sua presenza.
“Un Beldum shiny? Rocco, non sapevo nascondessi una tale rarità â€
Il Professore prende tra le mani il Beldum, che si lascia studiare docilmente. Questo Beldum è stato l’ultimo Pokémon che Rocco ha catturato fin ora, mentre era alla ricerca di altre pietre rare e preziose. Ne va particolarmente fiero, si è anche affezionato facilmente a lui e al suo fidato Metagross.
“L’avevo lasciato a fare la guardia al Pokémon della ragazza. Vado a vedere come staâ€
Si dirige a passo svelto in un’altra area del laboratorio, mentre il Professore si mette a cucinare, visto che la sua assistenze ha preso dei giorni di ferie.
Rocco conosce alla perfezione questo posto, lui e il professore sono amici d’infanzia e qui ha ricevuto il suo primo Pokémon, dal padre di Birch. Un fatto di cui ben pochi sono a conoscenza, non parla di quel Pokémon da molti anni.
Prende in mano la Pokéball che hanno trovato vicino alla ragazza, osserva dalla parte alta e trasparente il Pokémon presente all’interno.
Un Eevee dallo sguardo turbato sta appoggiato con le zampe anteriori sul bordo della ball, come a chiedere di essere liberato al più presto. L’avevano messo nell’apposito congegno per curare i Pokémon esausti, ed ora sembra essersi ripreso del tutto.
“Mi spiace, resterai qui dentro fin quando la tua allenatrice si sveglierà â€
Dice al piccolo Eevee, che, recepito il messaggio, si offende e si gira dall'alra parte. Quest’ultimo non fa una piega, difficilmente qualcuno riesce a intenerirlo.
Torna dal Professore con la ball, che gli chiede di portare il pranzo alla ragazza così che lui possa studiare il suo Beldum shiny. L'ex campione della lega Pokémon sbuffa svogliatamente ma accetta, sa che non avrebbe potuto rifiutare in ogni caso, dopo aver messo davanti all'altro un Pokémon raro.
Prende il vassoio che il Professore aveva precedentemente preparato, vi poggia sopra anche la Pokéball di Eevee e si dirige verso la stanza dove riposa la ragazza.

**

Mi sveglio per via di alcuni scossoni, sul momento subito mi allarmo e spalanco gli occhi, ma è solo Rocco che per svegliarmi mi scuote dalla spalla. Gli rivolgo una piccola smorfia, per via di quel suo modo di fare poco gentile, ma il profumo del cibo mi distrae subito.
Mi sistemo meglio sul letto, appoggiando la schiena al muro che coincide con la testata, così da poter tenere il vassoio sulle gambe.
"Grazie"
Non so cosa dire, in questa stanza aleggia un silenzio abbastanza pesante. Lui di certo non aiuta, resta in disparte a guardarmi con aria concentrata. Mi sento sotto osservazione, preferisco abbassare lo sguardo sul cibo e mi accorgo che altri due occhi mi fissano.
"Lui... Lui è.."
Un piccolo ricordo balena nella mia mente, questo Pokémon mi è familiare. So chi sono i Pokémon, vivono con noi esseri umani. Lui è Eevee, l'ho catturato io con la Pokéball. Quando? Come?
A questo non riesco a rispondere.
"Ti sei ricordata qualcosa?"
Scuoto la testa, guardo per un breve istante Rocco che probabilmente si sarebbe aspettato di più. Faccio uscire Eevee dalla Pokéball, che ne approfitta subito per fare due saltelli sul letto, ora che è libero. Poi viene a strusciare il muso contro il mio braccio, è davvero amichevole.
"Lui ti ha certamente riconosciuta"
Inizio a mangiare con voglia, mentre Eevee scende con un balzo dal letto, per esplorare questo stanza. Io lo seguo con gli occhi, mi sento davvero attratta da questo Pokémon.
"Penso che loro mi piacciano molto"
Nella mia testa iniziano a girare molte immagini, tutte di Pokémon diversi e davvero bellissimi.
Mentre divoro il cibo, come se non mangiassi da giorni, sfilo da sotto al cuscino l'oggetto che avevo tolto dai miei capelli. Lo osservo un attimo, sempre ammaliata, poi lo porgo verso Rocco.
"Sai di cosa si tratta?"
Rocco si avvicina, prende in mano l'oggetto e tira fuori dalla tasca della sua giacca una specie di piccolo cannocchiale, per osservarlo meglio. Approfitto di ciò per guardare lui, i capelli argentati, gli occhi di un colore molto simile e l'espressione dura.
Nonostante il colore dei capelli non sembra essere un uomo troppo maturo, anche se veste in maniera un po' eccentrica. Non ricordo quanti anni ho io, ma probabilmente non sono molto più giovane di lui.
"Avrai bisogno di un nome"
Lo guardo stranita, poiché mi sarei aspettata un commento su quell'oggetto, invece ha cambiato completamente discorso. Forse non è sicuro su qualcosa che lo riguarda.
Comunque non ha tutti i torti, non ricordo il mio nome ma ne avrò bisogno, almeno finché non ricordo il mio.
“Hai qualche suggerimento?â€
Cerco di fare ordine sul vassoio, mi alzo per poggiarlo su un ripiano e per sgranchirmi le gambe. Provo una fitta di dolore leggera al ginocchio sinistro, lo osservo bene e noto dei piccoli graffi e un po’ di rossore. Sono caduta?
“Drakeâ€
“Drake è un nome da ragazzo Roccoâ€

Non faccio in tempo a dire nulla, poiché il Professore entra nella stanza e riprende l’altro uomo.
“Anche se in effetti, è piuttosto azzeccatoâ€
Il professore ragiona ad alta voce, lo riesco a capire da come alza gli occhi al cielo mentre parla. Devo essere una buona osservatrice per notare questi dettagli, un punto a mio favore.
“Azzeccato per cosa?â€
Chiedo io infine, cercando di farmi coinvolgere nei loro discorsi. Il Professore mi sorride, mentre prende Eevee in braccio e lo accarezza in un punto preciso che sembra piacergli molto, dietro al collo. Si vede dai suoi modi che ci sa fare, non solo con le persone.
“Andiamo a parlare in un altro posto, seguitemiâ€
Mi accodo dietro a Rocco mentre ci spostiamo, non prima di aver ricevuto Eevee dal Professore.
Lo accarezzo e gli sorrido, lui si accoccola tra le mie braccia e passa la coda morbida e folta sotto al mio mento. Devo piacergli anche io.
Se potessimo comunicare, chissà  se lui potrebbe dirmi qualcosa su di me. Da quanto tempo ci conosciamo, come siamo finiti qui, chi siamo.
Scendiamo di un piano, io cammino a passo lento perché non conosco il luogo e mi piace osservare. Mi fermo per un attimo quando vedo la mia figura riflessa in una fnestra, non mi rendo conto che loro continuano a camminare.
Sono abbastanza alta, diciamo slanciata. I capelli sono di un bel verde chiaro brillante, folti e lunghi fino al fondo schiena. Il colore degli occhi non riesco a distinguerlo bene, ma sono chiari anch’essi, forse azzurri.
“Veeâ€
Il verso di Eevee mi fa tornare con i piedi per terra, allora mi sbrigo a raggiungere Rocco e il Professore.
Arrivo in una stanza davvero incantevole, tutta una parete è costituita da grandi finestre e una porta a vetro, da esse si può vedere un giardino molto grande e pieno di Pokémon!
Rimango letteralmente a bocca aperta, lascio scendere Eevee e mi avvicino a quella parete. Davanti a me si piazza però un altro Pokémon, che levita a mezz’aria, di un color grigio chiaro.
Lo guardo sorridendo, è carino, ma lui si gira subito e va in direzione del Professore e Rocco. Ciò mi aiuta a ricordare cosa stavamo facendo, quindi sotto lo sguardo felice di uno e severo dell’altro, prendo posto su una poltrona mentre loro stanno seduti su un divano.
“Sono tutti tuoi quei Pokémon?â€
Chiedo al professore, non riesco a trattenere la curiosità .
Lui scuote la testa con un sorriso divertito, lancia uno sguardo a Rocco forse aspettandosi la stessa reazione, ma lui continua ad essere impassibile.
“No, quasi tutti i Pokémon che vivono qui appartengono ad altri allenatori. Loro me li inviano se non hanno più spazio in squadra o vogliono sostituirli con altriâ€
Gli allenatori di Pokémon, sì li ricordo. Li catturano, come ho fatto io con Eevee, viaggiano per le città , cercano di diventare i più forti.
“Ma non divaghiamo. Forse ti sembrerà  strano, ma noi aspettavamo il tuo arrivo quiâ€
Lo guardo incredula. Non ho parole, non mi muovo proprio. Mi aspettavano, ma non sanno chi sono?
Per fortuna il Professore riprende subito la parola, o di lì a poco avrei iniziato a sommergerlo di domande.
“I Capopalestra della città  di Verdeazzurropoli, tramite i loro Pokémon di tipo Psico hanno avuto una visione. Le loro parole sono state: L'antico potere si è risvegliato, dopo millenni, ed ora è pronto a scatenare la sua furia.
La Salvezza giungerà  insieme ad un Pokémon mutevole, ed una squama del grande Drago verde tra i capelli. Ella avrà  un anno di tempo per dimostrarsi degna di fronte al Drago, per dominare il suo antico potere
â€

Il Professore fa una pausa, forse per darmi il tempo di ragionare e capire quelle parole.
Avevo una scaglia di un Pokémon drago tra i capelli? Ecco cos’è quell’oggetto allora. Il Pokémon mutevole invece… Eevee.
Sposto lo sguardo su di lui, che gioca con il Pokémon di prima, salta per cercare di acchiapparlo.
Eevee si può evolvere in più Pokémon, c’è un modo diverso per ognuno.
“Questa è senza dubbio la squamaâ€
Interviene Rocco, girando l’oggetto tra le dita.
Porto le mani sul grembo, le stringo tra loro nervosamente. Sono spaventata da tutto questo, dalle parole del Professore, anzi dalla verità  che risiede in loro. Ma sono anche spaventata dal non sapere chi sono, ciò nonostante ho un anno di tempo per fare qualcosa spiegato in modo molto vago.
“Non so cosa pensare…â€
Dico con sincerità , mentre guardo i due uomini negli occhi. Mi alzo dalla poltrona e mi dirigo verso Eevee e l’altro Pokémon, li accarezzo entrambi.
La parte della visione su di me si è certamente realizzata, quindi ci sono tutte le probabilità  che anche il resto accada. Forse devo seguire questa strada, sarebbe almeno un punto di partenza dove iniziare a ritrovare me stessa.
“Cosa dovrei fare?â€
Cerco di trasmettere un po’ di sicurezza nella mia voce. Non so cosa aspettarmi, ma voglio provarci.
“Io, Rocco e un’altra persona che conoscerai in futuro abbiamo ragionato con molta attenzione sul da farsi. Noi pensiamo che tu debba diventare un’allenatrice di Pokémon, solo in questo modo sarai in grado di fronteggiare Rayquazaâ€
Ascolto il Professore con molta attenzione, ma l’ultima parola mi fa sussultare. Per un breve istante nella mia mente appare l’immagine di un enorme e lungo Pokémon che sale verso il cielo, non vedo i colori e non sento alcun suono ma un brivido di terrore mi percorre per la spina dorsale.
Mi risveglio da questo breve stato di trance, è durato davvero poco, loro non si sono accorti di nulla. Preferisco non parlare di quello che mi è appena successo, d’altronde non è stato chissà  cosa.
Il pensiero di poter stare a contatto con altri Pokémon però mi fa sorridere, credo di potercela fare.
Stringo la Pokéball di Eevee in una mano e guardo con determinazione il Professore. Non mi è ancora chiaro di cosa si occupa esattamente, ma lo vedo come un’ancora di salvezza in questo momento.
“La determinazione che vedo nei tuoi occhi mi ricorda molto quella di mia figlia, un’allenatrice davvero in gamba. Se lei fosse qui, sarebbe diventata il tuo mentore, ma Rocco sarà  un degno sostitutoâ€
Ridacchia un po’ dopo aver parlato, forse ha fatto una battuta. Sento Rocco sbuffare, gira il volto da un’altra parte come se le parole del Professore l’avessero indispettito.
Mi piace come il Professor Birch riesca a capirmi senza che io debba parlare, per questo esprimo il mio muto ringraziamento in un sorriso.


Ormai è notte inoltrata, il cielo stellato visto da questo prato è uno spettacolo magnifico. La discussione con il Professore e Rocco, anche se lui non è quasi intervenuto, è durata ancora un po’ per prendere altre decisioni.
Il mio allenamento insieme ai Pokémon inizierà  domani, il Professore mi consegnerà  un Pokédex e potrò scegliere tra tre Pokémon starter, anche se non li ho ancora visti. Ha detto che ne consegna sempre uno a chi inizia il proprio viaggio da Albanova, dove mi trovo ora.
Con Rocco imparerò a combattere fianco a fianco con i miei Pokémon, ma lui come persona rimane ancora un mistero.
Eevee sta dormendo già  da un po’ sulle mie gambe, ma io non riesco a prendere sonno in alcun modo.
Da una parte mi sento nervosa, ma dall’altra molto eccitata. Devo avere un forte spirito, se riesco ad affrontare tutto questo.
La visione di Tell e Pat, così si chiamano i Capopalestra che l’hanno avuta, mi gira in testa come una cantilena. Mi sembra fin troppo incredibile che il mio arrivo qui fosse stato già  deciso, da chi non lo so.
“Se non riposi non avrai abbastanza energie domaniâ€
La voce di Rocco è severa, è un rimprovero il suo. Alzo lo sguardo, visto che sono seduta su uno spiazzo d'erba, gli sorrido con fare furbo.
“Potrei dire lo stesso per teâ€
Sembra che non mi piaccia essere trattata da bambina, per questo rispondo a tono. È stata una giornata davvero intensa quella di oggi, ho scoperto molti lati di me stessa tutti insieme.
Rocco alza un sopracciglio, la sua espressione si fa più scocciata. Deve avergli dato fastidio la mia risposta.
Si ferma di fianco a me, mi guarda dall'alto in basso forse per incutermi un po' di timore. Ha ancora indosso un completo elegante, chissà  se lo usa anche per dormire.
L'atmosfera si fa pesante in poco tempo, soprattutto a causa del suo sguardo fisso. Mi ricorda un Hoothott, non sbatte nemmeno le ciglia.
Cerco di reggerlo per non farmi battere in quella silenziosa battaglia, ma alla fine riesce a farmi sentire a disagio. Mi mordo il labbro inferiore per trattenere uno sbuffo, faccio entrare Eevee nella sua Pokéball e infine mi alzo con un broncio infantile.
“Buona notteâ€
Mostra un sorriso sarcastico mentre parla, le mie guance s'imporporano leggermente, per fortuna la luce è scarsa dunque non penso si possano vedere.
Dopo tutte queste ore passate insieme, è la prima vera espressione che gli vedo fare, mi provoca uno strano effetto.
Rispondo con le stesse parole con un tono infastidito, dopo di che lo supero e mi dirigo verso l'interno del laboratorio.
Mi dirigo nella stanza dove mi sono svegliata oggi, prima l'ho guardata meglio e ho capito che è la stanza della figlia del Professore. Su un mobile sono esposte delle foto incorniciate, ho ipotizzato che lei sia la ragazza con i capelli castani e gli occhi azzurri, si somigliano abbastanza.
Ce n'è una davvero carina, lei insieme ad un ragazzo circondati dai Pokémon, in quella foto sembrano avere circa la mia età , ma non so quanto tempo fa sia stata scattata.
Prendo in prestito un suo pigiama, domani chiederò al Professore se posso anche avere un suo abito, il mio si è sporcato.
Lascio la Pokéball di Eevee sul letto vicino a me e cerco di liberare la testa, non riesco a dormire proprio perché ho troppi pensieri. Rocco però non ha tutti i torti, voglio essere pronta e in forze per domani.


È pomeriggio inoltrato ormai, mancano poche ore al tramonto del sole. Mi sono svegliata presto, insieme al Professore abbiamo fatto colazione all'aperto, circondati dai Pokémon, è stato davvero fantastico. Rocco invece ci ha raggiunti dopo, a detta del Professore fa sempre una passeggiata ad Albanova di prima mattina, ogni volta che viene a trovarlo.
Grazie a ciò ho capito che lui non abita qui, ma nient'altro. Avrei voluto fare domande al Professore, mi sono trattenuta solo perché non voglio mostrare tanto interesse per quell'individuo. Devo ancora decidere se mi piace o meno, il suo atteggiamento certo non aiuta.
Dopo la colazione, il Professore mi lascia nelle mani di Rocco e dice che alla fine di questo primo allenamento avrei ricevuto il mio Pokémon starter. Non vuole darmelo subito, poiché prima devo prendere o forse riprendere confidenza con Eevee.
Nello scontro, Rocco usa il Pokémon che ieri giocava con il mio, scopro che si tratta di un Beldum particolare, poiché di colore diverso.
Eevee possiede 4 attacchi: Turbosabbia, Colpocoda, Comete e Morso. Quest'ultimo non lo utilizziamo molto durante la lotta, poiché il Beldum di Rocco è davvero resistente. Però il mio Eevee lo batte in velocità  e grazie a questo riusciamo ad attaccare per primi, specialmente con colpocoda per far calare le sue difese.
Mano a mano che la lotta va avanti, sento crescere un feeling speciale con Eevee e grazie a ciò riesco a dargli ordini sempre più precisi. Non è facile, anche se sono inesperta riesco a percepire qualcosa in Rocco, una certa abilità . Nonostante Beldum conosca solo l'attacco Riduttore, mi dà  molto filo da torcere.
Andiamo avanti per ore, Rocco lascia il tempo a me ed a Eevee di acquistare fiducia in noi stessi, di imparare a governare i suoi attacchi. Mi insegna a muovermi senza rischiare di intralciare il mio Pokémon, a dare ordini nel modo più chiaro possibile così che lui non si confonda.
È un insegnante duro, non ci risparmia nulla, soprattutto le critiche. Non mi piace questo comportamento ma faccio il possibile per non rispondergli male alle volte, ho un carattere davvero impetuoso. Eevee è più calmo di me, ma lo stesso combattivo.
Ci fermiamo solo per pranzo, o meglio è il Professore a interromperci e ci mette anche un po' di tempo, siamo concentrati e non lo sentiamo subito.
Durante questo frangente faccio la conoscenza della signora Caroline, la madre di Ruby. Chiedo subito spiegazioni, così passo il pranzo ad ascoltare il Professore e Caroline che raccontano dei loro figli, rispettivamente Sapphire e Ruby.
Sono partiti tre settimane fa per la luna di miele in un'altra regione, nonostante abbiano probabilmente solo qualche anno più di me, si sono già  sposati.
Loro della visione di Tell e Pat non sono stati informati, per volere dei genitori, poiché hanno preferito lasciare in pace i due giovani almeno per questo evento.
La frase del professore mi lascia a pensare, l' "almeno" che ha pronunciato, per questo chiedo se per caso è successo qualcosa di strano che ha coinvolto i due ragazzi.
Mi promette di raccontarmi tutto questa sera stessa a cena, ora devo riprendere il mio allenamento con Rocco.
“Ma prima, non credete che lei abbia bisogno di un nome?â€
È Caroline a parlare, mi ha detto di darle del tu per non farla sentire troppo vecchia. Appare come una persona un po' frivola, ma ha un atteggiamento molto cordiale e gentile.
“Veramente... Il mio nome l'ho già  sceltoâ€
Rispondo con un leggero sorriso divertito in volto. Tutti e tre mi guardano incuriositi, chi lo mostra di più, chi di meno. Io sposto il mio sguardo da Caroline a Rocco, prima di parlare.
“Credo che Drake sia il più appropriato, anche se da ragazzoâ€
Spiego e nessuno ha da ridire. Pronunciare questo nome me lo fa sentire un po' più mio, lo trovo davvero adatto alla situazione.
“Benissimo, allora ti chiameremo così da adesso. Ora vieni con me Drake, è tempo che ti consegni il Pokédex. Rocco, tu andresti a recuperare i tre bricconcelli per piacere?â€
Salutiamo Caroline e insieme con il Professore andiamo in un'altra ala del laboratorio, dove a giudicare dai macchinari compie i suoi studi.
Mi sento emozionata e sono sicura che con bricconcelli si riferisce ai Pokémon tra i quali potrò scegliere.
Intanto Eevee mi trotterella dietro, anche lui si trova un po' più a suo agio in questo luogo.
“Questo, Drake, è il tuo Pokédex. Puoi considerarlo come un'enciclopedia elettronica, grazie alla quale potrai scoprire molte cose su tutti i Pokémon che fin ora conosciamo. Prova, ad esempio, a puntarlo verso Eevee e a premere questo tastoâ€
Eseguo le indicazioni del professore, Eevee rimane seduto di fronte a me e io uso per la prima volta questo Pokédex rosa. Sullo schermo appare l'immagine del mio Pokémon con molte informazioni, l'altezza, il peso e le mosse che conosce.
“Eevee è dotato di un instabile corredo genetico che muta in base all'habitat naturale in cui è integrato. Le radiazioni di diverse pietre scatenano l'evoluzione di questo Pokémonâ€
All'improvviso il Pokédex parla, non me lo aspetto e sul momento mi spavento. Il Professore ride divertito da questa mia reazione e io sorrido un po' imbarazzata, ma comunque contenta.
Questo strumento è davvero utile e lo sarà  anche in futuro, c'è segnato davvero tutto ciò che bisogna sapere sui Pokémon.
“Mano a mano che incontrerai Pokémon, il Pokédex si riempirà  di informazioniâ€
“Quindi il suo lavoro è distribuire questi agli allenatori per aiutarli?â€
Chiedo ingenuamente, sono davvero curiosa sulla sua professione. Lui annuisce convinto e riprende la parola.
“Esatto, io insieme ad altri Professori di altre regioni, studiamo i Pokémon grazie alle informazioni che gli allenatori registrano sui Pokédex. Noi li chiamiamo Dexholder, ed ora anche tu sei una di loroâ€
Pronuncio la parola Dexholder a fior di labbra, quando il professore smette di parlare. Mi piace avere un titolo, posso costruirmi almeno un presente ed un futuro, visto che non ricordo il passato.
“Fermi, restate fermi!â€
La voce di Rocco ci fa girare entrambi verso la porta, da dove entra. Sulle spalle ci sono un Pokémon rosso e uno azzurro, il piccolo rosso cerca continuamente di beccare l'altro, ma finisce solo per colpire il collo di Rocco. Un terzo Pokémon di colore verde gli si è appiccicato al petto e sembra stia tentando di scalare l'uomo.
Io e il Professore scoppiamo in una fragorosa risata, grazie alla quale sento il peso sulle mie spalle farsi molto più leggero.
Rocco invece esprime il suo disappunto in un'occhiata tagliente rivolta ad entrambi, poi si libera dei Pokémon che scorrazzano uno dietro l'altro per arrivare vicino a me e al Professore.
Sono davvero belli e in forma, uno in particolare mi colpisce subito per il colore luminoso.
“Bene Drake, questi sono i tre Pokémon starter. Abbiamo Torchic, Mudkip e Treecko. Sono ancora piccoli e ad un basso livello, ottimi per i principiantiâ€
Li osservo tutti e tre meravigliata, ne approfitto per usare un'altra volta il mio Pokédex. Lo punto per primo verso il Pokémon verde con la coda a forma di foglia, che mi fissa con tranquillità  ma anche un tocco di fierezza.
“Treecko è dotato di piccoli uncini sulla pianta delle zampe inferiori, che gli consentono di camminare su pareti verticali. Attacca frustando i suoi nemici con la coda grossa e forteâ€
La descrizione mi piace molto e da quel che appare sul Pokédex, sembra che sia una Treecko femmina.
Dopo di che, dirigo lo strumento verso l'altro Pokémon bipede, un po' più basso rispetto a Treecko.
“Torchic segue il proprio allenatore ovunque, saltellandogli dietro con passo incerto. Questo Pokémon sputa fiammate roventi a 1000 gradi C, con sfere infuocate capaci di carbonizzare il nemicoâ€
Un Pokémon di tipo fuoco dunque. Sembra simpatico, ma si vede chiaramente che è un tipetto un po' scapestrato e ribelle, continua a cercare di beccare il suo vicino.
L'ultimo verso cui punto il Pokédex è proprio quest'ultimo, dal musetto davvero simpatico.
“La pinna sulla testa di Mudkip agisce come un radar sensibilissimo. Usando questa pinna come sensore in acqua e in aria, riesce a determinare cosa succede attorno a lui senza bisogno di guardareâ€
Questo tipo d'acqua sembra particolarmente forse, è una scelta ardua.
“Ora non ti resta che scegliere il tuo compagno Drakeâ€
Dice il Professore, mentre io mi piego sulle gambe per poter studiare tutti e tre più da vicino.
“Mia figlia Sapphire ha scelto un Torchic, mentre Ruby un Mudkipâ€
La sua voce sembra perdersi nei ricordi e quando alzo lo sguardo, capisco dalla sua espressione che anche la mente si deve essere lasciata andare.
Rocco invece è in disparte, si è seduto e tiene una posizione elegante, con una gamba accavallata.
“Bene, ho deciso. Ti va di diventare il mio nuovo Pokémon, Treecko?â€
Mi rivolgo proprio a lei, con un largo sorriso e gli occhi appena socchiusi. Dalla descrizione del Pokédex, è sicuramente la più appropriata a me.
Treecko ci mette un attimo a rispondere, mi fissa ancora attentamente ma poi con un verso mi fa capire che ha accettato.
Il Professore lancia un'esclamazione d'euforia mentre io avvicino Eevee a Treecko così che possano fare conoscenza.
Quando riprendo una posizione eretta, vedo che anche Rocco si è alzato e senza rivolgerci uno sguardo si dirige alla porta.
“Vi aspetto fuori per riprendere l'allenamentoâ€
Secco e sbrigativo, esce dalla stanza, io rimango allibita. Per via del suo tono, mi sento quasi in colpa, anche se non so di cosa.
“Qualcosa non va?â€
Chiedo, intanto il Professore ha preso la ball di Treecko e me la porge. Mi rivolge anche un sorriso di scuse, grattandosi la nuca con una mano.
“No, vedi Drake... Anche Rocco aveva scelto un Treecko come starter, da giovaneâ€
Rimango sorpresa di ciò, anche se non capisco ancora cosa possa essere accaduto.
“Ma tempo fa, purtroppo il suo Sceptile, lo stadio finale della catena evolutiva di Treecko, è decedutoâ€
C'è un attimo di silenzio, in cui provo un sincero tuffo al cuore per questa notizia. Abbasso lo sguardo, immagino cosa si possa provare a perdere qualcuno di caro.
“Da allora è diventato il Rocco di adesso, riservato e un po' scontroso. In pochi conoscono questa storiaâ€
Annuisco con fare flebile, richiamo entrambi i miei Pokémon nelle loro sfere. Avrò sempre cura di loro, qualsiasi cosa accadrà .


È già  passata una settimana, da quando il Professore e Rocco mi hanno trovata svenuta davanti al laboratorio.
Ora posseggo due Pokémon, la nostra amicizia sta crescendo giorno dopo giorno e li sento sempre più vicini.
Eevee, al quale ho dato il soprannome di Vee, si è rafforzato abbastanza durante gli allenamenti con Rocco, ma la piccola Treecko, che ora si chiamato Scale, non è da meno. Per ora conosce le mosse: attacco rapido, assorbimento, botta e meloderba. Quest’ultimo attacco lo usa anche fuori dalle lotte in realtà , ai Pokémon piace molto, alcuni si rilassano mentre altri si addormentano del tutto.
In questi giorni non mi sono solo allenata però. Con il Professore, abbiamo deciso che devo partire per un viaggio nella regione di Hoenn, così da poter battere i Capipalestra delle varie città  e potenziare i miei Pokémon grazie ai poteri delle loro medaglie.
Mi ha anche raccontato ciò che è avvenuto a Hoenn non troppi anni fa, una catastrofe da cui la regione ancora non si è ripresa del tutto. E pensare che tra un anno, stando alla visione di Tell e Pat, potrebbe capitare di peggio.
Per quanto riguarda Rocco, ho scoperto un po’ di cose su di lui. È stato il campione della lega Pokémon per molto tempo, ma ha lasciato il posto ad un uomo di nome Adriano quando è stato battuto dallo stesso.
Possiede sia un Beldum che la sua forma evolutiva finale, anche se Metagross ha il normale colore dei Pokémon della sua specie.
Questi sono gli unici due che mi ha mostrato, poiché mi ha promesso che in futuro combatteremo in una vera lotta ed allora potrò conoscere anche gli altri.
Abbiamo preso un po’ più di confidenza, per quanto i suoi modi continuano ad essere abbastanza duri.
Mi dà  l’impressione di essere un uomo sia solo, sia solitario, farlo aprire è decisamente difficile. In questi giorni ho fatto la conoscenza di Petra, la Capopalestra di Ferrugipoli, una città  non molto lontana da Albanova.
È una donna abbastanza giovane, anche lei credo abbia solo qualche anno più di me. Intelligente, ma davvero chiassosa e a mio avviso abbastanza noiosa. Parla continuamente di cose che interessano solo a lei, oppure della sua palestra, di quanti allenatori sconfigge ogni giorno. In questi momenti sembra che mi lanci delle frecciatine, ho colto sue occhiate non molto amichevoli.
Ha passato quasi tutto il tempo appiccicata a Rocco, tenendosi al suo braccio e anche se lui non l’ha mai scacciata, le sue espressioni hanno mostrato più volte fastidio e irritazione per quella situazione.
Sembra che Petra abbia qualche interesse per Rocco, anche se non mi sento una grande esperta in materia.
Sono sicura però, sul fatto che Rocco non la ricambi in alcun modo. Il giorno dopo la sua visita, durante una pausa tra le lotte, ho provato a scoprire qualcosa su questo discorso, facendogli notare quanto fosse esuberante la sua ragazza. Lui ha risposto che sono solo amici di vecchia data, essendo nati nella stessa città . Per una volta non mi ha guardato negli occhi mentre ha parlato, come se si trattasse di un discorso imbarazzante.
Ora è quasi notte fonda, l’ultima che passerò qui al laboratorio. L’ultimo allenamento con Rocco, oggi, è stato più duro degli altri. Come ho sospettato dall’inizio, le sue abilità  sono incredibili.
Mi trovo nuovamente nel giardino del Professore, come la prima notte passata qui. Il tempo è trascorso davvero velocemente, anzi mi sembra che ne sia passato molto più che una sola settimana.
Faccio uscire Vee e Scale dalle loro Pokéball, il tempo è bello e l’aria fresca, anche se è notte voglio che se la godano.
Il soprannome di Treecko è venuto abbastanza da sé, Scale significa squama e il suo colore mi ricorda quella di Rayquaza. Rocco me l’ha restituita proprio oggi ed io l’ho di nuovo posizionata tra i mie capelli.
Vee emette il suo verso in direzione della porta da dove siamo usciti, mi giro anche io e incrocio lo sguardo stranamente rilassato di Rocco. Penso che voglia rimproverarmi anche questa volta, ma si avvicina pacificamente.
Si ferma nuovamente al mio fianco, ma questa volta sono anche io in piedi. Mi rivolge uno sguardo altezzoso, credo voglia sfidarmi di nuovo ed invece mi porge un sacchetto pieno di qualcosa che tintinna. Piego leggermente il capo verso sinistra e lo guardo confusa, ma prendo comunque il sacchetto per vedere cosa c'è dentro.
"Cosa sono?â€
Ci sono 4 o 5 pietre tutte diverse, mi piacciono perché scintillano, sembrano avere un cuore pulsante.
"Sono pietre evolutive, le ho trovate in questi giorni. Tre di queste potrai usarle per il tuo Eeveeâ€
Il Professore mi ha parlato di questo lato di Rocco, è un cercatore di tesori preziosi. Ha cercato queste pietre per noi?
Gli sorrido davvero grata ma lui gira il viso e mi guarda solo con la coda dell'occhio. Ho capito che dietro questo carattere un po' antipatico si nasconde un brav'uomo e non c'è da stupirsi se ha anche successo con le ragazze. Non che m'importi questo.
Scende il silenzio tra di noi, come succede la maggior parte delle volte in cui siamo soli e non stiamo combattendo. Però non è uno di quei silenzi pesanti che ti mettono a disagio, mi sento piuttosto tranquilla e se non dico nulla è perché voglio godermi questo momento.
Alzo lo sguardo per ammirare la moltitudine di stelle presenti, stringo tra le braccia quel sacchetto prezioso. Non saprò mai ringraziare abbastanza Rocco e il Professore, ma anche Caroline, che mi sono stati molto vicino questa settimana. D'altronde, anche se una visione ha parlato di me, loro hanno accolto a braccia aperte una sconosciuta senza memoria.
Il ricordo della visione di Tell e Pat mi fa ricordare il peso che sento gravare sulle mie spalle. Non capisco cosa possa avere io, per essere stata descritta come la "salvezza" per le future catastrofi.
Mi accarezzo un bracco con la mano, all'improvviso sembra essere arrivato il freddo della notte. Vee mi poggia una zampa sulla gamba e io le sorrido nel modo più rilassato possibile, anche se sono sicura di non riuscire a nascondere le mie emozioni.
Un calore inaspettato mi avvolge la schiena, sussulto lievemente e mi giro verso Rocco, che mi sta offrendo la sua giacca in assoluto silenzio. Appare molto concentrato dal suo sguardo, come se fosse assorto.
“Abbiamo fiducia in teâ€
Dice, all'improvviso come il suo precedente gesto. Non è un gran oratore, quando parla va dritto al punto anche con fare secco.
Non credo abbia la capacità  di leggermi nel pensiero, anche se a questo punto, qualche dubbio mi sorge.
Annuisco flebilmente e senza quasi accorgermene mi appoggio un po' a lui. Ho bisogno di staccare un attimo la testa e di avere vicino qualcuno di abbastanza forte da sorreggere me e tutto il peso, in senso metaforico.
Rocco non si scansa, probabilmente per educazione, mi fa comunque piacere.
In fondo, ci sono anche lati positivi in questa storia: ho conosciuto lui, il Professor Birch, la mia Scale e altre persone più o meno simpatiche. I Pokémon che vivono qui mi piacciono molto, nei momenti di pausa sono sempre venuta a trovarli, ho fatto anche amicizia con alcuni.
“Cosa accade ad un campione della lega, dopo che ha ceduto il suo titolo?â€
Spunto fuori con questa domanda, praticamente dal nulla. Voglio pensare ad altro per il momento e questa è anche l'occasione adatta per curiosare un altro po' nella vita del riservato Rocco. Non è poi una domanda da veri impiccioni, d'altronde non so davvero cosa possa accadere ad un ex-campione. Prova di nuovo a ottenere il suo titolo, è costretto ad abbandonare per sempre la lega, o cos'altro?
Per la scarsa luce, non riesco a vedere l'espressione che fa alla mia domanda, ma immagino che alzi gli occhi al cielo in segno di fastidio.
“Non so per gli altri, ma io sto prendendo in mano le redini dell'azienda di famigliaâ€
Beccata. Ha subito capito che la mia domanda è stata un tentativo di sapere di cosa si occupa ora. Sorrido con fare divertito, anche se torno a mostrare il broncio, arricciando un po' le labbra. Mi capisce al volo, da una parte mi stupisce e dall'altra mi fa sentire sempre come una bambina scoperta con la bocca sporca di cioccolata.
A questo punto, tanto vale chiedergliele direttamente le cose, al massimo non mi risponderà .
“Che tipo d'azienda?â€
Mi chiedo come abbia fatto questa settimana, visto che ha passato con me la maggior parte del suo tempo. E il resto deve averlo speso a cercare le pietre preziose.
“La Devon SpA. Si trova a Ferrugipoli, la città  da dove proveniamo io e Petra, da come avrai capito. Passaci quando ci arrivi, dirò a mio padre di darti una cosaâ€
Corrugo le sopracciglia alle sue ultime parole. È lui a lavorare alla Devon, o il padre? Cosa mi darà ?
“Ma ora è meglio rientrareâ€
Non mi lascia nemmeno il tempo di fargli qualche domanda, che già  è sul punto di avviarsi verso il laboratorio.
Sospiro per l’occasione persa, anche se qualcosa in più ora l’ho scoperto. Sistemo meglio la sua giacca sulle mie spalle in modo da non farla cadere durante il tragitto e lo seguo, intanto Vee e Scale rientrano nelle loro sfere.
“Grazie.. Per tuttoâ€
Dico con un tono di voce più basso del solito, quasi lo sussurro. Gli restituisco la giacca e Rocco annuisce, sono sicura che ha capito il senso della mia frase.
In futuro, spero, saprò ripagare il debito che sento verso di loro.


Eccomi, sono partita. È quasi passata un’altra settimana, da quando ho lasciato il laboratorio del Professore.
Questo viaggio è emozionante, camminare per Hoenn insieme ai miei Pokémon, accogliere le sfide degli altri allenatori, mi piace tutto. Ho scoperto che esiste una regola non scritta, secondo la quale se gli sguardi di due allenatori si incrociano, allora non ci si può sottrarre alla sfida.
All’inizio è stata dura, avendo lottato esclusivamente contro Rocco, mi sono un po’ abituata al suo modo di fare. Ma ora io e la mia squadra andiamo alla grande, tra l’altro, questa è anche cresciuta.
Proprio così, abbiamo accolto due nuovi membri, si tratta di un Ralts maschio catturato nei pressi di Petalipoli. Il suo soprannome è Light, ha un carattere molto vivace e luminoso.
Di Pokémon ne abbiamo incontrati molti altri, purtroppo per me non sono molto brava a catturarli e difatti la maggior parte me li sono fatta sfuggire.
Però niente può rovinare il mio buon umore ora, non so chi sono e da dove vengo, nessuno mi riconosce, ma ho i miei cari amici e ogni giorno è fin troppo pieno per far posto anche ai pensieri negativi.
“Vee veeâ€
Il verso di Vee mi fa tornare con i piedi per terra, così guardo di fronte a me dove sta cercando di indicarmi. Ormai ha preso l’abitudine di restare in braccio, fa un po’ i capricci quando devo metterlo nella sua ball.
“Siamo arrivati a Ferrugipoli!â€
Esclamo con eccitazione, l’ultimo tratto che ci separa dalla città  lo faccio tutto di corsa. Per questo motivo arrivo con il fiato un po’ affannato, oltretutto Vee non è proprio un peso piuma.
Fin da subito noto che la città  presenta aspetti molto moderni, solo alcuni edifici hanno del verde attorno.
Non voglio però perdere troppo tempo a visitare la città , ho tutte le intenzioni di concludere questa giornata con una sfida alla palestra di Petra, ma prima: vado a visitare la Devon SpA, non faccio che pensare a cosa mi regalerà  il padre di Rocco.
Seguo le indicazioni, fin quando arrivo davanti ad un edificio davvero imponente. Sia io che Vee rimaniamo stupefatti dall’altezza, per via delle nostre espressioni sorprese, qualcuno in lontananza se la ride.
Pur non conoscendo il luogo, decido di entrare, ispirata anche da una targa presente sul muro dove ci sono incise queste parole: Devon SpA, tutto ciò di cui avete bisogno, lo troverete da noi.
Ad accogliermi è una donna vestita in divisa suppongo, molto elegante e cordiale. Le dico che sono stata mandata qui da Rocco per incontrare suo padre, piccola bugia a fin di bene, anche se lei mi conferma effettivamente la cosa.
Allora Rocco ha avvisato del mio arrivo? Un gesto premuroso da parte sua, suppongo.
Con un sorrisino sulle labbra seguo la donna fino all’ascensore, mi dice di andare all’ultimo piano per l’ufficio del signor Petri.
Faccio la sua conoscenza, è un uomo maturo e molto più spigliato del figlio, se così si può dire. La somiglianza con Rocco è notevole, il signor Pierangelo Petri è solo più robusto e anziano.
Scopro che l’oggetto misterioso è un Pokémon Navigator, conosciuto come PokéNav, utile almeno quanto il mio Pokédex. Il signor Petri mi spiega l’utilizzo di ogni componente del PokéNav ed io lo ringrazio di cuore, poi il discorso passa su Rocco, visto che padre e figlio non si incontrano da tempo stando alle sue parole.
Gli racconto cosa abbiamo fatto nella settimana che ho passato al laboratorio, che il figlio sta bene e mi ha anche donato delle pietre evolutive. Quest’ultima frase lascia il signor Petri sorpreso, come se non mi credesse.
Decido di mostrargli il sacchetto, riposto in uno zaino appartenente a Sapphire e lui rimane ancora più meravigliato. Non mi spiega il motivo di questo suo fervore, ma la sua risata è contagiosa e trascina anche me.
Prima di salutarci, mi dà  le indicazioni per raggiungere la palestra di Petra, descrivendola tra l’altro come una ragazza in gamba e un ottimo partito per suo figlio, anche se quest’ultimo non l’ha mai considerata altro che un’amica d’infanzia.
Questi pensieri mi riempiono la testa durante l’allenamento con Scale, il Pokémon che farò scendere in campo contro Petra. Lei userà  il tipo roccia, quindi con Scale partiremo avvantaggiate.
La differenza tra i tipo è stata il Professor Birch a insegnarmela, voglio usufruire di tutto ciò che ho imparato grazie a loro.


La lotta è stata più dura del previsto, di certo il titolo di Capopalestra a Petra non l’hanno dato per caso.
Ci ha messo in seria difficoltà , ma la situazione si è notevolmente ribaltata con l’evoluzione della mia Scale in Grovyle e l’apprendimento di doppioteam da parte di Light.
Ripenso a quella battaglia da giorni e cerco di impostare i nostri allenamenti per compensare le debolezze che sono saltata fuori dei miei Pokémon. Scale è diventata molto forte, ma mi sono informata sul tipo che incontrerò nella prossima palestra e non credo che da sola potrebbe farcela contro dei tipi lotta.
Per questo motivo mi sto dando da fare anche con Light e Vee, nella speranza che il primo riesca ad evolversi prima della lotta ufficiale.
Con Vee, non abbiamo ancora le idee molto chiare sulla sua evoluzione. Abbiamo gli strumenti necessari per scegliere tra ben 5 evoluzioni, ma né io né lui siamo sicuri su quale sfruttare. Penso che lascerò decidere al tempo e allo stesso Vee, in futuro deciderà  lui in chi evolversi.


Ferrugipoli, Bluruvia, Ciclamipoli, Cuordilava, conservo dei ricordi magnifici. Sono tornata a Petalipoli e in qualche modo vedo la città  in modo diverso, forse perché io stessa sono cambiata.
Grazie a tutti gli scontri, ho acquisito molta più fiducia in me e nei miei Pokémon, siamo uniti come mai prima d’ora.
Mi trovo al Centro Pokémon della città , sto aspettando che un telefono si liberi per poter contattare il Professore.
Intanto spazzolo il pelo di Vee, sta diventando bellissimo. In realtà  in tutto questo tempo mi sono dedicata anche ad altro oltre agli scontri in palestra, ovvero le gare Pokémon. Qualche fiocco l’abbiamo anche vinto, sono molto soddisfatta di ciò.
La mia squadra ovviamente è diventata ancora più forte, dopo aver vinto una gara di pesca, ho anche ottenuto una bellissima Horsea, chiamata Ink poiché si diverte a schizzare inchiostro un po’ dappertutto.
A Cuordilava, seguendo il consiglio di Fiammetta, ho utilizzato una Pietralbore regalatami da Rocco per far evolvere Light in un Gallade, è diventato un ottimo spadaccino dotato anche di molta eleganza. Scale si è ormai da tempo evoluta in una magnifica Sceptile, anche se è un po’ più piccola rispetto ad uno Sceptile maschio, mi riempie lo stesso di grande gioia.
Vee… è sempre Vee, a questo punto ho quasi timore a farlo evolvere, poiché per me è normale vederlo come un Eevee.
Finalmente riesco a chiamare il Professore, prendo Eevee in braccio e mi dirigo al videotelefono, con già  un largo sorriso a illuminarmi il volto.
“Drake! Che piacere sentirtiâ€
“Salve Professore, come sta?â€
“Qui è tutto a posto, tu invece? Siete riusciti a tornare a Petalipoli?â€
“Sì sì! È proprio da qui che la sto chiamandoâ€
“Vee!â€
“Ciao Vee, vedo che anche lui è in ottima formaâ€
“Dall’ultima volta che ci siamo sentiti a Ciclamipoli è cresciuto molto Vee, e anche gli altriâ€
“Sono davvero curioso di vederli! Ne approfitterò per venire a Petalipoli e incontrare anche un mio caro amicoâ€
“La aspettiamo allora! Ci sarà  anche Rocco con lei?â€
“Ah, no… In realtà  Rocco è partito pochi giorni dopo di te, non ho sue notizie da allora, è proprio da lui sparire senza lasciare tracce per un bel po’, in effetti. Ora torno a controllare alcune cose, ci vediamo presto Drakeâ€
“A prestoâ€

Concludo il dialogo con un sorriso meno acceso rispetto a quello di prima, avverto un po’ di delusione dentro di me.
Mi chiedo dove possa essere Rocco, avrei proprio voluto mostrargli quanto siamo diventati forti io e la mia squadra.
Non posso però permettermi di distrarmi, sento che la mia prossima lotta in palestra sarà  ancora più faticose delle altre.
Il Capopalestra di qui ha anche creato una regola, secondo la quale un allenatore con meno di quattro medaglie non può sfidarlo e questo la dice molto lunga.
L’infermiera Joy mi avvisa che i miei Pokémon ora sono di nuovo in forma, così li recupero e mi dirigo sul retro del Centro Pokémon, dove si trova una piccola zona adatta per gli allenamenti.
“Tutti fuori!â€
Lancio in aria le mie Pokéball e uno dopo l’altro escono tutti, già  carichi per una nuova sessione d’allenamenti.


Forestopoli è la città  più bella di tutta Hoenn, non ho alcun dubbio. A primo impatto mi lascia estasiata e senza parole, è tutto immerso nella natura, le case sugli alberi quasi non si riconoscono subito come tali. Mi viene quasi voglia di arrampicarmi su di essi, per fortuna che hanno costruito delle apposite scale e ponti per poter girare nel villaggio.
Solo che non faccio in tempo ad addentrarmi, poiché il verso di un Pokémon che arriva dall’alto mi coglie alla sprovvista, facendo spaventare sia me che Eevee.
“Tu sei Drake?â€
Anche la voce arriva dall’alto, difatti riesco a vedere una figura sopra ad un Pokémon volante mai incontrato prima.
“Sì!â€
Mi limito a rispondere, con un tono di voce abbastanza alto così che possa sentirmi.
Intanto tiro fuori il mio Pokédex, per registrare anche quel nuovo Pokémon.
“Altaria canta con una sublime voce di soprano. Le sue ali spumeggianti, che sembrano nubi di cotone, gli consentono di sfruttare le correnti ascensionali e di risalire verso l'infinito cielo bluâ€
È un bel Pokémon e anche molto grande. Plana verso di noi con leggiadria, così come si posa sul terreno con altrettanta eleganza.
Dopo di che, una donna balza giù da Altaria, con un sorriso furbetto dipinto in volto.
“Io sono Alice, la Capopalestra di Forestopoli. Il Professor Birch mi aveva avvisata del tuo arrivoâ€
Rimango un po’ interdetta dalle sue parole. Dunque lei mi conosce già ? Se è un’amica del Professore, non avrò da preoccuparmi.
“Molto piacere. Lui invece è Veeâ€
Le sorrido con fare gentile, mostrandole il mio Pokémon. Alice si fa più vicino per accarezzarlo, mentre io osservo incuriosita il suo Altaria.
Come per tutti gli altri Capipalestra prima di lei, ho raccolto informazioni sulla sua palestra, il tipo è quello volante ma, secondo il Pokédex, Altaria è anche di tipo drago.
“Il Professore mi ha detto che possiedi uno Sceptile, posso vederlo?â€
Annuisco alla sua domanda, tirando fuori la Pokéball di Scale. Non so dove voglia arrivare, ma emana un’aurea positiva che riesce a tranquillizzarmi.
“Lei è Scaleâ€
La presento una volta uscita fuori, accarezzandole il collo dove so che le piace parecchio.
Alice la fissa con fare assorto, le gira anche intorno un po’ come aveva fatto il Professore quella volta a Petalipoli.
â€œÈ un esemplare splendido. Bene Drake, Scale e Eevee, venite a casa mia, vorrei parlarvi di alcune questioni importantiâ€


Ci metto un po' a metabolizzare tutte le parole dette da Alice. Abbiamo parlato a lungo, tanto che alla fine non ho nemmeno avuto il tempo di chiederle una sfida ufficiale.
Innanzitutto, mi ha spiegato che è stata lei, insieme al Professore e a Rocco, a decidere cosa sarebbe stato meglio che io facessi una volta scoperto chi fossi.
Mi ha raccontato in maniera più approfondita ciò che è successo anni fa qui a Hoenn, il Professore mi aveva solo dato un'infarinatura generale.
Lei è stata l'insegnante di Sapphire a quei tempi, sotto richiesta del professore ora sarà  anche la mia. Le chiedo subito cosa ho ancora da imparare, ora nelle lotte me la cavo abbastanza bene e credo di essere anche un po' portata per esse.
Ad Alice fanno ridere queste parole, “Beata gioventù†dice, come se lei mostrasse chissà  quanti anni.
“Ci sarà  sempre qualcosa da imparare Drakeâ€
Continua a parlare, con un tono di voce da chi la sa lunga. Poi si alza dalla sedia su cui è accomodata e mi fa cenno di seguirla all'esterno, precedendomi.
Io e Vee ci scambiamo uno sguardo confuso, Scale l'ho rimessa nella ball prima di entrare in casa.
Decidiamo di seguirla fuori, su un balcone sempre costruito in legno, è molto ampio.
“Cosa succede?â€
Chiedo, spostando le frange di una tenda appesa alla porta. Alice si trova davanti a me, le braccia incrociate al petto ed un sorriso simile a quello che ha mostrato quando ci siamo incontrate.
Provo a sbirciare dietro di lei ed a questo punto si sposta, ciò che vedo non me l'aspetto minimamente, difatti reagisco da perfetta impreparata, mi irrigidisco sul posto con la bocca leggermente aperta.
“Rocco!â€
Esclamo, sinceramente contenta di vederlo. È appoggiato con il bacino alla ringhiera di questo balcone, anche lui con le braccia raccolte al petto ma in una posizione che lo rende più "chiuso" rispetto ad Alice.
“Come stai Drake?â€
Forse sarà  strano, ma è la prima volta che me lo chiede. Sul momento non so cosa rispondere, mi sento bloccata e con uno strano groppo in gola. Credo che si tratti d'emozione, eppure non ho reagito così durante l'incontro con il Professore.
Alice mi poggia una mano sulla spalla, il suo calore mi aiuta a sbloccarmi e intanto mi spinge a compiere qualche passo verso di lui.
“Sto bene. Moltoâ€
Soprattutto adesso, ma questo non glielo dico. Penso che però lo possa capire da solo dalla mia espressione, dal sorriso che mi ha irradiato il viso.
Un piccolo sorriso lo vedo spuntare anche sulle sue labbra, non dura molto ma sono sicura che è rivolto a me. Sento un calore molto piacevole diffondersi dentro di me.
Passati questi convenevoli, torno in casa di Alice e viene dentro anche lui, prendendo posto non molto lontano da me. Ora sono un po' distratta rispetto a prima, i miei occhi si sentono attratti dalla figura di Rocco come due calamite. Cerco di darlo poco a vedere, ma non resisto a qualche occhiatina.
Alice intanto mi sta spiegando che un Professore Pokémon di un'altra regione, un certo Platan, ha inviato tempo fa al Professor Birch dei dati su una scoperta di notevole importanza. I due a quanto pare hanno frequentato le stesse scuole, si conoscono da allora.
Passa dunque a spiegarmi che Sapphire e Ruby non hanno scelto a caso la regione per la loro luna di miele, bensì hanno scelto Kalos proprio perché lì risiede il Professor Platan.
Grazie a lui ed alle loro abilità , hanno appreso ciò che sta alla base della megaevoluzione dei Pokémon. Questa parola mi giunge nuova, ma Alice sembra essersi preparata tutto un discorso, quindi mi trattengo dall'interromperla.
Vengo così messa a conoscienza di questa ulteriore evoluzione che riguarda alcuni tipi di Pokémon, mi mostra anche dei video dal suo computer. Anche lei è Rocco hanno capito come riuscire a far megaevolvere i propri Pokémon, rispettivamente Altaria e Metagross, ed ora lei ha l'incarico di testare i nuovi Dexholder, per decidere se sono già  in grado di compiere questo passo.
“Volete che impari a far megaevolvere un mio Pokémon?â€
Chiedo allora, più per avere la conferma in realtà .
â€œÈ così. Vedi Drake, abbiamo scelto di farti intraprendere un viaggio piuttosto faticoso come allenatrice pur non conoscendoti, per essere sicuri che potessi arrivare a questo punto con delle ottime basi, per essere pronta alla megaevoluzione. Crediamo che grazie a questa, potrai avere molte più speranze quando ti troverai a fronteggiare Rayquazaâ€
Ha sicuramente un senso. Da una parte avrei preferito saperlo prima, così avrei basato tutti i miei allenamenti in vista della megaevoluzione, ma ho anche fiducia negli esperti quali sono loro.
Mi chiudo nei miei pensieri per poter riordinare le idee, prendo solo qualche istante per me, abbastanza da potermi analizzare.
“Ti servirà  uno di questiâ€
Rocco richiama la mia attenzione, è piuttosto strano che io scatti subito, quasi non aspettassi altro.
Mi porge un bracciale identico a quelli che portano loro, anche se prima non li ho quasi notati. Deve essere costituito interamente di metallo, nella parte alta vi è incastonata una pietra tonda dai riflessi arcobaleno con disegnato un simbolo.
Lo indosso al braccio destro ed aspetto altre loro indicazioni.
“Secondo i recenti studi del Professor Birch, anche gli starter della nostra regione sono in grado di megaevolversi, ma solo se hanno raggiunto il loro effettivo stadio evolutivo finaleâ€
Subito mi torna in mente la richiesta iniziale di Alice, ha voluto vedere la mia Scale.
Comincio così a riempire di domande Alice, voglio sapere ogni cosa, prepararmi al meglio per compiere la megaevoluzione con Scale.
Ormai però si è fatta sera e per tanto decidiamo di rimandare il discorso a domani. Io rimango da Alice come ospite, me l'ha proposto lei, mentre Rocco sembra avere quasi fretta di andarsene.
Il fatto mi spiace parecchio, sinceramente avrei preferito passare altro tempo con lui. Rifiuta però più volte l'invito di Alice di rimanere almeno a cena, prima di andarsene, ma non perde tempo ed in groppa al suo Metagross si allontanano da Forestopoli.
Io rimango sul balcone della casa a fissarli farsi sempre più lontani, con un peso sul cuore.
“Lui ti piace?â€
Sussulto quando Alice parla, non mi sono nemmeno accorta che mi ha raggiunto, è anche piuttosto vicino a me. La domanda mi mette in una situazione di disagio e imbarazzo, ma se in un altro momento forse avrei negato con tutta me stessa, ora non riesco a far altro che sospirare affranta.
“Forse... Non lo so, purtroppo non ricordo nemmeno se ho mai avuto una cotta per qualcunoâ€
Cerco di fare un po' d'ironia, ma la mia risata esce spenta. Alice mi rivolge uno sguardo dolce, intravedo sfumature materne in lei.
“Sai, ho già  visto il tuo sguardo in Sapphire, quando era più giovane e non capiva cosa provava per Rubyâ€
Lascio cadere l'argomento, sento che parlarne ancora mi farebbe solo male. Rocco o non Rocco, i miei Pokémon vengono prima e soprattutto ciò che dovremo fare insieme.
Faccio uscire i miei Pokémon dalle ball, li guardo intensamente uno per uno.
“Abbiamo ancora tempo prima dell'incontro con Rayquaza, ma da domani ci alleneremo con Alice e sono sicura che sarà  davvero dura. Quindi diamoci dentro!â€


Altri mesi sono trascorsi, a mio avviso molto velocemente. L'allenamento con Alice è stato davvero prezioso per noi, io e i miei Pokémon siamo cresciuti ancora ed ora devo proprio darle ragione, non si smette mai d'imparare.
Io e Scale ora abbiamo imparato a governare la megaevoluzione, grazie a ciò lei ha acquistato un nuovo tipo aggiuntivo, quello di Drago. Sento che ci sarà  piuttosto utile in futuro.
Ho conquistato la sesta medaglia insieme alla mia squadra, mentre la settima è arrivata grazie ad un nuovo membro, Togetic soprannominata Star. Lei non l'ho catturata in realtà , ma mi è stata donata da una signora anziana, che ormai non avrebbe più potuto mostrare al suo Pokémon il mondo, al contrario di me.
Non sono ancora in perfetta armonia con Togetic, probabilmente perchè non è appartenuta a me fin da subito, ma dopo lo scontro nella palestra di Tell e Pat, il nostro legame si è un po' rafforzato.
L'incontro con loro due è stato realizzante in un certo senso, poiché fare la conoscienza con chi ha avuto la visione su di me, ha reso molto più vero ciò che è capitato e ciò che sicuramente accadrà .
Dopo tutto ciò, a  Ceneride ho incontrato un membro dei Superquattro mio omonimo, ossia Drake. Lui mi ha aiutata a far evolvere il mio Seadra, Ink, in un bellissimo Kingdra e con questo nuovo partner, ho ottenuto anche l'ultima medaglia. Ad un mese circa dal "grande evento".
Per quanto riguarda Vee, alla fine anche lui si è evoluto. È accaduto in un momento totalmente inaspettato, cioè durante la lotta in doppio contro Tell e Pat. Ora è irriconoscibile, all'inizio mi ha fatto molto effetto, ma col tempo ho capito che anche lui, come gli altri, evoluzione o no, rimane sempre il mio Vee.
“Ruby leva subito quei fiocchi da Toro!â€
Vedere Sapphire rincorrere Ruby per Albanova è molto divertente, hanno caratteri totalmente opposti.
Ebbene sì, sono tornati dalla luna di miele a Kalos, più forti che mai. Ora che la mia lotta per le medaglie è conclusa, sono tornata a vivere dal Professor Birch, quindi ho avuto modo di conoscerli abbastanza bene.
Le giornate con loro passano sempre con allegria, i momenti di tranquillità  sono piuttosto rari. Io comunque non ho smesso di allenarmi, loro nemmeno, nonostante Ruby preferisca passare il tempo a cucire accessori e abiti per i suoi Pokémon, oppure a spazzolarli. Nelle sue grinfie è finito anche Light, penso sia rimasto ancora traumatizzato da quella volta.


“Continui a rimanere alzata fino a tardiâ€
Per un momento, credo di essermi semplicemente immaginata la sua voce. È notte e io sono nel giardino del Professore, regna il silenzio rotto solamente dai versi lontani di qualche Hoothoot e Noctowl.
Capisco che Rocco è davvero dietro di me dal rumore metallico che fa il suo Metagross mentre procede.
Sinceramente non so se ignorarlo, come ha fatto lui con me per tutto questo tempo, oppure confessargli che la sua presenza mi è mancata molto.
“Potrei dire lo stesso di teâ€
Riporto alla mente la prima notte passata qui, ripeto le stesse parole d'allora.
Quasi riesco a sentire il suo sorriso un po' antipatico nascergli sulle labbra, devo essere proprio matta.
“Ho un'ultima cosa per teâ€
Mi giro incuriosita, sa bene come catturare la mia attenzione a quanto pare.
In mano stringe una delle sue pietra preziosa, questa sembra brillare ancora più delle altre. La osservo con un po' di bramosia, mi piacciono molto le cose che luccicano.
“Una pietra?â€
Chiedo con sarcasmo, sminuendo l'oggetto nonostante sappia di cosa si tratta. Rocco resta impassibile a questa mia battuta, probabilmente non sa come reagire, ed allora semplicemente non lo fa.
“Si tratta di una Pietrabrillio. Con questa potrai far evolvere il tuo Togetic in un Togekissâ€
Lo guardo con fare incredulo, prendendo comunque la Pokéball di Star in mano.
“Come fai a sapere di lei?â€
L'ho preso in contropiede, ma sono lo stesso io la più sorpresa. Rocco è arrivato adesso, l'ultima volta che ci siamo visti di Alice, Star ancora non l'avevo ricevuta.
Non risponde subito, prima si avvicina a me. Provo l'impulso di scostarmi, ma non mi muovo e di colpo me lo ritrovo davvero troppo vicino.
“Potrei averti tenuta sotto controlloâ€
Risponde con tutta la sfacciataggine che possiede. Spalanco gli occhi, incredula, ma mi riprendo poco dopo. Forse mi sta prendendo in giro, anzi è più che probabile. L'ultima volta che ci siamo visti è praticamente fuggito.
“Mi avresti seguita per tutto questo tempo?â€
Reggo il suo gioco, per vedere dove vuole arrivare. Lui si avvicina ancora e questa volta faccio per indietreggiare davvero, ma mi blocca con una mano che ha velocemente posato dietro la mia schiena.
“Certoâ€
Soffia sulle mie labbra, provo un lungo brivido quando i miei occhi si specchiano nel suo sguardo affilato.
“Perchè?â€
“Non lo immagini?â€

Con la mano libera, mi accarezza una ciocca dei capelli, ed io sento le guance scaldarsi molto. È quello che sto pensando? Come può essere.
“Parla chiaramente Roccoâ€
Mi sta facendo innervosire questo suo girare attorno al discorso, ed anche il rispondere alle domande con altre domande.
Gli rivolgo uno sguardo non molto gentile, ma lui non si fa intimorire.
Mi spinge un po' più verso il suo corpo, ed in una frazione di secondo le sue labbra si poggiano sulle mie in un bacio fugace.
“Lo farò quanto tutto questo sarà  finito, non devi distrarti per oraâ€
Decisamente questo è il modo giusto per farmi distrare. Rimango troppo sorpresa da questo gesto, non so cosa dire. Per fortuna alle cose ci arrivo abbastanza velocemente e per tanto capisco quali sono e sono state le intenzioni di Rocco.
Anche io gli piaccio, ma non è ancora il tempo per pensare a ciò.
“Ora prendi questa e vai a dormireâ€
Mi mette in mano la Pietrabrillio, ed io sorriso con fare allegro e spensierato. Sono così felice che in uno slancio di coraggio riesco a dargli un bacio anche io, nonostante lo faccia sulla guancia.
Una volta tornata in camera, poso la pietra vicino ai miei Pokémon e dopo aver dato la notte a tutti, mi addormento anche io.



“Forti terremoti stanno creando fratture nel terreno di tutta la regione di Hoenn, specialmente nei pressi di Cuordilava, la città  è stata quasi inghiottita dal terreno. Per fortuna persone e Pokémon sono riuscite a mettersi in salvo, ma lo stesso non si può dire delle loro case.â€
È mattina presto, il sole non è ancora sorto. Ci siamo svegliati tutti per via di una potente scossa di terremoto, è durata solo pochi secondi, ma ha già  creato qualche danno qui al Laboratorio.
Abbiamo acceso la televisione, dove dei giornalisti che sorvolano Hoenn in volo, trasmettono in diretta delle immagini da tutta la regione.
Al posto di Cuordilava ora c'è un cratere pieno di lava, Porto Selcepoli sta quasi per essere completamente spazzata via dall'acqua, Orocea resiste solo grazie a tutti i Corsola che la sorreggono da sotto.
“Sembra ancora peggio dell'ultima voltaâ€
Dice Sapphire, fissando la televisione con rabbia.
â€œÈ sicuramente opera di Groudon e Kyogre. Però, perchè? Ci saranno nuovamente in mezzo il Team Magma e il Team Acqua?â€
Mi hanno parlato di questi Team in passato, in effetti avrebbe un senso se ci fossero loro di mezzo.
Io e Vee ci rimettiamo in piedi, il Professore e Sapphire capiscono subito quali sono le mie intenzioni e mi guardando con fare preoccupato.
“Noi andiamo. Ci terremo in contatto grazie alla nuova funzione del Pokénavâ€
Durante il mio viaggio ho incontrato un dipendente del signor Petri che ha aggiornato questo mio strumento, ora si possono fare le olochiamate, cioè la persona che si chiama viene mostrata come ologramma.
“Fate attenzioneâ€
Annuisco e abbraccio sia Sapphire, sia il Professore. La prima la sento come una sorella maggiore, mentre il Professore come un padre, ormai faccio parte della loro famiglia.
Star, dopo essersi evoluta in Togekiss ha potuto imparare volo e grazie a lei, possiamo raggiungere la dimora di Rayquaza, che secondo il Professore si trova alla Torre Cielo.
Volare però in cima alla Torre sembra impossibile, essa si staglia oltre le nuvole e la cima non si riesce a vedere.
Faccio rientrare Star nella ball, mentre Scale e Light li faccio uscire, così che possano aiutarmi in ogni evenienza.
La salita è impervia, piena di ostacoli e soprattutto di Pokémon selvatici. Per fortuna ho portato una gran scorda di iperpozioni e cure totali, i miei Pokémon hanno rischiato di ferirsi più volte.
Penso di essere qui dentro da ore ormai, non oso immaginare cosa stia succedendo al resto di Hoenn. Ho già  ricevuto una chiamata dal Professore, Groudon e Kyogre si sono mostrati e come per ogni loro scontro, si stanno dirigendo a Ceneride. Sapphire, Ruby, Rocco e il campione della Lega sono già  lì pronti a fronteggiarli, mentre i Super Quattro e i Capipalestra si sono sparsi per la regione per poter dare una mano a tutti.
Secondo il Professore, non c'è lo zampino del Team acqua o Magma, poiché Groudon e Kyogre sembrano molto diversi dall'altra volta. I cerchi sul loro corpo ora sono illuminati, nemmeno lui sa di che fenomeno si tratti.
Non ho però tempo di preoccuparmi per loro, devo arrivare in cima e più salgo, più ci sono trappole da superare.
Appena riusciamo a trovare un piano pià  tranquillo, ne approfitto per curare i miei Pokémon quasi esausti e per mangiare il cibo datomi dal Professore prima di partire. Da quanto tempo siamo qua dentro?
Delle finestre per guardare fuori ci sono, ma il sole sembra essersi spento, o meglio nuvole nere di tempesta l'hanno coperto totalmente.
Finalmente percorriamo le ultime scale presenti, ci ritroviamo all'aria aperta. Il tetto è vastissimo, completamente in piano e davvero si trova oltre alle nuvole, difatti trovo che respirare sia più faticoso.
Mi guardo intorno, ma Rayquaza non si vede. Non mi perdo d'animo però, sfilo la sua squama dai miei capelli e stringendola in mano, alzo il braccio verso il cielo.
“Rayquaaaza!!â€
Urlo con tutto il fiato che ho in corpo, per richiamarlo.
Prima c'è il silenzio, poiun rombo di tuono molto più forte degli quasi assorda me e Scale, Light l'ho fatto rientrare nella ball.
“GYAAAA!â€
Eccolo, finalmente. Scende dal Cielo con la parte finale del corpo arrotolata, resta sospeso sul tetto della sua Torre.
Abbasso allora il braccio e ripongo la squama nella mia borsa. Non voglio perdere tempo, parto subito all'attacco.
“Io sono qui per catturarti e avere il tuo aiuto! Scale usa fendifogliaâ€
Questo è uno dei suoi attacchi più forti, ma non mi scompongo quando Rayquaza lo evita con facilità . Però non contrattacca, sembra più in attesa.
Devo mostrarmi degna di fronte a lui, questo per me significa sfidarlo... Serve qualcosa di più.
Porto allora la mano sul mio megacerchio, il braccialetto ricevuto a Forestopoli e grazie a questo faccio megaevolvere Scale in MegaSceptile.
“Di nuovo Scale!â€
Ora finalmente la battaglia può iniziare. Questa volta Rayquaza non sta con le mani in mano, ma ci attacca a sua volta ed è di una potenza incredibile. Scale però è riuscita ad imparare Codadrago e grazie a ciò, riusciamo a contrastare il Dragartigli del Pokémon leggendario.
I tipi Drago sono deboli contro loro stessi, per tanto i due Pokémon si trovano sia in vantaggio che in svantaggio, ma nella mia squadra non c'è solo Scale.
Scale riesce ad evitare attacchi come Iper Raggio, ma quando sembra che siamo riusciti a metterlo all'angolo, la manda k.o. con Oltraggio
“Sei stata bravissimaâ€
Le sussurro quando rientra nella ball, scoccando una bacio sulla superfici trasparente.
“Andiamo Vee!â€
Lui è il mio asso nella manica. Scende in campo in tutto il suo splendore, con grazia evita l'Oltraggio di Rayquaza, poiché... Contro di lui è totalmente inefficace!
Il mio Vee si è evoluto in un bellissimo Sylveon, un Pokémon di tipo Folletto, grazie a lui passiamo in totale vantaggio nella lotta.
Rese inefficaci le sue mosse di tipo Drago, possiamo concentrarci ad evitare Iper Raggio ed Extrarapido.
“Salta Vee, schiva e usa Luce Lunare!â€
L'attacco Folletto più forte, l'ultimo che ha imparato. Gli infliggiamo un brutto colpo, dobbiamo approfittare di questo momento di debolezza per la mossa finale.
“Ancora, con tutta la tua potenza, Luce Lunare!â€
Ora o mai più. Afferro una Ultra Ball e la scaglio a tutta velocità  contro Rayquza, riuscendo a colpirlo. Sparisce davanti ai nostri occhi, la Ball trema, è un momento di altissima tensione. Continua a vibrare, due, tre volte... E finalmente si ferma.
Rimango col fiato sospeso ancora per qualche secondo, troppo incredula per muovermi.
Appena realizzo ciò che è accaduto, esulto dalla gioia e corro da Vee, che nonostante le dimensioni raggiunte con l'evoluzione, mi salta in braccio avvolgendomi con i suoi nastri.
Anche gli altri escono dalle loro balls, è un abbraccio di gruppo e io mi trovo sommersa dal loro peso ma non mi interessa, ci siamo allenati tanto per questo.
Rayquaza esce da solo dalla ball, mostra la sua magnificenza davanti ai nostri occhi. Emette il suo verso, sembra che ci stia parlando e così Light si avvicina a lui, poggiando una delle sue lame sul corpo del Drago.
Non capisco cosa stia succendo, vedo solo Light circondarsi di un'aurea viola ed usare i poteri psichici.
All'improvviso sentiamo una voce, anche se l'unica in grado di parlare sono io, ed allora capisco le intenzioni di Rayquaza, utilizzare il mio Pokémon psico per comunicare.
“Sono io, Rayquaza. Grazie ai Pokémon psico riesco a parlare con voi esseri umani.
Aspettavo il tuo arrivo, umana, io ho controllato i Capipalestra di Verdeazzurropoli, esattamente un anno prima del risveglio di Groudon e Kyogre, per darvi la possibilità  di salvare questa regione.
So cosa sta accadendo a quei due Pokémon, in loro è esplosa una forza nata al momento della creazione, che è cresciuta nel tempo.
Lo so, perchè la stessa cosa è accaduta a me molto tempo fa, ma io sono stato in grado di controllarla, al contrario di Groudon e Kyogre che dormendo non ne hanno avuto la possibilità .
Metto il mio potere nelle tue mani, ora che sei diventata forte abbastanza da potermi utilizzare come uno dei tuoi Pokémon.â€

Tante domande mi esplodono in mente, ma anche se mi costa molto in questo momento, devo pensare prima a tutto il resto.
Ritiro i Pokémon nelle loro balls, tutti tranne Star  e salto in groppa a quest'ultima, per volare al fianco di Rayquaza fino a dove si trovano Groudon e Kyogre.
In volo, mi metto in contatto con Sapphire per spiegarle la situazione, scopro così che loro stanno lottando contro i Pokémon leggendari, ma nemmeno la megaevoluzione riesce a fermarli, hanno bisogno del nostro aiuto.
Incito i Pokémon ad andare più veloce e quando finalmente raggiungiamo Ceneride, si mostra di fronte a noi uno scenario mostruoso. Tutto è andato distrutto, se non interveniamo subito di questo passo non ci sarà  più nulla da salvare.
All'improviso anche i cerchi sul corpo di Rayquaza si illuminano e capisco che sta per usare quel potere nascosto. Gli ordino di porsi tra di loro con il suo Extrarapido e di lanciare il potente Iper Raggio. Groudon e Kyogre però sono in due e visto che le squadre di Ruby e Sapphire sono ormai esauste, faccio scendere in campo tutti i miei Pokémon.
Ink e Scale contro Groudon, mentre Vee e Light contro Kyogre a far da supporto al Drago Verde. Cerco di dare ordini a tutti, anche a Star che può lanciare Forzasfera e usare Metromono anche mentre sta volando.
Il problema è la pioggia che sende impetuosa e ferma i nostri movimenti, ma la lotta continua per molto, anche se sono costretta a ritirare Scale e Vee, esausti per via dello scontro precedente con Rayquaza.
È proprio quest'ultimo a mettere fine agli scontri, abbattendo Groudon e Kyogre con un potente Oltraggio che riesce a mandarli finalmente k.o.
È finita... I Pokémon leggendari si allontanano lentamente, ma io sono esausta e priva di forze come i miei Pokèmon. Riesco ancora a ringraziare Rayquaza con un sussurro e lascio cadere la sua ball nell'oceano che si è creato sotto di noi, poiché non si può contenere un Pokémon tanto grande e forte.


Quando riapro gli occhi, capisco di essermi addormentata o forse svenuta per la troppa fatica. Mi godo la pace che avverto intorno a me, gli unici suoni che sento sono i versi lontani di qualche Pokémon uccello.
Mi guardo intorno, sono di nuovo nella stanza di Sapphire, dove mi sono svegliata la prima volta.
Cerco le mie Pokéball, ma non trovo nessuno, sono costretta ad alzarmi dal letto. Scendo le scale ancora un po' stordita, forse ho dormito troppo,.
Per fortuna il Laboratorio non ha riportato gravi danni, devono aver già  sistemato quelli che ha riportato, è tutto in ordine. Stare qui dentro mi da l'impressione che non sia mai accaduto nulla, che questo anno non l'abbia mai vissuto.
Nel grande salone non trovo ancora nessuno, ma mi accorgo che nonostante l'ora segni il giorno, fuori è tutto scuro. Appena capisco perché il sole è oscurato, dimentico la stanchezza e corro nel grande giardino, incrociando gli sguardi dei miei amici e compagni, ma anche quello alto e fiero di Rayquaza.
“Cosa ci fai qui?â€
Chiedo, preoccupata che in realtà  non sia ancora tutto finito. Intanto gli altri si avvicinano a me, chi mi stringe la mano, chi ne poggia una sulla mia spalla. Tutti sorridono, pargono tranquilli.
Il Gardevoire di Ruby è vicino al Drago e come ha fatto Light in precedenza, utilizza i suoi poteri psichici per permetterci di comunicare.
“Voglio raccontarti ciò che so su di te, umana. Un anno fa, mentre ero alla ricerca di qualuno degno per questa missione, volando nei pressi di Forestopoli ti ho visto in cima ad un grande albero, ti sei arrampicata per salvare un Eevee che era salito troppo in alto e non riusciva più a scendere.
Ho osservato la scena tutto il tempo, il tuo coraggio e la bontà  mi hanno convinto a sceglierti, ma sei caduta da quell'albero prima che potessi contattarti. Ho chiesto così a dei Pokémon di portarti in un posto sicuro e di prendersi cura di te per qualche giorno, ma non ti svegliavi così ho detto loro di teletrasportarti qui dove sapevo avresti potuto ricevere altre cure.
Intanto ho inviato il messaggio ai Capipalestraâ€

Le parole di Rayquaza sono illuminanti per me, i ricordi perduti di quella scena tornano alla mia memoria, ed ora ricordo come io e Vee ci siamo incontrati.
Non riesco però ad andare più indietro con la mente, ma questo è già  un ottimo punto di partenza.
Ringrazio il Drago per tutto, per averci salvati tutti e lui dopo aver lanciato un grido acuto, spincca un gran balzo verso il cielo, sparendo tra le nuvole forse per sempre.
Finalmente ora posso abbracciare tutti i presenti,:la mia nuova famiglia composta dal Professore e Sapphire, Ruby e per ultimo Rocco, mi fermo tra le sue braccia e mi sento sicura.
Ci sono ancora questione irrisolte, tra di noi e su di me, ma per il momento voglio solo festeggiare la salvezza di Hoenn.

**
Nel frattempo, in una zona isolata non molto lontana da Forestopoli, di signori di mezz'età  cercano di sistemare i danni che la loro piccola ma resistente casetta ha riportato.
In realtà  l'uomo è da un po' che invece di aiutare la moglie, lucida e mette a posto la sua televisione, d'altronde l'ha comprata da poco ed è stato il primo oggetto che ha messo in salvo dai terremoti.
Prova ad accenderla e funziona perfettamente, prova ad andare sul canale di un telegiornale per capire cosa è accaduto e trova proprio una reporter che parla degli ultimi avvenimenti.
Dopo un po', inizia a mostrare le riprese che il suo camerman è riuscito a fare volando in elicottero e l'uomo quasi sviene di fronte a ciò che vede.
“Marie! Marie! Vieni a guardare la televisione!â€
Chiama a gran voce la moglie ed alza il volume a livelli spropositati.
“Ti sembra il momento per guardare la televisione Mick?!
Lei arriva urlando, per farsi sentire dal marito, ma davanti a quei video ha la stessa reazione di lui e si lascia quasi cadere inerme sul divano un po' malandato.
Tutti e due sono bianchi in volto, nemmeno avessero visto un fantasma.
“Alyson!â€
Gridano in coro, si stringono le mani a vicenda per darsi forza e continuano a fissare le immagini di tutti quei Pokémon e, tra di essi, una ragazza dai capelli verdi in volo.
**

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nickname dell'autore: L_dp


 


titolo: new word


 


elaborato:


 


L’antico potere si è risvegliato, dopo millenni, pronto a scatenare la sua furia! Lo stesso potere che è stato rinchiuso dall’onnipotente Dio sotto l’inferno, dove neanche satana in persona riesce a raggiungerlo.  Questo potere è stato creato da Dio stesso per sconfiggere satana e il suo esercito. Ma nella guerra tra il bene e il male le cose andarono diversamente. Satana riuscì a contrastare tale potere generando un’enorme esplosione, la quale creò l’intero universo. Per questo Dio fu costretto a rinchiudere per sempre tale potere, sigillandolo addirittura oltre l’inferno: nel nulla.


Per accederci occorreva tanta di quella malvagità  che neppure il re dei demoni possiede. Ma adesso le cose stanno cambiando. Il male nel mondo è smisurato: troppe persone cadono nelle tentazioni dei demoni, troppe persone non credono più in Dio.  Sangue, violenza, disprezzo e gelosia sono ovunque…per questo troppe persone cadono giù nell’inferno, dove satana ne raccoglie le loro anime per aumentare la propria malvagità . E ora  dispone di abbastanza potere per aprire il sigillo del sommo Dio!


Poche, saranno le persone che si salveranno. Le persone che hanno avuto fede, che hanno creduto con tutta lo loro forza e non si sono fatte tentare del demonio! Satana, con tale potere nelle sue mani, decise di attaccare per prima la Terra. Pianeta preferito di Dio, dove ha creato la vita, ma anche per questo fonte di malvagità  per satana.


Dio si è proprio sbagliato credendo che questi esseri fossero in grado di crederli, di restargli fedeli e di non abbandonarlo… ma ormai è troppo tardi. L’apocalisse è iniziata! Tutti i cavalieri del regno dei cieli si unirono a satana contro il loro volere, ma per lo forza dell’antico potere. Furono loro a scendere per primi a galoppo dei loro cavalli. L’arciere scoccava frecce in continuazione, trafiggendo le gole di tutti gli esseri umani . Un altro cavaliere rosso che maneggiava una gigantesca spada toglieva agli umani il poco di umanità  che gli restava, in modo che essi cominciassero a uccidersi a vicenda. Dopo di loro altri cavalieri scesero; come il cavaliere Morte, che distrugge e uccide ogni cosa che tocca,  o il cavaliere nero, e così via. Ma per gli umani, ormai afflitti e addolorati è inutile aggrapparsi ad una misera preghiera. Dopo i cavalieri scersero sulla terra tutte le bestie dell’inferno, per dare definitivamente fine alla terra.


Ormai è solo una landa desolata…ma alcune persone sono rimaste ancora vive. Sono pochissime. Nessun’altro ha provato un dolore e una sofferenza così immensa come l’hanno provata loro. Mentre il resto degli uomini era toccata una morte veloce, ma dovranno soffrire per tutta l’eternità  all’inferno. Queste persone che sono invece sopravissute, d’ora in avanti potranno vivere sotto le grazie e la protezione del signore, perché hanno sempre avuto fede in lui. Per questo satana non è riuscito a ucciderle. Ora sono state ricompensate con la vita eterna e il potere di ricominciare. Di ricominciare da capo. Ora procreandosi potranno creare nuovamente il pianeta. Un mondo migliore, che ha imparato dai propri sbagli.


Un mondo di amore, serenità  e pace.


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Nickname dell'autore: Ryoma.

Titolo: The GHost

Elaborato:

L'antico potere si è risvegliato, dopo millenni, ed ora è pronto a scatenare la sua furia!
Che frase. - Pensai. - Sicuramente fa riflettere e non è un'espressione a caso, a mio parere.
In fondo, è la prima locuzione dell'intero libro, anzi, del manoscritto dall'aspetto affascinante e inquietante allo stesso tempo.
- Gale, è pronta la cena! -

- Allora figliolo, cosa farai con i soldi del compleanno? -
- In verità  papà , li ho già  spesi. Sai, ieri gli Evergreen hanno fatto un piccolo mercatino e ne ho approfittato.-
- Che cosa hai comprato? Potevi almeno aspettare e non spenderli come niente. -
- I soldi erano miei, quindi ho deciso ho deciso di spenderli come meglio potevo. Ad ogni modo se vieni dopo cena in camera mia te lo mostro. (Doublesense non voluto :fg: )
- Non ho tempo, per queste cose la sera, lo sai bene che il mercoledì sono di turno in fabbrica. -

"Quel polpettone era stomachevole. Odio quando mamma è via per lavoro e mi tocca lo squallido cibo di papà . Beh, almeno lui non mi costringe a mangiare verdure e torte salate."
Dato che non avevo niente da fare, neanche nella mia vita, figuriamoci, ripresi il misterioso libro in mano. La fasciatura in cuoio era molto trasandata, ma non era da meglio la vecchia copertina in pelle, rugosa e spessa. Tuttavia, quell'oggetto continuava ad affascinarmi ed a mantenere viva la mia attenzione, forse anche dato il mio interesse per i misteri e le offerte ai mercatini, delle bancarelle e delle piccole botteghe di città , e perché no, anche quelle dei negozietti di paese.
Quando lo aprii vidi nella prima pagina una scritta che prima non c'era.
"Non sei tu il prescelto.
" - Che cosa voleva dire? Perché è comparsa all'improvviso appena ho girato pagina? - Ero spaventato da un libro. Rendiamocene conto. Nonostante ciò, la scoperta di qualcosa di importante mi attendeva, quindi girai nuovamente pagina. Mi tagliai nel farlo, una piccola ma dolorosa ferita. Non ci badai, il mio istinto mi chiamava, così continuai. - "Chi sei tu per permetterti di aprire e leggere codesto libro? Chiudilo. Immediatamente." - Non ci pensai due volte. Chiusi il manoscritto, lo avvolsi in un vecchio panno e lo chiudi nel baule della cantina.
Stavo tornando nel soggiorno, ma mi inciampai per le scale e battei il naso. Il sangue cominciò a scivolare lentamente sulle mie labbra, corsi in bagno, ma l'acqua era marrone, sporca. - "Perché, perché questi avvenimenti?" -
Dopo aver coagulato e isolato la perdita, decisi di rilassarsi sul divano, ma la cosa mi era alquanto difficile. Il sapore del sangue mi era rimasto impresso, non che ne volessi altro, mica sono un vampiro, oltretutto l'aglio mi piace.
Non potevo far a meno di riflette e oramai l'unico mio pensiero era il libro.
Andai a prenderlo, mi preparai una candela e mi sedetti comodamente sulla vecchia poltrona, infestata da ragnatele e forse da scarafaggi. Ma che importa, tanto oggi avevo vissuto abbastanza sfortune, un incontro con un insetto non mi avrebbe affatto sconvolto.
Quando raggiunsi la terza pagina le parole scomparirono in una macchia di inchiostro illeggibile e confusa, successivamente rimpiazza da un'altra frase inquietante sparsa per tutti e due i foglia adiacenti. - "Smettila, davvero, finirai col far male anche alle persone che ami." - La cosa cominciava davvero a preoccuparmi, specialmente le scritte, fatte, chissà , da una mano. Si, una mano aggressiva, che alimentava un odio verso me e magari tutto il mondo.
Ma non chiusi il libro, voltai pagina. Le parole questa volta non si unirono in una macchia, bensì divennero tute uguali. - "DEATH" - La morte, ovvio, cosa dovevo aspettarmi? Lo stile dell'espressione era sempre più confuso, e sempre più ricco di rabbia.
Girai ancora il foglio biancastro e rovinato, quando mi arrivò al naso un odore aspro e acido, nauseabondo, un tanfo che da quel momento non ho più dimenticato. Quella puzza mi face svenire. Quando ripresi conoscenza lessi semplicemente - "Mi hai davvero stufato. Quando girerai pagina non leggerai più niente."- Il libro si chiuse all'improvviso, o forse fu una forza esterna a farlo, facendomi balzare indietro. In ogni caso, era tardi, decisi quindi di andare a dormire, ma non prima di aver chiuso il vecchio manoscritto nel baule, altrettanto trasandato.

Non riuscii a dormire neanche un singolo minuto. Il terrore era ora il mio unico pensiero insieme al libro e la paura si era impossessato della mia mente. Mi alzai dal letto e aprii le serrande di quercia. Un raggio di sole mi accecò, ma non mi importò, era una splendida giornata e potevo uscire dopo giorni e giorni di pioggia scrosciante e maltempo.
Quando scesi le scale il libro era sul tavolo, aperto nell'ultima pagina. Mio padre era ancora al lavoro, ero solo a casa. Mi avvicinai al manoscritto. Lessi, senza pensarci due volte. - "Area 13, Bottega delle Bambole" - Ovviamente era solo uno scarabocchio che trasmetteva odio e rabbia, ma seguì l’indicazione.
Scesi nel seminterrato e presi una delle tante e vecchie bici, ricoperte di ragnatele e impolverate, ma tuttavia sempre funzionanti.
Aprii la pianta dei Distretti. Fortunatamente il 13 era di fianco al nostro.

Raggiunsi abbastanza velocemente la Bottega. Appoggiai la bicicletta al muretto di mattoni davanti al piccolo negozio, dopodiché entrai. Un brivido gelido come l'inverno mi percorse la schiena. Ovunque mi girai erano presenti centinaia di bambole. Inquietanti giocattoli di ceramica e peluche su ogni scaffale, in ogni angolo, esattamente lì per terrorizzarti e fissarti con i loro occhi solidi e freddi come il ghiaccio, per incutere terrore e renderti irrequieto, agitato, incapace di ragionare. Si, ora sono ufficialmente terrorizzato dalle bambole. Mi avvicinai al bancone vetroso con la copertura di legno, trovandoci un biglietto sopra di esso. - "Torno subito. Se avete urgenza non dovrete far altro che salire le scale." - Avevo urgenza, si, di uscire da quell'inferno di pupazzi. Scalino dopo scalino, passo dopo passo, la tensione saliva, così come la mia paura. Aprii la porta e accompagnato da un cigolio, entrai in una immensa stanza, avvicinandomi dopo all'unico oggetto nella stanza. Un baule, identico al mio, quello della cantina. Lo scricchiolio delle assi del legno usurato non migliorava la situazione. Giunsi davanti al cassone, quando all'improvviso si sollevò il coperchio. Da esso scaturì un muro di fumo scuro come la notte del 31 ottobre. Mi allontanai e aspettai che la nebbia maleodorante si diradò. Un altro biglietto.
- "Ви не обрали один, проте, мені подобаєтьÑÑ Ð·Ð°Ð²Ð·ÑÑ‚Ñ–ÑÑ‚ÑŒ. Керівник, де" -
Lo presi e corsi istintivamente via dalla Bottega, promettendomi di non entrarci per resto della vita.
Dovevo comunque scoprire il significato del testo su quel pezzo di carta strappato, quindi tornai a casa.
Non scopri altro se non la traduzione. - "Non sei tu il prescelto, tuttavia, mi piace la tenacia. Recati dove
" - Il biglietto dopo era appunto strappato, se non bruciato, dato il color marroncino. Continuo a non piacere, ma a chi? E dove dovevo recarmi?
Era da un pezzo che non mettevo qualcosa sotto i denti, decisi quindi di prepararmi qualcosa da mangiare.
Di mio padre non si era più vista l’ombra, ma non mi preoccupavo, pensavo che fosse in qualche Pub Irlandese a ubriacarsi.
Dopo pranzo mi rilassai sul divano e guardai uno squallido programma alla televisione sui misteri in giro per il mondo. Tutte idiozie. Sarà  anche che non mi impressioni facilmente.
Il libro era intanto ancora sul tavolo, aperto, sempre con lo stesso testo, il che mi sembrava strano. Mi alzai e lo guardai per un paio di secondi.

Giusto il tempo di chiudersi magicamente e riaprirsi, perfettamente a metà . - "A quanto pare sei interessato. Complimenti, sei a metà  strada. " - Non avevo niente da perdere contro un oggetto teoricamente senza vita, quindi gli posi una domanda: "Chi sei? Dove devo andare? " - Le parole si unirono nuovamente in una macchia nera e oscura, quasi malefica di inchiostro. Davanti ai miei occhi si stava creando una scena spettacolare ed inquietante, di nuovo. Questa volta però la macchia si trasformò in un disegno. Una scatola. Una semplice scatola di legno, di colore scuro e d’aspetto vecchio e ovviamente trascurato, sciatto. - "Dove si trova? " - La pagina si voltò grazie ad un soffio di vento. Ed ero in casa. Una brezza oltretutto gelida, che portava con se un profumo molto particolare che non saprei nemmeno descrivere. Sono però certo, era un buon odore. Sul foglio comparve una nuova indicazione. - "Profumi & Dolcezze" - Almeno non sembrava un posto losco. Beh, neanche la Bottega delle Bambole doveva esserlo.
Facendo una piccola ricerca trovai l’indirizzo. Il Distretto 1 era parecchio lontano, anzi il più lontano che poteva capitarmi.

Feci autostop diverse volte. Devo dire che ebbi molta fortuna, non credevo di arrivare in un solo giorno al negozio. In verità  non saprei neanche dove avrei dormito.
Spinsi la porta e quando entrai mi accolse una dolce donna in avanzata età . Le chiesi di una scatola di legno e dopo un paio di minuti possedevo in mano quell’oggetto. Era perfettamente identico al disegno dell’inchiostro del libro.

Tornai a casa in un paio di giorni.
Cercai di aprire la scatola in tutti modi, con tutti gli attrezzi possibili, ma senza alcun risultato. Mi restava soltanto una soluzione. Chiedere al libro. Mi avvicinai ancora una volta al tavolo, con la cassetta di legno in mano. Stavo per posarla sul tavolo, quando all’improvviso i due oggetti protagonisti delle mie giornate da ormai qualche settimana si avvolsero in un’aura oscura e buia come la pece. Ero spaventato, anzi terrorizzato. Non mi restò che allontanarmi dal tavolo e scappare dalla cucina, anzi, fuggire dalla casa, se non dalla città . Sentii una voce. - "TU NON VAI DA NESSUNA PARTE. COSA PENSAVI DI FARE RICHIAMANDOMI? NON LA PASSERAI LISCIA. DAMMI IL TUO CORPO. " - A quelle parole credo che il mio cuore abbia smesso di battere per qualche secondo, o chissà , minuto, per me il tempo si era fermato. Decisi di non voltarmi. Nel soggiorno era però presente un specchio. Lo vidi. Vidi il riflesso di un mostro, un fantasma, uno spirito, una creatura soprannaturale e tetra che usciva dalla scatola in un spiraglio, un vortice tenebroso. Scappai, corsi come non feci mai nella mia vita, ma quell’essere era più veloce. - "E’ INUTILE CHE SCAPPI" - Quella frase accompagnata da un verso stirato e spettrale era spaventosa e terrorizzante quanto quello spirito fantasma, circondato da una nebbia sempre più fitta e buia. Che dovevo fare? Niente. Non potevo fare più niente.
Mi prese. Si impossessò di me e del mio corpo, come un parassita diventato ospite della mia persona. Non ero più io a controllarlo.

E' il primo contest a cui partecipo, mi sono iscritto ieri LOL

Spero comunque che piaccia a tutti, è il mio primo racconto horror/giallo.
Ho trovato la traccia molto bella e aperta a diverse possibilità , e chiedo scusa, specialmente ai giuduci, per la forse eccessiva lunghezza.

Credo di aver detto tutto ^^ buona fortuna a tutti i partecipanti!

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Nickname dell'autore:Simone1996


Titolo: Il sacrificio del sigillante


Elaborato:


 


<<L'antico potere si è risvegliato, dopo millenni, ed ora è pronto a scatenare la sua furia!>>


Questo era il pensiero che balenò nella mente di Xiliam alla vista del sigillo millenario,infranto,da cui scaturiva una densa nebbia nera:l’oscurità 


<<Ma come era possibile?!>> pensò il ragazzo <<Il sigillo antico creato in seguito allo scontro tra luce e oscurità ,tra Alviani e Vaarg,generato dal sacrificio dei sommi stregoni e rinforzato con le anime dei guerrieri Alviani mille anni orsono doveva essere eterno… indistruttibile!>>


Eppure era li,davanti a lui,quella profonda crepa da cui l’oscurità  tentava in ogni modo di uscire,di riguadagnarsi un posto nel mondo da cui mille anni prima era stata cacciata.


Doveva agire,nonostante la paura,era quello il suo compito:il compito di un sigillante. Era stato istruito per questo,strappato alla nascita dalle mani della madre e allevato dai sigillanti anziani insieme ad altri ragazzi prescelti per salvaguardare il mondo dalla minaccia dell’oscurità .


Non poteva attendere,ne correre a chiamare gli altri …doveva muoversi!


Iniziò ad avvicinarsi cautamente al sigillo,il cuore che gli batteva all’impazzata,lo sguardo colmo di paura… quando ad un tratto la crepa iniziò ad ingrandirsi e dallo squarcio fuoriuscì lentamente un essere scheletrico,ricolmo di oscurità  e vestito con un’antica e logora armatura;gli occhi vitrei fissi su Xiliam.


L’oscurità ,dopo secoli,aveva partorito la sua prima,mostruosa creatura:un demone,il corpo di un antico soldato Alviano (che aveva offerto la sua vita per la creazione del sigillo ponendo così fine alla Grande Guerra)animato dall’oscurità  e mosso dal vano desiderio di riottenere la vita persa secoli prima…strappandola dal corpo di un essere umano.


Xiliam sguainò la sua spada,una lama sacra forgiata con il metallo ancestrale capace di ferire a morte i demoni, e si avventò sull’antico soldato con tutte le sue forze ignorando il terrore che lo attanagliava.


Tuttavia il demone non era uno sprovveduto,in passato era stato un grande guerriero e il disperato desiderio di tornare in vita ne ingigantiva la forza;con un colpo netto della sua spada parò l’affondo di Xiliam e calò un fendente sulla spalla del ragazzo.


Un dolore accecante esplose nel corpo del ragazzo e il sangue iniziò a colare copioso dalla ferita ;Xiliam sentiva l’oscurità  di cui era pregna l’arma del suo nemico penetrare in lui e tentare di indebolirlo:lo sguardo si offuscò e un torpore letale lo avvolse;il giovane sigillante capì che doveva terminare lo scontro al più presto o per lui sarebbe stata la fine.


Con un rapido fendente blocco l’attacco dell’avversario e con uno sforzo sovraumano riuscì a disarmarlo,il demone,colto alla sprovvista, tentò di avventarsi su di lui ma il giovane sigillante fu più rapido e affondò con tutte le sue forze la lama sacra nel petto del demone,dove un tempo batteva un cuore umano,pregando che le leggende sul metallo ancestrale fossero vere… il demone si ritrasse urlando,un urlo agghiacciante e disperato,barcollò e alla fine si accasciò a terra,sconfitto.


 


Xiliam si avvicinò faticosamente al corpo dell’Alviano  per estrarne la spada ma l’oscurità ,che poco prima muoveva il demone,si avventò furiosamente su di lui,soffocandolo e penetrando nel suo corpo da ogni poro.


Il sigillante cadde a terra gridando:poteva sentire l’oscurità  farsi strada nelle sue viscere,distruggendo ogni ricordo,ogni sentimento e tentando di inghiottire l’essenza vitale,l’anima stessa del ragazzo


<<NO!>>gridò Xiliam;doveva trovare un ricordo,un emozione…qualcosa che ricacciasse l’oscurità ! Prima che di lui non rimanesse altro che un guscio vuoto


Fu allora che ad un passo dalla morte ripensò a lei,l’unica che lo aveva accolto, che l’aveva consolato da piccolo nelle notti insonni quando ancora pensava alla sua famiglia e alla vita che gli era stata negata,l’unica persona che lo avesse mai amato.


<<Kathe>> mormorò a denti stretti


L’oscurità  dentro di se sussultò


<<Kathe>> ripetè più fortemente


L’oscurità  iniziò a vorticare dentro di lui


<<KATHE>> gridò Xiliam a pieni polmoni


L’oscurità  urlò di dolore,ferita a morte da quel sentimento,quella passione a lei sconosciuta.


Il ragazzo cadde a terra,pervaso dal terrore.


Era dunque quella l’oscurità ?Nulla di quello che aveva studiato,nulla di quello che aveva vissuto avrebbe potuto prepararlo a quello scontro.


Quell’essere amorfo penetrava nel corpo,divorava ogni sentimento,distruggeva ogni ricordo;nessuno poteva resistergli…nessuno.


Xiliam ne aveva avuto un piccolo assaggio e ora si sarebbe dovuto immergere nella fonte oscura,sarebbe dovuto penetrare nell’oscurità  stessa… capì che era un impresa suicida.


Il ragazzo ebbe un sussulto,l’oscurità  che lo aveva invaso non se ne era andata:si era solamente sopita in attesa di ricongiungersi con la madre che l’aveva generata,nel profondo dell’abisso sotto il sigillo.


 


Ma no.


Non avrebbe permesso la rinascita dell’oscurità ,non avrebbe permesso che invadesse la torre dei sigillanti…non avrebbe permesso che arrivasse fino a LEI


Ansimando si rialzò da terra,estrasse la spada dal corpo inerme del demone e si avviò verso il sigillo.


Il pensiero rivolto a Kathe


*************************


Era li,davanti al sigillo,gli occhi osservavano colmi di terrore lo squarcio sotto il quale l’oscurità  palpitava e fremeva in attesa della sua liberazione


Non si poteva tornare indietro,la decisione era stata presa.


Tese la mano verso il sigillo e l’oscurità  iniziò a protrarsi,incuriosita da quell’essere talmente diverso,talmente vivo;iniziò a tastarlo lentamente e ad avvolgergli la mano,Xiliam si sentì invaso da un torpore ormai a lui familiare e dovette lottare contro la tentazione di ritrarsi e combattere:sapeva che per riparare il sigillo doveva penetrare nella fonte oscura e l’unico modo era fare si che fosse l’oscurità  stessa a portarcelo.


Ad un tratto l’oscurità  con uno scatto felino fuoruscì copiosa dal sigillo,Xiliam colto alla sprovvista tentò di difendersi ma l’oscurità  lo travolse,inghiottendolo e trascinandolo con se nella sua tana,al di sotto del sigillo,nella fonte oscura.


 


Xiliam era immerso nell’oscurità  più pura…non si muoveva:era stato sopraffatto e di lui non rimaneva che un guscio.


<<E’dunque questa l’oscurità ?>>pensò il ragazzo;non percepiva più il proprio corpo,i sentimenti che aveva provato nella propria vita giungevano a lui come un lontano ricordo;non voleva più soffrire,non voleva più gioire,ridere,vivere…tutto quello che desiderava era li: la calma più totale,la pace dei sensi,il mero esistere… si lasciò cullare dall’oscurità ,lontano dalle sofferenze del mondo.


Eppure qualcosa ancora lo turbava:un volto,una voce che lo chiamava,lo pregava di resistere…di vivere!


E ad un tratto ricordò,la vita ricadde su di lui come un pesante fardello.


<<Kathe>> pensò,era li per impedire che l’oscurità  la raggiungesse… non poteva arrendersi adesso o tutto sarebbe stato vano.


Spalancò di colpo gli occhi


Una creatura mastodontica lo stava osservando.


Xiliam non riusciva a comprendere cosa fosse:possedeva artigli poderosi,delle ali immense e infiniti tentacoli di oscurità  si dipanavano da tutto il corpo,era composto interamente di oscurità  e si confondeva in essa,possedeva un collo lunghissimo che terminava con una testa deforme irta di zanne e,sulla fronte, un singolo grande occhio,totalmente bianco ,fissava il ragazzo senza tradire nessuna emozione.


Gioia,dolore,paura,pietà â€¦ il sigillante capì che quel mostruoso parto dell’oscurità  non provava niente di tutto ciò.


Impugnò la spada,pronto a combattere,ma la creatura non dava cenno di volerlo ferire in nessun’modo;sembrava piuttosto studiarlo,il grande occhio bianco lo fissava così intensamente che Xiliam si sentì messo a nudo…quella creatura era capace di sentire i suoi sentimenti,studiarli…comprendere tutto di lui.


Intanto i tentacoli della creatura,forse gli stessi che lo avevano trascinato oltre il sigillo,si avvicinavano sempre di più al sigillante…e più si avvicinavano,più Xiliam sentiva la propria determinazione svanire e il torpore maledetto sopraggiungere…quel mostro,forse involontariamente,si stava nutrendo di lui.


Non poteva più esitare:era palese!


Quell’essere immondo era l’unico ostacolo che si frapponeva tra lui e la riparazione del sigillo.


DOVEVA morire.


Sguainò la spada e,quando un tentacolo si avvicinò cautamente a lui, con un fendente deciso lo tranciò di netto.


Non c’era più spazio per le esitazioni;la creatura,colta alla sprovvista,ruggì furiosa.


Il combattimento era iniziato.


*************************


I tentacoli del mostro,che poco prima si erano mossi così cautamente,schizzarono fulminei verso Xiliam,tentando di trafiggerlo,ma il sigillante era pronto:impugnò saldamente la spada la cui lama rifulgeva di una luce abbagliante,in sintonia con l’anima determinata del ragazzo, e schivati i primi tre tentacoli conficcò l’arma in quello più vicino impalandolo a terra;la creatura reagì subito slanciandosi verso il sigillante con gli artigli sguainati nel tentativo di lacerare la carne del nemico,Xiliam tempestivo fece un balzo all’indietro tentando di evitare la zampata…il mostro tuttavia riuscì a colpirlo di striscio spedendolo a terra… Xiliam si strinse le mani sul petto,il sangue colava copioso dalla ferita.


Il sigillante era a terra,sentiva un dolore atroce farsi strada nel suo petto lacerato…il mostro lo soverchiava,esitando ad infliggergli il colpo di grazia;il ragazzo capii che se voleva vincere doveva agire subito…sfruttare l’enorme mole del mostro e ferirlo nel suo punto più debole.


Raccogliendo tutte le sue forze il ragazzo scattò verso la creatura,con un rapido movimento del braccio recuperò la spada sacra, e si scagliò contro il suo nemico


L’ombra reagì e tentò ancora una volta di colpire con gli artigli ma Xiliam con un abile balzo si aggrappò alla zampa del nemico e iniziò a tempestarlo di colpi con la spada…la creatura urlò di dolore e cominciò a divincolarsi, Xiliam venne scaraventato a terra.


<<Non basta!>> pensò il sigillante sputando un denso grumo di sangue;sentì il sigillo gemere sopra di lui…doveva uccidere la bestia a tutti i costi o l’oscurità  sarebbe stata liberata!


Xiliam tornò all’attacco,barcollando;la creatura reagì chinando la testa e vomitando dense fiamme oscure verso il ragazzo


Era la sua occasione!


Il ragazzo venne investito in pieno dalle fiamme e iniziò ad arrancare verso il mostro;la luce emanata dalla spada sacra fungeva da barriera deviando in parte il getto oscuro…eppure Xiliam la sentiva palpitare dentro di se…l’oscurità  cresceva,divorandolo dall’interno.


Lentamente stava risalendo il torrente oscuro emanato dalla creatura;riusciva a vedere il fioco bagliore dell’occhio della bestia.


Xiliam,allo stremo delle forze, saltò sulla testa deforme dell’ombra.


Sollevò la spada sacra e senza un attimo di esitazione la calò nell’occhio del mostro,fino all’elsa.


L’ombra ruggì di dolore.


Lo scontro stava per volgere al suo triste epilogo.


*************************


La creatura iniziò a dimenarsi furiosa,i tentacoli di oscurità  sferzavano impazziti l’aria tentando di ferire Xiliam…ma il ragazzo,esausto, si reggeva saldamente alla sua spada ancora conficcata nell’occhio del nemico incurante della propria sorte,nella sua mente un vorticare furioso di ricordi e di emozioni lo mantenevano ancorato alla vita;getti oscuri fuoriuscivano dalla ferita del mostro penetrando nel corpo del sigillante… ormai devastato sia nel corpo che nello spirito.


Con un ultimo,grande sforzo Xiliam sollevo con entrambe le mani la spada,splendente più che mai, e la calò con tutte le forze nell’occhio ormai tumefatto del mostro…in quell’ultimo,disperato attacco confluiva tutto il suo essere,tutta la sua energia.


La creatura emise il suo ultimo,possente ruggito e cadde a terra dissolvendosi …ricacciata nell’oscurità  che l’aveva generata.


Il sigillo era stato riparato,l’oscurità  sconfitta…


 


Ma a che prezzo?


Xiliam era accasciato a terra,la fidata spada giaceva di fianco a lui,la potente luce che aveva emanato fino a poco prima ridotta ad un tenue bagliore.


Non sentiva niente dentro di se,non riusciva a percepire il mondo esterno…eppure un forte desiderio lo teneva ancorato alla vita …DOVEVA rivederla.


Si rialzò per l’ultima volta,il corpo martoriato dall’oscurità ,lo sguardo vuoto e spento,la mano tesa verso il nulla…fece un passo,barcollò e cadde.


L’ultimo soffio di vita era volato via da quel corpo ormai vuoto.


*************************


Xiliam spalancò gli occhi,riconobbe subito il posto dove si trovava:la sala del sigillo


Cos’era successo?Perché era tornato li?


Alzo gli occhi verso il sigillo e tutte le preoccupazioni sparirono;Kathe era li,insieme a tutti gli altri sigillanti.


Xiliam voleva correre verso di lei,voleva raggiungerla…eppure qualcosa lo tratteneva.


I sigillanti avevano tutti uno sguardo atterrito,anche i più anziani,e Kathe a terra in lacrime reggeva tra le mani il corpo inerme di un ragazzo.


La verità  si fece strada nella mente di Xiliam.


Cadde a terra,grosse lacrime sgorgavano dai suoi occhi;quello che Kathe stringeva così fortemente al suo petto era il suo corpo…reso irriconoscibile dallo scontro avvenuto sotto il sigillo.


Si coprì gli occhi con le mani,disperato.


Perché il Sommo Artefice non lo aveva richiamato a se dopo la morte?Perché doveva continuare a soffrire?


Poi capì.


Quel sentimento che l’aveva guidato nell’oscurità ,che l’aveva mantenuto in vita anche nelle situazioni più disperate,quel sentimento che sia gli stolti che i saggi chiamano Amore:era quello che lo teneva ancora legato al mondo terreno...che gli permetteva di vederla per l’ultima,straziante volta.


Si alzò,non gli rimaneva molto tempo,con le lacrime agli occhi tese il braccio verso di lei e sperando che in qualche modo le sue parole potessero raggiungerla,alleviare il suo dolore e farle capire che,seppur’per poco,lui esisteva ancora… con le poche forze che gli rimanevano pronunciò per l’ultima volta il suo nome.


<<Kathe>>


La ragazza sussultò,gli occhi pieni di speranze guardarono il corpo che reggeva così saldamente tra le braccia.


Poi ricadde a terra singhiozzando disperata;il corpo del ragazzo stretto sul petto,il viso solcato dalle lacrime


 


 


Del giovane sigillante di nome Xiliam,che aveva così coraggiosamente sfidato l’oscurità , non rimaneva più nulla…se non il ricordo.


 


************FINE************



Era da tanto che non scrivevo qualcosa e,meh,tutto sommato non mi sembra malaccio.


Detto questo depongo la mia,seppur virtuale,penna e vi lascio alla lettura con l'augurio che il mio racconto vi trasmetta qualcosa


Credetemi,non desidererei ricompensa migliore


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Guest Gingaehlf
Nickname dell’autore: Saturn
Titolo: 'till it end
Elaborato: 

L'antico potere si è risvegliato, ed ora è pronto a scatenare la sua furia!
— È quello che sto cercando di scoprire — sussurrò Radyo avvicinando le labbra ad un plico di fogli scomposti. Il suo respiro irregolare e malato pareva il suo unico sfogo, mentre i suoi occhi stremati e stanchi scattavano da un punto all’altro del plico. Un movimento convulso del suo braccio destro fece volare anni di interi lavori in aria. Il movimento lento ed inesorabile dei fogli rispecchiava con lucidità  le sue sensazioni, quello che provava. Le nervature rosse dei suoi occhi indebolivano sempre di più la sua vista, fino a che tutt’intorno a sé comincio a vibrare, e lentamente a deperire. Un manipolo di uomini in nero lo prelevò dal laboratorio, trascinandolo senza apparente interesse in corridoio. Un sorriso velato, sadico, malato comparve sulle sue labbra, i suoi occhi lentamente si spensero ed il suo corpo si lasciò ad una posa contorta e provata.

— Bene… e così neanche l’esimio professore Radyo è riuscito a portare a termine il lavoro — il passo lento e cadenzato d’un uomo riempì le sale del laboratorio. I suoi occhi scivolavano lungo le pareti ad ispezionare la scena. Un’altro passo più lento ed affaticato s’unì alla scena — Patet… tet… tetico… tut… tutto quest… — non fece in tempo a finire che l’uomo in nero lo interruppe — Risparmi il fiato, professor Lamont. Le sue balbuzie m’irritano alquanto… — con un movimento del braccio veloce e fluido indicò un plico di fogli sostenuto da un cartoncino, stretto in mano all’uomo in camice. Le dita dell’uomo ticchettavano compulsivamente il legno, consumandolo evidentemente nel ratio d’azione delle sottili ed affusolate unghie. Un sorriso arcigno inarcò le labbra del professore — Ne abbia… biamo mol… olti altri. Ma, mi chi… chied… chiedo — sussurrò stremato l’uomo, sotto evidente sforzo anche a pronunciare parole così semplici. Le sue labbra, soggette ad un continuo ma costante tremolio, ripresero a parare — mi chie… chiedo se saran… saranno dispos… sposti a correre questo ri… rischio. Io n… n… non credo — mozzò il respiro, e la parola data s’interruppe lasciando un silenzio tetro ed innaturale in stanza.
— Lei si fa troppi problemi, mio caro. Sinché ne avrò bisogno, non avrò alcun problema a trovarne altri.

Mesi dopo…
Una risata tetra riempì l’aria. Il calore che produceva il Monte Camino era impareggiabile, nessun altro vulcano sulla terra avrebbe potuto emanare cotanta energia. Lo sguardo sadico dell’uomo cercò a lungo sulla superficie lavica qualcosa che avrebbe potuto soddisfarlo, senza però riuscire a dare sfogo al suo ego. Era troppo. Era troppo vicino all’inizio. Era troppo vicino alla soluzione. Era troppo vicino al risultato di tutti i suoi studi. Alla fine di tutto. — Padron Sade, è pronto a dare inizio al progetto AlphaOmega? — la voce balbuziente del professor Lamont riuscì nell’arda impresa di rompere il tremolio costante delle sue labbra. Era un momento troppo importante per essere rovinato.
— Sì… date inizio all’operazione. Siano portate a me le due sfere. Siano liberati i due titani del mare e della terra, sia richiamato il titanio dell’aria. Sia dato inizio alla fine — scandì bene le parole, dando peso a ciascuna sillaba da lui emessa. Un grido di sfida fece tremare la terra. Le voci dei titani risuonavano potenti, richiamando a sé qualsiasi tipo di catastrofe. Le sfere presero a brillare, una luce malvagia e potente, capace di irradiare ogni terra da lì a anni luce. A braccia aperte, testimone dello spettacolo cruento, Enrique Sade assaporava lo spettacolo senza provare minima compassione. E la terrà  si frantumò, la lava prese a bruciare qualsiasi cosa trovasse sul suo cammino, ed il mare tremo, ed esplose in turbolenti maremoti. Ed il cielo non rispose.
— Non è perfetto? La distruzione in sé, è l’essenza della vita — una lacrima rigò il volto di Sade — da tanto tempo l’umanità  lo aspettava… l’Archerisveglio, la fine delle ere e l’inizio della fine. È tutto così assurdamente perfetto, non trova professor Lamont?
— S… sì Padrone Sade — un’espressione di terrore incombeva sul volto del piccolo uomo, mascherata abilmente dagli spessi occhiali. Ormai non v’era nulla da vedere, nulla da fare, nulla a cui tenere. Tutto bruciava sotto la potenza dell’Archerisveglio.
E la terra implose, esplose, e bruciò, tremò, e tutto finì.
E le ombre calarono silenziose sulla notte.

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Nickname dell’autore:Ariolu


Titolo:La fata Alpha


Elaborato:

L’antico potere si é risvegliato,dopo millenni,ed ora é pronto a scatenare la sua furia!

La Pokéball si muoveva in continuazione ed ad un certo punto si sentà­ uno schiocco.


Le Cascate Meteora,a Hoenn,emanavono un suono ed un odore piacevole e misterioso.


Steve aveva catturato il suo primo Pokémon,dopo aver  cercato quello che gli si addiceva di piú,dopo una lunga ricerca durata giorni ed addirittura mesi.Il suo Pokémon era un semplicissimo Bagon,ma che nascondeva un potenziale incredibile.


Steve era un ricercatore di Pokémon,che fino ad allora non ne aveva catturato mai uno,a parte il suo fidato Gyarados che gli regalarono ai tempi della sua infanzia.


Il ricercatore prese la ball e la lanció.


-Ciao Bagon!Che ti piaccia o no,da oggi sarai nostro amico!Io mi chiamo Steve e lui é il mio compagno Gyarados!


-Bagon?(Ma chi é sto pazzo)Barooraarrraoro(Pfft…visto che mi hai catturato non posso fare nulla)


-Va bene:provate a fare una lotta!


Gyarados si schieró e Bagon fece ugualmente.


Il Pokémon di Acqua usó Idropompa,ma Bagon,all’inizio non usó Dragopulsar come ordinato da Steve,ma dopo si ricredette e la usó solo per difendersi.


Gyarados fu messo KO,mentre il vincitore non fece finta di nulla,fino a quando non lo avvolse una luce blu come un manto cristallino.Bagon si evolvette in Shelgon.


-Bravo piccolo!Ti sei evoluto!


-Shoho(Capirai che bellezza…mi bastava quella specie di cappello ora invece ho sta megacorazza schifosa)


-Ok,ora torniamo a casa!


Gyarados,ripreso,usó Cascata,portando tutti al termine della cascata,poi só volo per tornare a casa.


Era diventato buio e dopo aver cenato si misero a dormire.


L’indomani partirono per una nuova avventura,peró stavolta la destinazione era Johto,quindi noleggiarono uno yacht dal signor Marino e partirono.Non avevano una meta precisa,ma,arrivati ad Olivinopoli,si avviarono per il Percorso 47.


Dopo un paio di chilometri arrivarono in una specie di vulcano,ma era spento.


Sul pavimento c’erano degli strani simboli.


Dopo un po’vi fu una scalinata,la quale attraversarono,presi dalla curiositá.


Poco piú si imbatterono in una capanna ormai abbandonata,che decisero di visionare,perché una capanna in un vulcano é alquanto strano.


A prima vista sembró piccolissima,ma all’interno era letteralmente un labirinto.


Non vi era nessuno o qualcosa,ma nel nero pece videro a malapena qualcosa,che non si muoveva ed era quasi invisibile in quell’oscuritá spettrale.


Shelgon si fece coraggio,la prese e la portó dal padrone.


Era una bacchetta,uno strano aggieggio,praticamente un oggetto indescrivibile.


Era adornato con delle decorazioni che sembravano provenire dall’antichitá.


Steve lo scosse.


Un lustrino cadde sul pavimento.


In un momento tutto il luogo che comprendeva la capanna da scuro divenne chiaro chiaro,da spaventosissimo a piacevolissimo.


Tutti si meravigliarono e decisero di tenersi la bacchetta,quando una voce molto strana attendeva di essere ascoltata.


-Avete liberato il potere Alpha…beh,vuol dire che vengo fuori anch’io!-


Apparve una piccola fatina,che prese subito la bacchetta e disse:


-Io sono la fata Alpha!Ho il dovere di proteggere questo luogo!Ma qualche mese fa vi fu una brutta tragedia…Il Team Magma e Il Team Idro,delle associazione malvagie,si accordarono di risvegliare i 3 Leggendari Rayquaza,Kyogre e Groudon,riuscendoci con diabolici mezzi ed aggeggi e riuscirono anche a sconfiggermi.


Per fortuna non andando mai d’accordo e con l'aiuto di due giovani lasciarono il progetto,ma io,ero rimasta senza poteri e quasi senza vita.


Ora,grazie a voi che avete riattivato il potere Alpha,mi avete salvato.


Per esservi grata vi regalo la Salamencite e un Megacerchio, per megaevolvere Shelgon,che si evolverá in Salamence.Vi saluto e tenetevi pure la bacchetta!Racconato tutto ció svanà­, facendo sbalordire la compagnia,ma positivamente.


Usciti dal vulcano ripresero lo yacht ritornando a casa a Hoenn.


Il dolce suono delle cascate Meteora dopo un anno si trasformarono.


Steve ci portava il suo bambino Arthur,facendolo divertire facendo megaevolvere Salamence e catturando un Pokémon fra i pochi presenti.


Da allora Steve mise su una famiglia.


Steve,Arthur e la moglie andarono al Cimitero Pokémon per portare un piccolo fiore al povero Gyarados.


Gyarados era morto 6 mesi prima,a causa di una malattia.


(Spero che vi sia piaciuto,ma con sta sfortuna sicuramente lo riterrete vomitevole.)

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                                                              â˜Peter Panâ˜


 


                        The Chosen - Il risveglio dell’antico potere


 


 

                           


                          


                   


                           NSVerGu.gif


 


                                                      


                                                                       I


 


  <<L'antico potere si è risvegliato, dopo millenni, ed ora è pronto a scatenare la sua furia!>> continuava a ripetere un’anziana signora fuori della cattedrale normanna di Rouen.


Era la notte della Vigilia di Natale, le strade gremivano di gente frettolosa mentre tenui fiocchi di neve iniziavano a danzare pacatamente nei cieli.


La maggior parte della gente ignorava quella che ai loro occhi pareva essere solo una stracciona con qualche rotella fuori posto. Quei pochi che la consideravano si divertivano a deriderla e a lanciarle rifiuti.


Solamente ad una persona essa fece compassione. Si trattava di Ailìn, un ragazzo orfano poco più che adolescente che viveva coi suoi zii e lavorava come panettiere nel loro panificio.


Egli teneva tra le mani un sacchetto ricolmo di panini appena sfornati. Questi sarebbero dovuti servire per il cenone di Natale, ma ritenne che non era un problema darne via qualcuno. Così si avvicino alla povera anziana e le porse qualche pagnotta.


  <<Mi scusi, ho solo del pane con me, ma spero le possa riempire un po’ lo stomaco>> le disse il giovine.


L’anziana ammutolì, prese le pagnotte e ne addentò una. Poi rivolse lo sguardo verso Ailìn, e con occhi sbarrati e voce tremante gli disse:<< Presto! Solo tu puoi fermarlo! Solo tu ne hai la possibilità ! Tu sei il prescelto!>>.


Il giovine non riusciva a comprendere le parole della vecchia e intimorito indietreggiò di qualche passo.


Ella tirò fuori dalla tasca della sua vecchia giacca una chiave dorata e la porse al giovane.


  <<Una chiave? Cosa dovrei farci? Mi scusi, ma proprio non capisco. Forse è meglio che io vada, si è fatto tardi>> disse Ailìn.


  <<Prendila e va’! Non puoi tirarti indietro dal tuo compito. Forza! Devi salvarci!>> rispose la vecchia.


Il giovine era alquanto a disagio, ma alla fine, ignaro di ciò che da lì a poco sarebbe accaduto, decise di accontentarla e afferrò la chiave.


A quel punto Ailìn fu abbacinato da un’intensa folgore.


Egli lasciò cadere il sacchetto coi panini e porse istintivamente le mani davanti agli occhi.


L’anziana donna, intanto, continuava a ripetere: <<Tu sei il prescelto e solo tu puoi salvarci>>. 


Tuttavia le sue parole si fecero sempre più distanti e fioche fino a divenire totalmente impercettibili.


Trascorsero svariati minuti prima che la luce si diradasse del tutto e che il ragazzo riuscisse a riacquistare completamente la vista.


Era incredibile! Attorno a lui vi erano una miriade di alberi. Si trovava in un bosco e non riusciva a capacitarsi di come ciò fosse possibile.


  <<Hey, tu! Scommetto che sei uno scagnozzo di Lohoki, ma non avrai mai il mio ciondolo!>> sentì gridare bruscamente dietro di sé. Così si voltò e innanzi a lui vide una giovane ragazza dai lunghi capelli rossi e abiti alquanto particolari.


  <<Come? Dici a me‽Non so di cosa tu stia parlando >> disse il ragazzo.


  <<Mi spiace, ma con me non attacca. Preparati a perire!>> ribatté la giovine con rabbia. Dai palmi delle sue mani iniziarono a comparire delle sfere luminose.


Il giovane allibito la fissava immobile.


Ella scagliò le sfere contro di lui.


Ailìn istintivamente saltò via riuscendo ad evitarle entrambe.


Esse finirono contro gli alberi e provocarono una gigantesca esplosione.


  <<Sei impazzita‽ Avresti potuto uccidermi!>> urlò il giovane contro la ragazza.


Ella senza dare peso alle sue parole si apprestava a colpirlo nuovamente, ma qualcosa attirò la sua attenzione.


  Con cautela si avvicinò sempre di più ad Ailìn e ad un certo punto chiese: <<Dove hai preso quella chiave? Chi sei tu in realtà ?>>.


 


  <<Io‽ Casomai chi sei tu! Il mio nome è Ailìn e sono un semplice panettiere. Mii trovavo nella mia città , stavo tornando a casa, ho incontrato una vecchia che mi ha dato questa chiave e improvvisamente mi sono ritrovato qui>> rispose il ragazzo.


  <<Non so come sia possibile, ma tu corrispondi alla descrizione del prescelto. Ti immaginavo totalmente diverso. Non posso credere che uno come te possa salvarci, ma la leggenda parla chiaro>> disse la giovine.


  <<Leggenda‽ Quale leggenda? Dove mi trovo? Chi sei tu?>> domandò con preoccupazione Ailìn.


Ella, senza alcuna esitazione, rispose: <<Io mi chiamo Sif e sono una discendente della stirpe Cremisia. Da centinaia di anni i Cremisia custodiscono questo ciondolo che vedi attorno al mio collo. Esso viene tramandato di generazione in generazione ed è in grado di conferire immensi e strabilianti poteri magici a chiunque ne entri in possesso. Per questo non deve assolutamente finire nelle mani sbagliate! Io sono l’ultima sopravvissuta dei Cremisia ed è mio dovere difendere tale ciondolo>>.


Dopo una piccola pausa e con occhi tempestati di lacrime continuò: <<E’ colpa di Lohoki il perfido re di questo regno, il Regno  di Asgòr, se la mia città  è stata rasa al suolo. Circa un mese fa è entrato in possesso del Drop, un anello antichissimo e ne ha risvegliato l’antico potere sopito. Grazie ad esso ha potuto generare creature abominevoli e spietate con cui sta seminando il terrore ovunque. Lui teme il mio ciondolo perché sa che può ostacolarlo.


Ti sarà  tutto più chiaro non appena ti leggerò quanto narra un’antica leggenda del Regno>>.


Detto questo si mise a frugare un po’ all’interno della sacca che si portava appresso, tirò fuori un libro piuttosto vecchio e ingiallito e iniziò a leggere:


  <<Millenni or sono le tre grandi divinità  protettrici del mondo, Odipo Vihili e Verèh, iniziarono a bisticciare tra loro. Odipo e Vihili volevano estirpare dal mondo ogni cattiveria e diffondere buoni sentimenti e virtù. Verèh, invece, riteneva che a questi dovevano alternarsi odio, violenza e paura. Iniziò così una dura e interminabile battaglia. Nessuno dei tre sembrava avere la meglio. Alla fine, stremati e incapaci di giungere ad una soluzione, decisero di usare le loro ultime forze per creare oggetti mistici e rinchiudere in essi il loro potere. Dopo aver fatto ciò tutti e tre si diressero sotto forma di raggi luminosi sulla Terra.


La loro lotta un giorno riprenderà  e a sfidarsi saranno le reincarnazioni di tali divinità . Ognuna di esse avrà  in suo possesso un oggetto mistico: un ciondolo magico, un anello oscuro e una… >>.


  In quel momento uno strano verso interruppe la sua lettura e attirò la sua attenzione.


Quella specie di ruggito si faceva sempre più vicino.


Ailìn e Sif si guardarono attorno cercando di capire da dove provenisse e di cosa si trattasse.


Il ragazzo, già  scosso dalle troppe emozioni e scoperte degli ultimi minuti, sembrava particolarmente allarmato.


Ad un certo punto si mostrò innanzi a loro una mastodontica ed orrenda bestia irsuta. Essa aveva una criniera dorata, lunghe e affilate zanne, occhi ricolmi di odio ed un corpo per metà  di orso e metà  di leone.


  <<Ma che razza di bestia è‽>> chiese con voce soffocata dalla paura il giovane Ailìn.


  <<Si tratta di Sfygongo, una famelica e spietata creatura di Lohoki. E’ stato messo a guardia di questa foresta. Devi stare in guardia o per te sarà  la fine>> rispose Sif.


  <<Sono spacciato! E io che volevo solo passare un bel Natale… Ma che ho fatto di male‽>> ribatté il ragazzo.


Il mostro si diresse con un rapido scatto addosso ad Ailìn e si preparò a colpirlo con i lunghi artigli della sua zampa destra.


Ailìn era impietrito dal terrore.


Ormai era spacciato.


Chiuse gli occhi.


Trascorsero alcuni secondi, ma il colpo non arrivava.


Sentì un forte boato e poi le grida agghiaccianti della bestia.


Ailìn riaprì gli occhi e vide la bestia cosparsa da fiamme. Continuava a dibattersi finché stremato non cadde a terra soverchiata dall'incendio.


<<Eh… Se non ci fossi stata io ora saresti spacciato. Avrai vita breve se non reagisci. Sarà  meglio che ti porti dall’anziano Helgin. Ci penserà  lui ad addestrarti a dovere! Egli vive  nel piccolo villaggio di Hoddlang, situato a pochi kilometri di distanza da questo bosco>> disse Sif.


<<Io vorrei solo tornarmene a casa.. >> bofonchiò tra sé e sé il giovine.


<<Come? Hai detto qualcosa?>> soggiunge con tono astioso la ragazza.


<<Io? Stavo dicendo fra me e me che non vedo l’ora di incontrare questo tizio>>  rispose il ragazzo con un timido sorrisetto dipinto sul viso.


Senza aggiungere altro i due si incamminarono verso l’uscita del bosco, lasciando dietro di sé il corpo ormai carbonizzato del raccapricciante mostro ibrido.     


 


                                                                      II


 


 


Era ormai notte fonda.


La luna intonava nei cieli la sua melodiosa voce fatta di pallidi, ma soffici raggi di luce, mentre le stelle la accompagnavano con il loro tintinnante bagliore.


Il villaggio di Hoddlang era bagnato dal candido barlume di tale sinfonia notturna.


I nostri due protagonisti erano ormai giunti a destinazione e questo era lo spettacolo che li attorniava.


 


  <<Ahi! Smettila! Basta!>> urlò d’un tratto Ailìn.


  <<E adesso cosa ti succede?>> domandò alquanto scocciata Sif.


  <<Non lo so. Ahi! Qualcuno mi sta lanciando delle pietre. Basta, ti prego!>> controbatté lui.


 


Si udirono delle risatine infantili.


 


  <<Ahahah. Ro, ma sei tu! Ti piace sempre trastullarti, eh? Purtroppo hai scelto la persona sbagliata con cui farlo. Lui è solo un mollaccione. Un caso disperato!>> disse la ragazza sghignazzando.


  <<Oh oh oh, Sif, quanto tempo! Mi spiace che Ro abbia infastidito il tuo giovane amico>> disse subito dopo un buffo, ma arzillo vecchietto piuttosto basso e barbuto.


Questi poi continuò: <<Mi presento, io sono Esifo, piacere. Sono il guardiano del santuario posto nel villaggio di Hoddlang e dedicato alle tre divinità  protettrici del Regno. Il giocherellone che si è divertito a lanciarti delle pietruzze è il mio amico Ro ed è un folletto della terra. Quello che vedi comodamente adagiato sulla mia spalla, invece, è Ve, un folletto del vento. Chiedo ancora scusa, ma i miei due piccoli amici si divertono a fare scherzetti alla gente, ma lo fanno solo per gioco e non con cattiveria>>.


  <<Non si preoccupi. E' tutto apposto. Forse mi sta solo venendo un bernoccolo, ma non importa>> rispose Ailìn.


  <<Per due pietruzze, che sarà  mai! Sei proprio un caso disperato, Ailìn>> disse la giovane scuotendo la testa. E poi proseguì: << Oh caro Esifo, cercavo proprio te. Ho urgente bisogno di parlarti >>.


  <<Certo, mia cara. Ne parleremo con tranquillità  nella mia casetta, posta proprio accanto al santuario. Seguitemi!>> disse il vecchio con tono serioso.


 


Giunsero alla casa del vecchio. Sembrava più un rifugio che un’abitazione vera e propria. Dalla finestra era possibile scorgere, oltre una ripida scalinata, il santuario. Un edificio imponente e solenne seppur d’aspetto assai antico.


 


  <<Prego, accomodatevi. Raccontami tutto con calma>> disse Esifo.


E così Ailìn raccontò di quanto le era accaduto nelle ultime settimane, dell’incontro con Ailìn e del fatto che questi fosse venuto da un’altra dimensione e possedesse la leggendaria chiave dorata. Esortò poi il vecchio a voler allenare il ragazzo poiché, anche se al momento poteva sembrare assurdo, lui era il prescelto della leggenda.


 


Esifo abbassò il capo e restò per qualche secondo assorto nei pensieri.


 


  Rialzò lo sguardo verso i due giovani e disse: << Come ben sai Lohoki ha proibito a chiunque di allenarsi e di portarsi appresso armi. Ciò che teme di più è proprio il valoroso guerriero di cui narra la leggenda. Solo lui è in grado di scacciare le tenebre e riportare la pace nel Regno.


Il nostro è uno dei pochi villaggi risparmiati dalla furia di quel demonio.


Se io acconsentissi alla tua richiesta rischierei di mettere in pericolo l'intero villaggio.


Ad ogni modo, se ciò che mi hai raccontato è vero e se lui è realmente il prescelto, allora non esiterò ad acconsentire.


Ormai è trascorso un mese da quando Lohoki è entrato in possesso di quell’anello millenario e ne ha risvegliato i poteri oscuri sopiti.


Da allora ha disseminato terrore, sangue e distruzione in tutto il Regno. E’ giunto il momento di fermarlo! Quindi vi aiuterò.


Tuttavia dovremmo stare attenti a non farci scoprire. Per cui ci alleneremo non appena calerà  il sole e non nel villaggio, ma nel Bosco di Hoodelin, ovvero quello in cui siete appena stati.


Questa notte è meglio se riposiate.


Da domani inizieremo l’allenamento. Preparati mio caro, esso sarà  particolarmente duro. Sono proprio curioso di vedere cos’è in grado di fare il prescelto>>.


Sif lo ringraziò immensamente. Poi si voltò verso Ailìn, gli diede una pacca sulla spalla e gli disse: <<Ahah, non vedo l’ora! Ne vedremo delle belle>>.


 


 


 


                                                                       III


 


Il sole stava calando.


Nella casa del vecchio Esifo si respirava un’atmosfera frammista di ansia ed eccitazione.


Ailìn era particolarmente turbato.


Il suo battito era così accelerato che pareva che il suo cuore potesse scoppiare da un momento all’altro.


  <<Coraggio figliolo, non temere, andrà  tutto bene.


Però non puoi allenarti con quegli orrendi abiti! Ci penserò io. Ti darò la mia tunica di quando ero ragazzo. Certo, è un po’ antica e impolverata, ma intatta>> disse Esifo.


Il ragazzo lo guardò dalla testa ai piedi con ripetizione e perplessità .


  Il vecchio se ne accorse e gli disse: <<Oh oh oh,tranquillo! Mi sono accorciato col tempo. Circa un secolo fa, quando avevo più o meno la tua età , ero molto più alto e muscoloso. Vedrai, ti calzerà  a pennello!


Ah! Dimenticavo! Ti consegnerò anche una piccola spada che usavo sempre durante gli allenamenti.Sarà  di fondamentale importanza>>.


 


Una volta indossata la tunica e presa la spada il giovine si diresse, assieme all’anziano, ai due piccoli folletti e a Sif, nel bosco di Hoodelin.


 


La densa oscurità , gli strani versi che si potevano udire e il tetro fruscio del vento tra le fronde non rassicuravano per niente il povero Ailìn.


  <<Coraggio! Smettila di fare il mollaccione e mostraci quanto vale il prescelto>>.


Esifo, senza farsi attendere, incominciò subito a spiegare in cosa sarebbe consistito l’allenamento:                 <<Saranno i miei due simpatici amici folletti ad addestrarti. Sono piccoli, ma non vanno sottovalutati. Inizialmente Ro creerà  e ti lancerà  sempre più pietre ad una velocità  crescente. Tu dovrai riuscire a schivarle e a frantumarle con la spada. 


Ve, invece, genererà  folate di vento sempre più intense e tu dovrai riuscire a fenderle con la tua spada. Sembrerà  impossibile, ma non lo è, fidati. Perfetto! Possiamo cominciare>>.


 


Dapprima Ailìn, tra una risata e l’altra di Sif, si beccò una miriade di pietre in faccia e finì più volte tra i rami degli alberi a causa del vento di Ve.


Tuttavia, col passare delle ore e dei giorni, migliorò sempre di più.


Gli ci volle una settimana, ma alla fine riuscì a sbriciolare e ad evitare agilmente tutte le pietre di Ro e a fendere le raffiche di vento più potenti di Ve.


Il giovine si sentiva fortissimo e non riusciva a credere di avercela fatta.


 


  <<Ragazzo, finalmente sei pronto per affrontare il perfido Lohoki. Prima, però, vorrei consegnarti una cosa. Andiamo nel santuario>> disse Esifo.


I due giovani ragazzi lo seguirono in silenzio e con curiosità .


 


Ecco! Erano all’interno del santuario.


I colori sgargianti delle vetrate venivano riflessi sul pavimento dal chiarore della luna.


Il reboante rumore di passi era l’unica cosa che infrangeva il, quasi surreale, silenzio.


Tre immense effigi erano poste su una specie di altare. Esse rappresentavano le tre divinità  protettrici del Regno: Odipo Vihili e Verèh.


L’anziano si diresse con passo lento e cadenzato verso la statua di Odipo. Sollevò


una pietra e l’effige iniziò a spostarsi facendo tramare tutto il santuario.


Si fermò.


Dietro di essa vi era una fessura con un baule che il vecchio tirò fuori.


  Dopo si diresse verso Ailìn e disse: <<Devi sapere che il terzo oggetto di cui parla la leggenda è una spada. Tale arma, però, è in grado di portare immani sciagure a chi ne entra in possesso senza esserne destinato. La leggenda afferma che solo il prescelto potrà  impugnarla e che questi sarebbe giunto da un’altra dimensione.


Un gruppo di monaci, per evitare che tale arma continuasse a finire nelle mani sbagliate, decise di celarla all’interno di un baule speciale in grado di aprirsi solo attraverso una chiave dorata destinata solo al vero ed unico prescelto.


Se tu non fossi il prescelto rischieresti la vita brandendo quella spada, ma tu corrispondi proprio alla figura descritta dalla leggenda. Tu hai con te quella chiave dorata. Quindi non temere. Apri il baule e impugna la spada celata al suo interno>>.


 


Il ragazzo, dopo un attimo di esitazione, afferrò la chiave e provò ad aprire il baule.


Il baule si aprì ed ecco la splendida spada. La sua impugnatura dorata risplendeva di una luce quasi sovrannaturale e la sua lunga e affilata lama sembrava in grado di fendere qualsiasi cosa.


Lentamente avvicinò la mano destra all’impugnatura.


Con decisione l’afferrò.


Da essa fuoriuscirono intensi raggi di luce.


Quello era il segnale:lui era il prescelto.


 


Sif si complimentò con lui mentre i due piccoli folletti iniziarono a compiere varie piroette aeree per la gioia.


 


  <<Tu sei colui che ci salverà >> disse con fermezza il vecchio Esifo.


 


 


                                                                 IV


 


Salutati e ringraziati il vecchio e i due buffi folletti, Sif e Ailìn lasciarono il villaggio e si misero in cammino verso il maniero del perfido Lohoki.


Ad un certo punto la loro vista fu offuscata da una nebbia sempre più fitta.


Ailìn si fermò. Non riusciva più a vedere dove andava e aveva persino perso di vista la sua amica, ma ad un certo punto si sentì afferrare una mano.


  <<Non temere, io conosco la strada. Ti conduco io fuori da questo mare di nebbia>> disse Sif.


E così fu!


Riuscirono ad oltrepassare quella densa foschia e si ritrovarono in un' amena vallata ricolma di fiori sfolgoranti che rilasciavano un delicato e ammaliante profumo.


Al centro dominava una quercia gigantesca.


 


  <<E’ incredibile!Sembra un sogno. Dove ci troviamo?>> domandò il giovine.


  <<Questo è il giardino che fa da ingresso alla Valle degli Spiriti. Vieni con me, voglio mostrarti un posto speciale>>.


 


I due camminarono per qualche chilometro finché non raggiunsero uno scoscendimento oltre il quale vi era come uno strano ammasso di nuvole e da ogni tanto erano quasi percepibili come dei lamenti e dei sospiri.


Era un luogo tanto magico quanto malinconico.


 


Lo sguardo di Sif si incupì.


Le lacrime iniziarono a rigarle il viso.


Ailìf non capiva e non sapeva se domandarle il motivo di tale tristezza o tacere, ma ecco che ella interruppe il silenzio e, con gli occhi rivolti verso l’alto iniziò a dire: <<Sai, devi sapere che si dice che qui si radunino le anime dei defunti morti senza trovar pace. Non so perché, ma sento che qui vi è anche mia madre. Ogni volta che vengo qui mi sento a casa. Ogni tanto mi sembra di sentire come degli abbracci e delle carezze. Mi sento protetta e serena ma al contempo anche piuttosto mesta e avverto come una stretta attorno al cuore. Tu sei il primo con cui ne parlo… >>.


A quel punto il cielo si infiammò dei caldi colori del tramonto.


Il viso di Sif venne soffuso da una raggiante cornice dorata.


I suoi occhi ricolmi di lacrime, abbagliati da quell’intensa luce, apparivano intrisi di stelle incandescenti.


Lei si voltò verso di lui.


I loro sguardi si incrociarono.


La fulgida fiammata degli occhi dell’uno si riverberava negli occhi dell’altra e viceversa.


I loro visi si avvicinarono sempre più.


  <<Bene, bene, bene. Guarda un po’ chi abbiamo qui! Lady Sif con un amichetto ahahah. Che scena patetica!>> disse in quell'istante, interrompendo quel magico momento, un omaccione corazzato dai lunghi capelli bianchi e dagli occhi rossi come il sangue.


I due ragazzi rizzarono rapidamente in piedi.


Sif rispose: <<Lohoki! Perfido mostro! Ti annienterò, puoi starne certo! Ti toglierò quell’orrido ghigno che hai stampato in faccia>>.


  <<Questa è bella ahahah. Lo vedremo subito>> disse Lohoki accennando un inchino. Dopodiché sollevò il palmo sinistro della mano nel cui anulare vi era il Drop. Da tale anello si sprigionarono come dei lampi fragorosi.


Il cielo iniziò a rannuvolarsi e l’aria si fece particolarmente gelida.


Iniziarono a crearsi dal vuoto innumerevoli buchi neri da cui fuoriuscirono orribili esseri con ali e volto analoghi a quelli di un corvo e corpi simili a quelli di una lucertola e con grosse zampe munite di asce.


Questi iniziarono ad attaccare i due giovani che riuscirono, tuttavia, a schivare con agilità  tutti i colpi e a controbattere.


Sif generò enormi sfere di ghiaccio e le scagliò addosso a quelle bestiacce. Queste ultime si congelarono, caddero a terra e andarono in frantumi.


Ailìn non fu da meno. Maneggiò la sua spada con molta a abilità  e riuscì a colpire tutti i nemici che si trovava davanti.


Lohoki, però, continuava a crearne a centinaia e i due giovani eroi iniziavano a percepire una certa fatica.


 


  <<Aaah. Lasciami, demonio! Lasciami!>> gridò improvvisamente Sif.


Ailìn si voltò per vedere cosa stava succedendo e vide Lohoki su un grosso destriero nero. Con un braccio teneva avvinghiata a sé la povera Sif mentre nell’altra mano stringeva il ciondolo magico della ragazza.


  <<Noo, Sif! Libera immediatamente! Hai capito! Liberala o te la vedrai con me!>> disse Airìn.


Lohoki iniziò a sghignazzare.


Airìn, accecato dalla rabbia, si liberò facilmente di tutti i mostri rimasti e si scagliò contro Lohoki. Questi, però, fermò la lama della sua spada con due sole dita e poi scagliò via il ragazzo con grande forza.


Dopodiché galoppò via.


  <<Noooo! Fermo! Fermoooo!>> urlò con forza Ailìn con il volto coperto da fango e lacrime.


 


Ormai Lohoki era troppo lontano e di lui non era più ravvisabile neppure la sagoma.


 


                                                


 


                                                                    V


 


  <<Sono un incapace… Solo un incapace… Altro che prescelto! Non riuscirò mai battere quell’essere immondo… E’ troppo forte!>> continuava a ripetere tra sé e sé il povero Ailìn con la voce strozzata dal pianto e dal dolore.


 


All'improvviso ebbe come la sensazione che qualcuno lo stesse abbracciando. Si guardò attorno, ma non vide nessuno.


Eppure quella sensazione continuò a ripetersi e riuscì addirittura a tranquilizzarlo.


Ad un tratto egli udì una voce che gli sussurrava all'orecchio: <<Lo percepisco indistintamente. Il tuo cuore è puro e tu vuoi davvero molto bene alla mia piccola. Ti prego, aiuta mia figlia. Tu puoi farcela, ne hai le capacità , ma devi crederci. Non mollare proprio ora. Rialzati! Tira fuori la forza che è racchiusa in te e metti fine alle malefatte di Lohoki>>.


 


  <<Come? Chi sei? Non riesco a vederti. Rivelati>> rispose il ragazzo.


 


<<Purtroppo non mi è possibile rivelarmi poiché ormai sono solo uno spirito. Puoi solo udire la mia voce.


Sono Serafya, la madre di Sif. Non potevo andarmene sapendo cosa rischiava la mia piccolina.


Se vorrai ti condurrò fino all’uscita di questa valle. Purtroppo non mi è concesso andare oltre, ma ti indicherò la strada per raggiungere il castello di Lohoki.


Ovviamente non porterò rancore verso di te nel caso in cui tu dicessi di non andare>>.


Il giovine, però, sembrava rincuorato dalle parole di Serafya e accettò.


Aveva riacquistato fiducia in se stesso ed era pronto ad affrontare il terribile Lohoki.


 


Ella lo ringraziò con tutto il cuore e lo portò all’uscita della Valle degli spiriti.


Prima di lasciarlo definitivamente gli spiegò, come promesso, il cammino che il giovane avrebbe dovuto percorrere e lo incoraggiò ancora un'ultima volta.


 


La battaglia rimasta in sospeso per millenni stava finalmente per giungere ad un epilogo.


 


 


                                           


                                                                       VI


      


Ailìn seguì alla lettera le indicazioni della madre di Sif e si trovò innanzi al maniero di Lohoki.


Esso era situato in una landa buia e paludosa. Immensi arbusti spogli impedivano alla luce di filtrare. Solo al di sopra dell’edificio vi era uno spazio aperto da cui però si poteva scorgere solo un cumulo di nembi oscuri carichi di elettricità .


Con cautela il giovine si apprestò ad entrare nella dimora quando delle grida lo fermarono:


  <<Aspetta! Aspetta! Ci siamo anche noiiiii!>>.


Si trattava di Ro e Ve.


  <<Hey, cosa ci fate qui?>> domandò il ragazzo.


I due folletti si incupirono e iniziarono a versare lacrime.


Ve, con voce sofferta, disse: <<Lohoki è giunto nella nostra città , ha perquisito il santuario delle tre divinità  protettrici del Regno ed ha scoperto lo scrigno vuoto che conteneva la spada millenaria. Voleva spiegazioni dal vecchio Esifo, ma lui si è rifiutato di dargliele e così… e così… >>.


Ve non riuscì a concludere il suo discorso, ma Ailìn aveva comunque capito cosa era accaduto al vecchio.


Il giovane, allora, con rabbia urlò: <<Pagherai anche questa! Stai allerta, sto arrivando!>>.


Detto questo si diresse verso l’ingresso ed aprì l’immenso portone.


I due folletti decisero di seguirlo per potergli dare una mano.


 


Regnavano il buio e il silenzio.


Sembrava non ci fosse nessuno ad accoglierli, ma non era così.


Inaspettatamente si accesero diverse torce.


Decine di esseri viscidi e ricoperti di fango simili a lombrichi ed altri mostri dal folto pelo ghiacciato simili a tarantole affollavano l’entrata dell' edificio.


Il giovane iniziò a colpire quei mostri senza indugio, ma i due folletti gli dissero di andare e che ci avrebbero pensato loro due a sistemarli.


Ailìn allora li ringraziò e corse a cercare Lohoki.


 


Superata una lunga scalinata giunse innanzi ad una gigantesca porta innanzi alla quale vi era un gigante barbuto con 3 occhi e armato di un’enorme e tagliente ascia.


L’ormai impavido ragazzo andò verso di lui senza alcun timore e gli disse: <<Hey, tu, bestione! Cosa c’è oltre quella porta>>.


<<C'è il mio padrone e tu non lo infastidirai, inutile moscerino. Ora ti faccio a fettine!>> rispose il gigante che si apprestò a colpirlo con la sua immane ascia. Ailìn, però, riuscì con maestria ad evitare il colpo, a balzare sull’ascia e a trafiggere quell’energumeno in pieno petto.


Il mostro iniziò a barcollare un po’ e poi crollò definitivamente a terra con un esorbitante tonfo che fece tremare tutto il castello.


 


Con determinazione Ailìn aprì la porta che lo separava dall’ormai acerrimo nemico.


Lohoki era lì, su di una grande pedana e con addossi il ciondolo di Sif che si trovava a poca distanza da lui, priva di sensi ed imprigionata in una specie di cristallo nero.


  <<Ahahah, ti aspettavo. Quindi saresti tu colui che secondo la leggenda dovrebbe fermarmi‽ Ahahah, sto tremando di paura>> disse tra un ghigno e l’altro quell’essere spregevole.


  <<Vedrai che tra poco smetterai di ridere, infame!>> controbatté Ailìn.


Lohoki generò un gigantesco drago e gli ordinò di incenerire il giovine.


Il drago ubbidì immediatamente e cominciò a sputare fuoco contro il giovine. Questi provò ad evitare le fiamme, ma capì che non era in questo modo che avrebbe avuto la meglio su quel mostro. Doveva agire!


Abilmente si avvicinò sempre di più al drago evitando ogni suo attacco e, atteso il momento opportuno, compì un grande saltò e lo colpì in piena fronte con la sua spada.


Il drago lanciò urla agghiaccianti di dolore e poi si accascio esanime al suolo.


  <<Ah! Allora non sei così scarso come pensavo.Complimenti ahahah>> disse battendo le mani Lohoki.


Questi poi rialzò la mano pronto a riutilizzare i poteri  dell'anello.


 


  <<Non lo riutilizzerai di nuovo. Stiamo arrivandoooo>> disse Ro dirigendosi alla massima velocità  verso il Drop>>.


 


Con un rapido scatto riuscì a sfilargli via l'anello e lo lanciò a Ve che pensò bene di ingogliarlo.


  <<Come avete osato inutili sgorbi!>> urlò furibondo quel demonio che, grazie ai poteri del ciondolo che aveva sfilato a Sif, generò 2 potenti sfere oscure e le lanciò contro i due poveri folletti che furono colpiti in pieno e piombarono a terra privi di vita.


  <<Nooo Ro! Nooo Ve! Non avresti dovuto! Le pagherai tutte, stanne certo!>> disse con rabbia Ailìn.


  <<Tranquillo, presto li raggiungerai. Nessuno può avere la meglio contro di me. Io sono il più forte. Sono imbattibile. Arrenditi!>> affermò Lohoki. Detto ciò generò una spada fatta puramente di energia oscura e si diresse a tutta velocità  contro il ragazzo.


Questi provò a difendersi, ma il nemico era troppo forte e alla fine venne sopraffatto.


  <<Ahahah cosa avevi detto? Che l'avrei pagata‽ Non farmi ridere! Sei solo un essere patetico come tutti i tuoi amichetti che hanno voluto fare gli eroi>> disse quell'essere malvagio.


  <<No! Non può finire così! Non deve! Il vecchio Esifo, Ro e Ve, Sif e sua madre e tutti coloro che hanno subito le angherie e le barbarie di questo essere abbietto. Devo farlo per loro! Devo farcela!>> disse tra sé il giovane eroe.


  <<Puoi riuscirci, io credo in te>> disse in quel momento, con voce fioca, la povera Sif.


Ailìn si rialzò più deciso e forte che mai. Sentiva scorrere in sé una grande energia.


Ad un tratto la spada che stava impugnando con forza iniziò a brillare.


I corpi privi di vita di Ro e Ve si trasformarono in fasci luminosi e raggiunsero la lama della spada.


Ailìn non capiva cosa stesse succedendo, ma si sentiva imbattibile.


Lohoki scagliò contro il ragazzo gigantesche sfere esplosive. Il giovine, però, le colpì con un fendente così potente che originò un prorompente tornado che rispedì le sfere contro quel folle.


Lohoki fu colpito in pieno, però, sembrava che il colpo non gli avesse arrecato alcun danno.


Ailìn corse verso il nemico.


I due iniziarono a fronteggiarsi l'uno contro l'altro con le proprie spade.


Nessuno dei due sembrava riuscire ad avere la meglio sull'altro.


Tuttavia alla fine Lohoki riuscì a buttare a terra il ragazzo e si apprestò a colpirlo con tutta la sua forza, ma


Ailìn riuscì a liberarsi e trafisse in pieno cuore Lohoki.


Quest'ultimo si accasciò lentamente a terra.


Una riga di sangue gli scese dalla bocca.


<<Io non posso perdere. Sono il più forte... >> furono le sue ultime parole prima di esalare l'ultimo respiro.


L'odio di Ailìn per Lohoki ormai era mutato in pena.


Si avvicinò a lui, gli abbassò le palpebre e riprese il ciondolo.


Il cristallo che imprigionava Sif era scomparso e i due erano finalmente salvi.


Tuttavia i numerosi scontri avevano danneggiato gravemente il castello.


Terremoti e crepe si susseguivano sempre più frequentemente. 


L'edificio stava crollando e i due ragazzi dovevano sbrigarsi a mettersi in salvo.


Così iniziarono a correre rapidamente verso l'uscita.


Giunti fuori sani e salvi fissarono per l'ultima volta quello che sarebbe divenuto il sepolcro di Lohoki.


 


 


                                                                  VII


 


 


Ailìn con la sua spada tagliò i lunghi rami intrigati degli alberi spogli che circondavano il castello.


 


I raggi del sole inondarono quel luogo di desolazione.


 


  <<Sapevo che ce l'avresti fatta. Sbagliavo a ritenerti un mollaccione. Finalmente la gente potrà  tornare a  vivere in pace e armonia. Ti sono debitrice>> disse Sif con grande riconoscenza.


 


Il giovane era imbarazzato, ma al contempo felice, e le rispose: <<Tu mi hai incoraggiato, sei stata parte della mia forza. Sono io che ti sono debitore>>.


 


I due si avvicinarono.


I loro cuori battevano all'unisono.


Nello sguardo dell'uno vi si specchiava quello dell'altra e viceversa.


Era come se fossero una persona sola.


Socchiusero pian piano le palpebre.


La spada e il ciondolo iniziarono a brillare, ma loro non se ne accorsero.


Le loro labbra si avvicinarono pian piano fino a toccarsi.


Avrebbero voluto che quel bacio fosse durato per sempre eppure pian piano esso si faceva sempre più flebile.


Non si percepiva più.


Ailìn iniziò ad udire voci di bambini allegri e varie musichette natalizie così riaprì gli occhi.


Si guardò intorno spaesato.


Non capiva.


Si trovava nuovamente di fronte alla cattedrale di Rouen.


Alcuni fiocchi di neve stavano ancora compiendo la loro languida danza.


La vecchia signora era ancora lì e stava addentando una delle pagnotte che il giovane le aveva donato.


Riverso a terra vi era il sacchetto contenente i panini. Alcuni erano fuoriusciti e così il giovine si chinò, con molta calma, a raccoglierli uno ad uno.


Poi si toccò le labbra.


  <<Possibile che sia stato tutto un sogno ad occhi aperti... Mi sono immaginato tutto?>> si chiese tra sé e sé Ailìn.


Frastornato e pensieroso si incamminò verso casa.


 


<<L'antico potere si era risvegliato dopo millenni, ma la sua furia è stata domata. Grazie di tutto Ailìn. Non ti ho mai dimenticato. Resterai per sempre impresso nel mio cuore>> udì improvvisamente dietro di sé.


 

Il giovane panettiere rimase impietrito per qualche secondo. Poi si voltò di scatto.

Non c'era nessuno. Anche l'anziana donna era sparita.

Una soffice folata di vento gli accarezzò delicatamente il viso.


Egli sorrise, rivolse lo sguardo verso il cielo e disse: <<Neanch'io ti scorderò mai>>.


 


 


 


Chiedo venia. Purtroppo il tempo che ho potuto dedicare a questo lavoro è stato assai limitato. Praticamente ho potuto lavorarci solo alcuni giorni nelle ore di pranzo e cena. 


Volevo anche rinunciare, ma alla fine non ho niente da perdere. Tanto vale provarci. Del resto questo è l'unico vero contest importante per me. L'ho aspettato tanto. Peccato che capiti sempre nei periodi sbagliati. XD


La storia doveva essere assai ben più lunga e avvincente, ma spero che sia ugualmente di vostro gradimento.


 


In bocca al lupo a tutti!!  ^^


 


*Ho tolto un P.S. che poteva essere ritenuto una critica.


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~ Nickname dell’Autore ~


~ShamUgi


 


~ Titolo ~


Il risveglio dei colossi


 


~ Elaborato ~



L'antico potere si è risvegliato, dopo millenni, ed ora è pronto a scatenare la sua furia!


Era questo il significato dei caratteri che apparvero in cerchio dopo aver inserito quelle quattro antiche pietre negli appositi spazi presenti in quella formazione calcarea.


“Finalmente il mondo è nelle mie mani.†fu questo il pensiero del Signor Lucifer, il quale non sapeva cosa aveva appena scatenato...


 


...improvvisamente la grotta sembrò non avere più fondo.


Sembrava allungarsi sempre di più.


E più lunga diventava, più il suo contenuto si celava nell'oscurità .


Lucifer, così, guardò nella direzione del Generale Baron, il quale intese subito.


Senza esitare estrasse dalla fondina la sua Beretta e la puntò alla testa del Conte James, archeologo che li aveva aiutati nella ricerca dei fossili ed accompagnati fino a lì dopo mesi di ricerca.


Tre colpi secchi e spietati, sparati a bruciapelo, tolsero la vita al nobile, subito, due tonfi risuonarono nella grotta che si allungava sempre di più, cosa che venne dimostrata dall'eco. Fatto ciò, come se fosse una routine quotidiana, il Generale ordinò ai suoi di accostare alle pareti il corpo, e di evitare la fuga dei ricercatori del Team di James.


-Ben fatto.- furon queste le parole che uscirono dalla spietata bocca di Lucifer. A questo elogio Baron sghignazzando replicò -Per i suoi soldi, questo ed altro, Signore...-


Si continuava ancora a sentire l'eco della caduta del Conte. Il rumore, però, risultava intermittente, no, non era l'eco a provocarlo, sembrava qualcosa di più vivo, inoltre si faceva sempre più vicino, come se fosse qualcosa di disumano, che ruggiva, con rancore, come se fosse rimasto rinchiuso e celato nell'oscurità  per secoli ed ora avesse voglia di vendetta, sete del sangue di colui o di coloro che lo condannarono a quella lunga reclusione.


Nessuno però udì ciò, infatti gli spari seguiti dal loro eco diminuirono fortemente l'udito dei presenti. Qualcosa di strano tuttavia lo percepirono a causa delle luci.


Improvvisamente, infatti, le luci iniziarono ad andare ad intermittenza.


Diventarono anche sempre più fioche.


BOOM


I generatori esplosero, così il gruppo rimase al buio pesto. Senza dimostrare esitazioni o preoccupazioni, Lucifer ordinò di attivare quelli di emergenza, ma niente, non funzionavano più neanche quelli, ma ormai le luci non servivano più: dalle profondità  di quella grotta sembrava apparire fioca una luce rossa sfocata nei contorni.


Si avvicinava sempre di più.


Ora anche quel ruggito risultò udibile alla compagnia.


Era velocissima.


Ora erano due.


Si facevano sempre più grandi, fino a divenire ben definibili nei contorni e nella forma.


Erano due occhi, arrabbiati, di una bestia che lo era ancora di più. Dimostravano voglia di vendetta e sete di sangue. A questo punto il cuore di ghiaccio di Lucifer si sciolse, dimostrando emozioni anche lui, ma non positive, anzi, dimostrava terrore, almeno fu quello che vide Baron nei suoi occhi, cosa che intese benissimo, poiché immediatamente se la diede a gambe portandosi dietro il resto del gruppo. Nessuno dei fuggitivi sapeva che era inutile, l'unico a saperlo era Lucifer, che rimase là  ad ammirare quel terrificante spettacolo che aveva davanti.


Coloro che scappavano capirono subito che qualcosa non andava quando la luce rossa che illuminava la caverna, ormai da una decina di secondi, mutò senza preavviso in una luce bianca seguita da un suono metallico.


Era qualcosa di letale, sicché, da quel momento, una trentina di cuori smisero di battere.


 


Flashback ~ 11 Mesi prima...


 


Era una fredda giornata invernale quando il milionario Lucifer Black si trovava nell'antica biblioteca di famiglia. Da nemico della lettura e da amante della ricchezza, conoscendo il valore di quei libri, alcuni dei quali erano delle pergamene impaginate dal suo trisavolo, decise di venderli. Ordinò, così, alla servitù di casa di tirarli giù dai vari scaffali, nel frattempo lui si sedette su una poltrona rivestita di pelle, si accese un sigaro, ed iniziò ad aspettare.


Passate un paio d'ore il lavoro era quasi completo, mancavano solo una manciata di scaffali, e più della metà  dei libri tirati giù erano già  stati portati fuori e depositati in appositi camion.


Lucifer, annoiato e assonnato, si alzò e stava per dirigersi verso la porta per andare a coricarsi in camera sua, quando sentì dei rumori provenire da un angolo della biblioteca, accompagnati dalle imprecazioni di uno dei suoi tanti maggiordomi nei confronti di un libro che non voleva togliersi e pareva incastrato. Attirato, così da quel suono meccanico si voltò cercando di capire da dove provenisse, ma non serviva, ormai in un angolo non vi era più parte del pavimento, ed al suo posto vi erano delle scale che scendevano, approssimativamente per una ventina di metri.


-Voi non avete visto niente.- disse subito Lucifer alla servitù con voce intimidatoria. Detto ciò non ci pensò su due volte che si diresse verso le scale e cominciò a scenderle.


Più si scendeva, più pareva calare la notte, ma improvvisamente quando il ricco milionario raggiunse l'ultimo scalino, dal profondo della stanza, vide una luce fioca che continuava ad aumentare di luminosità  fino ad abbagliarlo. Prima di venir abbagliato Lucifer notò che la stanza era vuota, ma qualche secondo dopo, quando la luce si stabilizzò, scoprì che vi era uno studio.


Una scrivania giaceva nella parte sinistra del nascondiglio ed al di dietro vi era una bacheca che custodiva varie armi, che parevano essere appartenute ad un appassionato di caccia. Non fu questo, però, che attirò l'attenzione di Lucifer. Alla destra della scrivania, infatti, vi era un tavolino, con del Brandy, e fu lì che si diresse per versarsene un po' su uno dei bicchieri che l'appoggio disponeva.


“Ci voleva proprio un buon alcolico per esplorare bene un posto come questo.†pensò il ricco uomo.


Assaporata la bevanda riappoggiò il bicchiere sul tavolino ed aprì la porta che vi era davanti alla scrivania. Entrato nella nuova stanza la delusione lo invase. Vi era una libreria nascosta. Ma i libri la custoditi avevano qualcosa di diverso dagli altri, sembravano tutti nuovi, appena impaginati. Come se lì il tempo si fermasse. Inizò così a leggere i vari titoli dei capolavori e notò qualcosa di strano, non erano messi in ordine alfabetico o di stampa o qualsiasi altro ordine presente nella vecchia libreria, ma erano posizionati in tal modo che le stesse iniziali ricorressero sempre formando la frase “Dominium sub tuum corpum estâ€, frase che immeditamente, da appassionato dell'antica Roma, tradusse in “Il potere assoluto è sotto di teâ€. Sapendo come riuscì ad arrivare sin lì iniziò a buttare giù tutti i libri dai propri scaffali. Non accadde nulla. Ma fu proprio lì che notò dietro a degli scaffali svuotati delle intersezioni, in totale ventiquattro, ovvero tante quante le lettere che componevano la frase in latino. Decise così di riempirle con dei libri, per sicurezza, stampati nello stesso anno.


Si sentì il rumore di un crollo provenire dallo studio nascosto per anni. Così Lucifer si diresse, sempre con il suo passo agiato e tranquillo verso la porta che lo conduceva là . Entrato in quella stanza notò subito che mancava una parete, come se fosse crollata, poiché a terra vi erano delle macerie. Al suo posto vi era un tunnel che sembrava portare verso il basso, direzione non sicura data la sua forma circolare. Percorso quel tunnel, scoprì che portava esattamente sotto a quella biblioteca nascosta, e che non vi era più scritto in latino, ma in caratteri runici, incomprensibili. Ciò che vi era, era una grotta millenaria con al centro una formazione calcare a forma di tavolo dove vi era incastonata una pietra verde circondata da quattro incastonature a forma di fossile. Capito che per proseguire servivano quei quattro fossili decise di scattare delle foto, per sicurezza, e nel frattempo, di risalire nella sua abitazione per pensare sul da farsi. Quando arrivò alla biblioteca di famiglia, notò che era come se fossero passati solo una decina di secondi, cosa che venne confermata dagli strani sguardi della servitù, quando in realtà  erano passate un paio d'ore. Ma non diede molta importanza a ciò.


Dopo averci pensato su alcuni giorni capì che serviva un archeologo per trovare quelle pietre, o direttamente qualcuno che già  le possedesse, e la persona giusta era un conte appassionata sin da tenera età  di archeologia, appunto. Conoscendo di vista il Conte James, però, Lucifer sapeva che non sarebbe stato facile farlo lavorare per lui, il quale era un uomo piuttosto diretto ed a volte spietato e le cose le faceva per interesse proprio, esattamente il contrario del buon animo di James, il quale se faceva qualcosa era o per passione o per carità .


Il milionario chiamò così il suo amico mercenario, ex generale d'armi, Baron, il quale alla parola “soldi†poteva far qualsiasi cosa, se necessario, anche uccidere i propri figli. Scopo della chiamata era commissionargli il rapimento delle figlie del Conte, il quale, per riaverle con sé, avrebbe dovuto lavorare per Lucifer, e per avere un extra, Baron e la sua compagnia, avrebbero dovuto accompagnare e tener d'occhio James nel corso delle sue ricerche.


In un paio di giorni le nobili figlie erano già  rinchiuse in una delle tante camere della villa del milionario, e la domanda di lavoro era già  stata inviata a James, con in allegato un video dove le sue figlie lo “salutavano felicementeâ€. Senza ripensarci più volte il conte si diresse al punto d'incontro per farsi dire dal generale il suo compito, ovvero quello di cercare dei fossili che corrispondessero alle incastonature presenti nelle foto, scattate in quella grotta da Lucifer. In quelle foto il conte riconobbe subito la sagoma di uno dei suoi fossili da collezione per il quale aveva fatto lunghe ricerche, ma alla fine era riuscito a trovarlo. Capì dunque che, per rivedere le sue figlie libere, gli spettavano lunghi mesi di ricerca. -Ok, mi metterò subito alla ricerca di quei fossili.- disse con voce esitante James al generale il quale, col suo tipico sghignazzo replicò -Vedo che ha capito ciò che le conviene...- -Però mi servono soldi, molti soldi.- disse esitando il conte al quale Baron istintivamente rispose -Per quelli non si preoccupi, ci siamo io ed i miei uomini...-.


Detto ciò il conte tornò a casa sua con le foto e Baron, in accordo con Lucifer, lo seguì per controllarlo ed ausiliarlo nel suo compito. In pochi giorni il nobile riuscì a mettere su un Team di ricercatori ed il capo mercenario a procurarsi i soldi necessari. Così le ricerche poterono iniziare senza alcun problema.


Finalmente dopo dieci lunghi mesi di ricerca, tutti i fossili vennero ritrovati ed il generale subito contattò Lucifer, il quale con aria d'eccitazione gli ordinò di portare alla sua villa il conte ed il suo Team seguiti dai suoi uomini.


Quando furono tutti riuniti nel salotto della villa, Lucifer li “accompagnò†nella grotta dove si fece “gentilmente†dare le pietre organiche che inserì con delicatezza nelle apposite incastonature. Improvvisamente, in cerchio, attorno a quell'appoggio costituito da una formazione calcarea, apparvero delle scritte, in caratteri runici.


 


Sterminato il gruppo, quella creatura, molto simile ad un dragone cinese, ma color verde uscì dal terreno, grazie alla fenditura provocata da quel bagliore metallico che era uscito dalle sue fauci. Subito il cielo si fece grigio, ma non era un normale grigio di una giornata temporalesca, era un grigio “violento†pieno di rancore e di rabbia. Da quei inquietanti nuvoloni, cadde una scarica di tuoni che rase al suolo la villa e provocò un terremoto che si estese per una quarantina di kilometri, causando, così, ulteriori morti e distruzione. Altre scosse furono percepite in altre parti del mondo sempre sotto a degli immensi nuvoloni grigi.


Nel frattempo due inseparabili amici Vera e Brendon, amanti dell'avventura e quindi dell'esplorazione, stavano vagano per i boschi della loro regione, quando udirono i tuoni seguiti dalla scossa di terremoto e decisero così di recarsi al riparo dentro una grotta.


-Ho paura.- rivelò Vera -Non preoccuparti, qua siamo al sicuro, aspettiamo un paio d'ore e poi possiamo pure andare- la consolò l'amico -e se vuoi nel frattempo possiamo fare qualche gioco.- -Va bene!- gli disse entusiasta della proposta -Che ne dici di giocare agli esploratori ed esplorare questa grotta?- propose a Brendon che tutto felice replicò -Fantastico!-


I due amici così, iniziarono ad esplorare quella grotta, ed in poco tempo scoprirono che era un interminato insieme di tunnel e di bivi. Ad un certo punto arrivarono, però, ad uno strano bivio, poiché da un lato proveniva luce blu, mentre dall'altro luce rossa, non erano luci minacciose, anzi. La luce blu ricordava quella luce causata dal riflesso della luce sull'acqua, quella luce nostalgica, ma al contempo rilassante che vorresti rimanere per ore a contemplarla con l'odore marino che ti fa compagnia. Dall'altra parte vi era quella luce rossa, invitante, quella luce che si ha in una stanza buia, la sera, quando ci si riunisce con la famiglia davanti al caminetto, per raccontarsi l'andamento della giornata o confidare i propri problemi per essere consolati dai propri cari.


-Che ne dici se ci dividiamo?- propose Vera tutta eccitata -Va bene, ma sta attenta.- le raccomandò l'amico Brendon -Ok, ma io seguo la luce blu.-


I due amici, ancora, non sapevano ciò che li attendeva.


Entrambi camminarono per una decina di minuti, fino ad arrivare ad una stanza in entrambi i casi circolare e con al centro una formazione calcare che faceva da culla ad una sfera, per Vera blu e per Brandon rossa, spinti dalla loro curiosità , entrambi, simultaneamente, la presero in mano. Si senti uno strano rumore, come se fosse crollato qualcosa alle loro spalle, infatti, in entrambe le stanze l'entrata era crollata! Ma il fondo della stanza si allungava sempre più. Gli amici tanto impauriti quanto incuriositi, decisero di proseguire.


SBAM


-Ahia!- esclamarono in coro. I due amici si erano scontrati, quei tunnel si collegavano! Dopo aver capito la situazione Vera e Brendon decisero di continuare l'esplorazione. Ad un certo punto però, udirono uno strano suono metallico ed improvvisamente vennero abbagliati da una luce fortissima.


Svennero.


Passò una mezz'oretta prima che i due amici si risvegliassero. Quando accadde, capirono di non essere dove erano svenuti, erano in una strana grotta, senza apparenti entrate od uscite. Era di forma circolare, come la pozza d'acqua che ospitava al suo interno. Quella pozza però non era normale, era profonda, e luminosa, come se sotto di essa vi fosse un fuoco acceso.


I due amici decisero così di avvicinarsi per vedere meglio di cosa si trattasse. “Fermi!†“Non fatelo!†Udirono, però, due voci che li bloccarono, e così fecero. Sembravano voci antiche, appartenute a qualcuno che aveva vissuto millenni e del mondo conosceva ormai tutto. Erano voci avvolgenti, quel genere di voci che all'udito ti riscaldano il cuore, ma al contempo te lo impauriscono, poiché sai che appartengono a qualcuno che come può consolarti, può anche terminarti. “E' pericoloso...†“...potreste abbagliarvi e cadere...â€. Una cosa strana di queste voci era che parlavano in modo alternato, prima una e poi l'altra, come se appartenessero ad una stessa creatura, od a due creature diverse, che però condividevano gli stessi pensieri.


I due amici si guardarono e, dopo essersi capiti, chiesero: -Chi siete?!?!-. Stranamente le voci non parlarono più alternate, ma assieme. “Non è tempo di presentarsi per il momento, se vi abbiamo attirati sin qui, non è per questo, è per un motivo molto più importante.†-Per favore, non teneteci sulle spine allora.- disse impaziente Vera. “Non bloccare i nostri discorsi, grazie.†disse una delle due voci con un tono che sembrava sempre più arrabbiato. “Calmo†la mitigò l'altra voce “vi abbiamo portati sin qui perché la fuori sta succedendo qualcosa di terribile, il mondo sta per essere distrutto da una creatura oggi terrificante. Tutto ciò a causa di qualcuno che l'ha risvegliata, rompendo il sigillo che l'avrebbe dovuta tenere rinchiusa fino alla fine dei tempi. Tutto iniziò secoli fa quando io, il custode dei Mari Kyogre ed il custode delle Terre, Groudon, che avete avuto modo di conoscere prima, cademmo in conflitto per motivi che ormai ci siamo dimenticati. Fu a quel punto che entrò in scena Rayquaza, il custode dei Cieli, il quale regnava in pace e per salvare il popolo terrestre, di cui anche voi fate parte, scese dal suo pacifico regno e venne a combattere con noi, quando capì che era quasi impossibile riappacificarsi decise di fare una scelta, una terribile scelta. Diede così il compito ai tre Regi, Regirock, Registeel, e Regice, tramite un messaggio telepatico, di costruire un sigillo indistruttibile, dove lo avrebbero dovuto rinchiudere, terminato il suo compito. Fu in quel momento che il tempo si fermò, il cielo non sembrava avere colori, apparivano solo tre sagome, due ombre, cioè la mia e quella di Groudon ed una luce abbagliante, simbolo di pace di Rayquaza. Improvvisamente quella luce iniziò ad assorbire le ombre che pian piano divennero sempre più candide, la sagoma del custode dei cieli, però era buia, tetra, del colore più scuro che si possa immaginare. A quel punto cademmo tutti a terra. Vi fu il nulla, come se il mondo fosse stato resettato. Noi ci trovammo qua, in questa profonda pozza, mentre di Rayquaza percepimmo la presenza, nelle profondità  della terra. Era una presenza terribile, come quella di un demone, piena d'odio, di rancore, di voglia di vendetta per qualcosa che gli è stato inflitto, ma che è stato dimenticato, ma soprattutto una presenza, che aveva sete di sangue.†“Bene ora che tu hai finito posso proseguire io, adesso la presenza di Rayquaza non la percepiamo più nelle profondità  della terra, ma fuori, nei cieli, che semina distruzione e terrore, quindi ci serve il vostro aiuto, non per sconfiggerlo, ma solo per tirarci fuori di qui.†disse Groudon. -Va bene!- esclamarono in coro i ragazzi. Le voci, così riniziarono a parlare alternandosi. “Bene.†“Vi ricordate le sfere, blu e rossa, che avete preso prima di arrivare sin qui?†“In ogni caso dovete lanciarle in questa pozza...†“...e così noi saremo finalmente svegli...†“...e pronti a sconfiggere Rayquaza.â€. Subito i due ragazzi si misero nella posa dell'attenti ed esclamarono a gran voce: -Sissignori!!!-.


Gettate nella pozza le due sfere in cima alla grotta la roccia iniziò a scomparire magicamente, ed al suo posto apparve il cielo, ormai da ore grigio. Dalla pozza, come saette, invece, uscirono Kyogre e Groudon, i quali si diressero, si spera verso Rayquaza, pronti a sconfiggerlo.


I due custodi buoni volavano a tutta velocità  nella direzione di Rayquaza, mandandosi telepaticamente gli ipotetici modi sul come sconfiggerlo, fino ad arrivare ad una soluzione, rinchiuderlo di nuovo nel sigillo, a questo punto bisognava solo paralizzarlo, addormentarlo, o renderlo esausto.


Appena fu possibile vedere Rayquaza, Groudon si lanciò su di lui a tutta velocità  subito seguito da Kyogre, lo iniziarono a colpire senza pietà  e senza tregua, fino a farlo cadere a terra esausto. Fu li che grazie ai loro poteri di custodi evocarono le antiche anime di Regirock, Registeel e Regice, per farsi aiutare nell'opera di costruzione di un nuovo sigillo, più potente e più nascosto, il quale avrebbe dovuto recludere, questa volta sul serio, l'ira di Rayquaza per sempre.


Portato a termine il lavoro, il mondo, come già  accadde in precedenza, venne come circondato da una luce candida che portava pace, e fu come resettato. Tutto il terrore creato fino ad allora nessuno più se lo ricordava, i palazzi distrutti, compresi la villa di Lucifer, vi erano tutti e sembravano più nuovi e splendenti di prima. Il Conte James, poiché ucciso dalla cattiveria di Rayquaza che tramite al potere aveva infatutato lo spietato milionario tornò a vivere tranquillo con le sue figlie, senza ricordare nulla, mentre gli inseparabili amici d'infanzia Vera e Brendon tornarono ad esplorare, come da passione i luoghi circostanti al loro paese ricordando, però, di aver fatto qualcosa di buona, e sentendosi la coscienza leggera, come quando ti senti la persona più felice del mondo.


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Nickname dell’autore: Dany1899
Titolo: Per l'eternità 
Elaborato:

Per l'eternità 

 

Parte Prima – Risveglio

 

L’antico potere si è risvegliato, dopo millenni, ed è ora pronto a scatenare la sua furia!

La prima cosa di cui ho consapevolezza, al mio risveglio, sono queste parole, pronunciate con una voce che mi risulta irriconoscibile. Eppure realizzo presto che non solo non riconosco di chi sia quella voce stridula, ma niente è rimasto nella mia memoria. Il mio nome, il mio passato, la mia condizione:  tutto mi è ignoto e, alla luce di ciò, quelle parole potrebbero essere state pronunciate anche da me.

Mi accordo di non essere in grado di vedere, forse solo momentaneamente, o almeno lo spero; la sensibilità  del mio corpo è inesistente, anche se con il passare dei minuti percepisco un qualcosa di solido sotto alla mia schiena, non sicuramente un letto, più probabilmente un pavimento. In una condizione di simile ignoranza, non mi resta che mettere in ordine le poche certezze di cui dispongo.

Sono vivo, in primo luogo. I miei cinque sensi sono intorpiditi, ma pare che lentamente si stiano risvegliando: comincio, infatti, ad intravedere con fatica il luogo in cui mi trovo, coperto da una strana nebbia, senza dubbio frutto della mia scarsa lucidità  mentale. Non ho inoltre alcuna informazione sulla mia identità , se non relativa al genere ed al sesso: sono un essere umano di sesso maschile.

Con il passare del tempo, le informazioni in mio possesso non aumentano di numero: evidentemente ho perso la memoria per una causa totalmente ignota, forse la stessa causa che mi ha condotto in questo luogo tetro che finalmente sto riconoscendo. Mi trovo in una grotta gelida, forse nei pressi del mare, dal momento che avverto la brezza marina sfiorare il mio corpo disteso supino. Una ad una le mie dita tornano alla loro personale vitalità , con l’udito sento chiaramente le onde battere forte su una scogliera, la lingua avverte il tipico gusto salato mentre inumidisce le labbra.

Una volta alzatomi a fatica, i muscoli iniziano subito a dolermi, mentre perdendo l’equilibrio mi trovo a ricadere a terra, battendo la mandibola ma non riportando alcuna frattura se non un dolore, per fortuna non pienamente avvertito grazie al torpore da cui i sensi ancora si stanno risvegliando. Sdraiato prono, riesco però a notare la presenza di uno strano liquido color rame, per lo più riunito in una sola pozza collegata da un piccolo rigagnolo fino all’esterno. Quando finalmente la mia condizione è nuovamente migliorata, riesco ad uscire dalla grotta seguendo la scia del liquido e ad ammirare uno splendido notturno marino, ingentilito dalla presenza di Marte, che è probabilmente giunto al perigeo nel suo moto di rivoluzione intorno al Sole.

Amo il mare. Improvvisamente questo ricordo affiora nell’intricato labirinto della mia confusa mente. Un pensiero non di per se stesso interessante, ma che porta con sé un barlume di speranza. Ipotizzo che, a differenza dei miei sensi fisici e periferici, il sistema nervoso centrale stia richiedendo un periodo di tempo maggiore per ristabilirsi se non completamente, almeno parzialmente. Non posso naturalmente trascurare l’ipotesi di aver perso i sensi e la memoria sbattendo la testa a terra nella grotta da cui sono uscito oppure di essere stato ferito volontariamente da alcuni ladri. Credo tuttavia che questo non sia un problema da affrontare nell’immediato, perché subito la vita che da poco è tornata a scorrere nelle mie vene richiede ciò che più le è congeniale: acqua e cibo. Provo a cercare, fra i sassi della spiaggia, qualche conchiglia contenente un mollusco, ma devo presto arrendermi all’evidenza: la forza delle onde distrugge ogni essere che si avvicina a riva e per pescare dei pesci avrei necessità  di strumenti più sofisticati che due mani, nelle mie attuali condizioni fisiche.

Sono di conseguenza costretto ad allontanarmi dal litorale, sperando di trovare qualcuno disponibile ad aiutarmi nelle vicinanze – indipendentemente dalla stagione, balneare o meno – oppure soltanto cibo con cui riempire il mio stomaco, chissà  da quante ore vuoto. Eppure anche questo mio tentativo fallisce e la visione di fronte alla quale mi trovo è terrificante: macerie di edifici distrutti solo l’unica caratteristica del paesaggio a me circostante. Anche le mosche e le zanzare sembrano evitare una tale desolazione, poiché nessun animale giunge a recarmi fastidio, mentre avanzo a tentoni fra ciò che rimane di una vecchia città  ormai a pezzi.

Se già  prima la mia mente era piena di interrogativi, adesso i punti di domanda posti al termine dei miei pensieri non possono che essere aumentati. Dove mi trovo? Che cosa è successo durante il periodo di tempo in cui ero privo di sensi? La distruzione che i miei occhi, ancora convalescenti, vedono pare essere simbolo di una guerra tremenda. La situazione è però la stessa su tutta la Terra, oppure è un caso isolato?

Certamente sono interessato ad avere delle risposte a tutte queste domande, ma le mie esigenze fisiche si manifestano sempre più impellenti. Passi il cibo, ma senza acqua difficilmente riuscirei a sopravvivere.

Che cosa posso fare? Niente, se non continuare a camminare per l’intera notte.

L’inizio della giornata non è dei più rassicuranti: la luce proveniente dal Sole è più tiepida di quanto potessi immaginare ed enormi nuvole nere sulla mia testa promettono un acquazzone, come minimo. Ho camminato a lungo, non so per quanti chilometri, ma ogni mio sforzo si è rivelato vano, al momento. La prima città  che ho visto non è l’unica ad essere distrutta: molte altre seguono il suo esempio. Sembra che l’intera zona in cui mi sono risvegliato – una zona che non avevo mai visitato, a meno che la memoria mi inganni anche in relazione a ciò – sia ormai un grande deserto, privo di ogni forma vivente. Alberi ed animali sembrano essere sterminati come ogni residenza umana.

La gola ha iniziato da qualche ora a bruciarmi. Anche le poche forze di cui disponevo stanno svanendo. Purtroppo anche la terra è talmente secca da non poter succhiare l’acqua che normalmente potrebbe essere trovata al suo interno. Forse sarebbe stato meglio sorseggiare un po’ d’acqua salata del mare, anche se l’intestino ne avrebbe risentito.

Mi sdraio, esausto, pronto ad affrontare il mio destino. Chi mai potrebbe trovarmi? Nessuno, ne sono ben consapevole. Proprio mentre un rumore sinistro attrae la mia attenzione, la vista mi si offusca e perdo nuovamente i sensi.

 

 

 

Parte Seconda – Verità 

 

«Alzati, svelto. Non abbiamo altro tempo da spendere, a breve ci raggiungeranno».

Una voce roca mi riporta nel mondo dei vivi, non certamente contro la mia volontà , ma a dispetto di ogni mia previsione. Scopro, innanzitutto, con piacere che ho piena padronanza dei miei cinque sensi nell’immediato e che nel frattempo qualcuno deve avermi reidratato, poiché non avverto più l’esigenza delle sete e le labbra hanno perso la loro precedente secchezza.

L’ambiente in cui mi trovo, tuttavia, mi sconvolge nuovamente. Sembra quasi che mi sia teletrasportato in un pianeta opposto, sempre che di pianeta di tratti: più precisamente, infatti, credo di essere nel sottosuolo di un pianeta, forse della Terra stessa, anche se ne dubito. Oggetti tecnologici, oltre ad ogni avanguardia umana, sono imbracciati dall’uomo che mi ha destato e da alcuni suoi compagni, mentre i cunicoli che intravedo sembrano essere frutto di un’attenta opera di scavo: sicuramente questo luogo non è un’occasionale via di fuga, ma un mondo a se stante ed abitato.

Senza esitare – nella convinzione che chi mi ha appena salvato dalla morte non avrà  intenzione di togliere la vita stessa che ha voluto preservare – inizio a seguire quegli uomini. Non appena accenno ad una qualche richiesta di spiegazione, mi zittiscono, chiedendomi di attendere finché non saremo giunti in un posto più sicuro. «O, almeno, un posto che ci lascerà  qualche minuto per rivelarti tutta la verità . Mi raccomando, inizia a prepararti a ciò che mai potresti aspettarti» precisa un uomo piuttosto basso, ma dall’aspetto sicuramente feroce. Pur faticando, riesco a stare al loro passo e, quando quello che pare essere il loro capo ordina agli altri di fermarsi e sedersi, mi lascio a cadere a terra, finalmente contento della possibilità  che ci è offerta per rilassarci.

Se il mio proposito è tuttavia di rilassarmi, scopro presto che ciò sarà  per me impossibile. Il capo – di nome Bogg, da quanto ho sentito durante la nostra “fuga†– decide che è giunto per me il momento di sapere la verità . Una verità  che si svela essere quasi assurda, impossibile da credere, ma che ben concilia tutto ciò che ho visto dal mio risveglio.

Avendo perso la memoria, non ricordo niente del mio passato, né Bogg ed i suoi compagni hanno informazioni sulla mia vita personale. Tutto ciò che sanno è che in un anno ignoto, nei primi decenni del ventunesimo secolo, scelsi di mia volontà , insieme ad altre tre persone - un uomo e due donne - di divenire la cavia di un esperimento a lungo termine, la qual cosa prevedeva il mio congelamento con un macchinario che allora era appena stato creato. Già  questa sola rivelazione suscita in me un grande shock: da come Bogg ne parla, pare che il ventunesimo secolo sia lontano secoli, ed in effetti ciò è plausibile, considerando come il mondo che ho potuto osservare durante la notte sia ormai devastato, forse a causa di una tremenda guerra nucleare.

Le successive indicazioni completano meglio il quadro. L’esperimento prevedeva la creazione della Non-Vita, in sigla NV: più precisamente si trattava di un software scritto con un linguaggio molto simile a quello del DNA e che poteva trovare realizzazione nei corpi robotici che erano tuttavia ancora in costruzione. Il progetto NV prevedeva anche un’attenta analisi dei processi mentali: il cervello umano, nel ventunesimo secolo, è – anzi, era, dal momento che è appurato il fatto che mi trovi nel “futuro†– quasi completamente un labirinto intricato, difficile esplorabile anche per i più esperti. Se da un lato il DNA umano poteva essere ricostruito da cadaveri, invece la riproduzione dei processi mentali, necessaria per ultimare il software, richiedeva cavie ancora in vita.

Con il passare degli anni, ogni mistero fu risolto, ogni processo fu riprodotto nella sua completezza ed i primi “robot umaniâ€, come furono definiti, erano pronti alla creazione. Eppure gli scienziati scoprirono presto di aver compiuto un tremendo errore. Se i robot erano destinati ad essere immortali, molti di loro iniziarono a morire – o, in termini scientifici, a veder ultimato il loro programma- . Per diversi anni ogni tentativo di creare robot immortali si rivelò vano, ma nel frattempo la tecnica ebbe progressi inimmaginabili, al punto tale che gli automi disponevano di funzioni cerebrali anche migliori di quelle umane. E, purtroppo, quando l'uomo crede di essere Dio, è destinato alla distruzione.

I robot, da sé, capirono quale errore gli scienziati continuavano a commettere nella loro fabbricazione; attuarono così la distruzione quasi totale della specie umana, conservando soltanto i quattro ibernati, me compreso. Furono poi costretti a costruire nuove città  sotterranee, poiché la guerra contro gli umani aveva provocato la distruzione di tutto ciò che si trovava sulla superficie terrestre, anche attraverso il rilascio di gas e radiazioni dovute allo scoppio di alcune bombe nucleari. Mentre gli effetti della guerra determinarono i decessi di ogni altro essere vivente, vegetale o animale, i robot costruirono una società  perfetta.

in realtà  la loro società  era imperfetta già  al momento della sua nascita. Il suo fondamento era infatti l'immortalità  dei suoi membri e, dal momento che ogni società  prevede, a lungo andare, la formazione di classi, presto non tutti poterono godere del medesimo tenore di vita. Ciò determinò un malcontento generale destinato a non esaurirsi mai, come la Non-Vita stessa. Le rivolte iniziarono a scoppiare continuamente, con la necessità  da parte di coloro che erano al potere di riprogrammare il cervello elettronico dei robot ribelli, una volta catturati, affinché riprendessero normalmente le loro attività  fino ad una nuova ribellione. La loro perfezione era infatti tale che la distruzione fisica era impossibile anche in seguito ad una reazione nucleare; poiché, inoltre, i comandanti non volevano condividere i loro beni - gli stessi beni materiali tanto amati dagli umani, oro, gioielli, vestiti e naturalmente potere e fama -, la situazione rimase tale per millenni.

Bogg, giunto a tal punto nel suo racconto, si interrompe un attimo per chiedere informazioni su un eventuale arrivati di robot nemici. Sfrutto questi pochi secondi di pausa per far lavorare il mio cervello e trarre alcune importanti conclusioni. Realizzo, in primo luogo, di essere sopravvissuto all'estinzione della mia specie, forse non da solo, e di stare parlando con degli automi chissà  quante volte riprogrammati. Inizio poi a riflettere su quale potesse essere il difetto della Non-Vita, ma non ho ulteriore tempo a mia disposizione, perché Bogg riprende il filo del discorso appena lasciato cadere, temendo a breve un attacco nemico.

Mi spiega così la nascita di quest'ultima rivolta nella quale mi sono ritrovato coinvolto. Alcuni robot, compiendo alcuni studi su se stessi mediante il decadimento radioattivo dei materiali da cui erano composti, avevano finalmente realizzato che la durata della loro esistenza era infinitamente superiore a quella nella loro memoria; con questa consapevolezza agirono non per rovesciare i robot al potere, ma per distruggere tutti i loro simili. Affinché ciò fosse possibile, era però necessario liberare noi quattro umani, con l'intenzione di spostarci poi sulla superficie terrestre, finché non potessimo essere recuperati: chi ci avrebbe liberato era infatti destinato a morire sciogliendosi poche ore dopo.

Dei quattro essere umani ancora in vita, come apprendo, una delle due donne è stata subito liberata affinché si ricavassero da lei delle armi con cui sterminare i Robot Supremi, - come sono stati definiti da Bogg i suoi nemici -. Io, l'altro uomo e la seconda donna, invece, abbiamo la funzione di esca; una volta liberati sulla superficie, siamo stati recuperati con dei trasportatori di massa in punti differenti del sottosuolo, cosicché l'attenzione dei Robot Supremi si rivolgesse unicamente a noi. Al momento, però, delle tre esche solamente io sono rimasto in vita; le altre due sono state prontamente eliminate.  Di conseguenza tutte le speranze dei ribelli risiedono in me ed in quella donna.

Con ciò termina l'esposizione dei fatti. Immediatamente comprendo che cos'era quella pozza di color rame al mio fianco in seguito al mio risveglio, ma un grande interrogativo non mi lascia pace. Chiedo così a Bogg perché noi umani siamo così letali per i robot, al punto tale da essere appena divenuti un'arma per la loro distruzione.

La risposta è sconcertante e svela anche il mistero finora per me più incomprensibile. La Non-Vita ha un enorme difetto di produzione, un difetto tuttavia a lei congenito: a contatto con la Vita, non può esistere. E, per distruggerla, occorre di nuovo quella Vita che stava per eliminarla millenni fa.

Nella mia mente riecheggiano quelle strane parole. L’antico potere si è risvegliato, dopo millenni, ed è ora pronto a scatenare la sua furia! Ora so che sono state pronunciate da un Robot Supremo al mio primo risveglio, di cui non ho memoria, prima di essere portato fuori da questo mondo sotterraneo. E, soprattutto, posso dire con certezza quale sia l'antico potere che si è risvegliato.

È la Vita.

 

 

 

Parte Terza - Morte

 

Il turbinio dei pensieri nella mia testa continua incessantemente da diversi minuti e non si è arrestato neanche da quando siamo stati costretti a riprendere il cammino. Una voce, proveniente senza dubbio dal centro di ricerche sulla donna risvegliata, attraverso una ricetrasmittente ci ha infatti comunicato che le prime armi a base del virus Vita sono state messe a punto ed hanno avuto un effetto positivo sui primi malcapitati a tiro. La nostra fuga non è pertanto più una missione primaria, perché l'obiettivo con cui è iniziata è stato pienamente raggiunto; tuttavia l'ostinazione di Bogg e dei suoi compagni sembra nascondere altro, forse un ultimo segreto di cui io sono parte ma che per il momento non deve essermi rivelato.

Anche se il desiderio di conoscere tutta la verità  non mi lascia pace, certamente è per ora prioritario preoccuparmi della mia vita. A breve Bogg ed i robot che mi hanno salvato moriranno, come è accaduto a colui che aveva deciso si sacrificare la sua Non-Vita per portarmi sulla superficie terrestre e permettermi di risvegliarmi là , al sicuro. Anche essi ne sono consapevoli, ne sono certo; ciò che invece mi sconvolge è il fatto di doverli perdere, di restare solo fino al termine della mia esistenza biologica. Non so perché, ma temo di restare nuovamente solo.

Un lampo. Il lampo è immediatamente seguito dal tuono. Voci che urlano. Poi il vuoto, per qualche secondo, finché non torna la luce, l'offuscata luce del mondo sotterraneo. Insieme alla verità . Una verità  parziale, che tuttavia mi svela ciò che, a questo punto, avrei preferito ignorare.

Fui ibernato per mia scelta, per evitare la morte e risvegliarmi nel futuro, quando dagli esperimenti sul mio corpo sarebbero riusciti a creare l'immortalità  umana, non soltanto quella robotica; la paura della morte era ciò che mi aveva portato a compiere questa scelta. Altro purtroppo non ricordo ancora. Il motivo per cui agii in passato, dunque,è in piena contrapposizione con l'ideale da cui i ribelli sono oggi animati.

Chi è in torto? L'io del passato o i robot del presente? Siamo in errore tutti quanti forse, o più semplicemente non lo è nessuno? Il tempo ha cambiato i punti di vista? Oppure le nostre specie sono troppo diverse per giungere alle stesse conclusioni? Eppure la Non-Vita, se non fosse per la sua falla, è stata programmata, in ogni sua singola parte, su campioni di Vita umana... Che la verità  sia quella a cui sono giunti coloro che hanno vissuto per millenni, portandosi dietro corpi robotici con un cervello destinato ad essere periodicamente riscritto, mentre solo pochi possono godere delle gioie dell'immortalità ?

Quando la nebbia di fronte ai miei occhi inizia a diradarsi, vedo che siamo nuovamente fermi. Il numero dei compagni di Bogg è diminuito e ciò che vedo conferma la mia prima ipotesi; per salvarmi alcuni di loro hanno dovuto portarmi a spalle, o comunque a stretto contatto con il loro corpo, riducendosi presto in una massa di liquido senza più pensieri. Il volto dei superstiti è evidentemente preoccupato, anche se fino a pochi minuti fa credevo che ormai le sorti della ribellione erano state volte a loro favore e presto la Non-Vita sarebbe stata solamente un brutto ricordo. Almeno per loro.

Decido di fingermi ancora poco lucido per concedermi tempo per pensare: questi saranno sicuramente gli ultimi minuti di una grande epopea, da me iniziata e, per scherzo del destino, da me conclusa. Sempre che lo voglia davvero, perché a privare i ribelli della mia vita basterebbe un sol gesto. L'altra donna rimarrebbe nelle loro mani, ma forse i Robot Supremi potrebbero presto eliminarla. Ma, anche se fosse ancora possibile, dubito che permetterei loro di farlo, perché finalmente ho compreso di aver sbagliato. Alla fine ho davvero vissuto per millenni, con il risultato di aver abbandonato per sempre il mio mondo di provenienza e i ricordi legati alla mia quotidianità : forse ero sposato, avevo dei figli, oppure, secondo un identikit più consono alla mia scelta di allora, ero disoccupato e disperato per le mie condizioni economiche, addirittura potrei essere stato un senzatetto.

Spesso ciò che non si conosce entra di diritto nelle nostre speranze. Sono mortale? Allora spero di avere l'immortalità , cosa che nessuno mai, almeno sulla Terra, ha conseguito. Spero di vedere eternamente il Sole all'alba e al tramonto, almeno fino a quando non sarà  destinato a trasformarsi in una gigante rossa, assorbendo i pianeti del Sistema Solare. Per allora, tuttavia, spero già  di essermi allontanato, di aver colonizzato altri pianeti, di aver portato la specie umana in ogni angolo sperduto nell'universo.  La speranza, però, è effimera. Non è immortale. Nasce e muore, come tutti gli essere umani. E forse è per questo motivo che è così importante. Senza speranza non c'è vita, si diceva almeno ai miei tempi. Ma, dopotutto, anche la vita è mortale. La morte è una sua componente necessaria. E ciò che è perfetto, in realtà , presente più difetti di chi accetta la propria imperfezione. Io speravo di vedere questo giorno, ma solo oggi comprendo come in realtà  la mia speranza era momentanea, illusoria, fallace. Era un bene che esistesse, ma non che si tramutasse in una simile realtà , perché quella speranza era presto diventato un sogno morboso.

La speranza è la cosa più bella che possiamo avere, ma non dobbiamo mai abusarne. Io ne abusai, non ricordo ancora perché, ma so che volevo diventare immortale. Ora ho davanti ai miei occhi quale sia il risultato di una speranza condivisa dalla maggior parte degli essere umani . Carpe diem, diceva un poeta che lessi tanti anni fa. Cogli il giorno o, più liberamente, cogli l'attimo. Eppure gli uomini hanno sempre pronunciato questa frase come a voler nascondere la loro speranza più tremenda, quella che nessuno osava dire di fronte agli altri ma che, nel suo cuore, bruciava più forte di ogni altra.

Eppure la vita non è solo gioia, è anche sofferenza. E la felicità  stessa esiste perché la si confronta con ciò che è male. L'immortalità  prolunga in modo indefinito questa instabile condizione, che è destinata a pendere favorevolmente per alcuni - in questo mondo che si è creato per i Robot Supremi -, sfavorevolmente per tutti gli altri. Forse tutto ciò dipende da ciò che ho potuto vedere qua con i miei occhi, forse esseri umani immortali agirebbero in modo diverso da questi robot. Ma la vita ha già  in sé il dono dell'immortalità , pur essendo spesso cieca nel riconoscerlo. Chi è vivo è destinato a sconfiggere la morte perché una sua parte esisterà , in futuro, grazie alla riproduzione.

E finalmente capisco quale sia la seconda missione di Bogg e del suo gruppo. Salvare me, l'unico uomo rimasto, affinché la Vita torni a diffondersi. Questa è stata la decisione presa da chi ha provato l'immortalità  ed io, in tutta la mia debolezza, la accetto, la riconosco e, soprattutto, la ammiro. E cercherò di far sì che sia portata a compimento.

 

 

 

Parte Quarta - Terra

 

Le urla spaventose che giungono alle mie orecchie e il sollievo sui volti del gruppo ribelle rappresentano per me un chiaro segnale. È iniziata la distruzione dell'armata dei Robot Supremi. Molti ribelli saranno ormai già  liquefatti, a causa della necessità  di trattare con la donna liberata per creare le armi vincenti. Ma che cosa faranno i superstiti a questa guerra? Si suicideranno?

Decido di alzarmi, mostrando di aver recuperato buona parte delle mie forze, e rivolgendo a Bogg questa domanda. A quando pare egli ha perfettamente intuito che, nel frattempo, molte altre domande avevano trovato risposta in me e decide di rispondermi a questa sola, senza esitare. Il funzionamento delle armi a base del virus Vita sono molto simili ad una bomba atomica: per anni e anni i loro effetti, distruttivi per la Non-Vita, resteranno attivi e pertanto nessuno potrà  presto sopravvivere.

Un suicidio, usando altre parole: ma non sono nella posizione per biasimarli. Mentre ricominciamo a muoverci, Bogg stende le ultime pennellate al suo dipinto. Due navicelle spaziali sono state progettate, negli ultimi mesi, dai ribelli con lo scopo di permettere alle due coppie umane di allontanarsi dalla Terra, pianeta ormai defunto, per dirigersi verso un pianeta distante alcuni parsec, già  individuato dai robot stessi. Ormai solo una delle due navicelle ha senso di esistere, ma permetterà  forse alla specie umana di ricrearsi in un ambiente simile a quello in cui si è sviluppata, con specie viventi differenti, ma sempre a stretto contatto con la Vita. I ribelli, naturalmente, hanno pensato a tutti i particolari: considerata la velocità  dell'astronave, il viaggio non sarà  particolarmente lungo, ma per sopravvivere io e l'altra persona potremo bere un'acqua chimicamente realizzata ed arricchita di tutte le sostante necessarie al buon funzionamento del metabolismo. L'inserimento del pilota automatico avrebbe infine seguito la rotta già  impostata nel software di bordo.

Lo scioglimento di uno dei membri del gruppo ci induce ad affrettare il nostro passo, prestando così meno attenzione ad eventuali rumori di sottofondo. Un grave errore, purtroppo: davanti a noi, a sbarrarci la strada, troviamo presto tre di quelli che, ad occhio, devono essere Robot Supremi. Ricoperti da un'armatura argentata a strisce d'oro, impugnano armi molto simili a dei banali fucili, ma che sicuramente possono risultare di gran lunga più letali. Bogg e gli ultimi suoi due compagni si spostano istintivamente davanti a me per agire da scudo. Sul volto, privo di elmo, di uno dei tre Robot Supremi appare un sorriso. «Credete di essere gli unici ad essere stanchi di questa situazione? Come se tutti i Supremi fossero veramente felici».

Appena pronunciate queste parole, i due robot nemici svelano il potenziale delle loro armi su di lui, mentre Bogg ne approfitta per svelare quello delle sue armi su di loro. Un altro alleato, a quanto pare. Forse è anche grazie a quelli come lui che la rivoluzione sta avendo effetto: potrebbero aver oscurato le macchinazioni dei ribelli, la costruzione delle due navicelle e del centro di ricerca sul virus Vita. E, fino all'ultimo, anche essi si sono mostrati disposti a sacrificare la propria, inutile Non-Vita.

Questo pare però essere stato l'ultimo ostacolo da superare, dal momento che pochi metri dopo ci troviamo di fronte alla navicella di cui mi era stato parlato. E, vicino ad essa, un essere umano, una donna. Il corpo, ricoperto di ferite forse provocate dagli studi su di esso, si presenta poco grazioso, ma il suo sorriso è illuminante, e credo che anche il mio lo sia. Non la conosco, eppure è come se avessimo trascorso una vita intera insieme. Forse potremo veramente trascorrere insieme quella vita: questa è la mia nuova speranza, che tale può veramente essere definita perché rientra nelle normali capacità  umane.

Più mi avvicino a lei, più avverto il risveglio di un organo che credevo ancora assopito. Il cuore riprendere a battere, non certo per amore di lei, che ho appena visto, ma per amore di qualcosa di più grande, la Vita. La sento scorrere con potenza non solo in me, ma anche nel petto della donna che si lascia andare alla stanchezza appoggiandosi su di me. Le accarezzo dolcemente i capelli, senza dirle niente. Ormai non servono fra noi parole. I nostri passati, che pian piano torneranno a galla, ormai contano poco, se non che possono essere utilizzati come modello di riferimento per un futuro tutto da scrivere. Anzi, è meglio non scriverlo tutto: lasceremo infatti che altri completino ciò che noi non riusciremo a fare.

Sempre silenziosamente, entriamo nella navicella. Prima che essa si chiuda definitivamente, Bogg mi porge la sua mano. So bene che cosa questo gesto significhi. Significa grazie, significa addio. Ma soprattutto significa morte, per lui. Gliela stringo il più forte possibile, mentre anche altre ghiandole vicino agli occhi riprendono la loro attività , rilasciando un solo, significativo elemento del loro operato. La lacrima scende rigandomi il volto, ma prontamente la donna lo toglie con la sua mano e mi mette il suo braccio al collo.

La navicella infine si chiude ed avvia il decollo; io non posso far altro che salutare, con un semplice cenno della mano, il prodotto di una speranza folle allontanarsi definitivamente, da me ma anche dall'universo stesso. Se le lacrime non avessero iniziato a scendere più copiosamente, giurerei di aver visto Bogg sciogliersi. Ma anche se l'ultima immagine di lui è deformata solo per effetto delle lacrime, poco importa. So quale sarà  il suo destino, quale era la sua speranza. E sono contendo che si sia realizzata.

 

 

 

Epilogo - Immortalità 

 

«Papà , lo sai che oggi, mente giocavo con Ruth sulla spiaggia, ho visto alcuni strani animali nell'acqua? Sembrava che avessero delle ventose... e, se non mi sbaglio, anche denti piuttosto affilati! Che cosa potrebbero essere?» mi chiede Bogg, mentre finisce la sua merenda.

Dopo avergli arruffato  i capelli, gli propongo di disegnare tutti gli animali che avrebbe visto ed ogni mese lo avrei aiutato a scegliere quello dall'aspetto più strano. Tutto contento, il piccolo accetta e corre di nuovo fuori di casa, eccitato dal suo nuovo intrattenimento. Mi ricorda come ero io in passato: uno dei più ricchi ereditieri, con enormi sostanze spese per vedere ogni singolo angolo della Terra, con un enorme desiderio di conoscere ciò che non può essere conosciuto. Chiudendo gli occhi ancora riesco a raffigurarmi le cascate del Niagara, la Grande Muraglia Cinese e l'Artide. Visitai questi posti mentre altri, ogni giorno, lavoravano per mantenere una famiglia che invece non volevo, perché sarebbe stata un ostacolo ai miei viaggi, ai miei desideri. Vidi praticamente tutto, sulla Terra, e per questo volli di più. Volevo rivedere tutte quelle meraviglie, per sempre, ed eventualmente anche l'universo. Alla fine ho veramente visto più di ciò che avevo sperato. Ma, a causa di ciò, miliardi e miliardi di altri esseri umani non hanno potuto farlo.

Non era necessario che vedessi il futuro. Purtroppo non seppi accontentarmi del presente, e questo non fu un  difetto solo mio, ma della mia intera specie. Porsi da una prospettiva diversa è sempre difficile, talvolta impossibile, e questa difficoltà  è causa di molti sbagli. Sbagliando si impara, certamente. Ma il nostro sbaglio poteva essere troppo grosso. Alla fine il treno ha ripreso a correre sui giusti binari. Presto o tardi io e Rose lo lasceremo, e saremo contenti di farlo. Per quel tempo spero di aver insegnato ai miei quattro figli come guidarlo nella maniera giusta. Con speranza, ma anche con paura. L'importante è ricordarsi sempre chi siamo. E ricordarsi che siamo essere limitati nelle nostre capacità , ma che queste ultime possono raggiungere l'immortalità  se si uniscono fra loro. Perché fra cinquant'anni il mio corpo non vedrà  più, ma parte della mia anima vedrà  attraverso gli occhi di Ruth, di Sally, di Colby e di Bogg. Raggiungerà  così quell'immortalità  che è lecito ed è giusto sperare. Per sempre. Per l'eternità .

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Nickname dell'Autore:gabbazzolo

Titolo: il risveglio dei traditi

Elaborato:

L'antico potere si è risvegliato,dopo millenni, è pronto a scatenare la sua furia .

Tanti in passato hanno contribuito alla creazione di questa furia,malvagi,e goccia dopo goccia il vaso si è riempito e ha traboccato facendo infuriare i feroci e possenti guardiani di tutto ciò che conosciamo,la terra e il mare. Già  una volta le misteriose creature si sono scatenate ma, un misterioso eroe puro di cuore riuscì a placare gli animi tormentati dei sovrani;dopo di lui,nessun altro. Il nostro mondo non poté che peggiorare governato da malvagi e avidi e le creature consapevoli del cambiamento della gente e della minaccia che rappresentava quel popolo ormai distruttivo e nocivo ai loro elementi impose a loro una decisione estrema. Quella di un'alleanza. Erano consapevoli che anche con quella decisione non sarebbero stati in grado di fermare la razza umana e ... Si sentirono obbligati a usare tutto il loro potere .

Assorbirono l'energia ,un'aura mistica intorno a loro .

Odio. Potenza. Energia. Ma... Ricordi ecco ciò che esattamente li fece evolvere ,li fece migliorare,potenziare si ricordarono TUTTO ciò che avevano fatto gli umani ,ricordavano il ragazzo puro di cuore ma ricordavano altrettanto bene tutti gli altri umani ...

Fu quello il momento in cui apparvero alla superficie terrestre erano forti qualcosa di indescrivibile si erano mutati l'unica cosa che non era cambiata in loro era la fiducia si, la fiducia ciò che avendo dato all'allenatore puro di cuore e che gli altri umani hanno tradito ...

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NICKNAME DELL’AUTORE: Rei Harmonia


TITOLO: La leggenda della gemma verde


ELABORATO:


- L’antico potere si è risvegliato, dopo millenni, ed ora è pronto a scatenare la sua furia! –


- N-nonno, che stai dicendo? –


Shun si avvicinò tremante all’uomo che per anni lo aveva accudito: sistemò con un gesto della mano gli occhiali che indossava, probabilmente troppo grandi per lui, dopodiché proseguì, con tono insistente – Non ti ho mai visto così… puoi dirmi cosa succede? –


- Temo sia giunto il momento di mettersi all’opera. La catastrofe è vicina e dobbiamo agire il prima possibile –


- Ti riferisci forse alla leggenda…? –


- Esattamente, ragazzo mio. E mettitelo bene in testa, quella non è una leggenda –


La pioggia batteva costantemente sui vetri della casa dove si trovavano, con intensità  sempre maggiore. Il cielo, completamente oscurato, lasciava una fitta coltre di nubi che impediva di vedere chiaramente quel che c’era al di fuori. Talvolta si potevano udire i fragori dei fulmini in lontananza che irrompevano nel monotono scroscio della pioggia.


Eizan, il nonno di Shun, si voltò verso il nipote, proseguendo il suo discorso – Non appena la tempesta sarà  terminata, ne approfitteremo per partire alla volta del Santuario della Pace. Mi domando solo se la nostra barca… abbia resistito alle intemperie –


- Ne dubito vivamente, la tempesta l’avrà  certamente portata via. Sarà  difficile raggiungere a piedi l’isola. Dopo il diluvio verrà  la siccità , non è vero? –


- Esattamente. Abbiamo poco tempo a disposizione –


L’uomo si massaggiò la schiena, dopodiché ridette un’occhiata alla finestra, dove non si poteva vedere altro che la pioggia mentre imperversava.


Si voltò quindi verso il nipote guardandolo con uno sguardo profondo: Shun, in quello sguardo, non poté vedere altro che un uomo segnato dal tempo e da tutto ciò che aveva vissuto. I suoi occhi, che un tempo probabilmente furono di un azzurro intenso, avevano perso tutta la loro lucentezza, e sembravano quasi spenti. Il volto segnato dalle rughe e i suoi capelli bianchi quasi completamente assenti erano solo alcuni dei segni indelebili che componevano l’aspetto dell’uomo nella sua vecchiaia.


- Nonno... Mamma e papà â€¦ torneranno mai? – domandò Shun.


Eizan chiuse gli occhi per alcuni secondi, e quando li riaprii fissò nuovamente il ragazzo – No, non torneranno mai più – rispose poi.


La risposta fu come un colpo secco di un’arma, eppure il ragazzo riuscì a parlare e a chiedere - Credi che… se salvassi il mondo, i miei genitori sarebbero fieri di me? –


- Si – rispose Eizan – Lo sarebbero. E ora va ad occuparti dei Pokemon, o si ammaleranno –


Shun sorrise facendo un cenno con la testa, e si affrettò a raggiungere le stanze adiacenti a quella dove erano tenuti tutti i Pokemon dell’isola.


 


L’Arcipelago del Millennio si estende nell’estremo sud di Hoenn, e si caratterizza in modo geologicamente simile alle Isole Orange per via del clima tropicale. Tuttavia, l’Arcipelago del Millennio prevede solo un numero totale di tre isole principali e numerose altre isolette e scogli minori, non abitati dagli esseri umani.


Non molto prima del momento in cui Shun ed Eizan avevano deciso di mettersi all’opera, un ragazzo di nome Kuro era in procinto di lasciare a nuoto l’Isola Placida che aveva appena terminato di esplorare: era giunto lì appositamente da Hoenn per studiare le particolari specie di Pokemon inserite nell’habitat tropicale e per sfidare i pochi Capipalestra locali, tra l’altro sprovvisti della sede di una Lega Pokemon.


Il ragazzo, originario di Selcepoli, aveva la carnagione abbronzata, non troppo scura ma nemmeno  troppo chiara, che era dovuta al sole e al clima marino presenti nella sua terra natia. Amava il mare, poiché sosteneva di essere metaforicamente nato tra le sue braccia, ed era ben consapevole di come comportarsi mentre vi si viaggiava.


Kuro aveva quindici anni compiuti e molta responsabilità  sulle spalle: lavorava infatti per il laboratorio di ricerca di Albanova, con cui aveva corrispondenze. Il suo compito principale era studiare nuove specie di Pokemon e trasmetterne i dati. E proprio per questo motivo Kuro si era spinto fino a quelle isole remote e ricoperte da un alone di mistero.


Poiché non esistevano effettivi trasporti che garantissero piena sicurezza durante i tratti di mare, Kuro era giunto a destinazione grazie a Lapras, uno dei suoi Pokemon.


Il ragazzo era di media statura e si distingueva dagli altri per i capelli neri e lunghi e per la frangia asimmetrica, nonché per il suo abbigliamento ribelle che comprendeva sempre colori scuri. Di natura schiva, nei rapporti con le persone si limitava quasi sempre alle formalità  e non andava mai oltre: nella sua infanzia aveva avuto ben pochi amici. Ma questa sua mancanza era stata compensata dall’amore incondizionato che provava per i suoi Pokemon e dalla capacità  di allevarli con particolare cura e rispetto. Oltre a Lapras, possedeva anche un Umbreon, suo compagno fidato, e un Gardevoir, che aveva allevato sin da quando era un piccolo Ralts.


In quel momento la sua tappa successiva era l’Isola dei Pokemon, un’isoletta lontana dove avrebbe condotto la parte più importante delle ricerche: sapeva infatti che in quell’isola le specie che vi vivevano erano estremamente rare, e non poteva farsi sfuggire la possibilità  di esaminarle da vicino. Nell’Isola Placida, che aveva appena terminato di visitare, aveva trovato ben poche presenze umane: solo alcune case ed una piccola clinica che altrove non sarebbe stato altro che un centro medico per Pokemon. Tutto ciò lo portò a dedurre che vi fossero ben pochi umani anche nella sua prossima meta. Non se ne dispiaceva, riteneva invece che fosse un bene. Infatti, era convinto che la presenza dell’uomo intimasse sempre un cambiamento nei Pokemon, sia per il timore che per la difesa personale e del proprio territorio. Pertanto, se avesse trovato un’isola completamente disabitata dall’uomo, forse avrebbe potuto compiere delle ricerche esaurienti.


Per far svanire questo suo dubbio, chiese informazioni alla responsabile della clinica dopo avervi passato la notte: la donna, che somigliava vagamente alle infermiere dei centri Pokemon che era abituato a visitare, gli assicurò che nell’Isola dei Pokemon vivevano solo due persone, un anziano e un giovane.


Rassicurato dalle sue parole, Kuro si congedò e fece per uscire.


Allora, poco lontano dall’uscita, si trovava una giovane pressappoco della sua età , dai lunghi capelli biondi e dallo sguardo che non prometteva nulla di buono: Kuro, vedendola per un attimo, rimase sgomento davanti a quegli occhi penetranti.


- Dove stai andando? – domandò questa, alzandosi in piedi.


Il ragazzo sussultò: era la prima volta che uno sconosciuto gli rivolgeva la parola in una maniera simile e in un tale contesto.


- Fuori piove a dirotto. C’è una tempesta! Come pensi di raggiungere l’Isola dei Pokemon dove vuoi tanto andare? Sei un’incosciente! –


- E tu chi saresti? – domandò Kuro, tentando di assumere un tono irremovibile ed estremamente serio.


- Mi chiamo Haru – rispose lei, sorridendo.


- Credevi davvero che ce l’avessi con te? Stavo scherzando perché  ti vedevo così teso, e inoltre… volevo avvertirti del pericolo che stai per affrontare –


Kuro incrociò le braccia – Sei strana – commentò.


- In ogni caso, come pensi di superare il mare in tempesta? – domandò la ragazza.


- Beh, con il mio Lapras, naturalmente – rispose Kuro, accennando uno strano sorriso e mostrando una delle sue Poke Ball.


- Quindi hai un Pokemon d’acqua con te… e intendi affrontare il mare in tempesta… -


Il ragazzo non rispose, la guardò parlare senza proferire parola.


- In questo caso… mi darai un passaggio! –


L’affermazione della giovane spiazzò completamente Kuro, che sul momento rimase incapace di rispondere.


- Beh, perché te ne stai muto? Ho detto che mi darai un passaggio! –


A questo punto il ragazzo esplose – Certo che sei una bella prepotente! Me ne sto andando per i fatti miei e tu mi parli come se mi conoscessi da anni, con una tale confidenza che è irrispettosa! Per di più, pretendi pure che ti dia un passaggio sul mio Lapras! –


Haru non rispose nulla, balbettò solo delle parole dalla sua bocca senza far uscire alcun suono, evidentemente per riflettere su ciò che aveva detto.


- Non credevo che le persone potessero non apprezzare il mio carattere. Dev’essere un mio difetto, sbaglio? – disse infine.


Kuro le rispose – Anche tu non hai confidenza con gli esseri umani? –


- No. Faccio parlare i miei Pokemon. Loro mi amano senza dubbio. Forse avrò dei difetti con le persone, ma non ne avrò mai con i Pokemon! –


- E va bene – concluse Kuro, mettendo il suo zaino sulle spalle.


- Io vado, tu fa un po’ come credi –


Sulle labbra di Haru si stampò un sorriso.


- Ti seguirò in capo al mondo –


 


Fuori dalla clinica la pioggia e il vento si erano fatti fortissimi. Subito le intemperie investirono i due ragazzi, che erano tuttavia decisi a proseguire verso l’Isola dei Pokemon.


Corsero fino a che non giunsero nei pressi della spiaggia, non molto lontana dalla clinica, e lì Kuro fece uscire dalla Poke Ball il suo Lapras.


- Lapras, amico mio! Riesci a sostenere questa tempesta? –


Il Pokemon dalle grandi dimensioni parve sorridere ed emise un ruggito che Kuro intese come una conferma.


- Si parte! – esclamò quindi il ragazzo salendo sul dorso del suo Pokemon e invitando Haru a fare lo stesso.


Lapras partì a tutta velocità  nuotando a pelo d’acqua, mentre la pioggia e il vento avevano bagnato completamente i due ragazzi.


- Congeleremo! – esclamò Kuro.


- Non preoccuparti – disse quindi Haru – Voglio rendermi utile, così mi farò perdonare per quel che è successo prima nella clinica –


E prese una delle sue Poke Ball, aprendola e facendone uscire un Pokemon.


Si trattava di un Weavile. Subito la sua proprietaria gli ordinò di creare un muro di ghiaccio attorno al dorso di Lapras, che invece non era minimamente disturbato dalle condizioni meteorologiche.


In questo modo i due ragazzi si trovarono subito riparati, mentre il Pokemon di Kuro proseguiva verso la destinazione.


Haru richiamò quindi Weavile, e con un gesto di vanto disse – Ti avevo detto che mi sarei resa utile –


- Non ne dubitavo – sorrise Kuro.


- Il tuo Weavile sembra molto in forma, devi averlo addestrato bene –


Haru prese nella sua mano delle ciocche di capelli per eliminare per quanto possibile l’acqua che li aveva inzuppati, e nel mentre rispose – Forse non sembra, ma anche io sono un’allenatrice di Pokemon –


- Buono a sapersi. Hai forse partecipato alla Lega di Hoenn? –


- No, purtroppo non ne ho avuto l’occasione. Tu invece? –


- Nemmeno io, sono impegnato dalle troppe ricerche sui Pokemon –


- Quindi oltre a catturarli li studi – sorrise Haru – Sono davvero sorpresa, deduco che sia questa la ragione per cui tu vuoi raggiungere l’Isola dei Pokemon –


- E’ proprio così – confermò Kuro – Che mi dici di te? So così poco sul tuo conto –


- Io sono originaria di Alghepoli, a Hoenn. Sono venuta fino a qui dopo un lungo viaggio per catturare dei Pokemon molto rari –


- Capisco. Io invece sono di Selcepoli, conosco bene la città  dove vivi –


Improvvisamente un’onda di elevata forza li fece sobbalzare e stringersi saldamente al dorso di Lapras.


- A quanto pare la tempesta si fa sempre più forte. Sono impressionato, non ho mai visto nulla di simile in tanti anni – commentò Kuro.


- Potrei dire lo stesso. Non si vede una tempesta del genere dal tempo in cui… -


Haru si bloccò senza terminare la frase. Poiché il comportamento parve insolito al suo compagno, le domandò per quale motivo non avesse finito di parlare.


- Beh, è solo una leggenda – spiegò la ragazza senza specificare.


- La notte dei tempi non c’entra nulla –


Kuro preferì tacere e da quel momento non fece che guardare verso avanti, tenendosi stretto al suo compagno.


Tra i due si creò una situazione di imbarazzo nel silenzio più totale che li aveva resi muti.


Improvvisamente, proprio in mezzo a questo silenzio, Lapras cominciò a ruggire.


- Sembra in difficoltà  â€“ si allarmò Kuro, spalancando gli occhi e lanciando un’occhiata ad Haru.


In quel momento anche la barriera creata con il ghiaccio cominciò a presentare segni di sfaldamento.


- Se non arriviamo al più presto rischiamo di… - cominciò Haru, ma la voce le si fermò in gola.


- Forse avevi ragione tu, Haru – riuscì soltanto a dire il ragazzo, impietrito.


Successe tutto in un tempo talmente breve quanto fatale: il ghiaccio si ruppe, e un’onda altissima gettò nel mare i due ragazzi, che avevano perso l’equilibrio.


Il buio più totale prese loro possesso, facendogli perdere conoscenza.


 


Quando si riprese, Kuro si rese conto di trovarsi completamente disteso sulla sabbia. Non appena si mosse, Lapras gli leccò il viso esprimendo felicità  e sollievo.


- Ah-Argh! L-Lapras! Sto bene! –


Si alzò in piedi, quindi vide che Haru si trovava vicino a lui ed era ancora priva di sensi.


- Ci hai portato fino a qui? – domandò a Lapras.


Il Pokemon ruggì soddisfatto.


- E’ semplicemente incredibile. Ti ringrazio tanto, Lapras! –


Detto questo, lo fece rientrare nella Poke Ball temendo di averlo stancato troppo.


Solo allora si accorse che tutto il terreno circostante stava evaporando. Effettivamente, aveva  notato che nonostante la tempesta si fosse placata il sole aveva cominciato a battere in modo incredibilmente forte e se avesse continuato in tal modo il terreno prima esageratamente umido per via della tempesta si sarebbe completamente seccato e inaridito.


- Sono davvero sorpreso da tutto ciò… In tutta la mia vita non ho mai assistito a delle intemperie del gen… -


Si bloccò e rinunciò a terminare la frase, poiché mentre stava parlando era intento ad osservare la distesa d’erba oltre la spiaggia. Oltre si trovava una pineta rappresentata da un raggrumo di alberi non esageratamente grandi. Fu in quel momento, proprio mentre guardava, che vide un Pokemon venire verso di lui.


Non riusciva a riconoscere la specie a cui apparteneva, pertanto dedusse che si trattasse di un Pokemon sconosciuto: sembrava un folletto, o almeno ne presentava le forme. Probabilmente era grande quasi quanto lui ed era di colore blu quasi in tutto il corpo.


Tutto ciò durò solo per alcuni secondi: la creatura lo guardò fisso da lontano, emise un flebile verso e poi sparì.


- Prima la tempesta, poi la siccità  ed infine un Pokemon che non ho mai visto prima. Questo non è l’Arcipelago del Millennio, è l’Arcipelago dei Misteri! – esclamò Kuro, che provava una strana emozione definibile tra il seccato e il sorpreso.


Sebbene disorientato dall’apparizione del Pokemon, si accinse a svegliare Haru per intraprendere il cammino sull’isola, alla ricerca delle due persone di cui aveva parlato la responsabile della clinica.


Scrollò quindi la ragazza, che una volta aperti gli occhi reagì in malo modo.


- Sei così brusco! – esclamò.


- Dovresti essermi grato piuttosto, ed essere grato anche al mio Lapras! – rispose lui cercando di difendersi.


- Che cosa è successo? –


- Siamo giunti a destinazione, nonostante la tempesta. In questo momento, la cosa più opportuna è trovare coloro che vivono qui. La ricerca dei Pokemon passa in secondo piano –


Concorde con lui, Haru approvò la scelta del ragazzo.


Kuro non fece parola con lei del Pokemon che aveva visto, si limitò a starle vicino mentre lasciavano la spiaggia per inoltrarsi dapprima nella pineta e poi uscirne per ritrovare una zona completamente ricoperta di verde, dove si intravedeva anche una costruzione.


- Dev’essere la loro abitazione – si illuminò Kuro –


- Corriamo a vedere –


I due raggiunsero quindi il luogo avvistato e una volta giunti a destinazione Haru aprì la porta, entrando in casa.


- Haru…! – esclamò Kuro – Non sarà  imp… -


A questo punto si bloccò, poiché un anziano uomo aveva già  fermato la ragazza sulla porta.


- E voi chi sareste? – domandò.


Haru stava per parlare, ma temendo che potesse assalirlo o dire delle sciocchezze Kuro si fece strada e prese la parola – Veniamo dall’Isola Placida. Desiderosi di osservare l’habitat delle specie di Pokemon che vivono qui, siamo stati tuttavia pericolosamente colpiti dalla tempesta e solo grazie al mio Pokemon d’acqua, che ci ha condotti fino a qui, siamo riusciti a salvarci per miracolo… -


- Vorreste dire che avete affrontato la tempesta da soli? – l’uomo spalancò gli occhi.


Kuro annuì con aria preoccupata, mentre l’anziano li condusse dentro dicendo – Prego, prego, entrate –


I due si sedettero attorno ad un tavolo di legno, dove anche l’uomo prese posto.


- Mi sembra mio dovere presentarmi – cominciò – Il mio nome è Eizan e vivo qui da parecchi anni. Discendo da un’antica famiglia designata a proteggere un tesoro arcano –


- Tesoro arcano? – ripeté Haru, stranamente interessata. Kuro invece rimase muto, desideroso di ascoltare ciò che aveva da dire.


- Solo un attimo –


L’uomo si alzò e chiamò qualcuno che si trovava nelle stanze accanto – Shun, vieni qui! Portami il libro che ben conosci! –


- S-subito! – si sentì, dopodiché Eizan riprese posto.


Un ragazzino magro, fragile e impacciato non tardò a raggiungerlo portando con sé un libro molto vecchio, logorato dagli anni di usura.


- Siediti anche tu – lo invitò l’anziano mentre lui, tremante, cercava di tenere la testa bassa.


- Lui è mio nipote, si chiama Shun. Io e lui siamo gli unici abitanti di quest’isola e ci dedichiamo a trattare con amore e cura ogni singolo Pokemon che vi abita. La nostra dimora, che come potete notare è ben ampia, ospita nelle altre stanze diverse specie di Pokemon che in seguito avrete l’occasione di vedere. Accudirli è la nostra ragione di vita, poiché possano crescere e riprodursi popolando questo Arcipelago… -


Mentre Eizan parlava loro, Kuro dedicò l’attenzione su Shun: i suoi capelli biondi erano completamente spettinati e anche l’abbigliamento semplice gli dava un’aria sbarazzina. Il ragazzo doveva essere molto impacciato nell’incontrare delle persone provenienti da una realtà  totalmente diversa dalla sua, ed inoltre non aveva la minima idea di come relazionarsi con gli stessi. Evitava lo sguardo di lui e Haru, guardando invece il tavolo e rimanendo rigido.


- Veniamo al dunque, vi parlerò di questo tesoro arcano… -


Il vecchio aprì il libro che gli aveva portato Shun e si mise a sfogliarlo, mostrando ai ragazzi le illustrazioni dettagliate che conteneva.


- Molti secoli fa, come ben sapete, il Pokemon Arceus creò il mondo. E prima di creare noi, forgiò tre Pokemon: Uxie, Azelf e Mesprit, che avrebbero dovuto tutelare il genere umano e i loro più nobili valori –


Detto questo, voltò pagina mostrando loro quei tre Pokemon: alla loro vista, Kuro trattenne un sobbalzo, riuscendo quindi a non farsi notare. Ne era certo, quel Pokemon blu in mezzo ai tre era il Pokemon che aveva visto non appena si era ripreso. E se le condizioni meteorologiche instabili e questi Pokemon avessero qualcosa in comune? In quel momento, il ragazzo non poteva escluderlo.


- Con questi tre Pokemon e con la creazione della terra e del mare due creature si generarono dai continui modellamenti, i Pokemon che conosciamo come Kyogre e Groudon. In origine ebbero una potenza devastante che li portò a scontrarsi tra di loro numerose volte per espandere i propri confini di terra e mare. Ma ecco che tra di loro un terzo elemento irrompeva placando i due Pokemon e conducendoli nelle profondità  dei loro territori a riposare: Rayquaza. Questo Pokemon, tuttavia, è stato designato a controllare i cieli, e secondo Arceus non sarebbe stato sempre presente ad evitare la catastrofe. Il Pokemon creatore era ben consapevole che lasciar scontrare i due Pokemon avrebbe causato la distruzione di tutto, ma d’altro canto non poteva permettere che Rayquaza lasciasse il cielo ad ogni loro risveglio, nemmeno con la consapevolezza che era necessario intervenire per continuare la vita che lui stesso aveva creato.


Così scelse di affidare parte del potere assoluto di Rayquaza agli uomini. Scrupolosamente attento, decise di cederlo solo ai più meritevoli, che facevano del dono della vita la più grande opportunità  e non agivano nel male in nessun caso.


E fu così che Arceus creò una sfera prelevando parte del potere di Rayquaza e la denominò “Anima di Rayquazaâ€. L’affidò quindi ai miei discendenti, che la portarono ad un santuario naturale in mezzo al mare e non lontano da qui, chiamato Santuario della Pace.


Il Pokemon Creatore sapeva bene che non aveva generato solo uomini dall’animo buono. Infatti, dove c’è la luce è anche presente uno spiraglio d’ombra. Pertanto pregò i miei discendenti di custodire la sfera scrupolosamente nelle loro mani –


Eizan chiuse di colpo il libro e scrutò ognuno dei ragazzi.


- La storia si ripete… non avrei mai voluto che succedesse, ma l’equilibrio tra terra e mare è stato sconvolto, ne è la prova il diluvio e l’improvvisa siccità . E’ necessario intervenire in fretta e raggiungere al più presto il Santuario della Pace, per scoprire la causa di tali avvenimenti e placare Kyogre e Groudon, ormai prossimi al risveglio –


- Un momento – balzò in piedi Kuro.


- Io ho visto… un esemplare di Azelf –


- C-che cosa? – saltò su Shun.


- Lo immaginavo. Ero sicuro fin dall’inizio che il vostro arrivo sull’isola non fosse un caso… - disse Eizan con tono tranquillo.


- Kuro, Haru, Shun… ognuno di voi rappresenta uno dei tre Pokemon di cui vi ho parlato prima. Non c’è tempo da perdere, dobbiamo raggiungere il santuario il più presto possibile! –


Detto questo, prese con sé una Poke Ball e invitò tutti ad uscire dall’abitazione.


- Un momento – intervenne Shun con tono tremante, probabilmente ancora confuso – E i Pokemon? –


- Se la caveranno, li abbiamo addestrati a dovere – rispose prontamente suo nonno.


- In questo momento la cosa più importante è fermare la catastrofe! –


Una volta usciti, il vecchio fece uscire un Pokemon dalla sua Poke Ball.


- Arcanine, vieni fuori! –


Una creatura color rosso fuoco si fece viva: era imponente ed incredibilmente robusta.


- Presto, salite tutti! –


Effettivamente il Pokemon poteva portare sul suo dorso tutti e quattro: con un ordine dell’uomo la creatura si mise a correre e con un’impressionante velocità , compiendo grandi balzi, giunse al limitare dell’isola.


Il mare cominciava lentamente ad agitarsi, mentre le acque si oscuravano.


- Come proseguiremo? – domandò Shun, con aria preoccupata.


- La nostra barca è sparita! –


- Non preoccupatevi, ho un Pokemon d’acqua con me – intervenne Kuro, facendo uscire il suo Lapras.


- Perdonami, amico mio, dovrai aiutarci ancora una volta – aggiunse poi rivolto a lui.


Il ragazzo invitò tutti a salire sul dorso del Pokemon, e quando Haru gli passò davanti le disse – Più tardi dovrai spiegarmi un po’ di cose –


- Beh, anche tu – rispose prontamente la ragazza con aria seccata.


I quattro partirono quindi alla volta del mare, decisi a raggiungere la meta prestabilita.


Le acque, in procinto di agitarsi, erano estremamente fredde, differentemente dall’aria che emanava calore trasmesso dal sole battente.


- Mi chiedo solo… chi possa aver provocato i due Pokemon… - mormorò Eizan, con aria preoccupata.


- In tutta la mia vita non è mai accaduto nulla del genere, il loro risveglio dev’essere dovuto a qualche cosa… -


I ragazzi lo ascoltavano distintamente: Haru teneva la testa bassa, ancora seccata per ciò che Kuro gli aveva detto, quest’ultimo era intento ad accarezzare il suo Pokemon, mentre Shun scrutava gli scogli che di tanto in tanto affioravano lungo il tragitto. In quel momento, dietro uno di essi, notò una strana figura dal colore giallognolo guardare nella loro direzione, mentre proseguivano.


Poiché il sole offuscava parzialmente la sua vista, riuscì a identificare bene la sua figura solo dopo alcuni secondi.


- U-un momento! – riuscì a dire indicando con il dito il luogo dove l’aveva vista, ma quando attirò l’attenzione dei compagni era ormai troppo tardi.


- Che cosa hai visto? – domandò prontamente Eizan.


- C-Credo di aver visto un Pokemon… era Uxie… proprio lì… -


- Non ci sono dubbi. E’ molto probabile che tu abbia visto quel Pokemon –


- Quindi immagino che a questo punto… io dovrò vedere Mesprit… - mormorò Haru, con tono fiacco.


- Esattamente. Ma ecco, siamo quasi giunti al santuario! –


Davanti a loro si ergeva un enorme scoglio eroso dall’acqua che al suo interno nascondeva delle intersecazioni, probabilmente in grado di condurre al tesoro arcano.


Kuro ordinò a Lapras di fermarsi lì e, dopo averlo ringraziato e aver fatto scendere tutti, lo richiamò nella Poke Ball.


- Siamo giunti a destinazione. All’interno di questo labirinto naturale è presente l’Anima di Rayquaza. Non abbiamo un attimo da perdere, è necessario scoprire al più presto la causa delle precipitazioni! – esclamò Eizan, scortandoli all’interno del Santuario.


Una volta che tutti furono all’interno, si resero conto che il percorso sarebbe stato più lungo del previsto, peraltro parzialmente al buio: infatti alcune fessure illuminavano il terreno, eppure non abbastanza per poter proseguire.


- C-Credo tocchi a me – disse Shun.


- Vai, Jolteon! –


Aprì quindi una delle sue Poke Ball facendone uscire un esemplare di Jolteon, a cui ordinò di illuminare i dintorni con la sua mossa Flash.


- Quindi hai un Jolteon? – domandò Kuro con curiosità , mentre proseguivano.


- Io possiedo invece un esemplare di Umbreon! –


- C-Capisco – rispose soltanto Shun, senza nemmeno guardarlo.


Il ragazzo comprese quindi che si trovava a disagio nel parlare con lui, così si avvicinò ad Haru e le sussurrò nell’orecchio – Tu conoscevi già  la leggenda, non è vero? –


- E tu perché non mi hai detto di Azelf? – rispose prontamente lei con voce bassa.


- E va bene, siamo pari. La domanda è: perché proprio noi dovevamo cacciarci in una situazione simile? –


- Credi che lo sappia? Ora che siamo giunti fin qui, non possiamo tornare indietro. Hai forse paura? –


Kuro sobbalzò – A-affatto! Cosa te lo fa credere? –


- Semplice intuizione – rise Haru.


La loro discussione terminò poiché si resero conto di essere giunti alla fine della grotta: essa si apriva in un’enorme spazio completamente illuminato dall’alto, dove si trovava una fessura di grandi dimensioni. Da una parte la grotta si apriva verso il mare e l’acqua bagnava il terreno, dall’altra proseguiva un percorso di scogli tuttavia completamente scoperto. Al centro, infine, si trovava un altare.


- Ci siamo! – esclamò Eizan,


Detto questo, proseguì di corsa fino all’altare, e qui controllò che l’Anima di Rayquaza fosse ancora presente: la sfera di colore verde era ancora incastonata nell’altare e non era stata toccata da nessuno.


- Un momento, vecchio – intervenne una voce.


L’affermazione lasciò interdetto sia l’uomo, che si voltò di colpo, che i tre ragazzi, rimasti indietro.


- Non vorrai forse fare uso dell’Anima di Rayquaza? Mi sembra il momento più inopportuno, ora che Groudon e Kyogre si stanno risvegliando… -


A questo punto, infondo alla stanza si fece vedere una giovane donna. Era alta e snella, aveva i capelli castani lunghi e un’aria estremamente sicura di sé. Sorrideva, proseguendo verso Eizan e facendosi strada tra i ragazzi.


- E tu chi saresti? – domandò Eizan, furioso.


- Calmati, vecchio. Il mio nome è Ruri, e sono qui per un motivo preciso: risvegliare completamente Groudon e Kyogre affinché si attacchino tra di loro per la contesa dei confini del mare e della terra.


- Ma è una follia! Che stai dicendo? – intervenne Kuro, nello sgomento generale.


- Ragazzo, non potrai mai capire le mie ragioni – rispose Ruri, voltandosi appena.


- Ma se pensate veramente di potermi fermare, siete fuori strada. Immagino che siate qui per utilizzare l’Anima di Rayquaza e placare i due Pokemon… non ve lo permetterò –


Allora comparve un Pokemon che i presenti riconobbero. Esso si materializzò davanti a loro ruggendo e, guardando Ruri con occhi truci, si mise in mezzo tra lei e i ragazzi.


- Tu devi essere Mesprit – sorrise la donna.


- Anche tu devi essere qui per fermarmi… ma nemmeno tu rappresenti un effettivo ostacolo –


Prese in mano una Poke Ball, che si affrettò ad aprire davanti al Pokemon leggendario rosa.


Ne uscì un Houndoom, una bestia a quattro zampe che ruggì scagliandosi sul bersaglio.


Mesprit, tuttavia, si teletrasportò con prontezza, evitando l’attacco.


- Houndoom, combatti con lui – ordinò, poi aggiunse – Ora, vogliate scusarmi… -


E si accinse a raggiungere l’altare, superando Eizan. Questo le disse prontamente – Credi veramente che ti lasceremo proseguire? –


- Ne dubito vivamente, ma posso dire di non essere sola. E’ ora di concludere i giochetti… -


Così, proseguendo senza curarsi dell’anziano, disse – Forza, sorellina. Datti da fare –


- Sorellina? – ripeté Kuro, incredulo. Spalancati gli occhi, si voltò verso Haru. In lei vide il terrore, e comprese il suo profondo senso di colpa.


- Perdonami, Kuro. E anche voi… Eizan, Shun  - balbettò Haru.


- Ma io e mia sorella Ruri dobbiamo fare questo… per un nuovo mondo –


Kuro, iniettato di rabbia, ordinò subito a Shun – Presto, và  ad aiutare tuo nonno! –


Il ragazzo, dopo un sussulto, si affrettò a fare ciò che gli aveva detto.


Kuro era completamente fuori di sé: Haru, quella ragazza che credeva solo invadente, era in realtà  un suo nemico. Nulla aveva più significato, doveva combatterla per preservare l’equilibrio del mondo.


La ragazza teneva la testa bassa, e stringeva nelle sue mani le Poke Ball, pronta a dare battaglia.


Intanto, la sorella rideva compiaciuta.


- Vi è piaciuta la perfetta messinscena? La mia cara sorellina combatte per i miei stessi ideali –


- Stolta! Pagherai per ciò che state facendo! – esclamò Eizan, facendo uscire il suo Arcanine dalla Poke Ball. Prontamente, Shun si schierò accanto a lui con il suo Jolteon. Sullo sfondo, l’Houndoom di Ruri continuava ad inseguire Mesprit.


- Credete forse che io possegga solo quell’Houndoom? Ho con me un altro Pokemon, più minaccioso di lui – sorrise Ruri.


Detto questo, mandò in campo un Hydreigon, che spiegò le ali con forza, causando tremolii all’interno dell’ampio spazio in cui si trovavano.


Kuro e Haru, invece, si stavano scontrando uno contro l’altro. Il primo aveva mandato in campo Umbreon e Gardevoir, mentre l’avversaria riponeva le forze su Sylveon e Roserade.


- Haru… davvero non credevo che potessi spingerti a tanto – cominciò Kuro stringendo il pugno.


- E’ davvero… ignobile! Pensi davvero di poter scatenare una catastrofe simile? –


 - N-Non potrete mai… capire… - balbettò soltanto lei, continuando a tenere la testa bassa.


- Cosa dovremmo mai capire? Ucciderai tutti noi! –


- Basta, smettila! Sylveon, Roserade, fate il vostro dovere! –


Kuro, per nulla interessato a sconfiggere i Pokemon avversari, non fece che difendersi. Umbreon schivava prontamente i colpi, mentre il suo Gardevoir si proteggeva all’interno di una barriera.


- Combatti! Combatti! Codardo! – esplose ad un certo punto Haru, alzando di scatto il volto.


Aveva gli occhi spalancati e pieni di terrore: quella visione intimorì improvvisamente Kuro. In lei vedeva profonde sofferenze, e intese che aveva piena consapevolezza di ciò che voleva fare.


- Perché… lo fai? – domandò.


Un silenzio interminabile interruppe lo scontro. Solo dopo alcuni secondi Haru ebbe il coraggio di rispondere – Questo mondo… quanto lo odio. Mio padre, mia madre… entrambi ci hanno abbandonato. Ci hanno sempre trattato tutti con compassione, solo perché eravamo orfane. Non avevamo nulla, niente di cui vivere… così ci siamo messe a rubare. Eppure, dopo aver quasi rischiato di morire, abbiamo compreso come fosse impossibile proseguire… -


Ruri, che stava combattendo, intimò la sorella – Non una parola di più –


Ma Eizan la distrasse attaccando con il suo Arcanine, così Haru concluse il suo discorso.


- Non abbiamo mai avuto nulla, nulla! Non è possibile essere felici! Moriranno tutti con noi, e un nuovo mondo verrà  creato! Questo è talmente crudele che nessuno merita di esistere! –


Era tutto chiaro. Ora Kuro aveva capito tutto, sapeva le ragioni per cui volevano spingere Kyogre e Groudon a scontrarsi.


- Credi che fare tutto ciò risolverà  i tuoi problemi? – disse soltanto.


A questo punto, con dei poderosi attacchi, i suoi Pokemon sfinirono quelli dell’avversaria.


- Hai perso, Haru –


La ragazza, immobile e con la testa bassa, fece rientrare i suoi Pokemon nelle sfere.


Kuro quindi si avvicinò a lei, invitandola a guardarlo.


- Hai capito ora? – le domandò sottovoce.


Haru chiuse gli occhi, piangendo lacrime amare. Queste le cadevano lievemente sul viso, scendendo spontanee.


- Se hai veramente inteso quel che è veramente importante del dono della vita, alzati e ferma questa follia, insieme a me –


La voce gli tremò per un attimo, così Haru, guardandolo, scorse nei suoi occhi un luccichio: stava piangendo anche lui?


- E sappi… che anche io sono orfano – concluse.


 


Il combattimento contro Ruri proseguiva. L’Arcanine di Eizan si trovava tuttavia in difficoltà , e così anche il Jolteon di Shun.


- A questo punto credo sia inutile proseguire. Hydreigon, lascio a te l’onore di sconfiggerli… vado all’altare a prelevare l’Anima di Rayquaza – disse Ruri, voltandosi.


Houndoom tornò da lei, e la donna se ne chiese il motivo.


Fece un passo in avanti, quando tre Pokemon le sbarrarono la strada.


- Sapevo che vi sareste fatti vedere… tutti insieme – sorrise.


- Azelf… Mesprit… Uxie… perdonatemi, ma è troppo tardi anche per voi –


Con uno schiocco di dita, invitò Houndoom ad attaccare per intimidirli, e si aprì un varco verso l’altare.


- Non lo fare! – esclamò Eizan da lontano, ma la donna lo ignorò.


- Finalmente… - sussurrò contemplando la sfera verde che vi era incastonata al centro dell’altare, e la sfiorò con le mani.


Subito ebbe un brivido, e sorrise – Dunque è questo il potere che emana… -


Si mise quindi a stringerla forte e chiuse gli occhi per assorbire il suo potere. Sarebbe stata questione di pochi secondi, e la sfera sarebbe divenuta inutilizzabile.


“Mi manca così poco… per…â€


A quel punto fu colpita da Azelf, che insieme ai suoi due compagni intervenne bloccandola.


Ruri scoppiò a ridere, senza presentare danni dall'attacco – Non penserai davvero di concludere qualcosa? E’ troppo tardi ormai –


Kuro ed Haru si erano fatti strada nella grotta e avevano sconfitto l’Hydreigon di Ruri con le loro poche risorse. Raggiunsero quindi la donna, che era rimasta sola. Houndoom, infatti, era stato atterrito poco prima dai tre Pokemon leggendari.


- Quindi… mi avete accerchiata… anche tu, sorella mia… pensavo avessi capito… -


Inespressiva, ritirò i suoi Pokemon nelle Poke Ball.


- Ho capito qualcosa di nuovo – intervenne prontamente Haru.


- Ah, davvero? Beh, non ho proprio tempo di starti a sentire… ammirate –


E prese in mano l’Anima di Rayquaza, che aveva perso totalmente la sua lucentezza.


Azelf, Mesprit ed Uxie tentarono di colpirla, invano: la donna era circondata da un’alone verde che rappresentava uno stano potere, in grado di renderla invulnerabile.


- Mi spiace per voi – disse – Ma purtroppo mi vedo costretta ad annunciarvi che ho assorbito nel mio corpo il potere della sfera… -


Prima che chiunque altro potesse reagire, una forte scossa di terremoto sconvolse il terreno. Allarmati dal pericolo imminente, mentre Ruri rideva compiaciuta, i tre Pokemon leggendari si affrettarono a portare in salvo il gruppo escludendo la donna, facendoli fluttuare in aria e lontano dal santuario. I Pokemon che stavano lottando, allora, tornarono immediatamente nelle sfere dei proprietari. Pochi secondi dopo, il luogo dove si erano trovati fino a quel momento crollò sotto di loro.


Allora riuscirono a vedere la terra divisa in due parti: da un lato, il mare in tempesta imperversava con le sue onde, mentre dall’altro le acque si prosciugavano totalmente.


- Quel giorno… - riuscì soltanto a dire Eizan.


- Non avrei mai pensato… che fosse arrivato –


- E’ semplicemente splendido – sorrise Ruri, raggiungendo la loro altezza grazie ai poteri che aveva accumulato e stendendo le braccia con compiacenza.


- I protagonisti indiscussi del mio progetto stanno per arrivare. Le intemperie stanno per devastare il pianeta scontrandosi in questo preciso punto. Va tutto secondo quanto previsto… -


- Sorella, te ne prego, non lo fare! – urlò quindi Haru, con tutte le sue forze.


- Mi spiace davvero tanto, Haru, ma penso che sia troppo tardi per le preghiere. Oramai siamo giunti a questo punto, è necessario fare quanto abbiamo programmato insieme. Hai voluto metterti contro di me, ora non pentirtene –


In quel momento, un secondo fragore squarciò il terreno sotto di loro, e dei profondi ruggiti si udirono in lontananza.


- Stanno… arrivando… - mormorò Shun, pieno di paura.


- Non c’è davvero nulla che possiamo fare per evitare la catastrofe? – domandò Kuro ad Eizan, pieno di rabbia.


- In realtà â€¦ un modo ci sarebbe – rispose lui, ma non aggiunse altro. Azelf, infatti, si presentò davanti al ragazzo e, sorridendogli, lo invitò ad unirsi a lui.


- Che cosa… stanno facendo? – domandò Haru, sorpresa.


- Semplice, si stanno unendo. Ma in questo momento non ha più senso, è inutile. Nulla potrà  fermare l’ira di Groudon e Kyogre – disse Ruri.


- Eppure… i tre Pokemon leggendari sono designati a proteggere il genere umano… possibile che…? –


A questo punto, Kuro era entrato in totale sintonia con Azelf. Insieme si erano uniti diventando qualcosa di indefinibile, che brillava di un’intensa luce blu.


“Ho tanta forza di volontà  che pretendo di vivere con ciò che mi spetta. Combatterò fino alla morteâ€


Nello stesso tempo, anche Uxie e Mesprit si stavano avvicinando agli altri due ragazzi: evidentemente anch’essi erano desiderosi di unirsi per combattere.


- La leggenda parlava appunto di tre prescelti guidati dai tre Pokemon leggendari… - mormorò Eizan.


- Quel giorno è giunto… il giorno… della leggenda… -


Shun, tremante, tendeva la mano verso Uxie, che si era avvicinato a lui.


- Vuoi che venga con te… v-vero? – disse, e permise che il Pokemon prendesse possesso del suo corpo umano, che si illuminò di un’intensa luce gialla.


“Intendo combattere servendomi della mia conoscenza, che mi ha condotto tanto lontanoâ€


Infine Haru, l’ultima dei tre, guardava Mesprit con aria intimorita.


- Vuoi davvero… combattere con me…? Io che vi ho traditi? –


- Meeesp – rispose il Pokemon, sorridendo.


- Già , a te non importa più… c’è in ballo la salvezza del mondo che tanto odio… -


Tese la mano, e Mesprit prese il suo corpo, che si illuminò di luce rosa. Insieme, anche loro partirono alla volta del punto in cui si convergevano le due forze.


“Ora finalmente, dopo aver cercato a lungo nelle mie turbolente emozioni, posso dire di aver qualcosa per cui combattereâ€


Le tre luci si riunirono intorno all’unione tra il mare e la terra, esattamente al centro. Proprio in quel momento, quindi, avvenne una terza scossa di terremoto, che si caratterizzò per essere molto più forte delle precedenti.


Eizan, che stava perdendo la capacità  di poter fluttuare grazie ai poteri psichici, scese lentamente fino a che non toccò il suolo dell’isola che tanto amava, lasciando sola Ruri a contemplare la catastrofe.


“Potete farcela†pensò “Confido in voi per la salvezza del pianetaâ€.


Ed ecco che un’enorme esplosione precedette la comparsa delle bestie: Kyogre emerse dal mare, mentre Groudon dalla terra. I loro ruggiti apparivano profondi e macabri. Nel vederli, i tre ragazzi ebbero paura di tanta forza e potenza.


- Ma certo. D’altra parte, rappresentano il mare e la terra – sorrise Ruri, avvicinandosi.


- Voglio godermi questa battaglia… è l’ultima a cui assisterò prima della fine…  -


 


“Non avere paura, Kuro. La tua forza di volontà  potrà  condurti ovunqueâ€


Il ragazzo era certo di percepire la voce di Azelf. Sapeva come agire, e non considerava minimamente la possibilità  di poter fallire.


“Insieme, le nostre forze possono rallentare la potenza degli scontri tra Groudon e Kyogre, in modo da placarli. Dipenderà  tutto anche da voi. Sono tutti nelle vostre mani… fate il possibile, costi quello che costiâ€


Kuro chiuse gli occhi, immaginando che in quel momento tutto fosse tranquillo attorno a lui.


“Mi serve soltanto… lo slancio, la motivazione. Ma certo. C’è una persona che, più di tutte, mi sta aspettandoâ€


La sua luce si incrociò con le altre, incontrandosi con esse lungo la strada che stavano percorrendo.


Dipendeva tutto dalla loro azione. Che ne sarebbe stato dell’equilibrio del mondo?


 


Da una parte, gli abissi più profondi e le acque di ogni tipo si raccoglievano. Il blu più scuro della notte regnava, mentre dalle sue metaforiche membra emergeva Kyogre, pulsante e vivo. L’enorme Pokemon emise un potente ruggito, e le righe che lo segnavano attorno al corpo cominciarono ad illuminarsi intensamente. I suoi occhi brillarono in mezzo a quel paesaggio tanto cupo che si era creato attorno a lui. La bestia era enorme, più di quanto si sarebbero aspettati, e sembrava più minacciosa che mai.


- Devono essere tornati allo stato originale – commentò Ruri, intenta ad ammirare le due bestie ormai prossime a fronteggiarsi.


- Ma certo… l’ArcheoRisveglio. Questo renderà  le cose più interessanti… -


E come da un lato il mare e la tempesta regnavano sovrani, dall’altro il sole più intenso abbagliava la terra e la faceva seccare. Le acque si prosciugavano gradualmente e bruciavano tant’era il calore emesso, mentre vi si faceva strada l’enorme  Groudon. Anch’esso di impressionante statura, come il suo rivale aveva dei lineamenti lungo tutto il corpo che pulsavano. Emetteva costantemente lava, sia dalla coda che dal resto del corpo. I suoi due occhi brillavano come due tizzoni ardenti.


Entrambi proseguivano, uno verso l’altro, ormai pronti a sferrare il primo attacco. Il cielo si oscurò totalmente da una parte, mentre dall’altra il sole splendeva impetuoso. Lo scontro tra i due titani cominciava, e l’esito non sarebbe stato a favore di alcuno dei due, ma avrebbe solamente ripercosso l’equilibrio della terra.


 


Per i tre ragazzi era il momento di agire. Le tre luci si incontrarono per poi colpire i due Pokemon giganteschi, che parvero infastiditi dal loro potere.


- Quindi il loro potere non è del tutto inutile… mormorò Ruri, spettatrice.


- Mi chiedo solo per quanto tempo… possano reggere un simile sforzo… -


- Se vi azzardate ad esitare, giuro che mi arrabbio sul serio! – esclamò Kuro con tono scherzoso, e si scagliò contro i due titani seguito dai suoi amici, che invece lo presero seriamente.


Un colpo, un altro ancora. Il potere psichico di Azelf, Mesprit e Uxie pareva intimidire i due rivali, sebbene non riuscisse in alcun modo ad allontanarli.


- Come immaginavo – sorrise Ruri.


- Le loro luci… ci stanno affievolendo… - la voce le si fermò mentre stava parlando.


Subito la invase una strana sensazione: fissò prima Groudon, poi Kyogre, ed infine quelle tre flebili luci che continuavano a scontrarsi con essi.


“Eppure… in questo momento… comincio a chiedermi se abbia fatto tutto questo per una vendetta contro il genere umano o per concludere nel più spettacolare dei modi la mia vita†pensò.


Rimase immobile per qualche secondo, con gli occhi sgranati: ascoltava così il proprio respiro.


“Mia sorella… quei ragazzi… stanno soffrendoâ€


Allora i suoi ricordi le tornarono in mente: il giorno in cui aveva cominciato a prendersi cura di sua sorella, le persone che le avevano aiutate, coloro che avevano frequentato e persino i crimini che avevano commesso.


“Fino ad ora credevo che ogni singolo umano, per indole, fosse malvagio. Eppure, in questo momento non posso che vedere il nobile gesto di quei tre ragazzi… possibile che infondo, nel mondo, sia realmente rimasta anche un po’ di luce?â€


Disperata, Ruri si prese la testa con le mani e chiuse gli occhi.


“Io ho cominciato tutto questo. E l’ho fatto per un mio capriccio…â€


Portò quindi lo sguardo sulla battaglia ancora in corso.


“E’ successo tutto per colpa mia, per la mia voglia di vendicarmi contro tutto. Ed ora che il mio progetto si è realizzato, ho compreso quanto sia realmente crudele.


Se c’è davvero così tanta luce, in questo mondo, vorrei poterne dare anche io. Vorrei finalmente poterlo fare, dopo tanti anni di sofferenze e soprusiâ€


Allora, nei suoi occhi si accese una strana fiamma. Oltre, i tre ragazzi erano stati sbalzati via dalla forza colossale di Groudon e Kyogre.


Ruri sorrise – Come ho cominciato tutto, è tempo che faccia finire tutto! – esclamò.


Subito volò a tutta velocità , senza rallentare, in direzione dei due Pokemon primordiali. Haru, nel vederla, spalancò gli occhi e urlò – Ruri! Dove stai andando? –


Ma lei, che l’aveva udita, rispose sottovoce – Perdenti. Ci penso io ora a sistemare le cose –


E si scagliò contro Groudon e Kyogre, mentre il suo corpo brillava di luce verde.


Vi fu un’esplosione colossale. Dapprima tutto si inondò di luce, poi vi fu il buio più totale. Seguì il vuoto, ed infine, la calma più assoluta.


 


- Vi ringrazio per la vostra visita. Abbiamo apprezzato davvero molto il vostro soggiorno. Tornate ancora! – sorrise Eizan.


L’uomo accompagnò Kuro e Haru fuori dalla sua dimora, seguito da Shun.


- Statemi bene – disse Kuro, facendo un sorriso a trentadue denti.


- Contaci! – rispose Shun, ricambiando il sorriso con confidenza.


I due ragazzi, quindi, erano in procinto di lasciare l’isola dei Pokemon.


- Sai… dicono che non lontano da quest’isola, molti millenni fa, avvenne una lotta tra due Pokemon dalla potenza spaventosa! – disse Haru, mentre proseguivano lungo la strada.


Kuro scoppiò a ridere – Non credo potremo mai incontrarli. Piuttosto, dove siamo diretti ora? –


- Ma come, non è ovvio? – fece Haru.


Avevano raggiunto la spiaggia. Subito Kuro fece uscire dalla Poke Ball il suo Lapras.


“Sei davvero una ragazza forte, Haru. Continua a vivere, fallo anche per meâ€


Haru sussultò, voltandosi verso la pineta che avevano appena lasciato alle loro spalle.


- Haru, va tutto bene? –


- Si, sto bene! – sorrise la ragazza – E’ solo… che mi sembrava di aver udito la voce di mia sorella –


- Chissà â€¦ magari, insieme con i tuoi genitori, si trova ancora da qualche parte. Chi può dirlo? –


- Già â€¦ forse hai ragione –


I due si guardarono in silenzio, mentre la brezza marina li circondava leggera.


- Sei davvero sicura di continuare questo viaggio? – domandò Kuro.


- Certo. Troveremo i nostri genitori –


Allora si strinsero forte, e rimasero così per un tempo interminabile.


Il verso degli Wingull che volavano, il fragore del mare… tutto in quel momento pareva lontano da loro.


- Forza, andiamo ora – gli sorrise Kuro, sciogliendo l’abbraccio.


Haru era in lacrime – Si – rispose.


Salirono sul dorso di Lapras, solcando il mare. La loro prossima meta era ancora sconosciuta, ma il loro viaggio sarebbe stato certamente lungo.


- Go for a trip! Let’s go! – urlò Kuro, scoppiando al ridere nel mentre.


Stava per cominciare una nuova avventura.


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Nickname dell’autore: Samajd


Titolo: "Just one tear" (Solo una lacrima)


|...| piccola spiegazione a fondo testo (sennò ci sta che si interrompa il flusso narrativo)  :)


Elaborato:


 


"L'antico potere si è risvegliato, dopo millenni, ed ora è pronto a scatenare la sua furia!"


 


Ciò che era e ciò che comporterà 


 


In tempi remoti si narra che ci fossero quattro grandi Paesi, tutti rivali tra di loro. Ognuno di essi voleva prevalere sugli altri, così da creare il proprio Impero e comandare sui propri nemici. Che cosa avevano di speciale questi popoli? Beh, ognuno di essi era capace di usufruire di un antico potere derivante da uno dei 4 elementi dalla Terra: il fuoco, la terra, l'aria, e l'acqua.


L'elemento era differente da luogo a luogo, questo perché vi era un flusso di energia "naturale" che era differente per ogni posto e, durante la nascita di un nuovo essere vivente, esso sarebbe potuto confluire nel corpo del neonato, il quale, in futuro, avrebbe potuto attingere dal flusso per controllare l'elemento del proprio paese. Da qui la connessione tra il neonato e la fonte si assopiva, nell'attesa di essere risvegliato. Coloro che davano segni delle loro potenzialità  nel controllo dell'elemento, venivano addestrati dall’adolescenza fino alla fine del processo di crescita, così che potessero usufruire del loro potere nel modo corretto. Alla fine del processo di formazione, il detentore del potere era sottoposto ad un esame pratico del proprio flusso. Gli esiti potevano essere solo due; se non si passava il test si rimaneva a "Livello Corporale", quindi il flusso non era stato sviluppato appieno. Se, al contrario, si dimostrava di essere stati in grado di aver risvegliato pienamente il potere antico, di aver sviluppato il proprio flusso al massimo, e mostrando di avere il pieno controllo dell'elemento, veniva conferito il titolo di "Detentore del Potere Primordiale" (conosciuto anche come PP). Solo coloro che ottenevano questo titolo potevano scendere sul campo di battaglia, il quale era considerato un grande onore in epoche antiche. Coloro che,invece, non detenevano alcun controllo sul flusso, invece, erano chiamati gli "Assopiti", in quanto non erano stati capaci di risvegliare il proprio flusso di energia.


Le battaglie che si scatenarono tra i quattro paesi spaziarono per un tempo fin troppo prolungato, conosciuto anche come: "L'era Devastata". Dai pochi manoscritti rimasti, sappiamo che queste guerre furono cruente e portarono alla decimazione delle quattro fazioni. Gli scontri non avevano mai fine, poiché nessun detentore di un elemento prevaleva sugli altri, questo perché un elemento era sempre in grado di annullarne un altro.


Ciò che mise fine alla devastazione era un qualcosa di inevitabile: un detentore del "Potere Primordiale" dell'aria, chiamato Uros, ormai stanco delle battaglie dalle quali non si poteva uscire ne vincitore, ne vinti, scatenò la sua frustrazione, attaccando il Popolo dell'Acqua, mentre quest'ultimo era occupato nella battaglia contro il Popolo della Terra. Gli abitanti non potevano fare niente contro il potere di Uros, poiché non vi erano difese. Sebbene ci fossero degli scontri, a nessun paese era consentito attaccarne un altro sprovvisto di protezione, questo perché il valore del proprio popolo doveva essere dimostrato sul campo di battaglia, e non a discapito di persone che non potevano competere con i possessori dei pieni poteri. Uros, quindi, con la sua frustrazione, aprì gli occhi dei capi famiglia che detenevano il comando di ciascun popolo: i quattro "βασιλεÏÏ‚" (Basilèus), queste erano la casata Persefone per la Terra, Poseidone per l'Acqua, Efesto per il Fuoco e Borea per il Vento. Essi, quindi, decisero di deporre l'ascia di guerra e di instaurare una pace; per farlo, però, sarebbero dovuti ricorrere a delle misure estreme: per prima cosa avrebbero giustiziato Uros e, in secondo luogo, era necessario trovare un modo per distruggere il flusso di energia, così da evitare altri conflitti in futuro.


Dopo anni di teorie e studi, arrivarono alla conclusione che c'era un solo modo per contrastare questo potere: era necessario riversare tutto il potere degli abitanti nel punto di incontro dei quattro flussi. Questo però non bastava; ogni flusso di energia ha una sua rotazione, quindi era necessario invertire quest'ultima per far sì che il flusso si ritorcesse contro se stesso, così da creare una contrazione nel punto di incontro delle due rotazioni, creando così un collasso del flusso stesso.


Questa teoria, all'epoca, si rivelò esatta. Infatti, dopo aver eseguito il "rituale", se così può essere definito, nessuno era più in grado di controllare l'elemento del proprio paese; questa era la prova che non vi era più una fonte dalla quale scaturiva il potere.


In seguito a ciò, i quattro Paesi si unificarono, così da creare una grande Nazione. Per non creare conflitti, anche le casate si unirono in una sola |...|(1). Furono emanate molte leggi; le due più importanti erano: dopo che l'unione sarà  avvenuta, nessuna casata potrà  avere ripensamenti e rivendicare il proprio dominio, pena la morte, l'altra riguardava il rispettare, sempre e comunque, il pianeta ed i quattro elementi. Chiunque infrangeva le varie leggi, veniva punito in base alla trasgressione effettuata.


Da qui, la storia fu tramandata oralmente da generazione in generazione, dove i nomi furono dimenticati o cambiati, anche se la vicenda non subì grandi mutazioni. Infine si ebbe un trascrizione su un libro di miti e leggende.


 


 


Conseguenze


 


Alla fine del XIX° secolo molti scienziati rilevarono strani eventi causati dallo spostamento delle placche terrestri, che provocavano terremoti e maremoti a cadenza decennale. <Dopotutto, questi sono eventi naturali, sono causati dal movimento delle placche terrestri, un qualcosa che non possiamo controllare>. Così, con questa idea in testa, pensavano che fosse una cosa puramente normale che, con lo spostamento delle placche, si creavano maremoti e terremoti.


 


/\/\/\/\/\/\/\/\/\/\/\/\/\/\/\/\/\/\/\/\/\/\/\/\/\/\/\/\/\/\/\/\/\/\/\/\


 


Nei primi del XX° secolo, si sviluppò una malattia che colpiva la flora, fino ad arrivare alla morte di un'intera foresta. Per prevenire che il morbo si espandesse troppo, fu creato il progetto "Arborea", il quale fine era di trovare una soluzione a questo male. Al progetto furono assegnati i 4 maggiori esperti di botanica: Oreste Mattirolo, Carlo Cappelletti, Beniamino Peyronel e Arturo Ceruti.


Le loro ricerche durarono fino al 1925, ciò che scoprirono era impensabile: ciò che colpiva la flora, era un morbo che si diffondeva tramite alcune tempeste che colpivano delle zone che, in seguito, si ammalavano. I botanici arrivarono alla conclusione che era possibile trovare una cura, anche se non si poteva essere certi del risultato, questo perché era necessario contrastare il batterio che scatenava il morbo e poi applicare la cura che, con le tecnologie attuali, richiedeva decenni per essere portato a termine; non restava altro che sperare che il morbo si diffondesse più lentamente rispetto al processo di cura. Quest'ultima sembrava avere effetto, ma nel periodo degli anni '70, i vari biologi ancora in vita che si occuparono del progetto "Arborea", notarono dei segnali non troppo positivi: il rimedio da loro trovato e sviluppato durante il corso degli anni, sembrava diminuire di efficacia. Conducendo degli studi sulle piante ormai quasi guarite e su dei campioni di aria, gli scienziati, notarono che il batterio e le piante stavano iniziando a contrastare gli effetti della terapia, così che il morbo potesse riaffiorare più immune e pericoloso di prima.


 


Ciò che accadrà 


 


Col passare del tempo le "calamità " sopra citate, continuavano ad imperversare sempre più frequentemente e duramente, come se un potere al di là  della comprensione umana, volesse scatenare la sua ira. Molti studiosi cercarono di capire da cosa dipendessero questi eventi, ma nessuno riusciva a dare delle risposte concrete; potevano solo formulare delle ipotesi su ciò che scatenava tali eventi.


 


/\/\/\/\/\/\/\/\/\/\/\/\/\/\/\/\/\/\/\/\/\/\/\/\/\/\/\/\/\/\/\/\/\/\/\/\


 


<Ormai è tutto chiaro!>, pensava Justin, uno scienziato che studiava le calamità  naturali, mentre rileggeva i suoi appunti, < In tutto il mondo, ormai, i terremoti sono all'ordine del giorno, così come i maremoti e le foreste che ormai sono quasi tutte morte; alcune per il morbo, altre per gli incendi. Adesso è arrivato anche il caldo infernale!>, pensava l'uomo con le dita tra i capelli. <Per forza che nessuno ha ancora capito cosa sta succedendo al nostro pianeta; chi mai poteva pensare che le leggende potessero essere vere, che i quattro elementi si stanno rivoltando contro tutti noi esseri viventi!> ormai lo aveva capito. <La storia su cui si basa il nostro popolo: l'unificazione dei quattro grandi Paesi, le storie sugli uomini che erano in grado di controllare gli elementi, il flusso di energia da cui scaturiva un grande ed antico potere... Tutto vero, e spaventoso>, continuava a ripetere con un'espressione ormai rassegnata. <Dalle leggende, si capisce che il flusso doveva essere distrutto per prevenire delle guerre; beh, i nostri avi si erano sbagliati, e, inoltre, ci hanno portato ad una guerra che mai potremo vincere; una guerra contro l'essenza della Natura stessa.>.


Le supposizioni di Justin erano esatte, anche se neanche lui stesso vi credeva. I Detentori del Potere Primordiale, avendo inviato l'energia nel senso opposto della rotazione del flusso "naturale", avevano soltanto messo questo antico potere in uno stato di "stallo". In più, è come se avessero avviato una sorta di mutazione del flusso stesso. Ciò spiega perché nessuno poteva più controllare un elemento a suo piacimento: avendo due rotazioni differenti e che non vanno di pari passo, il flusso rilasciato da un individuo si annullava con quello della fonte dalla quale scaturiva tale potere.


Poiché il flusso di energia "naturale" non era più lo stesso, di conseguenza esso non poteva essere più rilasciato. A causa di ciò, in tutte queste ere, il flusso di energia si è disperso per tutto il pianeta, fino ad arrivare ad un giorno fatidico nel quale non vi era più alcun posto dove incamerare tutto questo potere. Da qui sono cominciati ad accadere fenomeni naturali tramite i quali era rilasciata energia; i maremoti, ad esempio, per l'elemento acqua, terremoti per quello di terra, tempeste per quello di aria, incendi e graduale aumento della temperatura per l'elemento del fuoco.


Tutti questi eventi messi assieme, potevano portare solo ad una conclusione: l'inevitabile estinzione degli esseri viventi ed una trasformazione perenne del pianeta.


<È come se fosse una punizione, è come se gli elementi si fossero risvegliati solo per scatenare la loro furia su di noi, per punirci per come abbiamo trattato il nostro unico pianeta; e ciò non colpirà  solo noi esseri umani, provocherà  l'estinzione di tutti, o quasi, gli esseri viventi, anche se loro non hanno colpe>. Justin continuava a pensare solo a questa visione catastrofica, cercava una soluzione. Nonostante tutto, a malincuore, sapeva che non vi era rimedio a tutto ciò. <Dopotutto>, pensava, <come si può contrastare un potere così grande, un qualcosa che esiste per natura?>.


Ciò che non sapeva Justin è che da qui a poche ore, tutto ciò che conosceva sarebbe sparito.


 


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Quando ormai il flusso di pensieri di Justin si era arrestato, decise di chiamare i suoi cari. Non lo fece per avvisarli di una visione catastrofica, perché, anche se gli avessero creduto, avrebbe causato solo caos e disperazione; lo fece per sentire la loro voce e per salutarli, anche se non sapeva se era l'ultima volta che lo poteva fare o meno.


Scosse di terremoti si abbatterono su tutto il pianeta, onde gigantesche provenivano dai mari.


<Come, sta già  succedendo?> si domandò Justin, <Così presto?>.


Ciò che accadde era inimmaginabile; il potere, ormai, era giunto al suo apice, la forza dei maremoti si abbatté sulla terraferma, portando distruzione e desolazione. Quasi tutta la popolazione mondiale pensò ad un avvertimento divino. All'improvviso la situazione parve calmarsi, tutti pensavano che ormai il peggio fosse passato; non era così. Una seconda scossa di terremoti, stavolta più potente di quella precedente, i maremoti che succedettero a tutto ciò, spazzarono via tutto ciò che era rimasto. Non c'era più alcun segno di vita, eccezione fatta per le creature marine.


Le terre emerse erano soltanto un ricordo, l'oceano aveva inghiottito tutto, anche quelle. Chissà , forse in un futuro lontano nuove forme di vita vedranno la luce. Ciononostante, per adesso, le Terra è soltanto una distesa di acqua; una piccola lacrima nell'universo infinito.


 


 


 


 


|...|(1) Le case contavano rispettivamente 2 ragazzi (Fuoco e Aria) e 2 ragazze (Acqua e Terra). Per far si che le casate si unissero, furono celebrati, inizialmente, due unioni tra le casate Efesto e Borea e tra quelle di Persefone e Poseidone. Successivamente il primo figlio maschio e la prima figlia, nati dalle due nuove casate, raggiunta un'età  considerata adatta, si sarebbero uniti, così da creare una famiglia che potesse racchiudere il sangue di tutte le casate.


 


 


Questo è solo un "riassunto" di ciò che avrei voluto scrivere (causa lavoro, il trovare ed adattare le idee, ecc), ma spero che lo apprezzerete lo stesso  :D


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Nickname dell'autore: A for Amazing


Titolo: La grotta del risveglio


Elaborato:


 


- L'antico potere si è risvegliato, dopo millenni, ed ora è pronto a scatenare la sua furia! -


Sgranò gli occhi e incredula di ciò che aveva appena letto, con l'orlo della maglietta si lucidò gli occhiali tondi e  se li rimise sul naso spingendoli fino in cima con la punta del dito per essere sicure di vederci bene.


Ho lasciato il professor Cosmi appena ieri, con la promessa di riparare il suo piccolo navigatore! Non può già  essere partito!


Eppure il biglietto appeso alla porta parlava chiaro:


- Lanette, mia carissima,


sono partito questa mattina all'alba, dopo aver studiato a fondo la Grotta. Non voglio aspettare un minuto di più. L'antico potere si è risvegliato, dopo millenni, ed ora è pronto a scatenare la sua furia! Devo esserci quando accadrà -


"Firmato, Professor Cosmi..." è sospirò, tra il rassegnato e il divertito. Il Professore era sempre stato un tipo eccentrico.


Solamente il giorno prima lo aveva visto preoccupato, gli aveva fatto promettere che avrebbe riparato il suo navigatore, doveva partire alla svelta ma non le aveva detto perché e non le aveva detto neanche che aveva così tanta fretta, che personaggio!


Lanette staccò il biglietto dalla porta chiusa del laboratorio del Professore sconsolata e fece cadere le braccia lungo i fianchi e sospirando si rivolse al suo inseparabile Lotad che se ne stava tranquillo sopra la sua testa: "Forza, piccolino, torniamo a casa prima che piova, non hai mica Copripioggia!" e rise divertita!


Il cielo era nuvolo già  da quando quella mattina si era svegliata con i dolci buffetti del suo amichetto,che, con il suo grande cappello, le aveva portato la colazione. Aveva aperto i balconi per mettersi a lavorare sul piccolo navigatore ma il caldo afoso di quella giornata di mezza estate stava aumentando e il profumo della pioggia le aveva già  riempito i polmoni.


Ripercorse a ritroso la strada verso casa, attraverso il percorso 114, il fondo al quale era situata la sua piccola casa, ricco di stagni dove altri Lotad si crogiolavano nelle calde acque e alberi dai quali provenivano i canti soavi di numerosi Swablu che si corteggiavano a vicenda. Le piaceva molto casa sua.


Attraversando il ponte Lotad si tuffò per raggiungere la casa sull'albero e dimostrando la sua grande velocità  nel nuoto "Lo, io vado a casa, voglio scoprire cos'é preso a quel matto!".


Lo adorava stare sulla casa sull'albero quando fuori pioveva, il tetto sbucava dalla chioma folta del grande acero rosso e la pioggia, cadendo, picchiettava sulle assi. Lanette lo sapeva e non lo privava mai di questo suo piacere, anzi, di tanto in tanto andava anche lei li, con la scusa di vedere come stava. Le piaceva. Adorava il rumore della pioggia e la quiete della natura che la circondava. La rilassava. Che paradiso!


Proseguì quindi verso casa, prendendo il foglietto dalla tasca per rileggerlo, non capiva di che grotta parlasse il Professore, quando, una folata di vento caldo le strappò di mano il foglietto, che si impigliò tra i rami di un cespuglio vicino e fu allora che notò la scritta sul retro del messaggio. Prese il foglietto dal cespuglio per leggerlo: erano degli appunti. Probabilmente il disordinato professore, nella fretta, non riuscendo a trovare un foglio, strappò un angolo dal suo quaderno degli appunti. Ovviamente era solo parte degli appunti, ma, alla seconda riga, spiccava il nome di Ceneride, la città . Era ripassato con la penna più e più volte.


La Grotta dei Tempi! Ma certo! [...] ASPETTA!


- L'antico potere si è risvegliato, dopo millenni, ed ora è pronto a scatenare la sua furia! -


Un'altra sbirciata al foglietto e tutto le sembrò più chiaro.


Groudon e Kyogre!Sicuro il professore finirà  col perdersi senza navigatore, che abbia studiato le mappe o meno, sbadato com'è!


Cominciò un tremendo temporale.


"Vai Altaria, passiamo a prendere Lotad alla casa sull'albero e poi... Direzione Ceneride!" fece, puntando il dito al cielo! "Yuppi! Ahahahahah! Volando con te è uno scherzo anche sfidare questo temporale!" rise divertita Lanette.


In men che non si dica arrivò a Ceneride e subito corse verso la grotta.


"Mi scusi, ha per caso fatto entrare nella grotta un uomo alto così, con i capelli corti e gli occhiali?" chiese Lanette al vecchietto di guardia della Grotta, con la mano a mezz'aria.


"Oh, si, ha avuto il permesso di Adriano, che però non è con lui perché è dovuto dileguarsi per altri impegni..." rispose il guardiano.


"Ecco, vede... Il Professore si è dimenticato il navigatore e senza di sicuro finirà  col perdersi... Mi domandavo se mi è concesso di portarglielo, per favore..."


"Beh, viste le circostanze chiuderò un occhio. Anzi, io mi giro, non vedo niente!"


"Oh, grazie guardiano, grazie mille!"


Così Lanette entrò nella Grotta al fianco dei suoi due Pokémon...


Mmm... Come farò a cercare il Professore qua  dentro?! [...] Come ho fatto a non pensarci prima?! Userò il navigatore, certamente mi farà  strada verso gli antri più nascosti della Grotta! Cosmi andrà  li di certo!


BI-BIP! Accese il piccolo marchingegno e s'incamminò...


 


SCRECK!


Un passo!


"Vai Altaria, Magibrillio!"


"AAAH! Ma che fai! Sono io, Cosmi!"


"Oh Professore, l'ho trovata finalmente!"


"Si, ho sentito il rumore del navigatore e stavo per raggiungerti, ma..."


"Ahahahah si, mi scusi, pensavo lei fosse un Pokémon selvatico!"


 


I due si incamminarono verso il fondo della grotta e nel mentre Cosmi spiegò i suoi studi a Lanette e, giunti alla meta...


"Ecco, guarda Lanette! Come diceva la profezia nascosta che ho letto all'ingresso della grotta: L'antico potere si è risvegliato, dopo millenni, ed ora è pronto a scatenare la sua furia! Le pietre dell'Archeorisveglio brilleranno dell'antico potere degli antichi Pokémon leggendari, ma solo il giorno in cui la luna brilla sopra Ceneride, prima del canto dei Clefairy!" esclamò il Professore "quella notte è oggi e quelle che vedi brillare sono le fatidiche pietre! Esse porteranno all'antico potere Groudon e Kyogre, ma questo sarebbe pericoloso, pensa se solo il Team Magma o il Team Idro lo scoprissero! Lasciamole qui per ora, alla prossima luna buona torneremo con Adriano e lui saprà  che fare".


Così Cosmi e Lanette ammirarono le due magnifiche pietre, soddisfatti della loro scoperta.


Le pietre smisero di brillare, era tardi, cominciava a scendere la notte, così, i due, uscirono dalla grotta, diretti verso casa!


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*Squalificato! Il racconto non comincia con l'input obbligatorio.*

 

Nickname dell'autore Litleo ~
Titolo: Le Cronache di Flowerose
Elaboraro:

Ottima traccia. - Pensò. Scrisse, dipinse con un penna le gesta di un eroe leggendario e battito dopo battito, paragrafo dopo paragrafo, pagina dopo pagina, quella ragazza aveva formato un vero e proprio capolavoro. Un tema che gli cambiò la vita, in verità . Alla consegna del compito tutta classe era sotto pressione e ansiosa, aspettando che l'insegnante consegnasse quel foglio protocollo sperando non sia rosso, marchiato del colore del sangue.


Era giunto il turno di Francine. 10 -. Per la prima volta non aveva ricevuto la lode in un tema. Corse in bagno a piangere, mentre i compagni scoppiarono a ridere.
Tornata a casa, la ragazza non mangiò nemmeno pranzo e si chiuse in camera, sdraiata sul suo letto a baldacchino color lavanda.
All'improvviso riaprii gli occhi. Era lo stesso nella sua camera, ordinata e profumata di fiori, come sempre.
Decise di uscire dalla camera e di scusarsi con i suoi genitori. Ma quando scese le scale non trovo il soggiorno, ma bensì un stanza enorme, con pavimenti in marmo e pareti bianche come la neve, tempestate di diamanti pure intorno agli innumerevoli opere d'arte. Una televisione gigantesca, due tavolini da tè in ciliegio e decine di arazzi antichi e prestigiosi, senza contare gli arredi principeschi. Solo davanti ad uno dei tantissimi specchi d'orati si accorse che era vestita da un abito principesco color panna, ricoperto con disegni rosacei di pizzo su tutta la gonna e le spalline.
Francine uscii dall'enorme portone e vide un giardino immenso, con aiuole in ogni dove e un labirinto di siepi che percorreva tutto quel paradiso floreale dominato dai colori. Altalene e dondoli erano posti in ogni angolo, mentre sculture e fontane erano sparse per tutto il giardino.
Poco dopo raggiunse la ragazza una figura semplice ma elegante, che le consegno una busta. - "Regina Bluerose, per lei." - Francine rimase pietrificata. Regina. Wat :fg: . Spinta dalla curiosità  aprii con delicatezza l'oggetto a lei recapitato. -" Regina Rose, come so lei ha ereditato un enorme patrimonio in seguito alla notte dei suoi genitori, ancora condoglianze. So anche benissimo che governare un regno è un compito arduo e molto impegnativo, specialmente per una giovane donna come lei. Mi domandavo quindi se avrebbe bisogno di un fedele aiuto da parte di mio figlio Warded. Non si preoccupi, è un principe per bene.
Aspetto una cordiale risposta.
Striked, Re del Regno di Bladez." -
"Aspetti, la prego! Dica al Re che suo foglio potrà  essere accolto nella corte di questo Regno domani alle quindici. - Molto bene Regina, sarà  riferito." -

- "Ma che immenso onore, Regina Bluerose. - Mi chiami pure Francine. - La massima autorità  nel Regno di Flowerose non merita così poco rispetto." - "Flowerose, buono a sapersi." - pensò. - "Regin- mi perdoni, Francine, si sente bene? - Sisi, ero solo presa dai miei pensieri, non si preoccupare. Sa, penso che dovremmo darci del tu. - Come vuoi Francine, come vuoi." - Rispose il principe, con un aria losca e uno sguardo maligno.

Il giorno successivo la Regina ricevette una nuova lettera.
- "Il Regno di Flowerose verrà  attaccato fra 3 giorni esatti. Non ti informare si chi sono, pensi solamente a preparare il vostro esercito." -
Con l'aiuto del nuovo amico, Francine raduno i miglior fanti, cavalieri e arcieri di tutto il regno, e dopo 3 giorni era pronta a subire l'attacco dell'ignoto nemico. Ma niente. Per quasi una settimana l'esercito resto di guardia al Palazzastello Reale, senza alla fine nessun scopo, ovvero senza subire attacchi.
- "Per quale motivo non arriva il nemico? - ripeté fra se e se sottovoce la Regina. - "Semplice. Il messaggio l'ho inviato io. La busta non aveva nemmeno il francobollo. È tutta una falsa per rendere l'esercito isolato, insomma, occupato. Mio padre ha intanto bloccato le comunicazioni con voi da tutto il resto del Regno di Flowerose, dove sta creando scompiglio e distruzione ovunque, sia nelle città  che nelle campagne e nei piccoli villaggi, senza dimenticare un singolo edificio da saccheggiare. Mentre i poveri capi di famiglia tentavano di fermare inutilmente il nostro gigantesco e potente esercito, esso seminava il terrore nei cuori e negli occhi di tutti." -

All'improvviso un rumore fece sobbalzare Francine. Vedere il volto di padre la fece piangere di gioia, nonostante tutto fosse stato solamente un sogno. ~


Ho scoperto il contest questa sera, ero in campeggio/colonia fino a 2 giorni fa T_T se avessi avuto più tempo il mio racconto sarebbe stato certamente migliore, ma è andata così ^^ faccio i miei auguri a tutti, specialmente a coloro che giudicheranno questi poemi. LoL

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Zebstrika94

Cuore a Cuore

“L’antico potere si è risvegliato, dopo millenni, ed è pronto a scatenare la sua furia! Non possiamo lasciare che ciò succeda!†Esordì un uomo incappucciato dalla corporatura robusta e la voce possente.

A continuare fu un omino più esile ma con una voce molto più autoritaria: “Non c’è un minuto da perdere, bisogna convocare immediatamente l’agente speciale Omega!â€

Poi spense la tv, era stanca dei soliti film catastrofici su antichi poteri e fini del mondo. A lei nemmeno piacevano molto, ma aveva iniziato a guardarli con il suo ex-ragazzo e, quando si prende un vizio, per quanto malevolo esso sia, difficilmente si riesce ad abbandonarlo.

Erano le undici di sera, decisamente presto per andare a dormire, decisamente tardi per mettersi su la pasta al pomodoro di cui aveva una voglia pazzesca.

Non sono una donna incinta, maledizione! Pensò. Tuttavia a quella pastasciutta non posso proprio resistere.

E così, sopraffatta dal desiderio, decise di andare in cucina, prendere la pentola dalla lavastoviglie ancora fumante, riempirla di acqua bollente e metterla sul fuoco. Tuttavia sussisteva un problema di difficile soluzione: che tipo di pasta? Sì, perché questa era una scelta davvero ardua, altro che antichi poteri che devastano il mondo. Lei adorava quella corta, ma con il pomodoro ci stanno benissimo gli spaghetti, quindi optò per questi ultimi.

Tempo di cottura: 6 minuti. Bene, così non dovrò aspettare molto.

Li pesò e, nell’attesa che l’acqua bollisse decise di dedicarsi al sugo. Prese dal congelatore un vasetto di passata di pomodoro, rigorosamente fatta in casa, e lo versò in un pentolino. Accese il fuoco e, in seguito, si apprestò a prendere il burro dal frigo.

Che sugo è senza un pezzettino di burro ed un goccetto d’olio?

Aggiunti quindi il burro e l’olio, senza dimenticare una fogliolina di salvia, prese il coperchio e lo lasciò riposare, non prima di aver amalgamato tutti gli ingredienti ovviamente. Fatto questo, si accorse che l’acqua cominciava a bollire, si preparò quindi a gettare gli spaghetti.

Era lì, con le mani sopra la pentola, la pasta pesata stava per essere immersa nell’acqua bollente, quando sentì suonare il campanello.

E ti pareva! Ci fosse una volta che quel maledettissimo campanello non suoni nel momento più inopportuno!

Poi chi sarà  mai a quest’ora?!

Si accinse ad aprire la porta, ritrovandosi così davanti la sua amica Marta tutta bagnata ed infreddolita. Sembrava devastata, doveva essere accaduto qualcosa di davvero brutto.

“Marta, oh mio Dio! Cosa ti è successo? Entra muoviti, altrimenti prenderai freddo!â€

“G-g-grazie.†Riuscì solamente a rispondere l’altra.

Marta era una sua coetanea, entrambe nate a dicembre, lo stesso giorno, il due, alla stessa ora, le tre del pomeriggio, negli stessi minuti, i trentasette, a solo una stanza di distanza. Erano gemelle, non di sangue ma di spirito. Il destino le aveva unite e loro, per essere sicure di non venire separate,  avevano usato l’attak. Avevano cinque anni e il dottore quando le vide non poté fare a meno di scoppiare in una grassa e gustosa risata. Fortunatamente non si fecero niente di grave, se non fosse per il fatto che rimase loro una piccolissima cicatrice, dove la colla non ne aveva voluto saperne di staccarsi. Così, ancora dopo diciassette anni avevano sul braccio, una sul destro, l’altra sul sinistro, una cicatrice a forma di cuore. Ne erano state felicissime fin da subito e a chiunque chiedesse loro come si fossero procurate quella strana cicatrice, rispondevano: “Combattendo per restare unite.â€

Ora Marta era seduta davanti a lei, con un asciugamano sulle spalle, tremolante ed ancora sconvolta, eppure nonostante il suo stato d’animo, non riusciva a perdere la bellezza che l’aveva sempre contraddistinta. I capelli, rossi come il tramonto di una calda sera d’estate, facevano da contorno ad un faccino in genere sempre sorridente, con un nasino alla francese e due occhi verde acqua che la facevano sembrare una dea, scesa in terra solo per permettere a noi mortali di poterla ammirare per qualche secondo. Come se non bastasse le sue misure e proporzioni erano perfette, gli antichi scultori non sarebbero stati in grado nemmeno di immaginare una ragazza così.

“Erika, – così si chiamava la padrona di casa – devi sapere che mi sono vista con Marco nelle ultime settimane.â€

Pugnalata al cuore, dritta, profonda, precisa, dolorosa come non mai.

Marco, il Marco che Erika aveva sempre amato fin dalla seconda elementare, quello per cui stava conservando la sua verginità , quello per cui avrebbe dato sé stessa. E sua sorella glielo aveva portato via.

Rabbia, non tardò ad arrivare, non appena l’aria cominciò ad entrare nuovamente nei suoi polmoni.

“Dimmi che non l’avete fatto, Marta†Esordì lei a denti stretti.

“Mi spiace, io non ci ho pensato. Eravamo ubriachi alla festa di Giacomo, tu eri ammalata e non sei riuscita a venire, ricordi? Be’, fatto sta che siamo finiti a letto. L’abbiamo voluto entrambi, la colpa va divisa.â€

Colpa, che colpa poteva avere lui se non sapeva ciò che Erika provava per lui? In quel momento solo una parola continuava a rimbalzarle per la mente: traditrice.

“Non sono venuta qui per questo però. I fatti che ti ho appena raccontato sono solo l’inizio.â€

“Continua allora. Cosa stai aspettando†Fece aspra in risposta.

“Vedi, ci siamo visti, come ti ho già  detto, per un po’ di tempo. Lui però era spesso distratto, con la testa sulle nuvole che pensava ad altre cose, quasi avesse degli impegni urgenti, quasi non volesse stare con me.â€

“Sai che sono una persona gelosa – continuò la rossa – e quindi oggi pomeriggio, dopo esserci separati, ho deciso di seguirloâ€

“So bene quanto tu sia gelosa, devo ricordarti di quante storie hai mandato all’aria per questo? E di quante volte tu sia venuta qui da me subito dopo?â€

“Ti prego, non infierire.â€

“Non infierire?! Sei tu ad essere andata a letto con il mio uomo e dovrei essere io a non infierire?! Mi hai pugnalato al cuore! Sei sempre stata l’unica persona di cui mi potessi fidare…â€

Erika era distrutta, tuttavia la curiosità , brutta bestia, non la voleva abbandonare. Doveva sapere.

“Va bene, scusami. Vai avanti. Cosa è successo per averti ridotto in questo stato?â€

Marta non se lo fece ripetere due volte: “Come ti stavo dicendo, oggi l’ho seguito. Si è incontrato con dei tipi, persone tutte vestite di nero, quello che sembrava il capo aveva un anello a forma di dragone. E…â€

“E?!†Fece la padrona di casa.

Ma era inutile, l’amica era scoppiata in lacrime. Vari singulti la facevano sembrare in uno stato di panico più totale.

Cosa mai avrà  visto? È sempre stata una persona forte, difficilmente impressionabile. Marta non farmi preoccupare così. Reagisci!

Poi fece l’unica cosa insensata che in quel momento le parve sensata. Le tirò su la manica della camicetta e fece altrettanto con quella della propria maglietta. Accostò il suo braccio destro a quello della sua amica e, come se il mondo si fosse fermato, la rossa si calmò. I cuori erano venuti a contatto, l’universo aveva ricordato a entrambe che erano lì, insieme, e che, qualsiasi cosa avesse visto Marta, l’avrebbero affrontata insieme.

“Parla, cosa hai visto?â€

“Ho visto Marco morire. – Un colpo, Erika non si aspettava una risposta del genere, non lo credeva possibile ma, a quanto le aveva appena detto la sua amica, si sbagliava. – è stato orribile. L’uomo con l’anello del dragone ha alzato il braccio e a Marco è spuntato un buco sul collo. Dopodiché sono spariti. Io non ho idea di come abbiano fatto. So solo che Marco era steso a terra esanime.â€

“E dopo ha iniziato a piovere? E perché non sei andata alla polizia?â€

“Perché ha iniziato a piovere, come hai detto tu, e la pioggia ha sciolto il suo corpo, togliendo ogni traccia di lui dal mondo dei vivi.â€

Erika era incredula, non poteva credere che la sua amica avesse visto ciò, che fosse stata spettatrice di un episodio del genere. Capì che non poteva andare alla polizia, nel migliore dei casi sarebbe finita in manicomio. Capì che doveva agire di conseguenza.

“Dobbiamo muoverci, l’uomo col dragone potrebbe trovarci se i poteri che mi hai descritto non sono frutto della tua fantasia. Asciugati e cambiati, cerca tra i miei vestiti qualcosa che ti vada bene. Mi raccomando, fai in fretta.â€

Marta guardava la sua amica esterrefatta. I ricci capelli corvini, che di solito, assieme agli occhi color nocciola, le davano un’aria spensierata e felice, ora la mostravano per quello che probabilmente era destinata ad essere, un leader. Per la rossa la nera era l’unica possibilità  di vittoria, di vita. Si alzò ed esegui, non prima di dare un’occhiata ad una foto, in cui sorridevano entrambe. Le era sempre piaciuto il sorriso di Erika, donava al mondo un senso. Ora era sparito. Al suo posto Marta vedeva una determinazione senza precedenti. Una determinazione che le avrebbe fatto dare la vita per la sua amica. E questo lo sapeva. Lo sapevano entrambe.

Nemmeno un’ora dopo erano pronte. Vestite in jeans e maglietta, zaino in spalla. Tutto l’occorrente per sopravvivere nei boschi, lì voleva andare Erika, almeno fino a quando non si fossero calmate le acque.

La corvina spense i contatori ma lasciò le pentole col sugo e l’acqua, ormai fredda, dov’erano, quasi fosse un augurio a tornare presto.

Addio casa.

 

Erano passate alcune ore dalla loro partenza e, da dove si trovavano ora, riusciva a vedere casa sua. Un boschetto copriva il colle su cui avevano deciso di andare. E ormai stava iniziando ad albeggiare. Ma fu un’altra la luce che vide, non quella di un Sole nascente, non quella di una Luna ancora luminosa nel cielo. No, quello che vide lei furono le fiamme dell’inferno seguite da una luce bianchissima. E poi lo sentì. Un colpo, sordo, distante, ma abbastanza potente da far tremare gli alberi affianco a lei. La sua casa non esisteva più e con lei era sparito anche tutto il quartiere.

Non ci posso credere…

L’incredulità  era dipinta sul volto di Erika. Anni di ricordi, di gioie, di dolori, non esistevano più. Niente sarebbe più stato come prima.

Anche Marta guardava persa in quella direzione, pensando che se non fossero state veloci ad andarsene probabilmente sarebbero morte, come tutte le persone in quel quartiere.

Fu la mora a rompere il silenzio: “Hanno fatto una mossa troppo azzardata distruggendo tutto il quartiere. Questo non sparisce sotto la pioggia. Decine di morti faranno partire un’indagine e se saremo fortunate arriveranno ai colpevoli prima che loro arrivino da noi.â€

Poi si girò verso la sua compagna. Se l’esplosione l’aveva stupita, questo la stupì ancora di più. Uomini, vestiti di nero, avevano preso la sua amica e tenevano lei sotto tiro. Un uomo, grande e grosso, con una calvizie appena accennata e i capelli brizzolati si fece largo tra i sottoposti.

“Signorina Poolers, – esordì  â€“ è un piacere conoscerla. Il mio capo mi ha mandato a prelevare lei e la sua amica. Mi auguro non facciate troppe storie. Per il vostro bene almeno.â€

Poi si girò, facendo un cenno ai soldati, attenti ad ogni movimento del loro comandante, che prontamente scattarono verso Erika, legandole i polsi e mettendole un cappuccio in testa.

Lei non oppose resistenza, sapeva bene di non avere possibilità  contro quegli energumeni super addestrati, quindi decise di risparmiare tempo ed energie per il colloquio che di lì a poco avrebbe dovuto sostenere con il capo di quell’uomo. Riuscì solo a sentire un lontano “Andiamoâ€, prima di perdere i sensi.

 

Sì risvegliò in un luogo asciutto e si accorse di non essere più legata. Allora, velocemente, si levò il cappuccio dagli occhi. La stanza che le si presentò davanti era diversa da come se l’immaginava. Si aspettava di ritrovarsi in una cella tetra e umida, sporca, invece si ritrovò in uno spazio pulito, essenziale, composto da un letto ed una cassettiera. La cassettiera aveva uno stile moderno e sembrava essere stata fatta artigianalmente, costando probabilmente una fortuna.

Che razza di personaggio arreda una cella con elementi da centinaia di euro?

Purtroppo, come in ogni cella che si rispetti, non c’era una finestra, ma solo delle ventole di aereazione sul soffitto. Al posto del solito vetro che guarda all’esterno, c’era un monitor incastonato nella parete che cambiava immagine a comando, mostrando i più bei panorami del mondo.

Incuriosita sempre più dal posto in cui si trovava, guardò dentro ai cassetti, trovando vestiti all’ultima moda ed un biglietto che recitava.

 

Signorina Poolers,

Mi scuso fortemente per le maniere dei miei uomini e per la permanenza forzata. Naturalmente quando più la aggrada sarei onorato di incontrarla di persona, al fine di chiarire questo grosso malinteso.

La prego di sentirsi libera di indossare gli abiti che più preferisce e, se le dovesse servire qualcosa, un maggiordomo sarà  fuori dalla sua porta ventiquattrore su ventiquattro. Non le resta che chiedere.

Restando in attesa di una sua visita,

Cordialmente suo,

                                                                           Rafai Renji

 

Non poteva credere ai suoi occhi e, a quel punto, anche gli eventi successi recentemente sembravano perdere di significato. Stanca, affamata e sporca, decise di provare ad ottenere il permesso per fare una doccia. Se davvero un maggiordomo avesse acconsentito ad ogni sua richiesta non sarebbe dovuto essere un problema. Bussò quindi sulla grande porta di metallo azzurrino.

Aspettò, la paura che il biglietto fosse un mero scherzo di cattivo gusto da parte del suo carceriere cresceva sempre di più, ogni secondo che passava le pareva un tempo interminabile, fino a quando, finalmente, la porta si aprì rivelando dall’altra parte un aitante maggiordomo. L’uomo era alto, sul metro e novanta, con i capelli tinti di un biondo innaturale, contorno di un viso contenente due occhi azzurri come il cielo d’estate. Il sorriso caldo condiva il tutto, lasciandole un’aria di tranquillità  e serenità  che non sentiva da tempo.

Con una voce calda, il biondo parlò: “Avete chiamato, Signora?â€

“Sì, mi chiedevo se fosse possibile fare un bagno caldo, vede per riprendermi da…â€

“Prego, mi segua. – la interruppe quello – Il bagno a voi adibito è da questa parteâ€

L’uomo le fece strada attraverso un corridoio spoglio, sempre in metallo, fino ad una grande porta in mogano.

“Madame, - disse quello spalancando la porta – prego si accomodi.â€

La visione che le si presentò davanti fu spettacolare. Se il corridoio e la sua stanza erano privi di finestre, costruiti con il solo metallo, questo salone era l’esatto opposto. Un pavimento interamente di cristallo lasciava intravedere l’esterno, un bellissimo fondale marino. La splendida visione non si fermava al pavimento, visto che la stanza era interamente realizzata in cristallo, e quindi Erika si rese per la prima volta conto di essere in fondo all’oceano. Pesci nuotavano attorno alla sua stanza da bagno. Sul soffitto dei lampadari in vetro di Murano riflettevano colori stupendi. Anche il mobilio era in cristallo, creando un simpatico gioco che permetteva di vederne l’interno. L’unico elemento che stonava era un’immensa vasca di marmo rosa posta al centro, sotto il lampadario più grande, illuminata come la prima ballerina alla Scala.

Erika era incredula e fu il maggiordomo a riportarla alla realtà , parlandole.

“Signorina Poolers, – disse – gradisce sali od oli particolari nell’acqua? E la temperatura come dev’essere?â€

“Solo acqua e la vorrei bollente, grazie.†Rispose lei con un bel sorriso.

Adorava i bagni nell’acqua bollente, riuscivano a rigenerarla come poche cose.

“Io ora esco, la vasca è piena. – disse dopo qualche minuto – Per qualsiasi cosa le ho messo un campanellino affianco alla vasca, su quel carrello. Una nostra cameriera sarà  da lei il prima possibile.â€

“G-g-grazie.†Fece lei ancora incredula.

Arrivato alla porta il cameriere si fermò, quasi avesse dimenticato qualcosa, e si voltò dicendole: “Per cena questa sera cosa avrebbe piacere di indossare?â€

“Il signor Renji sarà  presente?â€

“Certamente, anzi, ha chiesto che a cena siate solo voi due. Lei sembra essere molto importante per lui.â€

“Allora mi faccia avere un abito a sirena, e che sia rosso mi raccomando. Rosso brillante.â€

“Sarà  fatto, Madame.â€

Dopodiché si tolse di dosso i vestiti sporchi, lasciandosi immergere nell’acqua calda.

Quella sera avrebbe conosciuto il suo carceriere, avrebbe dovuto essere pronta a tutto, per questo aveva richiesto un abito rosso, il colore che più la faceva sentire ammaliante. Non possedeva poteri particolari, ma l’arte della seduzione non aveva segreti per lei. Ed era arrivato il momento di dimostrarlo, ne andava della sua vita e di quella di Marta.

Marta, chissà  se sei ancora viva? Sì, lo sei. Me lo sento. Aspettami amica mia.

Questi i suoi ultimi pensieri prima di cadere in un sonno ristoratore, cullata dai sentimenti che la tenevano legata all’amica.

 

Circa due ore più tardi si stava già  preparando per la cena, doveva aver dormito davvero bene, visto che si sentiva decisamente riposata. Una volta uscita dall’acqua il maggiordomo le aveva fatto trovare delle ancelle che da quel momento non l’avevano mai persa di vista e che esaudivano ogni suo capriccio. Questa situazione per lei era davvero strana, ma non si faceva problemi ad approfittarne.

Le cameriere erano davvero carine, ragazze molto giovani, sulla ventina, anche loro con i capelli tinti di quel biondo che stonava troppo indossato da un essere umano, a lei ricordava molto una parrucca.

Ora aveva appena indossato il vestito rosso, il maggiordomo aveva avuto davvero buon gusto a scegliere. L’abito era attillato, mettendo in risalto le sue curve, spaccato sulla gamba desta. Era di un rosso acceso, brillante, reso ancora più bello da dei diamanti Swarovski che erano sparsi per il tessuto. Non aveva mai visto niente del genere e, quando si avvicinò allo specchio, non poté che rimanere a bocca aperta, sperando che ci sarebbe rimasto anche il suo carceriere. Le scarpe erano rosse, tacco dodici. I capelli corvini lasciati ricadere sulla spalla, dopo essere stati stirati. Sul decolté un bellissimo pendente di zaffiri, una goccia, che andava a richiamare l’esterno dell’edificio, creando un contrasto spettacolare con il vestito.

I preparativi durarono molto ma alla fine non le rimase altro da fare se non ritenersi soddisfatta.

Era arrivato il momento di andare in scena, il maggiordomo bussò alla porta per avvertirla.

“Signorina Poolers, il padrone mi ha mandato ad avvertirla che la cena è quasi pronta. Se intanto desidera accomodarsi nel salone, il Signore sarà  lì ad attenderla.â€

“Grazie…â€

“James.â€
“Ok, allora James, mi faccia strada.â€

“Prego, mi segua.â€

E James partì, portandosi dietro un’Erika sempre più tesa, fino a giungere ad un salone gigantesco.

Il salone era arredato, come la sala da bagno, interamente di cristallo, e il lusso e lo sfarzo venivano emanati da ogni centimetro cubo in  quella stanza. Il tutto ricordava un antico salone, di quelli ottocenteschi, però reso magicamente di cristallo.

Chissà  se anche il signor Renji sarà  così cristallino? Pensò divertita Erika.

Il maggiordomo la fece accomodare su un divanetto, in cui l’unica parte non trasparente erano i cuscini su cui ci si sedeva, dando così l’impressione di galleggiare in aria. La tavola era poco distante, non molto grande e con due candele sopra, apparecchiata come suggerisce il galateo. Sembrava stesse per prendere parte ad una romantica cena in un ristorante di lusso. E la cosa non le dispiaceva affatto.

Un ancella entrò all’improvviso nel salone, correndo a comunicare, agitata, una notizia al biondo in piedi affianco al divanetto.

Una volta scomparsa la cameriera, il maggiordomo si rivolse ad Erika, prima di congedarsi.

“Signorina, il Padrone si scusa del ritardo, ma impegni di lavoro lo hanno trattenuto più del previsto. Sarà  qui a momenti. Le serve qualcosa?â€

“Niente James, vada pure.â€

“A domani, Signorina.â€

“A domani.â€

 

Passarono ancora cinque minuti prima che sentisse dei passi provenire dal corridoio. Un immenso orologio a pendolo in cristallo, con lancette in rubini, segnava le 20:17. Pochi secondi e la porta si spalancò, rivelando un uomo dalla carnagione olivastra vestito in uno splendido abito Armani.

Davanti a lei avanzava spedito Rafai Renji, capelli neri, occhi argentati, magnetici, da leader. Non riusciva a distogliere lo sguardo, quegli occhi così affascinanti la trattenevano, levandole il fiato. Quella sera avrebbe dovuto conquistare il suo nemico, ma, nel tempo di percorrere i pochi metri che li separavano, il suo carceriere le imprigionò qualcos’altro, il cuore. Ma lei non gliel’avrebbe permesso.

“Sono onorato di fare la sua conoscenza signorina Poolers. – cominciò quello porgendole la mano – La prego di perdonare il mio immenso ritardo, ma questioni urgenti hanno richiesto la mia attenzione.â€

Lei si alzò in piedi e gli strinse la mano, con forza, per far sapere che avrebbe combattuto, che il suo spirito era guerriero. Poi disse: “Il piacere è mio Signor Renji, finalmente posso conoscere il mio rapitore.â€

Diretta, pungente. Mohammed Alì diceva “Sii leggero come una farfalla, pungente come un’apeâ€. E lei lo era stata. Sorridente, orgogliosa per il guanto di sfida che aveva appena lanciato all’elegante uomo di fronte a lei. Sorrideva anche lui, divertito dalla ragazza che si trovava di fronte.

“Suvvia, signorina Poolers, non c’è motivo di essere così scontrosi. Per litigare avremo tutta la cena, non gustiamoci subito il meglio.â€

“Prego, si accomodi, riprenderemo questo discorso davanti a qualche prelibatezza, in fondo a stomaco pieno si litiga meglio. O si ragiona meglio? Non mi ricordo. Ah ah ah.†Disse lui facendola accomodare da perfetto gentiluomo.

I piatti cominciarono ad uscire, prelibatezza da ristorante cinque stelle, il meglio che un palato potesse assaggiare, tuttavia la cena si svolse fino al dolce in completo silenzio. Erika stava studiando il suo nemico e lui, conscio della sua supremazia, glielo stava lasciando fare tranquillamente, godendosi la buona cena e la vista di una così bella ragazza.

Al momento del dolce Rafai prese la parola: “Signorina Poolers, posso darle del tu?â€

“Sì, non ne vedo il problema.â€

“Bene. Stavo dicendo, Erika, parlami un po’ di te. Cosa fai nella vita?â€

“Studio, infermieristica. Non è facile, ma è quello che ho sempre desiderato fare.â€

“Voler aiutare gli altri è un nobile intento, in un certo senso è quello che faccio anche io. Ma ci arriveremo col tempo, parlami ancora un po’ di te.â€

E così, poco alla volta Erika si aprì a quell’uomo che sembrava tanto buono e gentile, che però l’aveva fatta rapire. Gli disse che era orfana dall’età  di quindici anni, così come la sua amica Marta, dicendo che non si ricordava la morte dei suoi genitori, anche se sapeva che sia lei che la sua migliore amica erano presenti. Poi continuò, raccontandogli i suoi anni di scuola, le sue avventure più divertenti e quelle più tristi, aprendo sé stessa a quell’uomo che, nonostante tutto, le trasmetteva sicurezza. Sapeva che con lui avrebbe potuto aprirsi, quindi gli parlò anche dei suoi vuoti di memoria.

“Vuoti di memoria?†Fece lui incuriosito.

“Sì, nella mia vita sono stata spettatrice di molti incidenti, sempre in compagnia di Marta, eravamo inseparabili, e ogni volta il mio cervello a rimosso ogni cosa. Gli psicologi hanno sempre detto che è una forma di auto protezione che il mio corpo elabora per dimenticare il trauma, poiché per me sarebbe troppo doloroso ricordare.â€

“Mi spiace. E la tua amica, soffre anche lei di questi vuoti di memoria?â€

“Sì, anche in quello siamo molto simili.â€

Poi il discorso verté su argomenti più divertenti, come la voglia a forma di cuore, e molti altri aneddoti sulla sua infanzia.

A fine serata, quando ormai l’orologio segnava le due passate, Erika capì che era arrivato il momento per quel discorso, il momento di capire perché si trovava lì.

“Allora, Renji, ora puoi dirmi perché mi hai fatto portare qui? E non dirmi perché sono una bella ragazza.†Fece quella puntandogli contro un bicchiere di ottimo vino d’annata.

“Ma io ti ho fatta portare qui perché sei una bella ragazza. – fece quello imbronciandosi – E perché la vostra vita era in grave pericolo.â€

“L’uomo con il dragone?â€

“Proprio lui. – disse annuendo –Devi sapere che fa parte di un’organizzazione segreta internazionale che vanta le sue origini all’epoca dei faraoni. Si fanno chiamare i custodi del drago, per questo i loro più alti rappresentanti hanno un anello con raffigurata proprio quella bestia mitologica. Nessuno sa chi sia il capo di questa organizzazione, non sappiamo nemmeno se esista un capo. Tuttavia li teniamo sott’occhio perché, nonostante si dicano paladini dell’umanità , non sono altro che meri assassini. Per questo vi abbiamo rapite. La tua amica aveva assistito ad una loro esecuzione e, questo significava che lei, e qualsiasi persona a cui l’avesse raccontato, sarebbe morta di lì a poche ore. Fortunatamente siete state abbastanza furbe da scappare, così siamo riusciti a trovarvi prima di loro.â€

“Ma tu chi sei?†Fece l’altra, incredula che una cosa del genere potesse essere accaduta a lei.

“Io sono il capo dell’organizzazione che li combatte da migliaia di ani. La nostra origine è antica quanto la loro. Siamo i Liberatori della Vita, per noi ogni vita è sacra, e per questo va protetta ad ogni costo. Purtroppo la guerra non volge a nostro favore. Stiamo perdendo sempre più agenti e loro riescono sempre a portare a termine le loro missioni. Siamo deboli, ma non per questo ci fermeremo.â€

Lei lo accarezzò. Fu l’unico gesto che le venne in mente per fargli sentire la sua vicinanza, per fargli sentire che lo aveva perdonato per il rapimento, anzi, che lo ringraziava. Fu un gesto pieno d’amore e lo capirono entrambi. Avvicinarono i loro visi, qualcosa era scattato nel primo momento che si erano visti, e la serata aveva fatto maturare questa sensazione, fino a spingerli ad andare oltre.

Le loro labbra si sfiorarono, venendo subito separate da un’incredibile esplosione.

Tutto tremò e una sirena d’allarme cominciò a risuonare violentemente. Finirono entrambi a terra e, mentre si stavano rialzando, entrò un uomo in divisa nera, attillata, senza però avere armi al suo fianco.

“Signore – disse – i Dragoni ci hanno attaccato, devono aver scoperto che abbiamo preso le ragazze.â€

“Le difese come sono, capitano? Quanto riusciremo a resistere?â€

“Le difese sono completamente distrutte, gli uomini sono pronti alla battaglia.â€

“Perderemo?â€

“Sì, Signore. Non resisteremo a lungo, i radar hanno segnalato un numero di nemici triplo rispetto ai soldati a nostra disposizione.â€
“Allora faccia evacuare la base. È inutile intraprendere una battaglia persa. Io raggiungerò la sala di comando per coordinare le operazioni.â€

“Subito, signore.†Disse quello, sparendo da dove era venuto.

“Erika, – disse rivolgendosi alla ragazza in rosso vicino a lui – devi andartene. Prendi questo sigillo, è il simbolo che ti autorizza a comandare delle truppe, e dirigiti a Venezia, la nostra base più vicina si trova lì.

Se io non ce la dovessi fare, vorrei che tu prendessi il comando. Porta la tua amica Marta, serve qualcuno che ti ricordi quanto tu sia umano quando prendi il comando di un esercito.â€

“Non puoi andare a morire.â€

“Non morirò. Ho sempre combattuto per una causa, perdendo. Oggi combatto per una persona, e vincerò.â€

Detto questo, la baciò. Un bacio dolce, capace di scogliere gli animi. Un bacio che non era un addio, ma un arrivederci. E poi sparì, lasciandola sola con un biglietto in mano e tante preoccupazioni.

 

Sapeva di non poter trovare Marta da sola, per questo era alla ricerca di James, sapeva che il biondo cameriere avrebbe potuto aiutarla, magari consigliandole anche una via di fuga.

Poi lo vide, lì che organizzava la fuga della servitù. Era sicuro di sé, sapeva come comportarsi in un momento simile. Determinazione, non preoccupazione c’era nel suo sguardo.

Lo chiamò: “James!â€

Quello si girò e le corse incontro. “Signorina Poolers, cosa ci fa qui?! Deve andarsene immediatamente. Mi segua!†Disse afferrandole la mano e cominciando a guidarla per i corridoi.

“James, ascoltami! Devo trovare la mia amica prima di andarmene da qui, sai dov’è?â€

L’uomo si fermò un attimo, cambiando poi direzione. Non una parola, solo un’estenuante corsa senza fine, fino a quando giunsero davanti ad una porta azzurrina.

“Mi dia il suo lasciapassare.â€

Lei obbedì. Lui lo prese e lo fece scorrere davanti ad un sensore al lato della porta. Quella si spalancò, rivelando una Marta esausta, addormentata nel suo letto, tutta raggomitolata, quasi avesse freddo, quasi avesse paura.

“Marta! Marta, svegliati!†disse Erika scuotendo l’amica.

Quella stanca aprì gli occhi, doveva essere esausta.

“Erika, che ci fai qui? Come mi hai trovato?â€

“Non ha importanza! Alzati, James ci guiderà  fuori di qui. Dobbiamo muoverci prima che ci uccidano.â€

“James? Fuori di qui? Uccidono? Che sta succedendo?†Disse quella scattando in piedi, pronta all’azione. Marta aveva capito che avrebbero dovuto lottare per sopravvivere.

“Andiamo.†Concluse senza aspettare la risposta dell’amica alle domande precedenti.

Un cenno e poi James prese a guidarle per i corridoi, fino ad una piccola botola sul soffitto. Fece scendere una scaletta e disse: “Andate, vi ritroverete nelle fogne di Milano. Correte a destra fino a trovare un’uscita, spunterete vicino al duomo.â€

“Ma non siamo sott’acqua?!â€

“Ma le pare il momento?! Comunque no, è stato tutto costruito affinché lo sembrasse, ma siamo sottoterra. Ora, muovetevi!â€

“E tu James?â€

“Io rimarrò qui, ci hanno quasi raggiunto ma non posso lasciare che vi prendano. Cercherò di rallentarli.â€

“Ma morirai!â€

“Lo so e ne sono felice. Mio padre mi ha sempre detto: figliolo, ricordati che si capirà  che uomo sei stato dal modo in cui morirai. Morire in un letto di vecchiaia era un disonore per lui. Andate ora, stanno arrivando!â€

“Erika, vieni!†Marta la tirò su per la botola ma lei non voleva abbandonare James al suo destino, non voleva lasciar morire una persona così.

I loro sguardi si incontrarono un ultimo istante. Lei lo ringraziò e lui la capì. Non una parola, ma un semplice sguardo. Poi un forte rombo e la testa di James non c’era più, un cannone d’aria se l’era portata via.

Urlò, non riuscì a trattenersi. La sua amica la trascinò via, non potevano correre il rischio di rimanere uccise.

Fortunatamente il cannone d’aria aveva distrutto la scaletta. Avevano un po’ di vantaggio, non dovevano sprecarlo.

 

Quando uscirono dalle fogne il sole stava spuntando su Milano, illuminando le guglie del Duomo poco distante da loro. La prima sensazione che le colpì fu quella dell’aria sulla pelle. Una leggera brezza estiva smuoveva loro i vestiti. Ce l’avevano fatta, erano fuori e dei loro inseguitori nemmeno l’ombra.

Erika, ancora nel suo splendido vestito rosso, rivolse il suo sguardo sull’amica non potendo fare a meno di notare che non aveva gli stessi abiti di quando era stata catturata, o meglio salvata. Non aveva avuto modo di notare se nella sua stanza ci fosse una cassettiera simile alla sua, ma doveva certamente essere così.

“Che facciamo ora?†Chiese la rossa, riportando la sua amica alla terribile realtà  che stavano vivendo.

“Andiamo a Venezia. Rafai, mi ha detto di andare lì e prendere il comando in sua vece.â€

“Rafai?â€

“Sì, – disse la mora mettendosi in marcia – Rafai Renji è l’uomo che ha ordinato la nostra cattura. “

“E tu fai quello che dice?!â€

“Certo, lui ci ha prelevato per salvarci la vita…†E continuò, raccontandole tutto quello che Rafai le aveva spiegato quella notte. L’amica sembrò capire.

Rafai, chissà  come stai? Sarai ancora vivo?

“Erika, a cosa stai pensando?â€

“A niente. Forza muoviamoci, Venezia ci aspetta.â€

Si guardò un’ultima volta indietro, la sua casa. Distrutta. La sua vita. Perduta. Il passato era tale, ora non le rimaneva che prendere in mano la sua vita e debellare quell’organizzazione che da migliaia di anni rovinava le esistenze degli altri esseri umani. Questa era la sua missione, questo il suo scopo.

Un raggio di sole le tocco il vestito, infiammandolo con bellissimi riflessi rossi. Proprio come l’araba fenice ora stava bruciando, per risorgere dalle sue ceneri. Per distruggere il dragone. Venezia la sua destinazione.

La salvezza del mondo il suo destino.

 

Arrivarono a Venezia una settimana più tardi. Normalmente il viaggio non richiede più di cinque/sei ore di macchina, ma avevano preferito muoversi defilate, rimanendo nascoste e prendendo strade alternative. Dovevano depistare eventuali inseguitori, non alzare un cartello con la scritta ‘Stiamo andando a Venezia per farvi il *censura*!’. Dopo essersi cambiate, fortunatamente Marta aveva con se il portafogli, mettendo si qualcosa di più comodo, avevano acquistato due zaini e l’occorrente per il campeggio, mettendosi in marcia a piedi. Avevano sempre dormito all’aperto, in sacco a pelo, lontano da occhi discreti.

Così, dopo un viaggio tutt’altro che facile, erano riuscite ad arrivare a Venezia.

Ora il problema era trovare la base segreta, Rafai non aveva dato spiegazioni a riguardo.

“Prova a guardare sul lasciapassare, magari c’è qualche indizio.†Disse Marta piena di speranza.

L’amica tirò immediatamente fuori il lasciapassare, mentre arrivavano in piazzale Roma. Erano giunte a Venezia. Sul lasciapassare non c’erano simboli particolari, ma sembrava facesse parte di un qualcosa di più grande, quasi fosse il tassello di un puzzle.  

“Dobbiamo cercare i simboli tipici veneziani e vedere se questo si incastra da qualche parte.†Disse Erika sicura che quella fosse la strada giusta.

“Il primo simbolo che mi viene in mente è il Leone alato, simbolo della serenissima da centinaia di anni.†Rispose la rossa.

“Bene, allora andiamo in piazza San Marco.â€

Così si incamminarono, inserendosi come per magia in quelle mandrie di turisti che occupavano le strade della splendida città  lagunare e che, bene o male, andavano tutti a piazza San Marco.

Fu un’esperienza divertente, essere trascinati dalla folla, facendosi due risate, essendo disperate per qualche minuto, dopo settimane di continua tensione. E i turisti non fallirono, portandole all’ingresso della piazza. Attraversare il Canal Grande aveva dato loro una visione bellissima di Venezia, facendole immergere completamente nell’atmosfera locale, gondole, vaporetti, taxi d’acqua, ma tutta la meraviglia provata in quel momento era nulla. La visione della basilica e dell’altissimo campanile le lasciarono a bocca aperta.

Venezia era davvero una perla, una delle più belle del mondo.

Tuttavia non avevano tempo per fermarsi ad ammirare la magnificenza della basilica, baciata lateralmente dai raggi del Sole che faceva risplendere il leone alato dorato simbolo della città . Uno spettacolo che migliaia di persone al giorno vedevano e di cui tutti rimanevano a bocca aperta. Tuttavia, esaminando più da vicino l’animale, capirono che non poteva essere il loro ingresso.

Andarono allora verso le colonne di Barattiero con in cima il Leone alato e San Teodoro. Altissime erano quasi impossibili da vedere ad occhio nudo, eppure il grande animale sembrava osservarle.

“Potrebbe essere quel leone,, sembra quasi ci stia osservando? Che ne dici?†Iniziò Erika.

“Dico di provare, cosa abbiamo da perdere?â€

“Ok, provare… Ma come?â€

“Io direi di vedere se riesce a combaciare con una parte della statua, tentar non nuoce.â€

“Proviamo, anche se non ho idea di come fare a controllare da questa distanza.â€

Erika tirò fuori titubante il lasciapassare, ponendoselo davanti agli occhi, cercando di inquadrare il Leone.

“Ehi, lowers the mirror!†Urlò un turista straniero.

Lowers the mirror? Abbassa lo specchio! Vuoi vedere che il lasciapassare sia riflettente?

Provò subito. Sì, riflette la luce!

Il leone! Sembrava guardarci, che sia lì che devo puntare la luce?

Così provò, non avevano niente da perdere e posizionò la luce sul muso dell’animale. Niente.

Forse dovrei provare l’occhio.

Intanto la sua amica, con un cannocchiale preso in prestito le dava le indicazioni su come spostare la luce.

L’occhio. Non appena l’animale fu colpito in quel punto una luce rossa, quasi impercettibile arrivò al foglio.

L’occhio era stato avvolto in una pellicola trasparente, fatta di un materiale catarifrangente, n modo che la luce venisse rispedita al mittente. La pellicola era speciale, infatti assorbiva alcune tonalità  della luce, rilasciando soltanto quelle necessarie a sbloccare una scritta sul lasciapassare.

La scritta recitava: “Basilica. San Marco. Pala d’oro.  Mani. Maria. Premere.â€

“Adesso sappiamo dove andare e cosa fare. Dobbiamo solo far evacuare la chiesa, o distrarre le persone in modo che non ci notino.â€

“Erika, non ci converrebbe tornare stanotte?â€

“Va bene, ma non ce ne andremo, entreremo e poi ci nasconderemo. Sarebbe troppo complicato entrare di notte.â€

“Come vuoi, prima però mangiamo qualcosa.â€

Così si rifocillarono, facendo tutto quello di cui avevano bisogno, poi si diressero verso la basilica.

Il quartier generale dei Liberatori li stava spettando.

 

Entrare non era stato difficile, mischiarsi ai turisti in una città  come Venezia era la cosa più semplice che ci potesse essere. Non era stato nemmeno difficile trovare un posto in cui passare inosservati, in una chiesa così grande non era un problema. Ora era notte, nessuno si aggirava per San Marco da un bel pezzo.

Uscirono dal loro nascondiglio e si avviarono di fronte alla Pala d’Oro quando ad entrambe venne un dubbio gigantesco. Il passaggio segreto avrebbe funzionato anche con la copia, visto che l’originale veniva esposto solo a Pasqua?

Non le restava che provare, e così fecero. Appoggiarono le mani su quelle di Maria, esercitando una leggera pressione. Il pavimento iniziò a tremare, fino a quando, sotto alla Pala si aprì una botola. Delle scale in metallo scendevano verticalmente per decine metri. Un passo falso e si sarebbero sfracellate.

Tuttavia doveva farlo, per Rafai, per James, per Marta, per la sua vita.

Così si fece coraggio e cominciò a scendere. Non appena anche Marta fu passata la botola si chiuse, lasciandole nel buio più completo. Non potendo più tornare indietro proseguirono, scendendo scale per una buona mezz’ora. Ovunque stessero andando era molto in profondità .

Alla fine arrivarono davanti ad una gigantesca porta di metallo azzurrino, con un rilevatore magnetico sul fianco destro. Come aveva fatto James nel rifugio milanese, passò il badge che le era stato dato davanti al sensore, facendo spalancare l’immensa porta.

Quello che si presentò loro davanti era fuori da ogni immaginazione. Migliaia di morti occupavano i corridoi, a quanto sembrava anche il rifugio principale era stato attaccato. Erano arrivate tardi.

Sentirono delle urla provenire da poco più avanti, che ci fosse qualche sopravvissuto?

Corsero per i corridoi metallici alla ricerca dell’origine del suono, fino a quando si trovarono di fronte ad un vicolo ceco. Potevano chiaramente sentire la persona gridare aiuto ma non avevano possibilità  di raggiungerla.

“Ehi, tu! Siamo qui per aiutarti! Dicci cosa dobbiamo fare per venire da te!â€

Era stata Marta a parlare. E la voce dall’altra parte non tardò a rispondere.

“Chi siete? Amici o nemici?â€

“Amici, veniamo dal rifugio milanese, ci manda Rafai Renji in persona. Quel rifugio è caduto, probabilmente siamo le uniche superstiti.â€

La porta si spalancò rivelando un uomo in piena salute, molti uomini in piena salute, all’interno di una sala computer da cui si poteva controllare tutta la base.

Una comunicazione risuonò all’interno dei corridoi: “Ragazzi, potete tornare operativi, sono alleati. Pericolo cessato. Ripeto: pericolo cessato, tornare tutti operativi.â€

“Noi non capiamo…â€

“Buongiorno ragazze – si fece avanti l’autore delle urla – sono il comandante in carica, Riccardo Vannari. Piacere di fare la vostra conoscenza.â€

L’uomo che aveva parlato era alto, robusto, un soldato a tutti gli effetti. Capelli neri rasati e occhi rosso sangue. Indossava una tuta nera, mimetica, ma anche lui non portava armi.

“Piacere nostro comandante – disse Erika – Ora ci può spiegare cosa stava succedendo?â€

“Certamente. Vedete, l’altro giorno ci è arrivato un messaggio dal rifugio milanese, dove ci avvertivano del vostro arrivo e del fatto che erano stati attaccati. È stato anche l’ultimo messaggio che abbiamo ricevuto. Tuttavia l’esperto informatico ci ha avvertito del fatto che il messaggio fosse stato hackerato, permettendo così ai nostri nemici di scoprire la posizione di questo rifugio. Per questo siamo pronti ad un attacco nemico ventiquattrore su ventiquattro e quella che avete visto in atto è una procedura di emergenza. In sostanza tutti si fingono morti così, una volta appurata la minaccia, il nemico non si aspetterebbe un attacco a sorpresa. È una misura subdola ed estrema ma dopo quello che è successo a Milano siamo pronti a tutto pur di sopravvivere.â€

“Scusi comandante Vannari, come avete capito che non eravamo nemici?†Si intromise Marta, pallida in volto, quasi stesse male.

“La sua amica ha fatto il nome del nostro capo. Nome che conosciamo solo io e James, il suo maggiordomo personale. Spero stiano entrambi bene. Gli altri lo conoscono solo come il Liberatore, titolo che passa di comandante in comandante.â€

“Purtroppo James è morto per permettere a noi di scappare…†Lo informò Erika.

“Peccato, era un uomo in gamba, ma se è morto combattendo ha esaudito il suo desiderio.†Rispose l’omone sorridendo con gli occhi inumiditi.

“Comandante, Rafai mi ha lasciato un compito…â€

“So già  tutto signorina Poolers, infatti da ora in avanti io non sarò più il comandante in carica, quel titolo spetta a lei in quanto Liberatore. E mi dia pure del tuâ€

“Va bene, Riccardo. Ma io non ho idea di cosa devo fare, non sono un capo, non mi intendo di guerra.â€

“Lo so, per questo da domani io e lei ci alleneremo tutti i giorni. Riposatevi ora, domani vi aspetta una dura giornata.†Disse il comandante congedandosi.

Una volta allontanato si rivolse ad una recluta, intimandole di portare il Liberatore e la sua amica nelle loro stanze il prima possibile. E per Riccardo Vannari il prima possibile voleva dire subito e la recluta lo sapeva benissimo.

“Signora, è un piacere per me guidarvi fino alla vostra stanza. Prego, se lei e la sua amica poteste seguirmi vi indicherò dove si trovano.â€

E così fece. Lungo il tragitto Erika non poté fare a meno di pensare a quanto straordinaria sarebbe diventata la sua vita. Dalla mattina successiva avrebbe comandato i Liberatori. Dalla mattina successiva si sarebbe allenata. Dalla mattina successiva avrebbe cambiato il mondo.

 

Non immaginava certo che dalla mattina successiva avrebbe dovuto iniziare a fare le flessioni, decisamente si aspettava un’istruzione più tattica, anche se il termine usato dal comandante ‘allenamento’ , avrebbe dovuto farle capire qualcosa.

La sorpresa iniziale fu l’orario di sveglia, 5:35 del mattino, quando anche il gallo stava continuando a dormire beato. Tuttavia Vannari aveva insistito perché affrontassero lo stesso addestramento delle reclute, con la sola differenza che le avrebbe allenate lui personalmente.

Dopo svariate ore di esercizi fisici quell’omone disse che poteva  bastare, allora Erika, mentre ne approfittava per riprendere energie fece all’ex-comandante una domanda che le ronzava per la testa dal giorno della fuga.

“Riccardo, –  esordì – avrei una cosa da chiedervi se posso?â€

“Certo, Erika dimmi pure.†Rispose quello disponibile.

“Vedi, quando stavamo fuggendo ho visto qualcosa di strano. L’assassino di James non ha utilizzato alcuna arma, è come se avesse solidificato un blocco d’aria, indirizzandolo a tutta forza contro la testa del poveretto. Inoltre non ho visto armi al fianco dei tuoi soldato, così come non ce n’erano al fianco di quelli di Rafai. Cosa significa? Sapete anche voi fare quella cosa? E che cos’è esattamente?â€

“Posso rispondere facilmente solo ad una di queste domande. È vero, i nostri soldati sono in grado di effettuare le stesse mosse dei Guardiani. Per il resto dovrà  aspettare, in genere una recluta impiega anni di addestramento prima di riuscire a capire il meccanismo dietro a tale atto e quindi a poterlo ripetere.â€

“Non abbiamo tutto questo tempo, lo sai vero?â€

“Sono migliaia di anni che combattiamo, il tempo è l’unica cosa che non ci manca.â€

“La base di Milano è stata distrutta, credi che non arriveranno anche qui?â€

“Milano aveva le difese fuori uso, per questo è stata attaccata, le altre basi sono operative e perfettamente al sicuro. Per questa mattina abbiamo finito, si vada a riposare.â€

Il comandante era stato freddo, evasivo e ad Erika questo non era piaciuto per niente. 


Il primo mese era passato tra allenamenti e lezioni tattiche, ormai sapeva come muovere i soldati e dove farli intervenire. La sala computer era ormai diventata la sua casa e questo l’aveva allontanata dalla sua amica. Non sapeva nemmeno dove si trovasse in quel momento, ma di certo non poteva lasciarsi distrarre, i guardiano stavano cercando di uccidere un ragazzino di quindici anni ed era suo compito dare gli ordini alla squadra che sarebbe intervenuta da li a poco.

“Squadra alfa, mi senti?â€
“Forte e chiaro, Liberatore.â€

“La situazione com’è?â€

“Il ragazzo è solo in casa, al suo interno ci sono tre guardiani, uno porta l’anello.â€

“Descrivi l’abitazione.â€

“Villetta bifamiliare su due piani, il ragazzo si trova nella sua stanza al piano superiore, i guardiani sono in salotto.â€

“Abbiamo il satellite?†Fece rivolta ad una donna seduta sul computer davanti a dove si trovava lei.

Detto fatto, sul grande schermo al centro della sala era apparsa un’immagine satellitare dell’abitazione.

“Infrarossi.†E quella eseguì.

“Squadrone alfa, dividetevi, due sul retro, due sulla porta principale ed un cecchino che tenga sotto tiro la stanza del ragazzo. Deve essere pronto ad intervenire in caso di necessità .â€

La squadra obbedì agli ordini e si mosse all’istante. Purtroppo guardiani all’interno arrivarono dal ragazzo.

Non potevano aspettare oltre.

“Jameson! Lo faccia!†Urlò rivolta al cecchino.

Quello stese indice medio e anulare. Tre dita per tre bersagli. E sganciò il colpo. Quello viaggiò alla velocità  della luce, perforando le finestre e i crani dei tre guardiani. Il ragazzino cominciò ad urlare per poi perdere i sensi non appena gli altri quattro membri dello squadrone alfa fecero irruzione nella stanza.

Ora quel ragazzo sarebbe stato portato alla base più vicina, iniziandone l’addestramento per entrare a far parte dei Liberatori della Vita. Per lui sarebbe stato impossibile continuare con l’esistenza precedente, in quanto i guardiani avrebbero mandato un’altra squadra. E un’altra ancora.

“Capitano, – disse rivolgendosi al comandante dello squadrone – i corpi. Ci sono?â€

“Mi spiace Signore, sono spariti, come sempre del resto.â€

In quel mese aveva imparato che il prezzo per le abilità  che i soldati acquisivano era la scomparsa del proprio corpo. Sparito volatilizzato. Ed una sorte altrettanto  brutta toccava ai guardiani.

“Non importa capitano. Ottimo lavoro, rientrate pure.â€

“Sì, signore!â€

 

Era davvero molto stanca quando rientrò nella sua stanza a notte fonda dopo altre due missioni, fortunatamente entrambe riuscite. I soldati erano molto contenti, da quando c’era lei al comando, le morti erano diminuite drasticamente, facendo pendere l’ago della bilancia a favore dei Liberatori.

La sua stanza era molto simile al grande salone in cui aveva conosciuto Rafai, anche se sembrava fosse stato risistemato in occasione del suo arrivo.

Accesa la luce, vide che Marta era lì ad aspettarla.

“Marta, finalmente, si può sapere dove fossi finita?â€

“Dobbiamo andarcene.†Rispose secca l’altra.

“Mi spieghi perché? Io qua sto facendo il volere di Rafai, non posso andarmene.â€

“Rafai è morto, noi no. Perché dobbiamo combattere una guerra che non ci appartiene?â€

“Ti sbagli! Questa è la nostra guerra dal momento in cui tu hai visto l’assassinio di Marco!â€

“Così adesso sarebbe colpa mia?!â€

“Non sto dicendo questo, lo sai bene, sto solo dicendo che ormai siamo in ballo. Se ce ne andiamo non sopravvivremo.â€

“E allora? Credi che preferirei vivere qui in eterno senza di te? Non potendoti mai vedere? O vivere anche solo cinque minuti ma insieme. Unite! Cuore a cuore.“

“Non capisci il punto…â€

“Sì che lo capisco. E forse anche meglio di te. È delle nostre vite che stiamo parlando. Io non posso vederti vivere così. Non è vita questa.â€

“Ma devo farlo…â€

“Per chi? Per una persona che ti ha rapito, ti ha sedotto e poi è morta?â€
“Non dire così…â€

“Io ti amo! Da sempre, ma non posso continuare a vedere che ti uccidi, perché è questo che stai facendo. Vieni via con me:†Concluse Marta scoppiando in lacrime.

La rivelazione la colpì, dritta al punto più doloroso, dritta al suo fianco scoperto, dritta al cuore. Non si sarebbe mai immaginata che Marta potesse provare un simile sentimento per lei e la cosa la lasciava senza parole.

Eppure, nonostante la sorpresa iniziale, capì che dentro di lei un sentimento analogo c’era sempre stato. I giapponesi credono nel filo rosso del destino e loro, che vi si erano attorcigliate dentro non avevano saputo riconoscerlo. Lui, indissolubile le aveva tenute unite fin da quando erano nate.

Quando questa convinzione prese il sopravvento non poté fare altro che correre da lei ed abbracciarla, stringerla forte come fa il più dolce degli amanti, e sussurrarle all’infinito un piccolo, grande “Ti amoâ€.

 

Quella notte si amarono per la prima volta. Le sensazioni che entrambe arrivarono a provare erano nuove, diverse, ma non per questo meno forti o profonde.

La mattina dopo però il problema rimaneva, andare o restare?

Erika si stava arrovellando il cervello mentre osservava le rosee aureole che completavano il seno della sua amica nuda mentre questo andava su e giù, mettendo in risalto il battito tranquillo del cuore sottostante.

Marta era in pace, per la prima volta da molto tempo, e Erika ne era felice.

La baciò delicatamente sulla fronte, per dopo alzarsi e coprirla con il lenzuolo. Quando finalmente si fu vestita e stava per uscire, mentre era sulla porta, sentì la voce del suo nuovo amore chiamare il suo nome.

“Erika…†Disse quella sbadigliando.

“Dimmi.â€
“Dove stai andando? – poi continuò, dopo aver visto la sua espressione – Non hai intenzione di partire, vero?â€

“Partiremo, ma non ora. Prima dobbiamo riuscire a imparare alcune tecniche di autodifesa. Oggi insisterò con Vannari perché ce le insegni il prima possibile.â€

“Va bene, ti aspetterò qui allora. Per riprendere stasera da dove abbiamo interrotto.†Concluse ammaliante la rossa, mandandole un bacio e voltandosi dall’altra parte a dormire.

Erika sorrise, vivere in un’atmosfera simile non avrebbe potuto far altro che giovarle.

 

Il tempo da quel momento cominciò a scorrere più velocemente. Le giornate, piene di missioni, piene di morti, piene di sacrifici, si concludevano con il ritorno nel letto, dove l’attendeva una Marta sempre desiderosa di far vivere il loro amore. E lei qui rinasceva, la stanchezza della giornata le scivolava via, ad ogni gemito, ad ogni urlò di piacere che lanciava. La sua vita era rinata e, dopo un altro mese di attesa, dopo un mese da quella fatidica prima volta, Riccardo accettò di insegnare a lei e alla sua amica, perché questo era agli occhi di tutti, i movimenti d’aria, così come li aveva chiamati il comandante.

Ora si trovava nella stanza adibita a tale allenamento e Vannari si accingeva a spiegarle il meccanismo.

“Si tratta di un potere, – iniziò l’omone – che si trova all’interno di noi da migliaia di anni. Questo potere millenario ha però bisogno di essere risvegliato e non tutti sono in grado di farlo.

Per prima cosa è necessario avere un’ottima preparazione fisica, l’utilizzo di questo potere è molto stancante e, se non ci si prepara adeguatamente, si potrebbero anche perdere i sensi. Ma passiamo alla parte più tecnica. L’aria, così come tutto il mondo che ci circonda, è formata da particolari elementi chimici. L’unione di questi elementi, in particolare ossigeno e carbonio, permette di solidificare l’aria. Sostanzialmente, noi comprimiamo la materia davanti a noi, convogliando grazie ad un controllo dell’elettromagnetismo del nostro corpo, le particelle di carbonio in un unico punto. Il carbonio attrae a sé l’ossigeno, che lo scherma dagli altri elementi, permettendoci di spedirlo0 a grande velocità , semplicemente cambiando la nostra carica elettrica.â€

“Ma com’è possibile tutto ciò?†Chiesero all’unisono, incredule per ciò che avevano appena sentito.

“Alcune branche della medicina si sono soffermate sullo studio dell’elettromagnetismo all’interno del corpo umano, in particolare controllando se questi impulsi viaggiano senza intoppi nel corpo umano.â€

“Nel caso che si trovi un ‘problema di comunicazione’ si passerà  ad individuare la sostanza che causa tale disturbo. Individuata a sua volta tale sostanza, si passerà  ad assegnare, nella maggior parte dei casi, una cura a base di ormoni, o comunque stimolatori di questi ultimi. Questo fa sì che il campo elettromagnetico torni nella norma. In poche parole la medicina permette di modificare la questi impulsi. Fin qua avete capito?â€

“Sì, non sembra niente di troppo complicato ma come si può applicare questo metodo senza l’utilizzo di medicinali?â€

“Gli antichi egizi avevano la risposta alla tua domanda. Come sapete erano brillanti nel campo della medicina, e anche loro si erano accorti della possibilità  che si verificasse questo cambiamento. Una volta capito, non poterono fare a meno di notare che, una volta terminato l’effetto del farmaco il campo elettromagnetico non tornasse più quello di prima.

“I meccanismi che applicarono all’epoca non sono nelle mie conoscenze, in effetti solo Rafai conosceva il metodo preciso usato dai maghi dell’epoca. In compenso, qualunque fosse, oggi è molto più semplice. Grazie ai moderni sistemi di Biofeedback possiamo allenare la nostra mente, fino ad ottenerne il controllo. Una volta ottenuto, possiamo governare la produzione di ormoni, aventi origine nell’ipotalamo. Per una reazione a catena, e dopo molto esercizio possiamo arrivare a fare questo.â€

Dopo aver detto queste ultime parole alzò la mano, puntandola su uno dei manichini all’interno della stanza. Fu una questione di pochi secondi e poi un blocco d’aria parti dalle sue mani, facendo un buco grande quanto un pugno nel petto del manichino.

Vannari si girò verso le due ragazze, aspettandosi di vedere due persone sorprese. Si sbagliava, davanti a lui la determinazione si era incarnata in quelle due giovani.

Una sola frase, diretta, decisa, uscita all’unisono.

“Ce lo insegni!â€

 

Non fu facile, ma alla fine, dopo mesi e mesi di allenamento, ce la fecero: entrambe appresero i movimenti d’aria. Era passato quasi un anno dall’inizio della loro avventura, e la sua casa le sembrava ormai un lontano ricordo. Marta non poteva fare a meno di ricordarle, quasi ogni giorno, ormai era diventato il modo in cui iniziavano la giornata, la promessa che le aveva fatto tanto tempo fa: quella di andarsene da quel posto e smetterla con tutte quelle morti.

Anche quella mattina gliel’aveva chiesto e, finalmente, aveva potuto risponderle che presto se ne sarebbero andate, solo il tempo di perfezionare i movimenti. Questioni di pochi giorni.

Stava percorrendo il corridoi, direzione sala di comando, quando l’allarme cominciò a suona4re: li stavano attaccando!

Era la prima volta che succedeva da quando erano arrivate, la prima volta da Milano, ma non poteva decisamente farla finire nello stesso modo.

Si diresse di corsa verso la sala di comando, il suo posto era là , a dirigere le operazioni, ad affondare con la sua nave se necessario. Quando arrivò il comandante Vannari stava già  urlando direttive a destra e a manca, pretendendo che gli uomini eseguissero all’istante. Ne andava delle loro vite, non poteva essere altrimenti. Quando la vide le fece cenno di mettersi al suo fianco e cominciare a dare comandi.

Stavano perdendo, i monitor si offuscavano uno dopo l’altro. Urla di dolore riempivano la base sotterranea.

“Comandante! Sono quasi arrivati a noi.†Fece una ragazza seduta davanti ad uno dei tanti computer.

“Mantenete la calma! Ordinate a tutti i soldati di convergere, non devono prendere la cittadella per nessuna ragione al mondo, se dovessero addirittura arrivare alla sala di comando sarebbe la fine! Mi metta in contatto audio con tutta la base:â€

Una donna anziana smanettò un attimo al computer, per poi rivolgersi a lui e dire: “Fatto, siete in diretta.â€

“Guardiani del Drago ascoltatemi! I Liberatori stanno per vincere! Non glielo dobbiamo permettere! Combattete per il mondo! Per i vostri cari! Per il Vostro futuro! Ma fermate quei bastardi!â€

Guardiani del drago?! Ma come poteva essere? Che le avessero ingannate per tutto quel tempo?

Prima che potesse reagire in qualsiasi modo, si spensero tutti i monitor nella sala.

“Merda!†Ringhiò tra i denti il comandante.

Un colpo arrivò qualche secondo dopo alla porta. Sordo. D’aria. Un altro, questa volta più forte.

Al terzo la porta crollò alzando un polverone. Quando la polvere si diradò la figura di un uomo si fece avanti.

“R-R-Rafai…†Fece Erika incredula, vedendo entrare proprio la persona che un anno prima le aveva affidato quel pesante incarico.

Non ci fu tempo per essere sorpresi, non ci fu tempo per pensare. Non ci fu tempo per niente, perché un muscolosissimo comandante Vannari la prese, tenendola stretta a sé, puntandole un ammasso d’aria alla tempia. Ora era un ostaggio.

Urlò, fu inutile. Era come se lei non centrasse niente, come se in quel duello si fosse semplicemente trovata al posto sbagliato nel momento sbagliato.

“Lasciala, brutto pezzo di *censura*!†Iniziò un Rafai vivo e vegeto.

“Modera il tono, Rafai, o vuoi che alla tua amichetta succeda qualcosa di brutto?â€

“Non oseresti, sai bene che se lo fai la tua testa salterà . I tuoi capi non accetteranno un affronto simile.â€

“A me serve il corpo, basta che glielo porti prima che si putrefaccia. Poi abbiamo sempre l’altra.â€

“Sai bene che per il rituale ti servono entrambe.â€

Rituale?! Di che stanno parlando. Pensò Erika, sempre più spaventata e confusa.

“Non m’importa! Meglio morta, che rinasca pure, ci arriveremo prima noi di voi, lo sai.â€

“Tu non le torcerai un capello.â€

“Io farò tutto ciò che è in mio potere per far sì che non fugga, per far sì che non  viva al di fuori del mio controllo. Non posso lasciare che ciò accada.â€

Intanto il resto delle persone all’interno della stanza rimanevano ammutolite, immobili, mentre osservavano questo titanico scontro di parole, nell’attesa che due grandissimi nemici passassero ai fatti. Eppure aspettavano, aspettavano per una riccia corvina con un cuore sul braccio.

Degli uomini arrivarono e dalla reazione di Rafai Erika capì che non erano suoi alleati. Non poteva lasciare che lui morisse per lei, non poteva permetterlo.

Con tutte le sue forze riuscì ad urlare, attirando a sé tutta l’attenzione dei presenti: “Vattene! Scappa! Mettiti in salvo!â€

Con l’attenzione di tutti rivolta ad un’urlante Erika, nessuno si accorse di Marta che sgattaiolò all’interno della stanza, nascondendosi dietro ad un grosso computer.

La rossa sapeva bene di non poter competere con il comandante in combattimento però avrebbe potuto fungere da ottimo diversivo, permettendo così a Rafai di attaccare il nemico.

Muovendosi di computer in computer e, uccidendo nel frattempo chiunque si accorgesse della sua presenza con un proiettile d’aria in testa, assicurandosi poi che i corpi sparissero disciogliendosi, arrivò alle spalle di Vannari.

Nel frattempo Erika non aveva smesso un attimo di urlare, coprendo così i suoi omicidi e permettendole di caricare una grossa massa d’aria.

Partì alla carica lanciando quel grosso agglomerato letale verso la testa del comandante nemico. Tuttavia aveva sottovalutato il suo avversario che sentì lo sfrigolio provocato dall’aria subito prima che venisse lanciato. Per evitare che il proiettile raggiungesse la sua testa, nel giro di un attimo, lanciò Erika addosso a Marta, facendo così cambiare direzione al colpo che quest’ultima stava per lanciare. Il colpo si diresse verso Rafai, caricandolo con una forza inimmaginabile. Il Liberatore però aveva l’esperienza necessaria per creare uno scudo d’aria che lo proteggesse abbastanza in fretta. Purtroppo questo non basto ad assorbire completamente il colpo che lo fece volare diversi metri indietro nel corridoi.

I Soldati subito fuori della porta si affrettarono a soccorrere il loro comandante, entrando così in sala di comando. Diventando così dei bersagli.

Mentre erano a terra, i corpi delle due ragazze si toccarono, facendo entrare in contatto anche i cuori.

Quando questo accadde, come era solito succedere loro, una sensazione di pace e tranquillità  le pervase. Il rilassamento fu talmente grande da farle addormentare. Il mondo divenne per loro tutto nero.

 

Quando Erika riprese i sensi si trovava su di un lettino da pronto soccorso, attaccata ad una flebo che lesse essere della semplice soluzione salina, probabilmente per ridarle energia. Su un lettino alla sua destra c’era una Marta priva di sensi, anche lei con una flebo al braccio. Aveva anche dei punti sulla fronte, evidentemente doveva essersi ferita quando le era volata addosso.

Alla sua sinistra, invece, c’era un addormentato Rafai, con i capelli neri tutti arruffati ed un’aria davvero stanca. Lo trovava così carino, un cucciolo che vegliava su di lei. Ma sapeva bene che non era un cucciolo, anzi era uno dei più potenti esseri umani al mondo. E il fatto che fosse lì al suo fianco lo dimostrava.

Doveva aver sconfitto tutti i nemici da solo, solo per salvare lei. Solo per impedire che venisse sacrificata ad un certo rituale. Ancora le sembrava strano essere stata ingannata per tutto questo tempo.

Ora aveva bisogno di sapere, di sentire per una volta, tutta la verità .

“Rafai, sveglia†Disse il più dolcemente possibile.

Quello stancamente aprì gli occhi, come fanno i bambini quando i genitori li chiamano perché è arrivata l’ora di andare a scuola.

“Oh, Erika, – disse sorridendo – finalmente hai ripreso i sensi.â€

Finalmente?! Per quanto ho dormito? Pensò lei stranita.

Lui, quasi le avesse letto nella mente, e lei non lo avrebbe escluso a priori, le spiegò: “Hai, avete, dormito per una settimana. Evidentemente il vostro corpo aveva bisogno di recuperare.â€

“Com’è possibile? Non ha importanza. Dimmi, invece, cosa è successo alla base?â€

â€œÈ esploso tutto. In un primo momento ho pensato che Venezia sarebbe finita sott’acqua ma fortunatamente non è successo.â€

“Esploso tutto? Sei stato tu? E i nemici, che fine hanno fatto? E come hai fatto a tirarci fuori di lì?â€

“Una domanda alla volta, amore mio.†Rispose accarezzandole dolcemente il viso.

Amore mio, quelle parole le smossero qualcosa dentro, una grandissima confusione si faceva strada dentro di lei, divorandola a poco a poco. Chi amava? Era possibile provare questo forte sentimento per due persone? Per un uomo ed una donna contemporaneamente? Non sapeva con certezza la risposta a questa domanda, sapeva però che il sentimento provato per Rafai era diverso da quello che la teneva unita a Marta. Sperando che la rossa avrebbe capito disse: “Anch’io ti amo. Ma raccontami tutto dall’inizio. E che sia la verità  questa volta. Mi hanno già  mentito per troppo tempo.â€

“Sarà  bene svegliare anche Marta, questo è un discorso abbastanza lungo e doloroso, non so se riuscirei ad affrontarlo due volte, e non posso chiedere a te di raccontarle quello che ti sto per dire.â€

Detto questo, si alzò ed andò a svegliare dolcemente la bella ragazza addormentata nel letto affianco.

La rossa in un primo momento non volle saperne, ma sentendo poi che anche Erika la stava chiamando, scattò seduta, provocandosi un leggero giramento di testa.

“Dove ci troviamo?†Chiese cercando di riprendere il controllo del suo corpo.

“Siamo su un dirigibile. – iniziò a spiegare Rafai – stiamo sorvolando il Qatar in questo momento.â€

“E da quanto siamo in volo?†Chiese la neosveglia.

“Da circa una settimana. Atterriamo solo il tempo necessario per fare rifornimento. Da quando la loro base di Venezia è stata distrutta il Quartier generale dei Dragoni ci da la caccia. Il loro stesso Gran Maestro è sulle nostre tracce. A terra saremo dei bersagli troppo facili da rintracciare.â€

“Cosa è successo a Venezia?†Domandò anche Marta.

“Bene, credo sia giunto il momento di spiegarvi il perché del vostro coinvolgimento in questa guerra.â€

“Molti millenni fa, – continuò – all’epoca dei faraoni, un potere antico quanto l’umanità  stessa si era risvegliato. Non parliamo di qualche divinità  egizia, no. Il mostro di cui io sto parlando è Jà¶rmungandr, altresì conosciuto come Mià°garà°sormr, la Serpe di Mià°garà°. La mitologia norrena narra che questo gigantesco serpente, capace di avvolgere il mondo intero, sia nato da Loki, dio del caos, e Angrboà°a, gigantessa il cui nome significa “Presagio di maleâ€. La sua venuta sta ad indicare la fine del mondo così come lo conosciamo, quindi i sacerdoti egiziani, che lo avevano scambiato per un drago, lo rinchiusero in una cella spazio-temporale. Le magie che erano in grado di fare non sono nemmeno lontanamente raggiungibili dalla scienza odierna. Per farlo usarono i movimenti d’aria, creando così un muro da cui non poteva scappare, fino a spingerlo nel portale da loro aperto. I cinque sacerdoti che riuscirono nell’impresa presero il nome di Guardiani del drago, prefiggendosi come obbiettivo l’addestramento di discepoli che avessero in un futuro lontano, rispedito il serpente nella sua dimensione.â€

“Ma quindi il serpente sarebbe potuto fuggire?â€

“Sì, purtroppo tutte le cose hanno un punto debole e Jà¶rmungandr aveva l’eternità  per trovarlo. E alla fine ci è riuscito. Naturalmente i sacerdoti, creatori di quella dimensione, sapevano bene qual’era questo punto debole, per questo uccidono tutte le persone che potrebbero portare al ritorno del Serpente. Infatti solo due esseri umani possono annullare la gabbia del figlio di Loki, facendo precipitare il mondo nel caos.â€

“Uno di quei cinque Guardiani però non era d’accordo nel togliere così tante vite, solo per il dubbio che un giorno quel malefico serpente avesse trovato il modo di uscire, quindi abbandonò il gruppo. Conscio di non poter combattere da solo contro i suoi ex-compagni, decise di prendere da loro spunto ed iniziò ad addestrare degli adepti, il più delle volte quelle stesse persone che riusciva a salvare dalle grinfie dei sacerdoti. Fortunatamente fino ad oggi l’antico potere del serpente non aveva mai fatto la sua comparsa.â€

“Quindi tu sei l’ultimo capo della setta derivata da quel Guardiano che fuggì?â€

Rafai annuì alla domanda di Erika.

“E questi segni, quali sono?â€

“Il primo è la nascita di due persone dello stesso sesso, nello stesso luogo e nello stesso momento.â€

Erika e Marta impallidirono, non gli piaceva dove stava andando a parare il discorso.

“Il secondo segno è la comparsa, all’età  di cinque anni di due cuori, uno per persona, sul corpo dei due nati.â€

Deglutirono, sperando che ci fosse un terzo segno, qualcosa che le liberasse da quell’immenso fardello, pur sapendo che ciò non sarebbe accaduto.

“Il terzo e più importante segno – disse sospirando Rafai, come se per lui fosse doloroso ammetterlo – è la scomparsa dei genitori, con l’inizio di alcuni vuoti di memoria da parte dei due soggetti.â€

Bum, colpo di grazia. Erano loro, non poteva essere altrimenti. Ecco perché i Guardiani le volevano tenere sotto controllo, ecco perché avevano parlato di uno strano rituale. Però ad Erika tutto questo non bastava, voleva saperne di più.

“Rafai, – esordì, raccogliendo tutte le forze che le erano rimaste – in che modo sono scomparsi i nostri genitori? E perché dovrebbe essere il terzo segno di comparsa del serpente?â€

Lo guardò negli occhi, in attesa di quella risposta che avrebbe distrutto o salvato le loro vite. Luì non riuscì a reggere lo sguardo di lei. Uno sguardo così pieno di speranza, nell’attesa che lui la salvasse, ma lui questa volta non poteva salvarla. Lacrime cominciarono a sgorgare dagli argentei occhi del ragazzo.

Lacrime gli entrarono in bocca mentre iniziava il discorso più difficile della sua vita.

“Li avete uccisi i voi.†Gli uscì in quel modo barbaro ma, forse, non c’era un modo delicato di dire certe cose. Non tutto si può abbellire con le parole. A volte la verità  è schifosa, e basta.

Marta scoppio a piangere, Erika rimase incredula con gli occhi spalancati, sembrava che una spada l’avesse infilzata.

“C-c-come? Come li abbiamo uccisi?†Riuscì a dire.

“Quando i due cuori entrano in contatto in una situazione di grande emozione, il serpente riesce a prendere il soppravvento su di voi, scatenando una gigantesca esplosione. Diventate una sorta di bomba. Questo si attiva solo se ci sono delle persone a voi care nelle vicinanze. Quel mostro è il male e il suo scopo è lasciarvi sole, perché se sole e disperate doveste far toccare i cuori, lui potrebbe risorgere. Purtroppo ciò accadrà  comunque al vostro trentatreesimo compleanno.â€

“Quindi siamo comunque condannate? Il mondo è condannato.â€

“Non necessariamente, è vero, il potere si è risvegliato, forse Jà¶rmungandr verrà  in questo mondo e forse noi moriremo tutti. Ma lo spirito dei Liberatori sta nel proteggere la vita dell’essere umano, qualunque essa sia. Se dovesse davvero rinascere noi combatteremo, noi fermeremo quel serpente mandandolo all’inferno una volta per tutte. Di sicuro combatteremo per l’umanità  e, anche se servisse a ritardare la sua venuta, di sicuro non vi offriremmo in sacrificio!â€

“Sono belle parole, ma non possiamo vivere in volo per dieci anni. Dobbiamo trovare una soluzione per distruggere i Guardiani.†Disse convinta Erika. Se avesse dovuto vivere solo dieci anni di certo non li avrebbe vissuti da fuggitiva. Avrebbe combattuto per la sua vita, per il diritto di amara e, perché no, di essere madre.

“Speravo lo dicessi. Le nostre truppe sono decimate, in questo anno alla guida dei Guardiani veneziani ci hai massacrato, però siamo più convinti che mai. Loro mi seguiranno in battaglia. Ci seguiranno in battaglia. Sono tutte persone che sono state trascinate via dalla loro realtà  felice, dalle loro vite. Sanno bene che eliminando i Guardiani dalla faccia della terra potranno riprendersele.â€

“Non sarà  facile.†Ammise Marta.

â€œÈ vero, sarà  un’impresa ma come ho già  detto una volta, loro combattono per una causa, non sono niente più che dei fanatici, noi combattiamo per le persone a noi care, per il nostro diritto a stare con loro. Non possiamo assolutamente perdere.â€

“E non perderemo!†Concluse Erika.

“Ora riposate, ne avete ancora bisogno. Quando verrò a svegliarvi finiremo il vostro addestramento e dopo, solo allora, prepareremo l’attacco al Gran Maestro, distrutto lui l’ordine si sgretolerà .â€

Detto questo se ne andò lasciandole ricrollare in un sonno profondo e ristoratore.

 

“Attenta! Para!†Un colpo d’aria si manifestò a pochi centimetri dal viso di Erika, costringendola ad una manovra rotatoria in modo da limitare i danni. Non era riuscita a creare uno scudo efficace in così poco tempo. L’aria però esplose al suo fianco, scaraventandola alcuni metri più in là .

“Maledizione†Disse frustata rialzandosi da terra.

“Marta, complimenti, i tuoi movimenti d’aria sono diventati un qualcosa di spettacolare, non avevo mai visto nessuno imparare così in fretta.â€

“Grazie Rafia, è come se il potere sgorgasse dalle mie braccia, fino a materializzarsi nell’aria a me circostante.â€

“Un talento naturale, non c’è altra spiegazione.†Concluse il moro guardandola con occhi pieni di ammirazione.

Marta in effetti era diventata di un altro livello, arrivando ad avere un controllo di quel potere pari, se non superiore, a quello di Rafai. Mentre Erika faticava a star loro dietro, ma non per questo demordeva.

Finché anche lei non avesse raggiunto il loro livello non avrebbero potuto lanciare l’offensiva definitiva.

“Continuiamo l’allenamento!†Disse Erika, non voleva di certo fermarsi ora.

Erano mesi ormai che si allenava e non avrebbe potuto aspettare ancora per molto.

In questi mesi la sua amica si era allontanata da lei, concentrandosi solo sugli esercizi, il ritorno di Rafai le aveva allontanate, visto che la riccia aveva scelto quell’uomo dagli occhi grigi. E il risultato si era visto.

“Sarò io il tuo avversario questa volta.†Accettò Rafai.

“Marta, tu farai da arbitro†Concluse l’uomo.

I tre presero le rispettive posizioni e, una volta pronti la rossa prese la parola: “3, 2, 1… Cominciate!â€

I due si trovavano agli estremi della stanza ed Erika cominciò ad avanzare correndo. Mani ai lati, lungo i fianchi. Rafai se lo aspettava, una classica mossa per saltare il proprio avversario, facendo pressione sul terreno. Decise di assecondarla, meditando di colpirla nel momento in cui gli fosse passata sopra la testa.

Corse quindi avanti anche lui, preparando dei proiettili sui pollici, lei non avrebbe nemmeno capito da dove fosse arrivato il colpo. Ad un passo di distanza poté vedere l’aria che si stava solidificando nelle mani della sua amata.  Le braccia della ragazza si staccarono dal suo corpo, scagliando da una distanza ravvicinata due missili d’aria sul petto del ragazzo che, preso alla sprovvista e avendo già  un colpo caricato, non poté fare altro che incassare il colpo. Non fu piacevole.

In ginocchio, ad alcuni metri di distanza da dove era stato colpito, non si arrese facendo partire due fulminei proiettili che la ragazza riuscì a parare per miracolo, deviandoli sulla parete che vacillò per la botta ricevuta. Si guardarono negli occhi, ebbero la stessa idea. Un unico colpo nell’occhio. Entrambi alzarono il braccio destro, il più veloce avrebbe vinto. Il colpo partì, una Marta incredula non sapeva se intervenire o meno per evitare che si uccidessero a vicenda. Decise di lasciarli fare, non erano principianti.

Il tempo sembrò fermarsi, i proiettili si scambiarono a metà , la velocità  era uguale. Solo che quello lanciato da Erika non arrivò mai a destinazione. Infatti un proiettile era partito dal pollice di Rafai subito dopo l’altro, senza che nessuno se ne accorgesse.

C’era un vincitore, Marta bloccò il proiettile ad un millimetro dall’occhio di Erika.

“Per oggi può bastare, riprenderemo gli allenamenti domani. L’unica cosa che vi chiedo di fare è chiarirvi, non potremo andare in battaglia con dei dissapori interni.†Poi se ne andò, lasciandole sole ai loro problemi.

“Cosa ti è successo?†Iniziò Erika, non potevano avere sassolini nella scarpa.

“A me chiedi cosa è successo? Non sono io quella che è venuta a letto con te per quasi un anno per poi scaricarti quando è ricomparso un bell’imbusto visto solo una volta!â€

“Cosa pretendi da me?! I sentimenti che provo per Rafai sono diversi da quelli che sento per te. Non posso paragonarti a lui!â€

“Non puoi o non vuoi? Io a te ho dato tutta me stessa, non ho nascosto niente! Se non credevi di provare un sentimento abbastanza forte avresti dovuto dirmelo subito, non illudermi, scoparmi e poi abbandonarmi!â€

Ti chiedo scusa, non so nemmeno io cosa provavo per te. So solo che sei più importante di qualsiasi altra persona al mondo per me ma in un modo diverso da Rafai. Spero tu riesca a capire.â€

“Io anche capisco, ma non è facile vedere come vi guardate ogni giorno. Sentirsi il terzo in comodo. Però ti perdono, non potrei mai non farlo.†Disse abbracciandola.

“Cuore a cuore.†Fece l’altra.

“Cuore a cuore.â€

Mentre si abbracciavano l’allarme cominciò a suonare.

Non di nuovo. Non adesso!

Poi l’altoparlante parlò: â€œÈ il comandante Rafai che vi parla, il nemico è uscito allo scoperto, preparando il rituale in cima alla piramide Cholula nello stato di Puebla. Ci stiamo dirigendo lì. Liberatori, preparatevi per il vostro riscatto! Preparatevi a riprendervi la vostra vita! Preparatevi per la battaglia finale!â€

 

Arrivarono a Cholula a notte fonda, vedendo dall’alto la scalinata costeggiata da fiaccole fino alla cima, dove oggi sorge la chiesa cattolica di Nuestra Seà±ora de los Remedios. All’entrata della chiesa erano posti circa duecento soldati e altrettanti erano stati strategicamente collocati lungo il percorso che portava alla chiesetta. Alla base almeno il doppio era in attesa dello scontro finale.

Dal dirigibile Rafai, Erika e Marta dispensavano ordini preparando quei pochi uomini che avevano ad affrontare una battaglia probabilmente mortale.

A parlare prima di atterrare fu Rafai.

“Uomini, – esordì – donne e ragazzi, questo eravate, questo sarete. Ma questa notte io vi imploro, siate soldati! Siate Liberatori! Per voi! Per i vostri cari! E per il mondo intero! All’attacco!!!â€

Il dirigibile aprì le sue porte a qualche metro dal suolo, facendo partire la carica di un centinaio di uomini pronti a tutto per trionfare.

Erika Rafai e Marta si divisero, erano i tre combattenti migliori e avevano il compito di guidare i soldati fino alla chiesa. Non appena poggiò un piede a terra, la riccia fu costretta a difendersi da un proiettile d’aria che puntava alla sua testa. I nemici avevano cominciato a colpire, ora a lei toccava rispondere. Due mani aperte: dieci proiettili, dieci teste saltate. A destra sentì un sibilo, riuscendo ad evitare con una giravolta un colpo che la avrebbe perforata, mentre stava ancora finendo di girare, si mise su un ginocchio, rispedendo sulla stessa linea il colpo d’aria al mittente. Non lo vedeva, ma lo sentì urlare.

Lei avanzava, falciando nemici che giungevano da ogni parte, era sempre più stremata. Sconfiggere tutti quei nemici era impensabile. Ma poi pensò a Rafai, al figlio che avrebbe voluto da lui, e a Marta. Niente la poté fermare anche se solo due trenta soldati sotto il suo comando arrivarono con lei davanti alla chiesa.

“Benvenuta! – disse una voce roca – Ti stavo aspettando secondo cuore.â€

“Chi è lei?†Chiese Erika sollevando lo sguardo verso l’uomo anziano davanti alla porta della chiesa.

Era grande ma molto vecchio, probabilmente non gli rimaneva tanto da vivere.

“So cosa sta pensando signorina, non si deve preoccupare per la mia salute, sono così ormai da centinaia di anni. Vero Rafai?â€

Quattro soldati nemici si fecero avanti da dietro il vecchio, rivelando così un Rafai ed una Marta in catene.

Prima che potesse pensare ad una controffensiva, si sentì due tonfi alle sue spalle. Gli ultimi due soldati erano morti e al loro posto otto nemici erano pronti ad ingaggiare uno scontro con lei.

“Non ci pensi nemmeno Erika, il primo passo falso e al suo amato salterà  la testa. Ora da brava, si faccia catturare.â€

I soldati eseguirono e lei non poté far altro che obbedire agli orini del vecchio.

“Venite, andiamo dentro, il rituale è ormai pronto.†Disse l’anziano uomo facendo strada all’interno della chiesa.

â€œÈ un po’ strettino qua non trovi Abdalì?†Disse ironico Rafai.

“Hai ragione, ma non è un problema. Rimediamo subito.†Disse l’altro spalancando le braccia verso l’esterno, facendo colpire un colpo d’aria talmente potente da far volare via l’intera chiesa.

“Ora possiamo cominciare, il rituale deve essere eseguito al sorgere del Sole e non manca poi molto.â€

“Quindi lei ci uccider�†Chiese Erika preoccupata.

“No, ragazza mia. Io vi sigillerò per sempre nella dimensione in cui è sigillato Jà¶rmungandr. Vedete, se io vi uccidessi ora che il serpente ha trovato un modo per uscire, semplicemente si reincarnerebbe in altre due persone, e io dovrei aspettare che si manifestino i segni per poi ritrovarvi.â€

“Ma lei non ci ha trovato, Marta ha visto per caso la morte di Marco!â€

“Marco era un nostro agente, lui vi ha tenute d’occhio fin da quando eravate bambine. Solo che nell’ultimo periodo antecedente la sua morte, aveva cominciato a passarci informazioni false. Voleva depistarci perché si era innamorato della tua amica. Abbiamo dovuto ucciderlo.â€

“Brutto figlio di *censura*! Come hai osato! SE mai ti metterò le mani addosso sappi che non la passerai liscia!†Esplose Marta furiosa.

“Suvvia, non perdiamo tempo in dettagli. Era nostro agente per diritto di nascita, lo abbiamo addestrato dall’età  di tre anni. Ed ha rovinato tutto per una bella rossa.â€

Marta cominciò a scalpitare, era furiosa e lo si vedeva bene.

“Perché siamo finite nel tuo quartier generale veneziano? Mi devi una spiegazione se stai per sacrificarmi.†Disse Erika con una calma apparentemente fuori del normale. In realtà  si era accorta che Rafai stava cercando un modo per liberarsi e voleva solamente prendere tempo.

“Non è stato difficile. James, il maggiordomo, era un nostro infiltrato segreto, quando gli hai dato il lasciapassare di Rafai, lui ti ha restituito il nostro. Che entrambi avessimo una base a Venezia è stata una pura coincidenza. C’è altro che vuoi sapere prima di essere sacrificata per il bene dell’umanità ?â€

“Sì. Tu sei uno dei Guardiani originari, è vero?â€

“Sì, sono uno degli ultimi due ancora in vita. E non pensare male di noi, a differenza di quanto ti abbia detto Rafai, non c’è modo di sconfiggere il Drago. Quando farà  la sua venuta il mondo finirà  e dovrà  iniziare un nuovo ciclo.â€

“E chi è l’ultimo?†Fece disperata nel voler sapere quel nome che avrebbe reso vana una loro vittoria.

“Davvero non l’hai ancora capito? È Rafai Renji, l’ultimo dei cinque Guardiani, colui che li ha traditi per far rinascere il serpente. Colui che preferisce rischiare milioni di vite, piuttosto che sacrificarne due.â€

Quella notizia la colpì più duramente di qualsiasi colpo fisico avesse mai ricevuto, non poteva credere che l’uomo che amava, l’uomo che l’aveva salvata, l’uomo in cui poneva la più totale fiducia l’avesse tradita, non rivelandole un dettaglio così importante.

La disperazione prese il sopravvento, facendola finire in uno stato di trance, accanto alla sua amica, crollata dopo le notizie su Marco.

Rafai la chiamava urlando ma lei non poteva sentire niente, non voleva sentire niente. Erano sole, lei e Marta.

Intanto il sacerdote cominciò la sua litania, camminando da l’una all’altra e facendo apparire poco alla volta un buco dimensionale alle loro spalle. Sempre più grande.

Rafai decise che non poteva permettere che l’unico amore trovato in tremila anni se ne andasse per colpa di un sacerdote antico e vetusto. Facendosi carico di tutta l’energia necessaria si liberò delle guardie che lo tenevano prigioniero, scaraventando un’immensa massa d’aria contro il suo ex-compagno. Il sacerdote fu costretto ad interrompere la processione per difendersi, ma lo scudo che creò non riuscì ad assorbire completamente l’attacco, finendo per scaraventarlo contro le guardie che tenevano su Marta. La ragazza di riflesso fu sbalzata via, finendo addosso all’amica.

Le braccia si toccarono. Nella disperazione più totale, nel momento in cui si sentivano più sole, i cuori entrarono in contatto. L’apertura dimensionale prese ad allargarsi, Jà¶rmungandr stava facendo la sua comparsa in questo mondo.

Le ragazze aprirono gli occhi sentendo il potere del serpente scorrere dentro di loro. Il buco continuò ad ingrandirsi, lo avrebbe fatto fino a quando fosse riuscito a passare il serpente. Nel frattempo i due sacerdoti stavano combattendo un duello senza pari, purtroppo erano alla pari e nessuno dei due riusciva a prevalere sull’altro. Un ultimo soldato nemico sopravvissuto si stava scagliando contro Rafai, per aiutare il suo maestro. Allora Erika prese le ultime forze che le erano rimaste e lanciò un gigantesco proiettile che si portò via la cassa toracica del malcapitato. Purtroppo Rafai fu distratto dal ritorno di Erika che permise ad Abdalì di sferrare il colpo di grazia. Rafai fu abbastanza svelto da alzare uno scudo, ma il contraccolpo lo fece sparire all’interno dell’altra dimensione. Rafai era scomparso. Il suo nemico in piedi, trionfante, aveva appena distrutto l’ultimo ostacolo alla realizzazione del suo piano.

Erika ne uscì più distrutta di prima, sapeva perfettamente che non sarebbe stata in grado di sconfiggere il nemico contro cui Rafai aveva perso. Si sentiva sola e, forse, proprio nella sua solitudine avrebbe potuto trovare il potere necessario a compiere tale atto.

Il portale si era fermato, capì che i due cuori avrebbero dovuto unirsi per scatenare l’enorme potere del Serpente. Si accovacciò affianco a Marta che stava ancora riprendendo i sensi.

“Dammi il cuore!†Disse alla sua amica.

Quella eseguì, conscia del fatto che potesse essere la sua unica speranza.

I cuori si toccarono e il potere continuò ad aprirsi, il potere scorreva dentro di loro e in quel momento comprese perché solo la disperazione avrebbe potuto far arrivare Jà¶rmungandr: solo se siamo disperati il nostro corpo può riuscire a compiere azioni straordinarie. Solo la paura scarica l’adrenalina necessaria e la disperazione vera e propria sopraggiunge quando la paura non è più abbastanza.

Il sacerdote lesse nei loro occhi la determinazione necessaria a sconfiggerlo e, rassegnato si rivolse ad Erika, l’unica delle due in grado di capirlo, l’unica delle due in grado di seguire i suoi ultimi ordini.

“Quando il Sole sorgerà , bagnando il portale il drago comincerà  a far fuoriuscire un suo artiglio. Avrai tre minuti da allora. Basta che sia solo uno.â€

Solo uno. Erika aveva capito, mentre Marta finalmente si alzava al suo fianco.

Il Sole spuntò alle loro spalle bagnando il portale. Abdalì poté vedere un artiglio spuntare prima che il potere scaturito dalle due ragazze lo disintegrasse. Il nemico più grande era scomparso.

Ora rimaneva solo un Dio.

“Marta, -iniziò Erika – ti amo, ti ho sempre amata e ti amerò sempre.â€

Poi la baciò, davanti alla luce del caldo sole che si accingeva a salire nel cielo.

Poi l’abbracciò, sussurrandole all’orecchio: “Sii felice.â€

Prima che la rossa potesse rendersene conto la sua riccia amica, il suo amore di sempre, era partita correndo verso il portale. Riaprì gli occhi solo per vederla sparire all’interno di esso, trascinando con sé quell’orribile mostro che avrebbe inevitabilmente distrutto il mondo. Una lacrima, seguita molto presto da infinite altre, le cadde lungo la guancia, rigando la sua pelle pallida. Il portale sparì non appena la goccia toccò il suolo. Il mondo era salvo. Lei avrebbe dovuto essere felice, come se fosse stato possibile.

Prese coraggio e se ne andò, lasciando quel posto che le aveva portato via tutto, per sempre dietro di sé.

Il Sole cresceva alle sue spalle mentre lei camminava, verso una nuova vita, verso un nuovo futuro.

 

Era passato quasi un anno dalla morte, dalla scomparsa, della sua migliore amica e dei due ordini che si erano combattuti per migliaia di anni. Non era rimasto niente da seppellire eppure lei aveva voluto fare comunque un funerale per la sua anima gemella. Ricominciare non era stato facile ma ce l’aveva fatta ed ora si vedeva con un ragazzo, la loro storia durava da un mese. Era un brav’uomo, con un lavoro, che la amava e rispettava e che oggi l’avrebbe accompagnata alla veglia per Erika e Rafai.

“Dlin, dlonâ€. Il campanello suonò. A quanto pareva Mike doveva essere già  arrivato.

Si infilò la giacchetta nera sopra al vestito rosso dell’amica. Quello con i brillanti che Rafai le aveva regalato la prima sera. Lo aveva sempre conservato in sua memoria e oggi lo avrebbe indossato per ricordarla, per ricordare la persona più coraggiosa che avesse mai conosciuto.

Aprì la porta ma non trovò Mike fuori ad attenderla. No, c’era invece un fagottino, con un biglietto.

Si avvicinò al pacchetto accorgendosi che era tutto fuorché un oggetto inanimato. Si trattava di un bellissimo bambino con dei ciuffi neri e ricci che gli spuntavano sulla testa. Era addormentato, dolcissimo.

Prendendolo in braccio si accorse che portava con sé una lettera scritta a mano. Tremò quando lesse che era indirizzata a lei. La aprì, continuando a coccolare quel dolce bambino. Il foglio era stato bagnato da molte lacrime.

 

Cara Marta,

Sono contenta di vedere che tu stia bene e che stia ricominciando a vivere, era proprio quello che volevo. Quando siamo stati teletrasportati in questa dimensione abbiamo incontrato il gigantesco serpente che tanto avevamo temuto. Abbiamo combattuto con ogni mezzo, lui in questa dimensione era parecchio debole e noi non avevamo niente da perdere. Una volta ucciso il mostro abbiamo cominciato a cercare un modo per tornare a casa. Non è stato facile, ci abbiamo impiegato diversi anni.

Ti starai chiedendo come sia possibile, immagino. Non fare quella faccia corrugata che nasconde il tuo bellissimo sorriso. Mi manchi…

Nella nostra dimensione, come ti stavo dicendo, il tempo passa molto più in fretta, da noi sono già  passati vent’anni e, non ci crederai mai, mi sta cominciando a spuntare qualche ruga.

Dopo aver finalmente aperto un piccolo passaggio, abbiamo scoperto di non potercene andare. Era troppo piccolo e noi non avevamo abbastanza potere per ingrandirlo di più.

Come se non bastasse, io sono stata debilitata per nove mesi, ho avuto un bellissimo bambino, si chiama Marco. Sì, è proprio il pargoletto che stai tenendo in braccio. Ha gli occhi argentati di suo padre.

Dopo aver partorito, ho ripreso parte dei miei poteri, ma purtroppo non sono riuscita ad aprire un portale abbastanza grande se non per la creaturina che porti in braccio.

Prenditi cura di lui amica mia, crescilo come fosse tuo figlio.

Fallo crescere in un era di pace.

Nella speranza che la tua vita possa essere sempre più felice un abbraccio.

Cuore a Cuore, oggi e per sempre.

Addio,

Erika

P.S. Ti amo

 

Marta scoppio in lacrime quando ebbe finito di leggere la lettera, non smettendo un attimo di stringere il suo nuovo bambino, il figlio della sua migliore amica.

Mentre pensava a questo, arrivò Mike, il suo bellissimo ragazzo dagli occhi color nocciola, che, vedendola piangere con in braccio un bambino non poté fare a meno di chiederle: “Cosa è successo?â€

A sentire la voce di un estraneo il bambino aprì gli occhi, guardandoli con una decisa curiosità . Assomigliava moltissimo a sua madre, nonostante avesse ereditato gli occhi magnetici del padre.

Da quel momento una nuova era aveva, inizio, da quel momento il passato sarebbe scomparso, da quel momento era diventata mamma. Da quel momento era ritornata a vivere.

“Niente, sono solo diventata mamma.â€

 

Fine

Note: In corsivo i pensieri della protagonista. Mi scuso per la lunghezza, necessario doppio post. Buona lettura, non dico altro che altrimenti me ne servono tre. xD


Il primo mese era passato tra allenamenti e lezioni tattiche, ormai sapeva come muovere i soldati e dove farli intervenire. La sala computer era ormai diventata la sua casa e questo l’aveva allontanata dalla sua amica. Non sapeva nemmeno dove si trovasse in quel momento, ma di certo non poteva lasciarsi distrarre, i guardiano stavano cercando di uccidere un ragazzino di quindici anni ed era suo compito dare gli ordini alla squadra che sarebbe intervenuta da li a poco.

“Squadra alfa, mi senti?â€
“Forte e chiaro, Liberatore.â€

“La situazione com’è?â€

“Il ragazzo è solo in casa, al suo interno ci sono tre guardiani, uno porta l’anello.â€

“Descrivi l’abitazione.â€

“Villetta bifamiliare su due piani, il ragazzo si trova nella sua stanza al piano superiore, i guardiani sono in salotto.â€

“Abbiamo il satellite?†Fece rivolta ad una donna seduta sul computer davanti a dove si trovava lei.

Detto fatto, sul grande schermo al centro della sala era apparsa un’immagine satellitare dell’abitazione.

“Infrarossi.†E quella eseguì.

“Squadrone alfa, dividetevi, due sul retro, due sulla porta principale ed un cecchino che tenga sotto tiro la stanza del ragazzo. Deve essere pronto ad intervenire in caso di necessità .â€

La squadra obbedì agli ordini e si mosse all’istante. Purtroppo guardiani all’interno arrivarono dal ragazzo.

Non potevano aspettare oltre.

“Jameson! Lo faccia!†Urlò rivolta al cecchino.

Quello stese indice medio e anulare. Tre dita per tre bersagli. E sganciò il colpo. Quello viaggiò alla velocità  della luce, perforando le finestre e i crani dei tre guardiani. Il ragazzino cominciò ad urlare per poi perdere i sensi non appena gli altri quattro membri dello squadrone alfa fecero irruzione nella stanza.

Ora quel ragazzo sarebbe stato portato alla base più vicina, iniziandone l’addestramento per entrare a far parte dei Liberatori della Vita. Per lui sarebbe stato impossibile continuare con l’esistenza precedente, in quanto i guardiani avrebbero mandato un’altra squadra. E un’altra ancora.

“Capitano, – disse rivolgendosi al comandante dello squadrone – i corpi. Ci sono?â€

“Mi spiace Signore, sono spariti, come sempre del resto.â€

In quel mese aveva imparato che il prezzo per le abilità  che i soldati acquisivano era la scomparsa del proprio corpo. Sparito volatilizzato. Ed una sorte altrettanto  brutta toccava ai guardiani.

“Non importa capitano. Ottimo lavoro, rientrate pure.â€

“Sì, signore!â€

 

Era davvero molto stanca quando rientrò nella sua stanza a notte fonda dopo altre due missioni, fortunatamente entrambe riuscite. I soldati erano molto contenti, da quando c’era lei al comando, le morti erano diminuite drasticamente, facendo pendere l’ago della bilancia a favore dei Liberatori.

La sua stanza era molto simile al grande salone in cui aveva conosciuto Rafai, anche se sembrava fosse stato risistemato in occasione del suo arrivo.

Accesa la luce, vide che Marta era lì ad aspettarla.

“Marta, finalmente, si può sapere dove fossi finita?â€

“Dobbiamo andarcene.†Rispose secca l’altra.

“Mi spieghi perché? Io qua sto facendo il volere di Rafai, non posso andarmene.â€

“Rafai è morto, noi no. Perché dobbiamo combattere una guerra che non ci appartiene?â€

“Ti sbagli! Questa è la nostra guerra dal momento in cui tu hai visto l’assassinio di Marco!â€

“Così adesso sarebbe colpa mia?!â€

“Non sto dicendo questo, lo sai bene, sto solo dicendo che ormai siamo in ballo. Se ce ne andiamo non sopravvivremo.â€

“E allora? Credi che preferirei vivere qui in eterno senza di te? Non potendoti mai vedere? O vivere anche solo cinque minuti ma insieme. Unite! Cuore a cuore.“

“Non capisci il punto…â€

“Sì che lo capisco. E forse anche meglio di te. È delle nostre vite che stiamo parlando. Io non posso vederti vivere così. Non è vita questa.â€

“Ma devo farlo…â€

“Per chi? Per una persona che ti ha rapito, ti ha sedotto e poi è morta?â€
“Non dire così…â€

“Io ti amo! Da sempre, ma non posso continuare a vedere che ti uccidi, perché è questo che stai facendo. Vieni via con me:†Concluse Marta scoppiando in lacrime.

La rivelazione la colpì, dritta al punto più doloroso, dritta al suo fianco scoperto, dritta al cuore. Non si sarebbe mai immaginata che Marta potesse provare un simile sentimento per lei e la cosa la lasciava senza parole.

Eppure, nonostante la sorpresa iniziale, capì che dentro di lei un sentimento analogo c’era sempre stato. I giapponesi credono nel filo rosso del destino e loro, che vi si erano attorcigliate dentro non avevano saputo riconoscerlo. Lui, indissolubile le aveva tenute unite fin da quando erano nate.

Quando questa convinzione prese il sopravvento non poté fare altro che correre da lei ed abbracciarla, stringerla forte come fa il più dolce degli amanti, e sussurrarle all’infinito un piccolo, grande “Ti amoâ€.

 

Quella notte si amarono per la prima volta. Le sensazioni che entrambe arrivarono a provare erano nuove, diverse, ma non per questo meno forti o profonde.

La mattina dopo però il problema rimaneva, andare o restare?

Erika si stava arrovellando il cervello mentre osservava le rosee aureole che completavano il seno della sua amica nuda mentre questo andava su e giù, mettendo in risalto il battito tranquillo del cuore sottostante.

Marta era in pace, per la prima volta da molto tempo, e Erika ne era felice.

La baciò delicatamente sulla fronte, per dopo alzarsi e coprirla con il lenzuolo. Quando finalmente si fu vestita e stava per uscire, mentre era sulla porta, sentì la voce del suo nuovo amore chiamare il suo nome.

“Erika…†Disse quella sbadigliando.

“Dimmi.â€
“Dove stai andando? – poi continuò, dopo aver visto la sua espressione – Non hai intenzione di partire, vero?â€

“Partiremo, ma non ora. Prima dobbiamo riuscire a imparare alcune tecniche di autodifesa. Oggi insisterò con Vannari perché ce le insegni il prima possibile.â€

“Va bene, ti aspetterò qui allora. Per riprendere stasera da dove abbiamo interrotto.†Concluse ammaliante la rossa, mandandole un bacio e voltandosi dall’altra parte a dormire.

Erika sorrise, vivere in un’atmosfera simile non avrebbe potuto far altro che giovarle.

 

Il tempo da quel momento cominciò a scorrere più velocemente. Le giornate, piene di missioni, piene di morti, piene di sacrifici, si concludevano con il ritorno nel letto, dove l’attendeva una Marta sempre desiderosa di far vivere il loro amore. E lei qui rinasceva, la stanchezza della giornata le scivolava via, ad ogni gemito, ad ogni urlò di piacere che lanciava. La sua vita era rinata e, dopo un altro mese di attesa, dopo un mese da quella fatidica prima volta, Riccardo accettò di insegnare a lei e alla sua amica, perché questo era agli occhi di tutti, i movimenti d’aria, così come li aveva chiamati il comandante.

Ora si trovava nella stanza adibita a tale allenamento e Vannari si accingeva a spiegarle il meccanismo.

“Si tratta di un potere, – iniziò l’omone – che si trova all’interno di noi da migliaia di anni. Questo potere millenario ha però bisogno di essere risvegliato e non tutti sono in grado di farlo.

Per prima cosa è necessario avere un’ottima preparazione fisica, l’utilizzo di questo potere è molto stancante e, se non ci si prepara adeguatamente, si potrebbero anche perdere i sensi. Ma passiamo alla parte più tecnica. L’aria, così come tutto il mondo che ci circonda, è formata da particolari elementi chimici. L’unione di questi elementi, in particolare ossigeno e carbonio, permette di solidificare l’aria. Sostanzialmente, noi comprimiamo la materia davanti a noi, convogliando grazie ad un controllo dell’elettromagnetismo del nostro corpo, le particelle di carbonio in un unico punto. Il carbonio attrae a sé l’ossigeno, che lo scherma dagli altri elementi, permettendoci di spedirlo0 a grande velocità , semplicemente cambiando la nostra carica elettrica.â€

“Ma com’è possibile tutto ciò?†Chiesero all’unisono, incredule per ciò che avevano appena sentito.

“Alcune branche della medicina si sono soffermate sullo studio dell’elettromagnetismo all’interno del corpo umano, in particolare controllando se questi impulsi viaggiano senza intoppi nel corpo umano.â€

“Nel caso che si trovi un ‘problema di comunicazione’ si passerà  ad individuare la sostanza che causa tale disturbo. Individuata a sua volta tale sostanza, si passerà  ad assegnare, nella maggior parte dei casi, una cura a base di ormoni, o comunque stimolatori di questi ultimi. Questo fa sì che il campo elettromagnetico torni nella norma. In poche parole la medicina permette di modificare la questi impulsi. Fin qua avete capito?â€

“Sì, non sembra niente di troppo complicato ma come si può applicare questo metodo senza l’utilizzo di medicinali?â€

“Gli antichi egizi avevano la risposta alla tua domanda. Come sapete erano brillanti nel campo della medicina, e anche loro si erano accorti della possibilità  che si verificasse questo cambiamento. Una volta capito, non poterono fare a meno di notare che, una volta terminato l’effetto del farmaco il campo elettromagnetico non tornasse più quello di prima.

“I meccanismi che applicarono all’epoca non sono nelle mie conoscenze, in effetti solo Rafai conosceva il metodo preciso usato dai maghi dell’epoca. In compenso, qualunque fosse, oggi è molto più semplice. Grazie ai moderni sistemi di Biofeedback possiamo allenare la nostra mente, fino ad ottenerne il controllo. Una volta ottenuto, possiamo governare la produzione di ormoni, aventi origine nell’ipotalamo. Per una reazione a catena, e dopo molto esercizio possiamo arrivare a fare questo.â€

Dopo aver detto queste ultime parole alzò la mano, puntandola su uno dei manichini all’interno della stanza. Fu una questione di pochi secondi e poi un blocco d’aria parti dalle sue mani, facendo un buco grande quanto un pugno nel petto del manichino.

Vannari si girò verso le due ragazze, aspettandosi di vedere due persone sorprese. Si sbagliava, davanti a lui la determinazione si era incarnata in quelle due giovani.

Una sola frase, diretta, decisa, uscita all’unisono.

“Ce lo insegni!â€

 

Non fu facile, ma alla fine, dopo mesi e mesi di allenamento, ce la fecero: entrambe appresero i movimenti d’aria. Era passato quasi un anno dall’inizio della loro avventura, e la sua casa le sembrava ormai un lontano ricordo. Marta non poteva fare a meno di ricordarle, quasi ogni giorno, ormai era diventato il modo in cui iniziavano la giornata, la promessa che le aveva fatto tanto tempo fa: quella di andarsene da quel posto e smetterla con tutte quelle morti.

Anche quella mattina gliel’aveva chiesto e, finalmente, aveva potuto risponderle che presto se ne sarebbero andate, solo il tempo di perfezionare i movimenti. Questioni di pochi giorni.

Stava percorrendo il corridoi, direzione sala di comando, quando l’allarme cominciò a suona4re: li stavano attaccando!

Era la prima volta che succedeva da quando erano arrivate, la prima volta da Milano, ma non poteva decisamente farla finire nello stesso modo.

Si diresse di corsa verso la sala di comando, il suo posto era là , a dirigere le operazioni, ad affondare con la sua nave se necessario. Quando arrivò il comandante Vannari stava già  urlando direttive a destra e a manca, pretendendo che gli uomini eseguissero all’istante. Ne andava delle loro vite, non poteva essere altrimenti. Quando la vide le fece cenno di mettersi al suo fianco e cominciare a dare comandi.

Stavano perdendo, i monitor si offuscavano uno dopo l’altro. Urla di dolore riempivano la base sotterranea.

“Comandante! Sono quasi arrivati a noi.†Fece una ragazza seduta davanti ad uno dei tanti computer.

“Mantenete la calma! Ordinate a tutti i soldati di convergere, non devono prendere la cittadella per nessuna ragione al mondo, se dovessero addirittura arrivare alla sala di comando sarebbe la fine! Mi metta in contatto audio con tutta la base:â€

Una donna anziana smanettò un attimo al computer, per poi rivolgersi a lui e dire: “Fatto, siete in diretta.â€

“Guardiani del Drago ascoltatemi! I Liberatori stanno per vincere! Non glielo dobbiamo permettere! Combattete per il mondo! Per i vostri cari! Per il Vostro futuro! Ma fermate quei bastardi!â€

Guardiani del drago?! Ma come poteva essere? Che le avessero ingannate per tutto quel tempo?

Prima che potesse reagire in qualsiasi modo, si spensero tutti i monitor nella sala.

“Merda!†Ringhiò tra i denti il comandante.

Un colpo arrivò qualche secondo dopo alla porta. Sordo. D’aria. Un altro, questa volta più forte.

Al terzo la porta crollò alzando un polverone. Quando la polvere si diradò la figura di un uomo si fece avanti.

“R-R-Rafai…†Fece Erika incredula, vedendo entrare proprio la persona che un anno prima le aveva affidato quel pesante incarico.

Non ci fu tempo per essere sorpresi, non ci fu tempo per pensare. Non ci fu tempo per niente, perché un muscolosissimo comandante Vannari la prese, tenendola stretta a sé, puntandole un ammasso d’aria alla tempia. Ora era un ostaggio.

Urlò, fu inutile. Era come se lei non centrasse niente, come se in quel duello si fosse semplicemente trovata al posto sbagliato nel momento sbagliato.

“Lasciala, brutto pezzo di *censura*!†Iniziò un Rafai vivo e vegeto.

“Modera il tono, Rafai, o vuoi che alla tua amichetta succeda qualcosa di brutto?â€

“Non oseresti, sai bene che se lo fai la tua testa salterà . I tuoi capi non accetteranno un affronto simile.â€

“A me serve il corpo, basta che glielo porti prima che si putrefaccia. Poi abbiamo sempre l’altra.â€

“Sai bene che per il rituale ti servono entrambe.â€

Rituale?! Di che stanno parlando. Pensò Erika, sempre più spaventata e confusa.

“Non m’importa! Meglio morta, che rinasca pure, ci arriveremo prima noi di voi, lo sai.â€

“Tu non le torcerai un capello.â€

“Io farò tutto ciò che è in mio potere per far sì che non fugga, per far sì che non  viva al di fuori del mio controllo. Non posso lasciare che ciò accada.â€

Intanto il resto delle persone all’interno della stanza rimanevano ammutolite, immobili, mentre osservavano questo titanico scontro di parole, nell’attesa che due grandissimi nemici passassero ai fatti. Eppure aspettavano, aspettavano per una riccia corvina con un cuore sul braccio.

Degli uomini arrivarono e dalla reazione di Rafai Erika capì che non erano suoi alleati. Non poteva lasciare che lui morisse per lei, non poteva permetterlo.

Con tutte le sue forze riuscì ad urlare, attirando a sé tutta l’attenzione dei presenti: “Vattene! Scappa! Mettiti in salvo!â€

Con l’attenzione di tutti rivolta ad un’urlante Erika, nessuno si accorse di Marta che sgattaiolò all’interno della stanza, nascondendosi dietro ad un grosso computer.

La rossa sapeva bene di non poter competere con il comandante in combattimento però avrebbe potuto fungere da ottimo diversivo, permettendo così a Rafai di attaccare il nemico.

Muovendosi di computer in computer e, uccidendo nel frattempo chiunque si accorgesse della sua presenza con un proiettile d’aria in testa, assicurandosi poi che i corpi sparissero disciogliendosi, arrivò alle spalle di Vannari.

Nel frattempo Erika non aveva smesso un attimo di urlare, coprendo così i suoi omicidi e permettendole di caricare una grossa massa d’aria.

Partì alla carica lanciando quel grosso agglomerato letale verso la testa del comandante nemico. Tuttavia aveva sottovalutato il suo avversario che sentì lo sfrigolio provocato dall’aria subito prima che venisse lanciato. Per evitare che il proiettile raggiungesse la sua testa, nel giro di un attimo, lanciò Erika addosso a Marta, facendo così cambiare direzione al colpo che quest’ultima stava per lanciare. Il colpo si diresse verso Rafai, caricandolo con una forza inimmaginabile. Il Liberatore però aveva l’esperienza necessaria per creare uno scudo d’aria che lo proteggesse abbastanza in fretta. Purtroppo questo non basto ad assorbire completamente il colpo che lo fece volare diversi metri indietro nel corridoi.

I Soldati subito fuori della porta si affrettarono a soccorrere il loro comandante, entrando così in sala di comando. Diventando così dei bersagli.

Mentre erano a terra, i corpi delle due ragazze si toccarono, facendo entrare in contatto anche i cuori.

Quando questo accadde, come era solito succedere loro, una sensazione di pace e tranquillità  le pervase. Il rilassamento fu talmente grande da farle addormentare. Il mondo divenne per loro tutto nero.

 

Quando Erika riprese i sensi si trovava su di un lettino da pronto soccorso, attaccata ad una flebo che lesse essere della semplice soluzione salina, probabilmente per ridarle energia. Su un lettino alla sua destra c’era una Marta priva di sensi, anche lei con una flebo al braccio. Aveva anche dei punti sulla fronte, evidentemente doveva essersi ferita quando le era volata addosso.

Alla sua sinistra, invece, c’era un addormentato Rafai, con i capelli neri tutti arruffati ed un’aria davvero stanca. Lo trovava così carino, un cucciolo che vegliava su di lei. Ma sapeva bene che non era un cucciolo, anzi era uno dei più potenti esseri umani al mondo. E il fatto che fosse lì al suo fianco lo dimostrava.

Doveva aver sconfitto tutti i nemici da solo, solo per salvare lei. Solo per impedire che venisse sacrificata ad un certo rituale. Ancora le sembrava strano essere stata ingannata per tutto questo tempo.

Ora aveva bisogno di sapere, di sentire per una volta, tutta la verità .

“Rafai, sveglia†Disse il più dolcemente possibile.

Quello stancamente aprì gli occhi, come fanno i bambini quando i genitori li chiamano perché è arrivata l’ora di andare a scuola.

“Oh, Erika, – disse sorridendo – finalmente hai ripreso i sensi.â€

Finalmente?! Per quanto ho dormito? Pensò lei stranita.

Lui, quasi le avesse letto nella mente, e lei non lo avrebbe escluso a priori, le spiegò: “Hai, avete, dormito per una settimana. Evidentemente il vostro corpo aveva bisogno di recuperare.â€

“Com’è possibile? Non ha importanza. Dimmi, invece, cosa è successo alla base?â€

â€œÈ esploso tutto. In un primo momento ho pensato che Venezia sarebbe finita sott’acqua ma fortunatamente non è successo.â€

“Esploso tutto? Sei stato tu? E i nemici, che fine hanno fatto? E come hai fatto a tirarci fuori di lì?â€

“Una domanda alla volta, amore mio.†Rispose accarezzandole dolcemente il viso.

Amore mio, quelle parole le smossero qualcosa dentro, una grandissima confusione si faceva strada dentro di lei, divorandola a poco a poco. Chi amava? Era possibile provare questo forte sentimento per due persone? Per un uomo ed una donna contemporaneamente? Non sapeva con certezza la risposta a questa domanda, sapeva però che il sentimento provato per Rafai era diverso da quello che la teneva unita a Marta. Sperando che la rossa avrebbe capito disse: “Anch’io ti amo. Ma raccontami tutto dall’inizio. E che sia la verità  questa volta. Mi hanno già  mentito per troppo tempo.â€

“Sarà  bene svegliare anche Marta, questo è un discorso abbastanza lungo e doloroso, non so se riuscirei ad affrontarlo due volte, e non posso chiedere a te di raccontarle quello che ti sto per dire.â€

Detto questo, si alzò ed andò a svegliare dolcemente la bella ragazza addormentata nel letto affianco.

La rossa in un primo momento non volle saperne, ma sentendo poi che anche Erika la stava chiamando, scattò seduta, provocandosi un leggero giramento di testa.

“Dove ci troviamo?†Chiese cercando di riprendere il controllo del suo corpo.

“Siamo su un dirigibile. – iniziò a spiegare Rafai – stiamo sorvolando il Qatar in questo momento.â€

“E da quanto siamo in volo?†Chiese la neosveglia.

“Da circa una settimana. Atterriamo solo il tempo necessario per fare rifornimento. Da quando la loro base di Venezia è stata distrutta il Quartier generale dei Dragoni ci da la caccia. Il loro stesso Gran Maestro è sulle nostre tracce. A terra saremo dei bersagli troppo facili da rintracciare.â€

“Cosa è successo a Venezia?†Domandò anche Marta.

“Bene, credo sia giunto il momento di spiegarvi il perché del vostro coinvolgimento in questa guerra.â€

“Molti millenni fa, – continuò – all’epoca dei faraoni, un potere antico quanto l’umanità  stessa si era risvegliato. Non parliamo di qualche divinità  egizia, no. Il mostro di cui io sto parlando è Jà¶rmungandr, altresì conosciuto come Mià°garà°sormr, la Serpe di Mià°garà°. La mitologia norrena narra che questo gigantesco serpente, capace di avvolgere il mondo intero, sia nato da Loki, dio del caos, e Angrboà°a, gigantessa il cui nome significa “Presagio di maleâ€. La sua venuta sta ad indicare la fine del mondo così come lo conosciamo, quindi i sacerdoti egiziani, che lo avevano scambiato per un drago, lo rinchiusero in una cella spazio-temporale. Le magie che erano in grado di fare non sono nemmeno lontanamente raggiungibili dalla scienza odierna. Per farlo usarono i movimenti d’aria, creando così un muro da cui non poteva scappare, fino a spingerlo nel portale da loro aperto. I cinque sacerdoti che riuscirono nell’impresa presero il nome di Guardiani del drago, prefiggendosi come obbiettivo l’addestramento di discepoli che avessero in un futuro lontano, rispedito il serpente nella sua dimensione.â€

“Ma quindi il serpente sarebbe potuto fuggire?â€

“Sì, purtroppo tutte le cose hanno un punto debole e Jà¶rmungandr aveva l’eternità  per trovarlo. E alla fine ci è riuscito. Naturalmente i sacerdoti, creatori di quella dimensione, sapevano bene qual’era questo punto debole, per questo uccidono tutte le persone che potrebbero portare al ritorno del Serpente. Infatti solo due esseri umani possono annullare la gabbia del figlio di Loki, facendo precipitare il mondo nel caos.â€

“Uno di quei cinque Guardiani però non era d’accordo nel togliere così tante vite, solo per il dubbio che un giorno quel malefico serpente avesse trovato il modo di uscire, quindi abbandonò il gruppo. Conscio di non poter combattere da solo contro i suoi ex-compagni, decise di prendere da loro spunto ed iniziò ad addestrare degli adepti, il più delle volte quelle stesse persone che riusciva a salvare dalle grinfie dei sacerdoti. Fortunatamente fino ad oggi l’antico potere del serpente non aveva mai fatto la sua comparsa.â€

“Quindi tu sei l’ultimo capo della setta derivata da quel Guardiano che fuggì?â€

Rafai annuì alla domanda di Erika.

“E questi segni, quali sono?â€

“Il primo è la nascita di due persone dello stesso sesso, nello stesso luogo e nello stesso momento.â€

Erika e Marta impallidirono, non gli piaceva dove stava andando a parare il discorso.

“Il secondo segno è la comparsa, all’età  di cinque anni di due cuori, uno per persona, sul corpo dei due nati.â€

Deglutirono, sperando che ci fosse un terzo segno, qualcosa che le liberasse da quell’immenso fardello, pur sapendo che ciò non sarebbe accaduto.

“Il terzo e più importante segno – disse sospirando Rafai, come se per lui fosse doloroso ammetterlo – è la scomparsa dei genitori, con l’inizio di alcuni vuoti di memoria da parte dei due soggetti.â€

Bum, colpo di grazia. Erano loro, non poteva essere altrimenti. Ecco perché i Guardiani le volevano tenere sotto controllo, ecco perché avevano parlato di uno strano rituale. Però ad Erika tutto questo non bastava, voleva saperne di più.

“Rafai, – esordì, raccogliendo tutte le forze che le erano rimaste – in che modo sono scomparsi i nostri genitori? E perché dovrebbe essere il terzo segno di comparsa del serpente?â€

Lo guardò negli occhi, in attesa di quella risposta che avrebbe distrutto o salvato le loro vite. Luì non riuscì a reggere lo sguardo di lei. Uno sguardo così pieno di speranza, nell’attesa che lui la salvasse, ma lui questa volta non poteva salvarla. Lacrime cominciarono a sgorgare dagli argentei occhi del ragazzo.

Lacrime gli entrarono in bocca mentre iniziava il discorso più difficile della sua vita.

“Li avete uccisi i voi.†Gli uscì in quel modo barbaro ma, forse, non c’era un modo delicato di dire certe cose. Non tutto si può abbellire con le parole. A volte la verità  è schifosa, e basta.

Marta scoppio a piangere, Erika rimase incredula con gli occhi spalancati, sembrava che una spada l’avesse infilzata.

“C-c-come? Come li abbiamo uccisi?†Riuscì a dire.

“Quando i due cuori entrano in contatto in una situazione di grande emozione, il serpente riesce a prendere il soppravvento su di voi, scatenando una gigantesca esplosione. Diventate una sorta di bomba. Questo si attiva solo se ci sono delle persone a voi care nelle vicinanze. Quel mostro è il male e il suo scopo è lasciarvi sole, perché se sole e disperate doveste far toccare i cuori, lui potrebbe risorgere. Purtroppo ciò accadrà  comunque al vostro trentatreesimo compleanno.â€

“Quindi siamo comunque condannate? Il mondo è condannato.â€

“Non necessariamente, è vero, il potere si è risvegliato, forse Jà¶rmungandr verrà  in questo mondo e forse noi moriremo tutti. Ma lo spirito dei Liberatori sta nel proteggere la vita dell’essere umano, qualunque essa sia. Se dovesse davvero rinascere noi combatteremo, noi fermeremo quel serpente mandandolo all’inferno una volta per tutte. Di sicuro combatteremo per l’umanità  e, anche se servisse a ritardare la sua venuta, di sicuro non vi offriremmo in sacrificio!â€

“Sono belle parole, ma non possiamo vivere in volo per dieci anni. Dobbiamo trovare una soluzione per distruggere i Guardiani.†Disse convinta Erika. Se avesse dovuto vivere solo dieci anni di certo non li avrebbe vissuti da fuggitiva. Avrebbe combattuto per la sua vita, per il diritto di amara e, perché no, di essere madre.

“Speravo lo dicessi. Le nostre truppe sono decimate, in questo anno alla guida dei Guardiani veneziani ci hai massacrato, però siamo più convinti che mai. Loro mi seguiranno in battaglia. Ci seguiranno in battaglia. Sono tutte persone che sono state trascinate via dalla loro realtà  felice, dalle loro vite. Sanno bene che eliminando i Guardiani dalla faccia della terra potranno riprendersele.â€

“Non sarà  facile.†Ammise Marta.

â€œÈ vero, sarà  un’impresa ma come ho già  detto una volta, loro combattono per una causa, non sono niente più che dei fanatici, noi combattiamo per le persone a noi care, per il nostro diritto a stare con loro. Non possiamo assolutamente perdere.â€

“E non perderemo!†Concluse Erika.

“Ora riposate, ne avete ancora bisogno. Quando verrò a svegliarvi finiremo il vostro addestramento e dopo, solo allora, prepareremo l’attacco al Gran Maestro, distrutto lui l’ordine si sgretolerà .â€

Detto questo se ne andò lasciandole ricrollare in un sonno profondo e ristoratore.

 

“Attenta! Para!†Un colpo d’aria si manifestò a pochi centimetri dal viso di Erika, costringendola ad una manovra rotatoria in modo da limitare i danni. Non era riuscita a creare uno scudo efficace in così poco tempo. L’aria però esplose al suo fianco, scaraventandola alcuni metri più in là .

“Maledizione†Disse frustata rialzandosi da terra.

“Marta, complimenti, i tuoi movimenti d’aria sono diventati un qualcosa di spettacolare, non avevo mai visto nessuno imparare così in fretta.â€

“Grazie Rafia, è come se il potere sgorgasse dalle mie braccia, fino a materializzarsi nell’aria a me circostante.â€

“Un talento naturale, non c’è altra spiegazione.†Concluse il moro guardandola con occhi pieni di ammirazione.

Marta in effetti era diventata di un altro livello, arrivando ad avere un controllo di quel potere pari, se non superiore, a quello di Rafai. Mentre Erika faticava a star loro dietro, ma non per questo demordeva.

Finché anche lei non avesse raggiunto il loro livello non avrebbero potuto lanciare l’offensiva definitiva.

“Continuiamo l’allenamento!†Disse Erika, non voleva di certo fermarsi ora.

Erano mesi ormai che si allenava e non avrebbe potuto aspettare ancora per molto.

In questi mesi la sua amica si era allontanata da lei, concentrandosi solo sugli esercizi, il ritorno di Rafai le aveva allontanate, visto che la riccia aveva scelto quell’uomo dagli occhi grigi. E il risultato si era visto.

“Sarò io il tuo avversario questa volta.†Accettò Rafai.

“Marta, tu farai da arbitro†Concluse l’uomo.

I tre presero le rispettive posizioni e, una volta pronti la rossa prese la parola: “3, 2, 1… Cominciate!â€

I due si trovavano agli estremi della stanza ed Erika cominciò ad avanzare correndo. Mani ai lati, lungo i fianchi. Rafai se lo aspettava, una classica mossa per saltare il proprio avversario, facendo pressione sul terreno. Decise di assecondarla, meditando di colpirla nel momento in cui gli fosse passata sopra la testa.

Corse quindi avanti anche lui, preparando dei proiettili sui pollici, lei non avrebbe nemmeno capito da dove fosse arrivato il colpo. Ad un passo di distanza poté vedere l’aria che si stava solidificando nelle mani della sua amata.  Le braccia della ragazza si staccarono dal suo corpo, scagliando da una distanza ravvicinata due missili d’aria sul petto del ragazzo che, preso alla sprovvista e avendo già  un colpo caricato, non poté fare altro che incassare il colpo. Non fu piacevole.

In ginocchio, ad alcuni metri di distanza da dove era stato colpito, non si arrese facendo partire due fulminei proiettili che la ragazza riuscì a parare per miracolo, deviandoli sulla parete che vacillò per la botta ricevuta. Si guardarono negli occhi, ebbero la stessa idea. Un unico colpo nell’occhio. Entrambi alzarono il braccio destro, il più veloce avrebbe vinto. Il colpo partì, una Marta incredula non sapeva se intervenire o meno per evitare che si uccidessero a vicenda. Decise di lasciarli fare, non erano principianti.

Il tempo sembrò fermarsi, i proiettili si scambiarono a metà , la velocità  era uguale. Solo che quello lanciato da Erika non arrivò mai a destinazione. Infatti un proiettile era partito dal pollice di Rafai subito dopo l’altro, senza che nessuno se ne accorgesse.

C’era un vincitore, Marta bloccò il proiettile ad un millimetro dall’occhio di Erika.

“Per oggi può bastare, riprenderemo gli allenamenti domani. L’unica cosa che vi chiedo di fare è chiarirvi, non potremo andare in battaglia con dei dissapori interni.†Poi se ne andò, lasciandole sole ai loro problemi.

“Cosa ti è successo?†Iniziò Erika, non potevano avere sassolini nella scarpa.

“A me chiedi cosa è successo? Non sono io quella che è venuta a letto con te per quasi un anno per poi scaricarti quando è ricomparso un bell’imbusto visto solo una volta!â€

“Cosa pretendi da me?! I sentimenti che provo per Rafai sono diversi da quelli che sento per te. Non posso paragonarti a lui!â€

“Non puoi o non vuoi? Io a te ho dato tutta me stessa, non ho nascosto niente! Se non credevi di provare un sentimento abbastanza forte avresti dovuto dirmelo subito, non illudermi, scoparmi e poi abbandonarmi!â€

Ti chiedo scusa, non so nemmeno io cosa provavo per te. So solo che sei più importante di qualsiasi altra persona al mondo per me ma in un modo diverso da Rafai. Spero tu riesca a capire.â€

“Io anche capisco, ma non è facile vedere come vi guardate ogni giorno. Sentirsi il terzo in comodo. Però ti perdono, non potrei mai non farlo.†Disse abbracciandola.

“Cuore a cuore.†Fece l’altra.

“Cuore a cuore.â€

Mentre si abbracciavano l’allarme cominciò a suonare.

Non di nuovo. Non adesso!

Poi l’altoparlante parlò: â€œÈ il comandante Rafai che vi parla, il nemico è uscito allo scoperto, preparando il rituale in cima alla piramide Cholula nello stato di Puebla. Ci stiamo dirigendo lì. Liberatori, preparatevi per il vostro riscatto! Preparatevi a riprendervi la vostra vita! Preparatevi per la battaglia finale!â€

 

Arrivarono a Cholula a notte fonda, vedendo dall’alto la scalinata costeggiata da fiaccole fino alla cima, dove oggi sorge la chiesa cattolica di Nuestra Seà±ora de los Remedios. All’entrata della chiesa erano posti circa duecento soldati e altrettanti erano stati strategicamente collocati lungo il percorso che portava alla chiesetta. Alla base almeno il doppio era in attesa dello scontro finale.

Dal dirigibile Rafai, Erika e Marta dispensavano ordini preparando quei pochi uomini che avevano ad affrontare una battaglia probabilmente mortale.

A parlare prima di atterrare fu Rafai.

“Uomini, – esordì – donne e ragazzi, questo eravate, questo sarete. Ma questa notte io vi imploro, siate soldati! Siate Liberatori! Per voi! Per i vostri cari! E per il mondo intero! All’attacco!!!â€

Il dirigibile aprì le sue porte a qualche metro dal suolo, facendo partire la carica di un centinaio di uomini pronti a tutto per trionfare.

Erika Rafai e Marta si divisero, erano i tre combattenti migliori e avevano il compito di guidare i soldati fino alla chiesa. Non appena poggiò un piede a terra, la riccia fu costretta a difendersi da un proiettile d’aria che puntava alla sua testa. I nemici avevano cominciato a colpire, ora a lei toccava rispondere. Due mani aperte: dieci proiettili, dieci teste saltate. A destra sentì un sibilo, riuscendo ad evitare con una giravolta un colpo che la avrebbe perforata, mentre stava ancora finendo di girare, si mise su un ginocchio, rispedendo sulla stessa linea il colpo d’aria al mittente. Non lo vedeva, ma lo sentì urlare.

Lei avanzava, falciando nemici che giungevano da ogni parte, era sempre più stremata. Sconfiggere tutti quei nemici era impensabile. Ma poi pensò a Rafai, al figlio che avrebbe voluto da lui, e a Marta. Niente la poté fermare anche se solo due trenta soldati sotto il suo comando arrivarono con lei davanti alla chiesa.

“Benvenuta! – disse una voce roca – Ti stavo aspettando secondo cuore.â€

“Chi è lei?†Chiese Erika sollevando lo sguardo verso l’uomo anziano davanti alla porta della chiesa.

Era grande ma molto vecchio, probabilmente non gli rimaneva tanto da vivere.

“So cosa sta pensando signorina, non si deve preoccupare per la mia salute, sono così ormai da centinaia di anni. Vero Rafai?â€

Quattro soldati nemici si fecero avanti da dietro il vecchio, rivelando così un Rafai ed una Marta in catene.

Prima che potesse pensare ad una controffensiva, si sentì due tonfi alle sue spalle. Gli ultimi due soldati erano morti e al loro posto otto nemici erano pronti ad ingaggiare uno scontro con lei.

“Non ci pensi nemmeno Erika, il primo passo falso e al suo amato salterà  la testa. Ora da brava, si faccia catturare.â€

I soldati eseguirono e lei non poté far altro che obbedire agli orini del vecchio.

“Venite, andiamo dentro, il rituale è ormai pronto.†Disse l’anziano uomo facendo strada all’interno della chiesa.

â€œÈ un po’ strettino qua non trovi Abdalì?†Disse ironico Rafai.

“Hai ragione, ma non è un problema. Rimediamo subito.†Disse l’altro spalancando le braccia verso l’esterno, facendo colpire un colpo d’aria talmente potente da far volare via l’intera chiesa.

“Ora possiamo cominciare, il rituale deve essere eseguito al sorgere del Sole e non manca poi molto.â€

“Quindi lei ci uccider�†Chiese Erika preoccupata.

“No, ragazza mia. Io vi sigillerò per sempre nella dimensione in cui è sigillato Jà¶rmungandr. Vedete, se io vi uccidessi ora che il serpente ha trovato un modo per uscire, semplicemente si reincarnerebbe in altre due persone, e io dovrei aspettare che si manifestino i segni per poi ritrovarvi.â€

“Ma lei non ci ha trovato, Marta ha visto per caso la morte di Marco!â€

“Marco era un nostro agente, lui vi ha tenute d’occhio fin da quando eravate bambine. Solo che nell’ultimo periodo antecedente la sua morte, aveva cominciato a passarci informazioni false. Voleva depistarci perché si era innamorato della tua amica. Abbiamo dovuto ucciderlo.â€

“Brutto figlio di *censura*! Come hai osato! SE mai ti metterò le mani addosso sappi che non la passerai liscia!†Esplose Marta furiosa.

“Suvvia, non perdiamo tempo in dettagli. Era nostro agente per diritto di nascita, lo abbiamo addestrato dall’età  di tre anni. Ed ha rovinato tutto per una bella rossa.â€

Marta cominciò a scalpitare, era furiosa e lo si vedeva bene.

“Perché siamo finite nel tuo quartier generale veneziano? Mi devi una spiegazione se stai per sacrificarmi.†Disse Erika con una calma apparentemente fuori del normale. In realtà  si era accorta che Rafai stava cercando un modo per liberarsi e voleva solamente prendere tempo.

“Non è stato difficile. James, il maggiordomo, era un nostro infiltrato segreto, quando gli hai dato il lasciapassare di Rafai, lui ti ha restituito il nostro. Che entrambi avessimo una base a Venezia è stata una pura coincidenza. C’è altro che vuoi sapere prima di essere sacrificata per il bene dell’umanità ?â€

“Sì. Tu sei uno dei Guardiani originari, è vero?â€

“Sì, sono uno degli ultimi due ancora in vita. E non pensare male di noi, a differenza di quanto ti abbia detto Rafai, non c’è modo di sconfiggere il Drago. Quando farà  la sua venuta il mondo finirà  e dovrà  iniziare un nuovo ciclo.â€

“E chi è l’ultimo?†Fece disperata nel voler sapere quel nome che avrebbe reso vana una loro vittoria.

“Davvero non l’hai ancora capito? È Rafai Renji, l’ultimo dei cinque Guardiani, colui che li ha traditi per far rinascere il serpente. Colui che preferisce rischiare milioni di vite, piuttosto che sacrificarne due.â€

Quella notizia la colpì più duramente di qualsiasi colpo fisico avesse mai ricevuto, non poteva credere che l’uomo che amava, l’uomo che l’aveva salvata, l’uomo in cui poneva la più totale fiducia l’avesse tradita, non rivelandole un dettaglio così importante.

La disperazione prese il sopravvento, facendola finire in uno stato di trance, accanto alla sua amica, crollata dopo le notizie su Marco.

Rafai la chiamava urlando ma lei non poteva sentire niente, non voleva sentire niente. Erano sole, lei e Marta.

Intanto il sacerdote cominciò la sua litania, camminando da l’una all’altra e facendo apparire poco alla volta un buco dimensionale alle loro spalle. Sempre più grande.

Rafai decise che non poteva permettere che l’unico amore trovato in tremila anni se ne andasse per colpa di un sacerdote antico e vetusto. Facendosi carico di tutta l’energia necessaria si liberò delle guardie che lo tenevano prigioniero, scaraventando un’immensa massa d’aria contro il suo ex-compagno. Il sacerdote fu costretto ad interrompere la processione per difendersi, ma lo scudo che creò non riuscì ad assorbire completamente l’attacco, finendo per scaraventarlo contro le guardie che tenevano su Marta. La ragazza di riflesso fu sbalzata via, finendo addosso all’amica.

Le braccia si toccarono. Nella disperazione più totale, nel momento in cui si sentivano più sole, i cuori entrarono in contatto. L’apertura dimensionale prese ad allargarsi, Jà¶rmungandr stava facendo la sua comparsa in questo mondo.

Le ragazze aprirono gli occhi sentendo il potere del serpente scorrere dentro di loro. Il buco continuò ad ingrandirsi, lo avrebbe fatto fino a quando fosse riuscito a passare il serpente. Nel frattempo i due sacerdoti stavano combattendo un duello senza pari, purtroppo erano alla pari e nessuno dei due riusciva a prevalere sull’altro. Un ultimo soldato nemico sopravvissuto si stava scagliando contro Rafai, per aiutare il suo maestro. Allora Erika prese le ultime forze che le erano rimaste e lanciò un gigantesco proiettile che si portò via la cassa toracica del malcapitato. Purtroppo Rafai fu distratto dal ritorno di Erika che permise ad Abdalì di sferrare il colpo di grazia. Rafai fu abbastanza svelto da alzare uno scudo, ma il contraccolpo lo fece sparire all’interno dell’altra dimensione. Rafai era scomparso. Il suo nemico in piedi, trionfante, aveva appena distrutto l’ultimo ostacolo alla realizzazione del suo piano.

Erika ne uscì più distrutta di prima, sapeva perfettamente che non sarebbe stata in grado di sconfiggere il nemico contro cui Rafai aveva perso. Si sentiva sola e, forse, proprio nella sua solitudine avrebbe potuto trovare il potere necessario a compiere tale atto.

Il portale si era fermato, capì che i due cuori avrebbero dovuto unirsi per scatenare l’enorme potere del Serpente. Si accovacciò affianco a Marta che stava ancora riprendendo i sensi.

“Dammi il cuore!†Disse alla sua amica.

Quella eseguì, conscia del fatto che potesse essere la sua unica speranza.

I cuori si toccarono e il potere continuò ad aprirsi, il potere scorreva dentro di loro e in quel momento comprese perché solo la disperazione avrebbe potuto far arrivare Jà¶rmungandr: solo se siamo disperati il nostro corpo può riuscire a compiere azioni straordinarie. Solo la paura scarica l’adrenalina necessaria e la disperazione vera e propria sopraggiunge quando la paura non è più abbastanza.

Il sacerdote lesse nei loro occhi la determinazione necessaria a sconfiggerlo e, rassegnato si rivolse ad Erika, l’unica delle due in grado di capirlo, l’unica delle due in grado di seguire i suoi ultimi ordini.

“Quando il Sole sorgerà , bagnando il portale il drago comincerà  a far fuoriuscire un suo artiglio. Avrai tre minuti da allora. Basta che sia solo uno.â€

Solo uno. Erika aveva capito, mentre Marta finalmente si alzava al suo fianco.

Il Sole spuntò alle loro spalle bagnando il portale. Abdalì poté vedere un artiglio spuntare prima che il potere scaturito dalle due ragazze lo disintegrasse. Il nemico più grande era scomparso.

Ora rimaneva solo un Dio.

“Marta, -iniziò Erika – ti amo, ti ho sempre amata e ti amerò sempre.â€

Poi la baciò, davanti alla luce del caldo sole che si accingeva a salire nel cielo.

Poi l’abbracciò, sussurrandole all’orecchio: “Sii felice.â€

Prima che la rossa potesse rendersene conto la sua riccia amica, il suo amore di sempre, era partita correndo verso il portale. Riaprì gli occhi solo per vederla sparire all’interno di esso, trascinando con sé quell’orribile mostro che avrebbe inevitabilmente distrutto il mondo. Una lacrima, seguita molto presto da infinite altre, le cadde lungo la guancia, rigando la sua pelle pallida. Il portale sparì non appena la goccia toccò il suolo. Il mondo era salvo. Lei avrebbe dovuto essere felice, come se fosse stato possibile.

Prese coraggio e se ne andò, lasciando quel posto che le aveva portato via tutto, per sempre dietro di sé.

Il Sole cresceva alle sue spalle mentre lei camminava, verso una nuova vita, verso un nuovo futuro.

 

Era passato quasi un anno dalla morte, dalla scomparsa, della sua migliore amica e dei due ordini che si erano combattuti per migliaia di anni. Non era rimasto niente da seppellire eppure lei aveva voluto fare comunque un funerale per la sua anima gemella. Ricominciare non era stato facile ma ce l’aveva fatta ed ora si vedeva con un ragazzo, la loro storia durava da un mese. Era un brav’uomo, con un lavoro, che la amava e rispettava e che oggi l’avrebbe accompagnata alla veglia per Erika e Rafai.

“Dlin, dlonâ€. Il campanello suonò. A quanto pareva Mike doveva essere già  arrivato.

Si infilò la giacchetta nera sopra al vestito rosso dell’amica. Quello con i brillanti che Rafai le aveva regalato la prima sera. Lo aveva sempre conservato in sua memoria e oggi lo avrebbe indossato per ricordarla, per ricordare la persona più coraggiosa che avesse mai conosciuto.

Aprì la porta ma non trovò Mike fuori ad attenderla. No, c’era invece un fagottino, con un biglietto.

Si avvicinò al pacchetto accorgendosi che era tutto fuorché un oggetto inanimato. Si trattava di un bellissimo bambino con dei ciuffi neri e ricci che gli spuntavano sulla testa. Era addormentato, dolcissimo.

Prendendolo in braccio si accorse che portava con sé una lettera scritta a mano. Tremò quando lesse che era indirizzata a lei. La aprì, continuando a coccolare quel dolce bambino. Il foglio era stato bagnato da molte lacrime.

 

Cara Marta,

Sono contenta di vedere che tu stia bene e che stia ricominciando a vivere, era proprio quello che volevo. Quando siamo stati teletrasportati in questa dimensione abbiamo incontrato il gigantesco serpente che tanto avevamo temuto. Abbiamo combattuto con ogni mezzo, lui in questa dimensione era parecchio debole e noi non avevamo niente da perdere. Una volta ucciso il mostro abbiamo cominciato a cercare un modo per tornare a casa. Non è stato facile, ci abbiamo impiegato diversi anni.

Ti starai chiedendo come sia possibile, immagino. Non fare quella faccia corrugata che nasconde il tuo bellissimo sorriso. Mi manchi…

Nella nostra dimensione, come ti stavo dicendo, il tempo passa molto più in fretta, da noi sono già  passati vent’anni e, non ci crederai mai, mi sta cominciando a spuntare qualche ruga.

Dopo aver finalmente aperto un piccolo passaggio, abbiamo scoperto di non potercene andare. Era troppo piccolo e noi non avevamo abbastanza potere per ingrandirlo di più.

Come se non bastasse, io sono stata debilitata per nove mesi, ho avuto un bellissimo bambino, si chiama Marco. Sì, è proprio il pargoletto che stai tenendo in braccio. Ha gli occhi argentati di suo padre.

Dopo aver partorito, ho ripreso parte dei miei poteri, ma purtroppo non sono riuscita ad aprire un portale abbastanza grande se non per la creaturina che porti in braccio.

Prenditi cura di lui amica mia, crescilo come fosse tuo figlio.

Fallo crescere in un era di pace.

Nella speranza che la tua vita possa essere sempre più felice un abbraccio.

Cuore a Cuore, oggi e per sempre.

Addio,

Erika

P.S. Ti amo

 

Marta scoppio in lacrime quando ebbe finito di leggere la lettera, non smettendo un attimo di stringere il suo nuovo bambino, il figlio della sua migliore amica.

Mentre pensava a questo, arrivò Mike, il suo bellissimo ragazzo dagli occhi color nocciola, che, vedendola piangere con in braccio un bambino non poté fare a meno di chiederle: “Cosa è successo?â€

A sentire la voce di un estraneo il bambino aprì gli occhi, guardandoli con una decisa curiosità . Assomigliava moltissimo a sua madre, nonostante avesse ereditato gli occhi magnetici del padre.

Da quel momento una nuova era aveva, inizio, da quel momento il passato sarebbe scomparso, da quel momento era diventata mamma. Da quel momento era ritornata a vivere.

“Niente, sono solo diventata mamma.â€

 

Fine

Note: In corsivo i pensieri della protagonista. Mi scuso per la lunghezza, necessario doppio post. Buona lettura, non dico altro che altrimenti me ne servono tre. xD

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Nickname dell'autore: Nico.ringking


Titolo: Il Vecchio, la Leggenda e l'Archeorisveglio


Elaborato:


 


"L'antico potere si è risvegliato, dopo millenni, ed ora è pronto a scatenare la sua furia!" urlava disperatamente il vecchio forestiero, vestito di pochi stracci, sgualciti e lerci. "La profezia si sta per avverare, gravi catastrofi si abbatteranno su Hoenn e i suoi poveri abitanti, scappate finché siete in tempo, scappate!".


"Zitto vecchio, che puzzi di vino! Vattene dalla città  o finirai col portare iella davvero a noialtri!", gli intimò il burbero panettiere della città , un uomo alto e ben piazzato, visibilmente stizzito.


Intanto nella piazza tutti si chiedevano, un po' allarmati, chi fosse quel misterioso anziano così malridotto, leggermente gobbo, magro e dal viso visibilmente paonazzo a causa della bottiglia che teneva in mano con presa tutt'altro che salda.


Ma furono pochi minuti e la terra cominciò a tremare sotto i piedi della gente. Il vulcano, ben visibile da Porto Selcepoli, cominciò a fumare, il mare prese ad ingrossarsi quasi volesse prepararsi ad inghiottire la spiaggia, si face sempre più scuro. Alcuni nuvoloni neri e carichi di pioggia cominciarono ad addensarsi sopra le teste degli abitanti, spinti da un forte vento, squarciati qua e la da degli intensi raggi del sole, alto nel cielo, tanto luminosi da essere fastidiosi all'occhio umano.


Era uno scenario apocalittico.


La terra tremava sempre più forte, le prime crepe cominciavano ad aprirsi minacciosamente sotto chi ancora correva disparatamente  a cercare un riparo. Le urla della gente si mischiavano al rumore grave della terra che continuava a tremare e sbriciolarsi. Il panico regnava sovrano in quel paesaggio che una manciata di minuti prima era sereno, mentre ora era il verificarsi delle terrificanti parole del vecchio, che nel frattempo si era misteriosamente dileguato...


 


"AH!".


Rocco spalancò gli occhi in un sobbalzo. Era nel suo letto, gocce di sudore scendevano dalla sua fronte, fredde. Il suo respiro era spezzato, tanto è stato lo spavento. "Possibile sia solo un incubo? Un semplice sogno?" mormorò, guardandosi la mano ancora tremante.


Non chiuse occhio tutta la notte.


La paura lo pervadeva, la sensazione che tutto quello non fosse stato solo un sogno si faceva sempre più intensa nella sua testa, affollata ora da mille pensieri.


D'un tratto, come in uno schiocco di dita, si accorse che il sole era già  sorto, era mattina e i suoi raggi entravano in casa dal balcone appena socchiuso. Si alzò dal letto, scese in cucina per fare colazione, ma c'era qualcosa di diverso. No, i mobili erano tutti in perfetto ordine, niente era fuori posto, eppure qualcosa c'era. L'aria, l'atmosfera era carica, intrinseca di mistero e quella strana paura che non sai spiegarti. Qualcosa non andava. Il sole non è ancora alto in cielo, pensò tra se e se, sono ancora in tempo. Si cambiò in men che non si dica e si precipitò fuori di casa, direzione Porto Selcepoli.


Giunse verso le nove e dieci alla città ; dalla fretta aveva persino lasciato la porta di casa aperta e per fortuna che la sera prima aveva dimenticato la Poké Ball del suo Metagross nella tasca della giacca o avrebbe dimenticato persino quella tanta la fretta e la preoccupazione.


Era deciso a cercare il vecchio balordo, convinto che il suo fosse un sogno premonitore, ma di lui neanche l'ombra al mercato. Cominciava a pensare di aver avuto solamente un incubo quando, d'un tratto, sentì delle urla provenire dalla taverna della città . Si diresse a passo spedito sul posto e vide il proprietario della locanda scacciare a male parole un povero vecchino. Rocco accorse in suo aiuto e lo prese da parte. Era malconcio, il vecchio, ed effettivamente puzzava di vino non poco. Il Campione riconobbe subito il pover'uomo che, lasciando la presa sulla bottiglia, gli prese le mani.


"Sai..." cominciò a parlare con voce roca e fievole, come avesse poco respiro.


"So già  tutto, ma non posso spiegarle come, buon uomo. Mi dica solamente cosa conosce di questa faccenda, la prego!"


"Mmm..." il vecchio guardo negli occhi Rocco. "Giovane, te lo dirò, ma non cacciarti in situazioni che non puoi risolvere", disse, e tossì. "Devi sapere che vengo da una famiglia di ricercatori, i quali, alcune generazioni fa, vennero alla scoperta di alcune tavole millenarie, all'apparenza indecifrabili. Si misero a studiarle, ma non sembravano dire niente. Una volta raggiunta la maggiore età , allora,  decisi di trascriverle e di trasferirmi in città  dove avrei avuto più materiale su cui effettuare le mie ricerche. Proseguì gli studi e dopo qualche mese, girovagando per il mercato, incrociai due vecchi pescatori che parlavano del mare mosso di quei giorni e di una antica leggenda. Chiesi loro informazioni e... Coff coff..."


"Ehi, le serve aiuto? Vuole che le prenda un bicchiere d'acqua?"


"No no, grazie! Non serve, è la vecchiaia! Quella brutta bestia, ahimè, non si cura!" rispose abbassando lo sguardo a terra. "Comunque, riprendendo il discorso... Mi parlarono di una antica leggenda e di due entità  il cui potere era ormai assopito da tempo a causa di uno scontro..."


"Con una terza, Rayquaza... Sta parlando..."


"Di Groudon e Kyogre, esatto! Beh, devi sapere che il loro risveglio è ben vicino! Accompagnami a casa e ti dimostrerò tutto!"


"Va bene, andiamo! Grazie di cuore! Ah, non le ho ancora chiesto come si chiama..."


"Astro, piacere. Mentre tu sei Rocco, giusto? La tua fama è grande, ma non sopravvalutare mai il potere della leggenda o essa si sopraffarà !"


L'anziano ricercatore colse da terra la bottiglia e così Rocco poté accompagnarlo alla sua casa, distante pochi minuti a piedi e intanto pensava tra se e se cosa sarebbe stato conveniente fare, era si intimorito dalle parole del vecchio, ma non poteva certo starsene con le mani in mano, se effettivamente il suo sogno stava prendendo forma doveva agire per la sua Hoenn!


Arrivarono alla casa ma...


"Non è possibile, qualcuno deve essere entrato, hanno scassinato la porta!". Lo sciagurato anziano corse dentro casa e salì con quanta più rapidità  potesse le scale... "NO! Tutto, hanno preso tutto!".


"Tutto cosa, hanno preso le tavole?" chiese Rocco, entrato in casa a vedere il disastro.


"Tutto il mio lavoro! Il lavoro di una vita, le ricerche... Oh no, siamo in pericolo!"


Il vecchio scappò, correndo verso il mercato ed urlando ad una strana profezia, completamente preso dal panico. Rocco fece per girarsi e vide per terra un pezzo di stoffa, rosso. Ma non c'era tempo, lo raccolse e cominciò correre anche lui verso il mercato.


La piazza era piena, c'era una confusione terribile, ormai aveva perso di vista l'anziano predicatore, ma continuava a correre e cercarlo freneticamente, quando urtò una persona...


"Ehi, stai attento!"


"Scusa", disse di sfuggita.


"Aspetta, ma sei Rocco! Dove corri?!", una mano da dietro gli prese la spalla in una stretta robusta.


"Drake? Sei tu? Scusa ma non ho tempo! Ho un problema, non ho tempo per spiegarti..." rispose il Campione frettolosamente e fece per andare quando sentì un gran baccano venire dal panificio.


"Zitto vecchio, che puzzi di vino! Vattene dalla città  o finirai col portare iella davvero a noialtri!"


Rocco corse verso il vecchio e chiese di lasciarlo in pace, spiegò in poche parole la gravità  della situazione ed essendo Campione della Lega tutti gli crebbero.


"Cercate riparo, il più lontano possibile dalla costa! Non c'è molto tempo!"


"Rocco, dimmi che succede!" e dalla fossa si fece avanti Drake.


"Drake... Siamo in pericolo. Credo ci sia di mezzo il Team Magma, guarda cosa ho trovato..."


"Un pezzo di mantello... Senz'altro è di uno di quei briganti! Quindi sono loro che vogliono risvegliare Groudon, come hai detto prima..."


"E non è tutto, il Team Idro credo voglia fare lo stesso! Non c'è tempo da perdere!"


Non fecero neanche in tempo a finire di parlare che il sole si infiammò e la terra prese a tremare. Al contempo molte nuvole cominciarono ad arrivare, minacciose, spinte dal vento e il mare si faceva sempre più nero e profondo.


"Vai Salamence!" fece Drake lanciando la sua Poké Ball "Sali Rocco, non c'è un secondo da perdere!"


"Bene, andiamo verso Ceneride!"


 "Mi sembra ovvio! Avanti, dai!"


I due, in groppa al potente Salamence, si diressero quindi verso la città  misteriosa. Rocco informò il Superquattro, che si trovava al mercato in cerca di strumenti rari, del sogno e di tutto quello che aveva scoperto.


"Questa volta non so se basterà  l'intervento di Rayquaza, la situazione è troppo grave e il Pokémon non è al pieno dei suoi poteri, lo sai. Non sappiamo se mai interverrà !" osservò Drake. "Il tempo va via via peggiorando, ci siamo quasi!"


"Proprio così, faremo bene a scendere, siamo quasi sopra Ceneride e le nuvole si fanno troppo minacciose!" rispose Rocco.


Volavano tanto alti che le nuvole coprivano il paesaggio sottostante, cominciò a piovere. Allora il Pokémon Drago cominciò a scendere, bucando le nuvole e...


"AH!" a Rocco prese un colpo "Ma cosa... Cosa sono quelli?" fece con voce tremante.


Gli occhi dei due allenatori erano un misto tra terrore e stupore.


"Sono giganteschi! Cosa è successo a Groudon e Kyogre?" continuò il Campione "E guarda, quelli non sono Max e Ivan?"


"Hai ragione, sono loro! Maledetti, cosa staranno combinando? Andiamo!"


E planarono a tutta velocità  davanti ai capi del Team Magma e del Team Idro.


"Max, Ivan! Che state combinando?" tuonò più forte de cielo Drake.


"Mah, io cercavo di portare a termine il mio piano di conquista, il mio inetto rivale non so cosa voglia provare a fare!"  rispose Max con presunzione aria di sfida. "Pensate, non avrebbe saputo niente di tutto questo se solo non avesse fatto seguire le mie reclute fino alla casa del vecchio per poi rubare alcune della tavole. "


"Ma che diavolo dici Max! Con tutto quel tuo 'Groudon è meglio di qua, Groudon è meglio di la' ti sarai certo preso un colpo di sole! Sanno tutti che sei stato tu a far seguire le mie reclute!"


"Il tuo discorso fa acqua da tutte le parti, caro Ivan!"


"Entrambi i vostri piani fanno acqua da tutte le parti, non riuscirete nei vostri piani!" Rocco era determinato. "Ma intanto se non lo fermate, quel Pokémon ci farà  annegare, sta agitando tutte le acque!"


"Ti riferisci al mio Kyogre?" fece Ivan.


"No, a quello qui in acqua!" replicò Rocco.


"Si, molto divertente, ma il tuo umorismo non ti salverà ! Questi sono ArcheoKyogre ed ArchoGroudon, ovvero come erano prima, molto prima che consumassero le loro energie vitali scontrandosi a vicenda!"


"Archeo cosa?! Ma di che stai parlando, Ivan?"


"Te lo dirò io, Rocco!" intervenne Max "Continuando a fare ricerche su Groudon, allo scopo di espandere la terraferma, dopo aver miseramente fallito, quando, un giorno, sono venuto a conoscenza di alcune tavole misteriose, descritte in una antica pergamena che avevo rubato tempo fa al Team Idro! Ora il problema è: dove trovarle? Ecco che dopo ulteriori ricerche sono arrivato al vecchio, a rubargli le tavole e alla soluzione! Peccato che qualche ficcanaso si sia intromesso, vero Ivan?!"


"Ma che volete fare con i due Pokémon ora?! Sarete comunque alla pari, porterete solo distruzione!" Rocco non poteva più stare a guardare "Vai Metagross!"


"Che pensi di fare, caro Rocco Petri? Appena i Pokémon leggendari acquisiranno il pieno potere nulla li fermerà ! Vai Sharpedo!" così Ivan accettò la sfida!


"Salamence, siamo alla resa dei conti, vai!"


"Vacci piano, vieni Camerupt!"


Il cielo era un alternarsi di pioggia, nuvole cupe e bagliori. La terra tremava e molte rocce crepavano. L'acqua nell'antico cratere si agitava. Intanto i quattro allenatori combattevano aspramente...


"Finiamola qui Drake! Metagross usa Martelpugno su Sharpedo!"


"Va bene! Salamence, Idropompa!"


"Oh no, Sharpedo!"


"No, Camerupt!"


Un enorme boato sorprese tutti, i due Pokémon leggendari erano ormai carichi e si attaccarono!


"Ci siamo! Ahahahah!" la risata malefica di Max rimbombò tra le pareti del vulcano.


 "Oh no!" Rocco non poteva credere ai suoi occhi!


La forza dei due leggendari però si equivaleva. Ma ad un tratto, ecco uno squarcio nel cielo! Rayquaza!


"Scusare se vi ho fatto attendere, ma non potevo vedere la mia città  rovinarsi così e allora sono corso a chiamare rinforzi!" era Adriano, giunto con il drago leggendario.


"Illuso, Rayquaza è troppo debole, non puoi contrastare le Archoevoluzioni!" gridò Ivan.


Sono distratti, è il momento "Metagross usa Psichico e rompi le sfere!"


 


Fu un secondo, un bagliore potentissimo illuminò ogni angolo di Ceneride, anche il più nascosto tra le rocce. Poi una potente esplosione. I tre leggendari non c'erano più e delle pietre rimanevano solo briciole...


 


"Ehi, ma che..?!" Adriano era incredulo, sentiva il vento tra i capelli. Tempestivamente Drake con il suo Salamence aveva tratto in salvo i compagni volando lontano dall'imminente disastro.


"Grazie Drake" disse Rocco.


"Grazie davvero" ribadì Adriano.


"Figuratevi ragazzi! Dai adesso andiamo a raccontare tutto al vecchio, nemmeno lui ci crederà !"


"Quale vecchio?" chiese Adriano sentendosi fuori dal discorso.


"AHAHAHAH!" Rocco e Drake risero di gusto.


 


Ma i capi dei Team malvagi?!


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