letscore Inviato 13 novembre, 2017 Condividi Inviato 13 novembre, 2017 Durata del Contest: dal 13 al 23 novembre 2017 (ore 23:59)Annuncio dei Risultati del Contest: 7 dicembre 2017**A seconda del numero dei partecipanti la data di pubblicazione dei risultati potrebbe variare Benvenuti al nuovo Contest di Scrittura “Malvagi Senza Gloria”, dedicato alla narrazione delle vicende di un personaggio malvagio di Pokémon Ultrasole e Ultraluna. Requisiti per Partecipare Per partecipare è necessario un account nella community di Pokémon Millennium. Per maggiori informazioni su come registrarti clicca qui. Regolamento Il Contest prevede la creazione di un racconto incentrato su un personaggio malvagio di Pokémon Ultrasole e Ultraluna. Scegliete il vostro cattivo preferito, articolando la trama del racconto attorno a lui e alle sue vicende. La storia può essere ambientata sia nell’arco temporale di Pokémon Ultrasole e Ultraluna sia nel periodo antecedente, come se si trattasse di un prologo degli stessi giochi. Navigate con la fantasia per realizzare un’incredibile storia piena di interesse e attrattiva! Il racconto può essere scritto in prima o in terza persona; Non vi sono limiti sulla lunghezza dell’elaborato. Tuttavia, non potrà essere scritta una Fan Fiction a puntate: l’elaborato dovrà essere scritto interamente in un unico messaggio. È possibile suddividere il racconto in capitoli, l'importante è che costituiscano un blocco unico; L’elaborato dovrà essere inedito: è vietato usare racconti scritti e pubblicati in precedenza su Pokémon Millennium o altrove; È severamente vietato copiare lavori altrui! Se lo scrittore sarà sorpreso a “rubare” un elaborato verrà squalificato dal Contest e dalle iniziative future (solo i protagonisti delle storie possono essere malvagi!); Il topic sarà utilizzato esclusivamente per postare gli elaborati. Una volta pubblicato il proprio elaborato non sarà possibile effettuare alcuna modifica o correzione (a meno che non venga esplicitamente consentito dagli organizzatori), pena l’esclusione dal Contest. Come Partecipare Una volta scritto il proprio elaborato, sarà sufficiente rispondere a questa discussione inserendo la propria opera e alcuni dettagli. Lo schema da rispettare è il seguente (clicca il pulsante spoiler!): Spoiler Nome dell’autore: inserire qui il proprio nicknameTitolo: inserire qui il titolo del proprio elaboratoElaborato: inserire qui il proprio lavoro Una volta pubblicato, non sarà possibile modificare il messaggio, pena l’esclusione dal Contest. Premi in Palio I premi in palio, che varieranno a seconda del numero di partecipanti, sono i seguenti: Il primo classificato riceverà il videogioco Yo-Kai Watch 2 Spiritossi per Nintendo 3DS e 20 PokéPoints da utilizzare su Pokémon Millennium! Il secondo classificato riceverà 15 PokéPoints Il terzo classificato riceverà 10 PokéPoints I classificati tra la quarta e l'ottava posizione riceveranno 7 PokéPoints ciascuno Il vincitore del premio originalità, assegnato al creatore di un lavoro da podio che si è distinto per una particolare originalità, vincerà 12 PokéPoints! I vincitori del premio di consolazione, assegnato a coloro che hanno avuto una buona valutazione dai giudici pur non rientrando tra i migliori otto, riceveranno 2 PokéPoints a testa. Giudici della Competizione I vostri elaborati saranno esaminati e giudicati da AleanDij27, Lembina, letscore, Liuk e LooP. Domande & Assistenza Per qualsiasi domanda, o se hai bisogno di assistenza, gli organizzatori del contest saranno sempre disponibili per un chiarimento. Contattaci attraverso la discussione di supporto per le iniziative. Lo Staff di Pokémon Millennium vi augura buon divertimento con il Contest di Scrittura 2017! Link al commento Condividi su altre piattaforme Più opzioni di condivisione...
Aurores Inviato 15 novembre, 2017 Condividi Inviato 15 novembre, 2017 Autore:Aurores -Cyrus,Il Lupo che perse il pelo... Diario:Giorno XX del mese XX dell'anno 20XX ...Tre anni...Tre anni sono stato intrappolato in quella dimensione distorta...almeno,questo secondo i dati che ho trovato nella mia dimensione d'origine. Quando ero lì dentro il tempo non passava affatto,lo posso confermare dal fatto che non invecchiavo,eppure sembrava fossero passati secoli quando ero lì... Le immagini del giorno e della notte,dalla dimensione imperfetta che ho tentato di cancellare per crearne una perfetta,arrivavano di continuo ed insieme non permettendomi di dormire...beh,non che ne avessi bisogno Poiché la cosa veramente strana di quel luogo infernale era che nonostante fossi senza cibo non ho mai avuto bisogno di mangiare...e lo stesso valeva per il sonno,non ho mai avuto di bisogno di dormire!Sembrava che la distorsione avesse effetti anche su di me. Questo è stato un bene,dato che altrimenti oggi non sarei qui a scrivere questa pagina di diario...ma durante la mia prigionia era una tortura che desideravo sparisse insieme a quell'incubo distorto. Vedevo di continuo imperfezioni,anormalità,cose fuori da ogni logica umana e pokémon...volevo solo andarmene il prima possibile. Non sono mai riuscito a trovare un'uscita o crearne una,il pokémon ombra che mi aveva imprigionato era scomparso,dev'essere a causa di quello stupido ragazzino che rovinò i miei piani... Un giorno accadde qualcosa però...nel mentre stavo vagando nella dimensione distorta,un portale si aprì...Non era per niente simile ai due portali dei leggendari Palkia e Dialga...e nemmeno di quel pokémon ombra! Sembrava un imbuto,e da esso vi uscirono tanti tizi vestiti di nero,ad eccezione di una R riempita con i colori dell'arcobaleno.Ho sempre odiato quei colori,eppure in quel momento ero felice di vedere una qualsiasi cosa che fosse diversa dall'essere distorto e senza privo di senso. Poco dopo uscì un altro tizio,vestito elegante e con un persian affianco a sé,che mi sorrise e si avvicinò a me con le braccia aperte,dicendo"E' un piacere incontrarla Cyrus...immagino ti serva il mio aiuto,dopo tanto tempo speso in questo luogo...glielo posso offrire,ma in cambio voglio il suo di aiuto" Non li avevo riconosciuti subito,ma quando arrivò quel tizio la mia mente ricordò quello che avevo letto su vari giornali quando da ragazzo volevo passare il tempo...Le persone con la R colorata erano i membri del team Rocket...e quello era il loro capo:Giovanni. Nonostante avessi sempre odiato l'idiozia del loro insulso gruppetto,non potevo non accettare e lo seguii entrando nel portale con il quale mi aveva raggiunto. Mi portò nel suo ufficio,dove mi disse del perchè era venuto da me:Aveva bisogno del mio genio per perfezionare la sua tecnologia e avere un generale competente per il suo team...accettai per ripagare il debito nei suoi confronti,ma soprattutto per quello che mi offrì in cambio dei miei servigi: La mia dimensione perfetta,governata solo da me e senza nessun' imperfezione...accettai quasi subito,ed ora mi ritrovo ad aiutare questi pagliacci. Per il momento starò al gioco,ma questi stolti non sanno che alla prima occasione li distruggerò. Difatti perchè dovrei volere solo il mio mondo perfetto,se ne esistono infiniti che sono imperfetti e non meritano di esistere? Cancellerò ogni singolo universo imperfetto esistente,lasciando solo la perfezione a regnare sovrana...e la prima dimensione che cancellerò sarà ovviamente quella distorta agonia ,insieme a quella imperfetta a cui fa da controparte,e nessuno questa volta potrà fermarmi! Forse sarò un lupo che ha perso il suo pelo,ma non il vizio Link al commento Condividi su altre piattaforme Più opzioni di condivisione...
KonoFlavioDa Inviato 15 novembre, 2017 Condividi Inviato 15 novembre, 2017 Autore: Flavio0625 Titolo: Giovanni, la nuova malvagità Elaborato: Sono ormai anni che sono fuori dal team... Senza di me non sono andati molto lontani a quanto vedo, anzi hanno cercato anche di richiamarmi, poveri stolti, io sto realizzando un piano molto più grande di quello per cui ho creato il team rocket, infatti, è per questo che me ne sono andato e gli ho abbandonati di punto in bianco. Erano troppo scarsi e stupidi quindi inutili per il mio nuovo piano, per questo sto formando un nuovo team molto più forte e completo, composto dai migliori cattivi in circolazione. Ho cercato in lungo e in largo, regione per regione, per arrivare dove sono ora ad Alola! Il mio nuovo team l’ho chiamato team rocket rainbow in onore dei bei vecchi tempi dove cercavamo di rubare pokemon agli allenatori per tutta la regione di Kanto. Ho costruito il mio palazzo nel sottosuolo di Alola in modo che nessuno potrà scoprirlo fino a che il mio team sarà al completo. Sono andato per tutte le regioni dove c’è stato almeno un team malvagio e ho reclutato i capi di ogni team promettendoli il mio aiuto. Senza dubbio il più difficile da reclutare è stato Cyrus, il capo del team galassia, sia per arrivare dove risiedeva sia per convincerlo. Con l’aiuto del mio fidato Mewtwo e delle conoscenze tecnologiche di Elisio, capo del team flare, ho aperto un varco interdimensionale per raggiungere il mondo distorto dove Giratina lo aveva risucchiato e lo ho portato fuori da li. Poi sono andato da tutti gli altri team delle altre regioni e devo dire che quello con le idee più simili alle mie era Gechis del team plasma. È un uomo molto simile a me sia caratterialmente sia per gli ideali quindi è stato il più facile da convincere. È stato proprio lui a consigliarmi l’idea di nascondere il palazzo sottoterra come fece lui al suo tempo a Unima con il castello di N e infatti è proprio quello che ho fatto. Poi da Elisio ho appreso la megaevoluzione e ho girato in lungo e in largo Kalos per trovare la megapietra che permette la megaevoluzione del mio fidato Mewtwo e ne ho trovate addirittura due e ho capito che nascondono poteri straordinari. CLACK. La leva che permette il movimento dell castello è azionata e il castello ora è visibile agli occhi di tutti perchè ormai il mio piano è pronto. Ho formato un team malvagio fortissimo, in grado di sconfiggere qualunque nemico e ho acquistato le singole capacità di ogni capo dei team precedenti. Ora sono invincibile e una volta che il mio piano di soggiogare la regione di Alola e in seguito tutte le altre quindi conquistare il mondo e diventarne il padrone assoluto, non manterrò la mia promessa con i capi ma anzi gli eliminerò a uno a uno con il potere della megaevoluzione, perchè io sono Giovanni, il capo del team rocket rainbow e non faccio alleanze con nessuno!!! È ora che Alola conosca la vera malvagità!!! Link al commento Condividi su altre piattaforme Più opzioni di condivisione...
Lucas_Mystery Inviato 15 novembre, 2017 Condividi Inviato 15 novembre, 2017 Autore: Lucas_Mystery Titolo: Il racconto di ragazzo Storia: Mi chiamo Jun...non sono un capo...non sono un comandante...ero solo uno tra quei ragazzi e ragazze che desideravano girare per le isole e vedere la regione...mi ricordo ancora quel giorno...il giorno in cui tutto cambiò. Avevo 11 anni e mi era stato appena regalato il mio primo pokemon...un Turtonator...lo so...bizzarro come starter...chiunque si sarebbe aspettato un rowlet, un litten o un popplio o un pokemon dei percorsi li vicino, ma io nel vedere quel gigantesco pokemon drago al mio fianco mi dava una sensazione di invincibilità enorme, una sensazione che presto si sarebbe spenta. Grazie a Turtonator superare le prove fu facile e sempre grazie a lui trovai i mie primi compagni di squadra: Passimian e Archen, una volta lasciata l'isola di Akala dove ero nato mi spostai verso Ula Ula, ma non potevo sapere che era li che mi aspettava la fine della mia vita da allenatore. Una volta sbarcato cominciai subito a cimentarmi nelle prove, non fu facile ma ci riuscii e trovai anche un nuovo compagno di squadra: Krokorok. Fu durante la sfida con il kahuna dell'isola che tutto cambiò, mentre lottavamo sentimmo un forte presenza avvicinarsi sempre di più e come dal nulla spuntò fuori, era la divinità dell'isola. Mi ricordo ancora...il gelido sguardo di quell'essere...la sensazione di impotenza...l'aria sembrava come rarefarsi...ritrovo tutto ciò ancora nei miei incubi, puntandomi una delle sue zampe fece un gesto di indignazione e fu allora...che sentii quelle parole...quel suono...che distrusse il mio mondo :"non sei degno"...furono le parole pronunciate dal kahuna, nonostante ciò aveva in volto uno sguardo di indignazione e sottomissione verso quella capricciosa divinità...ero confuso...paralizzato...non sapevo come reagire...a risvegliarmi fu il ruggito di Turtonator che si lanciò contro la divinità venendo però spazzato via come foglie al vento...da quel giorno fui espulso dal giro delle isole. Tornai a casa ad Akala ma ciò che trovai fuori di casa erano due pacchi e uno zaino...e lo sguardo in lacrime dei mie genitori...ero diventato la vergogna del villaggio e così decisero di cacciarmi. Finii per vagare per la città di Kantai per non so quante settimane o forse addirittura mesi, per far sopravvivere me e i miei compagni mi diedi alla criminalità di basso livello...rubavo...saccheggiavo...finii in prigione 2 volte...un ragazzo di 12 anni in prigione perché ha cercato di sopravvivere...che immagine orribile;ce ne erano altri come me...i loro sguardi erano come il mio vuoti...senza vita...privati di quella luce che ci aveva dato forza...ma poi arrivò lui, emanava una luce oscura...ma...era calda...rassicurante...come se qualcuno mi stesse aiutando a portare quel fardello che avevo sulle spalle, mi disse che stava radunando persone...persone con le quali cambiare le cose...cambiare la regione...non so se furono quelle parole o quel suo sorriso malvagio ma che racchiudeva speranza...ma quando mi porse quel fazzoletto nero io accettai. Sono passati 2 anni da allora...ora vivo in un appartamento nella periferia di Hau'oli insieme ad un altro ragazzo, un tipo strano ma simpatico che non fa altro che fare rime e mettere il nostro nome alla fine d'ognuna di esse...non mi pento di ciò che sono ora anche se la gente ci schernisce e non ci prende sul serio...ora o la mia libertà e la speranza nel pensare che un giorno tutto cambierà. Mi chiamo Jun...non sono un capo...non sono un comandante...sono solo uno tra quel ragazzi e ragazze che desiderano un cambiamento...e...come direbbe il mio amico: "OCCHIO ALLO SKU-SKU-SKU-SKULL!!!!!". Link al commento Condividi su altre piattaforme Più opzioni di condivisione...
ThePokesor Inviato 16 novembre, 2017 Condividi Inviato 16 novembre, 2017 Autore: The Pokesor Titolo: La scomparsa del sommo! Elaborato: «Cavolo… certo che qui fa proprio caldo! Io… il supremo Ghetsis Harmonia Gropius… come ho fatto ad entrare in quel varco? Questo luogo non sembra Unima… la sabbia è di certo diversa da quella di Spiraria o da quella di Grecalopoli… per colpa della tuta respiro anche a fatica…» Ad un certo punto sentii una voce che chiamava il mio nome, e mi alzai subito, infondo il re di Unima non si può mai inginocchiare davanti a qualcun altro. «Tu sei Ghetsis vero? Su alzati e risponditi!» Non ci pensai due volte… come osava costui ad urlare contro il re di Unima… colui che padroneggia la verità e gli ideali. «Si sono io, come OSI disturbare un re!» «Giusto… tu sei il capo del Team Plasma… e sei anche diventato re di Unima, per fortuna le fonti non mentono, ma sappi che qui ad Alola non vali niente!» Ero molto confuso, ma bene o male avevo capito tutto: quella specie di buco nel cielo mi aveva trasportato ad Alola, una regione esotica di cui già ne avevo sentito parlare, il tizio con cui avevo parlato si chiama Giovanni, dice di venire da un'altra dimensione e che vuole conquistare il mondo insieme a me e ad altri membri di un team dal nome strano: Team… Rain… Rainbow Rocket! Mi rinchiuse in una stanza di una villa lussuosa, ma che ovviamente il sottoscritto ad Unima si poteva permettere con tanta facilità. Per qualche giorno pianificai ciò che mi aveva chiesto Giovanni: come conquistare Alola, ma ero molto confuso. Possibile che quel varco nel cielo mi avesse stordito fino a questo punto… non riuscivo nemmeno a riconoscere determinati oggetti e il mio unico obbiettivo era sapere qualcosa di più su questo varco. Avevo perso perfino la voglia di tornare ad Unima, non me ne importava più niente! Con il laptop in camera mia cercai informazioni sul posto e sul varco: Alola era un arcipelago, aveva da poco un campione ed è famosa per questi varchi interdimensionali generati da un certo Pokemon Solgaleo. «Interessante… mi sarà molto utile per sapere qualcosa su questi ultravarchi… » Non mi sentivo ancora bene… quell’ultravarco mi aveva completamente distrutto… ma dentro di me c’era soprattutto il voler distruggere qualcosa… che sia la regione di Alola!? Di soppiatto la porta si aprì… era Giovanni e mi chiedeva quale fosse il mio piano per conquistare Alola e io risposi: DISTRUGGERLA! Giovanni«Scusami, è questo il piano del re di Unima?!!» «SI, distruggerò anzi distruggeremo Alola e da li costruiremo un posto dove ideali e verità si intreccino… un mondo perfetto!» Giovanni rise e se ne andò senza fiatare. Passarono i giorni… ma io ero sempre più stanco fisicamente… psicologicamente volevo distruggere… fino a quando non si riaprì di nuovo quella porta. «E TU CHI SEI?!» «Io sono il campione di Alola e farò finire il Team Rainbow Rocket» In quell’istante tutta la mia voglia di distruggere si sposto nel voler distruggere quell’allenatore e iniziò la battaglia… Certo i miei Pokemon erano stanchi… infondo avevo trovato le Pokeball solo il giorno prima… ma ero sicuro di vincere e sentivo un’aurea avvolgermi di potenza, quasi come quell’aurea che avvolge i Pokemon durante le mosse Z che avevo visto l’altro giorno sul mio laptop… 5 minuti… solo 5 minuti e la mia sconfitta avvenne… «Complimenti, hai sconfitto il re di Unima, ma adesso dimmi… COME HAI FATTO!! IO, IL RE DI UNIMA GHETSIS HARMONIA GROPIUS SCONFITTO DA UN MOCCIOSETTO ACCOMPAGNATO DA UNA RAGAZZINA INUTILE!!» Mi venne istintivo spingere quella ragazzina per terra per scappare via da quella prigione, ma prima esclamai: «Non è giusto! Non è possibile» Volevo tornare ad Unima! Corsi senza una meta, scappai incontrando mille volti differenti… un pirata vestito di blu ed un idiota vestito di rosso… un uomo privo di emozioni ed un altro dai capelli rossi come una criniera di leone… Non sapevo cosa fare e scappai. Appena uscito dalla villa raggiunsi un edificio affianco e notai che ero circondato dal mare… A quanto pare ero su un isola artificiale! Ero stato sconfitto, volevo tornare ad Unima, non ce la facevo piu fino a quando non mi ritrovai Giovanni davanti a me… «Tu non sei in grado di aiutarmi, fallito» Da li il buio, non ricordo più niente. Mi risvegliai giorni dopo al palazzo di N, sulla vista della lega di Unima. Antea e Concordia mi avevano curato ed N, il principe di Unima, si spaventò per la mia scomparsa… Da quel giorno non ricordai piu niente, l’ombra avvolse i miei ricordi, il mio unico scopo era continuare a regnare su Unima, privando gli umani dei Pokemon! Link al commento Condividi su altre piattaforme Più opzioni di condivisione...
Eneru Inviato 16 novembre, 2017 Condividi Inviato 16 novembre, 2017 Nome dell’autore: EneruTitolo: Vita da recluta (Soggetto: Recluta Team Rainbow Rocket)Elaborato: Eccomi qui, a scrivere un piccolo racconto sulla mia esperienza che sto tutt'ora vivendo in quel di Alola. Mi chiamo Victor, giovane recluta del nuovo Team Rainbow Rocket. Fin da piccolo ero stato istruito da mio padre (ex-recluta del famoso Team Rocket a Kanto) a prestare servizio verso questa organizzazione criminale. Che dire, non una bella vita insomma... La nostra famiglia era abbastanza povera, quindi non c'era altra scelta se non quella di avere qualche guadagno attraverso azioni non propriamente legali: dalle rapine nei vari Market e/o aziende di valore sparse per la regione, alla compravendita illegale di pokémon, fino alla conquista, con la forza, di importanti pezzi di terreno su cui poter piantare alberi di bacche, per poi poterle vendere. Insomma, tutto quello che si poteva guadagnare illegalmente, noi facevamo di tutto per guadagnarlo. Dopo un po' di gavetta nella cara e vecchia Kanto, arrivò finalmente il fatidico momento in cui venni promosso a recluta ufficiale del team. Di lì a poco il nostro capo decise di spostarsi, insieme a tutta l'organizzazione, nella regione di Alola, rinominando il team ''Rainbow Rocket''. Ed è praticamente qui che comincia la mia personale avventura da Recluta. Arrivato ad Alola, vengo subito incaricato di cercare potenziali nuove reclute, insieme ad altri miei colleghi. Pertanto mi vengono fornite ben due pokéball: una contente un esemplare di Zubat; un'altra contenente, invece, un esemplare di Grimer. Quest'ultimo è un esemplare diverso da quello che conoscevo, infatti in questa regione tali pokémon hanno sviluppato altre caratteristiche rispetto a quelli presenti nella mia regione di provenienza, ovvero Kanto. Cambiano in estetica e addirittura hanno acquisito un nuovo tipo! Ma non sembrano gli unici pokémon ad avere questa peculiarità qui ad Alola... Nei giorni seguenti riesco ad imbattermi in vari giovani allenatori. Ogni incontro era caratterizzato da lotte pokémon, in quanto tutti questi ragazzini non volevano proprio saperne di entrare a far parte del nostro team. Quindi, insieme ai miei colleghi, cercavamo di convincerli con le maniere forti! Nemmeno un tentativo andò a buon fine: molte volte riuscivano comunque a scappare, dopo aver messo fuori gioco tutti i nostri pokémon; altre volte venivamo raggiunti dalla polizia locale, allertati dalle urla dei ragazzini e dalle piccole esplosioni dovute alla collisione degli attacchi dei pokémon. Insomma, sembrava essere un fallimento.... Dei tanti ragazzini incontrati, uno in particolare mi colpì: si chiamava Sun, ed era tremendamente determinato a proseguire la sua avventura sull'isola, tanto che in quel caso la lotta pokémon intrapresa contro di lui fu a senso unico, io ed il mio collega non potemmo far niente di fronte alla potenza dei suoi pokémon. Da lì capii che avrei dovuto allenare di più i miei pokémon, e non usarli solo come strumento intimidatorio nei confronti di giovani ed inesperti ragazzini. Ecco, vedere i pokémon in maniera diversa cominciò a far balenare nella mia testa l'idea di abbandonare la vita da criminale per ricominciare da zero e affrontare una nuova vita! In effetti la vita da Recluta del Team Rainbow Rocket non era così bella, così come la vita da criminale in generale... Molti di noi ci ritrovavamo lì per cause di forze maggiori, tipo nel mio caso: costretto a lavorare per questi tizi per via della scarsa stabilità economica della mia famiglia e per le continue insistenze di mio padre. Non era la vita che sognavo da piccolo, non l'avevo scelta io. Tali pensieri cercavo di condividerli con i miei colleghi, ma in cambio riuscivo ad ottenere soltanto occhiatacce e giudizi negativi nei miei confronti. Tutti cominciarono a pensare che volessi tradire l'organizzazione e consegnarla alle autorità. Risultato? Relegato nel sotterraneo del quartier generale a fare la guardia ad un qualcosa che nemmeno io sapevo cosa potesse essere, senza possibilità di comunicare con qualcuno all'esterno in nessun modo. Certo, mi spettava un'oretta di pausa al giorno oltre alla pausa-pranzo, ma di certo la mia vita era stata sconvolta di nuovo, ero stato addirittura degradato... Ogni giorno passato in quel sotterraneo era una tortura, continuavo a pensare a quanto fosse bello passeggiare per la regione, catturare pokémon ed effettuare lotte, ma allo stesso tempo pensavo a quanto fosse utile continuare a servire il Team Rainbow Rocket, per via dei soldi. Ero confuso, ed anche arrabbiato per la situazione... Dentro di me si coltivava sempre più rabbia per quello che stavo passando, e di lì a poco i pensieri sulla volontà di lasciare tutto e cominciare una nuova vita furono sostituiti da pensieri più bui, più macabri....pensieri criminali! Non potevo crederci: e se fosse stato questo l'intento del mio capo fin dall'inizio? Aveva visto in me segni di cedimento, pertanto mi mise in una situazione in cui avrei sicuramente sofferto, provocandomi sempre più rabbia interiormente e annebbiando la mia mente con pensieri malvagi. Beh, se era questo il suo scopo, devo fargli i complimenti... ci è riuscito! Forse questa mia natura c'è sempre stata e dovevo semplicemente farla emergere, ma ora posso dire di essere più consapevole delle mie intenzioni e quindi è giunto il momento di scalare le gerarchie e diventare quantomeno vice-capo dell'organizzazione. Non avevo passato tutto quel tempo nel sotterraneo invano, a grattarmi la testa. Avevo approfittato della situazione per allenare i miei pokémon, tanto da riuscire a farli evolvere. Infatti il mio bel Grimer si è evoluto in uno splendido Muk, ed il mio Zubat in Golbat. Ero finalmente pronto per ricominciare il mio lavoro al di fuori del quartier generale. Rimasi lì, in attesa di una chiamata da parte del capo, che mi avrebbe di lì a poco incaricato di andare nella città di Hau'oli per incontrare un commerciante, che di solito si occupava della compravendita di Code Slowpoke. Prendo le mie due pokéball e mi dirigo all'uscita: <Ah, finalmente un po' di aria fresca. E' l'ora di ricominciare miei cari, abbiamo il compito di conquistare questa regione!> Esclamai con tono deciso ai miei colleghi, prima di partire alla volta della città vicina... Link al commento Condividi su altre piattaforme Più opzioni di condivisione...
meatball Inviato 16 novembre, 2017 Condividi Inviato 16 novembre, 2017 Nome dell’autore: meatballTitolo: Roi•taire - Il Silenzio del ReElaborato: Opprimente, senziente, dolente. Fischia, urla, scuote, divide e ghermisce. È freddo, sono pungenti spine che silenti aspettano che cada. Ti sembra di camminare su un tappeto di carboni ardenti ma tu non senti nulla anche se sei cosciente che la pelle ti stia urlando fino allo spasimo di far finire quell'incessante tortura. Ma continuo a camminare in questa verdegrigia foresta, sto portando più foglie sul mio mantello che sulle folte chiome degli alti alberi. Perché non riesco a fermarmi? Sembra come se camminando mi scivoli via quella pesante cappa di solitudine e silenzio che ormai da qualche anno mi urla nel carapace vuoto che è diventato il mio pesante corpo. Sto camminando, io lo so. Non sento pokemon intorno a me, non sento voci intorno a me, non sento versi intorno a me, non sento alcuna presenza intorno a me. Le parole mi sembrano tutte ridondanti…Avete mai avuto quella sensazione di non non conoscere più una parola dopo averla ripetuta più volte? Ecco, sento la stessa cosa da ormai anni, credo. Il mio mantello diventa più pesante, mi tira verso la parte opposta, eppure non ho sentito nessuno camminarmi vicino. Mi sento immerso in una grossa bolla di sapone nero pece, così viscosa e fitta che non riesco a vederci attraverso. Dove sono i tronchi? E i pokemon che la popolano? Dov'è il cielo? C’era un cielo quando ci sono entrato? È un’opprimente senso di disgusto questo, quanto può fare paura un vacillante senso di silenzio? È così forte che mi sembra quasi voglia strapparmi i timpani, lo sento farmi vibrare lo stomaco come se fossi percosso con violenza da qualcuno. Come può un re avere timore di qualcosa di astratto come il silenzio? È una paura irrazionale, non puoi descriverla puoi solo viverla. Il mio mantello da pesante che era diventa improvvisamente di marmo e mi ancora al suolo. È questo il limbo che devo vivere in eterno? È questa la mia punizione per aver voluto il nulla per gli altri? Ho desiderato l’oblio per il mondo e per i suoi abitanti è invece la paura del nero mi sta avvolgendo. Pagherei la mia anima per sentire un rumore, qualsiasi rumore. È come se quelle spine quiescenti che mi circondavano il cuore tutto d’un tratto abbiano assunto la stessa valenza della spada di Damocle. Fisso il vuoto davanti a me, come posso penetrare questa cappa di oscurità che mi avvolge? Ho il fiato corto e quelle spine mi costringono sempre di più i polmoni. Stringo i pugni con forza, mi pare di sentire le unghie conficcarsi nei palmi. Un piccolo calore si insinua tra le mie dita, mi fa rilassare e i tendini pian piano si sciolgono nel quieto tepore di una piccola manina calda. Sbuca timidamente un faccino sporco da dietro di me, ecco allora perché il mio mantello era diventato così pesante. Le spine cadono ma non mi importa. Bucano quella bolla scura e in un secondo mi pare di vedere una scena che non so descrivere se sia veramente accaduta o meno. La foresta finalmente si palesa davanti a me e il verde del bosco fa da sfondo ad una folta cesta di capelli dello stesso colore delle foglie, le stesse che prima cercavo disperatamente. Mi sorride, sospiro, socchiudo gli occhi…Stringo appena la mano di quel dolce bambino che mi ha tirato fuori dall’oblio, non c’è nessuno nel circondario che possa averlo semplicemente perso. Dall’alto della mia non indifferente mole, mi chino verso il piccolo e nello stesso istante in cui mi sembra di poterlo abbracciare quella visione di ciò che fu e mai più sarà scompare. E ancora buio circonda il mio corpo, in una caverna secca e senza luce, il sovrano di Unima ne fece temporaneamente giaciglio sicuro dalle intemperie e da chi lo insegue. Ghecis, so chi sono e so cosa ho fatto. Mi trovo lontano da quella che doveva essere la terra che avrebbe dovuto vedere la nascita del mio sogno, ho navigato a lungo per poter trovare una terra altrettanto ‘incontaminata.’ Alola la chiamano. Esco da quella grotta scavata nella montagna e mi sembra di ritrovare la mia bolla, le mie spine, il mio silenzio. Tutto quel delirio che ho vissuto in realtà non erano le mie foreste di Unima, ma solamente una grotta di una terra straniera. Di una terra non mia. Quanto ho vagato in quella grotta? Quante volte ho girato in tondo? Quante volte mi sembrava di aver trovato la strada per uscirne? Un eco di un passato che ho contaminato mi ha aiutato, perché? Fisso davanti a me alla ricerca di una risposta ma non riesco a trovarla. Quel poco di sanità mentale che mi rimaneva mi è scivolata via dalle mani. È la mia fine questa? O è la fine da dover usare come nuovo inizio? Io sono Ghecis, Primo tra i Sette saggi e Re di Unima. Se è l'oblio che mi aspetta allora ne farò mia compagna, questa bolla la mia dimora e il mio scudo e queste spine le mie armi. Questa volta non sarò io ad inginocchiarmi, i re non sanno farlo. Roi•taré-La pazzia del re. Link al commento Condividi su altre piattaforme Più opzioni di condivisione...
Michisco Inviato 16 novembre, 2017 Condividi Inviato 16 novembre, 2017 Nome dell’autore: MadEifie Titolo: Il male e la carneElaborato: Capitolo I – Beltà – “Ti devo cercare ad ogni costo, non puoi essere così lontano da me! Ti troverò anche a costo… di impazzire!” Samina risiedeva nella sua sfarzosa camera da letto dove un’illuminazione argentea donava alla stanza una parvenza di perfezione e bellezza. Ogni mobile regale era perfettamente al suo posto, ordinato e pulito. Inoltre, in fondo alla stanza, risiedeva una specchiera incantevole rifinita in oro, con sopra una bianca fruttiera piena di Baccapesche perfette, senza nessuna ammaccatura o imperfezione. Ella, con una sottile matita nera, stava scrivendo su un foglio candido del suo diario un numero… 42. Mentre, osservava lo specchio con occhi vuoti e spenti, il suo pensiero era altrove, la donna era assillata per la sparizione di suo marito Paver, in un Ultravarco da lui stesso aperto; essa desiderava ritrovare il suo consorte perduto. Samina si alzò elegantemente dal letto e si diresse davanti al luminoso specchio, osservando intensamente la sua immagine specchiata; dopodiché iniziò a recitare, come ogni giorno, quello che era divenuto un suo mantra “Ti devo cercare ad ogni costo, non puoi essere così lontano da me! Ti troverò anche a costo… di impazzire! Lo devo fare per i miei adorati figli!” Ad un tratto, la donna venne interrotta da qualcuno che bussava alla porta della stanza, una voce femminile chiese se poteva entrare, e lei rispose con un semplice e serio “Avanti” La donna che entrò nella camera da letto si rivelò essere Ciceria ed esordì “Direttrice, volevo informarla per la preparazione dell’esperimento sull’Ultravarco!” “I preparativi sono pronti?” chiese gentilmente la donna. L’assistente annuì. “Lylia e Iridio sono al sicuro durante l’esperimento?” “Certamente, me ne sono occupata personalmente! Il signorino Iridio si sta esercitando per diventare un allenatore di Pokémon, come al solito. Invece la signorina Lylia risiede nella sua stanza. Entrambi sono lontani dai laboratori sotterranei!” rispose, con un tono umile, l’assistente. “Ti ringrazio, Ciceria!” disse la direttrice, poi continuò “mi sento in colpa di non essere stata vicina ai miei figli in questo periodo! Spero che capiscano il duro lavoro che sto facendo per loro!” Ciceria tranquillizzò la donna, dopodiché fece cenno di seguirla fino ai laboratori della Fondazione. Le due donne raggiunsero la destinazione passando per un lungo e largo corridoio bianco, l’enorme stanza era piena di particolari macchinari dall’aria futuristica ed era popolata da persone vestite con candide vestaglie e un casco a specchio che celavano interamente il loro viso. Vicio, con una movenza quasi serpentina, si avvicinò a Samina e, con il suo abituale tono servile, spiegò a lei “Direttrice! I preparativi sono pronti… l’esemplare di Cosmog pare essere in gran forma oggi! Questa è la volta buona che riusciremo ad aprire l’Ultravarco richiesto!” “Speriamo che sia così! Sto cominciando a perdere la speranza!” rispose sconfortata la donna. “Non si preoccupi! Posso dare via all’esperimento?” chiese umilmente lo scienziato, la direttrice acconsentì con la testa. Uno scienziato, prima di azionare il macchinario, registrò nel fascicolo il numero di tentativo dell’esperimento, ovvero, il numero 42. Fatto ciò, avviò l’apparecchiatura scatenando un insopportabile ronzio che faceva tremare l’intero laboratorio. Improvvisamente, iniziarono ad apparire piccoli flash e lievi scintille al centro della stanza, subito dopo, con lo stupore di tutti un tonfo sordo e, infine, l’apparizione di quel che pareva essere uno sfavillante tunnel extra-dimensionale. Samina osservando quel portale, si lasciò andare a un contenuto sorriso di gioia, mentre, il resto del gruppo cominciò ad applaudire e urlare dalla felicità. Purtroppo, i festeggiamenti vennero interrotti precocemente a causa di un problema all’Ultravarco, esso continuava a produrre scariche elettriche che potevano danneggiare gli apparecchi elettronici del laboratorio. Però. ad un tratto, tale scintille cessarono bruscamente, ma dal portale cominciò ad uscire lentamente una strana creatura tentacolare simile a una medusa. La creatura danzava leggiadramente, svolazzando intorno al laboratorio sotto gli occhi sbigottiti dei presenti, Samina riconobbe l’essere e, con cautela, bisbigliò al capo-filiale “Vicio, è la stessa creatura dell’Ultravarco in cui Paver scomparì!” “Ne è propria sicura, Direttrice?” chiese preoccupato, l’uomo. Lei annuì, di conseguenza, il capo-filiale scarabocchiò, quello che parevano essere delle coordinate sul proprio taccuino. All’improvviso, erroneamente, uno scienziato estasiato dalla bellezza dell’essere extra-dimensionale scattò una foto alla creatura dimenticando di togliere il flash. Il lampo di luce agitò il mostro che cominciò a diventare aggressivo; esso iniziò ad utilizzare Gemmoforza danneggiando le attrezzature del laboratorio e, cercando di ferire i presenti. Samina si nascose dietro a una scrivania assieme a Ciceria, e urlò a Vicio di dare l’allarme chiedendo aiuto “Siamo tutti in pericolo! Chiama la pattuglia!” L’uomo sconvolto chiese “Vorresti chiamare quelle persone che vengono da un altro mondo?” “Sì! Chiamali adesso!” urlò la donna. Vicio era talmente spaventato che non riusciva a muoversi, inoltre, l’urlo di Ciceria allarmò Samina che vide la creatura tentacolare avvicinarsi lentamente all’assistente. La direttrice, in un impeto di coraggio, si mise tra il mostro e la donna in pericolo. La creatura stritolò il braccio di Samina provocandole un doloroso fastidio simile a una scarica elettrica, la donna cominciò a indebolirsi e non reggendosi più in piedi, di conseguenza, cadde svenendo. Buio! Samina si risvegliò nel suo lussuoso letto, infreddolita e con i giramenti alla testa. Seduta al suo fianco c’era Ciceria con un’espressione molto turbata, invece, Vicio era in piedi davanti alla specchiera che continuava a scrivere sul suo palmare, non curandosi della salute della donna. “Direttrice, come si sente?” chiese amorevolmente l’assistente. “Mi sento debole, ma sento che mi sto riprendendo! Cosa è successo? E l’Ultracreatura?” chiese ossessionata la direttrice. Il capo-filiale fece un passo in avanti e cominciò a spiegare l’accaduto “Dopo che UC-01 l’ha attaccata, il portale ha cominciato a tremare e lentamente si stava riducendo. L’Ultracreatura, a quel punto, si è lanciata verso di esso ritornando, probabilmente, nel suo mondo! Mi dispiace, Direttrice, il portale si è chiuso e non abbiamo potuto fare niente! Però, ora abbiamo, le coordinate dell’Ultramondo di UC-01, la prossima volta sarà un successo!” “Grazie, Vicio! Voglio che inizi subito i preparativi per un nuovo tentativo, non possiamo fermarci proprio ora che siamo vicini a Paver!” Ciceria, disapprovando questa decisione, controbatté “Direttrice, deve riposarsi! Non possiamo fare l’esperimento un altro giorno?” La donna lanciò un’occhiataccia all’assistente rispondendo con un no secco poi, rivolgendosi, a Vicio comunicò “Voglio che prepari l’esemplare di Cosmog al nuovo esperimento, capito?” L’uomo annuì e lasciò la stanza con un ghigno inquietante sulla sua bocca. Ciceria, tenendo la mano fasciata della donna e con le lacrime agli occhi, consigliò “Samina, ti prego! Prenditi una pausa, questa cosa ti sta distruggendo… i dipendenti sono spaesati senza la tua leadership e soprattutto, non vedi i tuoi figli da due settimane!” “Lo so, Ciceria! Però tutto questo lo sto facendo per loro e… per me. Il mio adorato Paver è disperso in qualche Ultramondo in solitudine! Ha bisogno del mio amore e quello dei propri figli.” ribatté la donna, mentre, una lacrima solcava il suo pallido viso. “Certo, hai perfettamente ragione! Però, solo per oggi, vai a trovare i tuoi figli, soprattutto, la signorina Lylia che sente tanto la tua mancanza!” Samina, posando intensamente lo sguardo negli occhi lucidi dell’assistente, acconsentì la sua richiesta “Lo farò quando mi sarò ripresa del tutto, non posso mostrarmi in queste condizioni a mia figlia!” Ciceria approvò la decisione della donna e la lasciò riposare sull’enorme letto, sola con i suoi mille pensieri per la testa. Trascorrevano i giorni, Samina annotava, sul suo stesso diario e sulla stessa pagina, altri numeri fino ad arrivare al numero 49. Mentre, guardava intensamente la specchiera con occhi vuoti e persi nei suoi pensieri, ella non faceva altro che pensare a quella meravigliosa creatura simile a una medusa che danzava leggiadramente con quel movimento quasi ipnotico. Intanto, nella fruttiera le Baccapesche stavano incominciando a decomporsi! Capitolo II – Ozymandias – I giorni trascorrevano inesorabili e Samina stava diventando irritabile con tutte le persone che aveva intorno; soprattutto, quando scoprì che Iridio rubò un Pokémon dai laboratori scappando di casa. Inoltre, ella era assillata da strani pensieri, bramava la bellezza di quella Ultracreatura, sapeva che aveva bisogno di una protezione. “UC-01 chiedeva aiuto, cercava una madre che la proteggesse. Ho compreso la sua richiesta d’aiuto!” rimuginò la donna, mentre, scriveva assiduamente nella stessa pagina del suo diario, ormai non più candida bensì impiastricciata dalle cancellature della matita. Il numero in questione era il 56. Samina si avvicinò alla specchiera per contemplarsi; osservava minuziosamente la sua immagine specchiata. “Devo essere perfetta, nessuna ruga o qualsiasi cedimento della mia candida pelle! UC-01 deve vedere in me una madre giovane e meravigliosa!” ripeteva tra sé e sé. Dopodiché, lei decise di uscire dalla cupa stanza per dirigersi ai laboratori sotterranei per un’ispezione, ma notò Lylia entrare furtivamente dentro a un laboratorio. La donna si avvicinò cautamente alla stanza e osservò come la ragazzina giocava felicemente con l’esemplare di Cosmog. Samina entrò bruscamente e urlò “Lylia, cosa stai facendo?!” in seguito, la ragazza balzò dallo spavento. “Quante volte ti ho detto di non entrare nei laboratori sotterranei. È pericoloso!” “Scusami, mamma! Volevo vedere come stava il mio amico Nebulino!” rispose timidamente la ragazza. La donna confusa chiese chi fosse e, con un sorriso stampato in viso, Lylia indicò Cosmog. Samina non notava il volto solare e spensierato di sua figlia da molto tempo e abbracciandola gli sussurrò “Stai crescendo, tesoro! Quando eri piccola facevi fatica a creare un legame con un Pokémon e ora, guardati… ne stai creando proprio uno ora. Sono fiera di te!” La ragazza sentendo quelle dolci parole, provò una tenera emozione che non provava da mesi con sua madre. “Dobbiamo rimanere unite, il tuo amore è prezioso per me! Soprattutto ora, visto che tuo fratello ha deciso di abbandonarci!” chiarì Samina. Finché osservava la bellezza di sua figlia, notò che il suo vestito si era leggermente sporcato, in quel momento, il suo atteggiamento tramutò con uno più serio e, quasi, raccapricciante. La madre furibonda afferrò il braccio della giovane e le urlò “Cosa hai combinato, Lylia? Quante volte ti ho detto che devi apparire in modo impeccabile e ordinato. La bellezza e la perfezione, prima di tutto!” La ragazza, spaventata, cercò di giustificarsi “Perdonami, mamma! Davo del cibo a Nebulino e devo essermi sporcata, in quel momento!” Samina stringendo, con vigore, il braccio della figlia notò la sua smorfia di dolore e, a quel punto, mollò la presa ordinandole di andare a ripulirsi. Lylia si allontanò correndo con le lacrime agli occhi, terrorizzata dalla sfuriata della madre. La donna, accorgendosi, di ciò che aveva fatto si diresse, immediatamente, nella sua camera da letto per meditare sull’accaduto. “Cosa mi è preso, non mi sono mai rivolta così a mia figlia! Questa storia mi sta facendo impazzire, è tutta colpa mia… Iridio è scappato per il mio folle comportamento, non posso perdere anche la mia dolce Lylia!” commentò dialogando allo specchio. Samina avvertiva una trasformazione in lei e, osservando la sua immagine nello specchio, sentiva una voce dal suo riflesso, come se stesse parlando realmente a lei. “Non è colpa tua, Samina! Iridio non ha voluto il tuo amore materno, devi dimenticarlo. Tua figlia, invece, deve imparare a seguire le regole per essere bella, se vuole ottenerlo. Ora, però, ti devi concentrare sulle Ultracreature, hanno bisogno del tuo amore!” “Non sono io, questa! Lasciami in pace!” urlò la donna piangendo, rivolgendosi al suo riflesso. Esso, però, controbatté “Invece sì, cara mia. Io sono te e come dici sempre… la bellezza e la perfezione, prima di tutto!” La donna disperata stava per rompere lo specchio, ma fu interrotta da qualcuno che bussava alla porta. Lei, con un nervoso “Avanti!”, fece entrare un titubante Vicio e vedendolo chiese spiegazioni riguardo ai fallimenti ottenuti finora con gli esperimenti. “È il cinquantaseiesimo tentativo! Perché non riuscite a trovare l’Ultramondo di UC-01? Pensavo che avessimo le coordinate.” Il capo-filiale rispose con ubbidienza “Mi dispiace, Direttrice! I nostri scienziati stanno cercando tutti i modi di ritrovare quel luogo! Sembra che ci sia un problema.” “Non potete farvi aiutare dall’Ultrapattuglia, loro vengono da un Ultramondo… avevano promesso che ci avrebbero aiutato!” “Scusatemi, Direttrice! Loro hanno detto che ci avrebbero aiutato per il progetto N… a proposito, chiedevano quando avrebbe cominciato con tale progetto!” chiese vigliaccamente l’uomo. “Non ora, finché non riusciamo a ritrovare l’Ultramondo di UC-01. Piuttosto spiegami qual è il problema con gli esperimenti.” replicò furiosa la direttrice. “L’esemplare di Cosmog sembra non collaborare rispetto all’inizio del progetto. Sembra, come dire… distratto!” “Trovate un modo per costringerlo a collaborare! Ogni minuto che passa, quelle meravigliose Ultracreature sono in pericolo!” L’uomo annuì, sfregandosi le mani, “Sarà fatto, mia Direttrice!” per poi lasciare la stanza con passo svelto. In seguito, la direttrice osservando la sua immagine riflessa sullo specchio, le parve di sentire nuovamente quella voce “Cosmog non collabora più e Lylia ci stava giocando poco fa… coincidenze?” Samina cercava di non ascoltare la risposta del suo riflesso ma, inutilmente. “Quella insolente sta complottando contro di te. Neanche lei vuole amarti, solo le splendide Ultracreaure meritano il tuo amore materno!” La donna cercava di non ascoltare e si concentrò sulle Baccapesche notando che stavano pian piano marcendo. Samina, in fretta, si avvicinò all’interfono e chiamò Ciceria “Ho bisogno che le Baccapesche nella mia stanza siano sostituite, stanno andando a male. Voglio che siano perfette!” “Sarà fatto, Direttrice! Le porterò io personalmente!” rispose cordialmente la giovane. Passarono una decina di minuti, Ciceria entrò nella stanza con una nuova fruttiera piena di succulente Baccapesche. “Lasciale sul tavolo, grazie!” invitò, con tono serio, Samina. “Scusami, Direttrice! Vorrei parlarle di una questione che mi sta preoccupando! Posso?” chiese timorosa l’assistente. La donna si avvicinò minacciosamente alla giovane e davanti ai suoi occhi le disse “Dimmi pure, Ciceria!” L’assistente si schiarì la voce e iniziò il suo discorso “Samina, sono preoccupata…” “Direttrice! Io sono la Direttrice, rispettiamo la gerarchia, mia cara!” interruppe l’assistente lanciandole un’occhiataccia da far accapponare la pelle. Ciceria si scusò, deglutì e continuò il suo discorso “Volevo solo riportare la mia preoccupazione verso di lei! Nell’ultimo periodo ho notato un cambiamento nel suo comportamento. La signorina Lylia è venuta da me prima, in lacrime, era spaventata da lei! Cosa sta succedendo, me lo dica!” “Niente, soltanto che l’insolenza di quella ragazza mi sta facendo perdere le staffe. Cara mia, tu sai che sta succedendo! Io sto cercando di aprire quell’Ultravarco per trovare quelle meravigliose Ultracreature… loro hanno bisogno di me!” spiegò intimidendo la donna. “Non cercavamo un modo per ritrovare il signor Paver?!” chiese confusa l’assistente. “Certo… certo, anche lui!” rispose insicura la direttrice. “Va bene, però le chiedo solamente di riposarvi e passare del tempo con sua figlia! Ne ha bisogno sia lei che la signorina Lylia…” venne interrotta bruscamente di nuovo “Basta; Ciceria! Non capisci… non capirai mai l’amore che prova una madre, perché non sai comportarti come tale! Sei un’assistente? Allora, concentrati su quello e lascia il resto a me…” la donna si bloccò, improvvisamente, notando che alcune delle nuove Bacchepesche erano un po’ ammaccate e, in un raptus di pura rabbia le gettò a terra inveendo contro la povera assistente “Ti avevo chiesto che fossero perfette… La bellezza e la perfezione prima di tutto. Ora, levati e cerca di fare il tuo lavoro senza intralciare il mio!” Ciceria rimase scioccata dalla scenata della direttrice e sì levò in fretta dalla stanza, amareggiata e senza proferire parola. Samina continuò a guardarsi allo specchio commentando tra sé e sé “Non devo infuriarmi, altrimenti, mi escono le rughe!” L’indomani, la donna raggiunse Vicio per ottenere informazioni riguardo Cosmog, mentre Lylia, nascosta, ascoltava la conversazione. “Allora? Avete trovato una soluzione!” chiese la donna. L’uomo sfregandosi le mani e sogghignando rispose “Certo, Direttrice! I nostri scienziati hanno progettato una capsula che forza il Pokémon al suo interno a rilasciare tutta l’energia; ovviamente, il Pokémon al suo interno potrebbe rischiare di morire!” “Non importa purché otteniamo il risultato sperato!” la risposta crudele della madre, spaventò la povera ragazza, intanto la direttrice continuava a dialogare “Avanzate con questo piano, e quando avete finito avvertite l’Ultrapattuglia. Inizieremo con il progetto N!” “Non vedo l’ora, Direttrice!” ghignò l’uomo e poi chiese “Possiamo procedere fin da subito?” “Certo, fate in modo che i preparativi siano pronti, intanto, io devo sbrigare una cosuccia… vorrei assistere all’esperimento!” ordinò la donna. “Come lei desidera, Direttrice!” Quando i due smisero di conversare, Lylia spaventata corse via piangendo. Samina, invece, si diresse in una stanza segreta del suo lussuoso palazzo assieme a un esemplare di Pikachu. Ella posò delicatamente il Pokémon Topo su una pedana con uno strano macchinario a fianco, mentre, accarezzava il mostriciattolo, gli mormorava “Sei proprio un bell’esemplare… il tuo pelo è lucido e perfetto! La tua linea elegante. Questa bellezza deve rimanere eterna e io posso donarti l’eternità!” detto questo, azionò lo strano macchinario che, con un fastidioso rumore, rilasciò un gas azzurrognolo che inghiottì il povero Pikachu, esso venne congelato istantaneamente. “Mi chiedo ancora come tu faccia ad essere così famoso nel mondo!” commentò con beffardaggine. All'improvviso, venne interrotta da un allarme, preoccupata chiamò dall'interfono per chiedere spiegazioni; rispose Vicio con tono intimorito “Direttrice! È successo un disastro!” “Spiega, cosa sta succedendo!” chiese preoccupata la donna. “Sua figlia Lylia ha rapito Cosmog, purtroppo i dipendenti e l’Ultrapattuglia non sono riusciti a fermarla! Cosmog si è teletrasportato con lei da qualche parte!” “Dove sono andati?!” urlò spazientita Samina. “Cosmog era troppo debole, saranno sicuramente da qualche parte qui ad Alola!” rispose terrorizzato il capo-filiale. “Trovateli, immediatamente!” ordinò furiosa la direttrice. In un impeto di rabbia, Samina distrusse l’interfono e tra sé e sé pensò “Impudente ragazzina, mi ha abbandonato pure lei per un insopportabile Pokémon. Non ho più… figli!” Trascorsero un paio di settimane dall’accaduto e, mentre, Samina si spazzolava i lunghi capelli biondi osservava dalla specchiera la sua immagine riflessa e, come di consueto, recitò il suo mantra “Ti devo cercare ad ogni costo, non puoi essere così lontano da me! Ti troverò anche a costo… di impazzire! Lo devo fare per le mie adorate Ultracreature! Hanno bisogno del mio amore!” Dopodiché, osservò divertita, un fascicolo accanto a lei, il quale, nella copertina troneggiava una grossa lettera N e, al suo interno, conteneva una foto di un Pokémon che pareva essere costituito da cristallo nero. La donna si mise a ridere, intanto, nella fruttiera le Baccapesche erano completamente avariate, non erano più perfette. Così come la Samina che si prendeva cura amorevolmente dei suoi figli ebbe un declino, rivelando la sua parte malvagia e corrotta. Il male dentro di lei prese il sopravvento e avrebbe messo a ferro e fuoco l’intera Alola pur di ottenere l’amore… delle sue adorate Ultracreature o, di Splendor. https://www.instagram.com/glaringbit_games/ Link al commento Condividi su altre piattaforme Più opzioni di condivisione...
Xensho Inviato 16 novembre, 2017 Condividi Inviato 16 novembre, 2017 Nome dell’autore: ShioTitolo: Coltivare il potere nell'ombra per far crescere una pianta d'odio immune ai parassiti: Il ritorno del grande Giovanni.Elaborato: Si chiedevano perchè io sia sparito, si chiedono perchè io sia tornato, e mentre domandano di me, io agisco nell'ombra dove nessuno può intralciarmi, guardando da lontano la loro convinzione che io avessi abbandonato il mio ideale, conquistare il mondo con i pokèmon più potenti dell'universo!. La mia posizione era piuttosto evidente, chi non conosceva il capo del team Rocket, il grande Giovanni? è bastato un ragazzino, un maledetto ragazzino di 10 anni a farmi aprire gli occhi, la goccia che fa traboccare il vaso! fin quando erano i miei scagnozzi a fallire mi sentivo comunque sicuro e non mi allarmavo di qualche disfatta, perchè avevo ancora me stesso, un ego che non poteva morire! eppure...avevo fallito anch'io. Mi convinsi, avrò fallito come capo ma non come uomo d'onore, avevo mostrato al mondo un temibile gruppo ma questa fama portò molti nemici in tempi prematuri, e mentre l'organizzazione lavorava al piano di conquista, l'eroe di turno era pronto a metterci i bastoni tra le ruote, dovevo tornare, ma più forte di prima...così sciolsi il Team Rocket. Chiusa una porta se ne apre un altra, iniziai con il pensare a quel ragazzino che mi portò alla disfatta, colui che distrusse le mie ideologie riempiendomi di dubbi, un bravo allenatore con pokèmon mediocri, oppure un totale inetto con i pokèmon più potenti? la rispostà mi arrivò chiara, dare ai miei scagnozzi pokèmon potenti non basterà a vincere le sfide che ci aspettano, mi servivano grandi allenatori, o meglio, grandi allenatori malvagi, per grandi ambizioni, il Tour di Giovanni ebbe inizio. Ricerche su ricerche mi portarono a girare il mondo, a conoscere allenatori pronti a tutto pur di possedere il potere, molti di loro avevano fallito, proprio come me, altri erano sull'orlo di fallire, e non aspettavo altro, allenatori di tale livello è difficile sottometterli, ed è in quei momenti di debolezza che li misi al guinzaglio. Mancava poco, la scoperta di Alola e degli ultravarchi fu un colpo di fortuna che portò ad uno sviluppo dei miei piani, ora siamo tutti qui, radunati al tavolo del cambiamento. L'aria che si respira è colma di odio, la terra che si schiaccia è intrisa di vendetta, il nuovo Team Rainbow Rocket è pronto a colpire il MONDO. Link al commento Condividi su altre piattaforme Più opzioni di condivisione...
Zeon Inviato 17 novembre, 2017 Condividi Inviato 17 novembre, 2017 Nome dell’autore: ZeonTitolo: In una notte e per sempreElaborato: Scorgo i primi lampi all'orizzonte. Fantastico: ci mancava soltanto la pioggia, stanotte. I miei passi pesanti sull'erba sono lenti e irregolari, mentre stringo i denti e cerco di sopprimere il dolore sulle braccia e sui fianchi. Sono diversi minuti che sto fuggendo, ma dove voglio andare, così malridotto e senza uno scopo preciso? La verità è che qualsiasi posto è meglio di casa mia, ormai: se c'è un luogo nel quale posso ritrovare me stesso, è ovunque tranne che lì. Le prime gocce iniziano a scendere e il terreno si sta facendo via via più flaccido. Se continua così l'acqua e il fango non impiegheranno molto a entrarmi nelle scarpe. "Dannazione" penso lanciando un'occhiata in giro, in cerca di un riparo. Scorgo una piccola rientranza tra le rocce e mi ci infilo senza pensarci due volte, ma mi è sufficiente un'occhiata per rendermi conto che sono finito in un altro posto che preferivo non rivedere: la cara, vecchia Grotta Sottobosco. Se osservo i muschi sparsi qua e là non riesco a fare a meno di ripensare a tutte le umiliazioni subite in questo maledetto sasso cavo: mesi e mesi di preparazione soltanto per fallire la prova per l'ennesima volta. E poi le punizioni, gli insulti... e le percosse. Sento una voce che mi sussurra: "La tua famiglia ti odia, il mondo ti odia, sei un rifiuto della società e non vali nulla nemmeno come allenatore: per i reietti come te, il futuro non esiste!" Il crack inconfondibile di un tuono si propaga nell'atmosfera e spalanco gli occhi. Il cuore mi batte all'impazzata, il mio respiro è affannato e percepisco il sudore sulla fronte. - Ma cosa... - biascico. Mentre riprendo coscienza, sento la mia schiena appoggiata sulla parete rocciosa e le gambe adagiate sul terreno, completamente prive di sensibilità. Sbatto le palpebre un paio di volte e cerco di controllare il respiro. Mi ero addormentato? Sul serio? A tal punto il mio corpo e la mia mente erano provati? Volto lo sguardo verso l'esterno: fuori dalla grotta la pioggia è diventata parecchio violenta e i tuoni sono quasi assordanti. Decido che è meglio aspettare qui all'asciutto, piuttosto che rischiare di buscarmi un malanno là fuori. Chi me l'ha fatto fare, di scappare da casa mia? Forse ha ragione mio padre: sono solo un adolescente ribelle buono a nulla, che non ha nemmeno uno scopo chiaro nella vita? Avverto una leggera vibrazione a livello del fianco. Infilo la mano sotto la giacca ed estraggo la mia pokéball dalla cintura. La mia unica pokéball. - Cosa c'è? - domando fissando la sfera con occhi ancora semi-assonnati. - Non ce la fai a stare là dentro, eh? Lancio la ball e subito mi vedo fissare da due occhioni ovali dai contorni viola chiaro che sembrano provare compassione nei miei confronti. - Pooood? - mi sento dire con una sfumatura interrogativa. - Sì, scusami se non ti ho liberato prima - farfuglio. - Mi sono appisolato senza rendermene conto. Allungo il braccio e accarezzo il mio piccolo Wimpod sulla corazza dorsale, ancora marchiata dai segni dell'ennesima battaglia persa. - Ti fa ancora male? - domando. - Non preoccuparti: non appena la pioggia sarà terminata ti porterò al centro di Hau'Olii, così ti cureranno. Promesso. - Poood! - esclama il mio pokémon prediletto sfregandosi la fronte sul palmo. Un accenno di sorriso increspa le mie labbra, ma non riesco a frenare le lacrime. - Sai... a volte ho come l'impressione che tu sia l'unico a capirmi per davvero - singhiozzo. La vista mi si sta appannando. Mi tocca asciugarmi con il braccio libero. Wimpod getta lo sguardo verso la pioggia che scende ed esce all'aperto per poi tuffarsi allegro nelle pozze d'acqua sull'erba. - Già, è vero - mormoro socchiudendo gli occhi. - Dimenticavo che a te la pioggia piace. Il mio sorriso si fa più marcato e le lacrime cessano di scorrere. Percepisco un senso di serenità inaspettata, mentre osservo il mio Wimpod sguazzare spensierato. "Mi sbagliavo" penso tra me e me, mentre raccolgo le forze necessarie a rimettermi in piedi. "Io non sono solo, in fin dei conti". No. Non sono solo. --- La pioggia all'esterno della grotta è cessata, ma fuori è ancora notte. La luce lunare illumina le gocce d'acqua che scendono dalla volta superiore dell'entrata facendole assomigliare a dei minuscoli diamanti. Wimpod si è addormentato dentro una delle pozzanghere sul manto erboso: alla fine, a quanto pare, la stanchezza ha avuto la meglio pure su di lui. Colgo l'occasione per rimetterlo al volo dentro la pokéball senza che se ne accorga: magari questa volta non mi terrà il broncio. I miei piedi affondano nel fango e sollevano grosse quantità d'acqua a ogni passo, mentre cerco di raggiungere la strada lastricata che mi condurrà ad Hau'Olii. Per fortuna i centri pokémon non chiudono mai. Cammino ancora per un po' e adocchio la città in lontananza. - Va tutto bene, Wimpod - sussurro. - Tra poco ti sentirai meglio. Hau'Olii brulica di gente come al solito e i suoi rumori, uniti al miscuglio eterogeneo di voci, stridono con la pacifica atmosfera notturna e tranquilla che ammiravo nella Grotta Sottobosco poc'anzi. Alcune persone si voltano e mi fissano storte. Altre cercano proprio di evitare il mio sguardo. Non che la cosa m'importi. Scorgo l'insegna del centro pokémon e mi dirigo a grandi passi verso di esso, cercando di allontanarmi il prima possibile dalla gente che mi circonda. Finalmente arrivo sulla soglia d'entrata e, non appena le porte automatiche si spalancano, noto che per fortuna non c'è molta folla all'interno. Mi avvicino al bancone e porgo la pokéball all'infermiera. L'idea che il mio pokémon prediletto stia per sentirsi meglio mi mette già di umore più sereno. Mentre aspetto che il trattamento finisca, l'infermiera punta un dito in direzione delle abrasioni e delle ferite sulle mie braccia, ben visibili. - Noto che anche tu non sei messo benissimo - puntualizza. - Non è niente - replico. - Sono abituato a queste cose. Quella ragazza non sembra intimorita dalla mia persona. Come mai? - Sono pur sempre un'infermiera - interviene lei, come se mi avesse letto nel pensiero. Non riesco a rispondere. Con un sorriso, mi restituisce la pokéball e mi augura una buona serata. "Ora sei bello in forma!" penso, rigirandomi la sfera tra le dita prima di rimetterla nella cintura. Sto per ricambiare il saluto, ma non faccio in tempo: nell'edificio fa il suo ingresso un ragazzino che avrà qualche anno in meno di me, vestito di tutto punto e tirato a lucido come se dovesse partecipare a un incontro di gala. Non appena mi vede, il suo sguardo si posa subito sulle mie braccia rosse e scoppia a ridere, ma cerco di fingere indifferenza. Mentre mi accingo a uscire, mi viene incontro e sbatte la sua spalla contro il mio braccio malridotto. Un dolore lancinante penetra nel mio corpo, come se il mio bicipite fosse stato colpito da un martello, facendomi cadere in ginocchio. Quell'essere immondo l'ha chiaramente fatto apposta. - Oh scusa, non ti avevo visto - sghignazza lui con tono da finto innocente. Stringo i denti e mi rialzo, ma lo sconosciuto insiste: - Ehi, Guzman! Ti hanno di nuovo conciato per le feste, eh? Chi è stato, stavolta? Liam o tuo padre? Non ci vedo più. Con uno scatto repentino allungo le braccia e sollevo il *censura* da terra. La gente intorno a noi si immobilizza, sussurrandosi frasi che non posso udire e lanciandomi sguardi che conosco bene: sguardi pieni di odio, rancore e disprezzo. - Lo vedi? - ghigna il ragazzino, impassibile e indifferente al fatto che io lo stia tenendo sospeso per aria. - Questa è la reputazione che ti sei creato e non te ne potrai mai più liberare. Le mie mani tremano, tradendo la mia esitazione. Stringo i denti. Vorrei prenderlo a testate sul naso, lui e quella sua lurida faccia da perfettino che mi fa venire il voltastomaco. - Avanti - infierisce lui. - So che vorresti colpirmi: te lo leggo negli occhi. Fallo, allora, che aspetti? Colpiscimi! Colpiscimi più forte che puoi e fammi male. Tanto male. Fammi così male da farmi sanguinare e affossa per sempre l'opinione che la gente di quest'isola ha di te. In questo modo non potrai più nemmeno mostrare la tua faccia in questo centro pokémon, così quell'incapace del tuo Wimpod non potrà più guarire da nulla. Percepisco una vena sulla tempia sul punto di esplodere. - Oh, a questo proposito - continua l'altro, beffardo - tra tutti i pokémon che una persona può desiderare hai scelto proprio il peggiore: chi mai sarebbe così stupido da scegliere proprio un Wimpod? Dico io... è surreale prediligere una schifezza del genere. La mia testa si muove da sola, guidata dal puro istinto, schiantandosi a piena potenza contro il naso di quell'essere immondo che tengo tra le mani. In men che non si dica il suo viso e i suoi costosissimi abiti sono imbrattati di sangue. Senza la minima esitazione, scaravento il suo corpo sul pavimento, facendolo rotolare di diversi metri e insozzandolo ulteriormente. Attorno a noi, ora, c'è solo il silenzio. - T... tu, brutto... - balbetta il moccioso, visibilmente scosso e tremolante, tenendosi il naso sanguinante con una mano. - Mi hai colpito! Hai osato colpirmi per davvero! Come ti sei permesso? Hai idea di quali saranno le conseguenze del tuo gesto? Non replico, intento come sono a smaltire ancora la rabbia. A esser sincero, desidererei ridurlo in uno stato ancora peggiore, da quanto mi sento infuriato. - Tu, rifiuto immondo della società intera! - insiste l'altro, rialzandosi a fatica e puntando un dito verso di me. - La tua vita è finita. Finita, mi hai capito? Nessuno ti vorrà più in questa città, la tua esistenza non ha più senso! Se per caso... - Dacci un taglio! - lo interrompo, forse cogliendolo alla sprovvista, in quanto cessa subito di parlare e resta muto diversi secondi. Stringo di nuovo i pugni e lo fisso dritto negli occhi, senza staccarglieli di dosso. - Tu puoi dire di me quello che vuoi, a me non importa: ero già un reietto della società prima, esserlo di più ora non cambierà granché - esordisco. - La vita con la mia famiglia è già compromessa da un pezzo, la mia carriera di allenatore pure e ormai tutto quello che pensano e dicono di me non mi tocca. Socchiudo gli occhi e il mio sguardo si fa più pungente. Noto un lieve sussulto da parte sua. - Ma non ti permetterò mai e poi mai, nel modo più assoluto, di insultare il mio Wimpod, sono stato chiaro? Il ragazzino spalanca gli occhi. - Sei completamente pazzo! - sbraita. - Ti sei sentito ferito nell'orgoglio per un insulto a quel... quel coso? Mi sento incompreso per l'ennesima volta in vita mia. Ma davvero vorrei che un essere del genere mi capisse? Ormai non ho più la forza di reagire alle offese. - Se questa città non mi vuole, allora un giorno avrò una città tutta mia, se questo centro pokémon non mi vuole, allora un giorno ne avrò uno sempre tutto mio - replico. - Se queste persone non mi vogliono non importa: sono certo che un giorno ne troverò tante, che mi accetteranno per ciò che sono. - Sì, come no... aspetta e spera! - ghigna l'altro. - Chi vuoi che ti accetti per come sei? Decido di lasciargli l'onore dell'ultima parola e volto i tacchi, dirigendomi verso l'uscita. La gente si scosta al mio passaggio, senza accennare alla minima reazione. Ho deciso: Hau'Olii non mi rivedrà più. ------------- La città è alle mie spalle da parecchio, ormai. Sto correndo da non so quanto e non intendo fermarmi, sebbene il braccio sia ancora così dolorante da togliermi il fiato. Sono uscito dall'altro lato di Hau'Olii, per esser certo di non tornare più verso la zona della mia casa natia. La luna è ancora alta nel cielo. Quando tornerà la luce del giorno? Rallento l'andatura e percepisco immediatamente la stanchezza prendere possesso del mio corpo. Mi trascino fin sotto a un albero e mi ci appoggio. In questo momento, sono felice che abbia smesso di piovere. "Ricorda che non sei solo" mi sforzo di pensare. Rimetto mano alla cintura e libero Wimpod dalla sua pokéball: i segni sulla sua corazza sono svaniti ed è più pimpante che mai. - Ehilà! - gli sorrido con le ultime forze residue. - Pooooood! - replica lui, chiudendo gli occhietti e accucciandosi accanto a me. - Sì, hai ragione: forse dovrei riposarmi un po' - rispondo. Non ho nemmeno il tempo di appoggiare il capo sul tronco dell'albero che un fruscio sospetto mi fa schizzare l'adrenalina alle stelle. Scatto in piedi e mi guardo attorno, per poi notare appena in tempo un filamento vischioso sparato a tutta forza verso il mio petto. Mi scanso di lato e lo evito per un pelo. Chi può essere stato? Torno a guardarmi attorno e dalla chiazza di erba alta lì vicino sbuca uno Spinarak selvatico che mi fissa con occhi torvi. Senza dubbio, è lui il responsabile. A quanto pare, devo aver invaso il suo territorio. Senza perdere tempo, il mio Wimpod scatta in avanti col chiaro intento di scacciare l'intruso, ma quel fastidioso coleottero verdastro non pare intenzionato a desistere. - Ok Wimpod - lo esorto. - Se quel rompiscatole vuole la guerra, che guerra sia! Usa il tuo Entomoblocco! Il mio adorato pokémon parte alla carica, ma il suo tentativo non sembra nemmeno scalfire il nemico, che sibila uno "Spinaraaaak" che sa di scherno e parte al contrattacco. Per fortuna, la corazza del mio Wimpod è solida e l'attacco non causa enormi danni, ma quanto resisterà ancora? - Ehi, stupido affare verdognolo! - grido agitando una mano. - Non è me che volevi? Prenditela con qualcuno di più grosso, se ne hai il coraggio! Lo Spinarak non se lo fa ripetere due volte e parte alla carica verso il sottoscritto, ma il mio Wimpod è lesto a colpirlo di fianco. "Così può funzionare!" penso. "Se lo tengo distratto abbastanza, possiamo vincere questa lotta!" Andiamo avanti per dei lunghi minuti, in cui quel testardo del nostro nemico sembra non cedere mai, quando tutto d'un tratto le mie gambe cedono e cado per terra senza volerlo. Non riesco più a muovere un solo muscolo. - Dannata adrenalina: sei già terminata? Perchè devo affrontare proprio adesso la stanchezza che non ho smaltito? - impreco a bassa voce. - Allora è proprio giunta la fine? Perchè la mia vita non può essere tranquilla? Perchè non posso vivere una vita come quella che avrei voluto? Tutto quello che desideravo era che il nostro valore, mio e di Wimpod, venisse riconosciuto. Tutto qui. Lo Spinarak selvatico lascia partire un altro attacco Millebave contro di me, ma Wimpod decide di prenderselo al posto mio, interponendosi tra noi. Le parole mi si strozzano in gola. Non ho nemmeno la forza di pronunciare una sola sillaba. Il nostro nemico sembra ben lieto di cambiare bersaglio e inizia ad avvolgere Wimpod nel suo filo biancastro. "No! Non può finire così!" penso. Ho un'illuminazione improvvisa. "Dovrei averne ancora una... dannazione, spero di non sbagliarmi!" Raccolgo le ultime energie e metto mano alla tasca interna della giacca: l'ho trovata! La mia ultima pokéball libera! Non ho mai tentato un lancio da una posizione così scomoda, ma in questo istante è ora o mai più. Carico il braccio all'indietro e lancio la sfera verso lo Spinarak con tutte le mie forze. Quest'ultimo se ne accorge, ma è troppo tardi: la pokéball lo colpisce in pieno addome e lo trascina al proprio interno. "Ti prego, fa che sia abbastanza" penso dentro di me, sperando che i danni inflitti da Wimpod siano stati sufficienti a indebolirlo. La sfera si agita all'impazzata e sto per temere il peggio, quando all'improvviso cessa di muoversi e rimane immobile, placida e adagiata sull'erba. Sbatto le palpebre incredulo: ce l'ho fatta! L'ho catturato per davvero! Una ritrovata forza sembra prendere possesso del mio corpo, mentre mi alzo per andare a recuperare la pokéball e liberare Wimpod dai filamenti appiccicosi. Non appena riesco a estrarre il mio prediletto da quella robaccia, accade l'inaspettato: odo un applauso provenire dalla penombra dell'albero di prima e il cuore sembra schizzarmi dal petto. - Chi va là? - intimo. - Non avere timore - replica una voce misteriosa. - Non sono qui per farti nulla, anzi... a dirla tutta nutro un certo interesse in te. - Come? Chi sei? Fatti vedere! - Chi sono io non ha importanza - continua la voce. - La cosa che conta davvero è che io so chi sei tu. Anche se cerchi di nasconderlo al mondo, lo vedo: vedo il tuo orgoglio ardente. Sei affezionato a quel Wimpod, ma la cosa che desideri di più è il rispetto nei tuoi confronti come allenatore. Il rispetto di tutti, soprattutto di quelli che ti conoscono. Un brivido mi percorre la schiena. Mi sento nudo e indifeso davanti a una lettura così lucida del mio io più intimo. Ma cos'è questa presenza inquietante che avverto? - E con ciò? Anche se fosse, cosa vuoi da me? - replico. - Ti ho visto combattere contro quello Spinarak. Hai dimostrato di possedere una volontà e una determinazione di raro livello. Quelli come te sono gemme grezze che aspettano solo di essere lavorate e solo gli stolti potrebbero non notare il potenziale enorme che si cela in te. La voce si concede una pausa, prima di riprendere: - Io sono qui per farti un'offerta, Guzman: vieni con me. Seguimi e insieme cambieremo questo mondo. Io ti darò tutto ciò che la tua famiglia e la società che ti ha rifiutato e gettato via non ti ha mai voluto dare: il rispetto... e uno scopo da perseguire! Mi sembra di sognare: l'offerta è allettante, eppure qualcosa mi fa ancora esitare. - E se declinassi? - chiedo. - Sei liberissimo di farlo - replica la voce. - E dove andrai, dopo? Cosa posso rispondere a un'affermazione simile? Sono il primo a sapere che non avrei futuro in questo posto. - Desidero farti una confessione, Guzman - riprende il personaggio misterioso. - Non sei il solo, sappilo: in giro sono in molti, ragazzi e ragazze della tua età che sono stati rifiutati e umiliati, derisi e caduti in disgrazia, frustrati per non aver mai superato le Prove dell'isola, proprio come te. Forse in due non possiamo fare molto, ma se fossimo in tanti... se solo fossimo un'unica realtà solida con un unico scopo e un unico fronte unito... lo immagini? Sento la mia mente cedere di schianto: la tentazione di accettare si è fatta irresistibile. - Unisciti a me, Guzman! - intima la voce nell'oscurità. - Vieni! Wimpod si getta tra le mie braccia e mi fissa con occhi colmi di terrore: sembra volermi dire "allontanati, presto! Cosa fai ancora qui?" Il mio sguardo si sposta tra lui e la figura in penombra per un po'. Scorgo alcuni filamenti appiccicosi residui sulle sue zampette e ripenso al pericolo che ha corso contro quello Spinarak. - Mi dispiace - gli sussurro. - Questo... è qualcosa che devo fare! Io ho bisogno del potere, se voglio vivere. Col cuore pesante, lo richiamo nella pokéball. Riesco a scorgere il suo sguardo triste un'ultima volta, prima d'incamminarmi verso la figura misteriosa a passi decisi. Link al commento Condividi su altre piattaforme Più opzioni di condivisione...
Zer Inviato 17 novembre, 2017 Condividi Inviato 17 novembre, 2017 Nome dell’autore: ZerTitolo: La mia breve storia tristeElaborato: Decidueye si librò in aria. Per un istante, quando sua ala maestosa incrociava la spalla opposta, mi sembrò come se si fosse spento il sole. Magnificamente coordinato e con i muscoli in tensione, l'arciere color smeraldo si frapponeva fra il mio sguardo e il sole, oscurandolo come in un’eclissi. È incredibile come certe azioni fulminee vengano registrare dalla nostra mente con una tale precisione in ogni dettaglio, che anche a distanza di tempo possiamo riviverla come se la vedessimo al rallentatore. Non so cosa passasse nella testa del mio povero Zubat quando le frecce di energia oscura del Pokemon rivale si proiettavano a una velocità incredibile verso il basso. Un colpo ed eravamo entrambi gambe all’aria. La mia prima missione era finita in un batter d’occhio. Eppure mi sembravano passati pochi istanti da che avevo iniziato questa grande avventura. Ma andiamo con ordine. Dev’essere stato un giorno piuttosto ordinario, nella città mercantile di Konikoni. Nessuno può saperlo con certezza, ma se dovessi scommettere, direi che una foschia pesante giungeva dall’oceano e faceva dolere le giunture delle ossa degli abitanti più anziani. Quel che è certo è che la mia nascita non fu accolta da tuoni e fulmini come quella di Guzma. Lui sì che dev'essere un tipo forte. E neanche i raggi del sole devono avermi baciato quando aprii gli occhi per la prima volta. O non si spiegherebbe il colorito piuttosto spento della mia carnagione. Nacqui così, quasi per caso, nella grigia cittadina di Konikoni. Mio padre trascorreva molti giorni all’anno lontano da casa, impegnato in scambi commerciali e chissà cos’altro. A casa si occupava di tutto mia madre. Non so cosa facesse di preciso, perché molto spesso andavo a scuola un’ora prima degli altri bambini e tornavo a casa un’ora dopo, quando il sole era già tramontato. Probabilmente questa era una delle ragioni per cui venivo spesso preso in giro. Tutti i miei compagni di classe poi avevano dei Pokemon fantastici, mentre io, con i miei 200 crediti raccolti pian piano per acquistare una Pokeball, avevo troppa paura di sprecarla e rimanere a mani vuote. Alla fine mi imposi di buttarmi e provare a catturare un Pokemon. Ad Akala ce n’erano di spettacolari. Roditori, anfibi, pesci… Dovevo rimanere con la testa sulle spalle. Calma, sangue freddo e la ruota della fortuna sarebbe girata anche per me. Effettivamente fu una cattura piuttosto casuale, non che fino ad allora avessi messo in luce chissà che grandi qualità. Una sera mi appostai sdraiato dietro a un ciuffo d’erba più alto degli altri. Da lì a qualche istante sarebbe saltato fuori un Pokemon rapidissimo e con gli artigli affilati e io avrei lanciato intrepidamente la sfera contro di lui. Sarebbe stato magnifico. Così mi misi a fantasticare e senza rendermene conto, scivolai nel mondo dei sogni con la mia Pokeball stretta fra le mani. Qualcosa mi sveglio di soprassalto. Con un urlo, mi rizzai in piedi e realizzai di essere all’interno di un vortice fragoroso. Ma che vortice, quelli erano… Zubat? Terrorizzato lanciai un grido e mi misi a correre e nella foga lasciai cadere la Pokeball. Il nugolo di pipistrelli, sicuramente spaventato quanto me si dileguò in un battibaleno. E dire che c’è chi si arma di repellenti quando entra nelle grotte! Tornando a noi, quando la nube di Zubat si fu diradata, qualcosa brillava al chiaro di luna: la mia Pokeball. Nella confusione, avevo catturato lo Zubat più sfortunato del suo gruppo. Non sapevo nemmeno io se esserne contento. I giorni trascorsero tra la mia reticenza nel mostrare la mia fiera conquista ai miei compagni di scuola e i venti di guerra annunciata che secondo gli adulti iniziavano a soffiare anche su Akala. La polizia non riusciva ad arginare una banda di teppistelli che si dilettava in piccoli furti e atti di vandalismo. L’ondata di violenza, sta per travolgere Akala. Quale occasione migliore per me per mettere in mostra il mio Zubat? Così l’angoscia si trasformò in trepidazione nei giorni che seguirono, fino a quando non accade l’inevitabile. Il Team Skull aveva messo piede a Konikoni. Da camera mia sentii delle urla spaventate. Il momento era giunto. Strinsi tra le mani la mia Pokeball e corsi per strada deciso a dare battaglia. Dalle finestre delle case ai miei lati, sentivo i miei amici di scuola che una volta tanto erano preoccupati per me: «Ma cosa fai?» «Sei impazzito?» «Così ti farai solo pestare, brutto idiota!» Ma io ero deciso. Il palcoscenico era allestito, il pubblico era in attesa e lo scontro stava per cominciare. Quando vidi lei. Era di una bellezza straordinaria. Alta, capelli variopinti e occhi di ghiaccio. Ancora non sapevo che si chiamasse Plumeria. Tutt’un tratto ero disorientato. In quegli attimi che mi sembrarono ore, Plumeria stava avanzando verso di me. Passo deciso, sicuro e, devo ammetterlo, anche un tantino arrogante. E poi mi raggiunse. Mi mise una mano sulla spalla e strinse forte. Conservo il ricordo di quel dolore come il più bel contatto fisico che ho avuto con la mia bella Plumeria. «Levati» ordinò altera spostandomi da un lato. Mentre barcollai, la mia Pokeball mi sfuggì dalle mani ormai sudate e Zubat saltò fuori con la sua solita, irritante verve. Il verso acuto e stridulo del mio Pokemon richiamò l’attenzione di Plumeria che ormai mi aveva sorpassato di qualche metro. Si voltò di scatto e mi guardò negli occhi, con quel suo sguardo che più di ghiaccio, ora mi sembrava sì freddo, ma soffice come la neve. «Ah quindi sei tu quello con lo Zubat. Ottimo lavoro. Corri alla punta Akala, dovevi essere lì già dieci minuti fa» Tra lo sbigottimento generale, non ci volle molto per capire come stavano le cose: Plumeria mi aveva scambiato per uno dei suoi infiltrati nella città. «Come desidera, mia signora» Cosa? Io avevo detto… cosa? Dalla mia bocca le parole erano sgorgate incontrollate e senza filtro alcuno. Nei miei pensieri c’era solo l’aura di perfezione emanata da quello spirito puro e candido che mi aveva appena dato ordini. La mia missione non poteva essere che farla felice! «E non dimenticarti» mi ammonì ancora «la maglietta, ora puoi metterla» Se fossi stato meno folgorato dalla sua abbagliante appariscenza, avrei notato che un manipolo di ragazzotti era alle calcagna di Plumeria, tutti vestiti con la stessa, identica, lacera maglietta nera. Iniziai a correre verso la Punta di Akala, poi oltre. Il mondo mi sorrideva, il calore del sole era una tiepida carezza ora che avevo visto Plumeria. Persino Zubat svolazzava allegro in pieno giorno seguendo i miei passi. E ridevo, oh, quanto ridevo! Poi un tonfo. Ero a gambe all’aria, qualcosa mi aveva colpito. Davanti a me si materializzò un ragazzo vestito con abiti sportivi. Vidi che la sua bocca si muoveva, ma non riuscii a intuire il significato delle sue parole. Con qualunque cosa mi avesse fermato, mi aveva fatto fischiare forte le orecchie. L’allenatore di fronte a me indicò deciso me e Zubat. Fu allora che mi accorsi che accanto a lui un Decidueye aveva spiccato un gran balzo, e si era frapposto fra il mio sguardo e il sole, oscurandolo come in un’eclissi. Link al commento Condividi su altre piattaforme Più opzioni di condivisione...
Roxua Inviato 17 novembre, 2017 Condividi Inviato 17 novembre, 2017 Nome dell’autore: RoxuaTitolo: RealtàElaborato: Mi trovavo sul mio Aereo privato diretto ad Alola assieme a 4 reclute di basso rango. Ero assorto nel silenzio più totale e pensavo. Mio figlio mi rivolse la parola con il fare arrogante tipico della sua personalità: Sei patetico… Un buon annulla, debole, inconcludente e fragile. La tua organizzazione ha già toccato il fondo a causa di quel ragazzino; da allora il team non è più lo stesso e tu questo lo sai. E nemmeno tu sei lo stesso da allora. Giovanni, per quale assurda ragione sei ancora ostinato a continuare? Alla domanda rimasi in silenzio e guardavo il finestrino, che cos’altro potevo fare? Il cielo era sereno e tra le nuvole danzavano allegramente Pokèmon di media taglia che non avevo mai visto prima, sembravano deboli.Argento mi fissava con aria irruenta in attesa di una risposta alla quale sapeva già che sarebbe rimasto deluso. Avrei mai potuto confidare i miei veri pensieri, le mie paure e le mie angosce che rimbombavano come tuoni durante la più oscura tempesta alla persona a cui più tenevo? Il sole incominciava a calare dando spazio a delle leggere pennellate rosate nel cielo. Ruminai. Ruminai ancora e ancora. Il silenzio strideva nell'aria. Mi venne in mente di non aver mai detto a mio figlio i miei sentimenti, temevo che potesse crescere debole come suo Padre. Ho sempre cercato di mostrare agli altri di essere una persona forte, autorevole e decisa in modo tale da nascondere ciò che più temevo. Quando affrontai quel ragazzino per l’ultima volta, rividi il me ragazzino nei suoi occhi; pieno di gioia e voglia di imparare. Lo invidiai. Quando si è radicato in me quel seme oscuro?!? Quando ha affondato i suoi denti nella mia carne?!? Per quale motivo sono entrato nel Team Rocket? Perché mi sono impegnato così a fondo per diventare il Leader di tale organizzazione? Mio padre sarebbe deluso se sapesse dove sono arrivato fin ora... Migliaia di pensieri si intrecciavano nella cupa e misteriosa mente di Giovanni. Mi girai verso Argentk e gli risposi: “Mi sento così solo”. Una recluta annunciò l’arrivo nella regione di Alola. A quel punto Giovanni si destò dai suoi profondi pensieri e disse tra sè e sè con tono impercettibile: “è ora di ritornare alla realtà”. Link al commento Condividi su altre piattaforme Più opzioni di condivisione...
Flor.of.Abyss Inviato 17 novembre, 2017 Condividi Inviato 17 novembre, 2017 Nome dell'autore: Flor.of.Abyss Titolo: L'addio di una recluta senza nome. Elaborato: So che mi troverai. So che troverai queste pagine, tra le mani di un uomo che finalmente si riposa, queste pagine scritte con l’ultimo sangue che ancora mi pulsava nelle vene, mentre invocavo un addio che mi ha lasciato solo il tempo di contare ancora una volta tutti i miei rimpianti No, non ti dirò il mio nome. Sarò per te solo quest’ultima pagina tra le tue dita, quest’ultima pagina scritta col sangue, le memorie di un dolore che non so raccontare, un dolore così bello da sembrarmi ora quasi necessario, quasi meraviglioso, vendetta contro me stesso, contro quel che sono stato e quel che ho fatto, in nome di un’idea di cui non ho mai visto il volto, di cui ne ho accarezzato a malapena le forme, nella fumosa penombra delle parole del Boss. Il fuoco dei suoi occhi divampava nelle nostre anime perdute, che rincorrevano quell’idea come falene impazzite in cerca della prima luce, accontentandosi persino di quella malsana e velenosa di Giovanni. Ma in fondo, glielo dovevamo, dopo averci tolto dalla strada. E forse, questo è stato per me il team Rocket all’inizio, la culla da cui sono stato strappato da piccolo, la famiglia che non sono riuscito a immaginarmi nemmeno in sogno, un posto che potevo finalmente chiamare “casa”, perché non si è mai davvero liberi finché non si ha un posto in cui poter tornare. No, non dirò il mio nome, non adesso, non a te che stai divorando questo dolore nell’insaziabile compiacenza di sentirti migliore di me, salvo e al sicuro nella tua ovattata fortezza di virtù premiate dalle medaglie che hai così gelosamente collezionato. Sono una recluta, ti basta sapere questo, una semplice recluta come le altre, con la stessa divisa delle altre, con lo stesso sguardo di vacillante convinzione, con le stesse parole di luce riflessa che avrai sentito e risentito incontrandoci sul tuo percorso. Avrai alzato sicuramente gli occhi al cielo, avrai sbuffato e deriso i nostri ideali arrugginiti dal male, i nostri motti e la nostra infondata determinazione. Ci avrai liquidato con due mosse dei tuoi Pokémon ben allenati, e te ne sarai andato senza badare alla scintilla di furiosa rabbia che ruggiva nel nostro sguardo, nel mio sguardo, senza accorgerti dell’invidia e del rimorso che accartocciavano la mia faccia in una smorfia tremenda, senza guardare la lacrima ferma sul ciglio, pronta a correre libera sulla guancia a guidare un pianto irrefrenabile: cavalli d’acqua in corsa sulle praterie della mia pelle. Quindi no, non dirò il mio nome, non posso correre il rischio di essere ricordato proprio ora che me ne sto per andare. Ora che ho una gamba rotta e la pancia spappolata, ora che perdo sangue e non so per quanto ancora riuscirò a restare sveglio. Ora che in questo mio sopravvivermi per perdonarmi ed essere perdonato, non posso far altro che scriverti, usando il mio corpo esanime come calamaio e il sangue che mi resta come inchiostro. Mi vien quasi da ridere. Ho come l’amara e ironica impressione che lascerò questo mondo quando non avrò più sangue da usare per scriverti, come se adesso le mie parole - il mio sangue - fossero gli ultimi granelli di sabbia che restano nella clessidra della mia vita. L’unica cosa che saprai da me è come sono andate davvero le cose, durante l’incidente all’Æther Paradise che domani sarà su tutti i giornali. Avevo sedici anni quando mi arruolai. Fuggito dall’orfanotrofio, vagavo per strada elemosinando e vivendo alla giornata. La notte andavo a dormire nei sobborghi di Azzurropoli, cercando bidoni in fiamme vicino ai quali riscaldarmi con gli altri barboni. Un giorno la mia attenzione fu attirata da un gruppo di ragazzi, ombre che si allungavano in uno stretto vicolo della città, tutti verso un unico punto. Decisi di seguirli. Mi ritrovai davanti a un grosso tendone, nessuna scritta o avviso all’entrata, solo una maestosa e fiammeggiante “R” che sventolava su uno stendardo. Erano i propagandisti che agli albori del team, battevano i sobborghi per reclutare giovani disperati e senzatetto come me, assicurando uno stipendio fisso, dei Pokémon e, soprattutto, un posto in cui sentirsi finalmente a casa. I primi giorni passarono in fretta, fra allenamenti e altre operazioni di propaganda. Ci muovevamo di notte, silenziosi, estendendo le nostre radici nelle viscere della città, un tumore che stava metastatizzando in ogni quartiere, attecchendo nei cuori delle persone emarginate, senza famiglia, senza futuro. Ancora oggi sono convinto però che non fu tanto il pasto caldo, il tetto sopra la testa, o l’ambiente familiare a tenerci uniti. In quell’oscurità che era la nostra vita, le parole di Giovanni erano come lucciole che snocciolavano a poco a poco un percorso per le nostre anime smarrite. Seguivamo i suoi pensieri come ipnotizzati, marionette sotto i suoi lunghi e indecifrabili fili. Nessuno sapeva i suoi veri scopi, ma forse a nessuno davvero importava. Si limitava a dichiarare vendetta ad una società che aveva ridotto i Pokémon ad animali domestici da rinchiudere in sfere e da richiamare solo quando ci fosse da lottare. Sosteneva che le palestre, i campionati, e ogni genere di competizione che richiedeva la lotta fra Pokémon, non era altro che un atto di violenza contro la libertà dei Pokémon stessi. Ma per finanziare quell’immane rivoluzione aveva bisogno di soldi, e quale mezzo migliore se non lo sfruttamento dei Pokémon messo già in moto da quella società già avvelenata? Quale modo migliore se non il furto e la rivendita dei Pokémon così cari a quei borghesucci figli di papà che se ne prendevano cura per il solo scopo di usarli come mezzo di intrattenimento? A quel tempo mi sembrava il giusto prezzo da pagare per un ideale così grande. Non ci volle molto però perché iniziasse a germogliare in me il seme del dubbio. Pochi mesi dopo infatti, fui scelto per partecipare al furto dei teschi di Cubone dalla Torre Pokémon di Lavandonia. Dalle cronache saprai sicuramente com’è andata. Ricordo ancora il lamento straziante di quel piccolo Cubone nel vedere la madre esanime, stramazzare al suolo. Chissà quanto avrà pianto alla luna, con addosso il teschio della madre, chiedendosi il motivo di tanta sofferenza, mentre lacrime incessanti avranno disegnato sul teschio la testimonianza del suo dolore. Di lacrime ricordo anche quelle di quel povero vecchietto che furioso venne fin dentro il nostro rifugio per dircene quattro. Dicono che non è mai troppo tardi per chiedere scusa. Non so se sia vero, ma se dovessi cominciare a farlo, inizierei proprio da quel Cubone e da Mr. Fuji. Fu dopo quella missione che le mie certezze vacillarono per la prima volta, e per la prima volta provai il desiderio di abbandonare tutto, trovare un lavoro onesto, mettere da parte i soldi per una casa. E non ero l’unico a pensarla così. C’era un inquieto tumulto fra le fila del team, i pochi coraggiosi che ebbero l’ardire di abbandonare il covo, scomparvero misteriosamente. Molti pensavano che Giovanni se ne fosse occupato personalmente. La notizia ci fece rabbrividire e convinse i dubbiosi rimasti a deglutire le loro incertezze e ad abbassare la testa. Accarezzai persino l’idea del suicidio. Ma il suicidio è un atto di violenza soprattutto contro le persone che restano in vita a sopportare il dolore della tua morte, e io non potevo fare questo a Lydia. Conobbi i suoi occhi neri i suoi capelli amaranto il primo giorno di addestramento, ma mi fece conoscere il resto del suo corpo solo cinque mesi più tardi, in una notte troppo fredda e tempestosa per dormire da soli. Ci amavamo nel poco tempo libero che ci era concesso, in quei rari momenti in cui smettevamo di essere due reclute qualsiasi di un’associazione malvagia per diventare le due persone più felici dell’universo, con sotto le palpebre il sogno di una famiglia insieme, e di fuggire da quel posto, da quel che eravamo diventati. Dopo la storia della Torre Pokémon, cominciai ad evitare di partecipare alle missioni che più esponevano al rischio di sequestri di persone o peggio, di omicidio, come quella alla Silph SpA. Ma sapevo che non avrei evitato per sempre quel rischio. Quando mi fu chiesto di andare sino alla Centrale Elettrica del Percorso 10, pensavo sarebbe stata l’ennesima spedizione di poco conto, un semplice furto in una centrale semiabbandonata. Quella mattina baciai Lydia sulle labbra, presi un Cioccoskitty al volo e mi misi in viaggio. Sarei tornato al crepuscolo, assaporavo già le calde braccia di Lydia che mi avrebbero accolto al mio ritorno. Non avrei mai immaginato di incontrare un posto di blocco all’interno del Tunnel Roccioso… Due poliziotti mi fermarono e mi chiesero i documenti. In effetti la vista di un ragazzo che si dirigeva solo in quel tunnel verso la direzione di una centrale diroccata dava un po’ troppo nell’occhio. Quando trovarono la foto di me e Lydia nella nostra divisa con il fiammeggiante logo “R”, non ci misero molto a sbattermi in galera. Fui condannato a ben due anni e dieci mesi, nessuna possibilità di contattare Lydia, nessuna speranza di poter rivedere quella sera i suoi infiniti occhi più neri dell’abisso da cui mi avevano salvato. Quando rividi finalmente il cielo, decisi di fare una piccola deviazione alla centrale elettrica, piuttosto vicina, prima di far ritorno a casa. Scoprii che il pezzo da rubare era ancora lì, il team non aveva mandato nessuno al mio posto, quindi nessuno si era preoccupato della mia scomparsa... Ma la spiegazione arrivò subito dopo. E indovina chi me la diede? Tu! Esatto, ci siamo già incontrati. Quel giorno alla centrale mi dicesti che il team si era sciolto, tre anni prima, poco dopo la mia dipartita, che non esisteva più nessun Team Rocket, che Giovanni era scomparso. Fu come se il centro di gravità si spostasse dalla Terra al cuore della disperazione. Mi sentito precipitare in un baratro in cui per la seconda volta mi ritrovavo senza famiglia, senza casa, senza Lydia. Era come se il grembo umido di quella cella mi avesse di nuovo partorito perché tutti mi abbandonassero, come era già successo. “Chiudi gli occhi. Respira” continuavo a ripetermi. La prima cosa che feci fu cercarla, spasmodicamente, con furiosa calma, lucidamente impazzito. Ma tu sai già come è andata. Mi incontrasti qualche tempo dopo in una piccola casetta a Mistralopoli, felicemente sposato. Lydia, una volta sciolto il team, credendomi ormai morto, aveva deciso che l’unico modo per far cicatrizzare quelle ferite, era quella di fuggire lontano, cambiare aria. Non fu facile trovarla, in una baita deserta sul Mote Antipodi di Unima. Quando bussai alla sua porta, mi aprì una donna dagli occhi lontani e le labbra appassite, ma nel riconoscermi, nei suoi occhi inceneriti dal dolore si riaccese la notte, e le sue labbra si ricordarono finalmente com’era sorridere. Ci trasferimmo a Mistralopoli, iniziammo a gestire un allevamento Pokémon insieme, incominciai ad accorgermi del profondo e viscerale legame che può unire uomini e Pokémon, legame che trascende il mero servilismo che può trasparire dalla lotta, per arrivare a lambire apici di fiducia e apoteosi di amicizia che raramente ho visto altrove. Finalmente riuscivo a percepire la vibrante e distorta follia dell’ideale di Giovanni. Poi, ci sposammo. Incominciammo finalmente a vivere una vita normale (è curioso come non riesca ancora a scrivere questa parola se non in corsivo, senza dargli quell’ossimorica valenza di anormalità). Finché non arrivò quella lettera. Non so come Giovanni sia riuscito a contattare tutte le sue vecchie reclute, come sia riuscito a convincere tutti i vecchi leader delle peggiori associazioni del mondo, ma la cosa che davvero non riuscii a capire, la vidi la sera del primo incontro con il team Rocket Rainbow. Quella sera Giovanni non parlò a lungo, come era solito, alimentando i tizzoni ormai sopiti dei suoi vecchi ideali. Si limitò ad infilare una mano in tasca. Ad estrarvi una Master Ball e lanciarla in aria. Fu in quel momento che il miracolo avvenne. Mewtwo era davanti a noi, solenne e imperscrutabile nella sua assoluta essenza, sentivo un’antica e irrequieta energia oscura tendere ogni fibra del suo corpo, nel suo sguardo infinite tempeste di rabbia e dolore infuriavano il nero vorace delle pupille. In quell’istante ebbi la sensazione che se la paura dovesse avere un volto, sarebbe quello di Mewtwo. Poi, con vitrea e risoluta calma, accarezzando l’immancabile Persian sulle ginocchia, quasi come se fosse una sentenza, disse soltanto: “Conquisteremo il Mondo”. Non avevo la più pallida idea di come avesse convinto il leggendario Mewtwo a schierarsi dalla sua parte, ma quella sera, una cosa era certa: non riuscì a convincere me. Ormai la mia anima non era più l’arida sterpaglia di un tempo facilmente divorabile dalle sue parole di fuoco. Avevo conosciuto e imparato ad amare il legame che può nascere da uomini e Pokémon. Quella sera decisi che mi sarei preso la mia vendetta, ovvero la mia redenzione. Aveva utilizzato le ultime scoperte di Samina per trovare il modo di aprire Ultravarchi mai solcati, attraversarli in totale sicurezza e reclutare le peggiori Ultracreature che riuscisse a trovare, formando un esercito col quale sarebbe stato un gioco da ragazzi conquistare il mondo. Non glielo avrei permesso. Quel giorno all’Æther Paradise, in programma c’erano i primi beta-test per assicurarsi che tutto filasse liscio il giorno dell’apertura del primo varco. Dovevo agire, prima che fosse troppo tardi. Ero stato assegnato alla sicurezza della porta del corridoio est che dava sulla sala principale dove si tenevano i test. Dovevo distruggere quei macchinari. Insieme a me a far da guardia c’era un’altra recluta. Silenziosamente infilai una mano nella tasca posteriore, pigiai il pulsante di una Ball, la sentii gonfiarsi nel mio palmo. In un lampo Parasect si era arrampicato sul soffitto usando Spora, mentre il mio compagno già si accasciava al suolo addormentato. Protetto da una maschera antigas e sotto il bianco mantello di Nube del mio Swablu percorsi indisturbato il corridoio, sfuggendo all’occhio vigile delle telecamere. Mentre mi avvicinavo all’entrata dei laboratori, sentivo il tamburo del cuore battere al ritmo della mia paura, nei timpani, tanto da coprire il rumore del mio affanno e i miei passi concitati. Una volta giunto davanti a quelle porte blindate, mi accorsi che non c’erano guardie intorno, anzi la porta si aprì senza esitare. Un brivido strisciò lento lungo la schiena. Dentro Giovanni era intento a parlare con alcuni tecnici, mentre Ghecis e Cyrus parlavano sottovoce in un angolo. Sembrava che nessuno si accorse della mia presenza, quando notai che una recluta sussurrò qualcosa all’orecchio di Giovanni. Sì girò appena, guardandomi con la coda dell’occhio. I timpani battevano all’unisono col cuore, il sangue era lava dentro la testa. Poi fece un cenno ad un angolo scuro della stanza che non avevo notato fino a quel momento. Da quella tenebra imperscrutabile si delineò poco a poco il volto della paura. Dapprima notai il sinistro luccichio dei suoi folli occhi, poi tre dita contratte tese verso la mia direzione, e una Palla Ombra che prendeva forma dal palmo della sua mano. Ecco perché non c’erano guardie. Con Mewtwo a far da guardia del corpo si andava sul sicuro. D’istinto chiamai il mio ultimo Pokémon, Marowak. Qualche mese dopo l’episodio di Lavandonia, con gli artigli del rimorso che stringevano sempre più attorno alla gola, decisi di andare in cerca di quel Cubone orfano. Gli diedi da mangiare, decisi di prendermi cura di lui, si evolse. Diventammo inseparabili, compagni d’avventura, divenne il mio miglior amico. E ora era lì, davanti ai miei occhi, intento a usare Fossa per proteggermi in una buca, incurante dell’incredibile energia oscura che puntava su di lui. Colsi l’attimo: saltai nella buca, e con il ventre schiacciato contro la terra come se volessi scomparire da quella stanza, dal mondo intero, lanciai la bomba al plasma che avevo rubato giorni prima dai container conservati nell’armeria. “Scusami, amico mio…”. Dopo l’esplosione, approfittando della polvere e dei detriti, balzai fuori dalla fossa, correndo più veloce che potevo verso l’uscita, la luce, la libertà. Una volta fuori mi aggrappai al mio Swablu. Avevo ancora negli occhi il mio Marowak che cercava di proteggermi prima di mettersi al sicuro, e i tentacoli del rimorso mi presero alla gola. Poi un sibilo mi riportò alla realtà, mi girai: Mewtwo era diversi metri più indietro, furioso e con gli arti tesi verso l’alto, invocando la Palla Ombra più grande che avessi mai visto, un buco nero che aveva per me solo promesse di morte. Swablu accelerò il ritmo, ma fu tutto inutile. Il colpo ci investì in pieno. Cademmo in acqua, sanguinanti, nella confusione delle onde e delle ferite persi di vista Swablu, e trascinato dalla corrente, raggiunsi quest’isola deserta (tra l’Æther Paradise e Akala, immagino) dove sto scrivendo questa pagina. So che mi troverai. Devi trovarmi. Devi sapere. Non vorrei salutarti così, vorrei poterti incontrare un’ultima volta, anche solo per dirti grazie. Chissà che fine avrei fatto se il team Rocket non si fosse sciolto, grazie a te. Vorrei che i miei Pokémon fossero qui con me, vorrei riabbracciare il mio Marowak per un’ultima volta… Vorrei rivedere gli occhi di Lydia, è credere che morire sarà dolce come perdersi nella notte delle sue nere pupille… Tu sai dove trovarla, per favore, dille che l’ho amata e che l’amerò, sempre. Non mi resta molto. Non sento più le dita dei piedi e non so se il sole all’orizzonte stia per sorgere o tramontare. Chissà se quelle nuvole stanno asciugando il sangue del sole o il mio. Ad ogni modo, tutto sommato, è un bel momento per andarsene. Non ti ho detto il mio nome, ma ora sai chi sono. Il nome serve agli eroi per essere ricordati, ma io non sono un eroe, sono solo una recluta che ha cercato di dare il meglio di sé dopo aver dato il peggio. Spero solo di aver evitato più dolore di quanto non ne abbia provocato. Dicono che non è mai troppo tardi per chiedere scusa. Io non ci ho mai creduto. Ma se dovessi cominciare, forse dovrei iniziare da me, da te, e dal resto del mondo. P.S.: Come richiesto, ho modificato il post al solo fine di eliminare lo spoiler in cui avevo inserito l'elaborato, non sono state fatte ulteriori modifiche. Link al commento Condividi su altre piattaforme Più opzioni di condivisione...
meTEOr Inviato 18 novembre, 2017 Condividi Inviato 18 novembre, 2017 Nome dell’autore: Always-Weirdo Titolo: IL PRIMO CONTATTOElaborato: Era dal giorno in cui suo marito Paver le aveva parlato di quell’antica e distorta verità sulla battaglia dei quattro protettori dell’isolata Alola, contro quella creatura ultradimensionale sconosciuta, che Samina sperava in un primo vero contatto con questo essere. E ora non riusciva a crederci che stava per accadere veramente. Quando quelle scintille bianche e azzurre iniziarono a danzare sfrigolanti davanti ai suoi occhi, non poté evitare di rivedere tutta la sua vita, tutte le sue scelte, tutti coloro che le erano stati accanto per intraprendere le ricerche, sia che lo fossero ancora sia che avessero perseguito i loro progetti. Il primo tra tutti fu Guzman, il suo vecchio migliore amico, che non vedeva dal giorno in cui le disse che lui avrebbe ripreso il suo Giro delle isole, per diventare da prima Campione e poi Capitano specializzato in Pokémon di tipo coleottero, come sognava sin da quando si erano conosciuti, sin da quando aveva salvato il suo piccolo Wimpod. Poi fu la volta di Paver, il primo ragazzo della quale si era innamorata e che adesso era proprio lì con lei, che le teneva la mano e che assisteva a quel varco luminoso che si apriva sempre di più, come una macchia d’olio. Era stato proprio lui ad avvicinarla alla storia segreta del loro meraviglioso arcipelago, ed era stato proprio lui a convincere lei e Guzman a interrompere il Giro delle isole per continuare gli studi alla biblioteca di Malie. Quindi la sua memoria si soffermò su Bellocchio e Augusto, che erano stati di vitale importanza nelle loro stravolgenti scoperte. Il primo era amico di Paver sin dall’infanzia, infatti entrambi erano nati al Villaggio Tapu, ma la sua distruzione li aveva spinti a separarsi e si erano quindi ritrovati proprio a Malie, dove Bellocchio si era trasferito con la sua famiglia. Il secondo invece arrivava da Poh, ma da qualche tempo si era fermato nella città di Ula Ula, per intraprendere lui stesso le ricerche su quella fantomatica creatura ultradimensionale; questo ovviamente prima che, anche lui come Guzman, li lasciasse, per entrare nella nuova sezione della Polizia Internazionale appena sviluppatasi ad Alola. E infine fu la volta di Sherman Kukui, figlio del precedente professor Kukui (o P.K. come lo definivano tutti) e cugino di Guzman. Forse era stato proprio quest’ultimo che, prima di conquistare la piccola città di Poh per non essersi guadagnato il posto di Capitano, gli aveva parlato delle ricerche che Samina stava svolgendo. E forse era sempre lui che l’aveva convinto ad ospitare lei, il marito e Bellocchio nella nuova struttura che la sua bellissima moglie Magnolia, conosciuta durante il viaggio a Unima, aveva sviluppato a Kantai, il Centro per gli Studi Interdimensionali, accanto al Centro Pokémon. I suoi pensieri si destarono dalla sua mente quando, con una forte onda d’urto che li spinse contro le pareti e che infranse i vetri del primo piano, il varco si aprì definitivamente, davanti ai loro occhi ancora increduli. Era una sorta di buco galleggiante, il quale irradiava una forte luce bluastra e il quale disperdeva nell’aria scariche elettriche biancastre. Il suo rumore sfolgorante, simile ad un pezzo di carta quando viene strappata, infrangeva un silenzio quieto. Una leggera brezza filtrava dai frammenti accuminati di vetro che ancora erano appesi alle finestre, una brezza calda che si portava con sé il profumo salmastro del mare e che agitava le tende come fantasmi. Paver fu il primo ad alzarsi, quindi aiutò sua moglie. I due si avvicinarono con cautela mentre alcune scintille piovevano sulle mattonelle del pavimento. Anche Bellocchio e Magnolia si fecero avanti. << Ci siamo riusciti >> disse Paver con voce tremolante, in estasi per quel momento. Provo a toccare quel varco, ma Bellocchio gli fermò la mano prima che potesse farlo. Una strana energia sembrava attirarli verso il suo interno. Samina lo sentiva dentro, e lo capiva anche dalla sua gonna e dai suoi capelli che si muovevano verso di esso, come se venissero tirati. << Sì, amore mio, ma non sappiamo quale… Ultracreatura ci possa essere dall'altra parte >> disse la donna, pensierosa << Ultracreatura? >> chiese Bellocchio << È un termine più che azzeccato >>. I ragazzi si guardarono tra di loro, sorridenti ed entusiasti del loro operato, ma quello stato di felicità non ci mise molto a svanire dai loro volti. Le luci della sala iniziarono a vibrare e a saltare, anche gli schermi dei computer si accendevano e spegnevano da soli. La terra sotto i loro piedi inizio a tremare quando il varco iniziò a deformarsi. << State indietro, presto! >> la voce di Magnolia era un grido, come se volesse superare il fischio tonante di quella porta ultradimensionale. Mentre Paver spingeva Samina dietro ad un tavolo un’ombra veloce, un lampo di luce nera e violacea, fuoriuscì dal varco, seguito da scintille e scosse fulminanti di energia. Una freccia iridescente che le passò accanto, recidendole di netto alcune ciocche di capelli biondi, e che uscì dalla finestra infranta. Quando i ragazzi guardarono il cielo limpido fuori dall’edificio videro una figura, un’ombra che si fece ben presto nitida ai loro occhi. Era un essere non diverso da un Pokémon, e forse lo era nella sua dimensione, ma quel pensiero rimase solo nella mente di Samina. Era magro in vita, dalla pelle nera e il pelo bianco sulla cinta e sul collo; dalle braccia lunghe e artigliate, con unghie affilate e luccicanti come pietre di ossidiana; le gambe, anch’esse lunghe e sottili, simili a spine. Il petto era più gonfio del bacino, quasi come se avesse un fascio di muscoli, e il volto, che era un teschio con due zanne, era immerso in una nube di fumo denso e violaceo. Le persone che stavano facendo due passi per la via principale della città non poterono evitare di fermarsi e guardare in alto, con occhi confusi e indagatori quando quell’essere lanciò il suo verso acuto. Come per i ragazzi, anche per loro era una creatura nuova, sconosciuta, la cui natura era ancora in dubbio. Poteva essere buona e pacifica, ma al contempo poteva essere cattiva e pronta a distruggere tutto, e questa sua indole si fece ben presto vedere. Stese il braccio e aprì gli artigli, davanti al palmo nero si smaterializzò quindi una sfera nera, una Palla Ombra che venne scagliata contro il muro dell'edificio accanto, quello in cui Samina e Paver avevano lasciato i loro figli, credendoli al sicuro. Sul muro rimase il segno di una bruciatura fumante. Le persone e i Pokémon iniziarono a scappare allarmati mentre quell’essere iniziava a far volare alcuni oggetti con i suoi poteri psichici. I suoi occhi verdi si tinsero di una luce rosa quando un lampione volò contro due persone e un Wingull che svolazzava di lì per caso. Poi sollevò lo storico cartello di benvenuto in legno, un frammento della pavimentazione stradale su cui era stata piantata una palma, alcune pietre e persino la scultura a forma di Brionne nel centro della fontana che fronteggiava l’Hotel Voce del Mare, quindi lasciò ricadere tutto, devastando i prati verdi della città, l’Ufficio Turistico e parte della vetrata del Centro Pokémon. << Samina, i bambini! >> la voce di Paver la fece tornare in sé. Per alcuni istanti non si era più sentita sé stessa, ma il marito aveva ragione, dovevano pensare a Iridio e Lylia. I ragazzi scesero in velocità la rampa di scale, ritrovandosi sulla via che fronteggiava il mare agitato e l’esterno del Tunnel Diglett. Le persone scappavano impaurite e urlanti, assieme ai loro Pokémon e a quelli selvatici, dai frammenti di pietre che cadevano come meteore e dalle sfere scagliate dalla creatura. Alcuni allenatori però si erano fermati per sfidarlo. Samina si diresse quindi nell’edificio a fianco a quello in cui avevano svolto le loro ultime ricerche, corse su per le scale, inciampando in più di un’occasione, e raggiunse la camera in cui stavano i suoi figli. I due bambini si erano rintanati in un angolino, a fianco di una libreria, uno abbracciato all'altro. La donna gli andò incontro e li strinse forte a sé, come se volesse proteggerli con il suo stesso corpo. Dalla sua cintura si aprì una sfera Poké e, da una luce abbagliante e scarlatta, apparve il suo Brionne, con gli occhi inarcati in un'espressione di rabbia e preoccupazione. Il Pokémon si mise davanti ai tre e, usando la sua mossa Protezione, alzò una cupola invisibile che li avrebbe protetti da eventuali attacchi o crolli. Intanto, all'esterno, la battaglia con quell'essere ultradimensionale continuava, ma con scarsi risultati. Nonostante fossero molti gli allenatori accorsi a proteggere la città e a fronteggiarla, quella creatura sembrava avere la meglio grazie ai suoi elevati poteri psichici. Magnolia stava dietro al suo Serperior quando il suo piccolo Minccino mosse la coda a destra e a manca, provocando il suo attacco Comete. A fianco a lei c'erano due allenatrici gemelle, una con un Electabuzz che aveva sferrato il suo attacco Tuono e l'altra con un Magmar, già pronto ad usare il suo Fuocobomba. L'Ultracreatura però bloccò i loro attacchi con alcune Palle Ombra, provocando un'esplosione in cielo che irradiò il cielo di rosso e nero. Quindi fu la volta di un Toucannon, che passò tra due edifici con maestria e che sferzò la creatura con il suo Attacco d'ali. Assieme a lui c'era anche un Decidueye, con quella sorta di cappuccio che gli copriva il capo, che mosse le ali per attaccarlo, come se fossero un arco e lui un arciere, quindi lo colpì con il suo Cucitura d'Ombra. I due attacchi fecero però arrabbiare maggiormente l'essere dimensionale. Con il suo Psichico quindi li spinse tutti via, facendoli rotolare sull'asfalto e facendoli andare contro i loro stessi allenatori. << È la nostra occasione >> disse Paver come se parlasse a sé stesso. Doveva sfruttare la disattenzione che gli era data dalla creatura. << Forza, Pikachu. Una il tuo attacco Fulmine! >>. Il Pikachu di Paver seguì quell'ordine e si caricò quindi di tutta l'energia elettrica che possedeva in corpo. Le sue guance rosse si accesero come due lampadine sfavillanti e un grande fulmine, che sembrò sprigionarsi dal suo pelo giallo, venne scagliato in direzione della creatura svolazzante, illuminando il cielo di una luce intensa mentre si contorceva come una serpe. L’Ultracreatura però non venne colpita, il fulmine luminoso venne fermato dallo scudo invisibile che gli si era generato intorno. Non appena quella bolla invisibile svanì, la creatura mosse la mano, come se stesse scacciando un insetto, e il piccolo Pikachu venne scaraventato contro la muratura che accerchiava un vecchio magazzino abbandonato. La creatura dimensionale rivolse poi il suo sguardo torvo a Paver, raggelandolo. Samina lo vedeva dal vetro della camera e, quando i suoi occhi brillarono di una luce rosa, capì che non doveva essergli andato a genio quell'attacco alle spalle. Lo osservava mentre stendeva il suo braccio magro e spalancava la mano artigliata verso il marito. Non passò molto prima che Paver venisse sollevato da terra, mentre il suo Pikachu lo osservava ancora stordito per la botta contro il muro. L'essere dimensionale lo porto davanti alla sua faccia-teschio, più simile ad una maschera che ad un vero e proprio teschio, per poi spingerlo via grazie al potere psichico. L'uomo urlò e volò verso il Centro di Magnolia, oltrepassando il buco della finestra e finendo all'interno del varco, mentre quello sfrigolava e mutava. L'essere guardò poi Samina, come se vedesse la sua stessa anima. Mosse le braccia in alto, verso il sole accecante di quella giornata, e un'onda di luce rossa come un fuoco avvolse da prima tutte le case della città, passando attraverso i vetri delle finestre e le fessure delle porte; poi proseguì per le strade e i Percorsi, raggiungendo gli altri centri abitati vicini; al che sfiorò la superficie marina, fino ad arrivare alle altre isole. Mentre Samina veniva accecata da quel flash, che lentamente le stava modificando quel ricordo, l’Ultracreatura si mosse rapida verso la porta dimensionale e la oltrepassò. Il varco già instabile iniziò dunque a frememere e vibrare, scagliando scintille luminose come fossero proiettili, al che una luce bluastra e rossiccia irradiò tutto il primo piano del Centro per gli Studi Interdimensionali. Un’ondata di fuoco e cenere avvolse la sala delle ricerche, i computer presero fuoco ed esplosero come bombe, dando il via a una reazione a catena che fece tremare l'intero edificio e che lo portò al collasso su sé stesso, come fosse un foglio di carta che si accartocciava in una mano. L'antenna parabolica sulla sommità del tetto oscillò e sprofondò insieme alle tegole e alle intercapedini, mentre il pian terreno diventava un inferno di fiamme e macerie incenerite, avvolte dalle lingue di fuoco. Il cielo, che fino a poco prima era stato tinto di un azzurro così chiaro da sembrare finto, ora si era sfumato di un rosso acceso e di un fumo così denso e nero che venne visto anche dai cittadini del Villaggio del Mare, sull’isola impervia e lontana di Poni. QUALCHE ANNO DOPO << Paver, amore mio, quella purtroppo fu l’ultima volta che ti vidi. Mi duole così tanto non ricordarmela >> disse Samina fissando trasognante quell’enorme spiazzo vuoto che stava tra il Centro Pokémon ricostruito e l’edificio in cui aveva vissuto per un periodo con la sua famiglia. Una brezza leggera, la stessa di tanto tempo fa, le muoveva i lunghi capelli dorati. << Da quel giorno, che mi sembra sempre più lontano, molte cose sono cambiate in me, molte cose sono mutate attorno a me, molte cose mi sono state portate via ma, ciononostante, ho fatto scoperte inimmaginabili. Nostro figlio Iridio, che ormai ha dodici anni, è scappato con uno dei miei esperimenti più riusciti, anche se so perfettamente che si trova con Guzman, il quale, nonostante la reputazione che si è costruito, so che farebbe di tutto per una sua vecchia e cara amica. E questo implica anche badare a lui. Nostra figlia Lylia invece, che ha quasi undici anni, ha pensato bene di seguire l’esempio del fratello e di scappare da me, dopo avermi derubata dell’unica Ultracreatura in mio possesso e che magari si sarebbe rivelata essere la stessa che ti ha portato via da noi >> si fermò per un istante quando vide Magnolia da lontano, davanti al suo nuovo Centro di Ricerche Interdimensionali, che parlava con suo marito Sherman. Sospirò. << Ma poco importa. Con una bella giornata di sole come questa è inutile stressarsi per queste cose effimere. Tanto lo so che la ritroverò, lei e il suo nuovo amichetto che si diverte tanto ad andare da una dimensiona all’altra. E questo accadrà molto presto, prima ancora che possa rendersene conto >>. Link al commento Condividi su altre piattaforme Più opzioni di condivisione...
Rebs Inviato 18 novembre, 2017 Condividi Inviato 18 novembre, 2017 Nome dell'autore: Rebs Titolo: Nascita del Teschio di Alola Elaborato: Chissà se veramente nella vita tutto viene per caso, oppure se siamo fin dalla nascita destinati a qualcosa. Chissà cosa sarei potuto diventare se avessi realizzato il mio sogno, se fossi anch'io diventato un capitano. Io e il mio fidato Golisopod avremmo potuto dare del filo da torcere a tutti i nostri sfidanti, ci saremmo potuti divertire a sconfiggerli uno a uno! Invece no, sono stato battuto e deriso di fronte a Kukui, proprio quel Kukui che, per schernirmi, mi disse:"Guzman, cosa diamine combini?". Quelle parole... non potrò mai dimenticarmele! Per lo meno anche l'imbattibile Kukui non è riuscito a diventare capitano quello stesso giorno, ben gli sta! Ripensandoci però il ruolo del capitano non mi si addice, mi sarei annoiato a rimanere tutto il giorno in attesa di uno sfidante! Io e il mio Golisopod abbiamo bisogno di azione, siamo entrambi degli attaccabrighe e non mi pento delle scelte che ho fatto e della via che sto percorrendo. Mi ricordo ancora quando ero un ragazzino e mi divertivo a giocare sulla spiaggia e a nuotare nel mare cristallino di Alola e mi ricordo di un episodio in particolare. Un giorno, mentre stavo tornando a casa, vidi tra gli scogli un piccolo Wimpod impaurito circondato da alcuni Wingull affamati. Il povero Pokemon era indifeso e in pericolo, quindi ho deciso di intervenire per salvarlo cacciando via quei prepotenti! Da quel giorno il piccolo Wimpod si fidò di me e diventò il mio migliore amico. Quello fu solo il primo passo che mi portò a essere ciò che sono e ciò di cui ne vado fiero di essere diventato. Passarono gli anni, il mio Wimpod si evolse e diventammo più forti insieme e, nonostante la sconfitta e l'umiliazione subite di fronte al mio rivale Kukui, noi due non ci siamo arresi e continuammo ad allenarci e affrontare tutti gli allenatori che incontravamo. Sentivo che più i giorni passavano e più il mio legame con Golisopod si rafforzava. Eravamo diventati una cosa sola ed ero sicuro che un giorno avremmo fatto qualcosa di molto importante che avrebbe cambiato per sempre la nostra vita. Quel giorno arrivò quando incontrai un'allenatrice specializzata in Pokemon di tipo veleno che mi diede del filo da torcere, ma che alla fine riuscii a sconfiggere. La ragazza si presentò: il suo nome era Plumeria. Lei si congratulò con me e mi disse di seguirla senza troppe domande, così io, nonostante fossi inizialmente titubante, decisi di obbedire. In poco tempo arrivammo alle porte di Poh, una città protetta da alte mura sulla costa settentrionale dell'isola di Ula Ula. Spinto dalla curiosità, decisi di iniziare a parlare con la misteriosa Plumeria per saperne di più. "Allora, perché mi hai portato qui?" "Aspetta e vedrai." "Vedere cosa? L'unica cosa che vedo sono le mura di Poh." "Eccoli, stanno arrivando!" Una combriccola di teppisti si avvicinò a noi muovendosi in maniera strana e cercando, anche se con scarsi risultati, di rappare. Poi Plumeria iniziò a parlare con uno di loro. "Ce ne avete messo di tempo per arrivare!" "Perdonaci sorella maggiore, per strada abbiamo trovato un negozio di malasade e beh... la fame si è fatta sentire, quindi..." "Sì, ho capito, per voi mangiare viene prima di qualsiasi altra cosa! Comunque lui si chiama Guzman, è uno specialista di Pokemon di tipo coleottero ed è un osso duro. Penso che lui possa diventare il leader perfetto per il nostro team." "Cosa? Uno specialista di Pokemon di tipo coleottero? Mi aspettavo un domadraghi, ma non un allenatore di quei deboli Pokemon coleottero!" Non riuscii a rimanere indifferente a queste parole: nessuno deve osare criticare il mio Golisopod! Decisi così di rispondergli con un tono provocatorio. "Se la pensi proprio così, perché non mi sfidi in una lotta? Ci sarà da divertirci!" "Va bene, se è quello che vuoi, fatti sotto!" Lo scontro iniziò e il mio Golisopod riuscì a sconfiggere senza problemi sia il suo Salandit sia il suo Zubat. Poi, sogghignando, gli iniziai a parlare nuovamente. "Allora, mica male per uno specialista di Pokemon coleottero, vero?" "Ok, devo ammettere che sei forte! La prossima volta non dubiterò più delle scelte della nostra sorella maggiore!" Dopo queste parole, Plumeria mi chiese se volessi davvero diventare il loro nuovo leader e seminare caos ad Alola e io ovviamente accettai senza esitare! Plumeria sorrise entusiasta e mi disse queste parole. "Ottimo Guzman, so che sarai un fantastico leader per il nostro team e sento che insieme faremo grandi cose! La vedi quella città alle nostre spalle? Devi sapere che al suo interno c'è una villa maestosa e il mio sogno è quello di assediarla e renderla la roccaforte per il nostro team, che ne dici? "Mi sembra una magnifica idea! Dunque, in quanto capo, seguite le mie direttive e vedrete che diventeremo i padroni incontrastati di Alola! Prima di tutto però abbiamo bisogno di un nome... che ne dite di Team Skull?" Tutti accettarono entusiasti e insieme iniziammo a farci conoscere in tutta Alola. Finalmente avevo capito di non essere mai stato destinato a diventare uno dei tanti capitani, ma il temibile leader di un team malvagio, cosa avrei voluto di più? Passò un anno dalla nascita del Team Skull quando un giorno un misterioso ragazzo biondo affrontò e sconfisse alcune mie reclute con l'aiuto di un Pokemon chiamato da lui Tipo Zero. Plumeria allora intervenne, ma venne battuta anche lei senza troppi problemi, impossibile! Mosso dalla rabbia, decisi quindi di sfidarlo e riuscii con molta difficoltà a mandare a tappeto il suo insolito Pokemon. Il giovane allenatore mi guardò scocciato e iniziò a parlarmi. "Pff, tutta fortuna!" "Devo ammettere che sei forte per essere un marmocchio, ma nessuno può battere il capo del Team Skull!" "Ti avrei battuto se il mio Tipo Zero non fosse stato indebolito da quegli incapaci. Ora vado, sto solo perdendo tempo." "Fermo! Ti andrebbe di entrare nel mio team? Nessuno oltre a me è mai riuscito a battere Plumeria." "Si vede che lei non ha mai affrontato degli allenatori veri." "Non ti ho mai visto da queste parti, stai per caso intraprendendo il giro delle isole?" "No, il giro delle isole è per deboli, non sono fatto per quelle cose!" "E allora perché hai iniziato il tuo viaggio?" "Non lo so, dovevo e basta." "Entra nel nostro team allora, un talento come te non si vede tutti i giorni e il tuo Pokemon è più unico che raro." "Pff, va bene! Mettiamo una cosa in chiaro però: io non sono vostro amico e non voglio dipendere da nessuno." "Noto che sei un ragazzino autoritario e insolente... mi piaci! Come ti chiami?" "Iridio." "Perfetto! Benvenuto nel Team Skull allora!" Il tempo passò in fretta dall'incontro con l'enigmatico Iridio e il Team Skull crebbe sempre di più fino a quando un giorno attaccammo Poh e riuscimmo ad assediarla e addirittura conquistarla! La villa all'interno della città divenne la nostra dimora e noi decidemmo di chiamarla Villa Losca: un nome che le si addice alla perfezione a parer mio! Tutto procedeva alla perfezione fino a quando una donna bellissima simile a un angelo venne a parlarmi. Il suo nome era Samina, direttrice di una certa Fondazione Æther, e io persi letteralmente la testa per lei! Era semplicemente perfetta, ma, dato che in ogni bene è sempre presente una goccia di male, anche lei nascondeva nel profondo del suo cuore un lato oscuro, misterioso, pericoloso! Quella donna mi stregò e da quel momento non riuscii a fare a meno di lei! Quello fu il giorno in cui il Team Skull strinse un'alleanza con la Fondazione Æther. Ancora oggi però mi domando se quella fosse stata davvero la scelta giusta da fare. Quella Samina mi ha ipnotizzato con la sua bellezza, ma non potrò mai dimenticare il suo sorriso malvagio e inquietante! Chissà cosa mi riserverà il futuro. La porta della mia stanza nella Villa Losca si sta aprendo... non è possibile, ancora lui! Quel giovane allenatore amico di Kukui vuole nuovamente mettermi il bastone tra le ruote! Sarò il tuo incubo peggiore ragazzino: il grande Guzman non guarda in faccia nessuno! Link al commento Condividi su altre piattaforme Più opzioni di condivisione...
Phoenix95 Inviato 18 novembre, 2017 Condividi Inviato 18 novembre, 2017 Nome dell'autore: Phoenix95 Titolo: La ragazza che ha cambiato la mia vita Elaborato: <Tre anni sono ormai passati da quel giorno… ben tre anni da quell’incontro che mi ha cambiato la vita e mi ha portato a diventare quello che sono. Tre anni… eppure ricordo tutto come se fosse ieri > Era una calda giornata: nella soleggiata Hau’oli splendeva il sole, ed io, come al solito, trascorrevo i pomeriggi passeggiando sul lungomare insieme a Ratty, un Rattata che era stato con me sin dalla mia infanzia e con il quale condividevo tutto. Ratty era un Pokemon fantastico, insieme ci divertivamo a rincorrere i Wingull sulla spiaggia e a cercare oggetti nascosti sotto la sabbia: era il mio migliore amico. Non avevo grandi ambizioni per il futuro, né sapevo cosa avessi voluto fare nella vita: tutto ciò che volevo era trascorrere le giornate in sua compagnia e divertirmi, ma quel giorno qualcosa in me cambiò. Fu un incontro voluto dal destino. Mentre uscivo dal negozio di Malasade con in mano una bella Malasada maxi, che, come di consueto, avrei mangiato con Ratty mentre ritornavo a casa, vidi in lontananza una ragazza. Rimasi folgorato. Due cose di lei mi colpirono all’istante: l’abbigliamento ed i capelli. Aveva un pantalone nero con strisce bianche su un lato ed una maglietta, anch’essa nera, che lasciava scoperta una parte del ventre, mettendo in mostra la sua pelle, rosea e lucida. I capelli invece erano strani: li teneva raccolti in due code, suddivise in altre due su ciascun lato, per un totale di quattro raggruppamenti di capelli di diverso colore, rispettivamente biondi e rosati, tenuti separati da due fermacapelli a forma di teschio. Ero rimasto immobile ad osservarla e, se non fosse stato per Ratty, il quale mi stava mordicchiando la caviglia per esortarmi a proseguire (o forse per avere un po’ di Malasada), sarei potuto restare lì a fissarla per tutto il giorno. All’improvviso, mentre mi riprendevo da quella visione celestiale, vidi un losco figuro avvicinarsi a quella ragazza con fare minaccioso: istintivamente corsi verso di lei. Non so cosa mi stesse prendendo: ogni volta che dovevo prendere una scelta, prendevo quella sbagliata, ma quella volta sentivo di star facendo la cosa giusta. L’uomo, avvicinatosi nel frattempo alla ragazza, disse con un ghigno malefico “-Ehi ragazzina, che ne diresti di venire a divertirti con me?” La ragazza stava per rispondere, ma non ebbe il tempo di farlo: correndo come non avevo mai fatto prima, mi ero già messo tra lei ed il losco figuro. Con tutta la voce che avevo in corpo, urlai “-Lascia stare questa ragazza!”. Ratty, compagno fedele, mi fece eco, squittendo con furia nei confronti dell’uomo. Pensavo che, così facendo, avrei messo in fuga quell’individuo, ma non andò così: questi si fece una grossa risata e, disse “-Levati dai piedi ragazzino”, mentre lanciava una Pokéball, dalla quale uscì fuori un gigantesco Gumshoos. Rimasi paralizzato dalla paura e, come me, anche Ratty non sapeva cosa fare. Non ebbi il tempo di impartirgli nessun comando, in quanto il ‘Riduttore’ del Gumshoos ci colpì, scaraventandoci proprio ai piedi della ragazza. Ero a terra e non riuscivo ad alzarmi, tuttavia sentii l’uomo dire “-Ora che questo seccatore è andato, che ne dici di riprendere da dove eravamo stati interrotti, bambolina?”. La ragazza, che non aveva ancora avuto modo di dire nulla, prese la parola e disse “-Credo proprio che tu non sappia con chi hai a che fare”. Mentre diceva ciò, lanciò una Chic Ball, dalla quale uscì un bellissimo Salazzle e disse “-Sally, Lanciafiamme”. Con l’ eleganza degna di un Milotic, il Salazzle della ragazza volteggiò in aria e colpì Gumshoos ed il proprietario con un potente ‘Lanciafiamme’, mettendoli in fuga. “-Pfui: che gente” disse tra sé e sé la ragazza, richiamando il suo Pokémon ed avvicinandosi a me. Io ero ancora steso a terra e cercavo di rialzarmi, tuttavia in me albergavano una serie emozioni contrastanti, prime tra tutte vergogna ed imbarazzo, che mi impedivano di fare qualunque cosa. Nel momento in cui alzai la testa per guardarla, lei disse “-Non credo che questo sia il modo di difendere una ragazza”. In quel momento mi sentii il mondo cadere addosso; mentre i miei occhi si riempivano di lacrime ed io mi coprivo il volto con le mani, lei continuò dicendo “-Apprezzo molto il tuo coraggio, ma dato che sono stata io a difendere te, penso che adesso sia tu ad essere in debito con me”. Non capivo cosa stesse dicendo, né sapevo dove volesse andare a parare, tuttavia continuai ad ascoltarla restando a terra. “-Unisciti a me ed entra nel Team Skull” -mi disse- “e così, fino a quando non avrai ripagato il tuo debito, potrò considerarmi soddisfatta”. Non sapevo cosa fosse il Team Skull, nè ebbi il tempo di pensarci: la mia risposta fu un “-Sissignora”, detto con il volto rigato di lacrime e la testa china verso il basso. Fu allora che mi tese la mano e, aiutandomi al alzarmi, mi disse sorridendo “Guarda che nel team Skull non c’è spazio per i piagnucoloni”. Quello sguardo felice e quella mano, tesa verso di me, un ragazzo che non aveva obiettivi nella vita, rappresentarono una luce di salvezza. Dopo essermi rialzato, ancora incredulo per quanto successo, vidi che la ragazza stava andando via e, prima che potesse allontanarsi troppo, urlai “-Grazie mille…” ma solo allora mi accorsi di non conoscere il suo nome. Lei si voltò e disse: “-Mi chiamo Plumeria: vedi di ricordarlo”. Dopo quell’evento sono successe tante cose: sono diventato una recluta del team Skull, ho conosciuto tante persone e soprattutto ho catturato nuovi Pokemon. Il mio Ratty è diventato un Raticate ma, a parte la stazza, è il giocherellone di sempre. Ho viaggiato lungo le isole della regione di Alola e da quel giorno mi sono allenato tanto, in attesa del momento in cui potrò dimostrarlo a Plumeria. Epilogo Base del team Skull – Città di Poh “-Sono passate 3 ore da quando Plumeria è uscita dalla base-” dico a Ratty, mentre continuo ad aspettarla impazientemente “-E’ uscita dicendo che doveva sbrigare una questione della massima importanza, ma ancora non torna” In quel preciso istante sento la porta aprirsi: mi volto e la vedo entrare. Non è la Plumeria di sempre. Indossa la bandana che le avevo regalato l’anno scorso, quella che lei stessa aveva rinominato ‘Bandana delle grandi occasioni’, e sta piangendo. Non l’avevo mai vista così, quindi corro verso di lei chiedendole “-Che cosa è successo?”. Imbarazzata, triste e delusa, riesce solamente a dire “Il Campione… ho perso…” Non dico nulla: la abbraccio e, dopo averla tranquillizzata le dico“-Bene: è arrivato il momento di ripagare il mio debito”. Così dicendo, mi avvio verso la Lega Pokèmon, pronto a sfidare l’attuale Campione per difendere l’onore della ragazza che ha cambiato la mia vita. Link al commento Condividi su altre piattaforme Più opzioni di condivisione...
ThunderShowOff Inviato 18 novembre, 2017 Condividi Inviato 18 novembre, 2017 Nome dell’autore: ThunderShowOff Titolo: Riscrivere la storia Elaborato: “Bisogna creare un nuovo mondo, in cui la libertà viene concessa con moderazione alle masse. Solo esseri superiori e illuminati possono guidare Kalos verso un futuro prospero.” (Pagina del diario di un antenato di Elisio) LUMINOPOLI, due anni fa. La caffetteria era affollata. Imprenditori e industriali leggevano il giornale in uno dei locali dell’alta società di Kalos. Un chiacchiericcio pressante si confondeva all’odore fragrante dei croissant appena sfornati, mentre la primavera vagava nell’aria, rasserenando gli animi e diffondendo la tipica allegrezza che porta con sé il bel tempo. Non si sentiva parlare di Elisio da diverso tempo, ma, se non si fosse diffusa la notizia della sua prematura scomparsa a Cromleburgo, la gente avrebbe riconosciuto, dietro gli occhiali da sole e il berretto di un signore distinto, proprio i lineamenti del creatore dell’Holovox. Avrebbe rivisto in quel volto spigoloso lo stesso individuo che aveva provato a sfruttare la potenza di Xerneas per distruggere il mondo e ricostruirlo a suo piacimento. Alcuni ciuffi cremisi facevano capolino da sotto il berretto, mentre l’uomo sorseggiava un caffè. Egli si guardava intorno con indifferenza; aveva capito da un pezzo che essere disinvolti era il miglior modo per non dare nell’occhio. Osservare gli altri, però, faceva risorgere nel suo animo un antico tormento; provava disprezzo per chiunque gli stesse vicino. Erano tutti assorti nelle loro vite insignificanti e avevano persino dimenticato quanto lui avesse fatto per loro, migliorando il loro stile di vita. Erano tutti dei luridi scarafaggi, incapaci di comprendere la sua grandezza e le ragioni del suo agire. E questa era, probabilmente, la ragione per cui Elisio, a quel tempo, si sentiva dannatamente solo. A un tratto, però, le sue riflessioni vennero spazzate via dall’arrivo di una donna. Era snella, indossava una tuta bianca con dei dettagli rossi che mettevano in risalto il fisico atletico. I suoi capelli erano neri e il suo volto appariva teso. Lei lo vide e il suo viso si spense ulteriormente. Provava timore reverenziale nei suoi confronti, Elisio riuscì a leggerlo nello sguardo intimorito che la donna gli rivolse. Ma lei non indugiò e si sedette al suo tavolo. «Quindi hai fatto le ricerche che ti ho chiesto?» Non c’era tempo per i convenevoli. Per Elisio i convenevoli non esistevano più. Aveva ritrovato questa donna, che apparteneva al team Flare, e l’aveva ricattata per costringerla a tornare al suo servizio. «Sì, ho rispolverato un po’ di vecchi contatti. E ho ottenuto le informazioni che voleva sugli Ultravarchi.» Da settimane Elisio aveva iniziato ad interessarsi alle ricerche di uno studioso di Alola, un certo Paver, che sembrava essere giunto a una scoperta ineguagliabile, accorgendosi di un possibile collegamento fra la nostra dimensione e dimensioni ulteriori, collegate da delle aperture dimensionali denominate Ultravarchi. Tali scoperte avevano da subito intrigato Elisio, allettato dalla possibilità di scoprire nuovi fonti di energia per portare avanti il suo piano originale, drammaticamente sventato alcuni anni prima. Aveva passato più di un anno a nascondersi, dal momento del suo fallimento. Era sopravvissuto per miracolo e aveva impiegato molti mesi soltanto per riacquistare le forze. E, adesso che il peggio era alle spalle, si sentiva come un leone in gabbia. Sentiva il forte desiderio di agire, ma sapeva altresì che, prima di fare qualsiasi passo, avrebbe fatto bene a capire di più di ciò che tanto lo aveva incuriosito… «Pare che sia successo qualcosa ad Hoenn.» riprese la donna che sedeva di fronte a lui. «Una dama della Torre Lotta è scomparsa, e l’unica spiegazione plausibile è che sia finita in un Ultravarco. Queste, almeno, sono le notizie che i media cercano di coprire. Se fossero confermate, rischierebbero di mandare a monte le ricerche di una vita di quel Paver di cui mi hai parlato.» Una cameriera sorridente si avvicinò al tavolo, imbracciando il taccuino delle ordinazioni, e chiese alla donna se desiderava ordinare. Elisio, che non aveva mai sopportato di buon grado le interruzioni, con un brusco gesto della mano liquidò la cameriera, mentre la sua ospite si limitò a sorridere in modo stentato. Il loro discorso allora poté riprendere. La donna, che era stata una delle ufficiali del Team Flare, rese edotto Elisio di come le indagini della polizia di Hoenn fossero ancora in alto mare, malgrado avesse fatto capolino un’ipotesi che creava un collegamento fra la scomparsa della dama e l’apparizione di un varco dimensionale. Secondo alcune teorie, di cui la donna era venuta a conoscenza, pareva che le creature provenienti dall’altra dimensione fossero attratte dall’energia di alcuni soggetti, cosa che poteva aver spinto le stesse a impossessarsi della dama scomparsa. Le teorie e le parole finirono per ingarbugliarsi nella mente di Elisio, il quale rimase, al contempo, confuso e interessato da ciò che aveva sentito. Dentro di sé, però, sul marasma di idee e sentimenti contrastanti dominava una sensazione istintiva. Un impulso irrefrenabile di partire per scoprire qualcosa di più. Si era sempre fidato del suo istinto e adesso iniziava a credere che queste misteriose creature potessero avere davvero un potere immenso. Un potere talmente straordinario da permettergli, magari, di provare nuovamente a realizzare il suo progetto. Sognava ancora di radere al suolo l’intero mondo e di costruirne uno nuovo, sopra le ceneri del precedente; un mondo in cui sarebbe esistita solo la bellezza, imperitura e immortale, e gli scarafaggi sarebbero semplicemente svaniti nel nulla. HOENN Non passò molto dal giorno di quell’incontro perché Elisio si decidesse a partire. Egli diede fondo a tutte le risorse accumulate in una vita di lavoro e ai patrimoni che aveva creato in paesi fuori dal controllo del governo di Kalos. Quel denaro era la sua ultima risorsa per concedersi un’altra possibilità. Quel denaro era un foglio bianco in cui avrebbe potuto riscrivere il finale della sua storia, cancellando il doloroso fallimento che lo aveva visto protagonista solo pochi anni prima. Giunse ad Hoenn con la feroce determinazione di scoprire di più e di trovare l’Ultravarco in cui era scomparsa Alberta, la dama della Torre Lotta, la cui foto campeggiava nei giornali del paese da diverse settimane. Presto o tardi Elisio, però, dovette arrendersi alla realtà dei fatti. Non vi erano tracce dell’Ultravarco e la stessa polizia finì per accantonare le speculazioni attorno a delle misteriose creature provenienti da un’altra dimensione. Hoenn iniziava a dimenticarsi di Alberta e dei servizi televisivi dedicati alle scoperte dello scienziato Paver di Alola, mentre Elisio ribolliva di rabbia all’interno delle modeste camere di albergo che affittava durante il suo percorso. Il suo unico compagno di quei giorni era un diario. Un diario risalente a due secoli prima, dalle pagine ingiallite, che conteneva le memorie di un antenato di Elisio il cui nome si era perduto nel tempo. L’avo, nelle logore pagine, aveva vergato i propri deliri di onnipotenza. Raccontava di come tutti, nella sua famiglia, finissero per allontanarsi dalla società, oppressi dal desiderio di essere superiori, dal desiderio di soggiogare coloro che non riconoscevano come pari. E l’autore del diario era convinto, a sua volta, che il mondo – così come lo conosceva – sarebbe dovuto cambiare. Questo oscuro antenato immaginava un mondo in cui i pokémon e le persone non potessero procreare liberamente e le regole della convivenza sociale fossero stabilite in modo fermo da un sovrano illuminato, capace di portare Kalos ad una sempiterna pace. Era ironico come Elisio avesse riconosciuto che tutti i suoi desideri di dominio non fossero altro che un lascito della sua famiglia, nient’altro che un tratto del suo DNA. Aveva trovato quel diario, durante la recente convalescenza, in una vecchia villa della sua famiglia in cui s’era rifugiato e adesso quell’ammasso di pagine stropicciate e piene di macchie era l’unica cosa in grado di dargli la forza per non arrendersi. Vagò ancora, per settimane, ad Hoenn fino al momento in cui la sua strada non incrociò finalmente quella di una creatura sconosciuta. E no, non era un pokémon. Non uno di quelli che conosceva. Appariva come un gigantesco insetto rosso (Buzzwole), con delle striature nere. Aveva braccia possenti che ricordavano quelle di un uomo e una serie di spuntoni al posto di quelle che sarebbero state le gambe, se il suo fosse stato un fisico umano. La creatura restò ferma per alcuni istanti e poi fece per gettarsi contro Elisio, il quale fu lesto a gettarsi a terra, evitando il peggio. Senza rifletterci, egli estrasse dalla sua tasca una sfera poké e liberò il suo fidato Pyroar. «Pyroar, forza, Granvoce!» urlò Elisio, cercando di rialzarsi. E quello fu solo l’inizio del violento duello che il suo pokémon ingaggiò con la creatura sconosciuta. Era una notte buia e il sentiero in cui si trovavano era deserto. Le luci prodotte dagli attacchi di Pyroar e dell’Ultracreatura riempirono il cielo pesante di quella notte a malapena rischiarata da una falce di luna. Nonostante la potenza straripante della creatura scarlatta, il suo pokémon sembrò avere la meglio, dopo l’ennesimo attacco Neropulsar. E fu allora che Elisio provò a fare l’unica mossa che ritenne plausibile e lanciò una pokéball. Il risultato fu stupefacente. Quella creatura, seppur non un pokémon, rimase catturata. Quindi egli si avvicinò alla sfera e la osservò per bene. Era una Ball particolare, frutto di un esperimento dei suoi Laboratori. Originariamente l’aveva progettata per catturare Xerneas e contenerne il potere, salvo poi ricorrere a un piano diverso. E ora quella sfera, che era rimasta – pronta ad ogni evenienza – a portata di mano per anni, era riuscita a imprigionare una creatura proveniente da un’altra dimensione. Elisio scoppiò a ridere. Era accaduto tutto con una velocità inaudita e tutto era filato liscio. Un gran colpo di fortuna! Aveva agito di istinto ed era riuscito in quello che era il suo piano originale di sottomettere una creatura di un’altra dimensione per sfruttarne il potere. Continuò ad osservare la sfera nelle proprie mani, domandandosi se quella strana bestia gli sarebbe davvero potuta essere utile. Percepiva la furia dell’essere dall’interno della sfera e si convinse che sì, quella sarebbe stata la prima carta che si sarebbe giocato per tornare al posto che gli competeva nella società. Catturata quella che riteneva essere certamente un’Ultracreatura (termine che aveva letto distrattamente in una delle pubblicazioni di Paver), prima che questa potesse afferrarlo e trasportarlo nell’Ultravarco, Elisio iniziò a dare corpo a un piano che, fino a quel momento, era rimasto indefinito. Aveva esitato troppo a lungo, temendo che la sua esplorazione ad Hoenn non andasse a buon fine. Adesso, invece, con i frutti del suo viaggio nella tasca insieme alle altre sfere poké, Elisio iniziò a pianificare quelli che sarebbero stati i passi successivi del suo percorso. Immaginò che, per comprendere davvero le potenzialità dell’Ultracreatura, avrebbe avuto bisogno di un qualche laboratorio oppure di un esperto, che potesse finalmente rivelargli tutto ciò che era necessario per sfruttare appieno la potenza di quegli esseri. E, in quel momento, allora, si materializzò davanti a lui, nitido come il sole di mezzogiorno, il prossimo obiettivo del suo viaggio: doveva incontrare Paver e ottenere da lui tutte le informazioni di cui necessitava, anche a costo di estorcergliele con la forza… IN VIAGGIO PER ALOLA, alcuni mesi fa. Elisio montò sul suo Gyarados, incurante della distanza, pronto alla lunga traversata da Hoenn all’arcipelago di Alola. Pensava di essere abbastanza forte per un viaggio per mare, per quanto poco confortevole potesse rivelarsi. Il suo Gyarados era più veloce di ogni veliero e, di certo, non avrebbe avuto timore di qualche tempesta o di qualche mostro marino; non dopo tutto quello che aveva passato nel corso della sua vita. Il viaggio si rivelò sereno, oltre ogni aspettativa. E si protrasse per giorni e giorni, durante i quali Elisio fu quasi felice di abbracciare la sua natura selvaggia, ormai liberata dall’adrenalina di quell’avventura per mare. I giorni passavano sereni e tutto ciò che circondava Elisio e il suo pokémon era la distesa di limpida acqua azzurra, il cui sciabordio faceva da colonna sonora al suo viaggio. Un viaggio che riteneva decisivo per ritornare in vita, per ritornare alla vita che aveva desiderato da sempre per sé. Ebbe modo di riflettere a lungo sul dorso del suo Gyarados. Non lo sfiorava nemmeno l’idea che qualcosa potesse andare storto. Se anche avesse scoperto che le Ultracreature non possedevano il potere di cui aveva bisogno per radere al suolo la società e gli imperi che reggevano il mondo, allora ne avrebbe catturate quante più possibile e le avrebbe sfruttate per creare un regno, il suo regno a Kalos! Il terrore che avrebbero creato e la potenza che avrebbe dimostrato, lo avrebbero sicuramente reso sovrano indiscusso. E, presto, anche gli scarafaggi avrebbero riconosciuto la sua mente superiore. Il suo viaggio, però, seppure non funestato da spiacevoli imprevisti, lo portò ugualmente dinanzi a qualcosa che non si sarebbe mai aspettato di vedere. Poco prima di giungere ad Alola, infatti, gli si parò davanti un enorme sottomarino grigio, con una lettera cremisi stampata su ogni fiancata. Una sinuosa R. Elisio fu tentato, immediatamente, di deviare il percorso e di allontanarsi, ma un paio di motoscafi, dalle dimensioni minuscole, se paragonate a quelle del sottomarino, si avvicinarono al suo Gyarados. A bordo delle imbarcazioni vi erano quattro individui, due per motoscafo. Indossavano tutti delle tute nere, anch’esse siglate con la medesima R rossa. «Il capo la sta aspettando.» disse uno. «Deve seguirci dentro il sottomarino.» rincarò la dose un altro. Elisio accennò un sorriso, chiedendosi chi mai potesse aspettarlo in mezzo al mare. Chi mai avrebbe potuto sapere dove si trovasse, oltre al dettaglio – di non poco conto – che, per i più, lui era a tutti gli effetti morto a Cromleburgo alcuni anni prima. La curiosità fu preponderante rispetto alla diffidenza, e allora decise di salire a bordo dell’imbarcazione. Gli uomini che lo avevano condotto all’interno del mastodontico mezzo navale, lo scortarono fino a una stanza, sperduta nei corridoi del sottomarino, che, nel frattempo, tornò a inabissarsi sotto il livello del mare. Lo sprofondamento causò un leggero senso di nausea ad Elisio, che, tuttavia, continuò a pregustare il momento dell’incontro con colui che lo stava attendendo. Nella sua testa, però, iniziava a immaginare chi potesse essere l’uomo misterioso. Ne aveva soltanto sentito parlare, ma, se c’era qualcuno in grado di sapere tutto di lui e di tenerne sotto controllo i movimenti, quello doveva essere… Giovanni! Giovanni lo accolse con un gran sorriso. I suoi occhi erano freddi, però, mentre accarezzava un Persian, che faceva le fusa attorno alle sue gambe. «Elisio, che piacere conoscerti.» «Devo dire che questo è stato un gran coup de theatre» si limitò a dire Elisio, sedendosi su una delle poltrone di pelle dello studiolo, nel quale aveva incontrato finalmente il leader del team Rocket. «Credevo che la tua organizzazione si fosse sciolta…» «E io che tu fossi morto.» «Touché.» «Ti chiederai perché sei qui…» fece Giovanni, alzando appena gli occhi dal suo felino. «Sei qui perché ho grandi progetti per te e per altri individui che credo possano essere d’aiuto al mio Team.» «In realtà avrei i miei piani…» fece per obiettare Elisio. «Paver è scomparso, pertanto immagino che i tuoi piani possano anche aspettare.» Elisio trasalì. Com’era possibile? Dov’era scomparso? Dopo un attimo di agitazione, però, cercò di rasserenarsi, e di sfoderare un atteggiamento che potesse apparire il più lucido e freddo possibile. Sapeva che quella conversazione si sarebbe presto trasformata in una negoziazione. «Tu come fai a sapere che cerco Paver?» «Perché so cosa sei riuscito a catturare. E, a proposito, desidero che quella sfera mi venga consegnata, così da permettere ai miei scienziati di produrre ancora altre ball identiche e catturare tutte le Ultracreature.» Giovanni sfoggiò un sorriso smagliante. Appariva ormai chiaro che Elisio fosse stato seguito per tutto il tempo da qualche sgherro al suo servizio. «Io ti darò ciò che vuoi. Tu aiuterai me a conoscere tutti i segreti sugli Ultravarchi e sulle Ultracreature, a ritrovare Paver e a catturare una donna che si chiama Samina. E, quando tutto questo sarà realizzato, io ti aiuterò a impadronirti di Kalos, a patto che tu dica addio ai tuoi piani di distruzione del mondo.» Era stato pragmatico. Il suo tono di voce era glaciale; trasudava una macchinosità che metteva i brividi allo stesso Elisio, che, forse, aveva sempre avuto il difetto di essere troppo trasparente nei suoi intenti. In quella sede non avrebbe avuto alternative, lo sapeva bene. Anche scatenando la forza dell’Ultracreatura catturata, di Pyroar e di Gyarados, sapeva bene che Giovanni avrebbe avuto dalla sua chissà quali diavolerie e pokémon, coi quali avrebbe sventato il suo tentativo di ribellione. E, allora, non restava che accettare le regole del gioco. «Mi sta bene, amico mio.» I denti di Elisio luccicarono, quando increspò le labbra in un sorriso per nulla amichevole. Giovanni non gli offrì nemmeno una stretta di mano, ma in quel momento Elisio ne fu certo: aveva appena stretto un patto con il diavolo! Link al commento Condividi su altre piattaforme Più opzioni di condivisione...
EdoBrucio01 Inviato 19 novembre, 2017 Condividi Inviato 19 novembre, 2017 Autore: Edoardo Titolo:Occhi gialli, sguardo tossico Elaborato: Capitolo 1: Plumeria, la ragazza fastidiosa Capelli castani, corti e leggermente ondulati, occhi color nocciola e una bocca minuta. Così si presentava la giovane Plumeria che quel giorno terribile tornò a casa nella città di Poh di sera. Da quando le erano morti i genitori in un incidente stradale nulla la feriva più ed era impassibile anche di fronte ai rimproveri di Augusto, agente di polizia e kahuna di Ula Ula che aveva deciso di adottarla. –Perché sei tornata così tardi da scuola? Cosa diavolo fai tutti i pomeriggi prima di tornare a casa? - la rimproverò lui con voce tuonante. –Un Gumshoos mi aveva attaccata- mentì lei. –Non ti credo più, e poi se passi sempre tutti questi guai con i pokémon, perché non ti decidi a prenderne uno e ad affrontare il giro delle isole? Hai ben 16 anni e solitamente si inizia quando ne si compiono 11! -. La verità su cosa era successo era molto più amara. Qualche ora prima Plumeria stava tornando da scuola quando incontrò due suoi compagni di classe. –Ehi Tupp, ma quella non è Plumi? - esclamò Zip. –Certo! Ehi Plumi, dovresti stare attenta ai pokémon in giro, se i Wingull sentono il tuo odore potrebbero disgustarsi tanto da prenderti e spedirti fino a Mele Mele- da questa risposta pronta di Tupp seguì una lunga risata. Plumeria riuscì quasi ad aggirarli per proseguire avanti quando Tupp la afferrò per un braccio. –Sì dai vediamo, ne ho catturato uno proprio un attimo fa al percorso 15. Wingull esci fuori! -. L’aura rossa che usciva dalla pokéball sembrava preannunciare a Plumeria qualcosa di brutto imminente. –Su dai accarezzalo…- la invitò Zip. Plumeria si avvicinò, ma con un gesto fulmineo il Wingull le afferrò i capelli col becco e glieli strattonò mentre lei cercava di liberarsi intorno a grida di dolore. Quando si liberò dalla presa, Tupp le disse: -Sai perché i pokémon ti odiano? È semplice! Il motivo è che sei fastidiosa, fastidiosa come uno Zubat! - Dopodichè le presero lo zaino e lo nascosero nel prato Ula Ula. Lei passò tutto il pomeriggio a cercare il suo zaino e a sistemarsi i capelli senza esalare una minima parola. Capitolo 2: 2 incontri misteriosi Mentre cercava il suo zaino nel prato Ula Ula, però, vide uno Zubat che la fece ripensare alla frase che le era stata detta dai due aggressori. Poi notò che il pokémon era impaurito e si rese conto che effettivamente gli Zubat non sono comuni ad Ula Ula e solitamente vivono nelle grotte. Così gli si avvicinò –E tu che ci fai qua? Scommetto che non sei di quest’isola. Purtroppo io non posso portarti su un’altra isola, ma posso aiutarti a farti una tana qui. - Zubat fu reso felice e rasserenato da queste. Assieme trovarono una piccola conca nelle rocce e Plumeria sistemando qua e là dei fiori dal nettare rosso per camuffarla gli costrì una tana. Zubat che le era riconoscente entrò nella sua nuova casa e Plumeria si avviò verso la sua strada. Finalmente era al percorso 17 e ormai mancava poco per la città di Poh quando si imbattè in uno strano tipo. –Sciò! Andatevene via! Io non sono più un allenatore, perciò non devo più accudirvi- sbraitava il ragazzo verso un Torracat, un Gumshoos e un Espeon. I tre pokémon scapparono affranti per tornare allo stato selvatico. –Tu… tu li hai abbandonati…- disse Plumeria con un nodo alla gola. Non credeva che un allenatore potesse fare una cosa simile. –Sì e allora? Io non li ho mai voluti, sono stato costretto a fare questa buffonata del giro delle isole. Ma se non supero le prove non mi fanno neanche accedere a vari percorsi e non posso divertirmi anche io a surfare coi Mantine. Ci fanno credere di vivere in pace e libertà assieme ai pokémon. E se io non voglio essere un allenatore? Non posso essere anche io libero di fare quello che più mi piace? -. –Beh, credo di sì- rispose lei con vece esile. –Se nessuno farà nulla per questa situazione allora ci penserò io! -. –E come? -. –Creerò una nazione ideale e sono sicuro che lo farò quant’è vero che la gente mi chiama Guzman! E tu? Anche tu pensi che il giro delle isole sia una buffonata? -. –Beh ecco… io non l’ho mai fatto, ma perché io non riesco a fare amicizia coi pokémon. In effetti anche io trovo ingiusto che la gente mi privi di fare qualsiasi cosa solo perché non ho dei pokémon al mio fianco. Io comunque mi chiamo Plumeria, piacere! -. Dopo una stretta di mano e un sorriso, Plumeria si allontanò e tornò finalmente a casa. Capitolo3: Zubat, scelgo te! -Io non lo voglio fare il giro delle isole! - Tuonò Plumeria contro Augusto. –Cosa... Non usare questo tono con me! Chi ti ha messo queste idee in testa? - rispose stupito Augusto. –Ho appena incontrato un ragazzo che si fa chiamare Guzman e…-. –Guzman?!- la interruppe bruscamente Augusto. Dopodichè riprese –Guzman è solo un buono a nulla che facendo il giro delle isole non ne rispetta le regole scavalcando i recinti messi dai capitani nei percorsi più pericolosi. Ti proibisco di rivolgere ancora la parola a una persona simile-. –Quindi adesso non sono neanche libera di stare con le persone che voglio? E inoltre Guzman è un ragazzo pieno di coraggio e ambizioni, ma tu ovviamente ne parli senza averlo conosciuto! -. Augusto alzando il tono di voce rispose: -Certo che l’ho conosciuto ed è solo un debole, infatti ha perso poco fa contro di me! - Con quest’ultima affermazione Plumeria rimase scioccata e senza pensarci due volte uscì di casa e corse fino ad uscirè dalla città. Ma Guzman non c’era più, così presa dalla rabbia decise di correre finchè avesse potuto. Arrivata al prato Ula Ula cadde a terra e scoppiò in un pianto disperato buttando fuori tutto il dolore accumulato in quella giornata. Oramai era notte inoltrata e lei alzando la testa verso il cielo urlò –Mamma! Papà! Perché ve ne siete andati? Io volevo rimanere con voi! -. Quegli urli strazianti disturbarono gli Oricorio che infastiditi la attaccarono. –Basta, smettetela! Perché tutti i pokemon ce l’hanno con me? -. Tutto ad un tratto un potente suono investì l’area circostante e gli oricorio iniziarono a non controllare più il loro volo e a cadere. –Zubat! Ma allora non tutti i pokémon mi odiano…- Con un verso gracchiante Zubat espresse la sua intesa e riprese ad usare la mossa Supersuono per scacciare altri Oricorio in arrivo. Ma questi erano in troppi e in poco tempo i due si ritrovarono sopraffatti. –Anche se questa è la fine, sono felice di averti incontrato Zubat.- Il pokémon pipistrello iniziò a piangere quando all’improvviso apparve una strana luce verde. Plumeria aveva la vista offuscata per i danni subiti, ma notò che decine e decine di Oricorio andarono KO senza un motivo apparente. Plumeria da sdraiata sentì sulla sua pelle stanca dell’erba fresca che le procurava una piacevole sensazione. Questa sparì dal terreno dopo pochi secondi che era nata. Plumeria non aveva più segni di ferite e nemmeno Zubat. – Che strano… Comunque grazie per avermi soccorsa Zubat-. Il pokémon annuì felice. Plumeria, dopo aver tirato fuori dalla borsa una pokéball, riprese: -Vedi… quando ho iniziato la scuola mi hanno regalato questa pokéball… ma non l’ho mai usata. Non è che percaso tu vorresti…- Zubat la anticipò sfruttando la sua esitazione e premette il pulsante bianco sulla pokéball. In seguito a un fascio blu entrò dentro. Una oscillazione. Due oscillazioni. Tre oscillazioni. Quattro oscillazioni. Gotcha! Link al commento Condividi su altre piattaforme Più opzioni di condivisione...
Post raccomandati