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Lascia un commento! ~ Terza edizione


Lyndon

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Spoiler

Se avessi la possibilità di scegliere la nuova mascotte del brand mi butterei a capofitto sul Greninja di Ash. Non solo è dannatamente cool, ma a mio avviso quello che lega l’Allenatore e il Pokémon è un legame profondissimo, quasi fraterno. Non fraintendetemi, non che con gli altri mostriciattoli Ash non instauri un bellissimo rapporto, anzi. La serie animata ci insegna quanto siano importanti valori come l’amicizia, l’amore e il coraggio, ma… con Greninja è come se ci fosse stato un passo in avanti. 

Chi non ha sussultato di gioia quando il Pokémon si è trasformato nella famosissima “Forma Ash”? Una sincronizzazione raggiungibile solamente quando fra Allenatore e Pokémon si instaura un legame talmente profondo da permettere ad Ash non solo di vedere attraverso gli occhi del compagno, ma anche di percepire i suoi stati d’animo, tra cui persino il dolore. Un Pokémon forte, risoluto, di bell’aspetto, temerario. A prima vista potrebbe risultare la mascotte perfetta, quasi che terminerei il mio commento e vi direi: “Greninja, scelgo te!”.

 

Temo tuttavia che ci siano altre valutazioni da fare, a partire da cosa rappresenta una mascotte di un brand, e siamo tutti d’accordo nel pensare che deve ricoprire un ruolo e possedere una personalità ben definita, che permetterà al consumatore di associarvi emozioni e sensazioni. Tutto ciò consentirà al cliente di percepire una determinata mascotte come completamente distinta dalle altre, unica, ricorrente, memorabile, indimenticabile, simpatica e tenera.

 

Tenero, sì, perché il simbolo del brand deve essere riconoscibile e deve rimanere impresso nella mente di chiunque, soprattutto dei bambini. Quale mostriciattolo tascabile vi viene in mente che possa essere divertente, carino, coccoloso, buffo e dolce? Io non ho dubbi: Psyduck.

Per quanto riguarda i giochi, Psyduck non rientra fra i tre Pokémon iniziali e quindi non influenzerebbe l’avventura del player. È il classico mostriciattolo comune catturabile facilmente, con un po’ di fortuna all’inizio dell’avventura stessa.

So cosa state pensando.  Non è un Pokémon appartenuto ad Ash, almeno non fino a oggi. E allora? Non credo che l’Allenatore faccia la differenza. Penso che ciò che conti davvero sia la riconoscibilità della mascotte e quanto essa si identifichi nel brand. Gli esemplari di Psyduck ricordano dei simpatici paperelli, tanto che mi immagino già un bambino indicare una papera nel lago ed esclamare: “ Mamma, guarda! Uno Psyduck!”. Ecco qua l’immagine visiva di cui tanto parlo.

 

Chi ha seguito la serie animata conosce sicuramente il dolce papero giallo di Misty, e mi viene in mente solo una parola per descriverlo: anomalo. Sembra vivere nel suo mondo con quel modo di fare stralunato e con i suoi perenni mal di testa, come se fosse inadatto a una battaglia. Senza contare che non sa nuotare. Sì. Un Pokémon d’acqua che non sa nuotare. Non lo trovate estremamente buffo?

Nonostante venga etichettato come il Pokémon tontolone, alla fine ha dimostrato di saper tirar fuori gli attributi sfruttando i suoi mal di testa cronici e salvando la sua Allenatrice dalle grinfie del Team Rocket.

Psyduck ha una sua peculiarità, ha un carattere ben definito, ti rimane impresso poiché suscita emozioni. Un brand deve evidenziare i lati positivi di un prodotto e saperli esaltare, e Psyduck è la prova che se vuoi una cosa e ti sforzi per ottenerla, alla fine ce la fai.

 

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Una creatura quando soddisfa determinati requisiti si ritrova a sperimentare una metamorfosi istantanea che cambia i suoi attributi, sia fisici che comportamentali, a volte in modo radicale. Questo processo è comunemente conosciuto come evoluzione, probabilmente l'elemento più importante della serie di Pokémon al punto da esserne una colonna portante di essa. Mi sembra quindi logico fondare la scelta di una nuova mascotte proprio su questo concetto, magari puntando su una specie che fa parte di una linea evolutiva ramificata. Partendo da qui la prima scelta è quella di Eevee; definito anche Pokémon Evoluzione, allo stato attuale si sa che si può evolvere in otto Pokémon differenti, il numero più alto di evoluzioni possibili. Nonostante questa premessa perfetta, col passare del tempo Eevee è diventata la mascotte secondaria di fatto, arrivando di recente a fare da controparte a Pikachu in Let's Go Pikachu ed Eevee. È necessario quindi prendere una decisione più ponderata se si vuole scegliere un possibile futuro rappresentante.

 

A mio vedere Poliwhirl è la scelta perfetta: questo Pokémon fa da crocevia ai tre metodi evolutivi più diffusi della serie ovvero l'evoluzione tramite livello, Pietra Evolutiva o tramite scambio (con oggetto tenuto o senza a seconda dei casi). Dopo che un esemplare di Poliwag raggiunge un livello sufficiente per evolversi in Poliwhirl, si può evolvere ancora in Poliwrath con l'uso di una Pietraidrica oppure in Politoed se viene scambiato mentre tiene Roccia di Re.

 

La linea evolutiva di Poliwhirl segue un modello che mostra efficacemente le basi su cui i Pokémon vengono ideati al momento della loro creazione. Spesso e volentieri (ma non necessariamente) traggono ispirazione dal mondo animale, in questo caso il processo di crescita che porta un girino a diventare una rana viene seguito fedelmente fino a un certo punto; se Politoed rappresenta la fase finale del ciclo vita, Poliwrath è un mostriciattolo più ambiguo che assomiglia di più alla fusione tra un girino e una persona nerboruta.

 

La forma di Poliwhirl presenta una fisionomia semplice e tondeggiante che è gradita ai bambini. Più interessante è il contrasto fra le sue evoluzioni: Poliwrath assomiglia molto alla sua pre-evoluzione mentre Politoed è radicalmente diverso rispetto al Pokémon Girino sia nel colore (verde anziché blu) che nella forma meno umanoide ma molto più vicina a quella di un rospo. Anche il comportamento delle due evoluzioni è agli antipodi, se Poliwrath possiede un aspetto aggressivo ma ha una natura sportiva, Politoed è più carino ma tende di più a essere un capobranco.

 

Un altro dettaglio da tenere a mente è che la sua linea evolutiva è stata ampliata col passare del tempo. Una delle due evoluzioni (Politoed) è stata aggiunta nella coppia di giochi successivi a quella in cui Poliwhirl era stato introdotto. Questo fatto dimostra come il mondo dei Pokémon sia un mondo in continua evoluzione dove in qualsiasi momento sia possibile fare una scoperta che stravolga in modo in cui si è abituati a vedere una determinata cosa.

 

Infine Poliwhirl non è affatto un Pokémon poco conosciuto. Egli è stato uno dei primi 151 Pokémon introdotti in Pokémon Rosso e Blu, inoltre non è sconosciuto nemmeno ai fan che si sono appassionati di recente dato che Pokémon Sole e Luna erano pieni di Poliwhirl sparsi fra una città e l'altra. Il motivo? È il Pokémon preferito di Satoshi Tajiri, il creatore dei Pokémon. Se tutto questo non basta ancora, Poliwhirl è apparso al centro della copertina del numero di fine Novembre 1999 del Time magazine. Per concludere lui è apparso nel logo del Pokémon Centre di Tokyo prima del rimpiazzo da parte di Piplup avvenuto nel Luglio 2007.

 

 

 

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Secondo me lo staff si diverte tantissimo a dare certi temi fuori di testa. Ammetto di essere un po’ invidioso. Fortunatamente per me, e questo scommetto che non lo sapevate, tempo fa l’idea della nuova mascotte venne anche a Game Freak.

Vi riporto l’estratto di un rapporto - con tanto di trascrizione completa e comodamente in italiano - di una riunione super segreta avvenuta negli studi della software house nipponica. Me lo sono fatto girare da mio cugino, che è stato in Giappone per due settimane, quindi è autentico al 100%.

 

Nota: mi sa che leggere da mobile è un casino, non fatelo

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Spoiler

KAPPA, ACCA, EMME e O si siedono alle loro postazioni, disponendosi lungo la circonferenza di un grande tavolo rotondo.

 

KAPPA     Signori, ci sono grandi novità in vista.

EMME      Oh! Di cosa si tratta, capo?

KAPPA     Ho deciso che da oggi si cambia aria. Pokémon ha bisogno di una nuova identità. Dobbiamo

                 tornare a parlare ai più giovani, ai bambini, ai consumatori del futuro!

ACCA       Parlare ai bambini mi piace quando nessuno ascolta…

O               Woah… Cosa?

 

Silenzio. EMME sgranocchia un pacchetto di patatine al formaggio.

 

KAPPA     Mi piace il tuo spirito, giovane e ambiguo dipendente. Che cosa proponi di fare?

EMME      Potremmo cambiare mascotte.

KAPPA     Non parlavo con te! Ma… sì, mi piace! Che idea visionaria! Ai bambini non interessa più nulla del

                 vecchio Pikachu. Ci occorre un volto nuovo! Allora, qualche idea? Non vi aspettate certo che  

                 ricordi i nomi dei mostri a memoria, no?

 

KAPPA ride. Tutti gli altri nella stanza ridono, perché KAPPA è il capo.

 

EMME      Potremmo usare… sì, insomma, quella lucertola. Quella col fiore rosa e i denti, credo. Sono forti le lucertole.

O              Capo, con tutto il rispetto, non credo che sia una buona idea un cambiamento del genere.

KAPPA     Ohhhh? E come mai?

O              Beh, sa… Pokémon è uno dei franchise con più ampio successo mediatico al mondo, e negli anni

                 l’idea di esso che si è consolidata nel pubblico generalista è automaticamente associata a quella

                 di un personaggio iconico come quello di Pikachu. Cambiare di punto in bianco le carte in tavola

                 potrebbe destabilizzare molte persone e…

KAPPA     Bla, bla, bla. Quante parole che dici.

O               Ma io…

KAPPA     Qualcuno ha altre opinioni in merito?

EMME      Non lo so capo, secondo me può funzionare. “Il cambiamento è sempre positivo!”. L’ho trovato

                 scritto su un biscotto della fortuna ieri.

ACCA       Dopo la rapina in banca la mia vita è cambiata in meglio…

O               …ok, sono davvero l’unico a sentire quello che dice?

KAPPA     Ordine, signori!

 

KAPPA sbatte un martelletto gommoso a forma di Psyduck sul tavolo. Calano 2.3 secondi di silenzio.

 

EMME      Che ne dite di Eevee? È soffice e carino, il tipo di roba che piace oggi.

KAPPA     Eevee! Ma certo… Come ho fatto a non pensarci? È perfetto!

O              Beh, non abbiamo già provato a fare una cosa simile durante la campagna marketing di Let’s Go

                 Pikachu e Eevee? Anche solo tentare di affiancare a Pikachu una nuova mascotte si è rivelato fallimentare.

KAPPA     E perché credi che non abbia funzionato? Perché non ci abbiamo messo abbastanza passione!

EMME      Già, guastafeste. Non andremo mai da nessuna parte se continui a metterci i bastoni tra le ruote.

O                 Oh mio Dio...

KAPPA     Dio? Stai proponendo Arceus come mascotte? Ecco, vedi, almeno inizi a collaborare!

O                 Non è quello che...

EMME      Non mi piace, gli abbiamo già dedicato un gioco e prima non sapevo neanche chi fosse! Un volto

                 deve essere iconico, riconoscibile.

O              Ah... non ci credo che sto per dirlo, ma sono d'accordo. Se vogliamo davvero continuare su questa

                 strada - e non lo consiglio affatto - dobbiamo scegliere qualcuno che sia immediatamente ricollegabile a Pokémon,

                 qualcuno che la gente riconosca al primo sguardo come appartenente al franchise.

EMME       Bene, intelligentone. Allora chi proponi?

O              Ehm... non ho un'idea precisa in mente in realtà... Nessun Pokémon si avvicina ai livelli di Pikachu.

                 Potremmo basarci sui sondaggi di popolarità, ma anche quelli restituiscono una visione molto parziale. 

                 Forse l'idea migliore sarebbe utilizzare un personaggio vero e proprio come Ash, che è molto riconoscibile anche per i

                 non appassionati, o utilizzare un simbolo con una personalità meno forte ma anche molto caratteristico. Una Pokéball, per esempio.

EMME       Una Pokéball? Davvero? Un cerchio rosso?

O              Ascolta, è una pessima idea ma è la migliore che mi è venuta in mente. È assurdo anche solo parlarne! Mi sembra tutto così inversosimile.

                 Capo, è davvero sicuro di questa cosa?

 

Silenzio assoluto

 

O              Capo?

EMME       Per tutte le polpette di riso, ma parlavamo da soli?

ACCA        Sì, il boss ha accettato la mia idea e se n'è andato dieci minuti fa, mentre voi parlavate.

 

Silenzio assoluto. O si porta la mano alla fronte.

 

O               Che... Che cosa hai fatto?

ACCA        Calmati, fratello. Non sono mica un idiota. Ho fatto capire al boss che l'idea di sostituire Pikachu dall'oggi al domani

                 non sarebbe stata la scelta più saggia. Avremo un periodo di transizione in cui testeremo alcuni design iconici come Eevee,

                 Greninja, Charizard e Marill e poi prenderemo una scelta definitiva stando attenti al responso dei consumatori e del mercato.

O               Oh... sembra... la cosa migliore. Scusami, forse ti avevo giudicato male. Perdonami, è che queste riunioni sono state

                 piuttosto surreali ultimamente e sono un po' stressat...

ACCA        Eheheh, ti prendo in giro broccolo! Gli ho detto di cambiare Pikachu con Binacle, i bambini di oggi adorano i cirripedi!

O                 Vi odio tutti.

 

 

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Guardate che belle targhette che ha fatto @SeanFrost :cuore:

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Un po' di contesto:

una mascotte o logo è il biglietto da visita di qualsiasi industria o servizio economico, e per questo rappresenta una delle cose più importanti nella propria presentazione perché cerca di riassumere in un'unica immagine contenuti, ideologia e messaggio di fondo.

Per risultare vincente e vendibile per il pubblico, un logo o mascotte deve avere determinate caratteristiche quali:

una forma riconoscibile e unica secondo scelte arbitrarie (un simbolo? l'iniziale del nome?).

una forma dai tratti semplici e facilmente memorizzabili. Solo le migliori industrie sono capaci rappresentare il loro impero con una M (in origine due archi) o con tre cerchietti neri tangenti a formare un triangolo

colori appetibili e vivaci: no a nero o grigio, sì a giallo-magenta-ciano o rosso-verde-blu

uso di soggetti che tendenzialmente facciano capire il tuo messaggio. Esempi: sei un'industria che vende alimenti siciliani sott'olio? Usa un albero d'olivo per ricordare l'olio e le olive come tuo prodotto migliore. Vuoi conquistare un pubblico amante dell'horror cosmico? vai di tentacoli stilizzati a formare un occhio. Se il tuo valore risiede già nel nome, puoi limitarti all'iniziale del nome o altri elementi stilizzati.

- Caratteristiche che non turbino valori e ideologie del pubblico dominante, perché la gente poi insorge, e lì son problemi. 

 

Entriamo poco più nello specifico: una mascotte effettivamente funziona come un logo ma ha alcune richieste in più in quanto di solito rappresenta esseri viventi. Come esseri umani prediligiamo per natura ciò che è simile a noi e appartiene ai nostri ambienti di vita: In quanto razza specista, prediligiamo dunque o animali pucciosi oppure animali forti e feroci di cui vogliamo il potere e la forza. Più di tutti amiamo canidi, felini, topolini e in minor misura gli uccellini, e questi li adoriamo ancora di più se diamo loro una forma bipede. Siamo dunque favorevoli a mammiferi, uccelli e anche ai rettili nei miti, simboli e mascotte,  ma rifuggiamo insetti, anfibi  e pesci perché inconsciamente li sentiamo di natura estranea a noi.

 

Ancora più nello specifico: Pokémon è un brand che ha fatto della conoscenza di miti e biologia faunistica un impero, un crogiuolo di immaginari collettivi che si sono cristallizzati in tante forme di animali, belli, brutti, dimenticati, indimenticabili. Tra questi, uno spicca fra tutti: Pikachu, il Nome che molti dei vostri genitori davano ai vostri rattata e oddish. Bene, prima di scegliere un Pokémon che possa sostituire Pikachu dobbiamo vedere un attimo le caratteristiche di questo animaletto:

- è stata scelta come mascotte al posto di Clefairy perché Clefairy è rosa, quindi troppo femminile. -> un Pokémon non troppo sbilanciato secondo gender*.

- è un topo puccioso -> un Pokémon che ricordi un animale a noi familiare e carino (è poi bellissima la coincidenza che Pokémon sia uscito nel 1996, cioè l'anno del Topo).

-in origine, è un cerchio con le zampe e una coda -> Pokémon facile da disegnare, riprodurre e commercializzare.

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Ken Sugimori spiega perché Pikachu non è più grasso. | NextPlayer.it

 

Pokémon giallo (con rosso e marroncino)-> Pokémon dai colori carini e semplici.

creatura dolce e simpatica -> ispira fiducia e tenerezza ai bambini e agli adulti che hanno i soldi per comprare il gioco ai bambini.

è la mascotte dell'anime più famoso e facente parte della prima generazione, la più amata dai giocatori specie di lunga data: di conseguenza, se vuoi usare un Pokémon altrettanto importante, sempre dalla prima generazione dovrai pescare.

 

Adesso, io affermo che un Pokémon con quasi tutti questi attributi esiste, ma prima di deciderlo devo rispondere alla domanda: "qual è il messaggio che voglio dare se scelgo di usare questo Pokémon per sostituire Pikachu come mascotte?"

 

"Continuare a rimanere con la mia formula vincente, tendere a un target misto tra i bambini, i loro genitori e gli adulti cresciuti con il brand, e continuare a guadagnare un sacco di soldi."

Con queste premesse, il Pokèmon che voglio sostituire a Pikachu è...

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Eevee | Pokédex

Ha tutto: né "troppo maschio" né "troppo femmina" (nella prima generazione il sesso non c'era), importante anche lui nell'anime come Pokémon di Gary Oak, una forma mista di canide, felino e lagomorfo per un risultato irresistibile, tondetto, con gli occhioni dolcissimi, un carattere pucciottino e facile da disegnare. Per di più, ha una caratteristica che vince su Pikachu 10 a 1, ed è il suo rapporto privilegiato con il concetto di evoluzione. Fateci caso, Pikachu è tanto famoso quanto Raichu un povero dimenticato, mentre tutte le attuali eevolution hanno la loro schiera di fan accaniti. Tramite le evo, Eevee è legato al cuore del brand ancor più di Pikachu, e secondo me il motivo per cui il Pokémon Evoluzione non fu scelto ai tempi come papabile mascotte tra Clefairy e Pikachu è perché Eevee è quadrupede e non ha colori particolarmente attraenti, ma ciò ha lo scopo di rendere di rovescio più irresistibili le sue forme evolutive. 

Diciamocelo: in un gioco che si basa sul collezionismo, quanto vince una creaturina che si trasforma in tanti modi tutti unici e stupendi rispetto ad un topo che si evolve in un altro topo?

...Infatti con il gioco Pokémon Go versione Eevee, la Game Freak ha deciso di rendere il Pokémon Evoluzione praticamente la seconda mascotte generale dopo Pikachu.

 

In sintesi: sostituirei Pikachu con Eevee perché Eevee è la seconda mascotte del brand, è amato a tutti, è legato al concetto di evoluzione centrale nel brand, è facilmente vendibile e commercializzabile in quanto possessore di una silhouette riconoscibile, semplice e graziosa.

 

 

Se la risposta non vi piace, perché effettivamente sto passando dalla prima mascotte ufficiale alla seconda mascotte ufficiale, posso dirvi che il mio Pokémon a scelta cambierebbe a seconda di come si vuol fare evolvere la percezione di un brand.

 

Se ad esempio voglio rendere il brand Pokémon più adulto, con tematiche forti, d'impatto e con un grado di autoconsapevolezza maggiore, mantenendo comunque i miei vecchi fan, allora userei Mewtwo, perché così si riportano in auge temi come umanità vs. natura, la manipolazione scientifica e le sue disastrose conseguenze, il controllo spietato dell'uomo sui Pokémon come riflesso del nostro sempre più inquinato e provato mondo. Una scelta del genere ti fa perdere milioni di fan, ma ai miei occhi farebbe evolvere ideologie del brand che stanno invecchiando abbastanza male (ad esempio, è ipocrita sottolineare il legame affettivo allenatore-Pokémon quando de facto lo abbiamo assoggettato alla nostra volontà con mezzi tecnologici).

 

Se voglio sempre tenermi i vecchi fan ma dare il messaggio di voler essere più legato al mistero e alla scoperta, mew è una bella scelta perché è amato dai fan, rispecchia le caratteristiche di una mascotte per bambini e in più ha una lore decisamente interessante e legata al nostro mondo. Mew è comunque più indicato come mascotte di un gioco singolo come leggende Pokémon Arceus: "Pokémon Leggende: Mew" mi sembra un titolo decisamente degno di essere giocato.

 

Infine, se voglio cambiare tutte le carte in tavola, cambiare il pubblico e fare un re-boot azzardatissimo, l'opzione va ad un nuovo Pokémon che abbia pure un nuovo tipo. Questa decisione rischia miliardi di perdite nonché la disapprovazione del pubblico, ma è pur sempre un opzione, e mi andava di proporre un draghetto o un uccellino di tipo Luce per "aprire una nuova era per il futuro Pokémon".

 

 

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Ricordo comunque che nel brand di fatto ci sono 3 mascotte: la prima ovviamente è Pikachu, la seconda è diventata Eevee, mentre la terza, mai sarà ammesso ma è così, è Charizard, ovvero lo starter che possiede più forme delle sue controparti e le cui carte del GCC sono in generale le carte dal miglior valore, senza considerare che è uno dei Pokémon più amati in assoluto. Il motivo per cui non proporrei di sostituire Pikachu con Charmander/Charizard è perché esiste Agumon, e in generale i draghetti di fuoco sono tra i soggetti più rappresentati nei fantasy o rpg e meno raccomandabili per i bambini.

Riguardo gli altri Pokémon sono molto titubante, perché a mia opinione nessuno ha abbastanza forza da  sostenere da solo un intero brand, e più passano le generazioni  più questo peso diventa ingombrante: adesso c'è la questione del taglio di Pokédex fra i giochi, e Pokémon famosi di una generazione possono non comparire fra diversi giochi. La fama di Eevee e di Charizard può resistere, ma quella degli altri prima o poi decade. 

 

Fosse per me userei la carta del Pokémon nuovo per un reboot che cambi le regole, i valori e le ideologie di un gioco vecchio di quasi 25 anni, e che magari osi dal punto di vista di lore e design, magari puntando più sul Fantasy o il Mitologico, ma in un contesto economico e dell'intrattenimento come il nostro, volto verso il passato e la nostalgia, questo equivale al suicidio economico: perciò la carta Eevee al posto di Pikachu è al momento l'unica opzione che manterrebbe il successo e la possibile ma non certa approvazione dei consumatori, sapendo che comunque

 

Pikachu è insostuibile, a meno che non inventi la macchina del tempo e convinci tutti che Eevee è la miglior scelta commerciale.

O magari Clefairy.

 

 

 

 

 

 

*uso gender in quanto parlo di differenze sociali  fra i sessi, al contrario di genre nel senso biologico

 

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Nell'immaginario collettivo, sia per i fan della serie che per quelli che la conoscono solo di nome, quando si pensa al brand Pokémon è quasi automatica l'associazione con Pikachu.
Andare ad intaccare e sostituire un'icona di tale livello sarebbe assolutamente deleterio per tutto il franchise e trovo davvero remota la possibilità di un improvviso cambio di mascotte un giorno, anche lontanissimo.
Avere un'icona così facilmente riconoscibile costituirebbe un enorme punto di forza per qualsiasi brand e sarebbe davvero una follia pensare di mandare in pensione Pikachu.
Ma volendo ipotizzare che tale scenario altamente improbabile diventi realtà, è comunque molto difficile trovare un Pokémon che possa fargli da sostituto, dato che per raggiungere lo stesso livello di importanza sarebbe necessario tantissimo tempo.

In ogni caso, per capire quali criteri utilizzare nella scelta della nuova mascotte bisogna andare ad analizzare il passato del brand e quelli che sono i suoi obiettivi.
Nonostante la fanbase sia molto eterogenea sia dal punto di vista dell'età quanto dal punto di vista culturale, il target al quale TPCI si rivolge con i suoi prodotti è soprattutto costituito da bambini, pertanto la nuova mascotte deve essere in grado di lasciare il segno prima su di loro.
La maggior parte dei Pokémon sui quali TPCI ha puntato nelle campagne dedicate ai più piccoli sono creature di piccole dimensioni, con colori vivaci e non comuni in natura e che potenzialmente possono piacere ad individui di entrambi i sessi. La scelta di Pikachu all'epoca dello sviluppo dell'anime si basò proprio su questi fattori, oltre che su un'indagine fatta sui primi giocatori della serie, che mostrò appunto come Pikachu avesse un alto indice di gradimento sia tra i bambini che tra le bambine. Motivo per il quale è stato scelto come compagno del protagonista della gloriosa serie animata.
Proprio la serie animata ha contribuito a rafforzare l'immagine di Pikachu in tutto il mondo, ma soprattutto ciò che colpiva di più gli occhi di noi piccoli telespettatori era lo splendido rapporto che c'era tra Ash e il suo partner, molto simile a quello che si instaura con un animaletto domestico, se non addirittura più forte.
Una possibile nuova mascotte deve essere in grado di riprodurre la medesima sensazione che Pikachu ha trasmesso a noi agli albori della serie. Per questo motivo, a mio parere, le dimensioni piccole sono una caratteristica imprescindibile che la mascotte deve possedere, altrimenti sarebbe difficile da paragonare ad un animale da compagnia. Inoltre, dal punto di vista estetico, essa deve avere un aspetto quanto più carino possibile, con proporzioni della testa poco realistiche e lineamenti semplici e tondeggianti, i quali contribuiscono a rendere la figura simpatica agli occhi della maggior parte delle persone. L'aspetto estetico non è affatto da sottovalutare, poiché la mascotte è anche quella che appare in tutte le manifestazioni ufficiali e per la quale verrà realizzato un costume che verrà indossato da qualche operatore per andare ad animare gli eventi a tema Pokémon. E quindi per poter ottenere un costume di impatto è necessario che il design non sia troppo complesso.

Altro aspetto importante: la mascotte rappresenta l'emblema della serie, per cui deve essere qualcosa che i fan, piccoli o grandi che siano, devono desiderare ed essere in grado di ottenere senza troppe difficoltà.
È chiaro da questo punto di vista che un generico Pokémon leggendario, dal design possente ed accattivante e della bassa reperibilità a causa del suo status, non possa rappresentare il brand nella sua globalità, ma solo in situazioni particolari, come ad esempio la promozione di un nuovo videogioco. Allo stesso modo, i Pokémon misteriosi come Shaymin o Victini, nonostante abbiano tutti i requisiti estetici che sono stati poc'anzi individuati per la mascotte, difettano dal punto di vista della reperibilità, essendo ottenibili solo in occasioni speciali a cui non tutti potrebbero essere in grado di accedere.
Al contrario Pokémon come Pikachu, Eevee, ma anche il protagonista del neonato "Project Pochama", cioè Piplup, incarnano alla perfezione tutte queste caratteristiche.
Finora però abbiamo ragionato soltanto su ciò che è accaduto in passato, ponendo l'attenzione su quello che è il mondo dei più piccoli.
Gli adulti non sono il target principale, ma comunque rappresentano una bella fetta di pubblico che non può essere ignorata. A differenza dei bambini, i fan di vecchia data preferiscono esprimersi sui social. Ed è noto che il mezzo che permette di trasmettere un certo messaggio su internet con la massima rapidità ed immediatezza, non senza una dose di sana ironia, è il meme.
Ed è proprio uno di questi meme ad essere diventato mascotte in uno degli ultimi eventi organizzati sul web da TPCI. Faccio riferimento al "Bidoof Day", una giornata con protagonista il Pokémon Topaffuto, da sempre preso in giro per la sua scarsa utilità in battaglia e per essere letteralmente "uno schiavo di MN", ma proprio per questi motivi con il tempo è riuscito a risultare simpatico a gran parte della fanbase ed a diventare mascotte di un evento a lui dedicato.
Questo esempio vuole sottolineare il fatto che non bisogna sottovalutare la potenza dei social anche quando si tratta di aspetti come questo e TPCI pare averlo già capito.
Tenendo conto di tutte queste osservazioni, il Pokémon che proporrei come possibile mascotte del brand appartiene ad una generazione che troppo spesso viene dimenticata, ma che ha prodotto la prima coppia di giochi che ha dato grosso impulso alla serie. Ovviamente parlo della seconda generazione e di Pokémon Oro e Argento. Ma cosa c'entrano due dei migliori giochi di sempre con i meme?
Più di un anno fa circolarono sul web informazioni relativi alla versione beta di tali titoli. E all'interno di questa beta erano presenti anche Pokémon mai rilasciati e versioni provvisorie di Pokémon che conosciamo tutt'ora. Uno di questi ha colpito moltissimo la fanbase, anche la nostra community italiana, a causa del suo aspetto buffo, ma allo stesso tempo carino, contribuendo anche ad accrescere la popolarità del mostriciattolo, diventando un fenomeno virale.
Il Pokémon in questione è...

Spoiler

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...Wooper!


Si tratta di un Pokémon dal design buffo, dalle forme molto approssimate, ma per nulla sgradevoli e che può essere tranquillamente apprezzato dai più piccoli, così come dai fan di vecchia data per i motivi espressi in precedenza. Un'estetica che difficilmente può creare confusione e far credere di avere di fronte una creatura diversa da un Pokémon, per cui sarebbe in grado di richiamare adeguatamente il brand.
Inoltre il design non presenta caratteristiche fisiche e cromatiche tali da renderlo esclusivamente apprezzabile dal pubblico maschile o da quello femminile. In maniera simile a come accade con Pikachu ed Eevee, vi sono poi delle leggerissime differenze estetiche tra forma maschile e femminile, che però non stravolgono il design del mostriciattolo. Infine il nome inglese e il nome giapponese di Wooper condividono la stessa pronuncia ed origine etimologica, aspetto da non sottovalutare in un'ipotetica campagna marketing basata su di esso.
In sostanza, ritengo che Wooper rispetti tutti i canoni estetici e le caratteristiche che ho precedentemente indicato e risulta anche un Pokémon che di recente ha guadagnato una certa popolarità sui social, il che sicuramente è una componente molto più importante ora rispetto al passato e da tenere assolutamente in considerazione. Tra l'altro, sia cromaticamente che fisicamente è molto diverso dalle due attuali mascotte del brand, il che contribuirebbe a non dare la sensazione di un qualcosa di già visto.

Ovviamente ci sono Pokémon decisamente molto più popolari di Wooper, basti pensare a Charizard o Greninja. Tuttavia queste sono creature particolarmente legate al mondo delle lotte, mentre il franchise si sviluppa in moltissimi altri settori dove una figura troppo seria ed imponente di certo stonerebbe. Per capirci, difficilmente riuscirei a vedere un Greninja come protagonista della campagna marketing di un gioco come Pokémon Sleep in qualità di volto principale del brand.

Resta però, a valle di tutta questa analisi, molto forte in me la convinzione che lasciare a Pikachu il ruolo di mascotte rimanga la scelta più sensata sotto tutti i punti di vista.

 

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IL TRIO POLITICO!

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"The important thing is not how long you live. It's what you accomplish with your life. When I live, I want to shine. I want to prove that I exist. If I could do something really important, that would definitely carry on into the future. And so, if I were to disappear, I think that all I have accomplished will go on. That is, that would mean that it’s living, right?"                                  

                             -Grovyle, Pokemon Mystery Dungeon Explorers of Sky

 

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:Stelline:Bambola Vincitore Programma Fedeltà 2021 :Stelline:

 

 

 

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Riolu su un kart by @evilespeon

 

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Targhetta vincitore GDR TD Regions, piccola flexatina per la prima cosa buona che ho fatto su PM

 

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By @Vale

 

PatronusBall.pngPatronus Ball aka Secsi Ball.

Grandi Tassi!

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By @Chube

 

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Sede e membri del Project X by @Taka (Io sono il Riolu sulla panchina)

 

 

 

 

Immagine del profilo by @AdvosArt su X

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Vedo che in questo "Lascia un commento" avete posto solo domande difficili... E va bene, proviamo a rispondere anche a questa.

 

Trovare una mascotte che sostituisca Pikachu è praticamente impossibile. Il topo giallo ha ormai acquisito una tale importanza ed una tale notorietà da essere conosciuto da chiunque, persino dagli adulti che non sono esperti. Vuoi per il faccino adorabile, vuoi per la semplicità del design, Pikachu è un Pokémon unico, capace di entrare subito nel cuore di grandi e piccini. 

Ma se un giorno Pikachu dovesse lasciarci, con chi dovrebbe essere sostituito?

 

La risposta più scontata sembrerebbe essere Eevee. Il volpino è infatti ufficialmente la seconda mascotte del brand e, in un'eventuale situazione di questo tipo, andrebbe sicuramente a rimpiazzare Pikachu come mascotte principale, a causa della sua tenerosità e dolcezza, unita al fatto di potersi evolvere in ben 8 Pokémon diversi, lasciando quindi ai giovani allenatori di scegliere l'evoluzione preferita.

E se Eevee non fosse diventata co-mascotte di Pikachu? Ho pensato a diverse soluzioni e Pokémon:

 

- 1° Clefairy

 

La mia prima proposta sarebbe Barbaracle. Ovviamente scherzo, Barbaracle non sarebbe mascotte neanche del club degli amanti di Barbaracle (se mai dovesse esisterne uno...). Scherzi a parte, la mia prima scelta sarebbe Clefairy. Il Pokémon Fata è stato, in principio, il Pokémon designato ad essere la mascotte del brand. Protagonista del discusso manga "Pokémon Pocket Monster", Clefairy ha tutte le carte in regola per diventare un'ottima mascotte. Per lui si tratterebbe di un ritorno alle origini, sarebbe davvero molto poetico.

 

- 2° Charizard

 

Ovviamente un'altra scelta del tutto giustificata è Charizard e non penso neanche di dover spiegare il perché. Conosciuto ed amato da TUTTI, dai bambini più appassionati ai ragazzi più casual gamer, Charizard è un'icona del mondo Pokémon, più di Eevee e forse quasi al livello di Pikachu. Anche Game Freak sa della sua popolarità, riempiendolo di trasformazioni o nuove forme, oltre che includendolo in ogni titolo possibile. Charizard è forte, figo e sa conquistare tutti. E' un (mancato) drago che sputa fuoco d'altronde.

 

- 3° Mew

 

Ok, lo so, è un Pokémon misterioso, quindi è molto difficile che possa diventare una mascotte, ma Mew è da sempre un Pokémon speciale. Inizialmente non rivelato ufficialmente, il Pokémon numero 151 ha saputo trasformare l'alone di mistero attorno a se stesso in quello che possiamo definire il suo fascino. Mew fu inserito di nascosto nei giochi di prima generazione come uno scherzo dei dipendenti, un mistero che non sarebbe mai dovuto venire alla luce. Ed invece, quando si diffusero notizie sulla sua apparizione, tutti andarono in escandescenza ed i ricavi, oltre che la popolarità del brand, schizzarono alle stelle. E poi guardatelo! E' super tenero! Conquisterebbe tutti, da grandi a piccini!

 

- 4° Plusle&Minun

 

Un'altra idea che mi alletta tanto è quella della doppia coppia Plusle e Minun. Sappiamo già che sono i "Pika-cloni" di terza generazione e che rappresentino il voltaggio positivo e negativo. Sono fratelli, gemelli, che vanno molto d'accordo e che si vogliono molto bene. Uno rappresenta il genere femminile (Plusle), uno quello maschile (Minun), come succedeva nel primo Pokémon Ranger. Vedere in coppia questo duo di tenerissimi Pokémon Elettro, avrebbe sicuramente il suo fascino e sono sicuro che darebbe anche un importante segnale di uguaglianza tra sessi, dell'importanza del legame tra fratelli, oltre che a trasmettere un messaggio di amicizia e aiuto reciproco! Vi dirò, loro due sarebbero le mie mascotte preferite!

 

- 5° Yamper e Skitty

 

Infine, l'ultima coppia che proporrei, sarebbe Yamper (o anche Growlithe, Poochyena e via dicendo) e Skitty (o Glameow, Purrloin e via dicendo), ovvero i rappresentanti di cani e gatti. Questo perché andrebbero a simboleggiare i due animali domestici più diffusi e sarebbe sicuramente di più facile comprendonio per adulti e bambini. Anche qui, tra l'altro, come nel caso di Plusle e Minun, si trasmetterebbe un bel segnale di amicizia, oltre che di prendersi bene cura dei propri animali e giocare insieme a loro, non abbandonandoli mai!

 

Queste sono le mie idee per eventuali future mascotte nel mondo Pokémon. Ovviamente sono ben conscio dell'impossibilità di sostituire Pikachu, ma non ho effettivamente mai capito il perché di affiancargli Eevee. Se posso esprimere un desiderio e se davvero dovessero cambiare le mascotte, il mio sogno sarebbe vedere Plusle e Minun. Li adoro e l'idea mi è piaciuta fin da subito!

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Nel mulino che vorrei, tante doll e la mia Kay:

 

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A TUTTO REALITY DOLL:

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ULTRACREATURE:

TqR8wQl.png Nihiletta (Nihilego + Meloetta) (Made by @Porygatto)

IdJ0URo.gif.1b81e82d84718980859fbeb018d2d5e3.gif Nihilego animato (Made by @Porygatto)

 

ztLfcc7.png Another meravigliosus Nihilego by @Porygatto

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Pokémon negli anni si è affermato e consolidato come fucina di invenzioni e di novità e a capo di tutto non è mai mancato Pikachu, icona del marchio. Tutti ormai sanno chi è e com’è fatto. Quando dici Pikachu dici Pokémon. Come il brand può farne a meno? Per me no, è impossibile toglierlo o accantonarlo in favore di altri. È vero che ne abbiamo visti di mostriciattoli iconici: da Eevee a Charizard, passando per Greninja, Slowpoke e altri. Bellissimi ma… Un ma gigantesco. Ma cosa sarebbe la casa nipponica senza il topolino giallo? Si possono fare forti paragoni: immaginatevi ora Don Matteo senza Terence Hill, oppure Roma senza Colosseo, o anche Apple che toglie la mela e ci mette un altro frutto. Sono esempi difficili, però è per far capire come Pikachu sia un pilastro e sia insostituibile. Non esiste prodotto senza di lui, concepito in tutte le sue varianti e lanciato sul mercato per la felicità di piccoli e non più piccoli. Pikachu per alcuni, in realtà, ha un po’ stancato. Talmente è dappertutto che vorrebbero vedere altri protagonisti alla ribalta, però accantonarlo lo reputo molto complicato, ormai è l’étoile del brand. 

 

Rappresentare la casa nipponica, al massimo, potrebbero essere i già citati Eevee e Charizard. Il primo è un po’ l’alter ego di Pikachu, con il suo musino felice e la sua semplicità e morbidezza può in qualche modo sostituirlo. Il gioco Let’s Go Eevee è solo il culmine della sua popolarità: già dai tempi di Giallo ha avuto un suo ruolo, anni più tardi lo si trova affiancato in svariati prodotti del Pokémon Center per poi arrivare al titolo succitato. Non dimenticando che tantissimi fan amano le Eeveelution e rafforzano il potere di stima nel volpino marroncino. Per quanto riguarda Charizard anche lui può prendere le redini del marchio con la sua forza e la sua fierezza. Probabilmente degli originali starter è quello più amato e apprezzato, è in copertina nel primo gioco Pokémon e nel suo remake, ha due megaevoluzioni è una Gigamax, è uno dei più iconici nell’anime e i collezionisti impazziscono letteralmente nell’accaparrarsi una carta con lui raffigurato. Serve altro da aggiungere sul suo conto? 

 

Non escludo a priori mostriciattoli tascabili differenti da questi due appartenenti alla prima generazione, nel corso di queste sono nati moltissimi Pokémon che sono entrati nel cuore della gente e come esempio personale prendo Litten. Il problema è che sono un fan ormai datato, forse un po’ di quelli malinconici e di quelli che reputa i “giovani” meno brillanti del vintage. Posso comprendere tutto, ma togliere Pikachu dal trono non ce la potrei fare. Sono sicuro di non essere il solo. The Pokémon Company non può privarsi di Pikachu, dopo 25 anni è impossibile sostituirlo e a mio avviso solo Eevee e Charizard possono fare le sue veci. Non privatemi mai di lui. Che non ci sia mai un Pi-kaPika.

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Pikachu è entrato nei cuori di tutti, amanti dei pokémon o meno, c'è poco da fare. Questo un po' per il suo design, carino e facilmente ricordabile, un po' per il fatto che si trovi dappertutto, e un po' per la sua grande presenza dell'anime. Ora, se si volesse sostituire, la scelta per me migliore sarebbe eevee, visto che di suo è carino e non propende per nessun tipo a parte il normale, che di suo è abbastanza neutrale. Tuttavia sia eevee che meow stanno già diventando mascotte e di conseguenza mi sembra scorretto utilizzare pokémon che già mascotte sono. Quindi ho pensato ad una scelta che a mio parere può essere vincente: Buizel. Il pokémon maridonnola possiede per me tutti i requisiti che una mascotte richiede, e si trova anche in una situazione favorevole.

Ora, questi sono le caratteristiche che possono aiutarlo a diventare una mascotte:

  • Non è né troppo vecchio né troppo nuovo, non è infatti di prima gen ma è comunque di quarta, di conseguenza riesce ad attirare i nostalgici ma non far sembrare neanche game freak fossilizzata sulla prima gen, inoltre i giochi di quarta sono invecchiati molto bene a mio parere
  • E' molto carino, è comunque un piccolo mammifero dal carattere vivace e dall'animo buono, e come pikachu ricorda un po' un bambino
  • Non è troppo legato al tipo, è sì un tipo acqua ma da questo punto di vista il suo design è abbastanza neutrale
  • Non è oscurato dall'evoluzione (ad esempio un'ottima alternativa sarebbe stata riolu, ma nonostante sia un pokémon molto famoso deve sopportare anche l'esistenza della sua evoluzione lucario)
  • Possiede delle caratteristiche tipiche, la doppia coda e i due tratti sulle guance, che somigliano molto a baffi, possono essere paragonati alla coda a fulmine e alle guance di pikachu

Questi erano le caratteristiche per cui per me buizel ha le carte in regola per vincere. Ora vediamo la situazione favorevole in cui si trova.

Stanno per uscire pokémon diamante lucente e perla splendente, remake dei giochi di quarta gen in cui il nostro buizel ha fatto la sua comparsa. Se da circa un anno pokémon avesse l'intenzione di rendere importante buizel, la prima mossa da fare sarebbe renderlo ricordabile nel gioco, magari facendo in modo che sia il pokémon del tuo rivale. Ovviamente questa è una cosa che le game freak dovrebbe già aver fatto per stare al mio ragionamento, però in ogni caso è uno dei pokémon apparsi per la prima volta a sinnoh quindi sarà presente nel gioco e sarà già così più ricordato. Ora, Nintendo potrebbe scegliere di far tornare ah nella regione di sinnoh per pompare un po' i giochi e mostrare anche ai bambini che ora si avvicinano a pokémon le bellezze della regione. Visto che Ash possiede già un Buizel dalla forte personalità, lo si potrebbe far tornare in campo e dargli un ruolo sempre più importante. Una mossa che sarebbe azzardata ma necessaria perché Buizel sostituisca pikachu è far evolvere quest'ultimo. Di conseguenza ora Raichu inizierà a diventare importante e prendere un po' di fama a pikachu. Se poi negli slogan e nel merchandising si iniziano dapprima ad affiancare i due pokémon e poi a presentare solo buizel, il lavoro è fatto. 

 

Buizel sarà anche un pokémon un po' dimenticato, certo, ma dalle grandi potenzialità.

PopplioBrionnePrimarina.gif.f075dd941bdd96446d98986918344b26.gif popplio in evoluzione by @Alemat

 

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La sede di Project X con i rispettivi membri realizzata da @Taka (io sono il Primarina vicino alla fontana) e le targhette realizzate da @Riolu007 con i miei ruoli nel PokéClub

 

image.png.fd564c661c57bd5aca3eaed037213c21.png Peace was never an option by @Hydran

 

PASTICCIO DI ROGNONE         

by @SparkSurfer

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Come già detto da altri prima di me parto col dire che è altamente improbabile (se non un sogno febbrile) che possano anche solo pensare di sostituire il topo giallo come mascotte per il franchise (anche solo per l'anime che perderebbe tutto il suo senso). Tolta dai piedi al tema di oggi questa premessa prettamente personale e condivisibile, direi che possiamo iniziare a ragionare sulla consegna esponendo il candidato ed il motivo per cui è stato scelto.

 

 

Or dunque io propongo: Cubone perché:

 

  • Per essere la nuova mascotte credo che far parte della prima generazione sia importantissimo, non solo per l'incredibile fama che i primi 151 possiedono e che li rendono i più riconoscibili di tutti grazie anche per il loro design più semplice (basti pensare a gen come la 5° o la 7° per notare una differenza quasi schiacciante).

 

  • La mascotte è fondamentale per chi è estraneo ad un determinato franchise ed ha lo scopo di rendere unico e appetibile il primo approccio con qualcosa di nuovo (questo vale anche in altri ambiti come quello gastronomico), cubone (ricollegandoci al discorso della semplicità di prima) grazie alla sua semplicità possiede caratteristiche al tempo stesso adorabili e cool rimanendo in un perfetto campo neutro che gli consentirà di appetire a gusti di grandi e piccini ignorando anche la barriera del genere.

 

  • In Rosso/Blu/Verde e remake vari Cubone presenta all'interno del gioco un evento in game a se dedicato (sto parlando ovviamente di Lavandonia e la morte di Marowak) rendendolo di fatto anche canonicamente sensato per avere un ruolo principale come mascotte (anche più di Pikachu se chiedete a me che per avere una cosa a lui dedicata in game ha dovuto aspettare la 2° gen con l'elettropalla)

 

  • Cubone è un fanfavourite di lunga data (tra fanart, creepypasta e peluche vari) riuscendo a soddisfare anche la parte del fandom già ben radicata e che non ha di certo bisogno di essere spinta da una mascotte per giocare.

 

 

  • Come Pikachu possiede anche un oggetto in game a lui dedicato (ossospesso) rinforzando ulteriormente la mia proposta (esistono solo 8 oggetti fatti appositamente per un pokémon).

 

 

Spero di essere stato sufficientemente convincente! 

 

 

 

 

 

     

 

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                      "Potenzia par vis."

                                "Harmonia Houses 2021

 

 

 

 

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Pokémon è indubbiamente uno dei brand videoludici di maggior successo e gran parte di esso si deve alla sua inconfondibile mascotte: Pikachu.

Questo simpatico e vivace esserino ha saputo conquistare fin da subito milioni di fan, con le sue guanciotte rosse, la coda a zigzag ed un carattere turbolento.

Col passare del tempo sono stati distribuiti un’infinità di gadget dedicati al cricetino elettrico, diventato onnipresente in ogni progetto di Game Freak: dagli spin-off alle carte collezionabili; dalle applicazioni per cellulari ai cosplay.

Che cosa sarebbe Pokémon senza Pikachu? Chi mai potrebbe prendere il suo posto?

È difficile rispondere con esattezza a questa domanda, in quanto ci sono molti pretendenti che possiedono le qualità giuste per diventare la nuova mascotte.

Se però dovessi sceglierne uno, punterei sul misterioso e affascinante Meowstic.

 

Esso è basato sul Nekomata, uno yo-kai dalle sembianze di gatto, in grado di reggersi su due zampe e dotato di poteri paranormali.

Si tratta di un animale amato in tutto il mondo e che nella cultura giapponese simboleggia la fortuna; inoltre diversi anime ne hanno già adottato uno come mascotte: si va da Happy in Fairy Tail, a Jibanyan in Yo-Kai Watch fino a Luna e Artemisio in Sailor Moon.

Per conquistare il grande pubblico bisogna infatti puntare sia sulla dolcezza che sul carattere, e Meowstic ne ha da vendere. La versione maschile è più timida e premurosa, mentre quella femminile più estroversa e istintiva: insieme si completano a vicenda, facendo breccia nel cuore di ogni nuovo allenatore.

 

Se però dovessi scegliere un solo modello su cui puntare, opterei per il maschio.

Il design semplice e tondeggiante, le linee armoniose e quella coda paffuta lo rendono adorabile e grazioso agli occhi di tutti.

Anche lo schema dei colori lo trovo ben studiato e con un significato psicologico ben preciso.

Il manto blu richiama la tranquillità e la sensibilità, con il quale chiunque può entrare in sintonia.

Oggi il tempo passa in fretta e la vita è sempre frenetica: un colore freddo, ma pacato, non può che rilassarci e trasmetterci il buon umore.

Le strisce bianche sono invece legate alla purezza tipica dei bambini ma anche all’innocenza e semplicità di questa piccola creatura. Ciascun ragazzino può identificarsi facilmente in lui.

Dal punto di vista estetico, le orecchie socchiuse - aperte nei momenti di felicità o durante l’esecuzione di una mossa -, potrebbero rappresentarne un tratto distintivo, oltre a richiamare l’immagine del coniglietto, emblema di felicità e divertimento.

Oltre a ciò, gli occhi verdi e luminosi risultano in contrasto con il corpo scuro, catturando subito l’attenzione dei consumatori e rendendolo facilmente riconoscibile ed iconico .

 

La scelta della mascotte deve infatti attirare non solo pokéfanatici, ma anche chi si sta avvicinando per la prima volta al franchise, al quale bisogna comunicare un messaggio di affidabilità e armonia.

Piuttosto che un pokémon vigoroso e prorompente, ma non conosciuto ai più, un micetto catalizzerebbe maggiormente l’interesse del pubblico, in quanto verrebbe associato subito al corrispondente animale domestico.

Ciò invoglierebbe soprattutto i genitori dei più piccoli ad acquistare qualsiasi articolo con sopra raffigurato il tenero gattino, che gli infonderebbe sicurezza e allegria.

Dal punto di vista del merchandising mi immagino una serie di peluche a tema, che ti invogliano ad accarezzarlo e coccolarlo fino a strappargli il batuffolo, per poi andare a ricomprarne altri facendo la fortuna di Nintendo.

Sarà come avere il proprio micio sempre a portata di mano: lo si può coccolare, nutrire, e farlo giocare a proprio piacimento.

Mi aspetterei pure diverse app pervase dalle sue dolci zampette e il suo bel faccino, che ti spingerebbero a fare mininacquisti istantanei e compulsivi.

 

La doppia personalità di suddetto pokémon permetterebbe, inoltre, di creare trame intriganti nel manga e nell’anime, dove dovrà necessariamente accompagnare il protagonista di turno.

Il carattere riservato del maschio così come quello arrogante della femmina possono interagire in diversi modi con il proprio allenatore: inizialmente potrebbero essere diffidenti verso di lui (come lo fu Pikachu in passato), colpendolo con attacchi psichici in grado di creare diverse gag virali, come ad esempio sollevarlo e sbatterlo a terra oppure comparire dal nulla spaventandolo con i loro occhi spettrali.

In questo modo si giocherebbe sul contrasto tra il lato amichevole di Meowstic e quello più ostile, paragonandolo a un micio appena comprato, che deve abituarsi al suo padrone, per poi col tempo affezionarcisi ed instaurandoci un profondo legame.

La versione femminile la assegnerei a una partner donna, con il quale si può alludere ad una relazione, sulla falsa riga di Ash e Misty.

Le abilità sensitive del maschio (che può imparare Leggimente) andrebbero invece a sostituire l’onnipresente volatile dei primi percorsi ed essere utili per rintracciare i nemici, svecchiando il format.

Non parliamo poi della rivalità tra felini che si avrebbe con il Meowth del Team Rocket!

Insomma le possibilità narrative sono molteplici.

 

Infine, dato che ad ogni generazione Pikachu ottiene una mossa peculiare, con la versatilità di Meowstic  ci si può sbizzarrire: appartenendo al gruppo uova Campo, è in grado di accoppiarsi con un’infinità di pokémon e apprendere tramite breeding le tecniche più disparate: da quelle magiche e appariscenti a quelle fisiche e letali come i suoi affilati artigli.

Per di più, essendo bipede, si presta molto ad essere customizzato con mantelli, collane e accessori vari.  

Se fossi un designer andrei ad ideare costumi basati sul mondo fantasy, che conferirebbero dei boost alle statistiche: un personaggio ispirato al gatto con gli stivali (piuttosto veloce), un maghetto con tanto di cappello a punta (forte nell’attacco speciale), o un cavaliere con la spada ( eccellente in difesa).

In Giappone sono infatti disparate le leggende legati ai gatti e non è difficile trovare raffigurazioni antropomorfe di essi.

Le varie versioni verrebbero utilizzate nei Contest come le Gare Pokémon ed i Musical, ma potrebbero introdurre una nuova feature quale la personalizzazione del proprio pokémon, rendendo i propri amici veramente unici.

Un fenomeno simile è accaduto in Yo Kai Watch con il MyNian, spiritello customizzabile a piacere.

 

Al tempo stesso alcune forme alternative le distribuirei a pagamento sottoforma di DLC.

Chi vuoi che non desidera agghindare il proprio micetto come si deve? Le tasche degli sviluppatori si riempirebbero sempre di più.

Da tutto ciò ne trarrebbero vantaggio anche i vari spin-off in cui Meowstic dovrà necessariamente apparire.

Essendo agile e snello, è adatto a diventare un personaggio veloce e con grandi capacità di salto.

Su Super Smash Bros. gli assegnerei un moveset unico, che gli permetterebbe di alternarsi con la versione femminile utilizzando Cambiaposto come mossa speciale in giù.

L’attacco speciale neutro lo vedrei ben rappresentato da un Pallaombra caricabile; quello laterale da Riflesso per il maschio (che agirebbe da contrattacco) e Schermoluce per la femmina (che rifletterebbe i proiettili energetici).

Come recupero userei Psichico, grazie al quale è capace di sollevarsi da terra, avvolgendosi in un’aura viola.

La mossa finale la immagino come una combinazione di attacchi tra le due versioni di Meowstic: il maschio salta in aria aprendo le orecchie ed utilizzando Altruismo sulla femmina; una volta che essa verrà pervasa da una nube multicolore, sarà in grado di sferrare un devastante Veicolarforza sugli avversari, con effetti grafici esplosivi.

In questo modo verrebbe rispettata la natura difensiva del primo ed offensiva della seconda.

 

In conclusione, ritengo che un animale antropomorfo sia l’ideale come mascotte, dato che il pubblico riesce a relazionarsi meglio con lui, vedendoci rispecchiati i diversi lati della personalità umana, sia positivi che negativi.

La scelta di un tipo Psico, inoltre, non può che incentivare questo immedesimarsi: tali pokémon sono infatti in grado di comprendere i pensieri dell’uomo e coglierne le emozioni, empatizzando con lui.

Le diversi espressioni facciali ed umorali del dolce gattino si andrebbero a tradurre in una moltitudine di emoticons diverse, pronte ad essere diffuse in tutto il web e con il quale ciascun allenatore potrà esprimere facilmente il proprio stato d’animo, entrando al tempo stesso in sintonia con il mondo dei Pokémon.

 

Meowstic riesce dunque a mettere d’accordo sia i veterani che le nuove generazione, abbracciando un concept semplice ma efficace e, data la sua poliedricità, si adatta a qualsiasi esigenza di marketing, risultando il degno successore di Pikachu e un eccellente marchio di fabbrica per Game Freak.

 

 

 

 

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Pokémon Mystery Dungeon: Musharna's Dream image.png

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Millennium Express: Isole di Alola Partecipazione-Pechino-Express.png

 

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Total Drama Regions sgcocco.png

 

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Harmonia Houses  Serperior.png

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Bentornati alla terza edizione di Lascia un Commento! Siamo arrivati al quarto turno, ormai rimangono in gara ben pochi aspiranti scrittori, se pensiamo al numero di partecipanti della prima fase!

 

Tutti gli iscritti alla gara hanno dimostrato notevoli capacità di gestione del testo. Nonostante ciò, il gioco prevede di dover concedere solo ad un numero limitato di persone l'accesso al nuovo turno.

 

Scopriamo insieme chi sarà passato alla nuova fase!

 

 

Facciamo comunque ancora una volta i complimenti ai 5 eliminati in questa fase e sveliamo al contempo la traccia della terza prova:

 

Quarta prova:

cosina.jpg

 

Pro e contro dei "Games as a Service"

Quali sono le tue opinioni su questo modello di business che sempre più si fa strada nel mondo dei videogiochi? Si tratta di un modello positivo o negativo per il mercato?

 

Nota: con il termine "Games as a Service" (abbreviato GaaS) ci si riferisce a quei giochi aggiornati in modo continuo nel tempo e che prevedono abbonamenti o acquisti per contenuti esclusivi. Ne sono esempi Genshin Impact, Pokémon Masters, Pokémon Unite, League of Legends, Fortnite, Apex Legends, ecc...

 

 

Rispondendo a questa domanda, vi invitiamo a commentare in questo topic. Passeranno la quarta fase solo 4 partecipanti!
Avete tempo fino alle 14:59 del 22/10/2021 per inviare qui il vostro commento. Tutti gli altri post non attinenti saranno cancellati dal topic. Il commento dovrà seguire le regole già elencate nel regolamento già esplicitato in precedenza.

I vostri lavori verranno giudicati anche questa volta da @Alexina, @Francy, @IcyFlame, @Lady, @Lyndon e ovviamente dal sottoscritto.

Per qualsiasi domanda, non esitate a contattarci sul topic apposito!

 

Buon lavoro a tutti!

Spoiler

Firma Azzurra.jpg

"Forse qualche altra soluzione c'è :moonmoon:"

Memino gentilmente offerto da Chube!

 

Spoiler

Meme riunione adattato.jpg

 

Piccolo aneddoto interno allo staff, riassunto dal meme di Darki!

P.S. odio Discord...

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Altro topic molto interessante, vediamo se riesco a dare la mia opinione su questo argomento.

 

Non essendo molto esperto, e fino a ieri, non conoscevo nemmeno il termine tecnico che va ad indicare questa cosa, ho fatto una breve ricerca, per capire di che cosa dovessi scrivere.

 

Ora che ho le idee un po’ più chiare (non molto a dir la verità, ma qualche nube si è diradata), posso dire la mia. 

Dal mio punto di vista, ci sono 2 tipi di Gaas:

1) i giochi mobile free to play (o free to start) con acquisti in app;

2) tutto ciò che riguarda abbonamenti, ampliamenti o servizi per i giochi per console (online, dlc, cloud, etc...).

 

Fatta questa distinzione, che secondo me, divide questo mondo in due, possiamo andare a vedere i pro e i contro di tutto ciò. 

Nel farlo, manterrò comunque la distinzione tra le due categorie, perché credo vadano trattate diversamene.

CATEGORIA 1

PRO

Il pro principale in questo caso, è che non sei tenuto a spendere nemmeno un centesimo per divertirti, in quanto, è vero che ti serve lo smartphone, ma al giorno d’oggi, tutti (o quasi) lo hanno, e non nasce per il gaming

CONTRO

Questo è semplice: disparità tra i vari giocatori. Il motivo? Semplice, di solito, questi acquisti in app, permettono a chi li effettua, di avanzare velocemente nel gioco, con dei power up che facilitano la crescita (basta pensare a come possano ridurre il farming, e quindi anche il tempo che il giocatore passa sul videogioco). Siccome molte volte, questi game, sono multiplayer, vai a creare disparità tra chi può e vuole spendere i soldi, e chi non può o non vuole farlo, e quindi non è più un equal game.

CATEGORIA 2

Qui è difficile fare una distinzione tra pro e contro, perché il giocatore che utilizza i servizi è agevolato in alcune cose, mentre chi non lo fa, può benissimo giocare e divertirsi tranquillamente. Questo accade sempre? No, nel caso degli abbonamenti online, no, perché si limita il giocatore che non può o non vuole farlo, e quindi si limitano le esperienze di gioco che già sono costate tanto (tra console e gioco intendo), per cui non è una bella cosa.

Diverso è il caso dei dlc o dei cloud, il gioco di base è in grado di fornire un’esperienza, che può essere ampliata o meno, ma la fruibilità del gioco non ne risente. Inoltre aggiungo, che se mi viene fornito un servizio, è giusto che pago chi me lo fornisce, a patto che, come detto prima, se faccio la scelta opposta, non venga penalizzato.

 

Dopo aver spiegato, quali sono, secondo me, i pro e i contro, si possono tirare le somme.

Se il Gaas non penalizza chi non ne fa uso, è una buona cosa, al contrario, rischia di isolare chi per qualsiasi motivo, non fruisce del servizio, e in un mondo dove le parole equilibrio e uguaglianza sono le più importanti, beh, questo non va d’accordo con ciò.

 

Ps: mettendomi nei panni di un’azienda, so che devo tenere il passo con ciò che fanno gli altri, in quanto, sempre più gente preferisce i mobile game rispetto ai console game, quindi, anche le case video ludiche si devono adeguare, quindi, secondo me, il modello non è buono, perché va a penalizzare chi il gaming lo fa su console, e quindi dal mio punto di vista, come scritto sopra, ci sono alcuni casi in cui ci sta, altri casi in cui non va bene. Ma credo che se si prosegue così, il mondo del gaming che conosciamo potrebbe davvero cambiare, e rischiare di non essere più adatto a chi lo ha supportato fino ad ora.

 

Con questo chiudo, spero di non aver creato confusione nello scrivere, e se lo fatto chiedo perdono, ma l’argomento per me, era complicato, ma ci ho voluto provare comunque :) 

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Partiamo dal presupposto che poche cose si possono classificare come male o bene assoluto. Inoltre va considerato che ogni gioco gaas ha un funzionamento diverso e appunto la sua caratteristica di far pagare costantemente può essere più o meno benigna. Analizziamo ad esempio due giochi gaas che in molti hanno giocato vedendo come appunto il loro diverso approccio a quello che possiamo definire un pagamento continuo: fortnite e clash of clans.

 

Ora, fortnite ultimamente è odiatissimo e questo soprattutto a causa della sua comunity. Devo dire però che in generale non è male come gioco e anzi io l'ho trovato molto godibile senza mai pagare un centesimo. Questo anche perché, nonostante il gioco di consenta di comprare diversi articoli e un pass di espansione stagionale, tutto ciò è puramente estetico e di conseguenza il gameplay non ne risulta rovinato. Ora, c'è anche da dire una cosa: questo è possibile perché il gioco ha raggiunto un enorme fama, in un gioco un po' più sconosciuto in pochi sarebbero stato disposti a pagare così tanto e per così tanto tempo per una skin. Di conseguenza è normale che in molti altri giochi sia necessario creare una differenziazione tra chi paga e chi non lo fa, ma adesso ci arriviamo.

 

Il gameplay di clash of clans a mio parere è molto godibile all'inizio. Certo, nulla di spettacolare, però in ogni caso molto carino. Tuttavia andando avanti risulta impossibile potenziarsi senza pagare. I costi degli edifici (per chi non lo sa bisogna costruirsi un villaggio) diventano elevatissimi e il tempo di costruzione infinito. Questo ovviamente se non si paga. Il che non è molto diverso dall'aspettare molto tempo per potersi permettere un determinato personaggio o una determinata arma come in moltissimi giochi gaas. Il gioco diventa così a tutti gli effetti un pay to win.

 

Insomma, mi sembra naturale che in un gioco gratuito gli sviluppatori cerchino il più possibile di farti pagare, se non vogliono inserire pubblicità ogni due secondi devono pur trovarlo un modo per rientrarci. Ciò può sbilanciare l'esperienza di gioco di chi non vuole o di chi non può pagare, ma d'altro canto i giochi non gaas in moltissimi casi devi pagare solo per giocare, anche se poi non dovrai più pagare nulla se non un dlc (che comunque è un potenziamento che rimane per sempre e che non è stagionale, spesso si tratta di un numero estremamente ristretto di espansioni rispetto a tutte quelle che offrono molti gaas e che rimangono solo per un determinato periodo di tempo) quindi trovo che sia totalmente giustificata come cosa.

 

Trovo che il mercato dei gaas vada ben diviso da quello dei giochi intesi come prodotto, perché nonostante i vari gaas possono migliorarsi a vicenda e quindi migliorando questo loro mercato che comprende anche bei titoli, rimangono diversi da tutti quei giochi che paghi una sola volta visto che questi ultimi oltre certo ad essere un prodotto spesso ambiscono anche a una certa qualità, dalle musiche alla trama al gameplay, e risentirebbero di una brutta influenza dai più freddi gaas, che nonostante possano essere bei giochi aspirano più al guadagno che alla qualità del prodotto finale, appunto essendo più un servizio. va anche detto però che dlc sono un po' nati grazie all'influenza dei gaas e che a mio parere non sono così male come cosa in quanto tendono a mantenere più vivo il gioco se rilasciati a una giusta distanza di tempo dall'uscita del gioco stesso aggiungendo vantaggi che non cambiano radicalmente l'esperienza di gioco ma la migliorano, lasciandoti così la scelta di spendere una cifra non troppo elevata per avere delle migliorie che renderanno il gioco più divertente o il non farlo e non risentirne particolarmente. Quindi l'influenza non risulta troppo negativa sotto alcuni versi, ma trovo comunque essenziale che si distinguano dal resto del mercato videoludico.

PopplioBrionnePrimarina.gif.f075dd941bdd96446d98986918344b26.gif popplio in evoluzione by @Alemat

 

782714621_trainercard-SparkSurfer(2).png.a9b181c44bc08f6c14a48508d284b97a.png     grifontuono.png.5d7bb03df9807df6976c7618f9635934.png 

 

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La sede di Project X con i rispettivi membri realizzata da @Taka (io sono il Primarina vicino alla fontana) e le targhette realizzate da @Riolu007 con i miei ruoli nel PokéClub

 

image.png.fd564c661c57bd5aca3eaed037213c21.png Peace was never an option by @Hydran

 

PASTICCIO DI ROGNONE         

by @SparkSurfer

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Game as a Service: immergiamoci nel futuro.
GaaS non è nient'altro che l'acronimo di Game as a service. Il concept alla base di Game as a Service è associabile al fatto che il videogames non conclude il suo sviluppo al momento della pubblicazione. I GaaS, dal mio punto di vista, hanno duplice obiettivo:
- Monetizzare all'interno dei videogiochi dopo il loro rilascio ufficiale.
- Supportare un modello free-to-play grazie ai guadagni derivanti da acquisti in app.

 

Il precursore di questa categoria 'emergente' è stato un colosso dei videogames odierni: World of Warcraft, rilasciato nel 2004 da parte di Blizzard Entertainment.
World of Warcraft ha stabilito decine di record, tra cui quello di essere il gioco per pc che ha venduto il maggior numero di copie nel minor tempo possibile (WoW Shadowlands, vendute 3.7 milioni di copie al day one).
Questa nuova concezione ha portato gli investitori delle case videoludiche a fare una sorta di backup al concept di distribuzione/sviluppo dei videogames avuto fino a quel momento.
Non a caso, i videogames moderni, hanno sfruttato la scia di espansione di WoW per diffondersi nella cultura di massa.

 

World of Warcraft: l'inizio di una nuova era.
I creatori di World of Warcraft furono i primi ad accorgersi di un 'nuovo modo' per monetizzare all'interno dei videogames. Loro, fin da subito, hanno tentato di fidelizzare una cerchia di clienti attorno al prodotto mediante il rilascio di un abbonamento mensile per poter usufruire delle funzioni videogiocabili. Fu totalmente stravolto il modo di pensare alla base delle vendite dei videogiochi, siccome prima si faceva leva sulla vendita del videogioco fisico e mai si era presa in considerazione l'idea di eventuali acquisti in app.

 

Circa 20 anni fa, con il rilascio di WoW, si entrò in un'ottica futuristica ed il tentativo di monetizzare era attorno a diversi fattori, tra i quali:
- Subscription: il modello che si è affermato particolarmente negli ultimi anni, che consente di usufruire delle funzioni online di un determinato prodotto.
Il modello di Subscription (l'abbonamento per parlarci chiaro) è alla base di molteplici videogames e tenta di fidelizzare il più possibile il cliente ad 'investire' su un prodotto ben specifico. La sottoscrizione è una macroclasse, ella si può dividere in 3 sottosezioni:
1) Subscription al gioco: questo è il caso di WoW, in cui il cliente deve pagare un canone mensile per poter usufruire di tutte le funzioni.
2) Season pass: moderna concezione che ha riscontrato particolare successo con l'avvento di Fortnite, e permette di ricevere ricompense/boost all'interno della piattaforma in seguito al raggiungimento di determinati obiettivi.
3) Subscription a servizi di gaming: una categoria in forte ascesa, la quale, permette al cliente di avere 'dei consigli' da parte di compagnie del calibro di Sony, Microsoft, Ubisoft circa servizi di gaming in abbonamento.
- Microtransazioni: la parola stessa non lascia scampo, si tratta delle transazioni di 'basso costo', le quali sono possibili da riscattare in videogames in cambio di skin, boost, potenziamenti e quant'altro.

 

Sulla logica di questi fattori, improntata due decenni fa, hanno iniziato a farci le fortune diverse tipologie di titoli. Restando in tema Pokémon possiamo ricordare sia Masters che Unite, ma vorrei aprire un parentesi particolare inerente Fortnite ed Apex.

 

Fortnite ed Apex: possono considerarsi rivali?
Partiamo col dire che entrambi i videogames rientrano nella categoria dei Battle Royale. Il primo adotta una visuale in terza persona, ci sono numerose interazioni con l'ambiente circostante mediante l'uso delle costruzioni e i personaggi non hanno alcuna abilità, mentre l'esperienza di gioco del secondo è improntata su una visuale in prima persona, non ci sono particolari interazioni con l'ambiente circostante ed i personaggi principali, le cosiddette Leggende, hanno abilità specifiche.
Di conseguenza, il gameplay di base è significativamente diverso.
D'altro canto dal mio punto di vista i due titoli possono considerarsi rivali anche se diversi nel concept di 'Avventura Royale'.
Apex ha numeri impressionanti: ha raggiunto i 50 milioni di utenti in soli 28 giorni, cosa che a Fortnite è riuscita dopo circa 4 mesi. La differenza, però, è che Fortnite fu lanciato come gioco a pagamento e non come un free-to-play.
Entrambi vertono le loro fortune su uno dei canoni sopra descritto: il season pass. Esso si rinnova a cadenza stagionale e permette ai giocatori di sbloccare nuove skin oppure nuovi oggetti di personalizzazione in modo tale da tener sempre alto l'interesse della community.
Fortnite, a differenza di Apex, ha avuto un impatto mediatico non indifferente. Il circuito ospita spesso eventi in diretta simili a concerti, tra i più importanti ricordiamo quelli svolti da Travis Scott e Marshmello, ma non solo, l'esultanza tipica di Fortnite è diventata 'coreografia' per numerosi calciatori dopo aver segnato un goal, in particolare stiamo parlando di Antoine Griezmann e Roberto Firmino.
Entrambi, per il mercato, hanno rappresentato evento più che positivo siccome gli introiti derivanti dai download, dagli acquisti in game e dagli accordi di sponsorizzazione hanno raggiunti picchi milionari.

 

League of Legends, numeri da record!
League of Legends, conosciuto più semplicemente come LoL, è un MOBA prodotto da Riot Games nel 2009. Anch'esso si configura come un GaaS siccome è un free-to-play con acquisti in app che non intaccano l'abilità del giocatore siccome non danno potenziamenti.
Merita uno specchietto particolare perché nel corso della sua attività ha fatto registrare numeri non da poco conto. Non a caso, LoL è uno dei 20 marchi sportivi più vendibili al mondo. Tornando al tema Olimpionico, sono state fatte numerose richieste per inserirlo ai Giochi Olimpici, richieste che, tuttavia, almeno per il momento, sono state respinte. Il MOBA è il primo gioco su PC per ricavi generati. Numeri utopici parlano per questo MOBA, infatti, si sostiene che abbia fatturato introiti per 7,4 miliardi, sì, avete capito bene, 7,4 miliardi di dollari.
LoL è un gioco che va a braccetto con Apex e Fortnite, siccome, il trio appena menzionato, condivide il fatto di non essere un pay-to-win.

 

GaaS come base per ogni videogioco per dispositivi mobili.
L'ottica dei GaaS si è distinta, negli ultimi tempi, per aver influenzato il mercato dei videogiochi mobile. Non a caso, i titoli più importanti dell'App Store/Play Store appaiono come free-to-play per poi scoprire meccaniche di pay-to-win una volta ultimato il download, oppure meccaniche di acquisto di un eventuale DLC di aggiornamento oppure meccaniche improntate sulla logica del Season Pass come avviene in Clash Royale.
Siccome vogliamo e dobbiamo rimanere in ottica pokémon vorrei citare gli esempi di Pokémon Unite e Pokémon Masters.
Innanzitutto parto facendo una netta distinzione tra i sopracitati Forntite, Apex e LoL da Pokémon Unite e Masters, non solo perché ovviamente le meccaniche di gioco sono completamente differenti, ma anche perché i primi sono dei videogiochi in cui è possibile acquistare prodotti che non influiscono sul rendimento all'interno della partita, mentre i secondi, sono dei videogiochi che sono assimilabili alla categoria pay-to-win, infatti, tramite acquisti che possono effettuarsi all'interno delle rispettive applicazioni, il giocatore potrà godere dei boost/potenziamenti/personaggi (nel caso di Masters) molto più velocemente rispetto ad un giocatore che non effettua acquisti in app.
Pokémon Unite segue, a sua volta, la falsariga di Apex e Fortnite mediante l'acquisto di un Season Pass, mentre per quanto riguarda Pokémon Masters, segue la logica della microtransazioni in game, con le quali è possibile usufruire di personaggi di grado avanzato e di oggetti.
Tornando al pay-to-win, esso, è solo una strada che ci permette di riallacciarci alle considerazioni pro e contro inerenti ai Games as a Service.

 

To be or Not To Be, that is the question!
"Essere o non essere, questo è il dilemma!" Difficile giudicare per chi non è completamente padrone della materia. Ma i GaaS, così come ogni altro tipo di fenomeno, per quanto concerne la mia opinione personale, possono riscontrare sia effetti positivi che effetti negativi.
Le mie concezioni sui GaaS sono abbastanza contrastanti tra loro. Se da una parte mi intriga l'idea di un continuo sviluppo, dall'altra c'è un'enorme perplessità sul fatto dello stancarsi di un gioco ripetitivo.
Non perdiamoci in chiacchiere: "to be (positive) or not to be (negative), that is the question!"

 

Modello Positivo (TO BEnz):
- Mi intriga particolarmente la caratteristica principale di questo modello: il fatto che il gioco sia curato nei minimi dettagli continuamente in quanto sono presenti numerosi introiti derivanti dagli acquisti in app, quindi difficilmente si va incontro a bug o glitch del sistema siccome il team di sviluppo è sempre in continuo movimento.
- Il gioco, inoltre, con continui aggiornamenti, aggiunte di trame, migliorie al sistema, potrebbe 'allungarsi' molto.
- Il costo è limitato solo all'acquisto iniziale (in quanto i DLC il più delle volte sono facoltativi), come nel caso di Overwatch, in cui i giocatori si sono appassionati alla saga per anni interi senza spendere un centesimo extra.
- Crescita di una community fidelizzata: questo è il sogno a cui aspirano tutte le aziende. Il team di sviluppo di questi videogames è sempre ad ascoltare le richieste della propria utenza.
- Netto SI al Pay-to-Entertain: sono pienamente d'accordo che vengano inserite meccaniche di acquisti in app per skin o oggetti personalizzati al punto da non influire, logicamente, sulle abilità del player.

 

Modello Negativo (NOT TO BEnz):
- I giochi vengono rilasciati incompleti e questo potrebbe essere un punto in sfavore dei GaaS siccome potrebbero scoraggiare una buona fetta di pubblico nel loro immediato acquisto.
- Si entra in una partita di scacchi in cui ogni compagnia fa la propria mossa e difficilmente un videogiocatore riesce a stare al passo con gli aggiornamenti di due o più giochi in contemporanea.
- La cosa più brutta di tutte, a mio avviso, è che si va a specializzare sempre di più il videogiocatore facendo rimanere indietro l'utente medio. Mi spiego meglio. Il matchmaking in questi giochi non è molto curato, nel senso che, ad esempio a Fortnite, una partita puoi giocare contro 'Tizio' e la partita dopo potresti incontrare Ninja. Non sarebbe giusta una cosa del genere nei confronti dei nuovi giocatori. Il tutto fa solo allontanare le persone dal marchio, siccome perdere all'inizio più volte, non riuscendo nemmeno a scendere in campo oppure non riuscendo a prendere un'arma, potrebbe sfiduciarle completamente.
- I costi di mantenimento di un GaaS per le aziende sono infiniti, anche se spesso essi risultano ‘invisibili’.
- Far cadere il gioco in monotonia, come ad esempio accade nei battle royale, dove il fine ultimo da perseguire è sempre lo stesso.

 

HELP! NO al Pay-To-Win.
Il titolo vi fa subito constatare in che tipo di modello metterei il Pay-To-Win. Mi rendo conto che il sistema GaaS sia incentrato principalmente sugli acquisti in app, ma sono anche d'accordo se tali acquisti rimanessero prettamente per le skin come succede su Fortnite o Apex, e, di conseguenza, sono totalmente in disaccordo se tali acquisti incidano sulle abilità del player. Non è regolare, e non sarà mai regolare che determinate persone partano avvantaggiate siccome beccano boost difficilmente riscattabili da un utente no pay-to-win.

 

Conclusioni
Ricapitolando, i GaaS, sono quei giochi progettati per avere ricavi nel corso del tempo, non fermandosi alla vendita, o ancora, quei giochi che sono continuamente supportati attraverso iniezioni di contenuti su base stagionale/mensile, le quali, permettono un continuo monetizzare attraverso microtransazioni oppure servizi in abbonamento. I GaaS, inoltre, non vengono sviluppati seguendo la logica del nulla, ma bensì con un’analisi mirata del mercato che mette in evidenza le esigenze del pubblico giocatore; uno dei test classici è quello A/B, utilizzato per cercare di convertire l’utente free in utente consumatore.
Come si è potuto constatare, i GaaS per me rappresentano sia il presente che il futuro, e nel breve termine ogni gioco sarà assoggettato sotto quella sfera.
Ho elencato personalmente sia i lati negativi che i lati positivi del fattore GaaS, e li reputo, a mia volta, entrambi molto intriganti.
Dopo aver elencato pro e contro, è d'obbligo fare una visione panoramica anche dal punto di vista del marketing.
A questo punto, una volta tirate le somme, ed analizzato gioco per gioco il concept di GaaS, direi che esso risulta un modello positivo per l'economia.
Non sono parole al vento, ma ce lo testimoniano semplicemente gli incassi subentrati dalle vendite dei titoli sopracitati.
Grazie ai GaaS, numerosi valori aziendali sono schizzati alle stelle.
Basti pensare all’EA, casa madre di Fifa, che è passata grazie all'introduzione del sistema Fifa Ultimate Team (da poco sfociato nel sistema GaaS, siccome anche qui c'è una sorta di Season Pass e continuamente si possono condurre microtransazioni), da un fatturato di 4 miliardi, ad un fatturato di 33 miliardi. Tutto ciò dal 2012 ad oggi, anno di introduzione del sistema FUT. Ma non solo EA, ha riscontrato tali utili, ma anche numerose altre aziende, tra cui Blizzard passando da un fatturato di 20 miliardi ad un fatturato di 60 miliardi, anch'esso, dal 2012 ad oggi.
E' utile, quindi positivo, per l'economia, siccome, ad oggi tutti i proventi erariali derivanti dal settore giochi confluiscono nelle casse dello Stato (situazione di redistribuzione fiscale in Italia).
Secondo dati statistici, il modello GaaS è stato in grado di triplicare il valore netto dell'industria videoludica. Di conseguenza, i videogiochi sono diventati una vera e propria industria multimiliardaria, scavalcando, a loro volta, colossi come le industrie cinematografiche.
Il Coronavirus, sembra strano a dirlo ma ha avuto impatto positivo sul movimento del GaaS, ma del gaming in generale, in quanto è 'riuscito' a far avvicinare più persone al mondo videoludico siccome in periodo di lockdown non si sapeva come occupare il tempo libero.
Possiamo affermare, dunque, dopo una lunga considerazione di esso, che il modello GaaS ha reso i videogiochi più redditizi sotto ogni punto di vista. Ma d'altro canto, in aggiunta finale, dobbiamo tenere in considerazione che anche un gioco basato sul modello GaaS, dovrà avere un termine e di conseguenza non essere immortale, in quanto il mercato ha bisogno di continui input e non fossilizzarsi per troppo tempo su un medesimo fattore.

 

L'ultima breve parentesi, è che secondo il mio punto di vista, la strada che si sta percorrendo è quella giusta. Però, sarei contento, se si sviluppassero più videogiochi seguendo la logica di LoL (Pay-to-Entertain) e non seguendo la logica del Pay-To-Win.
Questo potrebbe essere un modo ulteriore per tentare di fidelizzare la propria nicchia. Tale ultimo aspetto (fidelizzare la propria nicchia) è l'obiettivo o il 'tentato obiettivo' perseguito da ogni azienda, ed è anche una delle prime lezioni di marketing nella vita, cioè, prima di trovare nuovi clienti, bisogna curare quelli precedenti.
E la cura di quelli precedenti potrebbe essere sviluppata anche attraverso, e soprattutto, la rimozione dei boost, la quale potrebbe provocare solo nervosismo ai meno abbienti.

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Legenda: Gaas: Game as a service.

Gioco-prodotto: con esso intendo un gioco che ha una versione fisica ed è considerato come un prodotto singolo e finito al pari di un libo, un dvd o un cd.

Articolo usato come parziale riferimento: https://multiplayer.it/articoli/189617-overwatch-pro-e-contro-dei-giochi-come-servizi.html

 

Contesto

Spoiler

-Non ho capito bene cosa sia precisamente un Gaas, lo interpreto come "gioco che riceve aggiornamenti continui nel tempo e offre servizi od oggetti a pagamento per i clienti".

Seguendo tale interpretazione, ho giocato e gioco soprattutto ai seguenti esempi della tipologia:

 

-Kingdom Hearts Union Cross (Kh Ux, EU 2016-2020), gioco per cellulare free-to-play che ha spiegato la lore prima della trama di Kingdom Hearts. Si basava soprattutto sulle medaglie da comprare nei banner tramite gemme, e tali gemme erano acquisibili sia in game che tramite offerte a pagamento. Col passare del tempo sono diventate a pagamento anche le medaglie e altri elementi da collezione. Il gioco online è stato chiuso nel 2020 e adesso è disponibile la versione offline con i video di trama.

 

-Final Fantasy Dissidia Opera Omnia ( Dffoo, EU 2018-ongoing) gioco per cellulare free-to-play che racconta una storia fan-service su come i personaggi della saga di Final Fantasy siano legati alla propria trama originale. Si basa su banner per acquisire le armi dei personaggi tramite gemme in game in bundle. Vengono offerti a pagamento anche servizi mensili e skin alternative dei personaggi.

 

-Aion (EU 2009-ongoing) un videogioco per computer divenuto free-to-play dal 2012 ( prima con modello pay-to play). In pratica è un MMORPG dove si può volare, e attraverso lo shop online a pagamento viene offerto di tutto, dalle skin agli oggetti acquistabili solo tramite soldi veri. Dei tre giochi è l'unico che offre soprattutto lootbox. Free-to-play parziale perché per avere l'esperienza completa bisogna pagare dei pacchetti mensili da dieci euro l'uno, che però si possono scambiare online.

Tenendo dunque a mente che la mia esperienza è pesantemente influenzata da questi 3 esempi, offro la mia opinione...dividendola in due diversi punti di vista considerati egualmente.

 

1)

Spoiler

L'offerente

 

All'interno della denominazione Gaas ci sono in realtà molti modelli di riferimento, un grande campo dalla concorrenza molto competitiva che offre vari ventagli di scelte per offrire servizi a pagamento ai consumatori. Tra i tanti modi di vendere servizi in modo da guadagnare più di un singolo gioco-prodotto, io conosco il gioco-prodotto con espansioni e DLC a pagamento che lo supportano nel lungo tempo, i giochi online pay-to-play che offrono  prodotti in game più ulteriori espansioni, giochi online free-to-play che ti offrono la possibilità di visitare il loro mondo gratis ma offrendoti nel frattempo servizi ed oggetti a pagamento per migliorare la tua esperienza. Tutti questi sistemi sono riuniti in un unico paradigma economico tra i più remunerativi degli ultimi anni.

In questo modo, un gioco continuativo con avanzamento sia narrativo che tecnologico e molte opzioni di offerta riesce a creare una schiera di fan irriducibili che non si sazieranno mai di esperienze nuove e sosterranno questo circolo in crescita.

 

Tramite microtransazioni o pubblicità, il flusso economico che un Gaas riceve  non solo può sviluppare e migliorare il gioco di partenza ma può anche essere usato per finanziare altri giochi in produzione. Esempio, se io ho intenzione di creare un gioco-prodotto molto avanzato ma con una forte richiesta di spese posso creare un Gaas minore che mi permetta di finanziare il gioco stesso, il gioco costoso e migliorare così le capacità di vendita della mia industria su due diramazioni invece di una.

 

Importante è anche il fattore tempo-comunità: più un gioco dura, più consumatori possono entrare nel sistema di gioco, e più consumatori si uniscono, più aumenta il flusso di denaro e di conseguenza la vitalità del gioco in virtù del punto sopra. Questo diventa così un sistema potenzialmente autosufficiente che renderebbe un gioco molto longevo se tutto funziona, e la comunità nascente di giocatori può accrescere e aumentare le sue esperienze di gioco. In una buona comunità, nuove persone possono conoscersi e diventare amiche, e amici della vita fisica passeranno il tempo insieme a voi anche a distanza. La comunità si farà poi sentire dai produttori per parlare di bug, glitch e offrire dei feedback utili per bilanciare il gioco stesso.

 

In sintesi: Il sistema Gaas è un paradigma formato per durare nel tempo offrendo sempre nuove esperienze ai consumatori, porta ad accrescere la sua comunità, può ottenere un flusso di denaro tale da sostenere sé stesso e anche i giochi della sua casa produttrice, offre molte opzioni di scelta ai suoi clienti per la vastità del suo insieme di riferimento.

 

2)

Spoiler

Il sofferente

 

Come avrete intuito, il mio punto di vista del capitolo sopra è quello dell'imprenditore e di colui che vuole vendere servizi in un gioco e non si è ancora rivolto al paradigma "Giochi in streaming tramite abbonamento con sistema cloud", mentre ha abbandonato il paradigma "videogioco come esperienza narrativa".

Ma come la penso da consumatore e da persona? Diciamo che le mie esperienze concrete non riescono a farmi essere imparziale nei concetti...perché di base sono il drogato che odia la sua droga ma non riesce a farne a meno. Faccio comunque un tentativo. 

 

Invasività. A oggi il paradigma Gaas è quello vincente e sta spopolando tra tutte le case videoludiche. Il problema di ciò è che da una parte ha marginalizzato alcuni giochi-prodotto rendendoli meno pubblicizzati rispetto alle loro controparti e dall'altra ha diffuso il suo modello in altri giochi-prodotto che prima ne erano privi. Esempio personale: di tutti i Final Fantasy che conosco, a parte l'11 e il 14 che sono Gaas modello pay-to-play online, il 15 è l'unico che ha ricevuto supporto successivamente al suo rilascio, ma non per estendere la sua esperienza, bensì per completarla: mi sembra una cosa come 4 DLC e una versione Royale per completare un gioco monco che al rilascio è costato circa 70 euro, i soldi proprio. Un caso limite perché c'erano pressioni dopo anni di sviluppo, ma giusto per capire dove possono arrivare le tipologie di supporto a pagamento.

 

Tempo. un gioco Gaas richiede la quantità di una risorsa tale che non tutti possono tollerare perché prima o poi la finiscono: il tempo.  Un giocatore che usa il suo tempo per un videogioco longevo non sarà capace di spenderlo per altre esperienze videoludiche, perché di base ha deciso di consumare la sua risorsa lì, e di fatto i giochi Gaas competono fra loro per rubare il tempo di una persona senza dividerlo con gli altri. Per di più, questi giochi possono ulteriormente attingere a questa risorsa tramite il grind. Tanti Gaas, specialmente free-to-play, pongono la persona di fronte al bivio: Spendere tempo a grindare o usare i propri soldi per ridurre il tempo di grind? Non sottovalutate questo bivio, perché il tempo altro non è che la misura della nostra vita, quindi il bivio ti fa scegliere tra una porzione di soldi e una porzione di vita. Per approfondire la questione, vi consiglio di leggere il libro "Momo" di Michael Ende, è interessante sulla questione del tempo.

 

Psicologia (solo per alcuni giochi). Mentre alcuni giochi Gaas puntano sulla questione del tempo e dell'impazienza, altri puntano sulla questione psicologica. Tra i tanti casi, propongo il banale esempio delle lootbox, ovvero le "scatole misteriose" che hanno una percentuale per ricevere prodotti utili oppure immondizia tramite la stessa quantità di denaro. Inutile dire quanto ciò sviluppi la dipendenza da gioco d'azzardo, c'è il Belgio che ha oltrepassato i confini  di un governo e di uno Stato per vietare i giochi con lootbox tra la popolazione.

Se si spingono oltre, alcuni giochi riescono a instillare la dipendenza vera e propria, ti possono trattare come una nullità perché non spendi soldi (secondo l'equazione tu spendi = tu vali,) e tu continui comunque giocare perché...ne sei dipendente. Io sono sincera, soffro di questo problema perché non riesco ad allontanarmi dai miei attuali giochi perché...mi piacciono...non mi piacciono ma ne sono dipendente.

 

Comunità. Qui entriamo nel mio bias perché tendenzialmente preferisco giocare in singolo. Comunque, vedendo un po' i vari fandom, mi rendo conto che la qualità di una comunità dipende dalla qualità di un Gaas: se il gioco tratta i consumatori in maniera più amichevole e ricca di esperienze videoludiche troverò una community più serena e soddisfatta (Dffoo è un gioco single player abbastanza user friendly per essere un gatcha, e la sua comunità è abbastanza tranquilla), ma se un gioco tratta i consumatori come pezze da spremere la comunità diventa variamente tossica (la community di Aion è qualcosa di indescrivibile).

Se a un gioco tossico aggiungi poi la forma pvp...è finita.

Il pvp è quella cosa per cui vedi con gli occhi quanto è forte la disparità economico-sociale tra le persone anche virtualmente, specialmente in un Gaas che offre servizi per renderti più forte nel competitivo. Il pvp, se non è bilanciato veramente bene, porta a roderti il cervello, e se siete in questa situazione scappate perché vi ritroverete in una situazione in cui per vincere gli altri dovrai pagare sempre di più, rendendo la casa produttrice di fatto l'unica vincitrice terza in una guerra tra consumatori. 

 

Reperibilità. Cosa succede quando il supporto di gioco finisce?

Esistono due tipi di Gaas: quelli con copia fisica e quella senza.

Nel primo caso, terrai comunque una copia con la base originale più gli aggiornamenti rilasciati, e se vuoi rigiocarci ne possiedi la possibilità (esempio, Soul Sacrifice per PS Vita che ha avuto per un po' aggiornamenti gratuiti e la versione Delta digitale, poi è finito nel dimenticatoio ma è rimasto con i suoi DLC. Ho ancora la cartuccia fisica e la versione digitale è rimasta ancora nel mio store in forma offline).

Nel secondo caso, ti puoi scaricare la versione offline e ti rimane.

Ma che rimane quando con il supporto chiude anche il server? Da quando è finito il supporto di Kingdom Hearts Ux non è più disponibile la versione online, mentre la versione offline contiene solo i video della trama  generale. E le medaglie? E i soldi? Ah boh, non ne ho idea. 

In questi giochi è fondamentale ricordare questo: anche se nulla si distrugge, comunque tutto finisce. World of Warcraft è nato nel 2004 e ancora prospera dopo circa 17 anni, ma secondo voi quanto durerà? altri 5 anni? 10? 100? Quando ogni server chiuderà e il paradigma di gioco si sposterà su un altro modello, se l'esperienza magari è piaciuta, come ci rigiochi?

Io ancora ho il vecchissimo Kingdom Hearts del 2002 e me lo godo come fosse un vecchio libro cui ho lasciato un pezzetto di ricordi, ma del gioco per cellulare non mi è rimasto nulla da poter rigiocare. I giochi fisici sono sempre lì finché campano loro e la console, ma i giochi digitali online una volta morti non ritornano.

 

In summa

Spoiler

Io ritengo che i lati positivi dei Games as a Service siano in mano ai produttori, mentre i lati negativi siano più la prerogativa dei consumatori. Ci sono modelli sostenibili per i giocatori che offrono divertimento continuo tramite un supporto espanso, vario, corposo (vedasi the Witcher che con molte espansioni pur a pagamento è ancora molto amato), ma altri erodono le persone, le manipolano psicologicamente, arrivano a convincere i bambini a usare le carte di credito dei genitori per comprarsi le figurine calciatori di FIFA (scrivendo "bambino fifa" su Google trovate una notizia alla terza voce).

 

Dunque, Se un giocatore vuole destreggiarsi tra l'universo dei Gaas:

 

-deve considerare se il tempo e il denaro valgono in un Gaas con copia fisica e in un Gaas unicamente digitale.

 

-deve fare la domanda "è bello questo gioco?" alla comunità di riferimento. Se i commentatori sono gentili e cordiali è un buon Gaas, se sono depressi, arrabbiati o aspri come il limone, tre parole: SCA-PPATE.

 

-se è caduto nella trappola di un free-to-play pay-to-win magari pvp, o ci si allontana e si salva la testa o rimane come un babbo sapendo che può fare solo il cittadino di basso valore (il mio caso con Aion, questo mmorpg è talmente pay-to-win che non posso nemmeno giocarci seriamente, per non parlare della quantità di lootbox che mi fanno impazzire. Ci gioco comunque perché sono affezionata al mio personaggio e si può volare...

Consiglio spassionato, se restate non date soldi perché vi legate ancora di più a questi giochi tossici, non fatevi prendere la mano perché vi manipoleranno psicologicamente.

 

 

-non deve sottovalutare la questione dicendo "tanto è solo un gioco": il gioco è gioco, ma la persona e il suo tempo no. Io non posso parlare perché faccio parte del sistema, ma siate consapevoli dei vostri Hobby e dei vostri giochi. L'intrattenimento non è mai fine a se stesso,  ma è lo specchio di un intera società, e un intrattenimento che si basa sulla disparità economico sociale e sulla lotta fra giocatori è uno specchio serissimo. A questo punto meglio  i Gaas single player tranquilli, oppure cercate di giocare con gli amici e una buona compagnia per un'esperienza molto più leggera.

 

 

 

 

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Spoiler

Ho letto spesso di utenti che maledicono i GaaS e di altri che invece ne fanno le lodi, e credo che tutto dipenda da come viene percepito il prodotto e dalla qualità del videogioco stesso. 

 

Uno dei principali motivi di astio nei confronti di questi modelli di business è la contrarietà ai poderosi introiti per le case produttrici, che genera sempre sentimenti negativi nel pubblico nonché il timore che i GaaS possano significare la morte dei videogiochi in sé.

Mah. Non la vedo proprio così. I GaaS non sono altro che titoli non conclusi al momento della pubblicazione ma che avranno un’evoluzione nel corso dei mesi e dopo il lancio sul mercato. Ed è chiaro che più pretendi, più devi dare.
“E io paaaago!”. Sì, paghi, ma cosa ottieni in cambio? Nella maggior parte dei casi, esattamente ciò che un servizio può offrire: supporto più dettagliato e garantito a lungo, giochi più duraturi e che migliorano l’esperienza del player e la possibilità di entrare in community ben sviluppate atte a migliorar la qualità del gioco anche sotto il punto di vista sociale.

 

Con i GaaS non cambia cosa si gioca, ma come. E tutto questo è dovuto alle infrastrutture di rete sempre più affidabili e potenti, assieme a sistemi di gioco pensati per sfruttarle, che ci hanno trascinato direttamente in un'epoca di giochi che sappiamo quando iniziano, ma non quando finiscono. Attraverso un servizio è possibile mantenere un rapporto continuato fornendo giochi che crescono e si espandono giorno dopo giorno.

C’è anche da dire che col trascorrere del tempo il titolo acquisito al Day One verrà migliorato e ampliato accrescendone il valore finale. Mi spiego meglio: per il videogiocatore l'acquisto diventa un vero e proprio investimento, soprattutto dal punto di vista monetario. Una singola spesa va inoltre a tradursi in moltissime ore di gioco.

 

D’altro canto, è vero che alcuni GaaS nascono come free-to-play, ma molti giocatori sono comunque limitati perché, senza l’acquisto in-game di particolari abilità, di mappe, di missioni, di personaggi o di strumenti specifici, faticherebbero con l’avanzamento del gioco, tanto da indurli a non proseguirlo affatto. Questo purtroppo crea una disuguaglianza fra gamers: chi rimane indietro perché privo di power-up e chi riesce ad avanzare velocemente grazie alle micro-transazioni online. Il tutto mi porta a parlare di una offerta diversificata, perché c’è anche il rischio, in fase di acquisto, di ritrovarsi con un gioco non completo. In questo caso, rendere disponibile in futuro una eventuale espansione sarebbe un acquisto necessario, quasi di vitale importanza per proseguire l’esperienza videoludica, e non più accompagnatorio.

 

Diciamo che i GaaS tendono ad allungare la “vita” di un gioco, ma non credo possano renderlo immortale. Il mercato videoludico continuerà ad aver bisogno di nuovi stimoli, che si concretizzano in espansioni e contenuti aggiuntivi ma soprattutto in prodotti innovativi e autonomi. Il rischio di tutto ciò è la stagnazione del mercato, che finirebbe per concentrarsi su titoli specifici, perdendo la capacità di attirare nuovi consumatori. Cosa inevitabile sarebbe dunque la tendenza di un player a focalizzarsi solo ed esclusivamente su un titolo, rimanendo chiuso in una bolla e specializzandosi solo ed esclusivamente su di esso, riducendone le esperienze ed abilità.

 

Io penso che non esista un giusto o sbagliato, non c’è un “pro” che sovrasti un “contro” o viceversa. Sono dell’idea che più opzioni di gioco non siano mai una cosa negativa, dipende solo da come vengono sfruttate.

 

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In un panorama industriale che spinge sempre di più verso la servitization, era chiaro che anche l'industria videoludica sarebbe prima o poi giunta ad elaborare ed applicare un modello di business che fa del supporto post-lancio e dei servizi il proprio punto di forza.
I GaaS comprendono un'ampia gamma di videogiochi e categorie di servizi con caratteristiche così diverse fra loro che farne un'analisi globale degli aspetti positivi e negativi è impossibile senza fare le dovute distinzioni.
Infatti, se da una parte abbiamo i giochi free to play che rappresentano i figli più famosi di questa tendenza del mercato e che promuovono una certa esperienza di gaming completamente diversa dal classico videogioco, dall'altra parte nella categoria dei GaaS è possibile includere tutti i videogiochi dalla struttura tradizionale che ricevono espansioni durante il proprio ciclo vitale e abbonamenti periodici. Tutte queste categorie vanno trattate in maniera diversa poiché diverso è il loro impatto sul consumatore.
Partiamo dal presupposto che non esiste un modello universalmente giusto o valido. Nell'industria videoludica, come in qualsiasi altro settore industriale, l'obiettivo finale è quello di ottenere profitti sempre maggiori, per cui un giudizio negativo di un singolo individuo non ha alcun valore di fronte al successo commerciale di una certa tipologia di prodotto. Ed è con questo presupposto che vado ad analizzare la categoria dei giochi free to play/free to start, ossia giochi per definizione gratuiti e che puntano a fidelizzare il proprio cliente spingendolo a giocare il più possibile al proprio gioco per massimizzare le proprie capacità, che forniscono numerosi aggiornamenti nel tempo ed una serie di contenuti aggiuntivi a pagamento che vanno dalle sole modifiche estetiche degli elementi gioco, non intaccando quindi minimamente il gameplay complessivo, all'acquisto di strumenti che semplificano ed accelerano il processo di livellamento (caratteristica dei pay to win), creando invece un solco tra i giocatori che decidono di usufruire di questi elementi e quelli che invece scelgono di giocare in maniera totalmente free ad un certo titolo.
Sicuramente uno dei pro di questa tipologia di videogioco è l'accessibilità. Mettere a disposizione un certo videogioco gratis e su molte piattaforme attira sicuramente un pubblico maggiore a causa del fatto che, banalmente, non si spende nulla per provare quel videogioco. Altro aspetto importante è ovviamente quello economico, basta fare una breve ricerca sul web per comprendere le enormi quantità di denaro che muovono questi prodotti grazie al sistema delle microtransazioni. Che sia per una skin particolare del proprio personaggio preferito o che sia per ottenere un determinato personaggio da un sistema gacha, il giocatore si sente quasi giustificato a spendere dei soldi reali per soddisfare il suo desiderio a causa del fatto che non ha pagato nulla per giocare. Moltiplicando questa cosa per il numero di giocatori attivi e ripetendo questo pensiero più volte all'interno del ciclo vitale del gioco in questione, si capisce come le possibilità di guadagno per l'azienda che gestisce la piattaforma dipendono molto dalla sua capacità nel generare nell'utente il desiderio di ottenere una certa cosa nel gioco. Per cui alla fine non è raro arrivare alla situazione in cui un giocatore arriva a spendere per un gioco free to start più soldi di quanti ne spenderebbe per un prodotto finito, ingannato sia dall'accesso gratuito al gioco, sia dal fatto che la singola microtransazione non pesa in genere troppo sul suo portafoglio, ma eseguita più volte nel tempo alla fine può risultare in una spesa di una certa consistenza.
Questo aspetto andrebbe inserito tra i positivi per l’industria videoludica perché ovviamente il successo di un videogioco è caratterizzato anche dal profitto che genera per l'azienda che lo ha sviluppato, ma credo si capisca anche dal modo in cui l'ho descritto che non è particolarmente apprezzato dal sottoscritto perché crea dipendenza nel videogiocatore e quindi non la reputo un'esperienza videoludica sana.
Andando inoltre ad analizzare quelli che per me sono gli altri aspetti negativi di questo modello di videogioco, spesso la curva del livello di alcuni dei videogiochi free to play, cresce in maniera esponenziale con una pendenza elevatissima tale da costringere il giocatore o a grindare moltissimo, giocando quasi esclusivamente a quel videogioco al fine di massimizzare il proprio livello nel minor tempo possibile, oppure a spendere altri soldi acquistando elementi che velocizzano il processo di livellamento, contribuendo ad aumentare il profitto della casa madre. Entrambe sono situazioni che a mio parere creano una dipendenza non sana dalla quale il giocatore può uscire solo allontanandosi dal gioco, cosa che è successa anche a me con diversi titoli.
Altro aspetto negativo, secondo me, è paradossalmente il supporto post-lancio del gioco. Nonostante questo sia l'aspetto caratterizzante questa tipologia dei videogiochi e che li mantiene in vita, io lo considero un aspetto negativo perché contribuisce a creare quel senso di dipendenza di cui sopra nel giocatore. Spesso questi giochi ricevono aggiornamenti con alta frequenza ed con tantissimi contenuti da trasformare completamente il gioco nel giro di pochi mesi. Per cui un giocatore che gioca saltuariamente o che abbandona per un certo periodo di tempo un gioco è come se venisse "punito" da questo modello poiché una volta ripreso a giocare si troverà di fronte un titolo con menu e meccaniche completamente diverse da quelle che ricordava e spesso con una serie enorme di tutorial in game da seguire per aggiornarsi. Difficoltà che ovviamente un giocatore fedele ed accanito non incontrerà poiché ha potuto appunto metabolizzarle nel tempo. Ed anche in questo caso parlo per esperienza personale, visto che non di rado mi è capitato di riscaricare un gioco dopo tempo e di rimuoverlo quasi subito perché ormai non ci capivo più nulla.
Infine ultimo aspetto che annovererei tra i negativi è la qualità del videogioco al lancio. Il costo nullo e la promessa di corposi aggiornamenti spesso portano le aziende a lanciare sul mercato giochi non pronti dal punto di vista tecnico, pieni di bug e scarni per quanto riguarda i contenuti. Parlando di questo la mia mente pensa automaticamente al lancio disastroso di eFootball 2022. Per questo problema ovviamente la soluzione è il supporto post-lancio da me prima criticato, ma spesso si rischia di confondere l'aggiunta di un contenuto extra come atto di amore verso i fan, piuttosto che come un lavoro che andava svolto in precedenza e ritardato appositamente per diluire i contenuti offerti nel tempo.
Questo è un aspetto che a dire il vero non riguarda tutti ed esclusivamente i giochi free to play , ma che rappresenta una piaga dell'industria videoludica degli ultimi anni che cerca di realizzare il maggior numero di giochi nel più breve tempo possibile.

Ora passo ad analizzare quelli che sono i servizi forniti a giochi che vengono venduti come prodotto già finito e il sistema di abbonamenti ad essi legati.
Questo tipo di servizi si pongono come un extra per il giocatore, il quale può godere di un'esperienza completa con il gioco base, l'utente ha la completa libertà di scegliere se arricchire la propria esperienza con contenuti aggiuntivi che arricchiscono la sua partita oppure accontentarsi del prodotto base, che mantiene comunque una propria dignità. Faccio riferimento sia ai DLC che ai pass stagionali (cosa che in realtà caratterizza molto anche i giochi free).
I pass stagionali, così come in generale qualsiasi tipo di sottoscrizione periodica per un videogioco rappresentano una spesa sicuramente più onerosa rispetto alle microtransazioni e in alcuni casi indispensabile anche per giocare. Ma in questo ultimo caso la spesa è giustificata dal fatto che il costo sostenuto è finalizzato al supportare l'azienda produttrice nel miglioramento dei propri prodotti e servizi, nonché nella gestione delle spese legate al mantenimento di server e infrastrutture. Per cui non vedo dei veri e propri vantaggi e svantaggi, si tratta di una sorta di rapporto contrattuale che si instaura tra giocatore e sviluppatori dal quale entrambi ottengono qualcosa.
Infine un piccolo pensiero sugli abbonamenti a servizi che offrono al giocatore un catalogo di giochi a cui giocare illimitatamente durante il periodo di validità della sottoscrizione. Mi riferisco a servizi come Xbox Game Pass o qualsiasi servizio di Cloud Gaming, per alcuni catalogabili nella grande famiglia dei GaaS, mentre per altri ne rappresentano il nemico principale. Questa categoria di servizi è ampiamente gradita dal mio punto di vista, poiché di fronte ad un costo nettamente inferiore a quello di un singolo gioco è possibile provare una quantità enorme di titoli. Questo sia consente di ridurre il rischio di acquistare a prezzo pieno un titolo di cui non si è pienamente convinti e dei quali ci si potrebbe poi pentire, ma contribuisce anche alla diffusione della cultura videoludica in generale, mettendo a disposizione dell'utente giochi di qualità e in alcuni casi anche dalla bassa reperibilità.
Ovviamente lo svantaggio di questi servizi è sicuramente la necessità di avere a disposizione una connessione internet potente o per scaricare un titolo oppure per giocarci in caso di Cloud Gaming e viene meno l'aspetto romantico del possedere un videogioco, cosa in realtà già minata dalla diffusione dei giochi in formato digitale.
Ma sono compromessi a cui io sono disposto a scendere di fronte ad un servizio che mi fornisce molti vantaggi, che non mi impedisce di acquistare a parte un titolo che apprezzo particolarmente e che posso interrompere in qualunque momento. Queste sono, a mio parere, le tipologie di servizi che non fanno altro che bene all'utenza.
In conclusione il mio pensiero sui GaaS è principalmente negativo. È giusto pensare al profitto, ma ottenerlo sfruttando le debolezze dei giocatori o attraverso pratiche sleali, come fornire un gioco incompleto per venderne successivamente i contenuti aggiuntivi, è assolutamente una cosa che mi provoca notevole sfiducia. Ovviamente la scelta di abbandonarsi alla dipendenza resta sempre al giocatore finale che è alla fine l'unico vero responsabile del successo del sistema dei videogiochi con microtransazioni. E sono consapevole del fatto che molti grossi contenuti per alcuni titoli, come mappe e missioni, sono stati anche aggiunti gratuitamente. Ma sicuramente trovo preferibile un gioco che viene sviluppato in più tempo, che mi fornisce già tutto e che non mi costringe ad aspettare aggiornamenti confondendo la longevità con il grinding asfissiante.
Sicuramente la tendenza globale è quello di puntare sui servizi piuttosto che fornire un bene fisico al consumatore, quindi immagino che i GaaS rappresentino il futuro nel mondo dei videogiochi, visto soprattutto l'enorme successo economico.
Il mio auspicio è però quello che si diffondano più servizi simili al Game Pass e che offrano un vantaggio tangibile all'utente, piuttosto che l'illusione di essere bravo in un videogioco utilizzando dei “cheats” legali.

 

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IL TRIO POLITICO!

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"The important thing is not how long you live. It's what you accomplish with your life. When I live, I want to shine. I want to prove that I exist. If I could do something really important, that would definitely carry on into the future. And so, if I were to disappear, I think that all I have accomplished will go on. That is, that would mean that it’s living, right?"                                  

                             -Grovyle, Pokemon Mystery Dungeon Explorers of Sky

 

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:Stelline:Bambola Vincitore Programma Fedeltà 2021 :Stelline:

 

 

 

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Riolu su un kart by @evilespeon

 

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Targhetta vincitore GDR TD Regions, piccola flexatina per la prima cosa buona che ho fatto su PM

 

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By @Vale

 

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Grandi Tassi!

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By @Chube

 

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Sede e membri del Project X by @Taka (Io sono il Riolu sulla panchina)

 

 

 

 

Immagine del profilo by @AdvosArt su X

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Aaah, finalmente posso parlare di un argomento che mi tocca personalmente: i GaaS!

 

Prima di parlare specificamente del tema, voglio fare una piccola premessa: sono da sempre un videogiocatore, fin dai tempi del GameBoy Advance da una parte e della PS1 dall'altra, quindi ho potuto toccare con mano moltissimi titoli e, sopratutto, ho potuto vedere personalmente l'evoluzione del mondo del gaming.

 

Come ben tutti sappiamo, il mondo dei videogiochi si è espando ed evoluto sempre più negli anni. Se agli inizi si poteva solo e semplicemente giocare ad un gioco fatto e finito, nel tempo abbiamo visto sempre più implementazioni e strategie di mercato. Dalla produzione di CD demo per provare videogiochi in anteprima fino alla nascita dei DLC e dei Season Pass, stare dietro a questo fantastico mondo è diventato sempre più costoso e difficile. Se prima eravamo abituati a comprare un gioco, anche a cifre non proprio basse, ed eravamo tranquilli e sicuri di poter giocare e finire un gioco completo, ora rischia di non essere più così.

Grazie all'introduzione di DLC e Season Pass, ovvero dei contenuti aggiuntivi a pagamento, molte software house hanno cominciato a prendere una brutta piega, ovvero quella del taglio di parti di gioco, o in alcuni casi addirittura del gioco completo, per poter guadagnare soldi extra dalla vendita di questi contenuti.

Un esempio molto vicino al mondo dei mostriciattoli tascabili lo possiamo vedere proprio con Pokémon Spada e Scudo. Alcune features che da sempre sono state presenti nei giochi principali, come la GTS, ora sono state tagliate dal gioco per essere inseriti nell'abbonamento di Pokémon Home, un'applicazione a parte gratuita ma con abbonamenti da pagare. E non ci si stupisce se la gente ne è rimasta indignata, soprattutto di fronte ad un abbonamento da 15€ annui!

 

Abbiamo visto quindi, con un esempio molto semplice, a cosa mi riferivo con "taglio di contenuti dal gioco principale". Ora passiamo ad un altro esempio, che mi tocca molto da vicino, e che si ricollega anche con il prossimo tema, quello del sostegno al gioco in modo continuativo anche dopo il lancio. L'esempio con cui voglio aiutarvi a capire è Dragon Ball Xenoverse 2.

Come probabilmente saprete già, sono un grande fan di Dragon Ball e reputo la saga di Xenoverse una delle rappresentazioni videoludiche migliori per quanto riguarda Dragon Ball. Come avrete sicuramente intuito dal 2, si è arrivati al secondo gioco della saga che è uscito (quasi) globalmente ad Ottobre 2016, ben 5 anni fa. Io sono stato, e sono tutt'ora, un assiduo ed attivo player del gioco. E voi vi chiederete "ma come? Assiduo ed attivo dopo 5 anni?" ed a me piacerebbe rispondere con un "si, perché il gioco è davvero ben fatto e c'è sempre qualcosa da fare", ma purtroppo è che non è così. La verità è che, dopo 5 anni, il gioco viene ancora oggi aggiornato. Gratuitamente? Ovvio che no, tramite DLC. Ed a quanti DLC si è arrivati? Ebbene, siamo al tredicesimo, ripeto, TREDICESIMO, DLC. DLC che aggiungono tra l'altro personaggi importanti e pezzi di storia aggiuntive, quindi sono anche importanti e difficili da skippare.

Ora, io non sono contro i DLC, anzi, sono sempre stato a favore di essi. Ma continuare svilupparne in continuazione, sapendo che tanto noi appassionati li compreremmo in qualsiasi caso, non è giusto. Non è giusto perché spendere 200 e passa euro per un gioco del 2016, per personaggi, trasformazioni o pezzi di storia CHE SAREBBERO DOVUTI ESSERE GIA' NEL GIOCO NORMALE, non è giusto. Contenuti che potevano/possono benissimo essere tenuti per un eventuale nuovo gioco. Alla fine i giocatori ci sono, l'interesse anche, altrimenti non saremmo arrivati al quinto anno di contenuti aggiuntivi ed al tredicesimo DLC. 
E so che queste cose succedono anche ad altri giochi di altre saghe. Quindi sono vicino a tutte le community ed a tutti i videogiocatori colpiti da questo brutto fenomeno.

 

Ma non è tutto così terribile. Come dicevo prima, io sono super favorevole ai DLC, se questi sono fatti bene e meritano. Un esempio, sempre a tema Dragon Ball, è il DLC dedicato alla storia di Trunks in Dragon Ball Z: Kakarot. Un DLC che mi ha sorpreso, che mi ha preso e di cui posso dire fiero di averci speso dei soldi.

Ma non tutti si occupano solo di DLC. Ci sono anche software house che, siano sempre benedette, continuano ad aggiornare e sostenere i propri giochi tramite aggiornamenti post lancio gratuiti. Gli esempi più comuni sono ovviamente i giochi per smartphone, tra cui troviamo ovviamente Pokémon Masters e Pokémon Unite. Ma ci sono anche giochi per console e PC a continuare ad essere aggiornati gratuitamente. Lo ha fatto e continua a farlo (anche se con tempi molto più lunghi rispetto a prima) Among Us, lo fanno videogiochi come Genshin Impact, come LoL, e potrei continuare a lungo. E questo, ovviamente, è una cosa super positiva. Sarebbe bello se in futuro questa politica fosse quella principale.


Per concludere e per rispondere alla domanda posta: si, sono favorevole ai vari DLC, Season Pass e quant'altro sia a pagamento o meno, a patto che essi siano sostanziosi, fatti bene e vadano a fare quello per cui sono nati originariamente: ampliare l'esperienza di gioco base, non far pagare per contenuti che sarebbero dovuti essere presenti fin da subito e poi stati rimossi per guadagnare qualche soldo extra.

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Nel mulino che vorrei, tante doll e la mia Kay:

 

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Ace Attorney: Apollo Justice:  apollo_justice__pokemon_black_white_sprite__by_vendily_da9jqdw-fullview.png.9890a1f979063c1902374c5789a16a6d.pngtrucy_wright__pokemon_black_white_sprite__by_vendily_da9janc-fullview.png.21ac91d3f4f315e2c08c1a370054b838.png1230856823_ema_skye__pokemon_black_white_sprite__by_vendily_da9jl5k-fullview-Copia.png.22b7d45904ba857431d163c71d21de33.png2104585928_da9jb7n-59040c86-980d-414b-a06a-edc390421c6c-Copia(3).png.f439dc48bbed1b284e721e6f71e8cc41.png1667909379_trucy_wright__pokemon_black_white_sprite__by_vendily_da9janc-fullview-Copia.png.5eb0603d930dcd1a44d4c216d9d8dd60.png

Ace Attorney: Dual Destinies: 2012758395_da9jb7n-59040c86-980d-414b-a06a-edc390421c6c-Copia.png.93694c96958d1290847158e788dd0b2b.png53211587_apollo_justice__pokemon_black_white_sprite__by_vendily_da9jqdw-fullview-Copia.png.ad80c28d85e0cc231bbb363ff95c4465.pngathena_cykes__pokemon_black_white_sprite__by_vendily_daa5x54-fullview.png.9a2a1df761a00fc0914a8b42e185fcc9.png

 

A TUTTO REALITY DOLL:

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ULTRACREATURE:

TqR8wQl.png Nihiletta (Nihilego + Meloetta) (Made by @Porygatto)

IdJ0URo.gif.1b81e82d84718980859fbeb018d2d5e3.gif Nihilego animato (Made by @Porygatto)

 

ztLfcc7.png Another meravigliosus Nihilego by @Porygatto

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Salvo alcuni lavori prodotti per diletto di diversi sviluppatori indipendenti o nati durante gli albori di questa forma di intrattenimento, i videogiochi sono sempre stati un servizio offerto dalle case di sviluppo ai suoi clienti. Nella seconda metà degli anni ’70 spopolavano le sale giochi che andavano a gettoni e nelle case iniziavano a diffondersi le prime console che contenevano Pong o l’Atari 2600, la prima console di successo che andava a cartucce. In genere quando si parla di “Games as a Service” (GaaS ovvero giochi come servizio) non si intende questo ma ci si riferisce a giochi che prevedono degli acquisti al loro interno per poter accedere a contenuti esclusivi o in alternativa, un abbonamento mensile che ti permette di usufruire il prodotto.

 

All’inizio tutto questo era accessibile grazie a una connessione a Internet e anche adesso questo è il mezzo preferito dalla maggior parte delle case di sviluppo per distribuire contenuti aggiuntivi. Per tale ragione i videogiochi che uscivano solo su PC furono i primi a vedere i primi spiragli di ciò che ora intendiamo come GaaS. Verso la fine degli anni ’80 la Apogee Software (conosciuta anche con 3D Realms) ha dato vita a un sistema di distribuzione dei suoi prodotti basato sulla licenza software shareware. Per farla breve i suoi giochi erano suddivisi in episodi; il primo di questi era gratuito mentre quelli successivi venivano messi a disposizione a pagamento. Questo modello commerciale ebbe molto successo all’epoca e venne adottato da alcune case di sviluppo note ancora oggi come Epic Games.

 

Attorno agli anni 2000 iniziò a diffondersi il concetto di DLC, contenuti aggiuntivi che influivano sull’esperienza di gioco a seconda del tipo di extra che venivano offerti. In un periodo questi potevano essere acquistati fisicamente in un negozio di videogiochi e in genere venivano venduti come una versione più pregiata di un gioco che era uscito qualche mese fa con poche differenze (in genere si trattava dell’aggiunta di qualche modalità extra o l’aggiustamento di qualche bug). Alcune serie prevedevano delle espansioni acquistabili in maniera fisica, in alternativa a quella digitale, che inserivano alcuni contenuti bonus al gioco principale, un esempio noto è la serie di The Sims. Tutt’ora la maggior parte del DLC si ottengono tramite una connessione a Internet e il prezzo e la tipologia di contenuti offerti è estremamente variabile: in alcuni casi sono gratuiti e prevedono delle skin che influenzano solo l’estetica di alcuni elementi di gioco, in altri invece sono a pagamento e mettono a disposizione dei pezzi di trama necessari per capire appieno la storia del gioco. A causa della loro variabilità i DLC sono ancora oggetto di numerose discussioni sull’uso che ne viene fatto da parte delle case di sviluppo e su quali parametri si può considerare accettabile o meno questo modello commerciale.

 

Non sono pochi coloro che hanno sfruttato i GaaS per trarre il maggior guadagno possibile. Nell’ultimo decennio Electronic Arts (EA) è diventato nella mentalità di diversi videogiocatori la personificazione di tutte le pratiche più controverse del mondo videoludico. Limitandoci a parlare di questo argomento, EA ha reso popolare il concetto di Loot Boxes, delle casse virtuali che contengono degli oggetti presenti nel gioco acquistabili in cambio di denaro. Siccome queste contengono degli strumenti estremamente rari o potenti, il giocatore è incentivato ad acquistarne il più possibile fino all’ottenimento dell’oggetto desiderato (o di averli tutti nei casi limite). La vicinanza di questa pratica al gioco d’azzardo ha portato diverse nazioni a prendere in considerazione l’idea di vietare o regolamentare la loro. Anche nell’ambiente generalmente più caciarone di Internet non si sono sprecati i meme; mi vengono in mente le compilation pubblicate durante l’uscita di Star Wars Battlefront II che prendevano in giro il fatto che per ottenere dei personaggi senza l’ausilio delle Loot Boxes si doveva spendere alcune migliaia di ore dietro al gioco quando esistevano dei giochi in Flash che offrivano a chi li giocava un’esperienza di gioco più completa rispettando il loro tempo e gratuitamente per giunta.

 

Alla fine dipende tutto dalle intenzioni delle case di sviluppo che mettono a disposizione ai loro clienti degli acquisti per ottenere dei contenuti esclusivi. Personalmente mi auguro che si trovi un equilibrio salutare fra il guadagno delle software house e la qualità degli extra offerti agli utenti ma visto l’andazzo preferisco tenere basse le aspettative. Molto probabilmente chi rispettava i videogiocatori continuerà a farlo e lo stesso varrà per chi non lo faceva, salvo scandali che si trovano sempre dietro l’angolo all’interno dell’industria videoludica.

 

 

 

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L’industria dei videogiochi, fin dalla sua nascita, ha visto l’incrementarsi di milioni di fan in tutto il mondo, desiderosi di vivere delle esperienze uniche in dei semplici software per console.

Tutto ciò che bisognava fare era comprare il disco o la cartuccia su cui girava il gioco, per poi goderselo liberamente nel tempo libero.

Ognuno aveva il suo stile di gioco: c’era chi lo spolpava fino in fondo, chi si limitava a completare la storia principale e chi lo abbandonava subito.

Una volta pagato, il gioco era lì e nessuno te lo poteva toccare: eri tu a decidere quando e come utilizzarlo.

Oggi invece stanno prendendo sempre più piede i cosiddetti “games as a service”, ossia quei titoli in cui sei costretto a pagare regolarmente per avere sempre a disposizione gli ultimi aggiornamenti, oppure contenuti esclusivi che possono darti un enorme vantaggio.

Tutto ciò ha aperto un grande dibattito fra il pubblico, dividendolo in due fazioni: chi lo vedeva come un’innovazione e chi come una subdola mossa di marketing.

Proviamo ad analizzarne i pro e i contro, a seconda del tipo di offerta.

 

L’esempio più evidente di tale servizio è dato dalle microtransazioni nei giochi free to play.

Si tratta di titoli che possono essere giocati in maniera totalmente gratuita, ma in cui è presente un incessante sistema di farming per livellare e potenziarsi.

La strategia dietro di essi consiste nel catturare l’interesse del player facendogli provare una serie di livelli base e regalandogli diversi accessori che gli permettono di avanzare nella storia, fino a che non raggiunge un punto di stallo, in cui dovrà obbligatoriamente passare le ore per accumulare monete virtuali oppure acquistarle con soldi reali.

L’utente ingenuo, vedendo il basso costo di queste valute, inizia a metter mano al portafoglio, nella speranza di ottenere il massimo risultato con il minimo sforzo. Peccato però che col passare del tempo vengano introdotti nuovi personaggi ed equipaggiamenti di qualità più alta di quelli già acquistati, per cui si è spinti a shoppare di nuovo per rimettersi in paro con gli altri.

Questo processo si ripete a lungo, azionando un meccanismo di shopping frenetico e compulsivo e facendo il vero gioco delle aziende dietro a queste app prosciuga soldi.

Il tutto si può paragonare ad un gioco d’azzardo, dove non si è mai sazi e si continua a tentare la sorte fino all’esasperazione.

A tal proposito, molti free to start possiedono delle vere e proprie slot machine con le quali si possono ottenere degli oggetti rarissimi. Per azionarle si utilizzano dei soldi ottenibili sia in numero limitato completando delle apposite missioni, ma anche acquistabili in grandi quantità a pagamento.

Pokemon Masters ne è un esempio: per ottenere delle squadre con un alto potenziale bisogna fare delle Ricerche Unità, ossia girare la ruota e sperare che la fortuna ti regali un valido alleato.

In primo piano vengono ovviamente esposti gli allenatori 5 stelle, mentre in realtà essi hanno una bassa probabilità di uscita.

Si è quindi tentati di fare prove su prove pur di ottenere un pokémon fortissimo, andando quasi sempre a rimediare delle mediocrità. Il tutto diventa un’ossessione e si finisce per impazzire, prosciugando tutti i propri risparmi ( virtuali e non).

Credo quindi che questo sistema sia nocivo e pericoloso, in quanto in molti perdono il buon senso e rischiano seriamente di rovinarsi dietro a queste app diaboliche, che da free to play diventano a tutti gli effetti dei pay to win.

Oltretutto le meccaniche non sono mai completamente trasparenti; ci sono mille schermate con tanti negozi diversi e delle spiegazioni messe in un angoletto: una mossa a mio avviso sleale.

Preferirei guadagnarmi i punti necessari per i potenziamenti attraverso lotte giornaliere o avanzamenti nella storia, mentre così si va a perdere anche il senso di crescita dei videogame: per ottenere i risultati migliori non serve più faticare ed impegnarsi, bensì basta spendere di più.

C’è però da dire che nessuno ti obbliga realmente a fare certi acquisti e che ti vengono comunque offerti contenuti gratuiti: sta a te se decidere in che modo affrontare la tua avventura.

Inoltre esistono fortunatamente dei titoli validi come Dream League Soccer, dove si può diventare dei pro player anche senza spenderci un euro, dato che si guadagnano monete tramite inserzioni pubblicitarie.

 

Un altro tipo di Gaas è dato invece dai cosiddetti Season Pass, pacchetti di espansione rilasciati periodicamente e che offrono nuove modalità di gioco, costumi e tanto altro. Rispetto alle microtransazioni costano di più ma forniscono maggiori vantaggi.

Uno dei loro pregi è che riescono a dare nuova linfa a un gioco, facendo avvicinare nuovi utenti e ritornare quelli vecchi.

Al giorno d’ oggi ci si annoia facilmente ed in questo modo si offrono pochi contenuti extra a piccole dosi, in modo da suscitare sempre di più l’interesse del pubblico verso un titolo, che non viene visto come morto ma in continua evoluzione. Al tempo stesso si aumenta l’affezionamento verso di esso, la sua promozione e si amplia anche la fanbase.

Lo vedo quindi un modo per rendere famoso un videogioco, che altrimenti scomparirebbe di fronte ad altri colossi.

In questo modo, inoltre, gli sviluppatori hanno più tempo per valutare le opinioni degli utenti e apportare modifiche o miglioramenti in vista delle nuove versioni. È come se il gioco venisse costruito e progettato insieme alla community, che cresce parallelamente ad esso.

Di contro c’è il fatto che alla fine si spende di più di un gioco completo e che spesso si acquista il season pass ad occhi chiusi, senza saperne in anticipo il contenuto, rischiando di rimanere deluso. Devi quindi avere fiducia nella compagnia e sperare che non ti deluda.

Personalmente non sono un fan del genere, che vedo più come un tentativo di emulare il mercato mobile: preferisco un titolo come Splatoon 2, che è stato aggiornato gratuitamente per un paio d’anni dal lancio, sviluppandosi sempre di più fino a vendere circa 10 milioni di copie in tutto il mondo (segno che non sempre è necessario monetizzare per fare guadagni).

Di buono c’è comunque il fatto che invece di farti pagare sempre lo stesso titolo a prezzo pieno ( come Fifa e CoD), in cui spesso cambia poco o nulla, ti vengono offerti piccoli aggiornamenti a costi limitati, permettendo agli sviluppatori di avere molto più tempo per progettare un sequel, piuttosto che proporti titoli incompleti.

D’altro canto chi compra subito i DLC si gode prima l’esperienza ma spesso rimane fregato perché dopo un anno dal rilascio vengono vendute versioni fisiche con incluso il pass di espansione.

È quindi un prendere o lasciare.

 

Abbiamo poi titoli multiplayer che una volta comprati richiedono la sottoscrizione di un abbonamento mensile per giocare online.

FF 14 ad esempio è un MMORPG in cui ci si può divertire insieme a tanti altri giocatori sconfiggendo i nemici più disparati, al costo di circa 11€ al mese.

In questo caso è proprio chiarita l’idea di GaaS, dato stai pagando un vero e proprio servizio, come l’abbonamento a Sky Cinema, un giro delle giostre o altro ancora: se ti diverti, sei stimolato a pagare ancora, altrimenti ti basta rescindere il contratto.

Dal mio punti di vista, dopo aver già acquistato il gioco di base, preferirei godermelo quando voglio, ma al tempo stesso sono conscio del fatto che continuare a finanziarlo periodicamente permetta una migliore manutenzione dei server e la risoluzione immediata degli inevitabili glitch, garantendomi un servizio di alta qualità.

Al momento del lancio FF14 presentava infatti numerosi difetti, che sono stati risolti proprio grazie ai profitti iniziali, permettendo di migliorarne l’esperienza di gioco e di conseguenza le vendite.

Il vero problema qui è rappresentato più che altro dalla dipendenza da gioco online, che ha un impatto nocivo sulla società: molti giocatori accaniti rimangono chiusi per ore in casa pur di salire in classifica, finendo col perdere il contatto con realtà abbonamento dopo abbonamento.

Vengono quindi meno i ricavi dei giocatori e più quelli delle compagnie.

 

Infine è bene trattare anche un fenomeno in via di espansione come il cloud gaming, ossia un servizio di streaming di videogiochi: pagando ci si connette a un server da cui viene scaricato un gioco.

È strettamente necessario possedere un’eccellente connessione a Internet per evitare lag e crash vari, per questo viene concesso un periodo di prova. Inoltre devi per forza essere online per giocare e non puoi conservarti la tua copia di gioco dopo la soppressione del servizio.

Di contro ciò permette di far girare giochi ad alta definizione su console con hardware limitato come la Switch.

L’ultimo annuncio riguarda la celebre saga di Kingdom Hearts, che potrà finalmente esser goduta dai fan Nintendo senza l’acquisto di ulteriori console.

Una vera rivoluzione che riesce ad accontentare tutti, oltre al fatto che così si aprirebbero le strade del cross play, aumentando esponenzialmente la community intorno a un titolo e ponendo le basi per sviluppi futuri di una data serie.

Nei prossimi anni si prevede la completa cessione di produzione di console proprio per far posto a questo nuovo sistema di gaming.

 

Sulla base di tutte queste considerazioni, ritengo che questo diverso modo di interpretare il mondo videoludico rispecchi in parte lo scenario attuale, in cui tutto scorre più in fretta e dove la gente non ha più la pazienza e la voglia di esplorare fino in fondo un titolo e progredire con esso.

Il monetizzare un gioco per renderlo più accessibile può quindi risultare una soluzione adeguata verso le esigenze di certo pubblico, ben disposto a spendere piccole cifre anche solo per un breve intrattenimento, che gli permette di distrarsi dai problemi quotidiani.

Oltra a ciò si riesce ad aumentare il ciclo vitale di un titolo, che diventa spesso un vero cult tra gli appassionati ( come Fortnite) e ti permette di interagire con persone diverse, stringendo spesso nuove amicizie ( anche se virtuali).

Il pericolo è che tutto ciò diventi solo una moda passeggera, con cui le aziende intendono capitalizzare i profitti il prima possibile, per poi abbandonare un titolo e crearne un altro identico: sono numerosi i casi in cui un Gaas sia stato cancellato dopo qualche anno dal lancio, lasciando i fan con l’amaro in bocca ( e le tasche vuote).

Rispetto ai giochi in retail, che puoi custodire per sempre, si perde quindi il senso di affezione, quel legame indissolubile che ti lega ad esso. In quanti sono cresciuti con i vari Pokémon e Crash Bandicoot, conservandone tutt’ora i ricordi più cari?

Pensate davvero che i ragazzi di oggi si ricorderanno in futuro di Fortnite, Rocket League e compagni vari? Ne dubito fortemente…

La struttura di tali titoli dopotutto è sempre la stessa, perciò essi perdono di identità e spessore, oltre al fatto che la loro qualità di base è piuttosto bassa e soltanto il continuo monetizzarli li può accrescere.

Tra l’altro sebbene i continui aggiornamenti tendono a rinnovare di volta in volta un titolo, è anche vero che chi torna a giocarci dopo mesi dovrà necessariamente studiarne le nuove meccaniche. Tutto ciò risulta parecchio stressante e dispendioso in termini di tempo ed energie, andando a snaturare il concept alla base di tali giochi, che partono semplici ma possono diventare piuttosto complessi.

Bisogna comunque ammettere che dal punto di vista economico si è  rivelato un’ottima strategia di business, in grado di alzare esponenzialmente i profitti delle aziende e creare un mercato a parte, in grado di competere con altri marchi importanti.

I videogiochi stessi non vengono più visti come dei meri accessori, quanto invece dei veri servizi a lungo termine di cui servirsi nel momento del bisogno, al pari di un film a noleggio.

Credo quindi che finché i GaaS non intaccano il valore dei giochi tradizionali non ci sia nulla di male, dato che altro non sono che un investimento reciproco tra azienda e utenti.

Il mio timore è però che un indomani possano prendere il sopravvento e distruggere il mondo videoludico, anche perché se sempre più persone sono intenzionate ad affidarsi ad essi, non potranno altro che diffondersi in maniera vertiginosa. Uno scenario terribile e che spero non diventi mai realtà.

 

 

 

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Bentornati alla terza edizione di Lascia un Commento! Dopo diverse giornate dedicate alla scrittura, siamo finalmente giunti alla finale del contest!

 

Anche quest'anno abbiamo avuto concorrenti di ottimo livello, che hanno affilato le loro penne (digitali), dando vita ad una gara ricca di spunti ed analisi degne di nota. Ma un gioco prevede dei vincitori, e coloro i quali si contenderanno il titolo di miglior commentatore del forum, sono:

 

 

Questi prodi scrittori, hanno un'ultima sfida da affrontare...

 

Prova finale:

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"Il ruolo delle donne in riferimento ai videogiochi "

Qual è la vostra opinione sul rapporto che ha il mondo videoludico nei confronti del genere femminile? Al giorno d'oggi esistono ancora disparità di genere tra giocatore e giocatrice? La donna è ben rappresentata all'interno dei videogiochi?

 

 

 

Rispondendo a questa domanda, vi invitiamo a commentare in questo topic


Avete tempo fino alle 14:59 del 25/10/2021 per inviare qui il vostro commento. Tutti gli altri post non attinenti saranno cancellati dal topic. Il commento dovrà seguire le regole già elencate nel regolamento già esplicitato in precedenza.

I vostri lavori verranno giudicati anche questa volta da @Alexina, @Francy, @IcyFlame, @Lady, @SquirtleProntoed ovviamente dal sottoscritto.

Per qualsiasi domanda, non esitate a contattarci sul topic apposito!

 

Buon lavoro a tutti!

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Spoiler

Per molte ragazze l’attività legata ai videogiochi ha lo scopo di migliorare i rapporti sociali e rafforzare la propria identità digitale. Identità che, spesso, viene messa a dura prova a causa dei pregiudizi a cui esse vengono sottoposte.

 

Il rapporto tra universo femminile e videogiochi non è mai stato particolarmente felice: per anni i videogiochi sono stati visti come un passatempo prevalentemente maschile. Anche quando le donne erano al centro dell’attenzione, la loro sessualizzazione era abbastanza evidente.

E ve lo dico da donna, perché anche io ho vissuto una esperienza che, col passare degli anni, mi ha fatto riflettere molto. Ero una ragazzina, non ricordo a che titolo stessi giocando. In un bel pomeriggio d’estate andai a casa del mio migliore amico che, a sua volta, invitò altri amichetti. Quando decidemmo di giocare con il Game Boy ricordo che uno di loro si rivolse verso di me dicendomi: “Ah, giochi anche tu? Ma tanto non ne sei in grado!”.

All’epoca non capii il vero significato di quelle parole. Ero piccolina, sì, ma ci rimasi male. Mi sentii esclusa, null’altro.

 

Potrà sembrarvi ridicolo, ma scrivere questo commento mi ha portato alla memoria quel giorno di tanto tempo che fa a cui non diedi particolarmente peso. A pensarci bene, però, avendo vissuto in prima persona - seppur in maniera superficiale - un’esperienza di puro sessismo, mi rendo conto di come il problema delle donne e dei videogiochi non accenni a scomparire. E solo per il fatto che abbiate proposto questo argomento, che ci abbiate indotto anche solamente a parlarne, mi fa capire come problematiche di questo tipo siano tuttora presenti.

 

Le ragazze, solo per il fatto di essere tali, non sono considerate “vere giocatrici”? La cosa è alquanto disarmante, perché la discriminazione di genere nell’industria dei videogiochi è presente da anni, nonostante le gamer siano sempre più coinvolte nel mondo videoludico.

Il fatto ridicolo è che, nel settore degli e-Sports, le competizioni femminili spesso non suscitano interesse, ed uno dei motivi è sicuramente la marginalizzazione delle giocatrici nella videogame-culture. Sebbene esistano delle donne competenti, spesso vengono estromesse solo perché hanno “cu.lo e te.tte”. Se giocano male, è perché sono donne. Se fanno un errore, è perché sono donne. Se non fanno carriera in questo ambito, è perché sono donne.

 

Al contrario, la sessualizzazione dei personaggi dei videogiochi è spesso accolta di buon occhio, perché la principale sfumatura assunta dalle figure femminili è legata al loro salvataggio.

“Aiuto, c’è una damigella in difficoltà! Corri a salvarla per superare la missione!”. E questo a cosa vi fa pensare?

Il protagonista è di sesso maschile, mentre la donna è un oggetto passivo, un obiettivo da raggiungere tanto per l'eroe quanto per il giocatore.

C’è anche da dire che il gamer è un consumatore di prodotti di intrattenimento, e il corpo femminile è diventato uno strumento per far schizzare alle stelle il numero di preordini. Basti pensare ai costumi provocanti con i quali si possono vestire i personaggi femminili, o a missioni ambientate in locali a luci rosse, popolati da prostitute letteralmente vittimizzate o violentate. Se io fossi maschio mi sentirei potente, superiore, invincibile.

 

Ciò che mi rincuora è che, col passare degli anni, si fa sempre più strada la tendenza a rappresentare protagoniste femminili ben caratterizzate, con una identità definita, dotate di un carattere forte e di valori solidi. Sì, insomma, delle donne con le palle, capaci di lasciare il segno per quello che sono e non per come appaiono. Il crescente interesse delle ragazze verso il settore videoludico è ormai chiaro come la luce del sole, e questo mi fa ben sperare che, in un futuro prossimo, il mondo femminile venga riconosciuto come un vero e proprio target nel settore del gaming, e che il pregiudizio venga abbattuto una volta per tutte.

 

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Contesto

Spoiler

Sono una ragazza di 25 anni, nata nel 1996. Quanto ai videogiochi, ho giocato soprattutto con le console ps1 e ps2 + varie console Nintendo portatili fino al 3ds.

Tra i miei giochi preferiti considero la saga di Kingdom Hearts, la Compilation di Final Fantasy 7, Pokémon e The Legend of Zelda.

Dico questo perché sono parziale alla discussione. Cercherò di avere un punto di vista impersonale  ma è necessario ricordare quanto sia influenzata dal mio aspetto biografico.

Articoli per riferimenti https://www.ipsos.com/sites/default/files/ct/publication/documents/2021-03/ipsos_women_played_women_paid_women_made_4.pdf

https://www.lastampa.it/tecnologia/giochi/2017/08/12/news/donne-e-videogiochi-una-ricerca-sfata-alcuni-pregiudizi-1.34435192

 

 

I videogiochi sono uno degli universi dell'intrattenimento che stanno acquistando sempre più piede nelle nostre vite, specialmente dopo la pandemia che ci ha costretti a casa. Il cambiamento di questo universo è stata immenso: se nei primi anni abbiamo avuto giochi molto semplici come Tetris, Pacman e Space Invaders, oggi godiamo di meraviglie tecnologiche tripla A che per fama e costi si avvicinano ai blockbuster hollywoodiani. In questa rivoluzione tecnologica la questione di genere e rappresentazione delle diversità è stata fondamentale fin da quando sono state scritte le prime trame narrative: siamo passati dalle storie di aitanti uomini che salvano indifese fanciulle-premio a donne forti che tentano di salvare il mondo da una epidemia fungina. Ovvero, siamo andati da un'era dei videogiochi dove il punto di vista era solo quello dell'uomo etero a un'era dove sono presenti anche forti punti di vista femminili. Siamo dunque arrivati alla completa parità di genere nel mondo dei videogiochi?

 

Secondo gli studi dell'articolo "Ipsos. Women played. Women paid. Women made" del 2020, in un campione dato il pubblico femminile ammonta al 47% del totale rispetto al 53% percento maschile, ma "solo il 20% di personaggi femminili fu presentato all'E3 del 2020" e "solo il 17% della forza lavoro nel mondo dei videogiochi è femminile" (pag. 3, interpretazione mia). In pratica, le donne sono metà del pubblico ma vengono rappresentate solo per 1/5. Inoltre, a pag. 10 dell'articolo, si vedono percentuali di affermazioni delle donne che dimostrano come esse non si sentano rappresentate e non riescono a identificarsi nel mondo videoludico. Ma perché?

Vorrei rispondere alla domanda attraverso due punti di vista stretti nel tema ma diversi nelle figure di riferimento: La giocatrice nel mondo reale e il personaggio femminile nei videogiochi.

 

1) La giocatrice 

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1) il mondo videoludico viene percepito come maschile...perché di fatto per anni si è identificato lui stesso come maschile, proponendo quasi sempre personaggi maschili o comunque adatti per il gusto maschile. Inoltre le donne stesse identificano come maschili i videogiochi, un "volersi dividere dall'altro sesso", come se sentissero di non competere con i maschi perché le due sfere devono stare separate. C'é un fenomeno culturale che non sono in grado di descrivere, ma è come se da una parte i maschi spingono per non fare entrare le donne e le donne non vogliono entrare in un mondo considerato come "perdita di tempo", come se aleggiasse una forma di interiorizzazione della questione.

 

2) Le giocatrici vengono viste come qualcosa di strano nel mondo dei videogiochi. "Bih, ma giochi ai videogiochi? incredibile!"  è l'equivalente di "Bih, ma leggi libri di narrativa? Wow!" ma le due forme di intrattenimento non vengono percepite uguali, come se tutti possano leggere ma non giocare. Legata a questa percezione di stranezza, sulle donne giocatrici ci sono stati i più svariati stereotipi, perché queste sono viste come strane, poco attinenti ai videogiochi. Il più diffuso: "La donna gamer che per essere più considerata si veste provocante per adescare maschi". Ora, magari alcune giocatrici fanno così, ma questa è decisione loro, e solo perché c'è la piena decisione di una persona non significa che tutti si prestano, è come dire che tutti gli uomini stuprano se lo fa uno. Questo stereotipo pian piano sta scomparendo nel mondo videoludico, ma si sta anche trasferendo su altre forme di lavoro come lo streamer e lo youtuber. Finché non cambia tutto il sistema non si esce da questa epidemia di generalizzazioni.

 

3) il Gatekeeping di una fetta di popolazione. Per come percepisco la situazione, in generale la maggioranza degli uomini si è adeguata a un nuovo mondo videoludico più femminile, e anzi supporta questo cambiamento in modo positivo. Rimane però quella minoranza rumorosa di persone che trattano con sufficienza le giocatrici, ritengono che non siano al loro livello e nemmeno ci giocano, non le considerano " i veri giocatori nudi e puri" degli anni '90. Questa cosa non l'ho vissuta personalmente, ma giusto perché voglio stare lontana dai luoghi competitivi. Parliamo poi della visione della giocatrice che in quanto tale deve essere "una schiappa", e se per caso ti batte tu sei lo sfigato perché "sei stato battuto da donna! AH AH" che implicitamente significa "sei stato battuto da un essere debole e inferiore, AH AH!" Siamo poi pieni di giocatrici forti che riescono a brillare negli e-sport, peccato che di loro non si parli quasi mai, o le si vedono come delle scorrette che se sono arrivate da qualche parte è sempre per motivi esterni alla loro bravura.

 

4) marketing e pubblicità. Rispetto al passato la situazione è più equilibrata tramite quelle pubblicità dove la donna gioca, per esempio nella pubblicità dell'attuale switch, però questa è più dipinta come attività di fitness in game, come sport casalingo in ambiente familiare, specialmente dopo il COVID. La pubblicità non fa vedere una forma di intrattenimento, ma di pseudo-palestra in casa.

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Avete mai visto invece pubblicità in cui una donna gioca a DOOM, a qualche sparatutto, insomma a giochi con alto tasso di violenza, azione, competizione? Mi sa che nei primi anni dell'universo videoludico il massimo cui le donne potevano aspirare era questo.

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anno 2006, l'anno di Kingdom Hearts 2, Final Fantasy 12, TLOL Twilight princess, FF7 Dirge of Cerberus. Feel old yet?

Inoltre, in caso di scelta tra due mascotte o personaggi pari di valore ma sesso differente, si tenderà a scegliere il maschio perché "più possibile di identificazione nel pubblico". Conseguenza: io donna posso identificarmi in Pikachu maschio (perché dopo il dimorfismo della coda la mascotte suprema di Pokémon è diventata un Pikachu maschio) e Vincent Valentine, ma un uomo non può identificarsi in Clefairy rosa e Lucrecia Crescent o Tifa, quindi a lui tocca l'identificazione maschio-maschio. Il nostro caso supremo: in italiano non puoi dire tutte se in un gruppo di 299 donne c'è solo un uomo, quindi devi includere tutti.

 

5) Cultura. Per quanto alcune industrie videoludiche maggiori tentino di affrontare la questione, i loro interessi economici in un pubblico culturalmente orientato le portano a compiere cambiamenti tiepidi per contentare alcuni e per non scontentare gli altri, rimanendo praticamente nello status quo. Interessante notare che queste industrie sono soprattutto statunitensi o giapponesi, in minor misura europee, quindi si vede un certo tipo di donna da un certo tipo di uomo, e nessuno di questi paesi ha raggiunto la parità economica e sociale, figuriamoci rappresentativa. Le altre culture non sono direttamente rappresentate, né in generale, né nel loro modo di rappresentare le donne.

 

Tutti questi precedenti punti si possono riassumere in uno: il mondo maschile viene tendenzialmente visto come il default, come la cosa normale, ciò che viene prima, mentre il mondo femminile, l'altro 50% della popolazione, è la cosa secondaria, ciò che viene dopo. Di conseguenza, in tutti i campi di conoscenza e intrattenimento, prima vengono rappresentati i maschi, poi forse le femmine - e ancora dopo le minoranze etniche e sessuali.

 

6) Lavoro. secondo la statistica sopra, le donne rappresentano solo il 17% della forza lavoro videoludica, il che significa che la maggior parte dei personaggi femminili sono creati da uomini, con il loro punto di vista che non sempre corrisponde ai bisogni delle donne. Le lavoratrici riescono con maggiore fatica a rappresentare donne per donne: peggio ancora, spesso le dipendenti vengono molestate in situazioni lavorative terribili. Un esempio? Il cambio di nome del personaggio di McCree (Overwatch), a seguito dello scandalo Cosby Suite e la partecipazione del suo omonimo Jesse McCree (qui alcuni link: https://kotaku.com/inside-blizzard-developers-infamous-bill-cosby-suite-1847378762 https://www.forbes.com/sites/krisholt/2021/08/30/overwatchs-mccree-name-change-is-a-small-but-necessary-move/ ). Se le donne lavoratrici sono così poche e per giunta molestate, non vedo come le donne giocatrici possano cambiare la propria situazione di sotto-rappresentanza.

 

2) Il personaggio

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Qui alcuni cliché e stereotipi che per lungo tempo hanno caratterizzato la rappresentazione femminile.

 

1) La femmina come oggetto da salvare, come trofeo, come trope narrativo. Le principesse Peach e Zelda sono le capostipiti delle fanciulle da rubare dal mostro brutto e cattivo, le prostitute di GTA sono trofei da mostrare e, perché no, anche da stuprare e picchiare, Kairi in Kingdom Hearts 1 e Aerith in Final Fantasy 7 servono a spingere Sora e Cloud a sconfiggere il cattivo.

 

2) La femmina dolce e tenera. Ci sono donne "carine, tranquille e sottomesse" che fanno impazzire per la loro tenerezza fisica: Naminé di KH, Yuna e Garnet di ff10 e 9, le "curatrici" e le ragazze moe, tutte fanciulle Kawaii che ispirano senso di protezione verso i "Nobili Cavalieri". Nella vita reale esistono davvero queste donne?

(A suo modo è stata grande l'idea di rendere Yuna una pistolera in FF 10-2, le dà un aspetto e un messaggio più grintoso. Peccato che le looksfere di FF 10-2 siano qualcosa di esageratamente sexy, possibile che quando le donne siano protagoniste ci deve essere la sfilata di moda? Stessa cosa in Kh 2.8 con Aqua e FF 13-3 con Lightning, la Square Enix ha problemi di associazione donna-moda).

 

3) La femmina legata all'aspetto erotico e sessualizzato. Tifa e Lara Croft sono le signore del Seno Abbondante, Resident Evil ViIlage ha basato la sua campagna di marketing su una vampira alta 3 metri decisamente pettoruta, Anna e Nina Williams di Tekken: Le possiamo mettere tutte sotto la categoria "Jessica Rabbit": seno prosperoso, sedere abbondante, gambe sinuose e vitino minuscolo. 

Lascio perdere Bayonetta perché è tutto ciò ma anche di più, paradossalmente è l'unica che accetto perché è una femme fatale in un contesto adatto a questo trope.

Parliamo poi della Bikini Armour e della Booby Armour per le donne con armatura pesante. Una guerriera può davvero andarsene in giro ad ammazzare mostri senza una reale protezione ma con le forme in bella vista? (Giusto Conan il barbaro può rappresenta la loro controparte maschile, tutto nudo perché "forte e possente", simbolo di esagerata rappresentazione maschile). 

Infine, Nella rappresentazione dei vizi capitali, quante volte la lussuria è donna e quante è uomo? Vi posso citare cleoptara di dante's inferno, Lust in Darksiders 3, Lust di Full metal Alchemist, mentre come uomo conosco solo Gowther di Nanatsu no Taizai (che in realtà appare come androgino).

 

4) La femmina con comportamenti considerati "maschili" per essere accettata come "modello forte". Ovvero bisogna creare "donne con le palle" per piacere agli uomini, donne che lottano, sputano e danno pugni come gli uomini ma non mettono in discussione il sistema machista. Queste donne non hanno spazio per i sentimenti, devono essere forti a tutti i costi, ma non mettono in discussione il loro rapporto con la femminilità, lo ignorano direttamente. Risultato? Sono dei Macho in gonnella. Lightning di Final Fantasy 13 è vista da molti fan come un "Cloud in gonnella", e se andiamo fuori dal mondo videoludico, abbiamo Mulan nel Remake della Disney che lotta come un uomo per farsi accettare tra uomini. Donne compassionevoli, che piangono o soffrono non rientrano in questa categoria nemmeno se vanno in giro armate fino ai denti e con uno spadone di 2 metri, perché mostrano elementi emotivi non assimilabili al machismo.

 

Negli ultimi si stanno imponendo nell'immaginario collettivo personaggi femminili sempre più sfaccettati e completi, donne forte e combattenti che non dimenticano le loro debolezze e le loro emozioni. Aloy di Horizon Zero Dawn ed Ellie di The Last of Us 2 sono tra i migliori esempi che posso proporre per personaggi non per forza belli, ma forti, compassionevoli, capaci di salvare il mondo anche senza il deisiderio di essere eroi. E poi trovi ciò:

https://multiplayer.it/articoli/horizon-2-forbidden-west-caso-aloy.html https://collider.com/last-of-us-2-controversy-explained/(paragrafo 3), per non parlare delle critiche sulla riduzione al seno di Tifa. Non puoi uscire un attimo dalla bolla culturale di donne belle ed etero che piovono critiche di "Politically correct, SJW, buonismo". I personaggi femminili stanno cambiando, ma il pubblico non cambia con loro, e finché questa ostilità verso le nuove rappresentazioni non si spegne il cammino per una rappresentazione equa rimane sulla carta.

 

Queste le considerazioni per le quali ritengo che le donne non riescano a sentirsi rappresentate nel mondo dei videogiochi: sono tendenzialmente considerate poco e male come donne e come personaggi, quando si creano personaggi femminili meno stereotipati piovono le critiche di "politically correct", una fetta di pubblico rifiuta le novità sulle rappresentazioni femminili.

 

Personalmente, rispetto al contesto in cui vivo, come giocatrice non sono tanto toccata dal primo punto, perché vivo circondata da persone che mi vogliono bene e accettano i miei gusti videoludici, quanto invece dal secondo punto, perché non mi sento rappresentata dai personaggi femminili esistenti e sono tutt'ora alla ricerca di una figura di riferimento in cui mi rivedo, di cui posso affermare "è la mia ispirazione!". La strada per una rappresentazione femminile meno maschile è lunga, ed è pavimentata di idee sia buone che cattive.

A questo proposito, se possibile, vorrei proporre possibili idee di personaggi che, secondo me, permetterebbero di creare altri diversi punti di vista nel mondo videoludico: questa è una lista che nasce secondo i miei gusti e le mie percezioni, e può portare errori e idee sbagliate che possono cambiare attraverso un discorso critico costruttivo.

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1) Più donne forti ma anche fragili, che non cercano dimostrazioni di forza e potere ma di assolvere al loro dovere o al loro desiderio di cambiamento, e non rinunciano alle loro emozioni e al loro sentirsi donna, ma si mettono in discussione nella loro identità. Esempio fuori dai videogiochi: Lady Oscar, una donna cresciuta come uomo che lotta con il suo essere donna e le sue emozioni, che ama un uomo come una donna ma non può dichiararlo. Non conosco controparti videoludiche come esempio migliore.

 

2) Donne brutte, con difetti fisici, con le rughe, sgraziate, atipiche. Aloy ha un corpo forte, mascolino e non tipicamente bello, ma io vado oltre con donne senza capelli, donne segnate nel corpo, donne grasse più anziane, donne trasformate in mostri che perdono qualunque attributo di bellezza "femminile". E tutto ciò deve appartenere alle protagoniste, perché sono loro che devono mandare il messaggio che la bellezza non è necessaria per essere accettabili al pubblico ed esempio positivo per le donne e la loro accettazione del corpo.

 

3) Più mamme. Abbiamo tanti papà nei videogiochi (Tidus-Jecht, Yuna-Braska, Kratos-Atreus) quanto pochissime mamme come protagoniste e pochi rapporti madre-figli@. Tante sono le motivazioni, dal fatto che le mamme sono meno vendibili dei papà, al fatto che i produttori di videogiochi sono più uomini e padri, al fatto che il ruolo di mamma viene visto in opposizione al ruolo di donna. Un nuovo gioco che si ispira al rapporto madre-figli@ potrebbe invece essere utile a guardare ruoli e rappresentazioni che prima non esistevano proprio, ancora di più se si tratta del rapporto madre-figlia così poco discusso nell'universo dell'intrattenimento. Un articolo per maggiore approfondimento: https://www.spaziogames.it/dove-sono-mamme-nei-videogiochi/

 

4) donne legate alle minoranze etniche e sessuali. Come affermato sopra, gli altri paesi e culture diversi da quelli USA/JAP non vengono rappresentati quasi in nulla nei videogiochi, pertanto nemmeno nei cambiamenti di rappresentazione. Vi immaginate una videogiocatrice somala, afghana, egiziana, lesbica, trans? Eppure esistono, ma nessuno si occupa di loro. Viviamo in un mondo ludico stretto che pretende di essere universale, ma per renderlo davvero tale abbiamo bisogno di storie, trame e personaggi che parlino di e con altri punti di vista: donne vestite col burqa perché ci credono, donne che odiano il burqa, donne che nella loro etnia e sessualità mettono in dubbio la visione "universalistica" occidentale ed etero dei videogiochi. Grande Ellie lesbica, ma serve di più, diamo più voce alle minoranze.

 

5) "Uomini deboli".

Come affermato in precedenza, l'intrattenimento è uno specchio che riflette e riproduce la realtà, e uno specchio che rappresenta un forte squilibrio tra ricchi e poveri, tra uomini e donne, la minoranza con potere e la maggioranza senza, è uno specchio che riproduce questa situazione sui suoi osservatori e la fissa senza cambiarla. Perché uno specchio cambi, deve cambiare completamente il soggetto che si riflette e si critica. Non si deve solo mettere in discussione la visione della donna da parte delle donne, ma anche la visione dell'uomo da parte dell'uomo. L'uomo forte, l'uomo cavaliere...rovesciamo ciò, abbiamo bisogno di uomini, secondo la visione machista, "deboli".

Uomini che piangono, che soffrono, che dimostrano la loro fragilità e non vengono presi in giro per questo. 

Uomini che chiedono aiuto, che non aiutano ma collaborano, uomini che amano il rosa e i fiori e sono etero, omosessuali e trans forti, reali, sfaccettati e mostrati come esempio da seguire dai propri media, senza prese in giro da parte degli sviluppatori e del pubblico. 

Uomini che sono stati stuprati, che hanno sofferto a causa delle donne ma riescono a superare il trauma riconoscendo la particolarità dell'accaduto senza generalizzare, uomini vittima per dar loro una voce, rompere lo schema per cui solo le donne possono essere deboli.

 

Perché capire di aver sofferto traumi, dimostrare le proprie debolezze, accettarle e farsi aiutare rendono una persona forte.

Perché creare uomini deboli può dare forza a voci finora inascoltate, rese sorde dalle risate di scherno degli "uomini forti".

 

Questo cambio di paradigma aiuta ad apprezzare non solo le altrui debolezze ma le proprie, e un uomo che accetta ciò è un uomo che può attuare il cambiamento in un sistema che danneggia lui tanto quanto le donne.

 

Io mi sono ripromessa che se avessi deciso di creare delle storie avrei parlato di uomini: non riesco a identificarmi in personaggi femminili senza essere pedante e didascalica, ma riesco a identificarmi in quei personaggi maschili che soffrono, che piangono, che si sentono deboli e si fanno aiutare, che sostengono chi è in difficoltà, che credono nella lotta contro il sistema insieme alle donne. Vorrei che questi modelli fossero più presenti in tutto il sistema multimediale dell'intrattenimento.

 

Credo nel legame uomo-donna per sconfiggere la diseguaglianza di genere, ma nel farlo dobbiamo mettere in discussione e criticare entrambi i poli per ricostruirli insieme.

Non solo le donne devono agire ma anche gli uomini, sostenendosi insieme.

 

 

 

 

 

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P.S. Come avete notato, cito esempi di personaggi che stanno fuori dal mondo videoludico. Due le ragioni:

1) le forme dell'intrattenimento sono molto legate fra di loro, quindi personaggi di un media narrativo essere paragonati a personaggi di altri media; 2) non conosco controparti videoludiche di determinati trope e figure narrative, le mie conoscenze del mondo videoludico sono parziali perché non ho giocato a tutti i giochi e non posso conoscere tutti i personaggi esistenti. Parlo di quelle figure che conosco un po' di più.

 

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Fino a non molto tempo fa consideravo la questione del rispetto delle donne all'interno del mondo videoludico un problema poco serio e di cui quasi ignoravo l'importanza. Sia perché in quanto individuo e videogiocatore di genere maschile non ho mai avuto esperienze dirette in tal senso, ma soprattutto perché, forse con un pizzico di ingenuità, non pensavo che le donne potessero essere in qualche modo discriminate, visione probabilmente distorta a causa della mia posizione "privilegiata". Ho sempre considerato normale il fatto che anche le donne potessero essere amanti dei videogiochi. Certo, qualche volta mi ha lasciato di stucco sapere che alcune ragazze di mia conoscenza apprezzassero giochi violenti come gli sparatutto o anche titoli sportivi. Ma ciò non mi hai mai portato a giudicarle in maniera negativa o a disprezzarle, piuttosto l'ho considerata come una cosa stimolante che mi permetteva di ampliare il numero di potenziali persone con cui discutere di determinati giochi o argomenti.
Ho iniziato ad acquisire consapevolezza della questione solamente dopo aver iniziato a frequentare maggiormente il web e soprattutto il mondo degli streamers. In breve tempo ho potuto rendermi conto di come preconcetti infantili quali "i videogiochi non sono per le femmine" e "le donne sono incapaci con i videogames" siano in realtà ancora oggi terribilmente diffusi ed è bizzarro che il mondo videoludico, da sempre vittima di pregiudizi, piuttosto che fare fronte comune contro i preconcetti che lo attanagliano, favorisca la diffusione di ulteriori pretesti discriminatori.
Queste offese si commentano da sole, tuttavia non tutte le giocatrici sono abbastanza forti psicologicamente da sopportare le ingiurie che vengono loro rivolte. Questo le induce a nascondere la loro passione e, se si tratta di aspiranti content creators, addirittura ad abbandonare i loro progetti. E ciò ovviamente rappresenta di per sé una prima barriera enorme per l'affermazione delle donne in questo mondo, ostacolo che ovviamente un giocatore/streamer uomo non si troverà ad affrontare. Ed infatti non è un segreto il fatto che gli esports vedano tra i loro partecipanti ai vari tornei un numero decisamente esiguo di giocatrici, se non nullo per alcuni titoli.
Ma la questione non riguarda solo le gamers, ad essere vittima di simili offese gratuite sono anche le donne che sono attive all'interno della stampa videoludica. E qui mi viene in mente il caso di Stefania Sperandio, caporedattrice di un'importante testata online che spesso ha ricevuto commenti denigratori in cui gli utenti piuttosto che valutare la qualità delle recensioni offerte si preoccupavano di giudicare il suo aspetto estetico ed ovviamente criticavano il fatto che una donna si occupasse di videogiochi su dei portali molto importanti. Anche in questo caso, mi pare superfluo dare troppo credito a simili leoni da tastiera, per me è ovvio che simili posizioni lavorative si raggiungono quando c'è una forte passione e soprattutto merito.
Trovare una donna a ricoprire una tale carica dovrebbe essere un elemento indicante un'assenza di pregiudizi almeno per quanto riguarda gli addetti al settore. In effetti è possibile notare sempre di più come nei diversi eventi e conferenze dedicate ai videogiochi venga sempre più spesso concessa la parola a sviluppatori o comunque dipendenti donne delle varie aziende, a testimonianza del fatto che almeno in ambito lavorativo le donne stanno acquisendo con merito posizioni sempre più di rilievo, sebbene rappresentino ancora una netta minoranza rispetto agli uomini. Un segnale che io interpreto con fiducia e che deve costituire un incoraggiamento.
La differenza più netta tra donne ed uomini si manifesta, come dicevo già prima, soprattutto nell'ambito degli esports. È evidente in questo ambiente come in realtà il preconcetto di superiorità dei giocatori uomini sia decisamente predominante.

Il problema sorge quando a voler far emergere questa distinzione ingiustificata sono gli stessi organizzatori dei tornei o le aziende che li sponsorizzano. Per spiegarmi meglio vorrei citare un episodio accaduto ad una content creator che seguo, nota sui social come Kurolily. In un video da lei pubblicato denunciava il fatto di essere stata contattata da un'azienda importante per far parte di una squadra competitiva composta da sole donne per un certo videogioco. Un'iniziativa apparentemente con uno scopo nobile, ma che in realtà nascondeva un secondo fine. Infatti ciò che interessava all'azienda non era che le giocatrici della squadra sapessero effettivamente giocare ad alti livelli e competere nel torneo, ma occorreva solamente che fossero carine e che partecipassero per una questione di immagine.
Di sicuro una situazione del genere, che probabilmente si sarà ripetuta in altre occasioni e con altri protagonisti, piuttosto che diffondere un modello positivo della donna videogiocatrice contribuisce ad alimentare i pregiudizi sulla presunta inadeguatezza delle donne nel mondo dei videogiochi, mettendole di fronte ad una sfida per la quale non sono evidentemente in grado di competere. E il fatto che una tale iniziativa sia stata promossa in relazione ad un gioco importante e noto, a detta della streamer che però non ha rivelato dettagli precisi sul nome, rende la cosa ancora più deprimente, perché è quasi come se si volesse promuovere un modello fallimentare e puramente estetico, di facciata.
Tuttavia se la situazione per le giocatrici non è decisamente rosea, il modo in cui le donne vengono rappresentate all'interno dei videogiochi si è evoluto nel corso del tempo in maniera decisamente positiva a mio parere.
Agli albori della storia del videogioco i personaggi femminili non erano spesso giocabili ed era molto comune la presenza di NPC all'interno dei giochi che incarnavano il cliché della principessa o donzella incapace di difendersi da sola e che necessitava dell'aiuto di un eroe che l'avrebbe salvata dal cattivo di turno.
Il ruolo dei personaggi femminili è cresciuto sempre di più nel tempo, fino a giungere a personaggi davvero iconici a livello mondiale, come Lara Croft della serie Tomb Raider. Tuttavia è evidente come uno dei principali fattori che ha reso popolare l'archeologa più famosa del mondo dei videogiochi sia stato il suo aspetto fisico decisamente sensuale, frutto di un errore di modellazione che si è però deciso di mantenere consapevolmente. Oggi siamo arrivati ad avere personaggi femminili decisamente complessi e che puntano su altri aspetti piuttosto che sulla bellezza, come Ellie di The Last of Us ed Aloy della serie Horizon. Proprio su Aloy vorrei spendere due parole: ella rappresenta un modello della forza femminile, una donna dotata di un intelletto superiore alle altre persone del suo tempo e decisamente abile in combattimento. Ma nonostante questo, molti utenti ne hanno criticato l'aspetto fisico non proprio grazioso, per usare parole dolci. Critiche che trovo completamente inappropriate, dato che stiamo parlando di un personaggio che vive in un ambiente quasi primitivo e che di certo per le situazioni che si trova ad affrontare non può pensare al suo aspetto esteriore. Andare a criticare poi un personaggio di un videogame per il suo aspetto fisico è una cosa incomprensibile poiché sono tantissime le motivazioni che portano a scegliere il design finale di un personaggio e vedere che i fan piuttosto che apprezzare le qualità indiscutibili di Aloy si concentrano su fattori puramente estetici perché non accettano il fatto che una donna non rispecchi i loro canoni di bellezza è alquanto raccapricciante. Ed è probabilmente per questo motivo e per assecondare questo capriccio che in moltissimi videogiochi, soprattutto i giochi di ruolo giapponesi, i personaggi femminili vengono rappresentati con delle forme decisamente esagerate ed irrealistiche ed in abiti provocanti. E questa è una testimonianza del fatto che anche nell'industria dei videogiochi, il corpo femminile venga ancora strumentalizzato al solo scopo di ottenere un maggiore profitto. Il fanservice è in realtà un fenomeno che non caratterizza unicamente il medium del videogioco, ma moltissimi altri ambiti e mezzi di intrattenimento e le cui motivazioni hanno radici molto più profonde e che non possono essere imputate al mondo videoludico.

In ogni caso, almeno nell'ambito del videogioco, mi sembra che la tendenza da parte degli sviluppatori sia quella di valorizzare i personaggi femminili in quanto esseri umani in grado di autodeterminare il proprio destino e questo è sicuramente un aspetto lodevole. Tuttavia non posso essere sicuro nell'affermare che la donna si possa sentire adeguatamente rappresentata. Io stesso, nonostante abbia a disposizione molti più modelli di personaggi videoludici in cui immedesimarmi in quanto uomo, fatico a trovare un personaggio che mi rispecchi adeguatamente, anzi mi vedo piuttosto agli antipodi di quelli che sono i tratti tipici dell'eroe maschile. Pertanto dubito che le donne, avendo a disposizione un numero di riferimenti minore seppur crescente, possano ritenersi soddisfatte da questo punto di vista.
Ritorno però a parlare dei videogiocatori di sesso femminile, perché è in quell'ambito che la differenza troppo spesso ingiustificata tra uomini e donne si manifesta con maggiore contraddizione. E l'espressione maggiore di queste contraddizioni è la suddivisione delle categorie maschili e femminili all'interno di molti esports.
Se per quanto riguarda gli sport reali io sono sempre stato un sostenitore della netta separazione tra i due generi per evidenti differenze nella struttura fisica di due persone di sesso opposto, questa motivazione nell'ambito degli esports viene completamente meno e la creazione di tornei esclusivamente femminili è ingiustificata a mio parere.
Per giocare ad un videogioco c'è bisogno di una testa pensante, riflessi e di due mani per controllare i dispositivi di input. E queste sono caratteristiche che appartengono ad un qualsiasi essere umano normodotato, uomo o donna. Mantenere una separazione tra i due generi semplicemente non ha alcun fine reale se non quello di accentuare una differenza inconsistente in ambito videoludico. È una questione di immagine, ma che alla fine genera solo l'effetto di creare un torneo parallelo dalla qualità generale più bassa poiché le partecipanti vengono spesso invitate e scelte in base all'aspetto fisico e non in base alla loro bravura, non permettendo allo stesso tempo alle giocatrici davvero capaci di poter mettere in mostra le proprie abilità in una competizione di alto livello contro altri giocatori di sesso maschile. E alla fine si rischia anche anche di far passare il concetto che una sconfitta di un uomo in un videogioco contro una donna sia una delle cose più umilianti che si possa subire, pensiero che a dirla tutta già esiste.
La vita dei gamers non è sicuramente facile a causa dei pregiudizi con cui lottano tutti i giorni, quella delle gamers di sesso femminile è ancora più difficile, a causa dell'ignoranza di molti che spesso considerano la donna quasi come un essere alieno, concentrandosi sulle differenze piuttosto che sulle cose che ci rendono uguali. E non nascondo la mia difficoltà nello scrivere frasi del genere, consapevole del fatto che possano apparire come dichiarazioni di circostanza da parte di un uomo. Tuttavia, come ho detto in apertura, io per primo ignoravo quasi completamente la questione ed è stato solo dopo aver ascoltato e provato a comprendere le ragioni e il punto di vista delle donne che ho potuto prendere consapevolezza della situazione ed analizzarla con la serietà che merita. Se questo processo di comprensione reciproca fosse più diffuso tra i videogiocatori sono certo che la situazione delle donne, almeno come videogiocatrici o creatrici di contenuti a tema videoludico, sarebbe decisamente migliore.

Concludo con una piccola considerazione generale.
Il mezzo videoludico si è fortemente evoluto nel tempo raggiungendo una complessità di temi trattati pari a quella dei film e mostrandosi in grado di veicolare determinati messaggi in maniera straordinariamente potente.
Un bel film, così come un libro o qualsiasi altro prodotto di intrattenimento può essere compreso tranquillamente da persone di entrambi i sessi. Perché il videogioco dovrebbe fare eccezione? Come ho detto prima, per giocare ad un videogioco servono mani e testa, ma soprattutto tanta voglia di divertirsi.
E quando ci si vuole divertire non c'è distinzione di genere che valga.
I videogiochi dovrebbero essere per tutti ed appannaggio di nessuno, rated "E" for everyone !

 

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IL TRIO POLITICO!

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"The important thing is not how long you live. It's what you accomplish with your life. When I live, I want to shine. I want to prove that I exist. If I could do something really important, that would definitely carry on into the future. And so, if I were to disappear, I think that all I have accomplished will go on. That is, that would mean that it’s living, right?"                                  

                             -Grovyle, Pokemon Mystery Dungeon Explorers of Sky

 

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:Stelline:Bambola Vincitore Programma Fedeltà 2021 :Stelline:

 

 

 

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Riolu su un kart by @evilespeon

 

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Targhetta vincitore GDR TD Regions, piccola flexatina per la prima cosa buona che ho fatto su PM

 

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By @Vale

 

PatronusBall.pngPatronus Ball aka Secsi Ball.

Grandi Tassi!

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By @Chube

 

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Sede e membri del Project X by @Taka (Io sono il Riolu sulla panchina)

 

 

 

 

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Nel corso degli anni i videogames si sono espansi a dismisura, avvicinandosi sempre di più alle realtà attuali.

Esistono titoli di ogni tipo, in grado di abbracciare qualsiasi fascia di età, sesso o etnia; ciònonostante ancora oggi permangono delle disparità di genere, dovute sia alla sottorappresentazione delle donne che alla loro percezione da parte del grande pubblico.

 

Fin dal suo albore, il mondo videoludico ha raffigurato la donna come elemento debole, che necessitava dell’aiuto dell’eroe-uomo per essere salvata.

La principessa Peach ne è un esempio lampante: nei primi giochi Nintendo era sempre l’obiettivo finale da raggiungere da parte del suo amato Mario, oltre a essere dipinta come graziosa ma ingenua, incapace di fare qualsiasi cosa tranne che urlare dalla disperazione tra le grinfia del perfido Bowser.

La donna stessa veniva quindi vista come un oggetto, un premio che il giocatore poteva conquistare una volta superati diversi ostacoli.

All’epoca gli sviluppatori non si erano nemmeno posti il problema di renderla un personaggio giocabile, consci che i videogames potessero essere apprezzati per lo più da un pubblico maschile.

Per poterla impersonificare dobbiamo attendere Mario Kart, nel quale si rivela un pilota lento e piuttosto scarso, o Super Smash Bros., dove può combattere solamente tirando rape e padelle, se non con la forza dell’amore.

Tutto ciò, unito alla sua veste rosa, la rendono il personaggio stereotipato per eccellenza.

Sempre in casa Nintendo troviamo poi in Zelda un altro caso di fanciulla in pericolo, incapace di difendersi da sola.

Qui la questione è più eclatante, in quanto stiamo parlando di una maga, dotata della Triforza della Saggezza.

Possibile che debba essere sempre Link a risolvere i problemi di Hyrule ed affrontare il malvagio Ganondorf?

In realtà non è mai da solo in questa battaglia, tant’è che in Ocarina of Time viene aiutato dalla stessa Zelda, ma solo sotto le vesti di Sheik, un guerriero mascherato dalle sembianze di un ninja.

È proprio qui il problema: per vedere una donna in azione bisogna trasformarla in un uomo, altrimenti non sarebbe credibile agli occhi della gente. In pratica Zelda deve perdere la propria identità e femminilità per poter combattere, nonostante sia una principessa dotata di ottime abilità magiche.

Si trasmette incosciamente il messaggio che certe attività appartengono solo al genere maschile e che una ragazza dovrebbe nascondere la sua vera natura per essere alla pari di un ragazzo.

Per molti può sembrare un’assurdità, eppure non è la prima volta che Nintendo adotta una strategia del genere.

In Metroid, ad esempio, Samus Aran è la prima eroina della grande N, in grado di affrontare nemici spaziali a suon di missili e raggi laser, un po' come la principessa Leila di Star Wars, con la differenza che il suo sesso non è rivelato fino all’ultimo capitolo. Il suo volto e le sue fattezze sono infatti nascoste da una tuta cibernetica per gran parte della serie, tant’è che inizialmente in molti l’avevano scambiata per un maschio.

Anche qui passa l’idea che una donna debba celarsi dietro ad una maschera per farsi accettare dagli uomini, privandosi della propria libertà.

È triste che proprio la casa videoludica che si rivolge per lo più a ragazzini ed adolescenti non abbia mai pensato a non stereotipare il genere femminile, relegandolo sempre a macchietta e incentivando indirettamente atti di esclusione ed emarginazione.

I bambini tendono infatti ad associare ciò che vedono a delle idee ben precise, ed il binomio “donna bella ma stupida” può entrare nelle loro menti fin dalla tenera età.

Nello stesso Pokémon Rosso/Blu non si poteva nemmeno scegliere il proprio sesso, eppure di allenatrici ne erano presenti a dozzine!

 

Da parte di Sony e Microsoft, con un target di pubblico adulto, c’è invece sempre stata un’eccessiva sessualizzazione dei personaggi femminili: essi erano accomunati da un seno prosperoso, fianchi larghi, scollature e molteplici ammiccamenti.

Nei vari GTA le donne erano coprotagoniste che dovevano compiacere il pubblico maschile per attirare le vendite: difficilmente le vedevamo al centro della trama e con personalità complesse, mentre era facile catalogarle come ragazze immagine.

Anche qui si rimane in linea con la mentalità reale trasmessaci dai mass media: nessuna novità.

I danni causati da questa scarsa rappresentazione hanno rafforzato il preconcetto secondo cui i videogiochi (specie se violenti come sparatutto o picchiaduro) non fossero adatti alle donzelle, ritenute dotate di scarse abilità di apprendimento delle meccaniche del gaming.

Le giocatrici risentono di questa differenza soprattutto nei giochi di squadra online, dove faticano a farsi accettare in un gruppo e ricoprono spesso ruoli di supporto (curatrici o booster).

Nei single player è invece capitato che il loro avversario si disconnettesse ancor prima dell’inizio della partita, in quanto non le riteneva all’altezza.

Non parliamo poi degli insulti e le molestie che ricevono in continuazione.

Vivere in un mondo che non ti apprezza per quel che sei realmente è piuttosto opprimente e costringe molte giocatrici a scegliere un avatar maschile per integrarsi nelle community virtuali, allo  stesso modo di Zelda/Sheik.

Trovo tutto ciò disgustoso: possibile che non si è liberi di essere se stessi, ma bisogna sottostare a delle leggi imposte da altri?

I videogiochi dovrebbero essere un mondo immaginario in cui ognuno può impersonificare chi meglio crede ed ideare la propria avventura, senza preoccuparsi del parere altrui.

In molti si rifugiano in essi per evadere dalle pressioni della società e invece si ritrovano spesso in un ambiente ancora più tossico ed ostile.

La cosa triste è che nessuno sembra interessarsi del problema: d’altronde se le vendite di un prodotto vanno a gonfie vele, che importa se vengono offese delle minoranze?

In economia funziona così ed è proprio questo il metodo con cui molte aziende hanno ideato per anni il loro marketing: nelle pubblicità di videogiochi d’azione compaiono solo uomini, mentre le attrici vengono relegate a titoli più soft, quali simulatori di vita e rompicapo.

Ecco che si crea una distinzione tra ciò a cui una donna può giocare e cosa no: vederla allenarsi con la sua Balance Board va bene, mentre vederla sparare ai soldati di CoD è disturbante e potrebbe diminuire i ricavati.

La conseguenza è che al giorno d’oggi le giocatrici preferiscono effettivamente titoli più calmi e poco competitivi, mentre quelle attive in giochi di lotta o azione sono mal viste.

Molte utenti di Twitch, tra l’altro, riportano ogni giorno molestie e richieste a sfondo sessuale da parte dei propri followers, interessati più al loro bell’aspetto che alle loro qualità da gamers.

Non vorrei fare il moralista, per cui credo che non ci sia nulla di male nell’ ammirare una youtuber per la sua bellezza, ma quando tutto ciò si trasforma in un’ossessione e violazione della propria individualità, dovremmo allarmarci.

In pratica le giocatrici che tentano in ogni modo di dimostrare le loro capacità vengono comunque categorizzate e offese se non assecondano le proposte di certi seguaci.

Anche in questo caso si potrebbe far di più, ed invece c’è spesso un silenzio assordante. Addirittura alcuni videogiochi arrivano a rendere accettabile l’idea dello violenza di una ragazza, mandando messaggi decisamente dannosi.

Un’altra problematica è poi data dalla scarsa partecipazione delle gamers a tornei ufficiali, se non come cosplayer o commentatrici a bordo campo, che fanno da spalla all’uomo-speaker principale.

Alcune di loro hanno provato a creare delle competizioni riservate a sole donne, per potersi ritagliare uno spazio nella scena competitiva, ma così facendo ci si autoesclude, creando una sorta di segregazionismo videoludico.

Per contrastare questo ostracismo, servirebbe piuttosto creare personaggi femminili con ruoli centrali e caratteri ben definiti, in modo tale che le giocatrici possano avere una completa identificazione.

Il fatto che la maggior parte degli sviluppatori siano uomini va a rallentare tale processo, in quanto essi non riusciranno mai a interpretare il gentil sesso alla stregua di una donna, ben consapevole delle proprie difficoltà nella vita e perciò in grado di proiettarle al meglio in un videogioco.

In questo senso il tentativo più riuscito ci viene dato dalla celebre Lara Croft, archeologa ribelle dotata di ottime abilità offensive.

Essa è stata la prima vera eroina dei videogiochi, la cui fama ha raggiunto livelli altissimi, a tal punto da farla arrivare nei cinema di tutto il mondo.

Ancora oggi continuano ad esser prodotti titoli della giovane ricercatrice, diventata punto di riferimento per molte ragazze, che vedono in lei non più la donna timida e indifesa, ma una persona autosufficiente e con un forte carattere.

Lara, col passare degli anni, ha fatto da apripista ad altre protagoniste carismatiche e dalle fattezze più disparate: si va dalla sexy e malvagia Bayonetta, alla fiera e androgina Lightning di Final Fantasy XIII fino all’intrepida e formosa Aloy di Horizon.

Alcune rimangono sessualizzate, mentre altre presentano fisicità e personalità distinte, rendendo il tutto più realistico e iniziando a far smuovere le coscienze dei consumatori.

Non mancano poi storie più mature e riflessive come quella del successo di critica e pubblico Life is Strange oppure del best seller The Last of Us, in cui si affrontano tematiche più profonde.

Per non parlare poi di Pokémon, dove se inizialmente non si poteva scegliere il sesso dell’allenatore, adesso invece i personaggi femminili hanno un sacco di opzioni di customizzazione, tant’è che spesso sono i maschi a vestire i panni di una ragazza pur di sfoggiare un look appariscente!

A piccoli passi si sta quindi sensibilizzando il mondo maschile verso una maggiore apertura mentale nei confronti delle donne gamers, anche se superare alcuni muri è alquanto difficile.

Nel trailer dello stesso The Last of us 2, appena è stata mostrata Ellie baciare una coetanea, si è aperta subito una polemica infinita, con tanto di gente che minacciava di disdire il pre-order e boicottarlo.

C’è chi accusava il tutto come un eccesso di politically correct, mentre ritengo l’idea una mossa non solo per normalizzare l’amore omosessuale ma anche per comunicare la totale indipendenza della donna.

Ecco che invece il pubblico maschile si è visto privare del suo sogno erotico: per la prima volta non è stato creato un personaggio femminile in grado di soddisfare i loro desideri sessuali, e han dovuto concentrarsi sulla complessa trama.

 

In conclusione ritengo che ad oggi siano stati fatti molti progressi per promuovere la parità di genere nei videogiochi, ma si potrebbe fare ancora di più.

Ciònonostante sarebbe da ipocriti non constatare che le aziende videoludiche vanno di pari passo a quelle inerenti i grandi mezzi di comunicazione, che veicolano da sempre messaggi maschilisti  e sessisti, andando a condizionare il nostro modo di pensare.

Nessuno nasce con pregiudizi, ma li assimila stando a contatto con un ambiente che ne è pieno.

Penso quindi che bisogna cercare di far vacillare certe credenze per cui una donna deve comportarsi “da donna”, rompendo gli schemi precostituiti e spianando la strada per un mondo da esplorare.

In tal senso è bene sentire l’opinione delle dirette interessate, coinvolgendole nei vari progetti videoludici, sia come sviluppatrici, scenografe, designer ma anche redattrici di articoli e commentatrici di eSports. Insomma, è necessario normalizzare il tutto e mostrare la bellezza dell’apertura verso il diverso, attraverso cui si può crescere mentalmente e scoprire nuovi orizzonti.

In virtù di ciò auspico che nei prossimi anni sempre più titoli possano dare dignità alla donna, valorizzarla ed emanciparla, sia nel rispetto dei suoi confronti sia nell’etica da trasmettere alle future generazioni.

 

 

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Pokémon Mystery Dungeon: Musharna's Dream image.png

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Millennium Express: Isole di Alola Partecipazione-Pechino-Express.png

 

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Total Drama Regions sgcocco.png

 

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Harmonia Houses  Serperior.png

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